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I BOXER
Il “Movimento dei Boxer” (1) si sviluppò, negli ultimi anni della dinastia Qīng, al di fuori di qualsiasi controllo governativo, partendo da associazioni private e da sette segrete dedicate all’esercizio delle arti marziali, nelle regioni dello Shāndōng e del Zhílì.
Conosciuto anche con il nome di “Insurrezione dell’anno Gēngzĭ” (2), fu, in un certo senso, l’esplosione finale delle numerose contraddizioni che tormentavano la società cinese fin dal 1840.
Alla fine del XIX° secolo, in Cina, lo slogan “Sosteniamo la dinastia Qīng, sterminiamo gli stranieri!”, rivolto principalmente contro le Potenze colonialiste occidentali e i loro collaboratori cinesi nonché contro i prodotti di origine straniera e contro i fautori della cultura e del modo di vita occidentali, corrispondeva ad un sentimento patriottico semplice, ma profondo, ed era espressione di un movimento popolare assolutamente spontaneo.
I Boxer, che, di fronte all’invasione delle Otto Potenze Alleate, ricevettero l’appoggio del governo imperiale e condussero un’eroica resistenza, causarono tuttavia- occorre riconoscerlo- gravi danni al processo di modernizzazione che era in corso nel paese dagli Anni Sessanta del XIX° secolo. Essi distruggevano infatti le linee ferroviarie e demolivano le installazioni della luce elettrica.
Il Movimento dei Boxer aveva una forte coloritura mistica. I suoi adepti eccitavano le masse con atti di “stregoneria ”, come scrivere incantesimi, recitare formule magiche o cadere in “trance (3)”, di cui facevano ampio uso per stimolare lo spirito combattivo proprio e dei loro compagni. Non si limitavano a seguire le dottrine buddhista e taoista, ma avevano altresì fede in numerose entità soprannaturali e santi protettori, che includevano mostri ed eroi di romanzi, di opere e di leggende popolari. (4)
Per indurre la gente a cacciare gli invasori e a salvare il paese, i Boxer distribuivano volantini di propaganda e fogli contenenti presunte rivelazioni divine, scritti in un linguaggio semplice e chiaro, e diffondevano ballate popolari nelle quali esponevano i loro obiettivi.
L'11 dicembre 1955, il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Democratica Tedesca Otto Grotewohl restituì alla Cina 10 bandiere dei Boxer.
Origine del movimento dei Boxer
Non c’è unanimità sull’origine del movimento dei Boxer.
Láo Năi Xuān, nel suo libro intitolato” L’origine e lo sviluppo della setta dei Pugni della Giustizia”, afferma che il movimento dei Boxer nasce dalla setta del “Loto Bianco”. (5)
Altri fanno invece riferimento alla “Società della Grande Spada”, che, all’epoca della dinastia Qīng, raccoglieva i contadini poveri del nord della Cina. (6) Costoro praticavano la tecnica della “Campana d’Oro”, che avrebbe dovuto renderli invulnerabili. (7)
Vi sono poi coloro i quali affermano che i Boxer hanno tratto origine dalle associazioni esistenti nei villaggi.
Per ultimo, vi sono studiosi, i quali, dopo aver ricordato che, sotto la dinastia Qīng, esistevano molti gruppi che praticavano le arti marziali, come i “Pugni della Giustizia e della Concordia” (8) e i “ Pugni dei Fiori di Pruno” (9), e che i “Pugni della Giustizia e della Concordia” avevano assunto, col decorso del tempo, nella coscienza popolare, una forte connotazione mistico-religiosa, vedono in questi ultimi i predecessori dei Boxer.
È altresì molto diffuso il riferimento alla “Banda dell’Ascia” (10), ma questo riferimento deriva da un equivoco: in realtà non è la “Banda dell’Ascia” che ha dato vita ai Boxer, ma sono i Boxer che hanno creato la “Banda dell’Ascia”.
Una possibile trafila è dunque la seguente: Loto Bianco-Boxer- Banda dell’Ascia.
Le menzioni di altri gruppi come la “Società della Grande Spada”, la “Banda Verde” (11), la “Grande Famiglia” (12) e la setta dei ”Fratelli con la Tunica” (13) contribuiscono soltanto a creare confusione. (14)
Scoppio dell’insurrezione
Ai primi di ottobre del 1899, in occasione di una disputa sorta tra i missionari occidentali e la popolazione locale a Jiăngjiāzhuāng, contea di Guānxiàn, Shāndōng (oggi Xíngtái nella contea di Wēixiàn), i Boxer devastarono la chiesa del villaggio. ll prefetto Jiăng Kăi inviò un reparto di soldati a reprimere la sommossa, ma centinaia di rivoltosi, guidati da Zhū Hóngdēng, affrontarono le truppe governative e le misero in fuga. Ancor oggi nelle campagne un detto ricorda quell’avvenimento: “I Boxer sorgono dai campi e, in meno di tre mesi, si diffondono dappertutto”.
Antefatti
Verso la fine del XIX° secolo, le varie potenze imperialiste continuavano, senza sosta, a violare la sovranità della Cina e dei paesi limitrofi e nuove crisi scoppiavano incessantemente nei territori di confine. Dopo la guerra sino-giapponese del 1894-1895, i paesi imperialisti non soltanto investirono grandi capitali in Cina, ma ottennero importanti “concessioni territoriali” (15) e divisero in “sfere d’influenza” (16) tutto il territorio cinese. Dal punto di vista culturale, una penetrazione capillare nelle città e nelle campagne fu portata avanti attraverso l’azione missionaria della Chiesa.
Tutto ciò condusse ad un continuo peggioramento della situazione, che provocò la rivolta dei Boxer.
Tra le molte ragioni che possono spiegare la nascita del movimento dei Boxer, la più importante è senz’altro il contrasto sempre più profondo tra l’imperialismo occidentale, ancor più aggressivo e rovinoso dopo la guerra sino-giapponese, ed il patriottismo cinese, stimolato dalla crisi della nazione e dalle sofferenze del popolo.
Estrazione sociale dei Boxer
I Boxer provenivano da tutte le classi sociali: c’erano soprattutto contadini poveri, artigiani, proletari urbani, piccoli commercianti, coolies e altri rappresentanti delle classi inferiori, come le prostitute, ma era possibile trovare fra di loro anche ufficiali e soldati, persone agiate, aristocratici e persino alcuni principi. Pochissimi erano invece i funzionari governativi. Questa composizione estremamente variegata incideva negativamente sulla compattezza del movimento e sulla sua capacità di agire in modo coordinato per attaccare il nemico.
Secondo lo schema proposto da Chén Guìzōng nel suo libro “ Organizzazione e obiettivi dei Boxer”, i Boxer erano organizzati pressappoco come segue:
L’unità di base era l’”altare”, detto anche “sala del tempio”, ”capanna”, ”focolare”, “gruppo” o “corporazione”. (17) Il capo dell’unità era chiamato il “fratello maggiore”.
L’unità superiore all’”altare” era l’”altare generale”. A Tiānjīn l’unità superiore all’”altare” era il reggimento “Kăn”. (18)
L’unità superiore all’”altare generale” era la “porta” o “reggimento”.
L’armata dei Boxer era suddivisa in otto “reggimenti”, ciascuno dei quali recava il nome di uno degli otto trigrammi: ad es. il “reggimento Qián”, il reggimento Xùn”, etc. (19)
La “Lega della Giustizia e della Concordia” era un associazione non gerarchizzata che raccoglieva tutti i seguaci del movimento. (20)
Aderivano al movimento anche organizzazioni femminili conosciute come le “Lanterne Rosse”, le “Lanterne Blu”, le “Lanterne Nere” ( vedove) e le “Lanterne Fiorite” (prostitute).
Il movimento dei Boxer era formato da gruppi ufficialmente riconosciuti e da gruppi privi di riconoscimento ufficiale. C’erano anche dei gruppi che le autorità definivano di “sedicenti Boxer”.
I gruppi ufficialmente riconosciuti erano quelli che accettavano l’appoggio del governo, dichiarando la propria esistenza alle autorità, e si sottoponevano agli ordini di ufficiali e funzionari, ricevendo dallo Stato rancio e soldo. Il riconoscimento era lo strumento mediante cui le autorità cercavano di controllare e di dirigere i Boxer.
I gruppi non riconosciuti erano formazioni spontanee che si muovevano con grande libertà, creavano proprie unità militari e conducevano azioni volte ad “annientare gli stranieri”.
Il termine “sedicenti Boxer” richiede una spiegazione. In teoria, non potevano esserci “sedicenti Boxer” perché chiunque poteva proclamare la propria adesione al movimento, senza dover dimostrare il possesso di alcun requisito specifico. Il termine di “sedicenti Boxer” (o “falsi Boxer”) fu tuttavia introdotto e utilizzato dalle autorità per poter eliminare gruppi scomodi, in particolare quelli che rifiutavano di obbedire agli ordini del governo e costituivano pertanto una minaccia e quelli che risultavano costituiti da elementi criminali più che da sinceri adepti del movimento.
I primi erano, secondo quanto riferiva la “Cronaca di Tiānjīn - Gennaio 1900 ” “dei facinorosi, che scimmiottano i Boxer e ne imitano l’abbigliamento, ma non sono mossi dagli stessi ideali politici”. (21)
I secondi, che, stando a quanto afferma la “Raccolta di dati storici sul movimento dei Boxer” perseguivano vendette private e compivano omicidi dappertutto, erano attivi in particolare nel distretto di Xīchéng a Pechino.”
La “Cronaca dell’anno Gēngzĭ” affermava addirittura che “nella regione del Zhìbĕi (22) alcuni criminali di religione cattolica, che, seguendo l’esempio dei Boxer e dei banditi, avevano compiuto aggressioni e rapine, hanno falsamente dichiarato di essere dei Boxer e sono stati immediatamente rilasciati dalle autorità che li avevano arrestati”.
Protagonisti della ribellione
I Boxer avevano un proprio decalogo che comportava regole tradizionali come” non rubare, non abbandonarsi alla lussuria, obbedire ai genitori, rispettare le leggi” e regole proprie al movimento come “sterminare gli stranieri e sopprimere i funzionari corrotti”.
C’erano anche norme che disciplinavano l’atteggiamento da tenere in determinate occasioni, ad es. “se camminate in città, tenete la testa bassa, non guardate a destra e a manca; se trovate altri Boxer che vanno nella stessa direzione, fate la strada insieme” e così via.
In un primo tempo, questi precetti erano rigorosamente osservati.
Nella “Cronaca dell’anno Gēngzĭ” si legge infatti quanto segue:” Si sono radunati nei giorni scorsi decine di migliaia di uomini provenienti dalle più svariate località, ma hanno tutti l’aria di poveri contadini e sono privi di un capo riconosciuto. Il loro armamento è rudimentale: un’ascia da essi stessi fabbricata. Si nutrono di farina di mais e di miglio che hanno portato con sé dalla campagna. Non sembra esserci tra di loro nessuno che cerchi di farsi un nome o di procurarsi qualche vantaggio pecuniario. Non perseguono il proprio interesse personale, ma sono pronti a rischiare la propria vita sul campo di battaglia. Operano su un piano di eguaglianza: uno per tutti e tutti per uno. Vorrebbero sterminare gli stranieri e i missionari, ma non intendono prendersela con la brava gente. Da questo punto di vista, sembrano essere persone per bene”.
In alcune occasioni i Boxer si assumevano addirittura il compito di far rispettare la legge e l’ordine pubblico. Leggiamo infatti nella “Cronaca della ribellione dei Boxer a Tiānjīng” il seguente resoconto: ”Molti soldati dei reparti di vigilanza, armati di tutto punto, si abbandonarono al saccheggio in tutta la città. Il capo dei banditi (23) Cáo Fútián riuscì a catturarne più di una ventina e li fece giustiziare”.
Più tardi, in seguito all’adesione al movimento di gente di ogni risma, si registrarono crimini e violazioni della disciplina interna, ma persino il governo dovette riconoscere che spesso non erano i Boxer coloro che violavano la legge. Troviamo, ad esempio, scritto in un rapporto:
“…I ribelli di Láizhuō (24) avevano bruciato il municipio e distrutto la strada, perciò furono inviati nel Zhíli dei reparti di soldati incaricati di sedare la rivolta. I soldati, tuttavia, erano indisciplinati e angariavano la gente, mentre i Boxer si limitavano a predicare l’odio per gli stranieri e lasciavano tranquilli gli abitanti del villaggio. Di conseguenza, la gente aveva paura dei soldati e preferiva loro i ribelli, che conquistavano il favore popolare e vedevano il numero dei loro seguaci accrescersi continuamente.”
Nell’ultimo periodo della ribellione, però, la disciplina crollò completamente.” Gli incendi divampavano nella città giorno e notte…Coloro che erano oggetto dell’odio dei Boxer, vale a dire i cattolici venivano uccisi…tutta la loro famiglia veniva sterminata…ci furono più di centomila morti (25). La gente veniva ammazzata a coltellate o trafitta con le lance, i cadaveri venivano squartati, non si risparmiavano nemmeno i neonati, le stragi erano compiute con cieca ferocia. Durante il suo periodo di maggiore sviluppo la capitale aveva quasi raggiunto i quattro milioni di abitanti. Nel disordine causato dalle stragi dei Boxer e dalla violenza dei soldati, in mezzo alle aggressioni e ai saccheggi, essa appariva ora deserta. Non c’erano vie di scampo. Per le strade desolate e nei mercati abbandonati si incontravano le volpi; coloro che si azzardavano ad uscire di casa avevano l’impressione di muoversi in un paesaggio di rovine.
I Boxer uccidevano i missionari stranieri. Scavarono nel cimitero cattolico del quartiere occidentale di Pechino e gettarono via dalle tombe le ossa di tutti i celebri missionari che vi erano stati seppelliti: Matteo Ricci, Diego de Pantoja (26), Johann Adam Schall von Bell (27), Ferdinand Verbiest (28) e molti altri. Le stele fatte erigere dagli Imperatori in loro onore furono prese a martellate e ridotte in frammenti. A Baoding, dove si erano rifugiati molti fedeli cattolici, gruppi di banditi presero le donne, le denudarono, scavarono delle buche e, tra oscenità e scherni, seppellirono le poverette a testa in giù in modo da lasciare esposte le parti intime.”
Incidenti connessi all’azione dei missionari
Nel primo anno dell’era Tóngzhì (1862), il governatore del Jiāngxī Chén Bāozhēn incaricò alcuni funzionari di effettuare un’inchiesta sui problemi religiosi.
Interrogata sulle ragioni per cui era ostile ai missionari, la gente rispondeva: “Vogliono imporci il loro insegnamento e vogliono anche essere pagati per questo con un mucchio di soldi. Riempiono le nostre scuole dei loro insegnanti e, se protestiamo, ci dicono che manderanno le loro cannoniere. Qualsiasi cosa li autorizziamo a fare, vogliono sempre di più e non ci lasceranno mai in pace. Perché non dovremmo opporci loro con tutte le nostre forze?”.
Risultò dall’inchiesta che l’ostilità verso i missionari era determinata innanzitutto dall’azione capillare di penetrazione religiosa che insidiava le tradizioni e il modo di vita della popolazione. Quanto più incisivo era il proselitismo, tanto maggiore era la reazione che esso suscitava.
Quando si domandava loro: “Se i missionari facessero effettivamente venire le navi da guerra, sareste realmente disposti a combattere?”, gli interrogati rispondevano: ”La loro incessante propaganda religiosa ci sta già distruggendo… In futuro arriveranno sempre più missionari. È vero che, se gli stranieri attaccheranno le nostre città con le armi, moriremo…ma non cambierà nulla, in ogni caso ci stanno già distruggendo. Certo, loro hanno i cannoni, ma noi combatteremo fino alla morte. Uccideranno molti di noi, ma non potranno vincere perché siamo troppo numerosi: dieci uomini finiscono per prevalere su uno solo. Ecco come andranno le cose!”.
Il vescovo missionario tedesco Johann Baptist Anzer (29) riconobbe: “Dovunque ci saranno dei missionari, ci saranno sempre contrasti”.
Zéng Guōfàn, turbato dagli incidenti che nascevano per questioni religiose, scrisse in un suo rapporto:” Quando un cattolico è sospettato di un comportamento illecito, il missionario non si chiede mai se il sospetto sia fondato o meno, ma difende a priori i suoi fedeli. Chiamati a decidere in una controversia, i consoli non si chiedono mai chi abbia ragione o torto, ma danno sempre ragione ai missionari. Ogni volta che nasce un litigio tra una persona qualunque e un cattolico, è sempre il cattolico che vince la causa. Quanto più il cattolico è una persona conosciuta, tanto più ampia è l’indignazione popolare. Questi fatti hanno sempre grande risonanza, la gente si riunisce e ne discute”. (30)
Zhāng Rūméi, dopo aver trattato il caso della “Società della Grande Spada”, osservò che “non appena qualcuno si converte al Cristianesimo, subito usa il missionario come strumento per intimidire la collettività, per umiliare la gente comune, per cercare vendetta sui propri nemici. Il neofita diventa prepotente, accusa coloro che non praticano la religione straniera di essere dei calunniatori e dei disonesti. Il missionario, tutto contento di mostrare il proprio potere, non si cura di accertare se il suo fedele dice il vero o il falso. In qualche modo, quanto più energico è l’intervento del missionario, tanto maggiore è la rabbia della gente comune”.
Per quanto fosse estremamente ostile al movimento dei Boxer, anche Yuán Shìkāi fu costretto a riconoscere che ”la gente delle province orientali ed i cristiani non riescono a sopportarsi a vicenda. Se si esaminano le cause di questa reciproca avversione, si vedrà che i missionari stranieri approfittano abitualmente della debolezza delle autorità locali nei loro confronti per perseguire i loro obiettivi facendo cose che sono il più delle volte vietate alla gente comune…I missionari possono contare sull’appoggio dei funzionari per far valere le loro pretese, mentre la gente normale non ha nessuno che la ascolti. È dunque comprensibile che si accumulino rancori che portano all’inimicizia.”
Nel 1861 il principe Gōng (31) osservò: “ Ogni volta che i missionari intervengono in una controversia lo fanno per favorire i loro fedeli a scapito di coloro che non sono cristiani. Di conseguenza…i cristiani sanno di poter contare sui missionari per prevalere sui loro avversari. Le autorità locali poi sono propense a dar loro ragione per non causare agitazione ed evitare complicazioni. (32) Perciò quanto più i cristiani riescono a raggiungere i propri obiettivi, tanto più si accresce il rancore degli altri.”
Sviluppo degli avvenimenti
A causa dell’atteggiamento aggressivo tenuto dalla Germania nello Shāndōng (33), la gente di quella regione si mostrava particolarmente ostile nei confronti degli stranieri.
Agli inizi del 1897, un incidente verificatosi a Júyè, nel corso del quale furono uccisi due religiosi tedeschi, condusse alla destituzione del governatore dello Shāndōng Lĭ Bĭnghéng e ad un sempre più sensibile deterioramento dei rapporti tra i cristiani e il resto della popolazione.
Nel corso del 1897 scoppiò a Líyuántún presso Fēidì nella contea di Guāngxiàn (oggi Xíngtái nella contea di Wēi) una disputa tra gli abitanti del villaggio ed i missionari per una vecchia questione di proprietà immobiliare. Uno degli abitanti del villaggio, Yán Shūqín, chiamò in aiuto un membro della scuola di arti marziali “Fiori di Pruno”, Zhào Sānduō, il quale, successivamente, cambiò la denominazione “Pugni dei Fiori di Pruno” in “Pugni della Giustizia e della Concordia”
Nel giugno 1898 il nuovo governatore dello Shāndōng Zhāng Rūméi suggerì al governo di inquadrare i Boxer in una milizia cittadina, trasformando quei coraggiosi giovani in una specie di “guardia civile”. Egli ribattezzò, in tale occasione, i “Pugni della Giustizia e della Concordia” con la denominazione di “Lega della Giustizia e della Concordia”, che fu allora usata per la prima volta dalle autorità governative.
