Il fumetto intitolato “La vita sbagliata di Confucio" è stato pubblicato nel 1974 con la firma “Xiāo Gān”, che, secondo alcuni, è uno pseudonimo dello scrittore Bā Jīn. Più tardi, tuttavia, il disegnatore Hè Yǒuzhí ha detto che “Xiāo Gān" era uno pseudonimo di Gān Lĭyuè, il quale, in quel periodo, era redattore presso la “Casa Editrice delle Belle Arti” di di Shànghăi. Ciò sembrerebbe trovare conferma nel fatto che il nome “Gān” figura nello pseudonimo.
Questo fumetto esamina la vita di Confucio sotto una diversa prospettiva, che si ispira ad ideologie attuali, e, da tale punto di vista, assume anch’esso un certo significato.
孔老二罪恶的一生》是在1974年发表的。有人说作者“萧甘”即是文学家巴金先生的笔名。后又有人问及绘画作者贺友直先生,言“萧甘”为当时上海美术出版社文字编辑甘礼乐先生,“萧甘”即“小甘”,当可信。
以目前的角度看来,这篇小人书是从另一个角度看孔子的生平,也有其意义。
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LA VITA SBAGLIATA DI CONFUCIO*
* Ragioni tecniche mi hanno impedito di pubblicare anche le vignette. Per queste ultime rimando quindi al seguente link:
文革连环画《孔老二罪恶的一生》(太少见啦!!)_萧甘 (sohu.com)
(1) Durante il Periodo delle Primavere e degli Autunni, la Cina passò dal sistema schiavistico al sistema feudale. 1) Le furiose rivolte degli schiavi e gi sforzi della classe emergente dei proprietari terrieri per prendere il potere ebbero un impatto violento sulle fondamenta del regime schiavistico. I proprietari di schiavi, che stavano perdendo la supremazia, tentarono con ogni mezzo di ripristinare il loro "paradiso perduto”. La lotta di classe infuriava nella società.
1) La schiavitù, che era stata un fenomeno molto diffuso sotto le dinastie Shàng, Xià e Zhōu occidentali, cominciò a regredire nel Periodo delle Primavere e degli Autunni in concomitanza con l’affievolirsi dell’autorità centrale, con l’affermazione del sistema feudale e col diffondersi del latifondo.Nel ducato di Lǔ, patria di Confucio, essa fu abolita nel 584 a.C.
(2) In quell’ epoca di grandi cambiamenti sociali, caratterizzata dal crollo del sistema schiavistico e dall’ascesa del feudalesimo, nacque nel 551 a.C. Confucio, il rappresentante politico della classe dei proprietari di schiavi. (1) Originario del ducato di Lǔ (l'attuale Shāndōng), Confucio era figlio del signor Kǒng Hē, un proprietario di schiavi andato in rovina, che discendeva da una famiglia aristocratica proveniente dal regno di Sòng. Essendo il secondogenito, era conosciuto anche con il nome di Zhòngní. (2).
1) Confucio apparteneva ad una famiglia decaduta della piccola nobiltà, ma non ci sono elementi per affermare che fosse proprietario di schiavi o che i suoi antenati avessero posseduto schiavi. L’autore del fumetto parte dall’idea che Confucio, predicando il ritorno agli “antichi valori”, auspicasse anche il ripristino della schiavitù, ma questa conclusione è abbastanza arbitraria.
2) Il nome di cortesia 仲尼 (“zhòng ní”), letteralmente “il secondo pacifico”, indicava che Confucio era un secondogenito.
(3) Da bambino Confucio si divertiva a disporre su un tavolo piccole scodelle e coppe come se fossero vasi per i sacrifici e a prosternarsi dinanzi a questo finto altare, imitando i rituali dei suoi antenati aristocratici.
(4) Il povero Confucio (1) non dimenticò mai mai di essere il discendente di aristocratici, proprietari di schiavi. Dall'età di quindici anni studiò con impegno il sistema schiavistico che era esistito all’epoca della dinastia Zhōu, imparando le "sei arti" (cerimoniale, musica, tiro a segno, guida delle carrozze (2), letteratura e matematica) praticate dai proprietari di schiavi e dagli aristocratici, nell’intento di diventare in futuro un leader politico e di dominare gli altri.
1. Il termine 老二 (“lăo’èr”) significa, letteralmente, “secondogenito”, ma, nel linguaggio popolare, è anche usato per indicare i genitali ed assume quindi il significato di “poveretto”,”coglione”. Nel fumetto esso è perciò impiegato con chiaro intento spregiativo.
2) Si potrebbe dire che l’apprendimento dell’arte di guidare carrozze e calessi corrispondeva grosso modo a ciò che è oggi un corso per il conseguimento della patente di guida per le automobili. È ovvio che era un insegnamento riservato ai membri delle classi agiate.
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(5) Confucio era desideroso di fare amicizia con i potenti e di salire, passo dopo passo, tutti i gradini della carriera politica. Una volta, Jì Sῡn, un membro della classe emergente dei proprietari terrieri dello stato di Lǔ, aveva organizzato un banchetto invitando numerosi ospiti. Confucio, la cui madre era morta da pochissimo tempo, pensò che, in quanto discendente di nobili, aveva diritto di partecipare al banchetto e vi si precipitò, dimentico della condotta riservata che avrebbe dovuto rispettare durante il periodo di lutto.
(6) Mentre si accingeva ad entrare nella residenza di Jì Sῡn, Yáng Hῡ, il maggiordomo della famiglia Jì, lo rimproverò aspramente e lo ricacciò giù per la scalinata d’ingresso (1). Confucio si rese allora conto che l'ascesa della classe feudale emergente relegava in un angolo l'aristocrazia schiavista e strinse i denti deciso a darsi da fare per ripristinare il regime schiavistico.
1) L’episodio è riferito nelle “Memorie Storiche”(史記 “shĭjì”) di Sīmă Qiăn 司馬遷 nella parte dedicata alle “Case nobili” (世家 “shìjiā”), “Casa di Confucio” 孔子世家”kǒngzĭ shìjiā”), al paragrafo 3: “ Confucio era in periodo di lutto. La famiglia Jì offriva un banchetto ai letterati e Confucio si presentò. Yáng Hῡ gli disse: “L’invito è rivolta ai letterati, non ai ragazzi” e Confucio se ne andò.”
