Quando alcune novelle della raccolta intitolata ”Le cause del giudice Bāo” (龍 圖 公 案 “lóng tū gōng àn”) , che si soffermavano spesso sulla dissolutezza dei monaci buddhisti e taoisti, furono per la prima volta tradotte in italiano, esse furono paragonate alle novelle del Decamerone, nelle quali non mancano esempi di preti scostumati e di frati ribaldi. Il parallelismo deve però fermarsi qui, perché i racconti del Boccaccio appaiono molto più ricchi di inventiva, assai meglio strutturati e stilisticamente più curati ed eleganti. Ciò non toglie che le novelle cinesi offrano comunque una lettura facile e gradevole.
Il religioso taoista e la vedova (1)
Si racconta che vivesse un tempo nella prefettura di Xī’Ān una famiglia molto ricca, nobile e onorata: i Niè.
La madre, la signora Tāng, aveva avuto quattro figli: il primo si chiamava Kèxiào, il secondo Kètì, il terzo Kèzhōng e il quarto Kèxìn.
Kèxiào si occupava degli affari di famiglia. Kètì faceva il mercante in un paese straniero. Kèzhōng, che aveva studiato e frequentato le scuole, acquistò presto fama di letterato ed ottenne ripetutamente alti riconoscimenti.
Kèzhōng istruiva personalmente il fratello minore Kèxìn. I due si volevano molto bene l’un l’altro ed erano sempre insieme.
Sfortunatamente Kèzhōng fu bocciato agli esami imperiali. (2) Per il dispiacere, si ammalò e fu costretto a tenere il letto. (3) Kèxìn lo andava a trovare molto spesso nella sua camera per sapere come stava.
Vedendo in tali occasioni la cognata Shūzhēn, donna di straordinaria bellezza, Kèxìn ebbe paura che la malattia del fratello potesse essere aggravata dalla costante eccitazione che gli causava l’avvenenza della moglie e che le sue condizioni di salute potessero peggiorare di giorno in giorno fino ad escludere qualsiasi speranza di guarigione. Espresse perciò l’intenzione di spostare il fratello nel suo studio, dove avrebbe potuto godere di riposo fisico e di quiete mentale e, possibilmente, evitare il peggio.
Shūzhēn, che amava molto il marito, si oppose all’idea di lasciarlo portar via dalla sua camera: ”Mio marito è così malato che non è possibile spostarlo dalla sua stanza. Inoltre, nello studio non c`è nessuno che si possa prender cura di lui. Soltanto qui, nella sua stanza, gli posso somministrare regolarmente le medicine di cui ha bisogno”. Aggiunse che la ragione del suo atteggiamento era il sincero amore che provava per il marito, non il desiderio sessuale.
Kèxìn fu contrariato da questa risposta. (4)
Parenti ed amici venivano ad informarsi della salute dell’ammalato e tutti attribuivano l’infermità di Kèzhōng allo studio accanito e alla tensione nervosa legata agli esami, ma Kèxìn rispondeva loro sospirando: ”Se mio fratello non guarisce, non è perché si sia affaticato troppo a studiare. Quanti eroi e quanti uomini di talento non sono periti fin dall’antichità a causa delle donne? Povero, caro fratel mio!” e, mentre parlava, due lacrime gli solcavano le guance.
I parenti e gli amici si turbavano nell’udire queste parole e se ne andavano sconcertati.
La malattia di Kèzhōng si aggravò talmente che Shūzhēn dovette infine chiamare il cognato. Questi, incapace di frenare il suo malumore, la rimproverò aspramente: “Qualche giorno fa, quando vi ho consigliato di trasportare mio fratello nello studio perché potesse guarire dalla malattia, non avete voluto ascoltarmi. Che cosa mi chiamate a fare adesso?”.
La donna tacque avvilita.
Kèxìn si accosto al letto del moribondo, il quale, piangendo, gli disse: “ Per me ormai è finita! Se vuoi studiare con successo e diventare funzionario, non dimenticare ciò che ti ho insegnato. Tua cognata rimarrà vedova. È giovane e innocente. Vorrei che tu vegliassi su di lei con affetto!”
Pronunciate queste parole, spirò.
Quale non fu il dolore di Kèxìn, che, preso il lutto più stretto, fece celebrare solenni funerali ed accompagnò il fratello sino alla tomba!
Tutti portavano immenso rispetto alla vedova. Dopo la morte di Kèzhōng, giovani e vecchi avevano compassione di lei. Ogni settimana, religiosi buddhisti e taoisti venivano incaricati di compiere riti in suffragio del defunto.
Shūzhēn si disperava. In quindici giorni non aveva bevuto neppure una tazza di brodo ed era divenuta così magra e macilenta da far temere che sarebbe morta di crepacuore. Tuttavia, col passar del tempo (5), le premure dei genitori, le attenzioni e il conforto dei parenti più anziani, delle cognate e degli altri famigliari fecero sì che, a poco a poco, ricominciasse a nutrirsi e riacquistasse un po’ di serenità. Il suo aspetto migliorava di giorno in giorno e, anche se non indossava perle e gioielli di giada, non si spalmava crema sul viso e non si imbellettava, la sua grazia raffinata e la sua naturale bellezza incantavano tutti, mentre la nobiltà del suo carattere, l’estrema serietà della sua condotta, la delicatezza del suo parlare garantivano che tanto splendore fosse esente da qualsiasi macchia.