Nell’ottobre dello stesso anno, Zhào Sānduō ed altri lanciarono nella località di Jiǎngjiāzhuāng presso Fēidì nella contea di Guāngxiàn (che oggi fa parte della città di Xíngtái nella contea di Wēi) un’insurrezione che fu repressa dall’esercito.
L’anno seguente (1899), Jiāng Kài, magistrato della contea di Píngyuán nello Shāndōng, mise fuori legge la “Lega della Giustizia e della Concordia”. Il responsabile locale della Lega, Lĭ Chángshuĭ, chiese aiuto a Zhū Hóngdéng, che dirigeva la Lega a Gāotáng e nelle zone limitrofe. Quest’ultimo proclamò formalmente l’insurrezione issando a …Lĭ Zhuāng presso Gángzì lo stendardo del movimento su cui si leggeva la frase ”I Pugni Uniti della Giustizia e della Concordia nell’Impero”, seguita dallo slogan “Sosteniamo la dinastia Qīng, sterminiamo gli stranieri”. L’11 ottobre 1899, Jiāng Kài che, alla testa di una compagnia di soldati, era venuto a reprimere la rivolta fu sconfitto dai Boxer. L’avvenimento passò alla storia come “La Rivolta della Pianura”.
In seguito, il governo affidò il compito di reprimere la ribellione a Yuán Shìdūn e ad altri comandanti, che sconfissero i Boxer nella battaglia di Sēnluódiàn. Più tardi, un commando delll’esercito, guidato da Mă Jīnxú, catturò Zhū Hóngdéng, il bonzo Xīnchéng ed altri capi della rivolta, ma il governatore dello Shāndōng Yùxián, che nutriva avversione per gli stranieri e condivideva i sentimenti anticristiani della popolazione, destituì Jiāng Kài, Yuán Shìdūn e gli altri e, pur reprimendo in talune occasioni il movimento dei Boxer, mantenne nei suoi confronti un comportamento sostanzialmente favorevole. Si dice infatti che fu Yùxián ad inquadrare militarmente i Boxer e ad affermare, nei suoi rapporti alla Corte, che la responsabilità del conflitto tra la popolazione e la Chiesa ricadeva su quest’ultima. L’atteggiamento del governatore fu accolto con ostilità dagli Occidentali, che intervennero diplomaticamente e ne ottennero la destituzione. Prima di lasciare l’incarico, Yùxiàn sciolse la Lega della Giustizia e della Concordia e fece giustiziare i capi dei Boxer, tra cui Zhū Hóngdéng, il bonzo Xīnchéng e Yú Qīngshuĭ. Nelle funzioni di governatore dello Shāndōng gli subentrò, nel novembre 1899, Yuán Shìkăi.
La ribellione si diffonde nel Zhìlí
Dopo essersi insediato a Jĭnán verso la fine del 1899 come governatore dello Shāndōng Yuán Shìkăi si mostrò sempre ostile ai Boxer, di cui limitò severamente le attività. Quando nel giugno del 1900 i Boxer tentarono di riprendere la loro azione nello Shāndōng, furono oggetto di una sanguinosa repressione. Nel frattempo, durante la primavera del 1900, i Boxer avevano cominciato a diffondersi nel Zhìlí ed in altre regioni, sebbene il governo avesse dichiarato fuorilegge il loro movimento ed avesse inviato forti distaccamenti di truppe a reprimerne le manifestazioni.
Il 12 maggio 1900, il villaggio di Gāoluò nella contea di Láishuĭ fu teatro di aggressioni ai cristiani ed il governo inviò il vice-comandante del battaglione di addestramento (34) Yáng Fútóng a sedare i disordini.
Il 22 maggio 1900, alcune migliaia di insorti tesero un’imboscata ai soldati imperiali nella vicina località di Shítíng ed uccisero Yáng Fútóng. L’evento fu celebrato dai Boxer come la “grande vittoria di Láishuĭ”.
Il 27 maggio 1900, circa 30.000 Boxer, spostandosi lungo il tracciato della ferrovia di Lúbăo, occuparono la città di Zhuōzhōu. (35) Sapendo di non poter far nulla contro di loro, il governatore della città si lasciò morire di fame. Zhuōzhōu fu la prima città capoluogo di distretto a cadere nelle mani degli insorti.
A questo punto, il governo inviò contro i Boxer Niè Shìchéng e altri comandanti, che affrontarono più volte i ribelli, ma l’insurrezione nel Zhìlí aveva ormai assunto dimensioni incontrollabili.
Intervento delle Potenze
La rapida diffusione della rivolta e l’uccisione di missionari occidentali causarono grande inquietudine tra le Potenze, che chiesero al governo cinese di intervenire per reprimere il movimento dei Boxer. L’imperatrice vedova Cíxī la quale, di fatto, controllava la politica del governo, fece emanare diversi decreti che dichiaravano fuorilegge il movimento e ordinò all’esercito di circondare e di distruggere le forze dei Boxer. Tuttavia, vari motivi resero difficile, per qualche tempo, raggiungere tale obiettivo.
Su suggerimento di monsignor Alphonse Favier (36), vescovo del Zhìlí settentrionale con sede nella Cattedrale di Bĕitáng a Pechino, le Potenze chiesero il 28 maggio 1900 al governo cinese di essere autorizzate ad inviare nella capitale reparti di soldati che proteggessero il “Quartiere delle Legazioni”. (37) Il governo dapprima rifiutò, poi, il 31 maggio, fu costretto ad acconsentire, ma pretese che ciascuna legazione disponesse di una guardia di 20, al massimo 30 soldati. Gli Occidentali inviarono comunque a Pechino circa 400 soldati, numero che superava ampiamente il totale autorizzato dal governo cinese.
Più tardi, le Potenze ordinarono all’ammiraglio Seymour (38) di condurre a Pechino un contingente di duemila uomini, cosa che costituiva una grave minaccia per il governo cinese, il quale per evitarla, continuò a prendere provvedimenti contro i Boxer e concentrò truppe a Pechino nell’intento di prevenire incidenti.
Il 9 giugno 1900 fu trasferita a Pechino la divisione di retroguardia delle Truppe della Guardia (ex "armata del Gānsū"), comandata da Dǒng Fúxiáng, che era ostile agli stranieri. (39)
L’11 giugno 1900, il segretario della Legazione giapponese, Sugiyama Akira, fu ucciso dai soldati di Dŏng Fúxiáng mentre usciva dalla porta di Yŏndìng per andare incontro alle truppe di Seymour, che si stavano avvicinando alla capitale. (40) Il giorno seguente, il ministro Ròng Lú si recò alla Legazione giapponese per presentare le scuse del governo.
In seguito alla marcia delle truppe occidentali su Pechino ed alla resistenza dei Boxer di fronte ai soldati stranieri, il governo cinese cominciò a mutare opinione sull’atteggiamento da adottare nei confronti degli insorti. Anche se le Potenze facevano paura, non tutti i ministri si pronunciarono per un negoziato, alcuni, anzi, sostennero che occorreva opporsi militarmente all’intervento straniero.
Il 5 giugno 1900, il governo inviò a Zhuōzhōu Zhào Shūqiào e Hè Nǎiyíng (41), ai quali il 6 giugno fu aggiunto Gāng Yìqù, con l’incarico ufficiale di persuadere i reparti dei Boxer a sciogliersi, ma in realtà per fare il punto della situazione. Gli emissari governativi giunsero alla conclusione che i Boxer erano “una forza di cui ci si poteva fidare”. Zhào Shūqiào ed i suoi colleghi consigliarono addirittura di amnistiare gli insorti e di arruolarli al servizio del governo. Grazie anche all’iniziativa di alti dignitari come Zài Yī (42), le autorità cominciarono a poco a poco a riconoscere ai Boxer la qualità di una organizzazione legittima.
Questo atteggiamento favorì direttamente l’afflusso dei Boxer verso la capitale agli inizi del mese di giugno. A partire dal 10 giugno un gran numero di Boxer entrò in Pechino con il tacito consenso delle autorità. In un primo momento, sebbene i Boxer avessero relazioni molto tese con gli stranieri che risiedevano a Pechino, non ci furono spargimenti di sangue su larga scala. Tuttavia già il 12 giugno, come risulta da un rapporto dello stesso giorno ”la chiesa situata all’esterno della porta di Dōnghuá era in fiamme e molti cristiani fuggivano verso il nord della città” (Cronaca dell’anno Gēngzì).
Secondo alcuni studiosi, questo incidente fu la conseguenza dell’arresto arbitrario, per ordine del capolegazione Von Ketteler, di alcuni Boxer che passavano dinanzi all’edificio della legazione tedesca. (43) In seguito, la situazione a Pechino si deteriorò con estrema rapidità.
Quando i reparti militari destinati a proteggere le Legazioni furono giunti nella capitale, alcuni diplomatici non esitarono ad utilizzarli per compiere insensate dimostrazioni di forza. Von Ketteler, ad esempio, guidò un drappello di marinai tedeschi all’interno della città murata e, scoperto un gruppo di Boxer che, in uno spiazzo, stavano effettuando esercizi ginnici, ordinò ai suoi uomini di aprire il fuoco, uccidendo una ventina di persone. Da quel momento in poi, i soldati incaricati della guardia alle Legazioni cominciarono ad andare a “caccia di Boxer” e si scontrarono più volte con questi ultimi. (cfr. “L’Assedio delle Legazioni nell’anno Gēngzĭ”) Comportamenti di questo tipo esasperarono la tensione. I Boxer, infuriati, si vendicarono incendiando le chiese e massacrando i cristiani in tutta la città. Nel quartiere di Dàzhàlán, dove abitavano gli uomini d’affari, lo scoppio di violenza distrusse ricchezze che s’erano accumulate nel corso di secoli.
Yuán Chăng, uno dei ministri favorevoli ad un compromesso con gli Occidentali, così descrisse le conseguenze degli atti di Von Ketteler: ”I gendarmi e le altre forze di polizia, coadiuvati dall’esercito, pattugliavano la città interna e la città esterna (44) e vi mantenevano l’ordine, rassicurando i cittadini. Da un momento all’altro, Von Ketteler si mise ad agire di testa sua arrestando arbitrariamente la gente e la situazione sfuggì ad ogni controllo”.
Il 20 giugno 1900, Von Ketteler fu ucciso dal capitano dell’esercito manciù Zhāng Jīng'ēnhǎi mentre si recava in portantina al Ministero degli Esteri per esporvi le richieste dei diplomatici occidentali.(45)
La Dichiarazione di Guerra
In quel momento di estrema tensione, l’imperatrice vedova Cíxī, dopo aver convocato numerosi consigli dei ministri, decise infine che occorreva impedire con la forza alle truppe della coalizione di occupare la capitale e dichiarò guerra alle Potenze.
Non è ancor oggi chiaro come si sia giunti a tale decisione, ma i più ritengono che l’imperatrice vedova abbia svolto un ruolo determinante ai fini della sua adozione.
La decisione fu strenuamente avversata da un gruppo di ministri favorevoli ad un accordo con le Potenze, ma senza successo. Quando le truppe della coalizione si avvicinarono a Pechino, i cinque ministri che si erano espressi a favore di un compromesso, Xǔ Jǐngchéng, Yuán Chǎng, Xŭ Yòngyí, Lì Shān e Lián Yuán , furono condannati a morte e giustiziati.(46)
La “dichiarazione di guerra”, emanata con editto imperiale quattro giorni dopo la presa dei forti di Dàgú (47) da parte degli Occidentali, non menzionava i paesi contro cui si entrava in guerra e non fu notificata ai rappresentanti delle Potenze, con le quali furono mantenuti i rapporti diplomatici
Alcuni studiosi ritengono pertanto che non sia corretto parlare di una “dichiarazione di guerra”, in quanto si sarebbe trattato soltanto di un “ordine di mobilitazione”.
L’Assedio delle Legazioni
Dopo l’assassinio di Von Ketteler, fu preso di mira il Quartiere delle Legazioni.
Il motivo per cui la Corte Imperiale autorizzò l’assedio delle Legazioni è ancora controverso.
In quei giorni l’esercito imperiale e le unità dei Boxer presenti a Pechino godevano di un vantaggio numerico schiacciante sui reparti europei schierati a difesa del Quartiere delle Legazioni e della cattedrale cattolica. (48) Non si comprende quindi perché non siano mai stati in grado di lanciare un assalto determinato e risolutivo. Sembra che ciò sia stato dovuto all’atteggiamento dell’imperatrice vedova Cíxī- colei che decideva di fatto la politica del governo imperiale-, che tenne un comportamento irresoluto e rinunciò ad attaccare le Legazioni con tutte le forze disponibili. Ricordando, più tardi, quegli avvenimenti, Cíxī ebbe a dichiarare: ” Se ci ripenso, allora avevo un’idea precisa: dare una lezione a quegli stranieri così arroganti, Quando gli stranieri si mostravano troppo prepotenti, non potevo fare a meno di provare irritazione e di dare istruzioni per contrastarli. Tuttavia non ho mai detto ai miei di andare sino in fondo. Una volta sbollita la rabbia, lasciavo perdere e mi tiravo indietro.Se davvero avessi dato ordine di attaccare con tutte le forze, credete che le Legazioni avrebbero potuto resistere?” (Conversazioni sulla caccia in occidente dell’anno Gēngzĭ”).(49)
L'esercito imperiale interruppe molte volte gli attacchi alle Legazioni e talvolta inviò agli assediati rifornimenti di riso, pasta, verdure ed angurie.
L’assedio continuò finché le truppe della coalizione non occuparono Pechino.
Al termine dell’assedio, il ministro francese si recò alla cattedrale per rendere visita al vescovo Alphonse Favier , “festeggiare insieme la loro sopravvivenza ed abbracciarsi per la gioia di essere ancora vivi”.
Sviluppi della Guerra
I Boxer resistono all’aggressione straniera.
Indifferenti agli atti del Governo Imperiale, le Potenze straniere formarono l’Alleanza degli Otto Paesi, organizzando un corpo di spedizione sottoposto al comando del contrammiraglio inglese Seymour, coadiuvato dall’ufficiale americano Bowman H. McCalla, in qualità di vicecomandante.
Ciò indicava chiaramente la loro intenzione di invadere la Cina.
Tuttavia molti tratti della linea ferroviaria che portava a Pechino erano stati distrutti dai Boxer. Questo fatto rallentò l’avanzata di Seymour, il quale, continuamente attaccato dai Boxer e dall’armata del Gānsū si trovò in difficoltà nella zona di Yángcūn (50) e dovette ritirarsi. Durante la ritirata fu nuovamente assalito dai Boxer e da Niè Sìchéng (51) e fu costretto a ripiegare su Tiānjīn, rifugiandosi nella zona delle Concessioni.
Riferendosi agli scontri sostenuti con i Boxer, Seymour ammise: “Se i Boxer avessero avuto a disposizione un armamento moderno, le nostre forze sarebbero state distrutte”. La battaglia in cui Seymour fu costretto alla ritirata è chiamata dagli storici cinesi la “vittoria di Lángfāng”.(52)
Mentre Seymour e i Boxer combattevano a Lángfāng, le Potenze continuavano ad ammassare truppe. Il 16 giugno 1900, esse inviarono un ultimatum alla guarnigione dei forti di Dàgū, intimandole la resa.L’ultimatum fu respinto.
Il giorno successivo, settanta minuti prima della scadenza dell’ultimatum, le cannoniere occidentali bombardarono i forti.
I difensori subirono pesanti perdite. I forti caddero. Il comandante della guarnigione, l’ammiraglio di Kashgar Luō Róngguāng, fu ucciso (secondo altre fonti, si suicidò a Tiānjīn qualche giorno più tardi). (53)
La Difesa di Tiānjīn
Nonostante la caduta dei forti di Dàgū, i Boxer e l’esercito imperiale continuarono a resistere strenuamente all’invasore.
I capi dei Boxer Cáo Fútián e Zhāng Déchéng guidarono i loro uomini a Tiānjīn per partecipare alla difesa della città e furono accolti con simpatia dal governatore del Zhílì Yú Lù. Sostenuti dall’esercito imperiale, i Boxer affrontarono le truppe straniere nelle battaglie di Zhĭzúlín e di Lăolóngtóu (54), ottenendo alcuni successi che furono menzionati in un memoriale dal governatore Yú Lù.
Tuttavia, le forze della coalizione stavano aumentando rapidamente la loro consistenza.
I Giapponesi attaccarono Jìjiāzhuāng (55), sconfissero i Boxer, poi, insieme con altri contingenti stranieri, mossero contro Niè Sìchéng. Le truppe di Niè Síchéng, in condizioni di inferiorità numerica, vennero sconfitte e lo stesso Niè Sìchéng fu ucciso nei pressi di Bālĭtái. (56)
Dopo la morte di Niè Sìchéng, Mā Yùkūn ( 57) e gli altri generali dell’esercito imperiale mutarono atteggiamento nei confronti dei Boxer, mandandoli allo sbaraglio e sparandogli alle spalle. Ad esempio, in un attacco notturno contro le Concessioni, i Boxer erano in prima linea, mentre i soldati regolari venivano dietro. I soldati occidentali spararono raffiche di fucileria per tutta la notte e si calcola che, all’alba, fossero stati uccisi più di 2.000 Boxer. In effetti i Boxer andavano all’assalto armati di coltellacci, mentre le truppe della coalizione disponevano di fucili e cannoni. I Boxer venivano uccisi dai soldati occidentali che stavano loro di fronte e dagli ufficiali e soldati dell’esercito imperiale che gli stavano dietro e che gli sparavano da tergo. Ecco perché ci fu un così gran numero di morti a Xīquán, non tutti uccisi dal fuoco delle truppe della coalizione.
Anche Sòng Qìng (58), che arrivò a Tiānjīn più tardi, diede ordine di tirare sui Boxer in cui le sue truppe si imbattevano.
In questo modo, i reparti di Boxer presenti all’interno di Tiānjīn e nei sobborghi furono dispersi in mezza giornata indebolendo grandemente la difesa della città.
Dopo un’accurata preparazione, le forze della coalizione lanciarono un attacco generale.
La battaglia fu sanguinosa.
Grazie all’aiuto di alcuni traditori, gli Occidentali fecero crollare con le mine un tratto delle mura e penetrarono in città.
Tjānjīn cadde e gli Occidentali istituirono per governarla una”Amministrazione Cittadina”, che operava alle loro dipendenze.
Patti di mutua assicurazione nelle regioni del Sud-Est
Alcuni governatori regionali che non condividevano la dichiarazione di guerra agli stranieri strinsero accordi con le Potenze per mantenere la pace.
Tra costoro si distinsero Zhāng Zhīdòng, governatore del Húguăng, e Liú Kūnyī, governatore del Liăngjiāng.
Seguendo i consigli dell’uomo d’affari Shèng Xuānhuái, il capo dell’amministrazione della città di Shànghăi Yú Liányuán avviò dei negoziati con i consoli di vari paesi a Shànghăi e stipulò con loro un “Patto per la Protezione delle Regioni del Sud-Est”, cui si aggiunse un “Regolamento per la protezione della città di Shànghăi e dei suoi dintorni”.
In base a tale accordo, le Potenze assicuravano la protezione del quartiere delle Concessioni a Shànghăi, mentre i funzionari cinesi si impegnavano a garantire la calma nella vallata del Fiume Azzurro.
Altri governatori delle regioni del Sud-Est, quali il governatore del Liang Guang Lĭ Hóngzhāng, il governatore dello Shāndong Yuán Shìkāi, il governatore dello Zhèjiāng Liú Shùtáng ed il governatore del Sìchuān Kuí Jùn, aderirono in seguito all’accordo.(59)
Il governatore del Fùjiàn Xǔ Yīngkuí concluse un “Accordo di mutua assicurazione per il Fùjiàn”.(60)
Alla fine, più di dieci province del Sud-Est aderirono all’accordo.
