Capitolo XI
Lasciar correre
Mi hanno insegnato che in questo mondo è meglio lasciare che la gente faccia ciò che vuole e non sforzarsi di dirigere gli altri. Il lasciar correre deriva dal timore che l’intromissione negli affari degli uomini, li induca a reagire in modo spropositato; la rinuncia a interferire in ciò che fanno gli altri deriva dal timore che l’imposizione di una condotta alteri le qualità naturali delle persone. Governare significa fare in modo che gli uomini non abbiano reazioni abnormi e conservino le loro buone disposizioni naturali.
Nei tempi antichi, sotto il governo di Yáo, gli uomini erano allegri e sempre in movimento. Mancava loro la stabilità. Sotto il governo di Jiè, al contrario, apparivano depressi e sofferenti. Mancava loro la felicità . Ora, la natura stessa dell’uomo richiede stabilità e felicità. Dove esse fanno difetto, uno Stato non può durare a lungo. Se gli uomini si agitano troppo, c’è un eccesso dell’elemento attivo o Yáng. Se sono troppo abbattuti, cè un eccesso dell’elemento passivo o Yīn. Quando uno dei due elementi predomina rispetto all’altro è come se l’ordinato succedersi delle stagioni fosse sconvolto e l’equilibrio del caldo e del freddo fosse alterato. Come è possibile che non ne risultino dei danni? Ciò fa sì che gli uomini si sentano felici quando non dovrebbero esserlo e depressi quando non ne avrebbero motivo, che cambino comportamento ad ogni istante, che non controllino più i propri pensieri, che non portino a buon fine ciò che hanno intrapreso. Di conseguenza la gente comincia a nutrire grandi ambizioni, che portano sia ad alti ideali sia a basse crudeltà, ed alla fine ci troviamo di fronte a figure come quelle del bandito Zhì, da una parte, di Zēng e di Shĭ, dall’altra . (1) Ora non basterebbe il mondo intero per retribuire il bene che vi viene compiuto o per punire il male che vi si ritrova. Poiché tutta la grandezza del mondo non è sufficiente per premiare il bene e per castigare il male, fin dai tempi antichi ci sono sempre stati, su questo tema, confusione e contrasti. Sempre agitati da queste preoccupazioni, dove avrebbero potuto gli uomini trovare la serenità necessaria per occuparsi della propria vita?
Andiamo avanti!
Se ci si diletta troppo dell’acutezza della vista, si finisce per abusare delle combinazioni di colori. Se ci si compiace troppo della finezza dell’udito, si finisce per eccedere nella ricerca delle sonorità. Se si pratica troppo la benevolenza, si finisce per distorcere la natura di tale virtù. Se si coltiva troppo la giustizia, si finisce per andar contro la ragionevolezza. Se si eccede nelle cerimonie, si finisce per cadere nell’artificio. Se si prende troppo piacere alla musica, si finisce per abbandonarsi alla licenziosità. Se si stimola il sapere, si finisce per favorire le invenzioni dell’ingegno. Se si incrementa la conoscenza si finisce per mettere in rilievo l’ignoranza. (3)
Se la gente conservasse le proprie disposizioni naturali, coltivare o meno le otto pratiche, arti e virtù di cui abbiamo appena detto sarebbe irrilevante. Vediamo tuttavia che così non avviene. Se gli uomini non conservano le proprie disposizioni naturali, queste otto pratiche, arti e virtù cominceranno ad essere coltivate in modo squilibrato ed eccessivo e il mondo cadrà nella confusione e nel disordine. Quanto grande è l’illusione quando gli uomini cominciano a venerare e a desiderare queste pratiche, queste arti e queste virtù! Dopo averle messe in atto non sono ancora soddisfatti e si preparano a ricominciare! (4) Ecco che si raccolgono in meditazione prima di parlarne! Ecco che si inginocchiano riverenti quando le mettono in atto, accompagnandone la celebrazione con tamburi, canti e danze!
A questo punto che cosa si può mai fare?
Di conseguenza la miglior linea di condotta che possa adottare un saggio il quale si trovi a dover governare è di non far nulla. Non faccia nulla e confidi nelle proprie qualità naturali! Perciò, chi ha cura del paese nello stesso modo in cui ha cura del proprio corpo, potrà vedersi affidare il governo; chi ama il mondo come ama il proprio corpo potrà essere incaricato di reggere l’Impero. (5) Pertanto il saggio, astenendosi dall’usare i cinque organi (6) e dallo stimolare i sensi della vista e dell’udito, farà sentire, con la sua immobilità quasi cadaverica, la propria presenza, simile a quella di un drago, farà percepire, con il suo profondo silenzio, la propria voce, simile al rombo di un tuono, farà intuire, con i suoi movimenti, impercettibili come quelli di uno spirito, la propria sintonia con i voleri del Cielo. Pur apparendo incurante e trascurando di prendere provvedimenti, diventerà un punto di riferimento per tutti. Che altro è necessario per governare l’Impero?
Come si può rendere migliore l’animo degli uomini se non si governa?” domandò Cūi Qú (7) a Lăo Dān (8).
Lăo Dān gli rispose: “Occorre stare attenti a non turbare gli animi. L’animo dell’uomo si deprime quando è imbrigliato, si esalta quando è stimolato, ma esaltazione e depressione sono due stati che sono entrambi comparabili ad una prigionia. L’animo dell’uomo può essere così flessibile da piegarsi alla forza o così duro da incidere la giada. Ora è ardente come il fuoco, ora è gelido come il ghiaccio. Nel tempo che tu ci metti a piegare la testa e a risollevarla è già volato al di là dei quattro mari ed è già tornato indietro.(9) Quando resta immobile è come l’abisso, quando si muove è come il cielo. Nel suo superbo orgoglio rifiuta di essere sottoposto a limiti. Ecco che cos’è l’animo dell’uomo!