Avvicinandosi il primo anniversario della morte di Kèzhōng, il padre della vedova, Jiăng Guāngguó volle far celebrare un servizio religioso in ricordo del defunto e si rivolse per questo ad un suo parente Jjăng Jiāyán, monaco nel convento taoista di Zĭyún, con il quale vennero anche il novizio Jiăng Dàhēng ed il postulante Jiăng Shíhuà, essi pure suoi parenti. Per dirigere il rito fu invitato il venerabile Yán Huáyuán.(6)
L’idea non incontrò tuttavia l’approvazione di Kèxìn, che disse a Guāngguó:” Vi ringrazio molto di quel che fate, ma mi sembra tempo perso”.
Amareggiato ed irritato Guāngguó entrò nell’appartamento di Sūzhēn e si lamentò con lei: “ Sono venuto qui con le migliori intenzioni per celebrare una cerimonia in suffragio di tuo marito e non capisco perché tuo cognato se ne mostri così scontento. Se gli importa così poco di suo fratello, chissà come tratterà te ?”
“Posso spiegarvi perché si comporta così, padre” gli rispose Shūzhēn “Un giorno che insisteva per spostare mio marito nello studio, gli risposi che preferivo restasse nella nostra camera per poterlo meglio accudire. Quando mio marito morì me ne fece una colpa e si irritò moltissimo con me, tant’è vero che è già trascorso un anno e non è mai venuto a trovarmi. Che cosa ci si può aspettare di buono da uno che mi tratta in questo modo?”.
Il malanimo di Guāngguó verso Kèxìn si accrebbe ulteriormente nel sentire queste parole.
Fu poi celebrato l’ufficio.
Quando stava per concludersi, vale a dire mentre ci si apprestava ad invocare l’anima del defunto, Guāngguó mandò a dire alla figlia: “I celebranti sono tutti gente di casa e nostri parenti, puoi venire anche tu, senza problemi, ad inginocchiarti dinanzi allo spirito di tuo marito”.(7)
Shūzhēn, che non resisteva più alla tristezza, venne piangendo ad inginocchiarsi, in preda ad un’estrema commozione, dinanzi all’anima del defunto.
Tutti provarono compassione per lei.
Soltanto quel monaco lascivo di Yán Huáyuān (8), non appena vide la donna, osservò tra di sé: “ Avevo sentito dire che Shūzhēn era di una bellezza senza pari. Anche oggi, vista in casa , triste e senza ornamenti, rimane pur sempre affascinante. Che incantatrice sarebbe davvero se, invece di essere provata dal dolore e dalla malinconia, fosse gioiosa ed allegra!” e cominciò a rimuginare l’idea di farle violenza.
S'era ormai fatto tardi e, terminato il rito, tutti i religiosi ringraziarono e si prepararono ad andarsene via.
Allora Guāngguó disse alla figlia:” Jiāyán, Dàhēng e Shíhuà sono venuti perché sono tutti e tre nostri parenti e quindi si accontenteranno di un piccolo donativo, ma il venerabile Yán non è una persona della nostra famiglia ed occorrerà ricompensarlo adeguatamente per il disturbo che si è preso”.
Conformandosi ai desideri del padre, Shūzhēn aggiunse al donativo previsto per il venerabile Yán un sacchetto di monete d'argento.
Chi avrebbe mai potuto immaginare la perfidia di Huáyuán? Salutò tutti, ringraziò e finse di andar via per primo, ma in realtà si nascose in una camera vuota sopra le stanze delle donne. Quando, dopo breve tempo, tutto fu silenzio nella casa, imitò il trapestio dei topi.
Shūzhēn, presa in mano una candela, salì a vedere che cosa succedeva ed il monaco, prontamente, le lanciò addosso una manciata di polverina afrodisiaca. (9) Non appena Shūzhēn respirò la polverina, fu colta da un’irresistibile smania sessuale e si gettò senza alcun ritegno tra le braccia di Huáyuán per fare l’amore con lui.
Alle prime luci dell’alba, tuttavia, svaniti gli effetti della polverina, la donna si rese conto che l’uomo l’aveva drogata ed aveva abusato di lei. Disperata per la perdita del suo onore, si morse la lingua coi denti fino a reciderla e, in pochi minuti, morì soffocata dal sangue.
Huáyán, soddisfatta la propria lussuria, uscì di nascosto dalla casa, ma, prima di andarsene, prese il sacchetto di monete che Shūzhēn gli aveva offerto e glielo depositò sul petto come ricompensa per il piacere che gli aveva dato, non essendosi accorto che era morta e sperando che si riprendesse.
Era ormai mattino inoltrato e la colazione era già pronta quando la domestica Júxiāng entrò nella stanza portando una bacinella d’acqua per la toilette mattutina della padrona, ma, non vedendo alcuna traccia di Shūzhēng, salì a cercarla al piano superiore, dove la trovò morta, distesa su un pagliericcio. Spaventatissima, la domestica corse da Kèxiào e da Kèxìn urlando: “La signora più giovane (10) giace senza vita in una camera del primo piano”.
Kèxiào e Kèxìn, saliti al piano superiore, trovarono la cognata esanime.(11) Tutti i famigliari furono colti da una grande tristezza e diedero ordine alle domestiche di trasportare il corpo di Shūzhēn giù nel salone e di deporlo in una bara. Mentre le donne scendevano le scale, il sacchetto di monete cadde dal petto della defunta e Júxiāng, che veniva dietro, lo raccolse e lo nascose.