Occorre dire che, se il governo imperiale, da una parte, esortava i governatori regionali “ a non perdere tempo stando a guardare ciò che succedeva, ad arruolare rapidamente truppe, a pagarne il soldo e a darsi da fare per la protezione dei loro territori”, dall’altra, riconosceva anche che la dichiarazione di guerra era stata l’”ultima ratio” e che, in realtà, non si chiedeva loro se non “di conformarsi semplicemente ai ripetuti decreti imperiali, di tenere l’atteggiamento che ritenessero più opportuno e di fare del loro meglio per controllare la situazione con la debita diligenza”. In pratica, si lasciava quindi ai governatori ampia libertà di manovra rimettendosi al loro giudizio.
Dopo la caduta di Pechino, il governo imperiale riconobbe ufficialmente la validità degli “Accordi di mutua assicurazione”. Di fatto, la conclusione di tali accordi protesse le regioni sud-orientali dall’invasione delle truppe straniere e ne garantì la sicurezza. Va però anche osservato che tali accordi liberarono le Potenze dalla preoccupazione dell’apertura di un secondo fronte e consentirono loro di concentrare i propri sforzi sulla Cina settentrionale, aumentando notevolmente la pressione militare sui soldati e sui civili che si opponevano alle truppe straniere nel suddetto settore. La conclusione del “Patto di mutua assicurazione” non sfuggì dunque alle critiche. L’ispettore del Zhèjiāng Róng Quán osservò, in proposito, che “i governatori delle province sud-orientali hanno stipulato nove articoli (61) con il pretesto di garantire la stabilità generale, ma, di fatto, ci hanno tolto la possibilità di mantenere la pace, hanno ignorato le istruzioni del governo ed hanno ingannato l’imperatore”.
Alcuni funzionari osservarono inoltre che il patto di mutua assicurazione concluso da Lĭ Hóngzhāng, garantendo la protezione del commercio estero da parte di più di dieci governatori regionali, consentiva ai paesi nemici di condurre la loro guerra senza dover temere ripercussioni economiche.
L'Aggressione della Russia zarista
La Russia zarista non si accontentò di inviare i suoi soldati ad invadere la Cina settentrionale nell’ambito dell’Alleanza delle Otto Nazioni, ma aggredì inoltre con le sue truppe le regioni nord-orientali del paese.
A partire dal mese di luglio, le forze russe effettuarono numerose puntate offensive occupando Tiēling (62) e le tre province della Cina settentrionale. Un gran numero di civili fu massacrato a Hăilánpáo e a Jiāngdōng.(63) I soldati e la popolazione resistettero eroicamente all’aggressione. Yáng Fèngxiáng, vicegovernatore di Aìhuī e comandante della Bandiera Gialla nell’esercito, morì in battaglia. Il generale comandante del Hēilóngjiāng, Shòushān, si suicidò. Gente di tutte le aree delle regioni nord-orientali aderì a movimenti antirussi come il Liuhequan (64) e l’Armata Leale (65) per opporsi agli invasori.
Il blocco dei sobborghi di Pechino
Le truppe dell’Alleanza delle Otto Nazioni catturarono Bĕicāng, nonostante avessero subito forti perdite ad opera dei Boxer e dell’esercito regolare.
Prima della caduta di Bĕicāng (66), Lĭ Bĭnghéng (67), principe Qín,che era stato responsabile della marina nella vallata del Fiume Azzurro, condusse le sue truppe a Pechino e, in un colloquio con l’imperatrice vedova Cíxī, si oppose fermamente a qualsiasi negoziato con le Potenze.
Cixī inviò allora l’esercito regolare contro le forze della Coalizione, ma le truppe cinesi furono sconfitte a Héxīwù (68) e Lĭ Bĭnghéng si suicidò a Zhāngjiāwān nel distretto di Tōngzhōu (a sud-est di Pechino).
La Caduta di Pechino
Il 13 agosto 1900 le forze dell’Alleanza giunsero dinanzi a Pechino.
All’alba del 14 agosto le truppe dell’Alleanza lanciarono un attacco generale ed irruppero in città attraverso le porte di Dōngzhí, Zhāoyáng, Dōngbiàn e Guǎngqú. L’esercito del Gān, agli ordini di Dǒng Fúxiáng e i Boxer resistettero ad oltranza. A questo punto, Cíxī si accorse che la situazione era disperata e, la mattina del 15 agosto, fuggì da Pechino, attraverso la porta di Shénwŭ, accompagnata dall’imperatore Guāngxù, dall’imperatrice Lóngyù e da un folto seguito di principi e di eunuchi. Le forze dell’Alleanza proseguirono la loro avanzata e il 16 agosto occuparono l’intera città dopo aver combattuto strada per strada.
La caduta di Pechino segnò la fine del movimento dei Boxer.
Il 12 ottobre 1900 le potenze istituirono una “Commissione Amministrativa” cui fu affidato il compito di governare la città.(69)
Brutalità delle forze alleate
Dopo aver occupato Pechino, le forze dell’Alleanza marciarono a sud verso Băodíng, ad ovest verso lo Shānxī, a nord verso Zhāngjiākŏu e Shānhăiguān, bruciando tutto sul loro passaggio, saccheggiando ed uccidendo con estrema crudeltà.(70)
Massacri
I soldati dell’Allenza non mostrarono alcuna pietà verso i funzionari imperiali (uccisero, ad esempio, il governatore ad interim del Zhílì Tíng Yōng), ma la sorte della popolazione fu ancora più terribile.
Un resoconto di quei giorni riferisce quanto segue:”…non appena furono penetrati in città, i soldati stranieri cominciarono ad uccidere chiunque incontrassero…In mezzo al crepitio delle fucilate, donne e bambini invocavano aiuto. In seguito, i soldati costrinsero i civili a seppellire i cadaveri che giacevano nelle strade. I corpi venivano gettati nelle fosse comuni senza che nessuno si preoccupasse di accertare se tra loro ci fossero persone ancora vive…Nella Città Proibita non rimasero in piedi più di dieci case su cento. Il Palazzo della Porta Alta è ancor oggi pieno di cadaveri e di carogne…".
Il giornalista britannico Simpson (71) riportò un fatto di cui fu testimone oculare:” I soldati francesi avevano appena disperso una banda di Boxer e cominciarono a fucilare tutti i Cinesi che gli capitavano tra le mani, senza preoccuparsi di accertare se fossero ribelli o semplici civili. Alcuni Boxer e numerosi civili cercarono di salvarsi con la fuga, ma furono mitragliati senza pietà. Alla fine, un folto gruppo di fuggiaschi si infilò in un vicolo senza uscita. I Francesi piazzarono una mitragliatrice all’entrata del vicolo e spararono per dieci o quindici minuti finché non restò più in piedi una sola persona”.
Saccheggio
Dopo che le forze alleate ebbero occupato Pechino, la soldataglia saccheggiò la città per tre giorni.
Numerose testimonianze affermano che “soldati di diversi paesi, col pretesto di cacciare i Boxer o di cercare armi nascoste, percorrevano in piccoli gruppi, con le baionette inastate, le vie ed i vicoli della città e sfondavano le porte delle case, perquisendo poi ogni stanza, comprese le camere da letto, ed ogni ripostiglio alla ricerca di armi. Anche se non trovavano armi, trovavano sempre qualcosa da portar via: denaro, orologi, gioielli ed altri oggetti preziosi. Tutta la città era in subbuglio. Chiunque cercasse di opporsi al saccheggio veniva ucciso”.
I missionari non furono da meno dei soldati. Monsignor Alphonse Favier portò via da un solo palazzo beni preziosi per un valore di un milione di tael.(72)
Violenze sulle donne
I soldati dell’alleanza requisirono nei vicoli alcune case che trasformarono in bordelli dove trascinavano qualsiasi donna su cui riuscissero a mettere le mani, non importava se giovane o vecchia, se di facili costumi o di specchiate virtù. Una delle entrate del vicolo era chiusa per impedire ogni tentativo di fuga, l’altra era sorvegliata dai militari. I soldati potevano entrare nelle case, divertirsi e rimanerci finché ne avessero voglia.
Il comandante del corpo di spedizione, Waldersee (73), che giunse a Pechino soltanto nel mese di novembre, fu costretto ad ammettere:” Non sarà mai possibile quantificare tutti i danni e i saccheggi che la Cina ha subito in questa occasione, ma devono essere stati enormi”. ”Gli stupri, i maltrattamenti, le uccisioni arbitrarie, gli incendi ed altri incidenti sopravvenuti durante i saccheggi sono stati estremamente numerosi ed hanno molto accresciuto le sofferenze dei civili”.
Il Trattato di Xīnchōu
Per porre fine alla guerra, il governo imperiale affidò a Yìkuāng (74), principe Qíng, e a Lĭ Hóngzhāng il compito di negoziare con le Potenze.
Si giunse così, nel 1901, al “Trattato di Xīnchōu" concluso dalla Cina con undici paesi stranieri.
Il Trattato di Xīnchōu conteneva le seguenti disposizioni:
La Corte Imperiale invierà un suo rappresentante a porgere le proprie scuse al Kaiser per l’assassinio di Von Ketteler e farà erigere a Pechino un arco in memoria di Von Ketteler.
Saranno puniti i ”colpevoli degli avvenimenti legati alla rivolta dei Boxer.(In esecuzione di questo impegno, alcuni ministri, fra cui Qǐ Xiù, Xú Chéngyù, Zhào Shūqiào, Yù Xián, Zài Xūn, che avevano sostenuto una politica ostile agli Occidentali, furono giustiziati o costretti al suicidio, altri, come Zài Yī e Zài Lán, furono esiliati nelle regioni di frontiera, altri ancora come Dong Fuxiang furono costretti alle dimissioni).
Il ministro Nàtóng (75) sarà inviato a porgere le scuse del governo imperiale all’Imperatore del Giappone per l’assassinio del consigliere di legazione Sugiyama Akira.
Le tombe straniere distrutte o profanate durante la Rivolta dei Boxer saranno ripristinate a cura delle Ambasciate dei vari Paesi. Il Governo Imperiale pagherà 10.000 tael d’argento per ogni tomba distrutta o profanata nell’area di Pechino e 5000 tael d’argento per ogni tomba distrutta o profanata nelle province.
La Cina non potrà importare armi per un periodo di due anni.
La Cina dovrà pagare alle Potenze un’indennità di 450 milioni di tael.
Il Governo Imperiale delimiterà l’area da assegnare alle legazioni occidentali e non consentirà ad alcun suddito cinese di risiedere in tale area.
Saranno demoliti i forti di Dàgū.
Le Potenze avranno il diritto di stanziare truppe fra Pechino e Shānhǎiguān.(76)
Il Governo Imperiale si impegna a combattere qualsiasi manifestazione di xenofobia.
Il Governo Imperiale si impegna a migliorare la manutenzione dei corsi d’acqua per favorire il commercio estero.
Lo Zǒnglǐ Yámén cambierà nome e diventerà il Ministero degli Affari Esteri.(77)
Residui focolai di resistenza
Prima di lasciare Pechino, Cíxī emanò un decreto con cui addossava ai Boxer l’intera responsabilità degli avvenimenti ed ordinava all’esercito imperiale di reprimere il Movimento. Poiché il rapido sviluppo dei Boxer era stato in parte dovuto al sostegno della Corte Imperiale, il venir meno di tale sostegno portò in breve tempo allo sbandamento e alla dispersione di molti reparti ribelli. Alcuni Boxer tuttavia non si diedero per vinti. Liú Chéngxiáng (78) continuò a resistere all'esercito invasore nei sobborghi di Tiānjīn. Il capo dei Boxer di Bāodìng, Zhōu Lāokūn, si ritirò con i suoi uomini a combattere tra le montagne. Il capo dei Boxer di Guănchāng, Guō Féngchūn, continuò la lotta sia contro le truppe straniere sia contro l’esercito regolare.
Gli invasori incontrarono resistenza da parte della popolazione locale in molte altre aree della Cina settentrionale e dovettero dividere le loro truppe per farvi fronte. Prima e dopo la firma del Trattato di Xínchōu, la maggioranza della popolazione dimostrò loro la propria ostilità. Nel giugno 1901, sotto la guida di Tián Xièjīng, la gente di Shēnzhōu e di Ānpíng nel Zhílì insorse al grido di “Morte ai Qīng e agli stranieri!” decisa ad opporsi sia agli invasori sia al governo imperiale, che considerava reazionario e traditore . Nell'agosto dello stesso anno, sempre nel Zhílì, anche la rivolta di Xióngxàn , guidata da Qí Zìgāng, si ispirò allo slogan "Lottiamo contro i Qīng e contro gli stranieri!”.
Nel 1901, i Boxer di Chuāndōng fecero circolare un volantino che incitava a "rovesciare la dinastia Qīng e sterminare gli stranieri".
Più tardi, nel 1902, Lĭ Gāngzhŏng (79), il capo della Setta delle Lanterne Rosse del Sìchuān, si ribellò a Zīyáng, ridando fiato alla rivolta dei Boxer nel Sìchuān.
Nell'aprile dello stesso anno scoppiò la rivolta di Jĭng Tíngbīn, alla quale partecipò anche il capo dei Boxer Zhào Sanduo. Jĭng Tíngbīn fu nominato generale del reggimento dei draghi e fece scrivere sulle sue bandiere “Lottiamo contro l’oppressione!” e" Cacciamo via gli stranieri". Più di 70 soldati occidentali furono uccisi. Il numero dei rivoltosi crebbe rapidamente fino a 30.000 - 40.000 uomini e l’insurrezione si diffuse in 24 contee nelle tre province di Hébĕi, Shāndōng e Hénán, ma il 25 luglio 1902, l'esercito ribelle fu sconfitto e Jĭng Tíngbīn venne ucciso.(80)
Le ragioni del fallimento della rivolta
Motivi principali del fallimento
Ragioni oggettive
I capi dei Boxer erano di origine contadina e la massa dei ribelli era costituita da contadini e da piccoli artigiani, cioè da gente che non era in grado di elaborare un piano rivoluzionario realistico.
All’inizio, il movimento fu ripetutamente perseguitato dalle autorità perché si riprometteva di “abbattere la dinastia Qīng e restaurare la dinastia Míng”.
Di fronte all’insorgere di una grave crisi nazionale, i Boxer modificarono tuttavia i propri obiettivi, indirizzando i loro sforzi contro l’imperialismo ed adottarono lo slogan ”Sosteniamo la dinastia Qĭng! Cacciamo via gli stranieri!”.
Il governo Qīng, guidato dall’imperatrice vedova Cíxī, seppe sfruttare i limiti di questi ribelli contadini, che non potevano contare sull’appoggio dell’élite, e, ricorrendo all’artificio di una falsa dichiarazione di guerra, cui corrispondeva in realtà un completo cedimento al nemico, riuscì ad evitare di essere attaccato dai Boxer. In questo modo, mentre in politica estera il governo cinese si piegava agli stranieri, sul piano interno esso si dava subdolamente da fare per eliminare i Boxer. Questi ultimi furono dunque attaccati tanto dall’esterno quanto dall’interno e furono sconfitti dall’azione congiunta delle forze governative e delle truppe straniere.
Adottando lo slogan “Sosteniamo la dinastia Qĭng! Cacciamo via gli stranieri!”, i Boxer diedero fiducia ad un governo di cui avrebbero fatto meglio a diffidare e mantennero soltanto la parte ciecamente xenofoba del loro programma originario.
Il patriottismo dei Boxer
I Boxer erano mossi da uno schietto sentimento patriottico e deploravano gli immensi danni che l'aggressione straniera aveva causato alla Cina.
Essi affermavano: “Siamo assolutamente contrari ad un trattato di pace. Sarebbe uno sbaglio per il paese ed un disastro per il popolo. Se la gente seguisse l’esempio delle autorità, è il popolo che ne subirebbe le ingiuste conseguenze.”
Alcuni Boxer volevano liberare la loro patria dalle condizioni umilianti in cui si trovava. Le Lanterne Rosse, ad esempio, dichiarararono, in quel periodo, che avrebbero fatto ricorso alla magia per “muovere in profondità verso est, reclamare la restituzione delle concessioni ed esigere il rimborso di 200 milioni di yuān.”
Parlando del movimento dei Boxer in un suo articolo intitolato “Il controllo finanziario delle Grandi Potenze sulla Cina”, il giornalista europeo Fricker ricordava che, per spiegare lo sviluppo di questo movimento, Lawton aveva citato alcune considerazioni di un capo dei Boxer, Yú Dòngchéng: “Gli stranieri hanno utilizzato il commercio e la predicazione religiosa per saccheggiare il paese e ridurre in miseria la popolazione.Essi, non soltanto hanno vilipeso le nostre sacre tradizioni, ma ci hanno altresì avvelenati con l’oppio e con la corruzione dei costumi. Dai tempi dell’imperatore Dàoguăng, gli stranieri si sono impadroniti delle nostre terre, hanno preso il nostro denaro, hanno rovinato i nostri figli, hanno bruciato le nostre case e sconvolto la nostra struttura sociale, hanno occupato Shànghăi, devastato Tàiwăn, imposto l’apertura porto di Jiāozhōu ed ora, infine, vogliono dividersi la Cina”. (81)
La xenofobia dei Boxer
I Boxer non erano mossi soltanto dal patriottismo, ma anche da un forte impulso xenofobo, che si concretava in frequenti aggressioni agli stranieri.
Questi comportamenti costituiscono un fenomeno complesso, che va analizzato sulla base dei fatti, senza ricorrere a facili semplificazioni.
Azioni come la distruzione delle linee ferroviarie e l’abbattimento dei pali telegrafici in alcune zone, ad esempio, erano determinate da esigenze strategiche, cioè dalla necessità di intralciare le operazioni dell’esercito imperiale e di ostacolare l’avanzata delle truppe straniere, e non costituivano quindi manifestazioni di odio verso la scienza e la tecnologia straniere. Così, dopo che Yáng Fútóng fu ucciso nella battaglia di Làishuĭ, i Boxer cominciarono a demolire un lungo tratto di ferrovia. Già secondo l’opinione della gente di quell’epoca, il motivo di tale azione era semplicemente questo: ”In passato ci siamo astenuti dalla violenza contro le istituzioni e ne abbiamo ricavato solo disgrazie. Se distruggiamo i binari, blocchiamo le truppe, bruciamo le stazioni ferroviarie ed uccidiamo gli stranieri, conseguiremo ancor più in fretta i nostri obiettivi. " ("Raccolta di varie note sui Boxer”).Tuttavia, alcuni osservatori, impressionati dalla propaganda dei Boxer che invitava a "smantellare le ferrovie, abbattere i pali telegrafici e distruggere i piroscafi", pensarono invece che si trattasse di atti motivati esclusivamente dall’avversione alla civiltà occidentale.
Di natura chiaramente xenofoba fu invece la distruzione su larga scala, da parte di taluni gruppi, di manufatti occidentali. Ad esempio, “alcuni Boxer affermavano che i peggiori prodotti occidentali, come le lampade a cherosene e le tazze magnetizzate, facevano rabbia al solo vederli e che non si poteva far altro se non distruggerli immediatamente. Perciò, se, girando per il mercato, notavano qualcuno che vendeva prodotti occidentali, che indossava abiti attillati o giacche a maniche strette, che cercava di imitare la moda occidentale o che leggeva giornali stranieri, tentavano di ucciderlo e di distruggere le cose in suo possesso. Altri invece non si infuriavano se incontravano persone vestite all’occidentale o che avevano in mano giornali stranieri, ma perdevano la testa solo se vedevano usare per gli acquisti denaro straniero". (Anonimo: “Diario di Tiānjīn”, gennaio 1900).(82)
I Boxer uccisero anche molti cristiani innocenti e alcuni intellettuali che avevano fatto propria la cultura occidentale. Essi minacciavano di uccidere chiunque ” fumasse sigarette, bevesse in piccoli bicchieri, usasse ombrelli o indossasse calzini all’occidentale”. Questi comportamenti furono molto criticati dai posteri, che li considerarono una manifestazione di oscurantismo feudale.