Nei tempi antichi, l’Imperatore Giallo fu il primo a turbare l’animo umano con le idee di benevolenza e di giustizia. Più tardi, Yáo e Shùn non lesinarono gli sforzi (10) per migliorare il mondo impegnandosi fino allo stremo nel praticare la benevolenza e la giustizia. Si affannarono e sputarono sangue per creare un sistema di leggi, eppure non ebbero successo. Yáo dovette esiliare Huān Dōu sul monte Chóng (11), deportare le tribù dei Miáo nella zona di Sānwéi (12) e confinare Gòng Gōng a Yōudōu(13), poiché tutti costoro non sopportavano le regole. (14)
Passiamo ora all’epoca delle Tre Dinastie (15), periodo caratterizzato da grandi sconvolgimenti. Vissero in quei tempi personaggi infami come Jiè e Zhì e individui virtuosi come Zéng e Shĭ. Sorsero anche il Confucianismo e il Mohismo. Si contrapposero allora l’amore e l’odio, l’ignoranza e la conoscenza, il bene e il male, il finto e il vero, ed il mondo cadde in rovina. Gli uomini non riuscivano a mettersi d’accordo su che cosa fosse la virtù e la vita decadde come arsa dal fuoco o sommersa dalle acque. Tutti erano spinti dall’ambizione di sapere di più e la gente si affannava a cercare e a studiare. Furono quindi scoperti l’ascia e la sega, la corda e il marchio indelebile, il martello e il cesello per mantenere l’obbedienza, per punire e per mutilare. (16) Il mondo cadde in un grande disordine ed assunse l’aspetto di una montagna piena di crepacci. (17) E tutto fu dovuto al turbamento cui era stato sottoposto l’animo umano. In conseguenza di ciò, i saggi si ritirarono fra i dirupi e gli anfratti degli alti monti e i grandi sovrani (18), nei loro palazzi, vissero agitati e tremanti .
Oggi, i corpi dei giustiziati giacciono a mucchi l’uno sull’altro, masse di individui che portano il giogo (19) ingombrano le strade, non si vedono intorno che persone condannate e punite, ma i Confuciani e i Mohisti si mostrano eccitati ed entusiasti (20) tra questa gente ammanettata ed incatenata. Ahimè! È davvero incredibile! Non provano alcuna vergogna e non si rendono conto dell’enormità di ciò che accade.( 21)
Io non riesco a vedere che cosa ci sia di saggio nel giogo e nelle manette né che cosa ci sia di buono e di giusto nelle catene, nei punteruoli e nelle chiavarde. Chi può affermare che Zéng e Shĭ non siano il preannuncio di Jiè e di Zhì?(22) Ecco perché si dice: “ Bandisci la saggezza, abbandona il sapere ed il mondo ritornerà perfettamente in ordine”. (23)
Nel suo diciannovesimo anno di regno, l’Imperatore Giallo, che comandava tutto il mondo (24), sentì parlare di un saggio chiamato Guăng Chéng, che abitava sul monte Kōngtóng (25), e, recatosi a visitarlo, gli domandò:” Mi è stato detto che voi conoscete perfettamente la Via. Posso chiedervi qual è l’essenza della Via? Io vorrei intendere ciò che regola il cielo e la terra; vorrei promuovere l’agricoltura; vorrei portare benessere al mio popolo; vorrei anche saper governare il principio attivo e il principio passivo in modo da poter migliorare la vita della gente. Come posso fare?”.
Guăng Chéng gli rispose: “ Ciò che tu desideri conoscere è l’essenza dell’universo; ciò che tu vuoi controllare è il modo in cui esso funziona. Alle origini del mondo, ci fu la pioggia primordiale, che cadeva già prima che si formassero le nubi; crebbero erbe e piante, le cui foglie ingiallirono e poi caddero; nacquero il sole e la luna, che sorgono e tramontano. (26) Tu sei un uomo che si esprime con proprietà ed eleganza, ma perché mai dovrei spiegarti l’essenza della Via?”.
L’Imperatore Giallo si ritirò, abbandonò il governo, si costruì una capanna, meditò per tre mesi, seduto su una stuoia di paglia, poi si ripresentò a Guăng Chéng.
Guăng Chéng sedeva con il viso rivolto verso il sud. (27) L’Imperatore Giallo, umilmente, gli si avvicinò in ginocchio, fece due profondi inchini e gli domandò:” Ho sentito dire, Maestro, che voi conoscete perfettamente la Via. Potrei chiedervi che cosa si deve fare per vivere a lungo?”(28)
“Buona domanda!” esclamò Guăng Chéng, rizzandosi in piedi. “Vieni con me ed io ti spiegherò che cos`è la Via! La sua essenza è estremamente oscura; il suo culmine giace nell’oscurità più fitta e nel più profondo silenzio. In essa non c`è nulla da vedere e nulla da sentire. Solo rimanendo quieti ed immobili, se ne può intuire il vero aspetto.(29) Sii silenzioso! Sii puro! Non affannarti, non agitarti, e vivrai a lungo! Se i tuoi occhi non vedranno, le tue orecchie non sentiranno e la tua mente non correrà dietro alla conoscenza, il tuo animo controllerà il tuo corpo e tu vivrai a lungo. (30) Guarda a ciò che sta dentro di te! Trascura ciò che ne sta fuori! Il troppo sapere conduce alla rovina. Ti accompagnerò fino al culmine del Grande Splendore (31), alla fonte da cui scaturisce la pienezza del principio attivo, e ti farò varcare la Porta della Profonda Oscurità (31), oltre la quale si addensa fittissimo il principio passivo. Là troverai ciò che regola il cielo e la terra! Là scoprirai dove si nascondono il principio attivo e il principio passivo! Sii attento a te stesso e le cose ti daranno forza. (33) È conservando l’unità dei principi costitutivi dell’universo e rimanendo sempre in armonia con essi che io ho vissuto milleduecento anni senza che il mio corpo deperisse.”
L’Imperatore Giallo si prosternò due volte ed esclamò:”O Guăng Chéng, tu sei un esempio di ciò che noi chiamiamo il Cielo”.
Guăng Chéng continuò:” Vieni, ed io ti spiegherò ciò che tu vuoi sapere. La Via è infinita, anche se gli uomini credono che abbia dei limiti, ed è incommensurabile, anche se gli uomini credono che la si possa definire. Chi si conformerà alla Via di cui ti parlo sarà un Augusto (34) in cielo ed un re nel mondo terreno. (35) Chi non vi si saprà conformare, potrà guardare lo splendore in alto, ma rimarrà in basso in mezzo alla polvere. Al giorno d’oggi , tutti gli esseri nascono dalla terra e alla terra ritornano. (36) Perciò io ti lascerò e varcherò la soglia dell’infinito per vagare nelle immense distese di ciò che non ha limiti. Mescolerò la mia luce con quella del sole e della luna e durerò come durano il cielo e la terra. Illuminerò coloro che mi si avvicineranno, lascerò in ombra coloro che si terranno lontani. Mortali e perituri sono gli uomini. Io solo vivrò per sempre!”