(7) Confucio si sposò all'età di diciannove anni e l'anno seguente ebbe un figlio. Per l’occasione, il duca Zhāo di Lǔ gli inviò in dono una carpa. Confucio, lusingato, chiamò suo figlio Kong Lĭ (1), sperando che avrebbe rialzato le sorti della famiglia e sarebbe stato all’origine di una ricca discendenza.
1) Il carattere 鲤 (“lĭ”) significa “carpa”.
(8) Confucio voleva restaurare il vecchio sistema ed iniziare una carriera amministrativa. All’età di ventisei o ventisette sette anni, fu finalmente nominato"chéngtián(1)", con l’incarico di controllare le mandrie di bovini e i greggi di pecore. in seguito divenne contabile di magazzino (2). Incurante di essere soltanto un modesto funzionario, Confucio si dava molto da fare, perché voleva gettare le basi della sua futura carriera.
1) Il termine “chéngtián”乘田 indicava, ai tempi di Confucio, un impiegato di basso livello incaricato di controllare l’allevamento degli animali, se non addirittura di pascolare le greggi. Esso designò in seguito i funzionari di grado più modesto.
2) L’accettazione dei più bassi incarichi è qui vista come un’umiliazione che Confucio sopportò nel solo intento di iniziare comunque una carriera amministrativa e di poter essere in seguito promosso a più alte funzioni. Nei “Dialoghi”, Confucio stesso ne parla invece, spassionatamente, come di lavori che svolse di buon animo per guadagnarsi da vivere.
(9) All'età di 30 anni aprì una scuola privata e reclutò molti allievi, selezionandoli rigorosamente secondo la loro classe sociale. Gli schiavi non avevano diritto di frequentare la sua scuola. Confucio domandava una retta a tutti coloro che volevano iscriversi e, allungando la mano, diceva a ciascuno di loro: "Sono disposto a darti lezione se ti impegni a pagarmi dieci fette di carne secca”.(1)
1) La scuola di Confucio era a pagamento. Ciò ne conferma, secondo l’autore del fumetto, il carattere classista ed esclusivo. Il fatto che Confucio si accontentasse talvolta, a titolo di retta, di dieci fette di carne secca è invece citato nei “Dialoghi” proprio come prova della disponibilità del Maestro ad accogliere anche allievi di disagiate condizioni economiche.
(10) Coloro che potevano ascoltare le lezioni di Confucio presso l’altare degli albicocchi (1) erano dunque soltanto i figli dei nobili e dei funzionari. Insegnando a costoro, Confucio cercava di formare un proprio partito e di raccogliere sostenitori per il suo programma di ripristino della schiavitù. Non era affatto un “educatore universale”.
1) L’”altare degli albicocchi”( 杏坛 “xìng tán”) è il nome dato molto più tardi allo spiazzo in cui Confucio teneva le sue lezioni. Tale spiazzo fu dapprima incorporato nel tempio dedicato al Maestro. Il nome deriva dal fatto che, quando il tempio fu spostato più lontano, nello spiazzo fu elevato un altare intorno al quale furono piantati degli albicocchi.
(11) Verso la fine del Periodo delle Primavere e degli Autunni, scoppiarono spesso, in vari luoghi, insurrezioni di schiavi. Una volta, nel regno di Zhèng , gli schiavi si ribellarono e si impadronirono del palazzo reale (1), gettando nel panico la classe dirigente. Confucio, che odiava gli schiavi , temeva terribilmente le loro ribellioni e faceva del suo meglio per aiutare a reprimerle.
1) Il termine 禁地 (“jìndì”), letteralmente “terreno proibito”, indicava l’insieme dei palazzi e dei giardini imperiali, a cui il popolo non poteva accedere. Si ricordi, a questo riguardo, la”Città Proibita” di Pechino.
(12) Gli schiavisti e i nobili regno di Zhèng repressero crudelmente la rivolta e uccisero tutti gli schiavi ribelli, mentre Confucio proclamava:" Se saremo troppo indulgenti con gli schiavi, si ribelleranno. Soltanto una severa repressione può sgomberare il terreno da erbacce e radici”."Queste dichiarazioni spietate mostrarono chiaramente quanto fosse profonda la sua avversione a qualsiasi rivolta servile.(1)
1) Non ho trovato traccia di tali dichiarazioni nei “Dialoghi” o in altre fonti. Nella prospettiva della rivoluzione culturale, alla quale si ispira il fumetto, appariva tuttavia logico pensare che un reazionario quale Confucio non potesse che essere favorevole alla più selvaggia repressione di qualsiasi contestazione o ribellione all’autorità costituita.
(13) C'erano, nel ducato di Lǔ, tre famiglie di latifondisti, i Mèng Sῡn, gli Shῡ Sῡn e i Jì Sῡn, che avevano acquistato importanza ed erano diventate molto potenti. La famiglia Jì Sǔn, che all’origine era una famiglia di rango minore, faceva eseguire le danze rituali nel tempio ancestrale da sessantaquattro ballerini, usurpando così un privilegio dell’Imperatore. e non si peritava ad offrire sacrifici sulla cima del monte Tài, calpestando anche in questo una prerogativa imperiale
(14) Confucio si oppose con vigore a questi comportamenti, che costituivano secondo lui "disobbedienza all’Imperatore ed incitazione al disordine ", e li dichiarò intollerabili , perché temeva che il duca di Lǔ finisse per essere esautorato. “Queste tendenze sono troppo pericolose” diceva preoccupato.
(15) I Mèng Sῡn, gli Shῡ Sῡn e i Jì Sῡn diventarono sempre più potenti ed alla fine costrinsero il duca Zhāo di Lǔ, che non disponeva più di alcun appoggio nel paese, a fuggire nel regno di Qí. Confucio seguì il suo sovrano nell’esilio, sperando che, grazie ai favori ed alle relazioni di cui godeva, avrebbe ricevuto un incarico dal duca Jĭng di Qí. (1)
1) Il duca Jĭng di Qí 齊景公 regnò dal 547 a.C. al 490 a.C. Confucio lo incontrò intorno al 515 a.C.