Occorre però considerare che il movimento dei Boxer non era molto omogeneo. Alcuni suoi aderenti rigettavano in blocco i prodotti occidentali, altri erano meno rigidi . Nelle loro file ci fu anche chi si rese conto dei vantaggi delle armi straniere e le usò effettivamente in battaglia. Ad esempio, il corrispondente di guerra dell'esercito russo Jancivitsky osservò: "Le strade sono piene di Boxer che indossano turbanti rossi e che non sono armati soltanto di lance e coltellacci, ma, in taluni casi, anche di fucili."
Taluni gruppi di Boxer demolivano le linee ferroviarie, soltanto se ciò appariva necessario per ragioni strategiche.
Leggiamo allora che un contingente di stanza a Xīnchéng "non esce a compiere incursioni, non uccide indiscriminatamente i missionari, non smantella le linee ferroviarie e tiene una condotta ineccepibile" ("Cronaca succinta della ribellione dei Boxer").
Un caso analogo si verifica a Xīguān presso Băodìng, dove un Boxer osserva: "Tutti coloro che stanno smantellando le linee ferroviarie hanno torto: corrono un grosso rischio e si comportano in modo insensato. Non sarebbe meglio, per esempio, far venire degli esperti a mettere su una fabbrica, alla cui costruzione i Boxer potrebbero collaborare, oppure darsi da fare per garantire la pubblica sicurezza?". La proposta viene accolta senza obiezioni. Si costruisce un capannone presso il tempio Yŏngníng di Xīguān. Si chiamano specialisti ed istruttori. Si esorta la gente ad astenersi da incendi e massacri. Ferrovieri di ogni categoria ed altre persone partecipano all’iniziativa. In questo modo si calmano gli animi. Ribelli e operai collaborano tra di loro senza sospetti. Più di cento chilometri di binari, nella zona, rimangono intatti. (“Breve storia dei cambiamenti avvenuti a Jīnánjì”).
Credenze superstiziose dei Boxer
Fra i Boxer circolavano molte superstizioni, poiché i contadini, che costituivano, a quell’epoca, il nerbo di tale movimento, non avevano alcuna formazione culturale o ideologica e sapevano spiegare i danni causati alla Cina dagli invasori stranieri soltanto ricorrendo ad idee arretrate, imbevute di superstizione. Essi, in generale, ponevano i disastri provocati dagli avvenimenti di quel periodo sullo stesso piano di una “catastrofe naturale”. “Quando arriva la rovina” si diceva” il mondo si rattrista, e e non c’è più distinzione tra buoni e malvagi" (" Fatti memorabili dell’anno Gēngzi”). Tutte le catastrofi erano riconducibili agli stranieri: "Il cielo è senza pioggia, la terra è arida e le chiese oscurano il cielo". Questa convinzione svolse un ruolo importante nella rapida diffusione della rivolta.
Nello stesso tempo, i Boxer riponevano anche le loro speranze di resistere agli attacchi stranieri su poteri soprannaturali, sperando di raggiungere l'invulnerabilità attraverso rituali superstiziosi come l’incantesimo di “spegnere il fuoco e spargere la sabbia", la cui formula (alquanto oscura) era la seguente:
"I discepoli stanno nella polvere rossa. Chiudete la bocca delle armi da fuoco! I cannoni sparano tutti insieme. La sabbia si sparge su entrambi i lati".
Ebbero un rapporto sicuro con la rivolta dei Boxer alcune sette religiose diffuse tra il popolo, ad esempio le sette che praticavano tecniche di arti marziali come “La Camicia di Ferro” (83) e “La Campana Dorata”, i Bāguà (84) ed altri gruppi, che, nel loro processo di sviluppo, avevano assorbito taluni elementi delle credenze taoiste.
La dottrina taoista esercitò del resto un’enorme influenza sulla nascita del movimento di Boxer, con particolare riferimento ai Boxer degli Spiriti.
Le formule magiche presenti nella religiosità popolare taoista venivano spesso usate dai Boxer nella loro propaganda. Gli incantesimi, a cui si faceva originariamente ricorso per ottenere la protezione degli dei, esorcizzare i demoni, impetrare benedizioni ed evitare disastri, erano pratica corrente tra i Boxer e nell’ambito delle loro formazioni armate.
Disponendo di un armamento assai inferiore a quello dei loro avversari, i Boxer non potevano fare a meno di ricorrere a misteriose pratiche magiche, che utilizzavano costantemente per rimontare il morale dei loro uomini ed incitarli ad affrontare i soldati occidentali.
Zhang Tiānshì, che appariva spesso nella propaganda dei Boxer, l’Imperatore di Giada, l’Antenato del Grande Equilibrio e Lǚ Dòngbīn (85) erano le divinità più importanti che infondevano ai Boxer il coraggio nelle battaglie e l’avversione contro il forestiero.
Tuttavia, i fatti dimostrarono che l’ardore infuso negli animi da queste credenze popolari tradizionali non bastava da solo a sconfiggere le truppe straniere.
La superstizione religiosa era usata dai Boxer anche per attirare e stimolare le masse. Quando i Boxer “invitavano le divinità”, erano gli dei che convocavano il popolo per assistere al rito e gli ordini dei Boxer equivalevano ad un comando divino. I Boxer ordinavano allora ai presenti di prostrarsi a terra, di bruciare i foglietti su cui erano scritti gli incantesimi, di recitare le formule magiche, di digrignare i denti, di respirare col naso, di farsi venire la bava alla bocca, di gridare che gli dei stavano prendendo possesso dei loro corpi e di mettersi a saltare e a ballare con una spada in mano, finché non venissero loro a mancare le forze.(“Ciò che rimane delle innovazioni dei Boxer”).
L’”invito alle divinità” era soltanto una delle molte pratiche superstiziose a cui i Boxer facevano ricorso per attirare la gente.Altre consistevano, per esempio, nel sollevare striscioni di carta gialla cui veniva poi dato fuoco (86) o nel bruciare essenze aromatiche che producevano, ardendo, vapori profumati.
Questo patrimonio comune di credenze superstiziose fu ciò che, nei primi tempi, servì in un certo modo da collante per tenere insieme i vari gruppi di Boxer e permettere loro di continuare la lotta nonostante la mancanza di una solida organizzazione.
Esso divenne anche uno strumento per mantenere la disciplina. Leggiamo infatti nel “Manoscritto che ci resta del diario di Luànzhōng”, che, quando un Boxer veniva ferito a morte in battaglia, il suo superiore, mentre ne cercava il cadavere o raccoglieva le sue cose, diceva che era morto perché era stato avido di denaro ed aveva rubato agli altri, dal momento che la magia garantiva l’invulnerabilità soltanto alle persone oneste”. Ciò tratteneva spesso le persone dal rubare e permise, almeno nei primi tempi della rivolta, il mantenimento di una migliore disciplina.
Un’altra spiegazione che i Boxer fornivano delle perdite in battaglia era la seguente:”La magia opera poco sui giovani, fra cui ci sono molte vittime. Opera in modo diverso sulle persone più anziane che talvolta possono essere ferite, talvolta non lo sono. Ha il massimo d’efficacia nei confronti degli istruttori e dei comandanti, che sono soltanto sfiorati dai proiettili e dalle granate”.
Ora, non ci vuole molto per comprendere che i giovani combattono in prima linea, che gli uomini più anziani sono in seconda linea e che gli istruttori e i comandanti stanno nelle retrovie, da dove possono facilmente scappare quando le cose si mettono male “.(“Cronache di Tiānjīn – gennaio 1900”, nel secondo volume del libro “I Boxer”).
La superstizione serviva anche a tenere alto il morale dei combattenti. “Nei primi scontri con le truppe dell’Alleanza delle Otto Nazioni, i Boxer credevano che i proiettili non potessero ferirli. Quando venivano a trovarsi di fronte al nemico, si lanciavano perciò all’attacco senza paura della morte ed in un attimo venivano falciati dal fuoco dei fucili e dei cannoni”(“Cronache della Rivolta dei Boxer”).
Come è ovvio, la superstizione non può avere la meglio sulla tecnologia moderna e ciò spiega perché, verso la fine della rivolta, non ci fosse quasi più nessuno che credesse nel mito dell’invulnerabilità ed il morale di molti combattenti fosse particolarmente basso.
L’8 giugno 1900 il reggimento dei Boxer di Tiānjīn uscì a combattere sotto una pioggia battente, appoggiato da una batteria di tre cannoni dell’esercito regolare. Vedendosi venire incontro un drappello di tre soldati nemici con i fucili puntati, il reggimento fece dietro-front. “Piove” si dissero fra sé gli uomini “Possiamo tornare a casa.” Erano contadini. Volevano condividere difficoltà e guadagni della famiglia. Il giorno dopo la maggior parte di essi si era dispersa.”(“Cronache di Tiānjīn,gennaio 1900). (87)
Negli ultimi tempi della rivolta si erano intensificati anche i reati e le mancanze disciplinari.
Fedeltà al regime imperiale
Intossicati dalla mentalità feudale molti Boxer si mantenevano fedeli al regime imperiale, come dimostra lo slogan: “Sosteniamo la dinastia Qīng! Sterminiamo gli stranieri!”.
Questa fedeltà si manifestava tuttavia più nei confronti dell’imperatrice vedova Cíxī che in quelli dell’imperatore Guăngxù. C’è infatti da credere che lo slogan: “Uccidi un drago, due tigri e trecento pecore!” si riferisse proprio a quest’ultimo. (88)
È per tale ragione che I Boxer furono utilizzati da Cíxī come una pedina importante negli intrighi di corte.
Specialmente dopo la dichiarazione di guerra alle Potenze, molti Boxer si fecero delle illusioni sul governo imperiale.
In un comunicato volto ad ammonire il giornale “Guówénbào” (89), i Boxer dichiaravano senza ambiguità: ”L’Imperatore riacquisterà presto tutto il suo potere e i Boxer si dimostreranno sudditi leali”.
Di fatto, molti Boxer furono manipolati da una burocrazia ostile ad ogni cambiamento, e ce ne furono addirittura alcuni che vennero inquadrati e addestrati come una sorta di milizia locale.
Tuttavia, numerosi gruppi di Boxer continuarono a mantenere un certo grado di indipendenza e rifiutarono addirittura di obbedire agli ordini della Corte. Ciò accadde, ad esempio, quando Nà Tóng e Xǔ Jĭchéng furono incaricati di comunicare ai Boxer l’ordine di venire a patti con gli stranieri. Nà Tóng e i suoi colleghi furono bloccati sulla strada di Féngtài dai membri di un reggimento di Boxer, ai quali riferirono gli ordini del governo imperiale. I Boxer risposero: "Noi riconosciamo soltanto gli ordini dei nostri capi. Non abbiamo perciò alcun bisogno di ricevere ordini dalla Corte”.
Non ci furono soltanto molti Boxer che ignorarono gli ordini del governo imperiale, ma ve ne furono persino alcuni che si opposero apertamente ai funzionari imperiali. Per esempio, Qìng Héng, il vice comandante dell'esercito Qīng fu ucciso dai Boxer.
Alcuni gruppi di Boxer ruppero persino con il governo Qīng, proclamando un altro imperatore. "Ad est della città, nel villaggio di Wángxí, un abitante del villaggio si proclamò imperatore, reclutò truppe, nominò generali e li inviò a Băodìng. I Boxer sono maestri nell’arte di provocare il caos." ("Cronache della contea di Dìng ")
Comportamento di questo tipo manifestavano un’aperta opposizione alla dinastia Qīng.
Dopo il fallimento della rivolta, alcuni compresero quale fosse stato il gioco della Corte e non si fecero più illusioni su di essa, ma proposero un nuovo slogan: "Liberiamo l’Impero dagli stranieri”.
Estensione della rivolta
L’azione dei Boxer si concentrò essenzialmente nelle regioni settentrionali della Cina, ma l’influenza del movimento si fece sentire in tutto il paese.
Regioni delNord-Est
Le Regioni del Nord-Est furono interessate per lungo tempo dall’attività dei Boxer. Stando alle “Cronache della contea di Liáoyáng”, i Boxer si diffusero in tutta la provincia del Fèngtiān ed estesero le loro attività anche alle provincie del Jìlìn e del Hēilóngyáng. Quando le truppe zariste invasero le regioni nord-orientali della Cina, i Boxer presenti in quelle aree le affrontarono. In seguito, parti dei reggimenti dei Boxer ed altri gruppi antirussi formarono l’”Armata Leale” e il "Liùhéquán" per continuare la lotta.
Regioni del Sud-Ovest
A Kūnmíng nello Yúnnán, la folla distrusse le chiese edificate dai missionari francesi ed inglesi.
A Dàyì nel Sīchuān, Luō Wénbăng incitò il popolo a sollevarsi, al grido di “Sosteniamo la dinastia Qīng! Annientiamo gli stranieri!”. Molte località del Sīchuān risposero al suo appello.
I movimenti diretti contro la dinastia manciù e l’influenza straniera si mostrarono particolarmente vigorosi nel Sīchuān. Dopo il fallimento della rivolta, parecchi ribelli si rifugiarono alla spicciolata nel Sīchuān e riuscirono in seguito a dare una certa consistenza al movimento nella regione. Nel 1902, sotto la guida di Lǐ Gāngzhōng, Céng'Ăyì, Liào Guānyīn ed altri capi, la setta delle Lanterne Rosse provocò varie rivolte che destabilizzarono pesantemente, almeno a livello locale, il regime imperiale.
Regioni del Sud-Est
Nelle provincie costiere sudorientali di Yúyáo, Zhūjì, Nínghǎi, Línhǎi, Huángyán, Yuèqīng, Yǒngjiā, Ruì'ān, Píngyáng, Yùhuántīng, Xī'ān, Kāihuà, Chángshān, Jiāngshān, Fúzhōu, Xiàmén, Zhāngzhōu, Lóngyán, Tīngzhōu, Shàowǔ, Jiànníng, Yǒngchūn, Pānyú, Nánhǎi, Shùndé, Xīnhuì, Xīn'ān, Ráopíng, Guì xiàn, Xiàngzhōu, Xiūrén ed altre ancora, i Boxer e le società segrete antimanciù affissero manifesti nei luoghi pubblici, insegnarono le arti marziali, bruciarono le chiese e incitarono la popolazione a sollevarsi.
Nel primo manifesto affisso dai Boxer di Xiàmén si avanzava la giusta richiesta di riprendere possesso di Tàiwăn (allora sotto dominazione giapponese).(90)
A Fúzhōu, un manifesto che denunciava il governatore del Fújiàn e del Zhèjiāng Xǔ Yīngkuí fu addirittura affisso nel vestibolo della sua camera da letto. Il manifesto era del seguente tenore:”Il vecchio Xū non morirà di vecchiaia perché è sleale verso il Paese e danneggia il popolo. Stiamo andando in rovina!”. Sebbene il governatore offrisse una ricompensa di 3.000 yuán per la cattura della persona che aveva affisso il manifesto, non si riuscì a scoprire chi fosse stato.
Regioni del Nord-Ovest
I Boxer si diffusero anche nelle regioni nord-occidentali. Testimonianze di loro attività si hanno nelle provincie di Níngqiāng, Hànzhōng, Yán'ān, Liángzhōu e Qìngyáng. Si sa pure che un gruppo di Boxer di Tiānjīn si recò a Yīlí nello Xīnjiāng. “Nell’ottobre del 1900 un gruppo di Boxer di Tiānjīn, conosciuto con il nome di “ Jiǎyǒngqián”, arrivò improvvisamente a Yīlí e si mise ad insegnare arti marziali nella località detta Dàzhuāngzǐ ad ovest del fiume Wūhālǐkè, due chilometri e mezzo ad occidente della città di Huìyuǎn".
Conseguenze della rivolta
Agli occhi dell’opinione pubblica cinese, gli avvenimenti legati alla rivolta dei Boxer dimostrarono la mediocrità, la corruzione e l’incompetenza della Corte e del governo manciù, che, essendo stati umiliati dalle forze della coalizione a causa del loro comportamento stupido ed incoerente, subirono una drammatica perdita di prestigio.
I governatori delle provincie sud-orientali, che avevano disobbedito agli ordini del governo centrale, furono premiati invece di essere puniti. Quando si ammise così che le autorità locali potessero condurre una politica diversa da quella del governo centrale, il principio della centralizzazione del potere cominciò a disintegrarsi.
Dieci anni dopo, l’ostilità della popolazione nei confronti del governo manciù raggiunse il suo apice. Nel 1911 scoppiò a Wŭchāng la Rivoluzione dell’anno Xīnhài e le provincie sfidarono nuovamente la dinastia Qīng, proclamandosi indipendenti. Alla fine la dinastia Qīng fu rovesciata e fu fondata la Repubblica di Cina.
Le tendenze separatiste fomentate dal rafforzamento dei poteri politici locali influenzarono in seguito costantemente la situazione politica dell'intera Repubblica di Cina.
Il movimento dei Boxer fu percepito dagli Occidentali come un movimento xenofobo che appoggiava la dinastia Qīng, ma, di fatto, la sua azione portò un duro colpo alla capacità di governo del regime manciù.
In seguito, l'imperatrice vedova Cíxī, che continuò per alcuni anni a controllare la politica del Paese, e i suoi successori, si resero conto che, indipendentemente dall'atteggiamento da loro assunto in precedenza, non potevano rinunciare a realizzare delle riforme, se volevano evitare la scomparsa della dinastia. Da allora in poi fino alla caduta del regime imperiale nel 1912, venne attuata una serie di nuove politiche che non furono tuttavia in grado di invertire il corso degli avvenimenti.
La Russia colse l'occasione per occupare grandi estensioni di territorio nella parte nord-orientale della Cina (cioè in Manciuria) ed ottenne nel 1898 di poter prendere in affitto la penisola del Liaódōng (91). Le manovre della Russia, che minacciavano l'integrità territoriale della Cina e contrastavano la politica commerciale della “porta aperta” ("open door policy") (92), sostenuta da Gran Bretagna e Stati Uniti, portarono infine ad uno scontro con il Giappone, che voleva espandere la sua sfera di influenza nelle province orientali del Liaódōng e della Manciuria. Dopo due anni di negoziati, le due parti finirono per troncare ogni rapporto e nel febbraio 1904 entrarono in guerra l’una contro l’altra.
Atteggiamento delle Potenze Occidentali
Durante il periodo della rivolta dei Boxer, caratterizzato dal prevalere di sentimenti antimperialistici e patriottici, il popolo cinese sfidò eroicamente la violenza straniera ed affrontò battaglie sanguinose, attaccando gli imperialisti e mostrando loro che non potevano spartirsi la Cina come avrebbero desiderato.
Come disse il generale Waldersee all'imperatore Guglielmo II: " Non possiamo considerare i Cinesi un popolo decadente e corrotto.In realtà, sono un popolo in ascesa, che manifesta un'enorme e prorompente vitalità. Non hanno affatto perso il loro spirito bellicoso e il movimento dei Boxer ne è una prova. Nascondono in sé potenzialità intellettuali e militari che mancano alle Potenze europee, agli Stati Uniti d'America, al Giappone ed agli altri paesi. Sono in grado di dominare un quarto del globo.La spartizione della Cina sarebbe davvero la cosa peggiore da fare".
Nell'ottobre 1900, l'inviato statuninense in Cina William W. Rockhill ammise, in una lettera indirizzata al segretario di stato John Hay: " Sir Robert Hart ritiene che la rivolta dei Boxer sia un'insurrezione di natura patriottica volta a liberare la Cina dagli stranieri e a recuperare l'indipendenza nazionale". (93)
La determinazione dei Boxer, che si gettavano nella mischia l'uno dopo l'altro, senza paura di morire, impedì dunque agli imperialisti di spartirsi la Cina e di distruggerla.
Situazione internazionale
Nell’ambito delle Grandi Potenze fu il Giappone quella che, con il suo primo intervento militare all’estero per reprimere la rivolta dei Boxer, acquistò prestigio sul piano internazionale e si vide riconoscere lo status di una potenza militare. Come accennato in precedenza, questo intervento, che indusse il Giappone ad espandere la sua sfera di influenza nelle province orientali del Liaódōng e della Manciuria, innestò un conflitto di lunga durata con la Russia zarista. Alla fine, i contendenti interruppero le trattative, che erano durate per ben due anni, e ricorsero alle armi per dirimere le loro divergenze.