Mentre vagava nei cieli orientali sulle ali del vento Yún Jiāng incontrò per caso Hóng Méng (37) che si batteva le mani sulle cosce e faceva salti di gioia.
Vedendo ciò, Yún Jiāng si fermò e domandò rispettosamente a Hóng Méng: ”Chi siete, Signore, e che cosa state facendo?”.
Continuando a battersi le mani sulle cosce e a fare salti di gioia, Hóng Méng gli rispose:” Sto passeggiando per il cielo”.
“Vorrei porvi una domanda” gli disse allora Yún Jiāng.
Hóng Méng alzò la testa per guardarlo in faccia e si limìtò ad esclamare: "Ah!”, ma Yún Jiāng continuò: “ Il soffio del cielo è disarmonico. Il respiro della terra è ansimante. I sei elementi (38) non si accordano. Le quattro stagioni non si succedono regolarmente. Ora, io vorrei armonizzare i sei elementi per portare il benessere alla gente. Potete spiegarmi come dovrei fare?”
Continuando a battersi le cosce e a saltellare di gioia, Hóng Méng gli rispose soltanto: “ Non so che dirti! Non so che dirti!”.
Yún Jiāng lasciò perdere, ma, tre anni più tardi, mentre attraversava i cieli orientali passando per le selvagge distese di Sòng, incontrò di nuovo Hóng Méng.
Felice dell’incontro, si avvicinò a Hóng Méng e gli disse: “Mi avete dimenticato, o Essere simile al Cielo?(39) Vi siete scordato di me?”.
Ciò detto, si prosternò due volte, pronto ad ascoltare ció che Hóng Méng volesse dirgli.
“Io vago, volando senza meta, e non so che cosa cerco.”cominciò Hóng Méng” Sono mosso da un impulso irresistibile e non so dove debbo fermarmi. Sono sempre in movimento e so soltanto che il mondo è soggetto ad un ordine. Che altro dovrei sapere?" (40)
“Anch’io vado in giro senza meta “osservò Yún Jiāng” e la gente mi segue dovunque io vada. Non riesco ad impedire che mi vengano dietro e che mi imitino. Vorrei sapere che cosa ne pensate.”
“Tutte le regole che sconvolgono il mondo, “gli rispose Hóng Méng “ tutte le passioni che si oppongono alla natura, tutte le azioni che contrastano l’operare arcano del Cielo, tutto ciò che provoca scompiglio nelle mandrie degli animali e che fa cantare gli uccelli durante la notte (41), tutti i fatti che recano danno alla vegetazione e che sono disastrosi per gli insetti, ebbene, tutte queste cose trovano origine nell’errore di voler governare gli uomini.”
“Che cosa dovrei fare, allora?” gli domandò Yún Jiāng.
“Pensaci bene!” gli rispose Hóng Méng ”Stiamo attenti a non causare danni! La cosa migliore è andarsene in giro saltellando come faccio io.”
“È difficile per me incontrare un Essere simile al Cielo come voi.” insistette Yún Jiāng” Non potreste spiegarmi ancora qualcosa prima di andarvene?”
“Ecco! “ gli rispose Hóng Méng “Coltiva il tuo animo. Non far nulla e le cose si aggiusteranno da sole. Non pensare a te stesso. Rinuncia all’ambizione di vedere o di sentire più del normale. Trascura le cose che ti stanno intorno. Cerca di immedesimarti quanto più puoi col caos primordiale. (42) Sciogli la tua mente, libera il tuo spirito. Rimani inerte come se fossi un essere inanimato. Tutto ciò che esiste (43) ritorna alle sue radici, anche se non se ne rende conto. Confusione e disordine accompagnano gli esseri viventi sino alla loro fine. Se sapessero che stanno tornando alle origini, costoro rinuncerebbero volentieri a questa loro condizione. Non dare un nome alle cose, non cercare di definirne la natura e vedrai che il mondo vivrà di vita propria”.(44)
“O Essere Divino!” esclamò Yún Jiāng “Mi hai mostrato come tu operi e me ne hai rivelato il segreto. Per tutta la mia vita l’ho cercato ed oggi sono riuscito a trovarlo”. Si prostrò di nuovo sino a terra, poi si rialzò, prese congedo da Hóng Méng e proseguì il suo cammino.
In questo mondo è normale che tutti si rallegrino quando vedono che gli altri aderiscono alle loro idee e si dispiacciano quando constatano che gli altri la pensano in modo diverso da loro. Ciò deriva dal fatto che gli uomini desiderano distinguersi rispetto ai loro consimili. Ma si può dire che coloro che sono emersi rispetto agli altri siano davvero saliti al di sopra degli altri? Essi continuano a dipendere dagli altri per mantenere con tranquillità la posizione di preminenza che hanno conseguito e, per quanto facciano, non potranno mai essere più capaci di tutti gli altri messi insieme. E, quando intendono governare un regno, adottano tutti i metodi impiegati dagli antichi sovrani (45), senza rendersi conto dei danni che provocano. Ciò significa far dipendere il bene dello Stato dalla loro buona fortuna, ma quante volte il cattivo destino dei governanti non porta con sé rovina dello Stato? (46) Una volta su diecimila, forse. Meno di una volta su diecimila , mentre, innumerevoli altre volte, lo Stato andrà in rovina. Ahimè! I governanti non riescono a capirlo.
I sovrani dispongono di tutte le cose che si trovano nel loro territorio, ma non sono in grado di trattarle come dovrebbero essere trattate, perché soltanto chi è al di fuori delle cose può valutare le cose nella loro essenza. (47) Chi si rende conto che per comprendere la sostanza delle cose bisogna porsi al di fuori di esse, non sarà costui il solo capace di governare il mondo? Se ne andrà in giro per l’universo a suo piacere (48), vagherà per le nove regioni (49), andrà e verrà , da solo, come meglio gli parrà. Di lui si potrà dire che è il solo capace di farlo, che è il più nobile di tutti gli uomini.
L’insegnamento di un grand’uomo è come l’ombra proiettata da un corpo, come l’eco generata da una voce. (50) Il saggio risponde alle domande nel modo più completo ed esauriente. Le sue risposte hanno l’ampiezza dell’universo. Nessun suono proviene da dove egli abita, nulla caratterizza il suo comportamento. (51) Egli ti guida a trovare la tua via lasciandoti credere che tu lo faccia di tua spontanea iniziativa. Cammina senza lasciar traccia, entra ed esce senza che si veda da dove passa, è comparabile al sole, che non ha inizio e non ha fine. Come si fa a lodare la sua persona? Egli è tutt’uno con l’universo. Si immedesima con l’universo e non ha un’esistenza individuale. Essendo privo di esistenza individuale, come potrebbe avere qualcosa che gli sia proprio? Se guardate a coloro che erano e possedevano (52), troverete i signori dei tempi antichi! (53) Se guardate a chi non è nulla e non ha nulla, troverete l‘Amico del Cielo e della Terra!