Guāngguó, che aveva trascorso la notte nello studio del genero, non appena seppe che la figlia era morta, proruppe in accuse: “È di certo Kèxín che l’ha uccisa”. Sconvolto, si precipitò a piangerla nel salone, che si trovava sul retro della casa, gridando con amarezza: “ Figlia mia! Tu che eri di sana costituzione e non soffrivi di alcuna malattia sei morta all’improvviso nel cuore della notte. Ti hanno fatto certamente qualcosa. Tuo cognato non ti ha mai perdonato di aver tenuto tuo marito presso di te fino a quando è morto ed in più ce l’ha con me perché ho invitato qui alcuni religiosi a celebrare un servizio in suffragio di suo fratello. Di sicuro, ha colto l’occasione (12) per farti del male. Tu hai digrignato i denti per l’oltraggio subito, con tanta forza che ti sei recisa la lingua e sei morta soffocata dal sangue.”(13)
In seguito, presentò al giudice Bāo una denuncia del seguente tenore:
“ Denuncia per incesto (14) ed omicidio commessi nei confronti di una cognata.
La prima cosa che si insegna a rispettare nella società è la morale e le relazioni tra le persone hanno, a questo riguardo, un’importanza fondamentale. Uomini e donne devono mostrare reciprocamente riservatezza e ritegno e neppure tra cognati è lecito tenersi per mano.
Qualche tempo fa, mia figlia andò in sposa al diplomato Niè Kèzhōng. Sfortunatamente, il marito morì, ma ella si serbò fedele alla sua memoria.
Il cognato Kèxìn, uomo malvagio e bestiale, la spiava da tempo con concupiscenza, ma non aveva mai avuto occasione di sfogare la sua libidine.
Questa occasione gli è stata ora fornita da un servizio religioso celebrato in onore del defunto. Ha aspettato che mia figlia si coricasse, stanca ed affaticata, al termine della cerimonia, ed è penetrato di soppiatto nella sua camera, afferrandola e facendole violenza.
La povera ragazza, battendo convulsamente i denti per la vergogna dell’oltraggio subito, si è recisa la lingua e, in pochi istanti, è morta, soffocata dal suo stesso sangue.
Le volpi si aggirano furtive (15), i cani da guardia sono lenti, ogni giorno abbiamo da deplorare questi fatti incresciosi. Le quaglie svolazzano spaventate, le gazze dominano (16), chi ha ancora la forza di ascoltare le loro oscenità? Nelle famiglie, parlare di matrimonio sarà come intonare il “Canto delle Colline”. (17) Non sarà possibile parlarne in pubblico senza pensare al “Tribolo sul muro”.(18)
Mia figlia non potrà più avere alcuna riparazione, dato che per lei non c’era altra prospettiva che la morte, ma il malfattore che l’ha stuprata ed uccisa dovrà pagarne il fio.
Chiedo quindi che il colpevole sia, senza indugio, sottoposto a processo (19) e severamente punito." (20)
Nel frattempo Kèxìn, essendo venuto a sapere che il suocero lo accusava di aver stuprato la cognata, moriva di vergogna. Piangendo amaramente invocava, col cuore colmo di dolore, lo spirito del fratello defunto affinché gli prestasse conforto e vomitava sangue, cosicché, ad un certo punto, perse i sensi e rimase come morto. Il suo spirito si mise allora a vagare nelle regioni dell’oltretomba (21), dove incontrò Kèzhōng, al quale, dopo averlo salutato, raccontò ciò che gli era accaduto.
“Il responsabile della morte di tua cognata” gli disse allora il fratello, piangendo” è il reverendo Yán. La prova ne è un sacchetto di monete d’argento che si trova nelle mani di Júxiāng. Tua cognata annotava ogni giorno su un registro le somme che spendeva e vi si troverà di certo anche questa voce. Si capirà allora chiaramente chi ha abusato di lei e si vedrà che tu non hai niente a che fare con questo delitto. La mia ombra verrà ad assisterti nell’aula del tribunale. Ritorna ora, rapidamente, nel regno della luce ed in seguito abbi cura di far celebrare cerimonie in suffragio di tua cognata. Ricordati di ciò che ti ho detto! Non dimenticare le mie parole!”.
Kèxìn riprese i sensi e si ritrovò nel mondo dei vivi.
Il giorno successivo, il giudice Bāo ordinò l’arresto di Kèxìn, che ebbe appena il tempo di presentare, in propria difesa, il seguente memoriale:
“ Vi espongo, Signor Giudice, il caso di una persona morta di morte violenta e di un’altra persona che, dopo essere quasi morta, è ritornata alla vita e continua a vivere, innocente.
Mia cognata, rimasta vedova, ha subito violenza e si è uccisa, perché, dopo un tale affronto, non le restava altra scelta che morire, ma purtroppo non ha saputo scegliere il momento giusto per suicidarsi.
Suo padre, vedendola morta, ha presentato denuncia per omicidio ed era giusto che lo facesse, ma, disgraziatamente, ha accusato del delitto qualcuno che non ne è colpevole.