La Russia zarista si vide riconoscere ufficialmente nel 1898 una sfera di influenza nel Liáodōng.
Per quanto riguarda gli Americani, si può ricordare che il Nono Reggimento di Fanteria degli Stati Uniti ricevette il soprannome di "Reggimento della Manciuria" per le sue imprese belliche in Cina. Il reggimento (che è stanziato a Camp Casey nella Corea del Sud) compie ancora oggi ogni anno una marcia a piedi di 25 miglia per commemorare le sanguinose battaglie in cui fu coinvolto. I soldati che riescono a completare la marcia ricevono in premio un nastro decorato con l’immagine di un drago cinese.
Risveglio della coscienza nazionale
La rivolta dei Boxer è ufficialmente considerata in Cina come l’avvenimento che diede l’avvio ad un risveglio della coscienza nazionale in senso moderno e che pose le basi del nazionalismo cinese moderno.
Parlando del movimento dei Boxer in un suo articolo intitolato “Il controllo finanziario delle Grandi Potenze sulla Cina”, il giornalista W. Frickey ricordava che, per spiegare lo sviluppo di questo movimento, Lawton aveva citato alcune considerazioni di un capo dei Boxer, Yú Dòngchéng: “Gli stranieri hanno utilizzato il commercio e la predicazione religiosa per saccheggiare il paese e ridurre in miseria la popolazione. Essi, non soltanto hanno vilipeso le nostre sacre tradizioni, ma ci hanno altresì avvelenati con l’oppio e con la corruzione dei costumi. Dai tempi dell’imperatore Dàoguăng, gli stranieri si sono impadroniti delle nostre terre, hanno preso il nostro denaro, hanno rovinato i nostri figli, hanno bruciato le nostre case e sconvolto la nostra struttura sociale, hanno occupato Shànghăi, devastato Tàiwăn, imposto l’apertura porto di Jiāozhōu ed ora, infine, vogliono dividersi la Cina”.
Si può desumere da queste considerazioni che sebbene, soprattutto nella fase iniziale, le idee dei Boxer rimanessero confinate tra le fantasie, esse rappresentano in ogni caso il risveglio dello spirito nazionale cinese.
Il generale Waldersee disse all'imperatore Guglielmo II: " Non possiamo considerare i Cinesi un popolo decadente e corrotto.In realtà, sono un popolo in ascesa, che manifesta un'enorme e prorompente vitalità. Non hanno affatto perso il loro spirito bellicoso e il movimento dei Boxer ne è una prova. Nascondono in sé potenzialità intellettuali e militari che mancano alle Potenze Europee, agli Stati Uniti d'America, al Giappone ed agli altri paesi. Sono in grado di dominare un quarto del globo. La spartizione della Cina sarebbe davvero la cosa peggiore da fare".
Nell'ottobre 1900, l'inviato statuninense in Cina William W. Rockhill ammise, in una lettera indirizzata al segretario di stato John Hay: " Sir Robert Hart ritiene che la rivolta dei Boxer sia un'insurrezione di natura patriottica volta a liberare la Cina dagli stranieri e a recuperare l'indipendenza nazionale".
Il filosofo inglese Bertrand Russel scrisse, in una sua opera intitolata “The Problem of China” che “i timidi e miti Cinesi, una volta suscitato il loro entusiasmo, possono diventare i giocatori d’azzardo più spericolati del mondo”.(94)
I libri di storia pubblicati nella Repubblica Popolare Cinese dopo il 1949 si conformano ovviamente al giudizio dato da Máo Zédōng: l'incapacità dei Boxer di resistere all'aggressione imperialista dimostra che, senza la guida di una corretta ideologia, nessuna rivoluzione popolare è in grado di vincere.
Il Movimento dei Boxer alla fine della dinastia Qīng, nonché il Movimento del 4 maggio e il Movimento del 30 maggio (95) al tempo della Repubblica di Cina, sono stati i tre principali movimenti nazionalisti di massa che, in epoca moderna, si sono opposti, in Cina, all'aggressione imperialista. Il Movimento del 4 maggio fu diretto soprattutto contro la violazione della sovranità territoriale cinese, mentre il Movimento dei Boxer e il Movimento del 30 maggio, che intendevano contrastare l’ aggressione politica, economica e culturale degli imperialisti, durarono più a lungo e ebbero un impatto di più vasta portata.
La rivolta dei Boxer come guerra di religione
Secondo il filosofo Táng Jūnyì (96), la rivolta dei Boxer sarebbe stata una guerra di religione fra il taoismo, nella sua forma di religione popolare cinese, e il cristianesimo occidentale.
Egli scrive infatti quanto segue:
"I principali eventi strettamente legati ai problemi culturali della Cina moderna e alla penetrazione delle forze economiche, politiche e religiose occidentali nel paese sono la ribellione dei Tàipíng e la ribellione dei Boxer. Chi voglia trovare delle guerre di religione nella storia cinese può fare riferimento a questi due avvenimenti.
La ribellione dei Taipíng può dirsi uno scontro mascherato tra il Cristianesimo e il Confucianesimo.
La ribellione dei Boxer è invece una guerra civile tra i sostenitori del Taoismo e quelli del Cristianesimo.
Naturalmente, le cause fondamentali delle due ribellioni vanno ricercate nella politica.
La ribellione dei Tàipíng intendeva rovesciare la dinastia manciù e quella dei Boxer mirava a liberare la Cina dall’influenza straniera.
Tuttavia la propaganda del Regno Celeste della Pace Suprema affermava che esso combatteva manifestamente ”sotto lo stendardo di Dio”, mentre i Boxer, da parte loro, rifiutavano in modo aperto la religione straniera ed aderivano alle credenze taoiste.
C’era, evidentemente, anche un conflitto tra il pensiero religioso cinese e quello occidentale, cosicché si può parlare di una guerra di religione.
Vengono, ad esempio, considerate guerre di religione quelle che si svolsero in Europa nel XVI° e nel XVII° secolo, sebbene avessero sullo sfondo anche ragioni politiche ed economiche.
Il risultato di queste due guerre di religione fu che il confucianesimo in Cina subì per la prima volta uno scacco, mentre il taoismo veniva debellato per la seconda volta. (97)
Il maggior perdente fu tuttavia l’intera Cina, che dovette piegarsi di fronte alle Potenze occidentali, lasciando da quel momento campo libero ai missionari la cui azione di proselitismo tra le classi inferiori non incontrò più alcuna restrizione.”
Lotta di potere all’interno della Corte imperiale
Lo storico Táng Dégāng (98) ritiene che anche la lotta di potere all’interno della Corte imperiale abbia contribuito allo sviluppo del movimento dei Boxer.
Egli paragona i Boxer alle Guardie Rosse, il gran consigliere Gāng Yì (99) a Lín Biāo ed i quattro fratelli Zăi (Zăilián, principe Dùn , Zăiyī, principe Duān, Zăilán, duca Fŭguó, e Zăixún, principe Zhuāng) (100) alla Banda dei Quattro.
A suo parere, i quattro fratelli Zăi, il gran consigliere Gāng Yì ed il gruppo di ministri che appoggiavano i Boxer, come Zhào Shūqiào, Yù Xián, Dŏng Fúxián e altri, sfruttarono la popolarità dei Boxer nonché l’odio e la paura dell’imperatrice vedova per gli stranieri allo scopo di isolare l’imperatore Guāngxù ed i suoi sostenitori.
Dopo il colpo di stato del 1898, l’imperatrice vedova aveva pensato, in un primo momento, di deporre l’imperatore Guāngxù e di far salire al trono il figlio di Zàiyī, Pŭjùn (101), ma il progetto era stato osteggiato dalle potenze occidentali.
Per questa ragione, Zăiyī ed i suoi odiavano profondamente gli Occidentali e l’imperatore Guāngxù e non perdevano l’occasione, nelle riunioni del consiglio imperiale, di insultare pubblicamente l’imperatore, gli altri principi e i ministri che erano loro ostili. Pŭjùn non si tratteneva nemmeno dal chiamare l’imperatore Guāngxù “lacchè degli stranieri”.
Il 25 giugno 1900, i quattro fratelli Zăiyī, Zăixūn, Zăilián e Zăiyíng (102) guidarono all’interno del palazzo imperiale un gruppo di più di sessanta Boxer decisi ad uccidere l’imperatore Guāngxù, ma l’assassinio fu impedito dall’intervento dell’imperatrice vedova Cíxī. Pur essendo riuscita, in quell’occasione, a salvare la vita di Guāngxù, Cíxī temeva un po’ i quattro fratelli, che non riusciva a controllare. Quando l’esercito del Gānsū, agli ordini di Dŏng Fúxián, uccise il segretario della legazione giapponese Sugiyama Akira, Cíxī convocò Dŏng Fúxián e Zăiyī, intenzionata a rimproverarli e punirli, ma dovette rinunciare al suo proposito di fronte alla minaccia di ammutinamento del generale.
In quel periodo, molti dignitari della Corte imperiale ritenevano che appoggiare i Boxer fosse un buon metodo per fare carriera ed avere successo
Leggiamo, per esempio, in un rapporto del censore imperiale Xú Dàokūn: “Il venerabile Hóng Jùn ordinerà ai cinque draghi di difendere Dàgū. I draghi solleveranno sulla loro schiena le navi dei barbari e le rovesceranno, facendole affondare tutte”.
Il censore imperiale Chén Jiāchéng, da parte sua, scrisse: ”Si legge in un manoscritto su seta di Guăn Zhàng Miáo (103) che non bisogna temere i barbari: si distruggeranno da soli” e presentò un rapporto in cui enumerava più di un centinaio di interventi miracolosi che avrebbero favorito i Cinesi.
I giornali dell’epoca commentarono: “Se si guarda alla loro sostanza, queste prese di posizione manifestano un atteggiamento conservatore. Dal conservatorismo si passa all’autoritarismo, dall’autoritarismo all’eversione e dall’eversione alla xenofobia. Quella che si svolge intorno ai Boxer non è una battaglia politica, bensì una lotta tra gruppi di potere”. (104)
Valutazioni positive della rivolta dei Boxer
Coloro che valutano in modo positivo la rivolta dei Boxer ritengono che si sia trattato di un movimento patriottico antimperialista sorto spontaneamente in seno alle masse contadine e, gli attribuscono, nonostante il suo fallimento, un grande significato storico. Le azioni eroiche dei Boxer avrebbero mostrato lo spirito indomabile di resistenza del popolo cinese. I Boxer avrebbero duramente colpito gli aggressori stranieri e avrebbero mandato in frantumi i loro piani di spartizione della Cina. Allo stesso tempo, avrebbero anche, indirettamente, colpito il governo reazionario e traditore della dinastia manciù. Infine, il Movimento dei Boxer avrebbe risvegliato il sentimento nazionale, svolgendo così un ruolo nel promuovere la vittoria della rivoluzione democratica.
Ecco alcuni esempi di questo tipo di valutazione:
La rivista "Kāizhìlù"(105), creata dagli studenti cinesi in Giappone, pubblicò nel 1901 un articolo intitolato “La Rivolta dei Boxer è utile alla Cina” in cui si affermava quanto segue:
"I Cinesi sono disprezzati da tutte le nazioni a causa della loro arrendevolezza e della loro debolezza. Il nome di un grande paese, il secondo al mondo per le sue dimensioni, viene ormai pronunciato con orrore. Dopo essere stata sconfitta nella guerra del 1894-1895 contro i Giapponesi, la Cina ha accettato importanti perdite di territorio per ottenere la pace, ha piegato la testa umiliandosi fino all’estremo, ha lasciato che gli stranieri si impadronissero di tutto ciò che volevano e non ha osato opporsi alle loro smoderate pretese. Ma l’animo del popolo è orgoglioso; la gente non ci sta affatto. Il movimento dei Boxer rappresenta infatti lo spirito nazionale cinese e costituisce un segnale della diffusa avversione per gli stranieri...”
Róng Hóng (106), noto riformista, che da giovane aveva studiato negli Stati Uniti, disse nel 1901 al suo allievo Liú Yúshēng: "Occorre esaminare la situazione attuale in Cina ed i suoi possibili sviluppi futuri. Se ti spiegassi con assoluta franchezza le mie idee, tu che cosa penseresti che io voglia? Ritieni che i Boxer siano soltanto dei perturbatori dell’ordine pubblico? In realtà, essi interpretano il sentire della gente. Se un popolo non è stimolato da nulla, perisce; se invece si appassiona per qualcosa, si agita e il movimento lo mantiene vivo. In questo modo la Cina eviterà i contrasti interni e la gente avrà un fine da perseguire. Questo è anche il compito della gioventù cinese. Quando gli abitanti delle tredici colonie che fondarono gli Stati Uniti d’America lottavano per l’indipendenza, uccisero gli esattori delle tasse britannici e bruciarono le navi cariche di merci inglesi. Come dovremmo giudicare questo tipo di azioni?”
In un articolo dal titolo “La Stele di Von Ketteler”, pubblicato nel 1918 sulla rivista “La Nuova Gioventù”, Chén Dùxiù (107), dopo aver deplorato l’ignoranza dei Boxer e dopo aver dettagliatamente analizzato le cinque caratteristiche fondamentali
del Movimento che andavano contro lo spirito dei tempi, concludeva tuttavia: “Sulla base dei fatti sopra elencati, le ragioni che alimentavano prima dell’anno 1900 il malcontento all’origine della ribellione dei Boxer non sono affatto venute meno. Si può immaginare ciò che avverrà in futuro. Se i nostri concittadini vorranno rimuovere un giorno questo monumento dell’umiliazione nazionale, si aprono loro innanzi due strade: una di esse è il percorso repubblicano che é luminoso, scientifico e laico. Sarebbe deplorevole che, in avvenire, dovessero ancora essere eretti monumenti vergognosi come la stele di Von Ketteler. Quale strada prenderemo? E sarà quella buona?”.
Più tardi ,Chén Dúxiù modificò un po’il suo pensiero. In uno scritto del 1924, intitolato “I nostri due errori a proposito dei Boxer”, egli segnalò le ragioni di due giudizi errati della gente con riferimento ai Boxer.
“La gente” egli osservò "ha visto soltanto la xenofobia dei Boxer, ma non si è mai domandata quali fossero i motivi che avevano suscitato la loro avversione per gli stranieri. La gente, inoltre, non ha mai considerato che l'invasione della Cina da parte delle Grandi Potenze era diretta contro l'intera nazione, non contro pochi individui, e che l’aggressione violenta delle Grandi Potenze ha provocato la reazione violenta dei.Boxer. La rivolta dei Boxer è stata un atto di Resistenza. Questa Resistenza non si limita all’azione accidentale di pochi, ma rappresenta anche la coscienza e gli interessi dell'intera nazione.
Chén Dúxiù concludeva in questo modo:"Ho studiato la storia diplomatica e commerciale della Cina negli ultimi 80 anni e, tirando le somme, non posso giudicare negativamente la Ribellione dei Boxer. Essa è stata un tragico preludio alla storia della rivoluzione nazionale cinese".
Anche Sūn Zhōngshān(108) condannò severamente, in un primo momento, i difetti dei Boxer. Più tardi, tuttavia, pur continuando a criticare le debolezze del Movimento, non mancò di valutarne in modo positivo la resistenza all’aggressione straniera.
Nella “Proposta di convocare un’Assemblea Nazionale per porre rimedio alla situazione di disordine interno della Cina”(109), egli scrisse infatti quanto segue: “ Nel caso della Ribellione dei Boxer, i Cinesi hanno effettivamente sacrificato le loro vite per lottare contro le ingerenze esterne. Sebbene le potenze straniere abbiano sconfitto la Cina con i loro fucili ed i loro cannoni, si sono rese conto che non potevano calpestare la volontà del popolo cinese. Dopo essersi spartita tra di loro la Cina per breve tempo, hanno capito che non sarebbe stato facile controllare direttamente questo paese ed hanno perciò rinunciato ai loro piani, tentando invece di raggiungere un risultato analogo con la collaborazione degli stessi Cinesi”.
Più tardi, nella “Proposta di dichiarare il 7 settembre 1901 giorno da commemorare come data dell'umiliazione nazionale" (110), egli sottolineò che ”sebbene i Boxer avessero gravi difetti, essi erano di gran lunga migliori della combriccola di presuntuosi e furbi eunuchi e di perfidi traditori che, dopo i fatti dell’anno 1900, firmarono il Trattato di Xīnchŏu. Eppure questa gente rideva dell’arretratezza dei Boxer. Pfui! Se i Boxer erano dei barbari, loro erano ancor peggio delle scimmie”.
Nel 1955, a Pechino, in occasione del ricevimento di benvenuto offerto ad una delegazione della Germania Est formata da rappresentanti di tutti i ceti sociali, il Primo Ministro della Repubblica Democratica Tedesca Otto Grotewohl restituì al suo collega cinese Zhōu’ Ēnlái una bandiera presa ai Boxer dalle truppe tedesche durante la spedizione del1900. Il compagno Zhōu’ Ēnlái in seguito sottolineò: "Il Movimento dei Boxer nel 1900 fu una manifestazione della tenace resistenza del popolo cinese all'aggressione imperialista. La sua lotta eroica fu una delle pietre miliari della grande vittoria del popolo cinese 50 anni dopo."
Anche fuori dalla Cina ci fu chi simpatizzò con i Boxer.
In un suo articolo intitolato " La Guerra in Cina", Lenin( 111) criticò coloro i quali sostenevano che i Boxer erano mossi dall'"ostilità della razza gialla verso i bianchi" e "dall'odio dei Cinesi per la cultura e la civiltà europee".
"Non è vero " egli obiettò" che il popolo cinese odia i popoli europei. In realtà, non c'è alcun conflitto tra i popoli. I Cinesi odiano i capitalisti europei e i governi europei che li seguono al guinzaglio. Odiano gli avventurieri che si recano in Cina soltanto per fare fortuna, le cosiddette "persone civili" che invocano la loro pretesa civiltà per ingannare, depredare ed uccidere, gli affaristi che hanno fatto la guerra alla Cina per avere il diritto di vendere l'oppio che avvelena il popolo (ricordiamo la spedizione anglo-francese del 1856), i missionari che hanno predicato astruse dottrine per coprire una politica di saccheggi. Come potrebbero i Cinesi non odiare tutti costoro?"
Lenin proseguiva condannando " i governi europei (il governo russo per primo) che hanno cominciato a spartirsi la Cina, anche se, in un primo momento, non hanno osato farlo apertamente, ma hanno agito di soppiatto, come ladri. Hanno derubato la Cina come se stessero depredando un morto. Quando questo Stato, che credevano inerte, ha tentato di resistere, si sono gettati su di lui come bestie feroci, uccidendo la gente, bruciando i villaggi, gettandone gli abitanti nel fiume Amur per farli annegare, sparando su uomini disarmati, sulle loro mogli e sui loro figli, prendendoli a sciabolate e a colpi di baionetta. E mentre questi "Cristiani" svolgevano una così "nobile missione", denunciavano con alte strida i "barbari Cinesi" che osavano attaccare i rappresentanti della "civiltà europea"".
Lo scrittore americano Mark Twain disse in un discorso: "Se gli stranieri possono fare a meno dei Cinesi, non vedo perché i Cinesi non possano fare a meno degli stranieri. Di conseguenza, sto dalla parte dei Boxer, che sono semplicemente dei patrioti. perché amano il loro paese più delle altre nazioni, e gli auguro di raggiungere il loro obiettivo, che è quello di mandarci via dalla Cina. Mi sento anch'io un Boxer, perché anch'io sono contrario a qualsiasi ingerenza straniera negli affari del mio paese."
Un uomo che ebbe esperienza diretta dei Boxer, Sir Robert Hart, cittadino britannico che svolgeva le funzioni di Ispettore Generale delle Dogane Marittime Cinesi,emise su di essi un giudizio approfondito.
