Nella poesia intitolata “La gente del Dàozhōu” ( 道 州 民 “Daòzhōu Mín”) Bái Jūyì affronta un tema che è ancor oggi di grande attualità, quello della dignità umana.
Gli abitanti del Dàozhōu erano discriminati perché diversi dagli altri, a causa della loro minuscola statura,ed i loro bambini venivano strappati alle famiglie e fatti schiavi per essere poi inviati , a titolo di tributo,alla corte imperiale, dove venivano sfruttati come servi o come giullari.
Il governatore Yáng Chéng si accorse non solo della crudeltà di una prassi che smembrava le famiglie, ma anche della profonda ingiustizia di un atteggiamento che prendeva pretesto dalla differenza di aspetto fisico per negare sostanzialmente ad una parte della popolazione i diritti naturali spettanti ad ogni essere umano.
Non diede esecuzione all’ordine di spedire verso la capitale un convoglio di giovani schiavi e scrisse all’imperatore per richiamare la sua attenzione sul fatto che nei libri canonici, fondamento della vita civile in tutto l’impero, non venivano mai menzionati tributi di schiavi.
Così facendo, dimostrò grande coraggio e corse un grosso rischio, perché la disobbedienza ad un ordine imperiale era considerata un atto di ribellione ed era punita con la morte, ma l’imperatore fu indotto a riflettere dalle sue parole e si rese conto che degli esseri umani non potevano essere trattati alla stessa stregua di animali o di cose solo perché fisicamente differenti dal resto della popolazione.
Il tributo di esseri umani fu abolito e la gente del Dàozhōu cominciò a venerare come un dio Yáng Chéng, che le aveva ridato la felicità.
Il punto culminante della poesia è il verso in cui Bái Jūyì fa affermare a Yáng Chéng che “esistono solo uomini (anche se) nani, non schiavi nani”, principio che può essere generalizzato ed usato per combattere qualsiasi discriminazione quale che sia il suo fondamento.
LA GENTE DEL DÀOZHŌU
Molti abitanti del Dàozhōu (1) sono nani (2)
che non superano tre piedi d’altezza. (3)
Un tempo li trattavano come schiavi,
li mettevano in vendita come cose;
ogni anno ne inviavano alcuni alla Corte (4)
con una menzione: “Prodotti del Dàozhōu”.
Che razza di tributo poteva essere ?
Non ho mai sentito parlar d’un tributo
che separi le persone per la vita,
che recida i vincoli della famiglia,
che allontani i figli dalle loro madri.(5)
Yáng Chéng è nominato governatore.(6)
Non invia gli schiavi, ignora i solleciti.
Scrive all’imperatore queste parole:
“Il vostro servo ha letto nei Sei Classici (7)
ch’ogni provincia deve dare in tributo
le cose che in essa si posson trovare.(8)
Tra gli esseri che vivono qui nel Dàozhōu (9),
non ha tuttavia trovato schiavi nani,
ma unicamente uomini di bassa statura”.
L’imperatore ci pensa e ne è turbato,.
si fa dare un foglio, vi appone il sigillo,
decreta : “Soppresso il tributo del Dàozhōu”.
Come si rallegrò la gente del Dàozhōu!
Quanto ne gioirono giovani e vecchi!
Padri e figli non saranno più separati.
I fratelli potranno vivere insieme.
Da quel giorno in poi sono stati liberi
ed è libera ora la gente del Dàozhōu,
e ,quando menzionano il governatore,
ancor oggi si commuovono e piangono.
E per far sì che i figli e i figli dei figli
non si scordino il loro benefattore,
allorché nascono bambini maschi,
gli mettono nel nome la sillaba “Yáng”.
NOTE
(1) Dàozhōu 道 州 è l’antico nome del Dàoxiàn 道 县 , contea della prefettura di Chēnzhōu 郴 州 , nella regione del Húnán 湖 南 (Cina Meridionale). Il Húnán 湖 南 entrò nella storia cinese a partire dal 350 a.C., quando fu conquistato dal re di Chŭ 楚 國 .
(2) Il fenomeno si spiegava probabilmente con l’esistenza,tra gli aborigeni del Dàozhōu, di una o più tribù di pigmei.
(3) Il “chĭ”尺 (“piede”) è un’antica misura di lunghezza, il cui valore ,durante il primo millennio della nostra era, variò, secondo i periodi, da un minimo di circa 23 centimetri ad un massimo di circa 30 centimetri Tre piedi darebbero quindi un’altezza che può andare dai 70 ai 90 centimetri.