Irrilevanti sono le cose, eppure non si può fare a meno di tenerne conto. Umili sono gli uomini, eppure non si può fare a meno di ascoltarli. Oscuro è il risultato delle azioni, eppure non si può fare a meno di operare. Dure sono le leggi, eppure non si può fare a meno di applicarle. Lontana è la giustizia, eppure non si può fare a meno di perseguirla. Intima è la benevolenza, eppure non si può fare a meno di estenderla. Limitati sono i riti, eppure non si può fare a meno di moltiplicarli. Nascosta nel mezzo è la Virtù, eppure non si può fare a meno di esaltarla. Immutabile è la Via, eppure non può fare a meno di cambiare in continuazione. Pura essenza spirituale è il Cielo, eppure non può fare a meno di agire.
Per questo i saggi contemplano il Cielo senza assisterlo nel suo operato. Per questo perfezionano la Virtù senza consentirle di ostacolarli. Per questo percorrono la Via senza pianificare il cammino. Per questo esercitano la benevolenza senza farne un dogma. Per questo praticano la giustizia senza portarla all’eccesso. Per questo osservano i riti senza farne un tabù. Per questo svolgono le varie attività senza tenersene alla larga per principio. Per questo rispettano le leggi guardandosi dal causare disordine. Per questo prestano fiducia agli uomini guardandosi dal disprezzarli. Per questo utilizzano le cose guardandosi dal trascurarle. Infatti, anche se non si vede a che servano le cose, non si può evitare di farne uso.
Chi non ha chiaro che cosa sia il Cielo, non è abbastanza puro per conseguire la Virtù.
Chi non comprende che cos’è la Via, non potrà essere sé stesso. (54)
Come sono da compiangere coloro cui sfugge il senso della Via!
Che cos’è ciò che chiamiamo la Via? C’è la Via del Cielo e c’è la via dell’uomo. La Via del Cielo significa astenersi dall’agire ed essere onorati; la via dell’uomo significa darsi da fare e trovarsi nell’imbarazzo. La Via del Cielo è come il sovrano; la via dell’uomo è come un umile servitore. La Via del Cielo e la via dell’uomo sono ben lontane l’una dall’altra e vanno chiaramente distinte.
NOTE
1) Il fatto che un bandito come Zhì e due famosi saggi come Zēng e Shĭ vengano posti sullo stesso piano non appare illogico alla luce della dottrina taoista che condanna qualsiasi tentativo di alterare le disposizioni naturali dell’uomo e quindi anche gli sforzi tesi a renderlo artificialmente migliore coltivando le virtù dell’umanità e della benevolenza. Si veda, a questo riguardo, il cap. VIII, dello Zhuāngzĭ, intitolato “I piedi palmati”).
2) Il testo cinese dice letteralmente “dall’epoca delle tre dinastie”( 三代以下 ” sāndài yǐxià”). Le tre dinastie (Xià 夏朝, Shāng 商朝 e Zhōu 周朝) coprono praticamente tutta la storia cinese, dai primi albori fino all’epoca in cui fu scritto il Zhuāngzī . Ne rimane fuori il precedente periodo degli imperatori mitici durante il quale gli uomini sarebbero ancora vissuti secondo natura e nel rispetto della Via.
3) Non è il caso di ritornare su questo tema, che è un punto-chiave della dottrina taoista e di cui si è già parlato a lungo trattando del Dào Dé Jīng. Per i Taoisti, cultura, leggi, riti, progresso tecnico e scientifico alterano la natura dell’uomo e sono dunque contrari alla Via. Anche l’incremento delle conoscenze ha un effetto negativo perché distrugge l’eguaglianza naturale degli uomini creando una discriminazione tra i colti e gli ignoranti.
4) Ci viene in mente la descrizione dantesca della cupidigia nella Divina Commedia (Canto I°, versi 97-99):
“Ed ha natura sì malvagia e ria
che mai non empie la bramosa voglia
e dopo il pasto ha più fame che pria”.
5) Questa frase è presa dal cap. XIII del Dào Dé Jīng, il libro sacro del taoismo. Che cosa significa “aver cura del proprio corpo” e “amarlo”? Nel contesto originario, Lăo Zĭ ci spiega che la dipendenza dal corpo è la sola ragione che rende l’essere umano capace di soffrire. Di conseguenza, quanto più una persona riesce a considerare con distacco il proprio corpo ed a dominare le passioni materiali, tanto più essa riduce la possibilità di soffrire. Il saggio è perciò colui che “stima” ed “ama” il proprio corpo con la razionalità e con la spassionatezza che sono necessarie per evitare la sofferenza. Chi sa portare la stessa razionalità e la stessa spassionatezza nel campo della politica è il più adatto a governare lo Stato. Questo distacco si tradurrà necessariamente nel “non fare”, cioè nella rinuncia all’ambizione velleitaria e inconcludente di coartare la natura piegandola ai propri progetti.
6) I“cinque organi” (五 藏 “wŭ zàng”) sono: cuore, polmoni, fegato, milza e reni. La dottrina cinese che collegava le virtù ai “cinque organi interni” si potrebbe, in un certo senso, comparare con la “teoria degli umori”, ideata da Ippocrate di Coo e largamente diffusa in Europa fino al Rinascimento, la quale faceva dipendere i diversi temperamenti dai quattro “umori”: il sangue, il flemma, la bile e l’atrabile. Come per gli Europei la deficienza o l’eccesso di uno di questi liquidi corporei conduceva a squilibri del comportamento e della salute, così per i Cinesi l’influsso eccessivo di uno dei “cinque organi interni” rendeva impossibile l’esercizio corretto delle virtù. Zhuāngzĭ consiglia pertanto al saggio di non usare troppo i cinque organi, cioè di astenersi da un’attività eccessiva.
7) Di Cūi Qú 崔瞿 le fonti non riportano dati sicuri. Alcuni commentatori lo ritengono un personaggio inventato; altri dicono che era un funzionario della dinastia dei Zhōu Orientali, la quale regnò dal 770 a.C. al 256 a.C.