“ Il movimento dei Boxer” egli scrisse” ha senza dubbio goduto del sostegno delle autorità, ma ha saputo conquistare l’immaginazione delle masse e si diffonderà come un incendio in tutta la Cina. In poche parole, è un movimento essenzialmente patriottico, di origine spontanea, che intende ridare prosperità al paese. Il suo obiettivo dichiarato è quello di ottenere, usando la forza, l’espulsione degli stranieri e la cacciata dei missionari che predicano una religione forestiera. I suoi primi tentativi in questo senso non hanno avuto molto successo.Tuttavia non si può parlare di un fiasco, se si considera questa rivolta come un test che permette di saggiare le possibilità d’azione spontanea del popolo o come un primo esperimento di possibili scelte future. Io credo che, un giorno, il popolo cinese riuscirà a conseguire l’autodeterminazione e l’autonomia nazionale e a cacciare gli stranieri Ci sarebbero soltanto due modi di ritardare il processo di risveglio del sentimento nazionale: uno di essi sarebbe di favorire le tendenze anticentraliste e particolaristiche che esistono nel paese (112); l'altro consisterebbe in una "diffusione miracolosa del Cristianesimo".
Sir Robert Hart formulò altresì una previsione:
“Tra cinquant’anni anni, ci saranno milioni di uomini armati, inquadrati in dense formazioni e perfettamente equipaggiati, che attenderanno gli ordini del governo cinese. Non c'è alcun dubbio in proposito! Se continuerà ad esistere un governo cinese, esso incoraggerà - ed è giusto che lo faccia-, sosterrà e svilupperà questo movimento patriottico. È vero che un tale movimento è di cattivo auspicio per il resto del mondo, ma la Cina ha il pieno diritto di sostenerlo e riuscirà ad attuare, presto o tardi, il suo piano di risveglio nazionale. "
Valutazioni negative della rivolta dei Boxer
Ecco le più importanti prese di posizione a questo riguardo.
Cài Yuánpéi (113) affermò nel 1916 quanto segue: “La rivolta dei Boxer, che può essere definita come un’insurrezione di natura reazionaria, fu fomentata dal governo manciù, perché l’imperatrice vedova Cíxī odiava gli stranieri a causa dei tentativi di riforma dell’imperatore Guāngxù da essi favoriti.”(cfr. Atti dell’Istituto Cinese di Tecnologia).
Lo studioso Wáng Zhìzhōng (114) pubblicò un saggio intitolato “L’oscurantismo feudale e il movimento dei Boxer” in cui definiva i Boxer un movimento “reazionario e xenofobo”. Tale giudizio suscitò importanti reazioni e gli argomenti e le tesi di Wáng Zhìzhōng furono ampiamente citati e discussi.
Si ritiene che i Boxer abbiano ucciso non soltanto degli stranieri innocenti, ma anche molti civili cinesi (in numero assai più elevato di quello dei cittadini stranieri e dei missionari che furono vittime della loro violenza). Non contenti di eliminare gli stranieri e i missionari, essi avrebbero anche voluto assassinare l’imperatore Guāngxù (che in un loro famoso slogan era indicato come “il drago”), gli alti dignitari Lǐ Hóngzhāng e Yì Kuāng( 115) (indicati come “le due tigri”) ed un gran numero di funzionari (indicati come “le trecento pecore”).
Non v’è dubbio che, da questo punto di vista, il comportamento dei Boxer fosse davvero barbaro e brutale.
I Boxer, che la Corte imperiale considerò come i propri salvatori, furono, in realtà, un gruppo estremamente eterogeneo. Mancò loro una vera organizzazione e i loro capi non furono mai molto di più che dei capibanda. Si vantavano di padroneggiare incantesimi e magie, che avrebbero potuto salvare il mondo, ma si vide presto che, a parte la loro efficacia propagandistica, incantesimi e magie potevano assai poco contro i fucili e i cannoni delle truppe straniere. La loro organizzazione femminile, le “Lanterne Rosse”, di cui si favoleggia, in realtà non esisteva. È soltanto una leggenda, creata da alcune persone piene di fantasia, che attribuirono alle “Lanterne Rosse” addirittura delle azioni di “commando” nelle capitali della Russia e del Giappone.
Per convincere la gente dei loro poteri magici, i Boxer fecero ricorso a tutte le loro - scarse- conoscenze di magia, mitologia, storia e letteratura, prendendo a prestito da questa riserva tutti i personaggi veri o leggendari di cui avevano bisogno, da Guān Yŭ e Zhāng Fēi fino a Wùkōng Bā.(116)
I loro incantesimi ebbero naturalmente un effetto assai ridotto negli scontri che li opposero alle truppe dell’Alleanza delle Otto Nazioni.
Decine di migliaia di uomini armati non riuscirono nemmeno a prendere, dopo due mesi di assedio, la cattedrale cattolica di Pechino difesa da qualche decina di soldati occidentali.
La maggior parte delle vittorie attribuite ai Boxer in numerosi studi storici furono in realtà ottenute dall’esercito regolare.
I Boxer, convinti dell’efficacia dei loro incantesimi, mostrarono grande coraggio, ma ciò non servì loro a nulla. Affrontarono le forze alleate e si sacrificarono in gran numero, ma non costituirono mai una seria minaccia per le truppe dell’Alleanza delle Otto Nazioni.
Quando la rivolta fallì, furono usati dal governo manciù come capri espiatori.
La rivolta dei Boxer fu un avvenimento traumatico che segnò un’epoca e di cui non si è più parlato per lungo tempo. I Boxer ,infatti, non soltanto si opponevano in modo assoluto ai riformisti come Kāng, Liáng e l’imperatore Guāngxù, ma erano anche ferocemente ostili ai funzionari filoccidentali, ai cittadini che compravano prodotti stranieri e ai seguaci di religioni straniere, che cercavano, quando potevano, di eliminare con la violenza.
Valutazioni neutrali della Rivolta dei Boxer
Nel suo “Compendio di Storia Cinese”, Bó Yáng (117), storico di Tàiwān, riconosce che, in una prima fase, il movimento dei Boxer si opponeva spontaneamente “agli stranieri e ai loro collaboratori cinesi”, ma ammette che esso assunse in seguito aspetti “deteriori”.
Opere letterarie ispirate alla Rivolta dei Boxer
Romanzi
Féng Jìcái: “La sferza”
Mò Yán :"Il supplizio del lengo di sandalo"
Liáng Yŭshēng: “La lotta del drago e della tigre a Pechino”
Bào Cháng: “L’uragano dell’anno Gēngzi”.
Narrativa
Dàn Tiánfāng : “La grande vittoria di Lángfáng”
Teatro
Opera di Pechino: “Le Lanterne Rosse”
Lăo Shĕ: “I Boxer degli Spiriti”
Fumetti
Osamu Tezuka: “Un mandala”, “Le tre donne dei tempi difficili”(118)
(segue)
NOTE
1) Ho reso mediante il termine “Boxer”, impiegato dalla stampa occidentale all’epoca degli avvenimenti e rimasto poi nell’uso, l’espressione “yìhéquán” 義和拳 cioè i “Pugni della Giustizia e della Concordia ”, con la quale questi gruppi xenofobi si autodesignavano in Cina. Il termine “pugni” si riferiva alle arti marziali (dette, a quel tempo, “boxe cinese”) praticate dai seguaci del movimento, i quali vennero definiti con la parola inglese “boxer”.
2) L’espressione fa riferimento al periodo in cui il movimento si diffuse nello Shāndōng nord-occidentale.
3) L`idea della "possessione divina", cioè la convinzione che un individuo, cadendo in "trance", potesse essere posseduto da uno spirito, che penetrava nel suo corpo e se ne impadroniva conferendogli qualità sovrannaturali come un` immensa forza fisica e l'invulnerabilità, era diffusa tra le società d’arti marziali dello Shāndōng nord-occidentale, che avevano una impronta più religiosa ed i cui membri erano perciò chiamati "Boxer degli Spiriti" ( 神拳 "shéngquán"). Il rituale attraverso cui era possibile conseguire l´invulnerabilità prevedeva la prostrazione dinanzi alla divinità, la recita di formule magiche e l´ingestione delle ceneri di foglietti bruciati dopo che vi erano stati scritti sopra degli incantesimi.
4) La venerazione religiosa dei Boxer per personaggi delle opere e dei racconti popolari, quali Liú Bèi e Guān Yŭ,
da essi equiparati a vere divinità, fu, a suo tempo, ridicolizzata dagli Occidentali. Alcuni studiosi ne danno però una spiegazione razionale, osservando che quei personaggi quasi leggendari erano da secoli i protagonisti delle rappresentazioni teatrali che si svolgevano nei villaggi in occasione delle feste religiose e che erano praticamente l’unica distrazione dei contadini nel corso dell’anno. La loro connessione, da epoche immemorabili, con il momento dell’omaggio agli dei poteva facilmente condurre ad assimilarli a questi ultimi.
5) La “Setta del Loto Bianco” (白蓮敎 “báilián jiào”) era un’antica setta buddhista, le cui prime tracce risalgono alla fine del tredicesimo secolo d.C. Essa ispirò, nel corso dei secoli, numerose insurrezioni contro il potere costituito. Il suo effettivo collegamento con la ribellione dei Boxer è discutibile, perché le autorità governative tendevano ad attribuire a tale setta qualsiasi rivolta che si richiamasse a principi millenaristici e che facesse ricorso a pratiche magiche.
6) La “Società della Grande Spada” (大刀会 "dà dāo huì") era una milizia contadina di autodifesa sorta nello Shāndōng orientale per sopperire alla manifesta incapacità del governo di garantire ordine e sicurezza nelle campagne. I suoi membri praticavano tecniche di arti marziali accompagnate dall’esecuzione di pratiche magiche e dalla recita di incantesimi.
7) La pratica conosciuta come “Armatura della Campana Dorata” ( 金钟罩 "jīn zhōng zhào" ) consisteva nel bruciare fogli su cui erano stati scritti degli incantesimi e nelll’ingoiarne in seguito le ceneri. Nella credenza degli adepti, essa avrebbe dovuto garantir loro l’invulnerabilità contro qualsiasi arma, comprese le armi da fuoco.
8) In un rapporto redatto dalle autorità governative con riferimento ai primi disordini causati nel 1899 dai Boxer è scritto che questi ultimi si definivano “ Gruppi della Giustizia e della Concordia” (義和團 “yìhétuán”), denominazione che fu poi sostituita nel 1899 da “Pugni della Giustizia e della Concordia”( 義和拳 “yìhéquán”).
9) L’espressione “Pugni dei Boccioli di Prugno” (梅花拳 “méihuāquán”) compare nel 1898, ma non risulta più usata in seguito. Essa indica, in senso proprio, numerose scuole di arti marziali che fiorivano in quel periodo nella Cina settentrionale.Non esistono tuttavia prove concrete che il movimento dei Boxer si sia sviluppato a partire da queste scuole.
10) Da una ricerca su Internet risulta che la “Banda dell’Ascia”( 斧頭幫 “fŭtóu bāng”) è un’organizzazione criminale creata nel 1921 a Shànghăi. Non è chiaro se un’organizzazione con questo nome esistesse in precedenza e come, in caso affermativo, si potesse ricollegare ai Boxer.
11) La “Banda Verde”( 青幫“ qīng bāng”), sorta negli anni 1727-1729 tra i lavoratori dei trasporti e della navigazione fluviale come società di mutuo soccorso, fu in seguito dichiarata illegale dalle autorità governative e fu quindi costretta ad operare nella clandestinità. È ben possibile che molti dei suoi membri aderissero al movimento dei Boxer, ma non v’è alcuna prova che la società fosse all’origine del movimento stesso.
12) La “Grande Famiglia” (洪門 “hóng mén”) era una delle espressioni usate per indicare la “Società del Cielo e della Terra” (天地會 ”tiāndìhuì”) società segreta antimanciù sorta nella scia della Setta del Loto Bianco.
13) Erano detti “Fratelli con la Tunica” (袍哥 “páo gē”) i membri di una società segreta diffusa tra i contadini poveri del Sìchuān e dei territori situati al confine tra il Húnán e lo Shānxī. Non vi è ragione di collegarli ai Boxer già per il fatto che le zone in cui operavano non furono in alcun modo interessate dalla sollevazione degli anni 1899-1900.
14) È evidente che conclusioni più chiare circa l’origine del movimento dei Boxer potrebbero risultare soltanto da una ricerca particolarmente ampia ed approfondita.
15) Ulteriori “concessioni” furono accordate alle Potenze occidentali nonché al Giappone in seguito alla guerra sino-giapponese degli anni 1894-1895.
La Gran-Bretagna, la Francia, la Russia, la Germania e il Giappone ottennero tutti una una “concessione” nella città di Hànkŏu 漢口, oggi parte della città di Wŭhàn 武漢 nel Húbĕi 湖北.
Inoltre la Gran Bretagna ottenne Kowloon (九龍 "jiǔlóng"), di fronte ad Hong Kong, la Francia Guăngzhōuwān 廣州灣 nel Guăngdōng 廣東, , la Russia Port Arthur, la Germania Kiautschou (膠州 "jiāozhōu") nello Shāndōng e un quartiere della città di Tiānjīn 天津.
16) In conseguenza della guerra sino-giapponese, da cui il Celeste Impero uscì ulteriormente indebolito, molti Stati occidentali e il Giappone rivendicarono una propria esclusiva “sfera di influenza” in Cina.
La Francia ottenne una sfera d’influenza nella Cina sud-occidentale (Yúnnán 雲南 e parti del Guăngxī 廣西 e del Guăngdōng 廣東).
La Germania pretese il controllo esclusivo degli investimenti, delle attività minerarie e delle linee ferroviarie nello Shāndōng, mentre la Russia assumeva un analogo controllo su tutte le regioni a nord della Grande Muraglia.
Il Giappone ricevette, come sfera d’influenza, la provincia del Fújiàn 福建.
La Gran Bretagna ebbe invece il controllo economico di tutta la valle del Fiume Azzurro più le province del Hénán 河南 e del Zhèjiāng 浙江 .
Gli unici paesi che non parteciparono a questa spartizione furono gli Stati Uniti, che protestarono decisamente contro il sistema delle “sfere d’influenza” in nome della libertà di commercio e del pieno diritto di ogni Stato di accedere liberamente ad ogni parte del mercato cinese, e l’Italia, la cui richiesta di una sfera d’influenza nella provincia del Zhèjiāng non fu presa in considerazione dal governo cinese.
17) Il termine si spiega con il fatto che i Boxer si riunivano il più delle volte nel tempio del villaggio. Anche le altre espressioni sembrano riferirsi ai luoghi di riunione dei gruppi che potevano essere una casa, una capanna, un magazzino, una sala comune o il locale delle adunanze di una corporazione.
18) "Kăn" 坎 era uno degli otto trigrammi (八卦 “bāguá”), i cui nomi erano usati per designare i diversi reggimenti dei Boxer.
19) Gli otto trigrammi (八卦 “bāguá”) sono simboli, composti ciascuno da tre linee sovrapposte, che rappresentano, partendo, dalla più alta il cielo, la terra e l’uomo. Tali linee possono essere, a loro volta, intere o spezzate.Le prime rappresentano il principio maschile (阳 “yáng”), le seconde il principio “femminile (阴 “yīn”). Secondo il Libro dei Mutamenti (易經 “yi jīng”) gli otto trigrammi forniscono, nel loro insieme, lo schema metafisico dell’universo. Essi sono ricollegati , nell’ordine alle idee di Sensazione, Pensiero, Sentimento, Volontà, Corpo, Anima, Spirito e Coscienza. I loro nomi sono i seguenti: (坤) Kūn (巽) Lí (離) Duì (兌) Gén (艮) Kăn (坎) Zhèn (震) e Qián (乾).
20) Contrariamente ai Tàipíng, che avevano creato una struttura fortemente gerarchizzata, i Boxer partivano dall’idea di un’associazione che ponesse tutti I membri sullo stesso piano senza distinguere tra capi e gregari, in quanto tutti gli adepti beneficiavano in egual modo della "possessione divina". La mancanza di una solida catena di comando influiva però negativamente sulla loro capacità d'azione e sulla loro efficienza militare.
21) La "Cronaca di Tiānjīn" (天津记 "Tiānjīn jì"), il cui autore è rimasto anonimo, descrive gli avvenimenti del periodo che va dalle prime manifestazioni del movimento dei Boxer in Tiānjīn alla conquista della città da parte delle truppe delle Grandi Potenze.
22) Secondo la enciclopedia on line “Băidù Bǎikē”( 百度 百科) il termine 直北 (“zhìbĕi”) è un equivalente di 正北 (“zhèng bĕi”). Esso dovrebbe quindi designare le zone situate immediatamente a nord della capitale.
23) La terminologia usata in questo articolo riflette le oscillazioni delle autorità per quanto riguarda l’atteggiamento da tenere nei confronti dei Boxer. A seconda dei momenti e delle circostanze essi furono infatti considerati ora banditi, ora ausiliari del governo. L’intervento delle Potenze occidentali indusse infine le autorità cinesi a classificarli definitivamente come banditi e ribelli.
24) Láizhuò 涞涿 è un villaggio della contea di Láishuĭ 涞水 nel Hébĕi 河北 , provincia situata immediatamente a sud di Pechino. A quell' epoca, il Hébĕi faceva parte del Zhílì 直隸, una regione amministrativa che comprendeva anche il Liáoníng occidentale, il Hénán settentrionale, la Mongolia Interna, nonché le città di Pechino e di Tiānjīn.
25) Le perdite in vite umane causate dalla Rivolta dei Boxer sono stimate in più di 100.000 morti, tra i quali vanno contati circa 200 missionari e 32.000 convertiti cinesi.
26) Diego de Pantoja (1571-1618), gesuita di origine spagnola, fu inviato in Cina nel 1596 e accompagnò Matteo Ricci a Pechino nel 1601. Espulso dalla Cina nel 1617, si rifugiò a Macao dove morì. La sua tomba si trova a Macao ed è dunque inesatta l’informazione fornita dall’enciclopedia “Băidù Bǎikē” secondo cui sarebbe stata profanata dai Boxer.
27) Johann Adam Schall von Bell (1591-1666), gesuita di origine tedesca, fu inviato come missionario in Cina e si stabilì nel 1623 a Pechino, dove rimase sino alla morte. Operò per molti anni presso la Corte Imperiale in qualità di direttore dell’ufficio astronomico. In Cina assunse il nome di Tāng Ruòwàng 汤若望.
28) Ferdinand Verbiest(1623-1688), gesuita di origine fiamminga, fu astronomo e matematico di corte all’epoca dell’imperatore Kāngxī. In Cina assunse il nome di Nán Huáirén 南怀仁.
29) Johann Baptist Anzer (1851-1903), missionario tedesco, esercitò le funzioni di vicario apostolico nello Shāndōng Meridionale.Nel 1897 sollecitò dal Kaiser un intervento militare a difesa della vita e dell’azione dei missionari tedeschi nello Shāndōng.
30) Era giusto e comprensibile che i missionari occidentali si dessero da fare per rafforzare le strutture della Chiesa nei territori di missione, promuovere le conversioni ed aiutare i loro fedeli anche nelle questioni di carattere materiale. Essi non si rendevano però conto di abusare di condizioni di privilegio che rendevano la loro azione particolarmente odiosa per i non cristiani. Anche se non espressamente menzionata, la possibilità di un intervento diplomatico, o addirittura militare, da parte delle Potenze occidentali giocava infatti pesantemente in favore dell’accoglimento delle loro richieste da parte delle autorità cinesi. In qualsiasi controversia civile che li opponesse ad una controparte cinese, la giurisdizione esclusiva dei consoli europei garantiva loro a priori le migliori probabilità di vincere la causa. In sede penale, poi, tale giurisdizione era praticamente una garanzia di immunità. L’intervento sistematico dei missionari in favore dei fedeli che si trovassero immischiati in dispute con i “pagani” faceva inoltre ricadere anche sui convertiti il risentimento che molti provavano nei confronti dei missionari.
