Féng Jìcái 冯 骥 才, nato a Tiānjīn 天 津 nel 1942, è attualmente uno dei più conosciuti novellisti cinesi.
Cresciuto in una famiglia di letterati, si distinse molto presto come uno studente particolarmente brillante, coltivando un vasto campo di interessi: la letteratura cinese antica e moderna, il disegno e l’arte cinese tradizionale, la musica occidentale. Molto dotato anche per lo sport, al termine degli studi secondari entrò a far parte della squadra cittadina di pallacanestro, ma un incidente pose termine alla sua carriera sportiva professionale. Ciononostante, rimase sempre un appassionato sportivo, come si vide nel 2008 quando fu uno dei tedofori che portarono attraverso le vie di Tiānjīn la fiaccola olimpica in viaggio verso Pechino.
Nel 1962 cominciò ad insegnare disegno presso la Scuola di Pittura e di Calligrafia di Tiānjīn, scrivendo, nel tempo libero, articoli di critica d’arte per alcuni giornali locali, ma, nel 1966, la cosiddetta “Grande Rivoluzione Culturale Proletaria” ( 无 产 阶 级 文 化 大 革 命 “wúchăn jiējí wénhuà dàgémìng”) mise brutalmente termine a questa attività. La scuola fu trasformata in una tipografia e Féng dovette trovarsi un altro lavoro: fu dapprima operaio e in seguito rappresentante di commercio.
Cacciato di casa e costretto a vivere, con il resto della famiglia, in una sola misera stanza, Féng sperimentò di persona per un lungo periodo la violenza e i soprusi delle Guardie Rosse (红 卫 兵 “hóng wèibīng”).
Nel 1974 gli fu permesso di riprendere l’insegnamento, in qualità di professore di pittura presso la Scuola Operaia delle Arti e delle Tecniche di Tiānjīn, e di dedicarsi agli studi storici, ma fu soltanto dopo la morte di Mao e la successiva caduta della Banda dei Quattro ( 四 人 帮 “sìrén bāng”), nel 1976, che egli potè esordire in campo letterario.
La sua prima opera, un saggio storico in due volumi, intitolato “I Boxer” (议 和 拳 “yìhéquán”), scritto in collaborazione con Lĭ Dìngxìng 李 定 兴 e pubblicato verso la fine del 1977, tratta, in una prospettiva marxista e anticolonialista, le vicende della ribellione dell’anno 1900. Fu per merito di questo saggio che Féng fu ammesso, nel 1978, a far parte della Associazione degli Scrittori di Tiānjīn e divenne uno scrittore professionale.
Vennero in seguito alcune novelle che lo fecero annoverare tra i rappresentanti della “letteratura delle cicatrici” ( 伤 痕 文 学 “shānghén wénxué”), genere letterario che descriveva le sofferenze dei funzionari e degli intellettuali accusati di “revisionismo” durante la Rivoluzione Culturale. (1)
Tra queste novelle possiamo ricordare “Le Pipe Scolpite” (雕 花 烟 斗 “diāohuā yāndŏu”), pubblicata nel 1979, “Ah!”(啊) ,pubblicata nel 1981, e “La moglie alta e il marito basso” (高 女 人 和 她 的 爱 丈 人 “gāo nǚrén hé tā de ăi zhàngrén”), pubblicata nel 1982.
La prima narra la storia di un pittore che, durante la Rivoluzione Culturale, è costretto a smettere di dipingere e, per passare il tempo, comincia a scolpire delle pipe. Un giorno, recatosi ad una esposizione floreale, è riconosciuto da un vecchio giardiniere che ammira la sua pipa. Il pittore gliela offre in dono, ma il vecchio non osa accettarla.Tra i due sorge una specie di amicizia, ma, finita la Rivoluzione Culturale, il pittore è riabilitato e comincia a trascurare il vecchio giardiniere, che continua tuttavia a visitarlo e a portargli dei fiori. Nel corso di una visita, il giardiniere prega umilmente il pittore di regalargli una delle sue pipe.Il pittore gli offre la più scadente. Solo quando il vecchio muore e chiede di essere sepolto con la pipa, il pittore si rende conto della crudeltà del suo comportamento e ne prova rimorso.