8) Lăo Dān 老聃 è uno dei nomi sotto cui è conosciuto Lăo Zĭ 老子, il fondatore del Taoismo, vissuto in epoca imprecisata tra il VI° e il IV secolo a.C.
9) L’espressione “i quattro mari” 四海 (“sìhăi) designa, tradizionalmente, i confini del mondo.
10) Il concetto di fare grandi sforzi è reso con l’espressione idiomatica 舜於是乎股無胈,脛無毛(“yúshì hū wú bá, jìng wú máo”) che significa letteralmente”strapparsi i peli dalle gambe e dai polpacci”.
11)Secondo la leggenda, il ministro Huān Dōu 讙兜 cospirò contro l’imperatore Yáo 堯, che lo invio in esilio sul monte Chóng 崇山.
12) Erano indicate con il termine 三苗(“sān miáo” cioè “le tre tribù Miao”) le popolazioni non cinesi stabilite a sud del territorio originariamente abitato dai Hàn 漢族. Durante il regno di Yáo, si sarebbero ribellate al dominio cinese, ma sarebbero state sconfitte in battaglia presso il fiume Dān 丹江 nel Húbĕi e, dopo ulteriori ribellioni, sarebbero state deportate nella zona del monte Sānwēi 三危山 (nell’attuale Gānsū).
13) Il ministro Gòng Gōng 共工 fu confinato nelle inospitali regioni della Cina Settentrionale( allora indicate con il termine Yōudōu 幽都 ) per aver tramato contro l’Imperatore. Il confino di Gòng Gōng, così come l’esilio di Huān Dōu e la deportazione dei Sān Miáo sono tuttavia fatti che si perdono nelle nebbie del mito e che vengono attribuiti talora a Yáo ,堯 talora al suo successore Shùn 舜.
14) Qualora il termine 此(“cī”) venga riferito a Yáo, si impone però un’altra interpretazione: Yáo fu costretto ad applicare misure punitive come la condanna all’esilio o alla deportazione perché non riusciva ad imporre le proprie regole ai sudditi riottosi.
15) Ritroveremo nei paragrafi che seguono tutta una serie di nomi, di concetti e di ragionamenti su cui ci siamo già soffermati nelle note ai capitoli precedenti. Mi limito perciò a rimandare a tali note.
16) Siamo qui di fronte ad un chiaro esempio di eterogenesi dei fini. È evidente che strumenti come l’ascia, la sega, la corda, il marchio, il martello, il cesello non sono stati inventati con scopi malvagi, bensì per favorire il progresso aiutando gli uomini nello svolgimento delle loro attività. L’allontanamento degli uomini dal primitivo stato di sintonia con la natura ha però fatto sì che questi strumenti siano stati distolti dalla loro funzione primitiva e usati per terrorizzare, punire, umiliare ed uccidere. La dottrina taoista ne trae la conclusione, un po’sconcertante, che il progresso è un male. Se consideriamo il modo perverso in cui gli uomini sono spesso riusciti ad utilizzare importanti scoperte scientifiche le affermazioni di Lăo Zĭ e di Zhuāngzĭ non ci appaiono tuttavia interamente prive di fondamento.
17) Il termine 脊(“jĭ”) designa la cresta delle montagne, cioè il loro punto più scosceso e pericoloso.
18) Il testo cinese reca l’espressione (萬乘之君“wàn chéng zhī jūn”), cioè “il signore di diecimila carri da guerra”. Chi era in grado di mettere in campo una tale forza armata era necessariamente un sovrano potente e temuto. La degradazione del mondo costringe però anche i grandi principi a vivere nel costante terrore di attacchi nemici o di congiure interne.
19) Il termine 桁楊 (“háng yáng”) designa qui un antico strumento di tortura e di punizione, che nelle lingue occidentali è generalmente chiamato “canga”. ( La parola “canga” deriva da un vocabolo portoghese che significa “giogo”). Esso era costituito da due pesanti tavole di legno, in ciascuna delle quali era stato praticato un foro semicircolare, in modo che facendole combaciare si formasse nel mezzo un’apertura del diametro di qualche decina di centimetri. Quando le due tavole venivano serrate intorno al collo del condannato, questi, non era più in grado di nutrirsi da solo né di riposare, non potendo né portare le mani alla bocca né appoggiare il capo per terra. La “canga” è simile alla “gogna” usata in Occidente durante il Medioevo, con la differenza che la “gogna” era una struttura fissa, eretta su un palco e sostenuta da un palo o da una colonna.
20) Le espressioni (離跂 “líqí”), letteralmente “sporgersi in punta di piedi”, e (攘臂 “răngbì”), letteralmente “tirarsi su le maniche e mostrare le braccia nude”) sono tradizionalmente usate per indicare grande interesse ed entusiasmo.
21) La critica è estremamente dura. I Confuciani e i Mohisti dovrebbero, secondo Zhuāngzĭ, rattristarsi della situazione di degrado a cui hanno portato i loro insegnamenti, non rallegrarsene.
22) L’espressione 嚆矢 (“hāoshĭ”) significa letteralmente “frecce tintinnanti” e va qui intesa, conformemente alla dottrina taoista, nel senso che la presenza di uomini virtuosi segnala necessariamente la presenza di uomini depravati. Infatti, se gli uomini fossero rimasti allo stato di natura, sarebbero tutti uguali e non ci sarebbero né buoni né malvagi.
23) Questa frase è, in parte, una citazione del Dào Dé Jīng 道德經 nel cui capitolo XIX leggiamo: “Bandisci la saggezza, abbandona il sapere ed il popolo se ne avvantaggerà mille volte”( 絕聖棄智,民利百倍 “jué shèng qì zhì, mínlì bǎibèi”).
24) Ho qui tradotto 天下 con “tutto il mondo” perché, per gli antichi Cinesi, il loro impero coincideva con tutto il mondo o, perlomeno, con tutto il mondo civilizzato.
25) Il monte Kōngtóng 空同 è una montagna situata nel Gānsu orientale 甘肃. Sulle sue pendici si sarebbe ritirato il saggio Guăng Chéng 廣成 , che sembra essere un personaggio di fantasia.
26) Troviamo qui un abbozzo di cosmogonia che ricorda vagamente il racconto della Genesi.
27) Era questa la posizione tipica dei sovrani che guardavano tradizionalmente verso il punto cardinale in cui il sole si manifestava nel suo massimo splendore. Il saggio viene qui rappresentato come superiore anche al sovrano, il quale, come vedremo, gli si avvicina con la massima umiltà e con estremo rispetto.