(4) I nani erano apprezzati nell’antica Cina come suonatori, attori o giullari. Un nano, Yōu Zhān 優 旃 , recitava presso la corte del primo imperatore Shĭ Huáng Dì 秦 始 皇 帝 . Ai tempi del famoso imperatore Wŭdì della dinastia Hàn 漢 武 帝 , Dōnfāng Shuò 東 方 朔 si lamentò scherzosamente del fatto che i nani in servizio nel palazzo imperiale percepissero il suo stesso salario pur essendo alti soltanto la metà di lui. Il “Suí Yángdì Yănyì” ( 隋 煬 帝 演 義 “Romanzo dell’imperatore Yáng della dinastia Suí”), pubblicato nel 1631, afferma che l’imperatore Yáng, il quale regnò dal 604 d.C.al 618 d.C., aveva come consigliere molto stimato un nano di nome Wáng Yì 王 議 , che gli era stato inviato dal Dàozhōu a titolo di tributo. Alcune fonti menzionano la presenza di nani anche alla corte degli imperatori Táng.
(5) Letteralmente: “che fa piangere gli anziani per i loro nipoti, le madri per i figli”.
(6) Secondo la leggenda, Fú 福 , il dio della felicità, sarebbe stato un tempo un alto funzionario chiamato Yáng Chéng 楊 城. Nominato governatore del Dáozhōu, Yáng Chéng si sarebbe rifiutato di inviare alla Corte il contingente annuo di bambini prelevati come schiavi tra la popolazione dei pigmei, ottenendo l’abolizione di questo odioso tributo, e si sarebbe così guadagnato la gratitudine degli abitanti della regione,che lo avrebbero venerato, dopo la sua morte, come una divinità.Per tale motivo Fú è abitualmente rappresentato con la tunica azzurra dei funzionari ed in compagnia di bambini.
L’epoca in cui sarebbe vissuto Yáng Chéng non è accertata con sicurezza. La leggenda ricollega l’episodio raccontato da Bái Jūyì ad un imperatore chiamato Wūdi, che viene talora identificato con il famoso Wūdi della dinastia Hàn 漢 朝 (141 a.C.-87 a.C.), talaltra con Wŭdi della dinastia Liáng 粱 朝 , che regnò dal 502 d. C. al 549 d.C. Probabilmente questo nome viene menzionato in tale contesto perché, come ricordano le fonti storiche, l’imperatore Wŭdi della dinastia Hàn impiegava dei nani in qualità di stallieri nel suo palazzo. La menzione figurante nel “Suí Yángdì Yănyì”, se esatta, fa però pensare che il tributo del Dàozhōu esistesse ancora agli inizi del 7° secolo d.C. e qualcuno afferma persino che Yáng Chéng sarebbe stato governatore del Dàozhōu nel 789 d.C., cioè durante la gioventù di Bái Jūyì. In conclusione, soltanto studi molto approfonditi permetterebbero, forse, di datare esattamente la storia di Yáng Chéng.
(7) In epoca antica si parlava di “Sei Classici” (“Liùjīng” 六 經 “Liùyì” 六 藝 ), perché vi si includeva anche lo “Yuèjì” (樂 記 “Annali della Musica”), di cui non è chiaro se sia andato perduto o se non sia in realtà mai esistito. Alcuni studiosi hanno pensato che il termine “liùjīng” non si riferisse a “sei libri”, bensì a “sei arti”: oratoria, storia, poesia, divinazione, scienza dei riti e musica.
(8) Yáng Chéng si riferiva verosimilmente allo “Yŭgòng” ( 禹 貢“Il Tributo di Yŭ”), parte del “Shūjīng” (書 經 “Il Libro dei Documenti”), in cui si descrive come il mitico imperatore Yŭ avesse diviso il suo regno in nove province, per ciascuna delle quali aveva fissato le imposte da versare ed i tributi da offrire alla corte imperiale. Risulta dal testo che i tributi riguardavano, per ogni provincia, i prodotti naturali ed artigianali della zona ( ad es. giada,perle, avorio, oro, argento, ferro, seta, canapa,pellicce, cuoio, pietre focaie, pesci, mandarini e pomeli) , ma non vi è mai menzionato un eventuale tributo di schiavi. I tributi delle diverse province venivano chiamati “rèn tŭ gòng”任 土 貢, termine che significava pressappoco “ tributo di ciò che produce il paese”.
(9) Letteralmente: “Fra tutti gli esseri che vivono sulle terre e nelle acque del Dàozhōu”. La menzione delle terre e delle acque fatta in questo verso sembra sottolineare che sono gli animali a costituire abitualmente oggetto di tributo, mentre il verso successivo ricorda che i pigmei non sono animali, ma uomini, e come tali devono essere trattati.