(16) Il duca Jĭng diede udienza a Confucio e parlò con lui di politica. Confucio gli spiegò che in uno Stato bene ordinato i sovrani dovevano comportarsi da sovrani e i ministri da ministri; i padri dovevano fare i padri e i figli dovevano fare i figli, intendendo così dire che i sovrani dovevano mantenere tutti i loro privilegi e non consentire che i subordinati alzassero la testa, in modo da mantenere intatto il vecchio regime schiavistico. Confucio chiamava la sua dottrina “ripristino della corretta terminologia”.
(17) Dopo averlo ascoltato , il duca Jĭng lo lodò ripetutamente: "È proprio vero! Occorre che i sovrani, i ministri, i padri e i figli, svolgano tutti il proprio ruolo. Altrimenti, anche se ho un magazzino pieno di riso, non potrò mangiare in pace!" Aveva capito perfettamente che il “ripristino della corretta terminologia” era una dottrina essenzialmente reazionaria volta a mantenere in vita il sistema schiavistico.
(18) Confucio propose anche di "ridare vita ai principati che erano stati soppressi, far rinascere le famiglie che si erano estinte, richiamare in servizio coloro che si erano ritirati dalla vita pubblica” (1) cioè di ripristinare il sistema schiavistico, di rinforzare la casta aristocratica e di affidare nuovamente incarichi politici alle vecchie famiglie nobiliari che erano state estromesse dal potere. Questa serie di proposte reazionarie per la completa restaurazione della schiavitù fu molto apprezzata dal duca Jĭng di Qí, che ricompensò Confucio regalandogli dei possedimenti a Níxī.
1) La frase figura nel capitolo XX dei “Dialoghi”, al paragrafo 1 e si riferisce alle riforme operate dal re Wǔ dei Zhōu, citato come sovrano saggio e capace.
(19) Tuttavia, il primo ministro Yàn Yīng obiettò "Confucio e i letterati che aderiscono alla sua dottrina dicono cose false ed ingannevoli. La dinastia Zhōu è già in declino da lungo tempo, il vecchio sistema è ormai obsoleto, e lui vuole invertire il corso della storia. Non ha senso ascoltare i suoi suggerimenti!".
(20) Di fronte a queste obiezioni, il duca Jĭng non osò più conferire un incarico ministeriale a Confucio e, da allora, anche quando lo vedeva, non gli chiedeva più consigli, anzi gli disse: "Sono vecchio, non ho più l'energia per incaricarti di realizzare le riforme che tu proponi
(21) Dopo qualche tempo Confucio dovette andarsene da Qí e, a 37 anni, ritornò tristemente a Lǔ. Rimase però pervicacemente ostile alle forze feudali rappresentate dalla famiglia Jì che erano al potere in quel momento. Fustigava " i ministri ribelli e i briganti che erano al governo”, ma, non potendo realizzare le proprie idee politiche, decise di ritirarsi a casa sua e di diffondere attraverso l’insegnamento le sue idee reazionarie.
(22) La dottrina che Confucio insegnava ai suoi allievi si fondava sul concetto di “benevolenza”". Il suo programma anti-schiavitù consisteva nel "sapersi dominare e ritornare all’osservanza dei riti” (1)". "Dominando se stessi e ripristinando i riti della dinastia Zhōu “ diceva”gli uomini riscopriranno la virtù della benevolenza”. Era sottinteso che questi comportamenti avrebbero condotto la gente ad obbedire fedelmente al governo.
1) Questo principio è enunciato nel capitolo XII, par.1, dei “Dialoghi”.
(23) La virtù della “benevolenza” è il fulcro del pensiero reazionario di Confucio. Asserendo che, grazie al dominio di sé stessi e al ripristino dei rituali, gli uomini avrebbero riscoperto la virtù della “benevolenza" , Confucio tentava vanamente di resuscitare il sistema schiavistico che era esistito ai tempi delle dinastie Yīn e Zhōu e di far girare all’indietro la ruota della storia.(1)
1) Secondo l’autore del fumetto, il comportamento di Confucio sarebbe stato caratterizzato da una grande ipocrisia. Egli, infatti, pur dichiarandosi contrario alla schiavitù, avrebbe propugnato il ripristino di un sistema politico che aveva proprio nella schiavitù uno dei suoi elementi fondamentali.
(24) Per realizzare questo sogno, esortava ripetutamente gli studenti: “Abbiate il coraggio di praticare la” benevolenza”, perché sapeva che soltanto trattando con durezza gli schiavi ed opponendosi energicamente ai riformatori si sarebbe potuto mantenere il predominio dei proprietari di schiavi.
(25) Nelle sue lezioni, Confucio si riempiva sempre la bocca di "benevolenza, giustizia e moralità". Una volta, qualcuno si avvicinò e gli domandò: “Un ragazzo onesto, se suo padre ruba una pecora, dovrebbe denunciarlo. Sarebbe un comportamento morale?" Confucio rispose:” "Un figlio onesto non denuncerà il padre perché ha rubato una pecora!" Quindi per Confucio, complicità e favoreggiamento equivalevano a"benevolenza, giustizia e moralità".
1) L’ aneddoto è raccontato in “Dialoghi”, cap.XIII, Par.18. Non si può certamente scorgere nella risposta di Confucio una giustificazione del furto e dell’omertà che risulterebbe in pieno contrasto con tutto l’insegnamentodel Maestro. Ci troviamo piuttosto di fronte ad un “conflitto di valori”. Il rispetto della legge imporrebbe infatti un obbligo di denuncia che si tradurrebbe inevitabilmente in una lesione del dovere della
pietà filiale. Il Maestro risolve il conflitto dando la prevalenza alla pietà filiale, valore fondamentale su cui poggia la famiglia, nucleo essenziale dell’esistenza umana, nei confronti della norma giuridica, che regola i rapporti esterni e rende così possibile la vita sociale. La posizione opposta, vale a dire l’esigenza del rispetto incondizionato della legge, quali che siano le
circostanze, è ben rappresentata dalla massima latina “fiat justitia, pereat mundus”.