28) La domanda può naturalmente essere intesa anche in senso metaforico. Che cosa deve fare un buon governante perché il suo regno prosperi a lungo?
29) Si allude qui probabilmente alle tecniche di meditazione che possono portare all’illuminazione, cioè alla comprensione intuitiva dell’universo.
30) In altre parole, la serenità dell’animo garantisce la sanità del corpo. Si potrebbe dire che queste osservazioni precorrono di qualche millennio le conclusioni cui sono giunte oggi la medicina e la psicologia.
31) Il termine 大明 (“dàmíng) è usato in poesia per indicare la luce brillante del sole e della luna. Nel presente contesto indica il sommo splendore che nasce dalla massima concentrazione del principio attivo (陽“yáng).
32) Con il termine (窈冥之門 “yǎo míng zhī mén”),, cioè “Porta della Profonda Oscurità”, viene designato il punto in cui si concentra fino a raggiungere il massimo il principio passivo (陰“yīn”).
33) Il testo cinese dice letteralmente 慎守女身 (“shèn shǒu nǚ shēn”), cioè “sta’ attento al tuo corpo”. Mi sembra tuttavia che nulla impedisca di attribuire al consiglio una portata molto più vasta: chi si conforma alla Via non conserva soltanto la salute del corpo, ma opera secondo le leggi della natura e avrà quindi successo anche nel governare.
34) I Tre Augusti (三皇 “sān huáng”), sovrani mitici di natura semidivina, regnarono, secondo la tradizione, in epoche antichissime e impartirono agli uomini le prime conoscenze, insegnando loro come usare il fuoco, come costruire le case, come coltivare i campi. Furono seguiti dai Cinque Imperatori (五帝“wŭdì”), anch’essi personaggi leggendari, che sarebbero vissuti nel terzo millennio a.C.
35) Troviamo qui la risposta esplicita alla prima domanda dell’Imperatore Giallo: chi saprà conformarsi alla Via diventerà un semidio in cielo e, già su questa terra, diventerà un re capace di governare con saggezza ed equilibrio.
36) Questa constatazione non richiederebbe osservazioni (“memento, homo, quia pulvis es,et in pulverem reverteris” ammonisce una frase latina ispirata alla Bibbia), salvo per il fatto di essere introdotta da un avverbio di tempo (今“jīn”), che significa “ora”,”attualmente”. Inserito nel contesto, tale avverbio va naturalmente inteso riferirsi all’epoca dell’Imperatore Giallo, ma ciò che esso vuol dire ha una portata generale che prescinde dal momento storico. Il senso della frase sembra infatti essere che l’immortalità è legata alla comprensione delle leggi che regolano l’universo e ad un’intima consonanza con la natura. Quando gli uomini smettono di seguire la Via, rimane loro soltanto ciò che è puramente materiale, cioè la terra e la polvere.
37) Yún Jiāng 雲將, vale a dire “lo spirito delle nuvole”, e Hóng Méng 鴻蒙 , vale a dire “il caos primordiale”, sono personaggi di fantasia che compaiono soltanto nel Zhuāngzī.
38) I “sei elementi” (“六氣 “liù qì”) sono, nella tradizione cinese, i sei fattori climatici (vento, gelo, canicola, vapore, siccità e fuoco) che segnano il corso normale delle stagioni. Dal loro armonioso alternarsi dipende la vita di tutti gli esseri.
39) Il testo cinese reca semplicemente la parola 天 (“tiān”), vale a dire “Cielo”. Un saggio come Hóng Méng è talmente compenetrato con l’Universo che può essere considerato “simile al Cielo”, se non addirittura essere identificato con il Cielo.
40) La risposta di Hóng Méng è una sintesi della dottrina taoista: La sola conoscenza consiste nel rendersi conto del fatto che l’universo è retto da un preciso ordine, immanente o superiore che sia, poco importa. La ricerca di qualsiasi altro sapere non è soltanto inutile, ma addirittura dannosa.
41) Zhuāngzī ci fornisce qui due esempi pratici di situazioni anomale che contrastano con l’ordine naturale delle cose.
42) Il carattere 涬 (“xìng”) significa “distesa d’acqua”. Il carattere 溟 (“míng”) può avere diversi significati, anch’essi prevalentemente legati all’acqua: “oceano”,”pioggerella”,”oscurità”. Uniti, i due caratteri formano le parole 涬 溟(“xìnmíng”) e 溟 涬 (“míngxìng”), che sono normalmente interpretate come “caos primordiale”, in quanto i miti relativi alla creazione parlano sempre di una fase iniziale in cui il mondo era sommerso dalle acque ed immerso nell’oscurità.
Nel primo capitolo del “Língxiàn”( 靈憲 ,”Il Modello Sublime”), opera scientifica che affronta anche il tema della creazione, l’astronomo Zhāng Héng 張衡 ( 78 d.C,- 139 d.C.) scrive: “Prima che si formasse il mondo, tutto era calmo e misterioso, oscuro e silenzioso. Non è possibile farsi un’idea di come fosse. All’interno c’era il vuoto; all’esterno c’era il nulla. Questo stato di cose, che noi chiamiamo “míngxìng”, durò un’infinità di tempo ed è all’origine dell’universo” (太素之前,幽清玄静,寂漠冥默,不可为象,厥中惟虚,厥外惟无。如是者永久焉,斯谓溟涬,盖乃道之根也).
Conformandosi totalmente alla natura, il saggio si immedesima con l’universo e diventa spontaneamente capace di comprenderne e di ripercorrerne l’evoluzione. Si veda in proposito la storia del saggio Húzi 壺子 e dello stregone Jì Xián 季咸 , raccontata nel cap.VII del Zhuāngzĭ, intitolato “Come si devono comportare i sovrani” (應帝王 “yīng dìwáng”).
43) L’espressione 萬物云云 (“wànwù yúnyún”), letteralmente “le diecimila cose e tutto il resto”, è un modo popolare di dire :“ogni cosa”.
44) L’estrema sinteticità del testo ne rende incerta ed opinabile qualsiasi traduzione. Ho quindi cercato, con una certa libertà, di attribuire ad ogni frase un significato coerente con la dottrina taoista, di cui abbiamo, nelle parole di Hóng Méng, un brevissimo compendio.