Che cosa intendo dire affermando che mia cognata non ha saputo scegliere il momento giusto per uccidersi? Intendo dire che, quando subì violenza, non avrebbe dovuto uccidersi subito, ma avrebbe almeno dovuto prendersi il tempo di spiegare perché lo faceva. Quanto a suo padre, prima di presentare la denuncia, avrebbe dovuto cercar di scoprire chi fosse il responsabile dello stupro ed astenersi dall’accusare un innocente. Ho sempre scrupolosamente riverito mio fratello come un maestro ed ho sempre onorato mia cognata come una madre. È vero che non ci frequentavamo, ma, in tutte le cerimonie e feste familiari, le ho sempre mostrato il massimo rispetto. Come avrei mai potuto pensare di molestarla? Come avrei mai potuto osare di avere con lei rapporti incestuosi? In realtà, colui che l’ha aggredita e l’ha spinta alla morte è Yán, il religioso taoista. Il padre di mia cognata mi ha denunciato senza compiere alcuna indagine, con estrema leggerezza. I malvagi possono complottare come vogliono, ma l’innocenza verrà comunque alla luce. Anche se le reti da pesca sono appese in alto è difficile che catturino le anatre selvatiche. (22) Scritto tra le lacrime”.
Letta la memoria in difesa presentata da Kèxìn, il giudice Bāo convocò il denunciante, Guāngguó, per il contraddittorio tra le parti.
Guāngguó espose i fatti nel modo che segue: “Quando mio genero si ammalò, suo fratello voleva farlo trasferire nella biblioteca della casa perché fosse curato e potesse guarire. Mia figlia si oppose a questa proposta, sostenendo che avrebbe potuto accudirlo meglio lei stessa se fosse rimasto nella sua camera. Sfortunatamente, più tardi, mio genero morì. Kèxìn rimproverò aspramente mia figlia, accusandola di aver causato la morte di suo fratello, e, mosso dal rancore, le fece violenza. Così, con la morte di mia figlia, potè placare il suo risentimento”.
“Chi ha violentato mia cognata spingendola alla morte” replicò Kèxìn” non è altri che Yán, il monaco taoista”.
“Il venerabile Yán? ”insorse Guāngguó” Questo religioso degno di ogni rispetto si sarebbe introdotto nella camera di mia figlia con l’intenzione di violentarla e l’avrebbe trascinata con la forza al piano superiore della casa? Terminata la cerimonia, i religiosi taoisti se ne sono andati via in gruppo e tutti li hanno visti partire. Le parole di Kèxìn non sono che accuse prive di senso”.
“Non basta dire semplicemente che il colpevole è stato il venerabile Yán.” osservò il giudice Bāo “Bisognerebbe anche fornire qualche prova di questa affermazione”.
“Avantieri” rispose piangendo Kèxìn “ quando Guāngguó presentò questa denuncia priva di fondamento a mio carico, visto l’orribile pericolo che incombeva su di me, mi raccomandai, triste e piangente, all’anima di mio fratello. Vomitando sangue in grande quantità, rimasi esanime, come se fossi morto, ed il mio spirito si mise a vagare nelle regioni dell’oltretomba, dove incontrò l’anima di mio fratello. Dopo che mi fui inchinato, in pianto, dinanzi a lui, mio fratello mi consolò dicendomi che il responsabile della morte di mia cognata era il monaco Yán e che le monete d’argento in possesso di Yú Xiāng avrebbero provato la mia innocenza, poiché mia cognata aveva l’abitudine di annotare in un registro tutte le spese di casa. Supplico Vostra Eccellenza di indagare in modo approfondito a questo riguardo”.
“Che sciocchezze!” sbottò il giudice Bāo irritatissimo “Come osi raccontare simili panzane ad un pubblico ufficiale?” e fece somministrare, seduta stante, all’imputato trenta bastonate.
Il poveretto, mentre subiva la punizione, gemeva: “È lo spirito di mio fratello che mi ha promesso di venire ad assistermi in tribunale. Non dico menzogne.” e il giudice Bāo lo prendeva in giro: “Se l’anima di tuo fratello ha promesso di venirti in aiuto, perché non si presenta a me e non mi racconta come sono andate davvero le cose?”.
A questo punto, il giudice Bāo fu colto da un’improvvisa sonnolenza e, poggiati i gomiti sulla scrivania, si addormentò. Nel sonno gli apparve il defunto diplomato Kèzhōng, che, singhiozzando, gli disse: “Come è possibile che Vostra Eccellenza, persona conosciuta per la sua divina saggezza, si mostri oggi così ottuso? L’uomo che ha recato oltraggio a mia moglie e che l’ha spinta alla morte è Yán, il monaco taoista. Mio fratello è del tutto innocente. La domestica Júxiāng ha sottratto un sacchetto di monete d’argento, che è lo stesso di cui voi mi faceste dono quando superai gli esami trimestrali (23) e di cui mia moglie ha poi fatto dono al monaco, annotando la somma nel registro delle spese di casa. Questa annotazione costituisce una prova evidente. Mi auguro che Vostra Eccellenza, in seguito ad una più attenta indagine, punisca il crimine del monaco Yán e rimetta in libertà mio fratello”.
Destatosi dal sonno, il giudice Bāo mormorò sospirando: “È vero: le anime dei defunti ritornano!”, poi, rivoltosi a Kèxìn, gli disse: ”Non mi avevate mentito. Vostro fratello mi ha raccontato tutto con chiarezza. Vi assicuro che sarete dichiarato innocente di questo delitto.”
Il giudice Bāo inviò subito un poliziotto a prelevare Júxiāng per condurla in tribunale e a cercare le monete d’argento che erano state date come ricompensa al monaco.
“In che modo vi siete procurata questo denaro?” chiese il giudice Bāo alla domestica.
“Questo sacchetto di monete stava in grembo alla mia padrona” rispose la donna “Quando la portarono giù dal piano superiore, scivolò per terra ed io, che venivo dietro, lo raccolsi senza dir nulla”.