31) Yì Xīn 奕訢 (1833-1898), meglio conosciuto come Principe Gōng 恭親王, svolse un ruolo di grande rilievo nella vita politica cinese della seconda metà del 19° secolo. Figlio dell’imperatore Dàoguāng 道光帝 e fratellastro dell’imperatore Xiánfēng 咸豐帝, era considerato una persona particolarmente brillante e, ad un certo momento, si era addirittura prospettata la possibilità che potesse succedere al padre sebbene non ne fosse il primogenito. Nel 1860 negoziò con gli Anglo-Francesi la Convenzione di Pechino. Nel 1861, dopo la morte dell’imperatore Xiánfēng mise in atto con l’imperatrice vedova Cíxī il colpo di stato che esautorò il Consiglio di Reggenza. Svolse le funzioni di Principe Reggente dal 1861 al 1865, ma conservò una certa influenza anche in seguito, pur essendo stato allontanato, ad un certo momento, dagli incarichi più importanti. Favorì sviluppo dei rapporti con le Potenze occidentali e la modernizzazione del paese.
32) È comprensibile che le autorità cinesi, timorose di possibili interventi diplomatici e militari delle Potenze occidentali, adottassero sistematicamente provvedimenti favorevoli ai Cristiani sia in materia amministrativa, sia in materia processuale, laddove la competenza già non appartenesse alla giurisdizione consolare.
33) In seguito all’uccisione di due missionari tedeschi a Jùyé nello Shāndōng, avvenuta nella notte del 1° novembre 1897 ad opera di una banda di uomini armati, presumibilmente appartenenti alla Società della Grande Spada, alcune navi militari tedesche che incrociavano nella zona fecero sbarcare il 14 novembre 1898 a Jiāozhōu reparti militari che occuparono con la forza la città.
Con un trattato del 6 marzo 1898, il governo cinese fu costretto a concedere in affitto per 99 anni alla Germania la città e il porto di Jiāozhōu, a destituire numerosi alti funzionari dello Shāndōng fra cui il governatore della provincia, a far costruire a proprie spese tre nuove chiese cattoliche, a finanziare la fortificazione degli edifici delle missioni nonché a pagare alla missione di Jùyé un risarcimento di 3.000 tael.
34) Il termine 练军 (liàn jūn) significa, approssimativamente “battaglione di addestramento”.Nella seconda metà del XIX° secolo, infatti, vedendo la pessima prova fornita dalle forze dell´Armata Verde durante le guerre dell’oppio, il governo cinese istituì nelle varie province “scuole di addestramento”, che avrebbero dovuto formare soldati disciplinati e avvezzi all’uso delle armi moderne. I risultati furono tuttavia piuttosto modesti.
35) Zhuōzhōu 涿州 è una città situata al centro della provincia del Hébĕi, nel triangolo formato da Pechino, Tiānjīn e Băodìng.
36) Alphonse Favier (1837-1905), missionario lazzarista, inviato in Cina nel 1862, divenne il 13 aprile 1899 vicario apostolico del Zhîlí, la regione a cui apparteneva la città di Pechino. Aiutato da un piccolo contingente di 41 marinai, francesi e italiani, difese la cattedrale di Pechino, in cui si erano rifugiate circa 3.900 persone, nella loro stragrande maggioranza convertiti cinesi. L'assedio della cattedrale durò dal 14 giugno 1900 al 16 agosto 1900, quando i Boxer furono messi in fuga dal corpo di spedizione internazionale.
37) È conosciuta come "Quartiere delle Legazioni" la zona di abitazioni in cui si raggruppò dal 1861 al 1949 l'insieme delle rappresentanze diplomatiche a Pechino. Tale zona fu scelta perché vi era installato lo "Zōnglĭ Yámén" 總理衙門, che era allora l'equivalente cinese di un Ministero degli Affari Esteri. Essa era situata immediatamente ad est della piazza Tiānānmén 天安門. Nel 1900 erano presenti 11 "legazioni": Regno Unito, Francia, Germania, Giappone, Russia, Italia, Spagna, Austria-Ungheria, Belgio, Paesi Bassi e Stati Uniti d' America.
38) L'ammiraglio Edward Seymour (1840-1929), comandante della China Station (la flotta britannica che controllava le coste della Cina), guidò verso Pechino, nel giugno del 1900, una spedizione di soccorso internazionale composta da circa 2.000 marinai e fanti di marina. Attaccato più volte dapprima dai Boxer e in seguito dalle truppe cinesi, dovette ripiegare su Tiānjīn.
39) Le “truppe della guardia” ( 武衛軍 “wŭwèi jūn”) erano un corpo militare creato nel 1899 allo scopo di modernizzare, almeno in parte, l’esercito cinese. Tale corpo era costituito da cinque divisioni chiamate, secondo la tradizione: Avanguardia, Ala Destra, Ala Sinistra, Centro e Retroguardia. La retroguardia, composta dai soldati di fede musulmana che avevano costituito in precedenza l’Armata del Gānsū (甘軍 “gānsū jūn”) era comandata dal generale Dŏng Fúxiáng 董福祥 (1839-1908)
40) Poiché la distanza tra Pechino e Tiānjīn non supera i cento chilometri, l´arrivo a Pechino delle truppe dell'ammiraglio Seymour che erano partite in treno da Tiānjīn nella giornata del 10 giugno 1900 era atteso, al più tardi per l'11 giugno. In realtà, i binari erano statio divelti dai Boxer su gran parte della linea ferroviaria e Seymour costretto a procedere a piedi e contrastato sia dai Boxer sia, più tardi, dall'esercito cinese, non giunse mai a Pechino.
41) Il ministro Zhào Shūqiào 赵舒翘 (1847-1901), che aveva proposto al governo cinese di adottare un atteggiamento favorevole ai Boxer, fuggì a Xī ‘ān 西安 con ‘imperatrice Cíxī quando Pechino fu occupata dalle truppe del Corpo di spedizione occidentale. Le Potenze, che lo ritenevano responsabile di aver favorito la ribellione xenofoba, ne pretesero la condanna a morte. Si suicidò, per ordine imperiale, il 21 febbraio 1901.
42) Zài Yī 载漪, cugino dell’imperatore Guăngxù 光绪, sostenne, anche lui, il movimento dei Boxer. Sebbene gli Occidentali ne avessero richiesto la condanna a morte, riuscì a salvarsi, grazie alla sua qualità di membro della famiglia imperiale, e fu punito con l’esilio nella lontana regione del Xīnjiăng 新疆.
43) Secondo alcune fonti Von Ketteler il mattino dell’11 giugno 1900, avrebbe preso a pugni un cinese che, mentre trainava un carretto, aveva fatto un gesto minaccioso verso di lui. Il cinese sarebbe fuggito, abbandonando il carretto sul quale si trovava un ragazzino di una decina d’anni. Von Ketteler avrebbe trascinato il ragazzo all’interno della legazione tedesca, lo avrebbe percosso e poi, in un accesso di furore incontrollato, gli avrebbe sparato un colpo di pistola. Questo gesto inconsulto avrebbe immediatamente provocato una serie di violente rappresaglie con numerosi attacchi contro chiese, missionari e convertiti cinesi.
44) La "città interna di Pechino (内 城 “nèichéng”) , che aveva al proprio centro il Palazzo Imperiale, era circondata da una cerchia di mura in cui si aprivano sei porte. Sotto la dinastia Qīng 清 朝 , questa parte della città era abitata esclusivamente dai Manciú ed era perciò chiamata la “città mancese”, mentre la Città Esterna (外 成 “wàichéng”), situata più a sud, era conosciuta come la “città cinese”.
45) Ēn Hǎi 恩海 (1876-1900), ufficiale dell’esercito manciù, uccise il 20 giugno 1900, il capo della legazione tedesca Von Ketteler, che, imprudentemente, era uscito dalla sua residenza senza scorta. Arrestato dopo l’occupazione di Pechino da parte degli Occidentali, fu giustiziato, mediante decapitazione, il 31 dicembre 1900.
46) Xŭ Jĭng Chèng 許景澄 (1845-1900), diplomatico e uomo politico cinese, aveva sostenuto nel 1898 la fallita riforma dei Cento Giorni. Nel giugno 1900, propose una soluzione diplomatica del conflitto con le Potenze e sconsigliò al governo imperiale di appoggiare i Boxer. Per aver definito, in un memoriale indirizzato all’imperatrice Cíxī, l’uccisione del diplomatico tedesco Von Ketteler come una “violazione senza precedenti del diritto internazionale”, fu accusato di sovversione, condannato a morte e giustiziato il 28 giugno 1900. Il Trattato di Xīnchōu del 7 novembre 1901 (generalmente conosciuto in Europa con la denominazione di “Protocollo dei Boxer”) ne impose la riabilitazione, che avvenne mediante decreto imperiale del 3 febbraio 1902. Con lui furono riabilitati anche gli altri quattro ministri che erano stati giustiziati per analoghe accuse.
47) I Forti di Dàgū (大沽口炮台 "dà gū kǒu pàotái") presso Tiānjīn furono bombardati da navi dell'Alleanza delle Otto Nazioni e conquistati, dopo un breve ma sanguinoso combattimento, il 17 giugno 1900. Nonostante i gravi disordini e i tumulti xenofobi che stavano avvenendo in Cina, non c'era "stato di guerra " tra le Potenze e il Celeste Impero. La conquista dei Forti di Dàgú eliminò, di certo, un importante ostacolo sulla via di Pechino, ma i suoi effetti immediati furono negativi. Essa provocò infatti:
- la dichiarazione di guerra da parte della Cina alle Potenze alleate;
- l'attacco dell'esercito cinese alla spedizione dell'ammiraglio Seymour,la cui avanzata era stata contrastata, sino a quel momento, soltanto dai Boxer;
- l'assedio del Quartiere delle Legazioni, che ebbe inizio il 20 giugno 1900.
48) Il Quartiere delle Legazioni era difeso da 409 soldati di varie nazionalità ed ospitava 473 civili stranieri (fra cui 275 uomini, 150 dei quali parteciparono più o meno attivamente ai combattimenti) e circa 2800 civili cinesi.
La cattedrale cattolica di Pechino era difesa da una quarantina di marinai, francesi e italiani, ed ospitava 33 preti, nonché circa 3900 cristiani cinesi.
Si calcola che, nell'estate del 190, i Boxer e l'esercito cinese potessero disporre in Pechino di una forza stimabile ad almeno 20.000 combattenti.
49) “Conversazioni sulla caccia in occidente dell’anno Gēngzi (庚子西狩丛谈 “Gēngzi xīshòu cóngtán “) è un libro di memorie scritto nel 1928 da Wú Yǒng 吴永 , che nell’agosto del 1900 era magistrato a Huáilái 怀来 nel Hèbĕi, dove accolse la Corte imperiale in fuga da Pechino, e che ebbe, allora ed in seguito, occasione di parlare e di collaborare con molti dei protagonisti di quegli avvenimenti.
50) Yángcūn 杨村 è un villaggio del Hébĕi 河北 , situato a nord di Băodìng 保定 sulla strada che conduce da Tiānjīn a Pechino, dove più tardi le truppe alleate conseguirono una importante vittoria sull’esercito cinese.
51) Il generale Niè Shìchéng 聂士成 (1836-1900) fu un accanito oppositore dei Boxer, contro i quali condusse numerose offensive, infliggendo loro gravi perdite. Cercò tuttavia anche di contrastare l'intervento dell'Alleanza delle Otto Nazioni e fu ucciso il 9 luglio1900 a Tiānjīn in uno scontro con i soldati russi del Corpo di Spedizione internazionale.
52) Lángfáng 廊坊 è una città del Hébĕi 河北 , situata approssimativamente a metà strada fra Tiānjīn e Pechino. Vi si svolse, il 18 giugno 1900, una battaglia, in seguito alla quale il corpo di spedizione dell’ammiraglio Seymour, pur avendo inflitto forti perdite al nemico, fu costretto a ripiegare verso Tiānjīn.
53) Luō Róngguāng 罗荣光 (1833-1900) era stato per 24 anni governatore militare della regione di Tiānjīn ed aveva dedicato tutte le proprie energie al rafforzamento delle difese dei Forti di Dàgū. Nominato nella primavera del 1900 comandante delle forze navali della regione di Kashgar nel Xīnjāng, rinunciò a prendere possesso delle nuove funzioni per poter rimanere a Tiānjīn ed affrontare l’atteso attacco delle truppe delle Otto Potenze.
54) Zǐzhúlín 紫竹林 è un villaggio situato nei sobborghi di Tiānjīn, sulla riva occidentale del fiume Hăi, dove nel XIX° secolo furono installate la concessione britannica e la concessione tedesca. Durante la battaglia di Tiānjīn, nella prima metà di luglio 1900, l'esercito cinese bombardò Zǐzhúlín dal forte del battaglione della marina. Zhāng Déchéng guidò i Boxer all’attacco delle concessioni e riuscì momentaneamente a penetrarvi. La battaglia di Zǐzhúlín terminò il 14 luglio, quando le forze dell’Alleanza delle Otto Potenze occuparono la città di Tiānjīn. Durante i combattimenti, il prospero quartiere commerciale di Zǐzhúlín fu ridotto in cenere.
Lăolóngtóu 老龍頭, la località in cui la Grande Muraglia raggiunge il Mare di Bóhăi, fu teatro di un altro scontro.
55) I Giapponesi, che già avevano in Cina un contingente di 1.300 uomini sotto il comando del generale Fukushima Yasumasa, inviarono subito dopo l'8 luglio 1900 altri 2.500 soldati agli ordini del generale Yamaguchi Motoori. Il combattimento di Jìjiāzhuāng 纪家庄 avvenne mentre le truppe giapponesi marciavano su Tiānjīn.
56) Niè Shìchéng 聂士成 (1836-1900) era un militare di carriera che aveva combattuto nella guerra contro i Tàipíng (1851-1864) e nella guerra sino-giapponese (1894-1895).
Nel 1899 fu nominato comandante dell’ “Avanguardia” nel “Corpo della Guardia”, unità di nuova formazione con cui si intendeva modernizzare l’esercito cinese.
Accanito avversario dei Boxer, cui inflisse gravi perdite nei primi mesi del 1900, si oppose tuttavia anche alla spedizione militare delle Otto Potenze e fu ucciso in uno scontro con I soldati russi durante la battaglia di Tiānjīn (luglio 1900).
57) Il generale Mă Yùkūn 馬玉昆 (1838-1908) combattè nelle battaglie di Tiānjīn e di Bĕicāng alla testa di 3.000 uomini dell’”Ala Sinistra” del “Corpo della Guardia”.
58) Il generale Sòng Qìng 宋慶 (1820-1902), dal marzo 1899 comandante dell’”Ala Sinistra” del “Corpo della” Guardia ”, partecipò alle operazioni militari che si svolsero durante la rivolta dei Boxer ecombattè nella battaglia di Yángcūn contro il corpo di spedizione occidentale (agosto 1900).
59) Aderendo, il 26 giugno 1900, al "Patto di mutua assicurazione delle regioni del Sud-Est" ( 東南互保 " dōngnán hùbāo”), stipulato da Yú Liányuán con i consoli dei paesi occidentali, i governatori di numerose provincie della Cina orientale, centrale e meridionale dimostrarono chiaramente che non intendevano dare seguito alla dichiarazione di guerra emanata dal governo imperiale il 21 giugno 1900. Essi si mantennero infatti pienamente neutrali nel conflitto, assicurando le Potenze che non avrebbero compiuto atti ostili contro di esse e pregandole di non invadere le loro provincie qualsiasi cosa potesse accadere a Pechino e nelle provincie settentrionali. Alcuni di essi, come Yuán Shíkài, condussero inoltre una campagna di sterminio contro i Boxer. Politicamente, questo clamoroso episodio di disobbedienza al governo centrale segnò l’inizio della fine della dinastia manciù.
60) L' "Accordo di mutua assicurazione per il Fùjiàn”( 福建互保協定 "fújiàn hù bǎo xiédìng") fu concluso il 14 luglio 1900.
61) Il "Patto di mutua assicurazione delle regioni del Sud-Est" conteneva nove articoli.
62) La città di Tiĕlíng 铁岭 è situata nella provincia settentrionale del Liáoníng 铁岭.
63) L’invasione della Manciuria da parte di un corpo di spedizione russo composto di circa 100.000 uomini (soldati regolari e cosacchi) ebbe inizio nel giugno 1900. La guerra fu condotta con grande brutalità da entrambi i contendenti. Nel novembre 1900 i Russi avevano ormai occupato la maggior parte della Manciuria.
Molti villaggi cinesi furono distrutti e molti civili furono massacrati durante il conflitto.
Numerosi Cinesi e Manciù abitavano in sessantaquattro villaggi sulla riva sinistra del fiume Amur ( 江东六十四村 “jiāngdōng liùshísì cūn”), sotto sovranità russa dal 1858. Per rappresaglia contro attacchi di guerriglieri cinesi, il governatore russo li fece portare sulle rive dell’Amur dove furono gettati in acqua o abbattuti dai soldati. Un analogo massacro avvenne ad Hăilánpào 海兰泡 (in russo Blagoveshchensk). In queste ed altre stragi trovarono la morte, tra il 17 e il 21 luglio 1900, parecchie migliaia di persone.
64) Il termine 六和拳 (“liùhéquán”) si riferisce a gruppi di Boxer che praticavano un metodo di arti marziali conosciuto con il nome di “Liùhéquán”, cioè “boxe delle sei armonie”.
65) L’”Armata Leale” ( 忠义军 “zhōngyì jūn”) reclutò i suoi membri tra i contadini della Manciuria che volevano opporsi all’invasione russa. Agli inizi del 1901 raggiunse una forza di quasi 20.000 uomini ed impegnò le truppe russe in alcune sanguinose battaglie. Di fronte alla preponderanza numerica dei Russi dovette ripiegare su azioni di guerriglia e, a poco a poco, si disperse. Nell’estate del 1901 alcuni suoi contigenti confluirono nel “Liùhéquán”.
66) Bĕicāng è una località situata a circa 10 chilometri ad ovest di Tiānjīn. La battaglia di Bĕicāng (北仓之战 ”bĕicāng zhī zhàn”) fu combattuta il 5 agosto 1900, quando il corpo di spedizione alleato, forte di circa 20.000 uomini, affrontò una forza cinese di circa 10.000 combattenti. I Cinesi furono snidati dalle loro trincee da un attacco dei Giapponesi, che subirono forti perdite, e si ritirarono verso Yángcūn, un villaggio a circa venti chilometri di distanza sulla via di Pechino.
67) Lĭ Bĭngheng 李秉衡 (1830-1900), che comandò le truppe cinesi nella battaglia di Yángcūn, era stato tentato dal pensiero di aderire al patto di mutua assicurazione, ma in seguito guidò le sue truppe verso Pechino e si oppose fieramente all’avanzata degli Occidentali.
68) Héxīwù 河西務 è un porto fluviale sul Gran Canale della Cina, situato a non molta distanza da Tiānjīn. Il 25 luglio 1900 fu teatro di uno scontro tra le forze dell’Alleanza delle Otto Nazioni e l’esercito del Gānsū. L'autore dell'articolo confonde, molto probabilmente, la battaglia di Héxīwù con la battaglia di Yángcūn, che ebbe luogo il 6 agosto 1900.
69) La”Commissione per l’amministrazione della città di Pechino” si riunì, per la prima volta, il 12 ottobre 1900. Essa era composta da rappresentanti della Germania, del Giappone, della Gran Bretagna, dell’Italia, e degli Stati Uniti. La Commissione prese nota che la Francia non desiderava partecipare ai suoi lavori e che i Russi, “confinati nel distretto della loro legazione”,”non sarebbero stati consultati per nessuna decisione da prendere in merito all’amministrazione della città”.