L’approccio di Confucio è condiviso dalle legislazioni di molti Stati che non prevedono un obbligo di denuncia o di testimonianza a carico dei propri familiari in materia penale. Il secondo approccio trova invece significativamente sostegno nei sistemi politici totalitari. Nei primi anni del regime sovietico in Russia fu, ad esempio, ufficialmente lodato come modello di virtù civili un ragazzo, figlio di un contadino, che aveva denunciato alle autorità il padre, reo di aver nascosto una certa quantità di prodotti agricoli per sottrarli alle requisizioni ordinate dal governo. La posizione dell’autore del fumetto si ispira manifestamente ai modelli di comportamento predicati dalla Rivoluzione Culturale.
(26) Gli studenti provavano difficoltà ad accettare discorsi di questo genere e il numero di coloro che rinunciavano alle lezioni cresceva di volta in volta. In certe occasioni ad ascoltare il maestro rimase soltanto Yán Yuān, che era orgoglioso d’essere un allievo di Confucio Egli riferì al suo maestro che una scuola concorrente era stata aperta da un certo Shăo Zhèngmăo, il quale insegnava nuove dottrine che avevano attratto tutti i suoi condiscepoli.
(27) Shăo Zhèngmăo rappresentava l’ideologia e la politica della classe emergente dei proprietari terrieri ed entrava spesso in polemica con Confucio, il portavoce della schiavitù. Egli dichiarava pubblicamente: "Bisogna combattere chi difende la schiavitù dei tempi della dinastia Zhōu occidentale e vorrebbe far girare all’indietro le ruote della storia! "Confucio odiava Shăo Zhèngmăo, ma non poteva far nulla contro di lui.
(28) Nel 513 a.C., i politici riformatori del regno di Jìn fecero incidere su treppiedi di ferro disposizioni legali che limitavano i diritti e gli interessi dei proprietari di schiavi e le resero pubbliche.Queste riforme legislative colpirono e limitarono i privilegi dei proprietari di schiavi. Le cosiddette “norme dei treppiedi” ebbero grande risonanza anche nel ducato di Lǔ e suscitarono vivaci discussioni tra gli allievi di Confucio.
1) I templi erano, a quell’epoca, i luoghi frequentati dal maggior numero di persone e l’incisione delle nuove norme giuridiche sui vasi sacrificali esposti accanto agli altari era probabilmente il miglior modo di diffonderne la conoscenza.
(29) Confucio era molto contrario a queste riforme. Egli dichiarava con rabbia: “La classe dirigente deve godere dell’immunità penale e il popolo va escluso dal governo (1) Le leggi emanate nel regno di Jìn non permetteranno più di distinguere tra la nobiltà e la plebe. Lo Stato non sembrerà più uno Stato.” e si affannava a disperdere i capannelli di studenti che si formavano per discutere le novità politiche.
1) Letteralmente:”“ Le norme penali non vanno applicate agli alti funzionari e la partecipazione alle cerimonie non va estesa al popolo”.Cfr.“Discorsi Familiari (孔子家語 “kǒngzǐ jiāyǔ”) “Spiegazione delle cinque pene” (五刑解 “wǔxíng jiĕ”), par. 2. Per una valutazione approfondita del pensiero di Confucio si può far ricorso alla vastissima bibliografia esistente in materia. Con riguardo a questo fumetto, occorre osservare che l’autore, adepto della Rivoluzione Culturale, uno dei cui bersagli preferiti erano appunto la figura e l’opera di Confucio, cita sistematicamente tutti gli episodi e le affermazioni che potrebbero mettere in dubbio la moralità e l’integrità del personaggio.
(30) Confucio si sentiva molto frustrato dal fatto di essere soltanto un insegnante perché capiva bene che, per realizzare il suo programma politico di restaurazione, occorreva detenere il potere. Perciò domandava spesso ai suoi allievi: “Può un uomo di valore rimanere lontano anche un sol giorno dagli impegni pubblici?”.Di fronte alla risposta negativa degli studenti, Confucio osservava:”Già tre mesi di lontananza dalle pubbliche responsabilità mi renderebbero terribilmente agitato ed inquieto”.
(31) Trascorsero rapidamente alcuni anni, ma a Confucio non veniva mai offerto un incarico pubblico. Un giorno, subito dopo la lezione, uno studente venne a riferirgli che Yáng Hǔ (1) lo invitava a rendergli visita. "Yáng Hǔ?" All’udire quel nome, Confucio si ricordò che si trattava della stessa persona che lo aveva sgridato sulla soglia della casa di Jì Sῡn quand’era giovane e risponse allo studente: "Mandagli a dire che non sono in casa".
1) Yáng Hŭ 楊 虎 era un vassallo della famiglia Jì Sūn 季 孫 che, dopo la morte di Jì Píng Zĭ 季 平 子, si ribellò al suo successore Jì Huán Zĭ 季 桓 子 e riuscì gradualmente ad accrescere il proprio potere fino ad esercitare nel 504 a.C. le funzioni di primo ministro del ducato di Lŭ 魯 國 . Nel 502 a.C. cercò di annientare le Tre Famiglie, ordendo una congiura per assassinare i capi delle famiglie Jì Sūn 季 孫 e Shū Sūn 叔 孫 , ma il piano fallì ed egli fu attaccato dalle forze congiunte delle Tre Famiglie, che lo sconfissero e lo costrinsero a cercare rifugio nel ducato di Qí 齊 國 .
Le sue prepotenze lo fecero odiare da tutti, come sperimentò a proprie spese lo stesso Confucio, che, scambiato per Yáng Hŭ mentre attraversava il villaggio di Kuáng, a causa di una certa somiglianza fisica, fu circondato e minacciato di morte prima di riuscire a provare la propria identità.
(32) Lo studente si sentiva molto imbarazzato: "Questo...questo Yáng Hǔ è diventato di recente una persona molto influente ed è l’uomo che determina la politica dei Jì Sῡn. Inoltre, ha anche mandato un prosciutto come regalo!" Confucio ebbe allora un’idea:” Accetta il prosciutto! Poi vedremo che cosa fare.”