Alcuni poliziotti furono poi mandati a perquisire la stanza di Shūzhēn per trovare, con l’aiuto di Júxiāng, il registro su cui erano annotate le spese di casa. Nel registro si scoprì un’annotazione da cui risultava che cinque monete d’argento erano state aggiunte alla ricompensa prevista per il venerabile Yán.
Allora, il giudice Bāo dispose immediatamente l’arresto del monaco, il quale, al primo tratto di corda, rese piena confessione, ammettendo di aver fatto ricorso ad una potente droga per abusare della povera Shūzhēn, spingendola così ad uccidersi. Ammise pure di averle deposto in grembo, senza riflettere, le monete d’argento che gli erano state offerte come ricompensa per il servizio religioso da lui celebrato. Dichiarò infine che meritava la morte per il proprio delitto e che Kèxìn era del tutto innocente.
Udita la confessione del colpevole, il giudice Bāo pronunciò la sentenza:
"Noi, giudice Bāo,
atteso che Yán Huáyuán, dimenticando i precetti della dottrina taoista (24), ha ceduto allo sfrenato richiamo dei sensi e, ossessionato dall'immagine di splendide fanciulle (25), non faceva che pensare in segreto al piacere che possono dare le donne;(26)
atteso che, di recente, dopo essere stato ricompensato per la celebrazione di un servizio religioso presso una famiglia, ha fatto dapprima finta di andarsene, ma invece, spinto dalla libidine, è rimasto all’interno della casa e si è nascosto in una camera del piano superiore, intenzionato a compiere un’azione ignobile;
atteso che, in seguito, ha drogato con un potente afrodisiaco una casta fanciulla che non ha così potuto sottrarsi alle sue voglie;
atteso che, in tal modo, ha rovinato la vita e tolto l’onore alla fanciulla, osando compiere un atto che grida vendetta al cospetto del Cielo e che non può sottrarsi alle pene dell’Inferno;
atteso che Shūzhēn, la povera e infelice vittima, per la disperazione si è tolta la vita;
atteso che il defunto marito di Shūzhēn (27), Kèzhōng, mi è apparso in sogno e mi ha fatto scoprire un sacchetto di monete d’argento che, alla luce di una nota scritta dalla vittima, ha costituito una prova sufficiente per individuare il colpevole del delitto;
considerato che, come il fondatore del Taoismo non potè tollerare la lussuria di Xúshēn (28), così la legge statale non può tollerare la dissolutezza di Huáyuán;
in forza della legge
condanniamo Yán Huáyuán alla pena capitale;
assolviamo Kèxìn da ogni accusa e lo lasciamo libero di tornare alle sue occupazioni famigliari;
condanniamo Guānguó alla pena capitale per aver falsamente accusato di omicidio un innocente."
NOTE
1) Ho preferito questo titolo a quello più cruento dell’originale cinese: “Recidersi la lingua e vomitare sangue”( 嚼舌吐血“ jiáoshé tùxiě”).
2) L’espressione 下第 (“xià dÌ”), che significa letteralmente “risultare inferiore”, è abitualmente usata per indicare il mancato superamento di un esame. Nel caso specifico, poiché è appena stato raccontato che Kèzhōng aveva avuto grande successo negli studi, si deve pensare che egli avesse fallito l’ultimo e più importante esame, l’esame imperiale, che aveva luogo ogni tre anni e che apriva l’accesso alla carriera direttiva della pubblica amministrazione.
3) Il fallimento negli esami era spesso vissuto come una grande tragedia con gravi ripercussioni sulla salute fisica e mentale degli interessati. Qualcosa del genere succede ancor oggi sia in Cina sia in Giappone, paesi in cui dai risultati dell’esame di maturità dipende l’accesso alle università più prestigiose i cui laureati possono ambire a brillanti carriere.
4) L’originale cinese reca l’espressione 快然 (“kuàirán”), cioè “ne fu lieto”, ma deve necessariamente trattarsi di un refuso. La frase va letta “ ne fu contrariato”, perché altrimenti risulterebbe incoerente con tutto il resto della storia.
5) Il testo cinese reca 及至百日後(“jízhì bǎi rì hòu”), vale a dire” dopo che furono passati cento giorni”. L’espressione non va però intesa in senso letterale, ma piuttosto come una frase idiomatica usata per indicare il trascorrere di un lungo periodo di tempo.
6) Nella terminologia taoista, 道士 (“dàoshì”) indica il monaco, 徒子 (“túzĭ) il novizio, 徒孫 (“túsūn”, cioè “discepolo del novizio”) il postulante. Il religioso incaricato di condurre un rito (法事“făshì”) è detto 法士(“făshì”).
7) Nell’antica Cina vigeva una rigida separazione dei sessi. Le donne vivevano recluse nei loro appartamenti e non potevano avere contatti con gli uomini, salvo che si trattasse del marito, del padre, dei figli o di altri parenti molto stretti. Nel caso specifico, Guāngguó ritiene che la figlia possa assistere, senza violare le regole della convenienza, alla cerimonia di suffragio, visto che i celebranti sono tutti membri della sua famiglia, salvo il venerabile Yán Huáyuán, che, per la sua età e per la sua dignità ecclesiastica, va considerato superiore a qualsiasi tentazione.
8)L’espressione 臊道 (“săo dào”) può essere tradotta con “monaco puzzolente” (il carattere 臊 indica infatti la puzza d’urina). È evidente tuttavia che non si tratta di un giudizio fisico, bensì morale.