45) Il termine 三王 (“sān wáng”), vale a dire “i tre re”, potrebbe indicare complessivamente sia i sovrani mitici sia gli imperatori delle prime tre dinastie che regnarono nei due millenni precedenti l’era cristiana. Anche questi antichi sovrani vengono qui accusati di non essersi conformati alla Via, avendo cercato di imporre agli uomini determinati comportamenti.
46) Il governante che si mostra troppo attivo nella sua opera di governo, finisce per legare troppo lo Stato alla sua azione personale con la conseguenza che la sua rovina porterà con sè anche la rovina dello Stato.
47) Le traduzioni di questo passo sono così diverse tra di loro che ho rinunciato a prenderle in considerazione e ho preferito andare avanti per conto mio. Interpretando l’espressione 物物 (“wù wù”) come “trattare le cose nel modo in cui devono essere trattate”, ”cogliere la sostanza delle cose”, ho considerato che, secondo la dottrina taoista, la sola possibilità di comprendere il funzionamento dell’universo consiste nel tirarsi fuori dall’apparente disordine del mondo e nel contemplarlo da una lontananza sufficiente a consentirci di percepire l’insieme delle leggi che lo regolano, così come un vasto panorama può essere ammirato nella sua interezza soltanto da un osservatore che sia salito sulla cima di un’alta montagna.
48) Le “sei direzioni” (六合 “liù hé”), cioè i quattro punti cardinali più l’alto e il basso, è un’espressione usata anticamente per indicare il mondo.
49) Con il termine “le nove regioni” ( 九州 “jiŭzhōu”) si indicavano i nove territori che costituirono, nei tempi più antichi, l’Impero Cinese.
50) Zhuāngzĭ insiste ancora una volta sul fatto che la sola presenza del saggio è di per sé fonte di insegnamento. Ricordiamo il capitolo 2 del Dào Dé Jīng: “…il saggio si fonda sulla regola del non agire ed insegna senza dare lezioni…” e il cap. 43 : “ si può insegnare senza bisogno di parole ed ottenere risultati senza bisogno di azioni”.
51) Il saggio non desidera distinguersi, aborre dalle prese di posizione definite e rifugge dalle affermazioni categoriche. “È aperto a tutto e non respinge nulla.” (Dào Dé Jīng, cap. 2). “Il saggio si tira indietro e si ritrova tra i primi” (Dào Dé Jīng, cap.7) “Il saggio non ha opinioni particolari. Egli condivide i pensieri della gente”. (Dào Dé Jīng, cap. 49) “…il saggio non si distingue da tutti gli altri.” (Dào Dé Jīng, cap. 55) “Il saggio non compete con nessuno e proprio per questo nessuno al mondo è in grado di competere con lui” (Dào Dé Jīng, cap.66) “Il saggio conosce sé stesso e non si mette in mostra." (Dào Dé Jīng, cap. 72)
52) Il carattere 有 (“yŏu”) può esprimere, nella lingua cinese, tanto l’idea di “essere “ quanto l’idea di “avere”. Entrambe le idee sono presenti in questo testo: i sovrani “esistono” perché sono personaggi famosi e chiaramente individuabili ed “hanno” perché possiedono regni e ricchezze; il saggio non “esiste” perché non fa nulla per distinguersi, anzi compie ogni sforzo per “sparire” agli occhi degli altri confondendosi con l’universo che lo circonda, e non “ha” perché sa bene che fama, ricchezza e potere non sono altro che polvere.
53) Tra i vari significati del termine 君子 (“jūnzī”) ho scelto quello di “signore”, “sovrano” perché tale termine non mi sembra qui avere il senso di “uomo eccellente”, ”persona superiore”, che può assumere in altri contesti. Per la dottrina taoista il fatto di essere famosi, ricchi e potenti non costituisce un pregio ma piuttosto un difetto.
54) L’espressione 無自 (“wú zì”), letteralmente “non essere sé stessi”, mi sembra da intendersi nel senso che chi non comprende la Via non potrà conformarsi alle leggi che regolano l’universo perché, non conoscendo la Via, non conosce in sostanza neppure sé stesso e il proprio ruolo nel mondo.
在宥
聞在宥天下,不聞治天下也。在之也者,恐天下之淫其性也;宥之也者,恐天下之遷其德也。天下不淫其性,不遷其德,有治天下者哉!昔堯之治天下也,使天下欣欣焉人樂其性,是不恬也;桀之治天下也,使天下瘁瘁焉人苦其性,是不愉也。夫不恬不愉,非德也。非德也而可長久者,天下無之。人大喜邪,毗於陽。大怒邪,毗於陰。陰陽並毗,四時不至,寒暑之和不成,其反傷人之形乎!使人喜怒失位,居處無常,思慮不自得,中道不成章,於是乎天下始喬詰、卓鷙,而後有盜跖、曾、史之行。故舉天下以賞其善者不足,舉天下以罰其惡者不給,故天下之大不足以賞罰。自三代以下者,匈匈焉終以賞罰為事,彼何暇安其性命之情哉!而且說明邪,是淫於色也;說聰邪,是淫於聲也;說仁邪,是亂於德也;說義邪,是悖於理也;說禮邪,是相於技也;說樂邪,是相於淫也;說聖邪,是相於藝也;說知邪,是相於疵也。天下將安其性命之情,之八者,存可也;亡可也;天下將不安其性命之情,之八者,乃始臠卷、獊囊而亂天下也。而天下乃始尊之惜之,甚矣天下之惑也!豈直過也而去之邪!乃齊戒以言之,跪坐以進之,鼓歌以儛之,吾若是何哉!故君子不得已而臨邪天下,莫若無為。無為也,而後安其性命之情。故貴以身於為天下,則可以託天下;愛以身於為天下,則可以寄天下。故君子苟能無解其五藏,無擢其聰明,尸居而龍見,淵默而雷聲,神動而天隨,從容無為而萬物炊累焉。吾又何暇治天下哉!