(33) Pochi giorni dopo, saputo che Yáng Hǔ non era in casa, fece finta di andare a rendergli visita. Fortuitamente, tuttavia, lo incontrò per strada e fu costretto a salutarlo, facendo buon viso a cattivo gioco. Yáng Hǔ gli fece balenare la possibilità di diventare funzionario e Confucio annuì ripetutamente.
(34) Poco tempo dopo, un altro potente vassallo della famiglia Jì Sῡn, Gōngshān Bùxuán (1) si ribellò e unì le sue forze a quelle di Yáng Hǔ per combattere i Jì Sῡn. Gōngshān Bùxuán si impadronì di Fèiyì, città controllata dalla famiglia Jì Sῡn. Poiché lui e Yáng Hǔ sapevano che Confucio era sempre stato ostile al clan dei Jì Sῡn, mandarono un emissario per invitarlo a recarsi a Fèiyì e a collaborare con loro.(2) Confucio sembrava incline ad accettare l’invito. I
1) Gōngshān Bùxuán 公山不狃, conosciuto anche come Gōngshān Fúrăo 公山弗擾, fu nominato nel 505 a.C. da Jì Huánzi 季桓子, il capo della famiglia Jì Sῡn, governatore della città di Fèiyì, che era controllata dai Jì Sῡn. Nel 502 a.C., tuttavia Gōngshān Bùxuán si ribellò ai Jì Sῡn e si impadronì di Fèiyì. Per amministrare la città, pensò allora di ricorrere a Confucio, offrendogli un incarico.
2) L’episodio è menzionato nel cap.XVII, par.5, dei “Dialoghi”:
“Gōngshān Fúrăo che, dopo essersi ribellato ai Jì Sūn, s’era impadronito della città di Fèiyì, invitò Confucio a rendergli visita.Il Maestro intendeva accettare l’invito, ma Zĭ Lù si oppose dicendogli :“Non potete accettare. Che cosa andreste a fare da Gōngshān Fúrăo?”.
“ Non può avermi invitato senza uno scopo.” osservò il Maestro” Se il suo scopo fosse quello di affidarmi la guida degli affari politici, non potrei tentare di far rivivere l’Impero degli Zhōu Orientali?”
(35) Il suo allievo Zĭ Lù obiettò: "Voi, Maestro, sostenete ogni giorno che i sovrani devono comandare e che i loro subordinati devono obbedire, ma ora che Gōngshān Bùxuán si ribella ai suoi superiori e crea disordini, voi sareste disposto ad accettare un incarico da lui?" Confucio gli rispose senza vergogna: "Il Re Saggio dei Zhōu e il Re Guerriero dei Zhōu non sono forse partiti dai piccoli feudi di Fēng e di Găo? Se questo è vero, perché io non potrei cominciare la mia carriera con un piccolo incarico a Fèiyì?”. (1)
1) Citando questo episodio, l’autore del fumetto intende chiaramente accusare Confucio di incoerenza e di malafede. Non sarebbe infatti ammissibile che la stessa persona che dissuade i suoi discepoli dall’accettare incarichi pubblici offerti dai Jì Sῡn, in quanto la nomina dei funzionari statali è prerogativa dell’autorità ducale, si mostri poi disposta ad accettare un incarico offertole addirittura da un vassallo ribelle dei Jì Sῡn. Ci può tuttavia essere una spiegazione logica della disponibilità di Confucio:
"Come ogni golpista che si rispetti Gōngshān Fúrăo ha certamente dichiarato di aver agito nel solo intento di restaurare l’autorità legittima. Per un momento, Confucio si lascia illudere dalle belle parole e si mette a sognare: Se il ribelle è sincero, collaborando con lui il Maestro potrebbe contribuire a ridare al duca di Lŭ il potere di cui i Jì Sūn lo hanno ingiustamente privato. Una volta divenuto ministro del duca di Lŭ, potrebbe poi convincere quest’ultimo a riconoscere pienamente l’autorità suprema dell’imperatore ed a persuadere gli altri principi a fare lo stesso. Il coronamento di quest’opera sarebbe la restaurazione dell’Impero Zhōu."
(36) Mentre Confucio attendeva ansiosamente di poter dare inizio alla sua carriera politica, si sparse la notizia che Yáng Hǔ era stato sconfitto e si era rifugiato nel regno di Qí. Saputo ciò, Gōngshān Bùxuán, per un po’ di tempo, non prese più alcuna iniziativa. I sogni di Confucio andavano in frantumi. “Ormai ho cinquant’anni” sospirò il poveretto “e non vedrò più realizzarsi le mie aspirazioni. Era destino che andasse a finire così!”. Aveva sempre sulle labbra le parole “Era destino”.
(37) Confucio invitava sempre i suoi discepoli a ricordare che" vita e morte dipendono dal Destino, ricchezze ed onori dipendono dal Cielo”(1). Insegnava anche - cosa assurda - che” soltanto i saggi in alto e la plebe ottusa in basso non cambiano mai” (2), il che equivale a dire che il proprietario di schiavi al vertice della scala sociale è intelligente per natura, mentre lo schiavo, che troviamo agli ultimi gradini della scala sociale, nasce stupido e non potrà mai cambiare. Secondo la sua dottrina, il destino e il talento di ciascuno erano prefissati dal Cielo. Egli si serviva di questi argomenti pretestuosi per far credere agli schiavi che nulla avrebbe mai potuto modificare la loro condizione.
1) La frase figura nel capitolo XII, par.5, dei “Dialoghi”.
2) Il senso della frase 唯上智与下愚不移 ( “wéi shàngzhì yǔ xià yú bù yí”), che figura al capitolo XVII, par. 3, dei “Dialoghi”, può essere inteso in vari modi. Se noi leggiamo ”soltanto i più saggi e i più ottusi non cambiano mai” comprendiamo evidentemente qualcosa di molto diverso da ciò che ci viene in mente se leggiamo “soltanto l’élite costituita dai saggi e la plebe costituita dagli stupidi non cambiano mai”. La seconda lettura, veicolando l’idea che il popolo non possa mai migliorare, porta necessariamente ad escludere l’utilità di qualsiasi riforma. Non ci sono però elementi per affermare con sicurezza che questa seconda lettura corrisponda al pensiero di Confucio.