9) Col passare dei secoli, il taoismo s’era largamente trasformato da dottrina filosofica e metafisica in superstizione popolare e i religiosi taoisti erano spesso diventati, almeno nella percezione della gente comune, dei ciarlatani esperti in filtri magici e polverine miracolose.
10) L’originale cinese usa il termine 二娘子 “èr niángzĭ”, vale a dire “la seconda signora”. La “prima signora” era evidentemente la moglie del fratello primogenito.
11) Il testo cinese reca anche l’avverbio 果然 (“guŏran”) “come c’era da aspettarsi” che mi è sembrato superfluo tradurre.
12) L’espressione idiomatica 乘風(“chéng fēng”), vale a dire “cavalcare il vento”, significa, come è facile capire, “cogliere l’occasione propizia”.
13) Il verbo 咬(“yāo”) significa “digrignare i denti”, nel caso specifico con tanta violenza da recidere la lingua.
14) L’espressione 滅倫 (“miè lún”)“ significa “violare i rapporti etici”. Nel caso specifico si riferisce al fatto che, secondo l’accusa, Kèxìn avrebbe abusato della cognata.
15) La frase è una citazione dal “Libro delle Odi” (詩經“shī jīng”), parte prima: “Odi degli Stati”( 國風 “guó fēng”), gruppo 5:”Odi di Wèi”( 衛風 “wèi fēng”), n.63 “C’è una volpe che si aggira furtiva”( 有狐綏綏 “yŏu hú suí suí”).Il filologo Mă Ruìchén 馬瑞辰 (1782-1853) spiega, nel suo commento al “Libro delle Odi”, che” l’espressione ‘suí suí’rende l’idea del passo felpato”(绥绥,为舒行貌 “suí suí, wèi shū xíng mào”.
16) Anche questa è una citazione dal “Libro delle Odi” (詩經“shī jīng”), parte prima: “Odi degli Stati”( 國風 “guó fēng”), gruppo 4:”Odi di Yōng”( 鄘風 “yōng fēng”), n.49 “Le quaglie svolazzano”( 鶉之奔奔“chún zhī bēn bēn”).
17) Troviamo qui una terza citazione colta. Secondo quanto afferma il Shījì 詩記, una antologia di antiche poesie compilata nel XVI° secolo, il “Canto delle Colline” sarebbe opera di Confucio. Nel “Kŏng Cóngzi” 孔叢子, opera attribuita a Kŏng Fù 孔鮒, discendente di Confucio, viene riportato un aneddoto relativo alla creazione di questo canto: “Il duca Aī di Lŭ inviò in dono un disco di giada al maestro Wèi Yíng, che non lo apprezzò perché non sapeva che farsene. Ciò fornì al Maestro il pretesto per comporre il “Canto delle Colline”. Il “Canto delle Colline” deplora la vanità degli sforzi fatti per migliorare il mondo.
18) Si tratta di una citazione dal “Libro delle Odi” (詩經“shī jīng”), parte prima: “Odi degli Stati”( 國風 “guó fēng”), gruppo 4:”Odi di Yōng”( 鄘風 “yōng fēng”), n. 46 ”C’è un tribolo sul muro”( 牆有茨 “qiáng yŏu cí”). Riporto, qui di seguito, la prima strofa dell’ode: “C’è un tribolo che cresce sul muro e che non può essere strappato via. C’è una storia che riguarda la vita interna della casa e che non può essere raccontata. Ciò che ci sarebbe da raccontare sarebbe il più ignobile dei racconti”.( 牆有茨、不可埽也。中冓之言、不可道也。所可道也、言之醜也。)
19) Il termine 三尺 (“sān chī”), letteralmente “tre piedi”, indica le norme penali. Anticamente, le leggi erano scritte su listelli di bambù lunghi tre piedi (circa un metro).Dall’espressione “norme scritte su listelli di tre piedi” si passò poi alla formulazione più succinta che troviamo in questa novella.
20) Il termine 五刑 (“wŭxíng”), vale a dire “le cinque punizioni”, indicava le cinque pene in uso nella Cina imperiale: marchiatura del viso, taglio del naso, taglio di un piede o di entrambi i piedi, castrazione, esecuzione.
21) L’espressione 陰府 (“yīnfŭ“), ossia le “case tenebrose” è uno dei modi tradizionali di designare l’oltretomba. Per contrapposto, il termine 陽 (”yáng”), ossia la “luce”, può essere usato, come lo è qui, per indicare il mondo dei vivi.
22) Il proverbio qui citato intende dire che i buoni trionferanno nonostante gli intrighi dei malvagi.
23) Il termine 季考 (“jìkăo”) indicava gli esami trimestrali che si svolgevano nell’ambito della pubblica amministrazione per controllare il livello di competenza dei funzionari.
24) Il termine 玄門 (“xuàn mén”), ovverossia la “Porta Misteriosa”, è una delle espressioni tradizionalmente in uso per designare il Taoismo.