La seconda descrive l’atmosfera oppressiva che regna in un istituto di ricerca storica, in cui la rivalità tra gli studiosi che ne fanno parte degenera in intrighi e denunce. Il protagonista vive nel terrore di poter aver commesso qualche mancanza per cui i suoi rivali non mancherebbero di accusarlo non appena se ne presentasse l’occasione.
La terza ha il suo punto di partenza nei pettegolezzi che circolano su una coppia in cui la moglie è molto più alta del marito. Domandandosi le ragioni per cui una bella donna ha potuto scegliere un uomo così poco attraente, la gente comincia a pensare che lo abbia fatto perché lui ha una buona posizione. L’agiatezza economica, durante l’epoca della Rivoluzione Culturale , fa nascere inevitabilmente dei sospetti di “imborghesimento” e di “corruzione” e così l’uomo viene prima denunciato, poi arrestato. La persecuzione non riesce però a spezzare l’amore della coppia, i cui rapporti d’affetto anzi si rinsaldano ulteriormente.
Se le novelle di Féng si ispirano in generale al realismo, può tuttavia accadere che talune di esse presentino elementi di simbolismo poetico. È questo il caso della novella “Nei primi giorni di primavera” (在 早 春 的 日 子 里 “zài zăochūn de rìzĭ lĭ), pubblicata nel 1980. Vi si descrivono, utilizzando il metodo del “flashback”, i ricordi della gioventù che affiorano nella mente di un uomo ormai anziano all’apparire dei primi segni della primavera. La narrazione è imperniata su due simboli :” i primi giorni della primavera” rappresentano l’armonia della natura e la scoperta dell’amore, mentre “l’autunno” raffigura il ritorno alla sensibilità infantile, che però è arricchita dall’esperienza e magnificata dalle “vicissitudini della vita”.
Dopo il 1985 si tende a considerare Féng come un esponente del “Movimento della Ricerca delle Radici”, anche se la sua originalità non permette di sottoporlo ad una classificazione troppo rigorosa.
La morte di Máo Zédōng 毛 泽 东 e la politica di liberalizzazione lanciata qualche tempo dopo da Dèng Xiăopíng 邓 小 平 aprirono un periodo caratterizzato da un grande fervore intellettuale, in cui molti presero coscienza della necessità urgente di recuperare il passato per ricostruire l’identità culturale del paese, che era andata distrutta nella tragedia della Rivoluzione Culturale. Un gruppo di giovani scrittori e critici letterari riunitisi a Hángzhōu 杭 州 nel dicembre del 1984 diede forma ad un movimento indirizzato in questo senso, che fu poi conosciuto come il “Movimento della Ricerca delle Radici” con riferimento ad un articolo pubblicato poco dopo da Hán Shăogōng 韩 少 功 : “Le Radici della Letteratura” (文 学 的 根 “wénxué de gēn”).
È difficile tuttavia far rientrare nei canoni fissati da questo movimento un’opera come “Il Loto d’Oro di Tre Pollici” (三 寸 金 莲 “sān cùn jīn lián”), che pur presentandosi come una satira degli antichi costumi cinesi, nel caso specifico della pratica di bendare i piedi delle donne, è al tempo stesso una commedia e un lavoro di critica sociale, nonché, sotto l’aspetto tecnico, un riuscito “pastiche” di alcuni romanzi classici, fra i quali spicca “La Prugna nel Vaso d’Oro” (金 瓶 梅 “jīn píng méi”).