70) Dopo aver preso Pechino, le truppe del corpo di spedizione alleato si abbandonarono, per alcune settimane, ad una serie impressionante di esecuzioni sommarie, uccisioni, stupri e saccheggi. I giornali europei ed americani attribuirono -non si sa con quanto fondamento- le peggiori violenze ai Russi ed ai Giapponesi, che erano generamente considerati, a quel tempo, come popoli meno civili. La brutalità dei soldati dell'Alleanza venne anche spiegata - per quanto possa valere una simile giustificazione- con il fatto che la Cina non aveva firmato la Convenzione dell'Aja del 1899 sul diritto di guerra e che gli altri Stati non erano quindi tenuti a rispettare nei suoi confronti le clausole di tale convenzione che vietavano certi atti considerati come crimini di guerra.
71) Bertram Lenox Simpson ( 1877-1930), giornalista britannico, si trovava in Cina durante la rivolta dei Boxer e l'assedio delle Legazioni e scrisse molti articoli sugli avvenimenti di quel periodo.
72) Wilbur J. Chamberlin, corrispondente del New York Sun, ed altri giornalisti accusarono Monsignor Alphonse Favier di aver partecipato ai saccheggi nonché di aver ricettato e venduto oggetti preziosi depredati in residenze e case private.
In risposta a queste accuse, il prelato sostenne.di aver agito in stato di necessità, prelevando cereali dai pubblici granai per nutrire le migliaia di fedeli che,dopo aver subito un assedio di due mesi da parte dei Boxer, erano rimasti senza cibo e vendendo molti oggetti di pregio trovati in palazzi abbandonati dai proprietari per soccorrere un gran numero di convertiti, privati in seguito alla guerra di qualsiasi risorsa finanziaria, ma di aver fatto poi detrarre il costo delle provviste dall'indennità di guerra imposta alla Cina e di aver rimborsato, per quanto possibile, le persone a cui erano stati sottratti determinati beni.
73) Alfred von Waldersee (1832-1904) fu "imposto" dal Kaiser Guglielmo II° come Comandante del Corpo di Spedizione in Cina, suscitando forti malumori tra gli altri membri dell'Alleanza delle Otto Nazioni.
Essendo stato nominato a tale incarico il 7 agosto 1900, potè giungere in Cina soltanto verso la metà del mese di ottobre, dopo che le truppe alleate, sotto il comando provvisorio del generale inglese Gaselee, avevano già sbaragliato i Cinesi (truppe regolari e Boxer) ed occupato Pechino.
Frustrato nelle sue ambizioni di gloria,Waldersee si consolò ordinando sanguinose spedizioni punitive in tutte le zone in cui veniva ancora segnalata la presenza di Boxer.
74) Yìkuāng 奕劻 (1838-1917), principe Qíng del primo rango 慶親王, assunse, durante la rivolta dei Boxer, una posizione moderata, non troppo ostile agli stranieri, e fu scelto in seguito per negoziare la pace con le Potenze.
75) Yèhènàlā· Nàtóng 叶赫那拉·那桐 (1856—1925), dignitario di origine manciù, svolse importanti incarichi sotto gli imperatori Guāngxù e Xuāntǒng.
76) Il "Protocollo dei Boxer" enumerava una serie di località tra Pechino e Shānhǎiguān 山海關, che le Potenze avrebbero potuto, se avessero voluto, presidiare con proprie truppe. Poiché Shānhǎiguān è situata sulla costa, presso Tiānjīn, gli Occidentali venivano così posti in grado di controllare la più rapida via d'accesso a Pechino.
77) Lo "Zǒnglǐ Yámén" 總理衙門, abbreviazione del termine “Zǒnglǐ gèguó shìwù yámén” 總理各國事務衙門, vale a dire “Ufficio per la trattazione degli affari di tutte le nazioni” era il collegio governativo incaricato della politica estera nella Cina imperiale durante gli ultimi anni della dinastia Qīng. Istituito dal principe Gōng l'11 marzo 1861, in seguito alla Convenzione di Pechino, fu abolito nel 1901 e sostituito dal Ministero degli Affari Esteri.
78) Liú Chéngxián (1881-1900), conosciuto anche come Liú il diciannovenne, organizzò il reggimento Boxer “Gān” a Gāojiāzhuāng nella periferia occidentale di Tiānjīn quando aveva 19 anni, e continuò a combattere anche dopo la caduta della città.
79) Si è visto in precedenza che le Lanterne Rosse erano le formazioni femminili dei Boxer. Qui non risulta tuttavia che Lĭ Gāngzhōng 李冈中 fosse una donna. Se non si tratta di un errore dell’articolista, bisogna quindi presumere che esistessero altri gruppi chiamati “Lanterne Rosse”, i quali non avevano nulla a che fare con i gruppi femminili summenzionati.
80) Jĭng Tíngbīn 景廷宾 (1861-1902) guidò, nel marzo 1902, una rivolta dei contadini della contea di Guăngzōng che si opponevano alle richieste di risarcimento avanzate nei loro confronti dai missionari cattolici per I danni subiti durante la sollevazione dei Boxer. La sollevazione si estese rapidamente. A maggio, tuttavia, i ribelli subirono una pesante disfatta in uno scontro con le truppe governative. Jĭng Tíngbīn si rifugiò nel Hénán con i resti delle sue forze, ma fu nuovamente sconfitto, catturato e messo a morte.
81) I nomi di giornalisti qui riportati non sono reperibili su Internet. Ritornerò sul tema se una ricerca più approfondita dovesse portare alla loro identificazione.
82) È comprensibile che pagare gli acquisti in moneta straniera o esigere un pagamento in tale moneta fosse da alcuni considerato molto più grave che fumare una sigaretta o leggere un giornale straniero. A differenza di questi ultimi comportamenti, l'uso della moneta straniera presuppone infatti il rifiuto della moneta nazionale ed è quindi segno di una completa sfiducia nelle istituzioni.
83) La “Camicia di Ferro”( 鐵衫 “tiĕ shān”) era una forma di arte marziale praticata da alcune sette religiose.
84) La “Via degli otto trigrammi”( (八卦道 “bāguàdào”) era una rete di sette religiose popolari molto diffusa nella Cina settentrionale. Creata durante la dinastia Míng nel XVII° secolo, fu duramente perseguitata sotto i Qīng, a causa di una sollevazione promossa da alcuni suoi affiliati nel 1813.
85) Zhāng Líng 张陵 (34 d.C.- 156d.C.), conosciuto come Zhāng il Maestro Celeste (張天師 Zhāng Tiānshī) fondò la setta taoista della "Via dei Maestri Celesti", nota anche come la "Via dei cinque sacchi di riso"..Secondo la leggenda non morì, ma ascese al Cielo con la moglie e due discepoli, ragion per cui è venerato dai fedeli taoisti come una divinità.
L’Imperatore di Giada (玉皇 “yù huáng” o 玉帝 “yù dì”), sovrano del Paradiso, è una delle maggiori divinità del pantheon taoista.
L’Antenato del Grande Equilibrio (鴻鈞老祖 “hóngjūn lăozŭ”) è una importante divinità della religione popolare cinese.
Lǚ Dòngbīn 呂洞賓, figura leggendaria, forse corrispondente ad uno studioso e alchimista vissuto all’epoca della dinastia Táng, è attualmente venerato come uno degli Otto Immortali (八仙”bāxiān”).
86) Striscie di carta gialla venivano ( e vengono tuttora) bruciate nelle cerimonie funebri. Questo rito che simboleggiava il legame tra il mondo dei viventi e l’otretomba, veniva sfruttato dai Boxer per convincere la gente che essi avevano un rapporto privilegiato con il mondo degli spiriti.
87) L’episodio può, almeno in parte, essere spiegato con il fatto che gran parte dei Boxer erano di origine contadina. All’avvicinarsi della stagione del raccolto, essi sentivano molto più forte il desiderio di tornare a casa per aiutare la famiglia in questa tradizionale attività degli agricoltori.
88) Lo slogan menzionato nel testo viene spesso interpretato nel senso che con la parola “drago” si intendeva l’Imperatore, con”due tigri” i principali ministri e con “trecento pecore” i dignitari di Corte e I funzionari dell’amministrazione imperiale. Va del resto ricordato che, nelle sue prime fasi, la sollevazione dei Boxer ebbe uno spiccato carattere antimanciù.
89) Il “Guówénbào”國聞報, giornale fondato negli ultimi anni del XIX° secolo a Tiānjīn era sponsorizzato dal governo giapponese e promuoveva l’idea di una collaborazione tra Cina e Giappone in funzione antioccidentale
90) Tàiwăn era stata ceduta al Giappone nel 1895 con il Trattato di Shimonoseki, dopo la sconfitta della Cina nella guerra sino-giapponese del 1894-1895.
91) La penisola del Liáodōng 遼東 separa il Golfo di Corea ad est dal Golfo di Bóhăi ad ovest. Fu ceduta al Giappone dopo la guerra sino-giapponese del 1894-1895, ma la Germania, la Francia e la Russia intervennero congiuntamente per indurre il Giappone a restituirla alla Cina. Nel 1898 I Russi riuscirono a farsi concedere in affitto per 25 anni l’intero Liáodōng. La piccola città di Lǚshùnkŏu 旅順口, allora conosciuta dagli Occidentali come Port Arthur, divenne un importante scalo navale russo e fu , in seguito, teatro di importanti operazioni militari durante la guerra russo-giapponese del 1904-1905.
92) La Politica della Porta Aperta si fondava sul concetto che nessuna Potenza dovesse reclamare privilegi, preferenze o monopoli nel commercio internazionale, in particolare nel commercio con i paesi africani ed asiatici. Con riferimento alla Cina, questa politica fu portata avanti in particolare dagli Stati Uniti d’America, che, con la cosiddetta “nota di Hay” (dal nome del Segretario di Stato americano John Hay, che la firmò) del 1898, chiesero formalmente alle altre Potenze di non procedere alla progettata spartizione della Cina o alla sua divisione in sfere di influenza esclusive. Le singole Potenze risposero che non potevano impegnarsi in tal senso finché un tale impegno non fosse stato sottoscritto da tutte le altre, cosicché la politica della porta aperta, seppure non contestata ufficialmente da alcuno Stato rimase in pratica lettera morta.
93) William W. Rockhill (1854-1914), diplomatico americano, fu segretario di legazione in Cina dal 1884 al 1887. Tra il 1888 e il 1889 e, successivamente, nel 1892 viaggiò in Mongolia e nel Tibet. Inviato speciale degli Stati Uniti a Pechino durante la rivolta dei Boxer, fu poi ministro plenipotenziario in Cina dal 1905 al 1909.
John Hay (1838-1905) , uomo politico americano, fu Segretario di Stato dal 1898 al 1905.
Sir Robert Hart (1835-1911), diplomatico britannico, svolse dal 1863 al 1911 le funzioni di Ispettore Generale delle Dogane Marittime cinesi,
94) Bertrand Russel (1872-1970), matematico, filosofo e uomo politico britannico, scrisse nel 1922 un saggio intitolato “The Problem of China”.
95) Fu chiamato “Movimento del 4 maggio” un movimento politico anticolonialista cinese che ebbe inizio con una grande manifestazione studentesca svoltasi a Pechino il 4 maggio 1919 per reclamare la restituzione dello Shāndōng, che il Trattato di pace di Versailles aveva attribuito al Giappone.
Ebbe invece il nome di “Movimento del 30 maggio” un movimento operaio ed antimperialista che ebbe origine con una serie di manifestazioni di protesta contro l’uccisione di alcuni dimostranti avvenuta, ad opera della polizia britannica, nella concessione internazionale di Shànghăi il 30 maggio 1925.
96) Táng Jūnyì 唐君毅 (1909-1978), filosofo cinese, fu un esponente del Neoconfucianesimo.
97) Il filosofo intende probabilmente riferirsi al fatto che il Taoismo, dopo aver goduto in molte epoche, ad esempio sotto la dinastia Táng, del favore imperiale, era caduto in disgrazia sotto la dinastia Qīng, che ne aveva osteggiato la diffusione con una serie di provvedimenti sfavorevoli, fra cui l’esclusione dei testi dottrinali taoisti dal catalogo della Biblioteca Imperiale creata nel XVIII° secolo.
98) Táng Dégāng 唐德剛 (1920-2009), studioso e docente universitario, insegnò storia cinese negli Stati Uniti presso la Columbia University e la City University di New York.
99) Tātălā Gānyì 刚毅 (1837-1900), alto dignitario manciù, si oppose nel 1898 alla Riforma dei Cento Giorni. Nel 1900 sostenne il movimento dei Boxer. Accompagnò l’imperatrice Cíxī nella sua fuga dalla capitale, quando Pechino fu occupata dalle truppe alleate, e morì di malattia poco tempo dopo.
100) L’estensore dell’articolo commette qui un errore, perché, se ho ben interpretato il complicato albero genealogico della famiglia imperiale manciù, gli Aisin Gioro ( cinese: 愛新覺羅 , “àixīnjuéluó”), solo tre dei quattro personaggi citati, per la precisione Zăilián 载濂, Zăilán 载澜 e Zăiyī 载漪 erano fratelli, in quanto erano rispettivamente il primogenito, il terzo figlio e il quinto figlio di Yícóng 奕誴, principe Dūn 惇親王 (1831-1889), quinto figlio dell’imperatore Dàoguāng 道光帝, che regnò dal 1820 al 1850.
Zăixún 载勋 era invece il secondo figlio di Yìrén 奕仁, principe Zhuāng (1824–1874), discendente di Yŭnlù 允祿 (1695–1767), sedicesimo figlio dell’imperatore Kāngxī 康熙, che regnò dal 1661 al 1722.
101) Aisin Gioro Pŭjùn 新觉罗·溥儁 (1885-1942), figlio del principe Zàiyì 载漪, avrebbe dovuto, nelle intenzioni degli ambienti reazionari che facevano capo all’imperatrice Cíxī, sostituire l’imperatore Guāngxù dopo il fallimento della Riforma dei Cento Giorni. In attesa dell'occasione opportuna per costringere l'imperatore all'abdicazione, gli fu perciò attribuito il titolo di “Fratello Maggiore” (大阿哥 ”dà ā gēgē”), equivalente a quello ufficiale di “principe ereditario”, cui si rinunciò per non attirare l’attenzione delle Potenze Occidentali. Queste vennero tuttavia a conoscenza della manovra e la loro decisa opposizione fece fallire il progetto.
102) Troviamo qui un altro errore: Zāiying 载滢 (1861-1909), sebbene fosse anche lui un sostenitore dei Boxer (ragione per cui fu punito dopo il fallimento della rivolta) non era fratello degli altri personaggi menzionati in quanto era figlio del principe Gōng 恭親王, sesto figlio dell’imperatore Dàoguāng. L'errore potrebbe essere stato facilitato dal fatto che, secondo un'antica tradizione, nelle famiglie cinesi, i membri di una stessa generazione, indipendentemente dal ramo della famiglia a cui appartenevano, portavano tutti un nome personale che iniziava con lo stesso carattere.
103) Guān Zhuàngmóu 關壯繆 è il nome postumo attribuito al famoso generale del periodo dei Tre Regni Guān Yŭ 關羽.
104) Nell’interpretazione dei giornali dell’epoca, la ribellione dei Boxer viene vista come un avvenimento fomentato e sfruttato dalla fazione reazionaria della Corte imperiale per far prevalere le proprie posizioni conservatrici e giungere alla deposizione dell’imperatore Guāngxù, accusato di essere riformista e filoccidentale.
105) Il “Kāizhìlù” 开智录, (titolo che si potrebbe tradurre come “Giornale dell’Illuminismo”) fu un periodico creato dagli studenti cinesi in Giappone. Il suo primo numero fu pubblicato a Yokohama il 1° novembre 1900. Cessò le pubblicazioni, dopo 6 numeri, il 20 marzo 1901.
106) Róng Hóng 容閎 (1828-1912) fu il primo studente cinese ad ottenere un titolo di studio in un’università americana. Si laureò ,infatti, presso lo Yale College nel 1854.
Ritornato in Cina, svolse attività commerciale e partecipò alla vita politica e culturale del paese.
A causa del suo sostegno al tentativo di riforma dell’imperatore Guāngxù, fu costretto nel 1898 a fuggire a Hong Kong, da dove passò poi negli Stati Uniti.
Nel 1908 progettò, con il “generale” Homer Lea un’insurrezione che avrebbe dovuto rovesciare la dinastia manciù e proclamare la repubblica. Il progetto, chiamato il “Piano del Drago Rosso”, non ebbe seguito.
107) Chén Dúxiù 陳獨秀 (1879-1942) fu, nel 1921, uno dei fondatori del Partito Comunista Cinese, di cui divenne il primo Segretario Generale.
108) Sūn Zhōngshān 孫中山 è uno dei nomi con cui è conosciuto Sun Yat-sen (1866-1925), rivoluzionario cinese, che fu il primo presidente “provvisorio” della Repubblica di Cina.
109) Nel 1924, un gruppo di politici,fra cui Sun Yat-Sen era uno dei più importanti, presentò una “ Proposta di convocare un’ Assemblea Nazionale per porre rimedio alla situazione di disordine interno della Cina (国民会议为解决中国内乱之法 “guómín huìyì wèi jiějué zhōngguó nèiluàn zhī fǎ”).
110) Il 12 giugno 1924 il Partito Nazionalista Cinese ( 国民党“guómíndăng ) propose di dichiarare il 7 settembre 1901, data della conclusione del Trattato di Xīnchŏu, giorno da commemorare come esempio di una non più accettabile umiliazione nazionale (九七国耻纪念宣言 “jiǔqī guóchǐ jìniàn xuānyán”).
111) L’articolo fu pubblicato nel primo numero della rivista Искра (“Iskrà” “La Scintilla) uscito a Lipsia il 1° dicembre 1900.
112) La valutazione di Sir Robert Hart appare particolarmente acuta. In effetti, gli avvenimenti dei primi anni del Novecento mostrarono l’affermarsi in Cina di potenti forze particolaristiche e centrifughe che,se da una parte affrettarono la caduta della dinastia manciù, dall’altra resero fragile sin dall’inizio la Repubblica successivamente formatasi e portarono al lungo periodo di frazionamento conosciuto come l’epoca dei “Signori della Guerra”. Non v’è dubbio che le Potenze approfittarono di queste circostanze, ammesso che non avessero contribuito direttamente a crearle.
113) Cài Yuánpéi 蔡元培 (1868-1940), studioso di idee progressiste, divenne nel 1916 Presidente dell’Università di Pechino. Sostenne, tra l’altro, l’uso della lingua parlata, una delle principali rivendicazioni del Movimento del 4 maggio 1919.
114) Wáng Zhìzhōng 王致中 (1909-1993), uomo politico cinese, membro del Partito Comunista, analizzò nel suo libro “L’oscurantismo feudale e il movimento dei Boxer” (“封建蒙昧主义与义和团运动” “fēngjiàn méngmèi zhǔyì yǔ yìhétuán yùndòng”) gli aspetti reazionari della rivolta dei Boxer.
115) Lĭ Hóngzhāng 李鸿章 e Yì Kuáng 奕匡 furono due dei più noti sostenitori della necessità di giungere ad un compromesso con gli Occidentali.
116) Wùkōng Bā 悟空八, il Re delle Scimmie, è un personaggio leggendario, protagonista di uno dei classici della letteratura cinese:“Il Viaggio in Occidente” (西遊記 ”xī yóu jì”)
117) Bó Yáng 柏杨(1920-2008), scrittore, filosofo e storico, ha svolto la propria attività a Tàiwăn.
118) Riporto , in questa nota , i titoli originali delle opere citate:
Féng Jìcái 冯骥才 :“ shén biān”神鞭.
Mò Yán 莫言 :“tánxiāng xíng “檀香刑”
Liáng Yǔshēng 梁羽生: “lóng hǔ dòu jīng huá “龙虎斗京华.
Bào Chāng 鲍昌 :” gēngzi fēngyún” 庚子风云
Dān Tiánfāng 单田芳: “lángfāng dàjié” 廊坊大捷.
Opera di Pechino(“jīngjù”)京剧 : “hóng dēng zhào” 红灯照.
Lǎo Shě 老舍: “shén quán” 神拳
Osamu Tezuka 手冢治虫: “ikki mandala” 一辉曼荼罗 (乱世三娘).
Per consultare l’originale cinese cliccare: 义和团 百度百科