(38) Tuttavia, dopo aver compiuto cinquant'anni, Confucio salì improvvisamente alla ribalta nel ducato di Lǔ. I nobili proprietari di schiavi capeggiati dal duca Dìng (1) riconquistarono il potere nel paese e nominarono Confucio governatore del distretto centrale di Lǔ, vale a dire funzionario responsabile dell’amministrazione della capitale. In seguito, Confucio fu promosso magistrato delle acque (2) e ministro della giustizia (3) e, alla fine, ricevette l’incarico di primo ministro.
1) Il duca Dìng di Lǔ 魯定公 regnò dal 510 a.C. al 495 a.C.
2) La carica di “magistrato delle acque” (司空“sīkōng”) era molto importante nell’antica Cina.Tale funzionario sovraintendeva infatti alla costruzione e alla manutenzione delle dighe e si occupava di tutti i problemi relativi alla gestione delle acque.
3) Il ministro della giustizia era chiamato 司寇 (“sīkòu”)
(39) Appena salito al potere, Confucio adottò subito due misure destinate a salvaguardare il regime schiavistico. Chiese anzitutto udienza al duca Dìng e gli disse: ”Secondo le antiche consuetudini, i ministri non sono autorizzati a costruire città fortificate e ad amministrarle come se fossero un loro feudo. Ora, le tre famiglie dei Jì Sῡn, dei Mèng Sῡn e dei Shῡ Sῡn controllano, come se appartenessero soltanto a loro, le tre città di Fèidῡ, Chéngdῡ e Hòudῡ. Tollerare una tale situazione sarebbe molto pericoloso: le tre cittadelle devono essere distrutte!”.
(40) Distruggere le tre cittadelle significava significa abbattere la classe emergente dei proprietari terrieri. Naturalmente, il duca fu d'accordo. Allora Confucio inviò le truppe ducali ad attaccare con successo prima Hòudῡ e poi Fèidῡ. La cittadella di Chéngdῡ, però, era meglio munita ed i Mèng Sῡn e i loro vassalli erano determinati a resistere ad oltranza. Dopo diversi mesi d’assedio, i soldati del duca di Lǔ dovettero desistere dall’impresa e rinunciare alla conquista della piazzaforte.
(41) Dopo aver temporaneamente sminuito il potere della classe emergente dei proprietari terrieri, Confucio fece arrestare il riformatore Shăo Zhèngmăo, accusandolo di cinque “gravi crimini”:
1. Era un elemento pericoloso perché sottolineava le differenze tra il passato e il presente;
2. Promuovendo le riforme, aveva deviato dalla retta via;
3. Aveva perorato con discorsi belli ma ingannevoli una politica riformistica;
4. Aveva attaccato e deplorato la schiavitù;
5. .Aveva esposto le ragioni per cui ci si doveva opporre al sistema schiavistico.
(42) Nella sua arroganza Confucio riteneva che Shăo Zhèngmăo fosse passibile della pena di morte per ciascuno dei “crimini” di cui egli l’aveva accusato. Rivelando la sua ferocia, alla fine fece condannare a morte Shăo Zhèngmăo sotto la triplice imputazione di aver creato associazioni non autorizzate, di aver predicato dottrine erronee e di aver confuso il male con il bene. Il corpo del giustiziato fu esposto in pubblico per tre giorni allo scopo di intimidire i riformatori. In questo modo l’aristocrazia schiavistica in decadenza tentava brutalmente di contrastare la pressione delle forze feudali emergenti.
(43) Le forze feudali emergenti non erano per nulla disposte a tollerare il predominio dell’aristocrazia schiavistica in declino. Con intrighi e macchinazioni, esse fecero in modo che il duca Dìng, al quale piaceva mangiare, bere e divertirsi, passasse tutto il suo tempo a cantare e a ballare (1) e lo allontanarono da Confucio, nei cui confronti egli cominciò a mostrare una grande indifferenza. Confucio, temendo per il futuro della sua carriera politica, presentò al duca Dìng le proprie dimissioni nell’intento di saggiare il terreno. (2)
1) La storia è riportata nel capitolo XVIII, par.4, dei “Dialoghi” dove però è riferita al capo della famiglia Jì Sῡn. Vi si legge infatti: “Jì Huánzi subì talmente il fascino di una troupe di suonatrici e di ballerine giunte da Qí che per tre giorni interi non si occupò più dei suoi compiti istituzionali. Il Maestro indignato si dimise dal proprio incaricvo e lasciò il paese”. Essa è ripresa nelle “Memorie Storiche”(史記 “ shĭjì”) di Sīmă Qiăn 司馬遷 nella parte dedicata alle “Case nobili” (世家 “shìjiā”), “Casa di Confucio” (孔子世家”kǒngzĭ shìjiā”), al paragrafo 20.
2) L’autore del fumetto insinua che l’intento di Confucio fosse in realtà quello di rafforzare la propria posizione costringendo il duca Dìng a respingere ufficialmente le sue dimissioni.
(44) Il duca Dìng tuttavia si guardò bene dal respingere le dimissioni ed al cinquantacinquenne Confucio non restò altro da fare che lasciare Lǔ, accompagnato da un gruppo di suoi discepoli, sperando di poter propagandare in altri paesi le sue idee reazionarie. Prima di partire, essendosi ricordato che un parente stretto di Zĭ Lù abitava nel regno di Wèi ed era amico del re, cosa che avrebbe potuto facilitare i contatti, decise di recarsi anzitutto a Wèi.
45) Confucio si diede da fare quanto più poteva e, incontrato il duca Líng di Wèi, gli propose una serie di idee reazionarie come” i sovrani devono comportarsi da sovrani e i ministri devono comportarsi da ministri”, “è doveroso sapersi dominare e ritornare all’osservanza dei riti”, “ occorre ridare vita ai principati che sono stati soppressi, far rinascere le famiglie che si sono estinte, richiamare in servizio coloro che si sono ritirati dalla vita pubblica”. Il duca Líng gli offrì uno stipendio corrispondente alla media di quelli che venivano offerti nel ducato di Lǔ.