崔瞿問於老聃曰:「不治天下,安藏人心?」老聃曰:「汝慎無攖人心。人心排下而進上,上下囚殺,淖約柔乎剛強。廉劌彫琢,其熱焦火,其寒凝冰。其疾俛仰之間,而再撫四海之外,其居也淵而靜,其動也縣而天。僨驕而不可係者,其唯人心乎!昔者黃帝始以仁義攖人之心,堯、舜於是乎股無胈,脛無毛,以養天下之形,愁其五藏以為仁義,矜其血氣以規法度。然猶有不勝也。堯於是放讙兜於崇山,投三苗於三峗,流共工於幽都,此不勝天下也夫!施及三王而天下大駭矣。下有桀、跖,上有曾、史,而儒、墨畢起。於是乎喜怒相疑,愚知相欺,善否相非,誕信相譏,而天下衰矣;大德不同,而性命爛漫矣;天下好知,而百姓求竭矣。於是乎釿鋸制焉,繩墨殺焉,椎鑿決焉。天下脊脊大亂,罪在攖人心。故賢者伏處大山嵁巖之下,而萬乘之君憂慄乎廟堂之上。今世殊死者相枕也,桁楊者相推也,刑戮者相望也,而儒、墨乃始離跂攘臂乎桎梏之間。意!甚矣哉!其無愧而不知恥也甚矣!吾未知聖知之不為桁楊椄槢也,仁義之不為桎梏、鑿枘也,焉知曾、史之不為桀、跖嚆矢也!故曰:『絕聖棄知而天下大治。』」
黃帝立為天子十九年,令行天下,聞廣成子在於空同之上,故往見之,曰:「我聞吾子達於至道,敢問至道之精。吾欲取天地之精,以佐五穀,以養民人;吾又欲官陰陽,以遂群生。為之奈何?」廣成子曰:「而所欲問者,物之質也;而所欲官者,物之殘也。自而治天下,雲氣不待族而雨,草木不待黃而落,日月之光益以荒矣。而佞人之心翦翦者,又奚足以語至道!」黃帝退,捐天下,築特室,席白茅,閒居三月,復往邀之。廣成子南首而臥,黃帝順下風膝行而進,再拜稽首而問曰:「聞吾子達於至道,敢問治身奈何而可以長久?」廣成子蹶然而起,曰:「善哉問乎!來!吾語女至道。至道之精,窈窈冥冥;至道之極,昏昏默默。無視無聽,抱神以靜,形將自正。必靜必清,無勞女形,無搖女精,乃可以長生。目無所見,耳無所聞,心無所知,女神將守形,形乃長生。慎女內,閉女外,多知為敗。我為女遂於大明之上矣,至彼至陽之原也;為女入於窈冥之門矣,至彼至陰之原也。天地有官,陰陽有藏,慎守女身,物將自壯。我守其一,以處其和,故我修身千二百歲矣,吾形未嘗衰。」黃帝再拜稽首曰:「廣成子之謂天矣!」廣成子曰:「來!吾語女。彼其物無窮,而人皆以為有終;彼其物無測,而人皆以為有極。得吾道者,上為皇而下為王;失吾道者,上見光而下為土。今夫百昌,皆生於土而反於土,故余將去女,入無窮之門,以遊無極之野。吾與日月參光,吾與天地為常。當我,緡乎!遠我,昏乎!人其盡死,而我獨存乎!」
雲將東遊,過扶搖之枝,而適遭鴻蒙。鴻蒙方將拊髀雀躍而遊。雲將見之,倘然止,贄然立,曰:「叟何人邪?叟何為此?」鴻蒙拊髀雀躍不輟,對雲將曰:「遊。」雲將曰:「朕願有問也。」鴻蒙仰而視雲將曰:「吁!」雲將曰:「天氣不合,地氣鬱結,六氣不調,四時不節。今我願合六氣之精,以育群生,為之奈何?」鴻蒙拊髀雀躍掉頭曰:「吾弗知,吾弗知。」雲將不得問。又三年,東遊,過有宋之野,而適遭鴻蒙。雲將大喜,行趨而進曰:「天忘朕邪?天忘朕邪?」再拜稽首,願聞於鴻蒙。鴻蒙曰:「浮游不知所求,猖狂不知所往,遊者鞅掌,以觀無妄,朕又何知!」雲將曰:「朕也自以為猖狂,而百姓隨予所往;朕也不得已於民,今則民之放也。願聞一言。」鴻蒙曰:「亂天之經,逆物之情,玄天弗成;解獸之群,而鳥皆夜鳴;災及草木,禍及止蟲。意!治人之過也!」雲將曰:「然則吾奈何?」鴻蒙曰:「意!毒哉!僊僊乎歸矣!」雲將曰:「吾遇天難,願聞一言。」鴻蒙曰:「意!心養。汝徒處無為,而物自化。墮爾形體,吐爾聰明;倫與物忘,大同乎涬溟;解心釋神,莫然無魂。萬物云云,各復其根,各復其根而不知。渾渾沌沌,終身不離;若彼知之,乃是離之。無問其名,無闚其情,物故自生。」雲將曰:「天降朕以德,示朕以默,躬身求之,乃今也得。」再拜稽首,起辭而行。
世俗之人,皆喜人之同乎己,而惡人之異於己也。同於己而欲之、異於己而不欲者,以出乎眾為心也。夫以出於眾為心者,曷嘗出乎眾哉!因眾以寧所聞,不如眾技眾矣。而欲為人之國者,此攬乎三王之利,而不見其患者也。此以人之國僥倖也,幾何僥倖而不喪人之國乎!其存人之國也,無萬分之一;而喪人之國也,一不成而萬有餘喪矣。悲夫!有土者之不知也!
夫有土者,有大物也。有大物者,不可以物物;而不物,故能物物。明乎物物者之非物也,豈獨治天下百姓而已哉!出入六合,遊乎九州,獨往獨來,是謂獨有。獨有之人,是謂至貴。
大人之教,若形之於影,聲之於響。有問而應之,盡其所懷,為天下配。處乎無響,行乎無方。挈汝適復之撓撓,以遊無端,出入無旁,與日無始,頌論形軀,合乎大同,大同而無己。無己,惡乎得有有!睹有者,昔之君子;睹無者,天地之友。
賤而不可不任者,物也;卑而不可不因者,民也;匿而不可不為者,事也;麤而不可不陳者,法也;遠而不可不居者,義也;親而不可不廣者,仁也;節而不可不積者,禮也;中而不可不高者,德也;一而不可不易者,道也;神而不可不為者,天也。故聖人觀於天而不助,成於德而不累,出於道而不謀,會於仁而不恃,薄於義而不積,應於禮而不諱,接於事而不辭,齊於法而不亂,恃於民而不輕,因於物而不去。物者莫足為也,而不可不為。不明於天者,不純於德;不通於道者,無自而可。不明於道者,悲夫!
何謂道?有天道,有人道。無為而尊者,天道也;有為而累者,人道也。主者,天道也;臣者,人道也。天道之與人道也,相去遠矣,不可不察也。