L’impegno di Féng Jìcái va però ben oltre la semplice critica sociale. Ne è prova il libro–testimonianza da lui pubblicato nel 1996 con il titolo “Dieci anni di un centinaio di persone” (一 百 个 人 的 十 年 “yī băi ge rén de shí nián”)(2), a cui pensò già negli anni più bui della Rivoluzione Culturale e alla cui preparazione lavorò per circa un ventennio.
Deciso a denunciare le atrocità commesse all’epoca della Rivoluzione Culturale, Féng sostenne vigorosamente, fin dagli inizi della liberalizzazione, che ciò che era avvenuto durante quel fosco periodo doveva essere reso noto a tutti perché non venisse mai dimenticato e servisse da insegnamento alle generazioni future.
Nell’introduzione al libro, egli racconta come gli venne l’idea di scriverlo.
Nel 1967 un amico, perseguitato dalle Guardie Rosse, andò a fargli visita e i due cominciarono a parlare degli avvenimenti in corso. Durante la conversazione, l’amico gli domandò se pensava che, trascorsi alcuni decenni, qualcuno si sarebbe ancora ricordato delle sofferenze che il popolo cinese stava subendo. A partire da quel momento, Féng decise di prendere nota di tutte le storie che sentiva raccontare dalla gente intorno a lui. Dapprima le riportò ambientandole in paesi lontani e fingendo che fossero traduzioni di autori stranieri, ma, in seguito, rendendosi conto del pericolo che avrebbe corso se questi appunti gli fossero stati trovati in casa, cominciò a celarli nei nascondigli più impensati. Alla fine, per massima misura di prudenza, distrusse molte di tali note, dopo averne ben memorizzato il contenuto.
Terminata la Rivoluzione Culturale, una rete televisiva svedese venne a conoscenza degli appunti conservati da Féng e lo intervistò. In seguito a questa pubblicità, Féng ricevette circa quattromila lettere di persone disposte a raccontargli le loro storie. Ne incontrò, nel corso degli anni successivi, alcune centinaia e selezionò le testimonianze più significative per il libro che intendeva pubblicare.
Lo stile semplice e diretto, che riporta, senza orpelli e senza commenti, vicende terribili, così come sono state riferite all’autore da coloro stessi che le hanno vissute, conferisce al libro una particolare intensità drammatica.
Ormai famoso, Féng si dedicò allora ad un’altra missione: la difesa del patrimonio artistico e culturale del paese, argomento che divenne, a poco a poco, il tema centrale della sua opera, che passò così, per dirla con un critico, “dalla letteratura delle cicatrici al romanzo culturale” ( 从“伤痕文学”跳到“文化小说“ ”cóng shānghén wénxué tiào dào wénhuà xiăoshuō”).
Nel 1986 Féng fu nominato vicepresidente della Federazione Cinese dei Circoli Letterari e Artistici e cominciò a cooperare con la sezione di Tiānjīn della Società per lo Studio della Letteratura e dell’Arte Popolari.
Il suo interesse per la storia e la cultura della regione di Tiānjīn (3) prese un nuovo slancio quando, negli anni “90, l’amministrazione municipale approvò un piano regolatore che prevedeva la demolizione dei vecchi quartieri della città. È vero che tali quartieri erano ormai degradati, ma sorgevano in essi edifici storici degni di nota come il primo ufficio telegrafico costruito in Cina o la casa in cui si riunivano i Boxer. Féng finanziò, di tasca propria, la realizzazione di un’accurata mappa dei vecchi quartieri e la preparazione di un album fotografico che ne raccogliesse le immagini più suggestive prima che le ruspe si mettessero al lavoro.
Partendo dalla difesa delle tradizioni popolari di Tiānjīn, Féng si lanciò in una vasta opera di studio e di valorizzazione del patrimonio culturale nazionale (apprezzato in tutti i suoi aspetti), nel quale non vedeva affatto un inutile residuo del passato, bensì l’essenza stessa dello spirito cinese.