46) I proprietari terrieri del ducato di Wèi, che avevano diffidato di Confucio fin dal primo istante, ammonirono il duca Líng:”Confucio ha portato con sé un folto gruppo di discepoli. Se si mettono a cospirare, ci sarà difficile controllarli”. Il duca prese allora delle precauzioni e diede ordine ai suoi agenti di sorvegliare Confucio. Dovunque quest’ultimo si recasse, c’era qualcuno che lo seguiva.
47) Confucio sopportava male questa sorveglianza e, dopo pochi mesi, lasciò il ducato di Wèi insieme con i suoi discepoli. Quando giunsero presso il villaggio di Kuāng (oggi Zhăngyuán nel Hénán), al confine del ducato di Wèi, caddero in un’imboscata di centinaia di contadini in rivolta che bloccavano la strada.
48) Questi contadini, i quali si erano appena liberati dalle catene della schiavitù, sapevano che Confucio andava in giro a propagandare il ripristino del servaggio e il ritorno al potere della classe dei proprietari di schiavi e ritenevano perciò di doverlo uccidere. I discepoli erano tutti terrorizzati e non sapevano più a che santo votarsi.
49) I contadini del villaggio di Kuāng sequestrarono Confucio ed i suoi compagni e li tennero bloccati per cinque giorni. Chiuso nella sua carrozza, Confucio continuava a ripetere: "Io sono l'erede della cultura cinese. Se il Cielo vuole distruggere questa cultura, lo farà; se non intende distruggerla, che cosa potrà fare di me la gente di Kuāng?” Come sempre, tirava di nuovo in ballo il “Destino” per tenere alto il morale dei suoi discepoli.
50) Alla fine Confucio si levò d’impaccio inviando i suoi discepoli a supplicare con insistenza i contadini di togliere il blocco e questi si lasciarono convincere.
51) La comitiva di Confucio arrivò in disordine al Fiume Giallo e stava per attraversarlo ed entrare nel ducato di Jìn quando, improvvisamente, si diffuse la notizia che Zhào Jiānzi (1), il quale era al potere nel ducato di jìn, aveva sterminato due antiche casate aristocratiche. Confucio fu preso dal panico e non osò andare avanti. Fissando con sguardo assente le onde torbide che scorrevano verso oriente mormorò:”O Cielo! Non posso attraversare il Fiume Giallo. Deve essere di nuovo il destino che mi perseguita.”
1) Nel 514 a.C. Zhào Jiānzi 趙簡子 sterminò le famiglie Qí 祁 and Yángshé 羊舌 che si erano ribellate al duca di Jìn 晉.
52) A Confucio non rimase altra scelta che ritornare a Wèi perdendo la faccia. (1) Il duca Líng, che non era affatto contento di vederlo tornare per farsi mantenere a sbafo, un giorno gli chiese deliberatamente di spiegargli le regole della strategia.”Non conosco le regole della strategia. Io conosco soltanto le regole delle cerimonie.” (2) gli rispose Confucio. Il duca, allora, distolse lo sguardo da Confucio, che gli stava dinnanzi pieno di imbarazzo, e si mise a fissare uno stormo di oche selvatiche che volavano alte nel cielo.
1) Per I Cinesi “perdere la faccia” è la più grande delle umiliazioni.
2) La risposta di Confucio è considerata dall’autore del fumetto come una manifestazione di ignoranza. I commentatori dei “Dialoghi” sottolineano invece che il Maestro non conosce la strategia perché la guerra e la violenza non sono argomenti che egli ritenga degni di studio.
53) Non potendo più rimanere nel ducato di Wèi, Confucio, con tristezza, fu costretto a recarsi nel ducato di Sòng. Un giorno, mentre stava seduto sotto un grande albero con i suoi discepoli, che istruiva a praticare le “cerimonie della dinastia Zhōu (1), vide avvicinarsi all’improvviso un folto gruppo di persone guidate da Huán Tuí, il ministro della guerra del ducato di Sòng.
1) Come sappiamo, la dottrina di Confucio mirava a restaurare le virtù antiche recuperando le cerimonie e i costumi dell ‘epoca in cui era fiorita la dinastia Zhōu (1046 a.C.-771 a.C.).
2) Huán Tuí 桓 魋, ministro della guerra (司马 “sĭmă”) nel ducato di Sòng 宋 國, organizzò un attentato contro Confucio mentre il Maestro visitava il suo paese ( un albero sarebbe dovuto crollare sulla piazza in cui Confucio teneva lezione, travolgendo il Maestro ed i suoi discepoli). Il Maestro sfuggì per un pelo alla morte, ma non mostrò alcun turbamento.
54) Huán Tuí, membro della classe dei proprietari terrieri che stava emergendo nel ducato di Sòng, odiava con tutta l’anima, Confucio, il rappresentante della classe dei proprietari di schiavi, perciò diede ordine ai suoi uomini di abbattere il grande albero e minacciò di morte Confucio. Quest’ultimo, con la lingua secca e le gambe molli, borbottava: “Io sono un uomo di talento. Non ho paura di essere ucciso”, ma, ad ogni buon conto, fuggì a gambe levate.
55) Dopo di ciò, Confucio si recò successivamente negli stati di Chèn, Cài e Chῡ, ma "il mondo era in disordine" ovunque e le sue idee reazionarie che si condensavano nelle proposte di "sapersi dominare” e di “ritornare all’osservanza dei riti " non ricevettero alcun ascolto. Confucio si vantava, con voce roca, che chiunque avesse accolto tali proposte avrebbe potuto vederne i risultati entro un anno", ma nessuno credeva al suo vaniloquio.