25) L’espressione 羽 衣 (“yú yí”), letteralmente il “mantello di piume”, è un’antica metafora usata per indicare bellissime fanciulle splendidamente abbigliate. "Il vestito color dell'arcobaleno e il mantello di piume" ( 霓 裳 羽 衣 “ní cháng yú yì”) è il titolo di una “danza gentile” ( 文 舞 “wénwŭ” ), che fu creata per la favorita Yáng Guìfēi dall’imperatore Xuánzōng, il quale aveva anche buone doti di musicista e coreografo. Secondo la leggenda, Xuánzōng l’avrebbe composta per farla danzare da Yáng Guìfēi, dopo aver sognato una notte di trovarsi sulla luna, in mezzo a nuvole colorate ed a deliziose fanciulle vestite di abiti piumati dei più vivi colori. In realtà, il tema della danza sembra essere stato tratto da una favola riportata nella raccolta “Il giardino delle favole”, in cui si narra di un pescatore che, scoperta una creatura celeste mentre faceva il bagno in un laghetto, le avrebbe sottratto l’abito piumato e , per restituirglielo, avrebbe preteso che la fata danzasse per lui una meravigliosa danza. Questo tema ha inoltre numerosi punti di contatto con una mitica storia d’amore, la vicenda del bovaro Niúláng 牛 郎 e della tessitrice celeste Zhínŭ 織 女 .
26) L’espressione 紅粉之嬌 (“hóngfěn zhī jiāo”), letteralmente la “seduzione della cipria e del rossetto”, è una metafora dell’attrazione che le donne esercitano sugli uomini.
27) Il giudice Bāo ricorda che Kèzhōng era stato il marito di Shūzhēng nel “mondo terreno”( 於陽間 “yú yángjiān”).
28) La fonte da cui è tratta la citazione è rimasta inaccessibile alle richerche condotte con gli strumenti forniti da Internet. Occorre quindi rinunciare a maggiori dettagli.
嚼舌吐血
話說西安府乜崇貴,家業巨萬,妻湯氏,生子四人,長名克孝,次名克悌,三名克忠,四名克信。克孝治家任事,克悌在外為商。克忠讀書進學,早負文名,屢期高捷,親教幼弟克信,慇懃友愛,出入相隨。克忠不幸下第,染病臥牀不起,克信時時入室看望,見嫂淑貞花貌驚人,恐兄病體不安,或貪美色,傷損日深,決不能起,欲將兄移居書房,靜養身心,或可保其殘喘。淑貞愛夫心切,不肯讓他出房,道:「病者不可移,且書齋無人服侍,只在房中時刻好進湯藥。」此皆真心相愛,原非為淫慾之計,克信心中快然。親朋來問疾者,人人嗟歎克忠苦學傷神。克信歎道:「家兄不起,非因苦學。自古幾多英雄豪傑皆死於婦人之手,何獨家兄!」話畢,兩淚雙垂。親朋聞之駭然,須臾罷去。克忠疾革,蔣淑貞急呼叔來。克信大怒道:「前日不聽我言移入書房養病,今又來呼我為何?」淑貞愀然。克信近牀,克忠泣道:「我不濟事矣,汝好生讀書,要發科第,莫負我叮嚀。寡嫂貞潔,又在少年,幸善待之。」語罷,遂氣絕。克信哀痛弗勝,執喪禮一毫無缺,殯葬俱各盡道。
事奉寡嫂十分恭敬。自克忠死後,長幼共憐憫之。七七追薦,請僧道做功果。淑貞哀號極苦,湯水不入口者半月,形骸瘦弱,憂慼不堪。及至百日後,父母慰之,家庭長者、妯娌眷屬亦備勸慰,微微飲食舒暢,容貌逐日復舊,雖不戴珠翠,不施脂粉,自然美貌動人,十分窈窕;但其性甚介,守甚堅,言甚簡靜,行甚光明,無一塵可染。