Nel 2003 prese vita, su sua iniziativa, a livello nazionale, un programma volto a studiare in modo approfondito le tradizioni culturali locali, a repertoriarle e a registrarle prima che scomparissero.
Nel 2004 propose di istituire una Giornata del Patrimonio Culturale della Cina. La proposta fu accolta dal governo, il quale decretò, nel 2006, che tale giornata fosse celebrata, ogni anno, il secondo sabato del mese di giugno.
Purtroppo, non si può affermare che gli sforzi di Féng abbiano sempre avuto successo. Come spiega Michael Myer nel suo libro “The Last Days of Old Beijing” (Walker Publishing, New York, 2008), non appena Féng si allontanò da Pechino, i burocrati autorizzarono la demolizione della maggior parte dei vecchi quartieri popolari (胡 同 “hútòng”) che egli aveva cercato di salvare.
L’attività letteraria di Féng è stata sempre più influenzata da questo suo impegno.
Seguendo il filone di quello che è stato definito, come abbiamo già visto, il “romanzo culturale” (文 化 小 说 “wénhuà xiăoshuō”), egli pubblicò ,nel 1998, “Il Romanzo del Paese” (乡 土 小 说 “xiāngtŭ xiăoshuō”) e, nel 2005, “Il Romanzo della Società” (社会小说 “shèhuì xiăoshuō”)(4) Nel 2008 pubblicò una versione riveduta di un suo precedente lavoro :“Personaggi Eccentrici del Popolo ”( 俗世奇人“súshì qírén”), una raccolta di diciotto novelle ambientate a Tiānjīn, che hanno per protagonisti personaggi caratteristici della vita cittadina agli inizi del ventesimo secolo.
Le attività di ricerca effettuate nel settore delle tradizioni hanno inoltre condotto alla pubblicazione di numerose opere specializzate:
-una “Antologia delle Feste Popolari Cinesi” (我 们 节 日 “wŏmen jiérì”), di cui nel 2009 erano già usciti quattro volumi;
-una “Antologia delle Rappresentazioni del Capodanno” (年 画 年 记 “niánhuà niánjì”);
-una “Antologia dei Simboli Cinesi”, pubblicata in inglese con il titolo “Symbols of China” nel 2010.
NOTE
1) Si ritiene ,ufficialmente, che questo genere sia nato con il racconto “Cicatrici” ( 伤 痕”shānghén”) di Lú Xīnhuá 卢 新 华, pubblicato nel 1978, anche se alcuni ne fanno risalire l’origine alla pubblicazione del racconto “Il Consigliere di Classe” (班 主 任 “bān zhŭrèn”) di Liú Xīnwŭ 刘 新 武 , avvenuta già nel 1977.
2) I dieci anni menzionati nel titolo del libro sono il decennio della Rivoluzione Culturale (1966-1976). L’espressione “un centinaio di persone” (一 百 个人“yī băi ge rén”) va intesa come “un gran numero”. La Rivoluzione Culturale sconvolse infatti la vita di moltissime persone e lo stesso Féng raccolse per il suo libro un numero enorme di testimonianze.
3) Questo interesse traspariva già nel suo primo scritto “I Boxer”, che studia le vicende del movimento xenofobo con particolare attenzione agli avvenimenti svoltisi nella città di Tiānjīn, sede, all’epoca della rivolta, di numerose concessioni straniere, tra cui figurava anche quella italiana che sorgeva alla perferia orientale della città, sulla riva sinistra del fiume Hă Hé 海 河, chiamato, un tempo, anche Bái Hé 白 河.
4) Il termine “shèhuì” 社 会 nel senso di collettività sociale organizzata è un “wasei kango” 和製漢語, cioè uno di quei termini che, in epoca moderna, i Cinesi hanno preso a prestito dai Giapponesi. Il termine giapponese “shakai” è infatti un neologismo semantico, che attribuisce all’espressione cinese “shèhuì” un nuovo significato diverso da quello originale di “riunione organizzata per offrire un sacrificio agli dei”.