倏爾一週年將近,淑貞之父蔣光國安排禮儀,親來祭奠女婿,用族姪蔣嘉言出家紫雲觀的道士作高功,亦領徒子蔣大亨,徒孫蔣時化、嚴華元同治法事。克信心不甚喜,乃對光國道:「多承老親厚情,其實無益。」光國怫然不悅,遂入謂淑貞道:「我來薦汝丈夫本是好心,你幼叔大不喜歡。薄兄如此,寧不薄汝?」淑貞道:「他當日要移兄到書房,我留在房服侍,及至兄死時,他極惱我不是。到今一載,並不相見,待我如此,豈可謂善?」光國聽了此言,益憾克信。及至功果將完,追薦亡魂之際,光國復呼淑貞道:「道人皆家庭子姪,可出拜靈前無妨。」淑貞哀心不勝,遂哭拜靈前,悲哀已極,人人慘傷。
獨有臊道嚴華元,一見淑貞,心中想道:人言淑貞乃絕色佳人,今觀其居憂素服之時,尚且如此標緻,若無愁無悶而相歡相樂,真個好煞人也,遂起淫奸之心。待至夜深,道場圓滿之後,道士皆拜謝而去。光國道:「嘉言、大亨與時化三人,皆吾家親,禮薄些諒不較量,惟嚴先生乃異姓人物,當從厚謝之。」淑貞復加封一禮。豈知華元立心不良,陽言一謝先行,陰實藏形高閣之上,少俟人靜,作鼠耗聲。淑貞秉燭視之,華元即以求陽媾合邪藥彈上其身。淑貞一染邪藥,心中即時淫亂,遂抱華元交歡恣樂。及至天明,藥氣既消,始知被人迷奸,有玷名節,嚼舌吐血,登時悶死。華元得遂淫心,遂潛逃而去,乃以淑貞加賜禮銀一封,貽於淑貞懷中,蓋冀其復生而為之謝也。
日晏之時,晨炊已熟,婢女菊香攜水入房,呼淑貞梳洗,不見形蹤,乃登閣上尋覓,但見淑貞死於氈褥之上。菊香大驚,即報克孝、克信道:「二娘子死於閣上。」克孝、克信上閣看之,果然氣絕。大家俱驚慌,乃呼眾婢女抬淑貞出堂停柩,下閣之時遺落胸前銀包,菊香在後拾取而藏之。此時光國宿於女婿書房,一聞淑貞之死,即道:「此必為克信叔害死。」忙入後堂哭之,甚哀甚忿,乃厲聲道:「我女天性剛烈,並無疾病,黑夜猝死,必有緣故。你既恨我女留住女婿在房身死,又恨我領道人做追薦女婿功果,必是乘風肆惡,強姦我女,我女咬恨,故嚼舌吐血而死。」遂作狀告到包公衙門。狀告:告為滅倫殺嫂事:風俗先維風教,人生首重人倫。男女授受不親,嫂溺手援非正。女嫁生員乜克忠為妻,不幸夫亡,甘心守節。獸惡克信,素窺嫂氏姿色,淫凶無隙可加。機乘齋醮完功,意料嫂倦酣臥,突入房帷,姿抱姦污。
女羞咬恨,嚼舌吐血,登時悶死。狐綏綏,犬靡靡,每痛恨此賤行。鶉奔奔,鵲強強,何堪聞此丑聲。家庭偶語,將有丘陵之歌。外眾聚談,豈無牆茨之句。在女申雪無由,不殉身不足以明節。在惡奸殺有據,不填命不足以明冤。
哀求三尺,早正五刑。上告。
此時,乜克信聞得蔣光國告己強姦兄嫂,羞慚無地。撫兄之靈痛哭喪心,嘔血數升,頃刻立死。魂歸陰府,得遇克忠,叩頭哀訴。克忠泣而語之道:「致汝嫂於死地者,嚴道人也。
有銀一封在菊香手可證,汝嫂存日已登簿上,可執之見官,冤情自然明白,與汝全不相干。我的陰靈決在衙門來輔汝,汝速速還陽,事後可薦拔汝嫂。切記切記!」克信蘇轉,已過一日。
包公拘提甚緊,只得忙具狀申述道:訴為生者暴死,死者不明;死者復生,生者不愧事:寡嫂被強姦而死,不得不死,但死非其時;嫂父見女死而告,不得不告,但告非其人。何謂死非其時?寡嫂被污,只宜當時指陳明白,不宜死之太早;嫂父控冤,會須訪確強暴是誰,不應枉及無干。痛身拜兄為師,事嫂如母,語言不通,禮節尤謹。毫不敢褻,豈敢加淫?污嫂致死,實出嚴道。嫂父不察,飄空誣陷。惡人得計,實出無辜。魚網高懸,鴻離難甘代死。泣訴。
包公亦准克信訴詞,即喚原告蔣光國對理。光國道:「女婿病時,克信欲移入書房服藥養病,我女不從,留在房中服侍,後來女婿不幸身亡,克信深怨我女致兄死地,故強逼成奸,因而致死,以消忿怒。」克信道:「厚吾嫂之身以致吾嫂之死者,皆嚴道人。」光國道:「嚴道人僅做一日功果,安敢起姦淫之心入我女房,逼她上閣?且功果完成之時,嚴道人齊齊出門去了,大眾皆見其行。此全是虛詞。」包公道:「道人非一,單單說嚴道人有何為憑為證?」克信泣道:「前日光國誣告的時節,小的聞得醜惡難當,即刻撫兄之靈痛哭傷心,嘔血滿地,悶死歸陰。一見先兄,叩頭哀訴,先兄慰小人道,嚴道人致死吾嫂,有銀在菊香處為證。吾嫂已有登記在簿上。乞老爺詳察。」
包公怒道:「此是鬼話,安敢對官長亂談!」遂將克信打三十板,克信受刑苦楚,泣叫道:「先兄陰靈尚許來輔我出官,豈敢亂談!」包公大罵道:「汝兄既有陰靈來輔你,何不報應於我?」忽然間包公睏倦,遂枕於案上,夢見已故生員乜克忠泣道:「老大人素稱神明,今日為何昏暗?污辱吾妻而致之死者,嚴道人也,與我弟全不相干。菊香獲銀一封,原是大人季考賞賜生員的,吾妻賞賜道人,登注簿上,字跡顯然,幸大人詳察,急治道人的罪,釋放我弟。」包公夢醒,撫然歎曰:「有是哉!
鬼神之來臨也。」遂對克信道:「汝言誠非謬談,汝兄已明白告我。我必為汝辨此冤誣。」遂即差人速拿菊香拶起,究出銀一封,果是給賞之銀。問菊香道:「汝何由得此?」菊香道:「此銀在娘子身上,眾人抬她下閣時,我從後面拾得。」又差人同菊香入房取淑貞日記簿查閱,果有用銀五錢加賜嚴道人字跡。包公遂急差人緝拿嚴道人來,才一夾棍,便直招認,講出擅用邪藥強姦淑貞致死,謬以原賜賞銀一封納其胸中是實,情願領罪,與克信全不相干。包公判道:「審得嚴華元,紊跡玄門,情迷慾海,濫叨羽衣之列,竊思紅粉之嬌。受賞出門,陽播先歸之語,貪淫登閣,陰為下賤之行。彈藥染貞婦之身,清修安在?貪花殺服婦之命,大道已忘。淫污何敢對天尊,冤業幾能逃地獄?淑貞含冤,喪嬌容於泉下;克忠託夢,作對頭於陽間。一封之銀足證,數行之字可稽。在老君既不容
徐身之好色,而王法又豈容華元之橫奸?填命有律,斷首難逃。克信無干,從省發還家之例。光國不合,擬誣告死罪之刑。」