56) Mentre si avvicinava alla zone in cui Chèn e Cài confinavano l’uno con l’altro, Confucio fu circondato dai proprietari terrieri locali, che anche qui rappresentavano la forza politica emergente. I viveri gli vennero a mancare per qualche giorno e alcuni suoi discepoli si ammalarono. Confucio si lamentava:” Non sono una tigre, non sono un rinoceronte. Perché sono finito in questo deserto?”. (1)
“Perché le vostre idee, Maestro, non sono accettate dalla gente” gli rispose Zĭ Gòng.
1) Il lamento di Confucio richiama la poesia intitolata ”Quale pianta non è secca?”, che figura al n. 234 del “Libro delle Odi”, sezione " Odi minori” (小 雅 “xiăo yà" "), decade detta dei "Funzionari della Capitale" ( 都 人 士 之 仕 " dū rén shì zhī shì").
57) Confucio si irritò grandemente nel sentire queste parole.Toccò infine a Yán Yuān, il discepolo prediletto, fornire una risposta che gli suonasse gradita.”La nostra dottrina è buona” disse Yán Yuān” ed è una vergogna che i responsabili politici dei diversi paesi non vogliano metterla in pratica”. Confucio lo lodò ripetutamente: “Molto ben detto, mio piccolo Yán! Se un giorno diventerai ricco, io farò il tuo capo contabile.”
58) I lavoratori disprezzavano ed odiavano di tutto cuore Confucio, del quale conoscevano la fanatica opposizione a qualsiasi riforma. Nel ducato di Zhèng, giunti alla capitale, Confucio e i suoi discepoli si separarono. Confucio si accovacciò per terra alla porta orientale della città e si mise ad aspettare. I passanti lo chiamavano un “cane randagio”.Quando Zĭ Gòng glielo riferì, Confucio dovette ammettere che era proprio come un “cane randagio di cui nessuno ha cura”.
59)Successivamente, Confucio e i suoi discepoli si diressero verso il ducato di Cài, ma smarrirono la strada. Confuciò inviò Zĭ Lù a domandare a due contadini che stavano arando i campi nelle vicinanze dove fosse il traghetto per attraversare il fiume.Uno dei contadini, grosso e sudato, chiese a Z ĭ Lù: “ Chi è l’uomo seduto sulla carrozza?”. “È Confucio” gli rispose Zĭ Lù.
60) “È per caso quel Confucio che è originario del ducato di Lǔ? domandò di nuovo il grosso contadino.
“Sì. È lui. “ annuì Zĭ Lù.
“Hum!” continuò il contadino sorridendo freddamente “Se fosse quel genio che dicono, dovrebbe sapere dove sta il traghetto e non avrebbe bisogno di chiederlo a me”.
61) Sconcertato dalla risposta, Zĭ Lù dovette rivolgersi all’altro contadino, un uomo robusto, dalle gambe infangate, che gli replicò in tono burbero: “Invece di andare in giro con quel vecchio ostinato, che si oppone a qualsiasi riforma, faresti megli a venire a lavorare con noi!”. Detto questo, riprese ad arare senza aggiungere altro. (1)
1) L’episodio è riferito nei “Dialoghi”, cap.18, paragrafo 6.
L’autore del fumetto lo interpreta situandolo in un contesto di lotta di classe (contrasto politico tra i lavoratori, rappresentati dai due contadini, e il ceto dominante reazionario, rappresentato da Confucio).
Molti commentatori vi vedono invece raffigurato un contrasto di tipo dottrinale: invitando Zĭ Lù ad abbandonare Confucio e a ritirarsi in campagna, il contadino lo inviterebbe in realtà a lasciare la dottrina confuciana, che promuoveva l’impegno nella vita pubblica, per passare al taoismo, che favoriva invece a la meditazione ed il ripiegamento su sé stessi.
62) Zĭ Lù ritornò mogio mogio all’incrocio dove avevano fatto sosta, ma non vi ritrovò più Confucio. Allora fermò un vecchio contadino che stava passando e gli chiese: “Per caso, hai visto il Maestro?”. Il vecchio contadino, il quale sapeva che stava cercando Confucio, gli rispose con disprezzo:”Davvero un bel maestro uno che non fa un cavolo e che non sa nemmeno distinguere i cinque cereali!”. Per i lavoratori, infatti, Confucio non era altro che un buono a nulla e un parassita.
63) Zĭ Lù riferì dettagliatamente tutto ciò che aveva sentito a Confucio, che rimase interdetto.Dopo aver girato in lungo e in largo tutto il paese per diversi anni, alla fine era diventato come una vecchia pantegana che tutti insultavano e prendevano a calci. Questa triste conclusione è il traguardo obbligato di tutti i reazionari che si oppongono al corso della storia.
64) Passarono rapidamente alcuni anni. Un giorno, Confucio, il quale continuava ad incontrare ostacoli dovunque andasse, scoprì che Jì Kāngzi, al potere nel ducato di Lǔ, aveva assegnato un importante incarico al suo ex allievo Rǎn Qiú .Gesticolando e ballando di gioia, Confucio esclamò con orgoglio:”C’è speranza di tornare in patria! C’è speranza di tornare in patria! I miei discepoli sono persone di grandi capacità, ma temo che non siano ancora capaci di impadronirsi del potere”.” Perciò decise di tornare immediatamente a Lǔ.
65) Nel 484 a.C. Confucio, ormai sessantottenne, continuava ostinatamente a battersi per la restaurazione della schiavitù. Alla fine, ritornò in patria. Una sera, mentre il sole tramontava e stava scendendo l’oscurità, stanco e sfinito, seduto in una carrozza sgangherata, rivide la sua città natale, la capitale del ducato di Lǔ (oggi Qῡfù nello Shāndōng).
66) Confucio era testardo ed incapace di qualsiasi evoluzione. Anche da vecchio manteneva le stesse identiche idee che aveva avuto da giovane ed era totalmente insoddisfatto del modo in cui i veri detentori del potere nel ducato di Lǔ, i proprietari terrieri, governavano il paese. Jì Kāngzi intendeva infatti riformare il sistema economico-sociale basato sul lavoro servile e promuovere un nuovo sistema imperniato sull’imposta fondiaria, mentre Confucio deprecava qualsiasi riforma come “contraria alla realizzazione della Via nel mondo” e vi si opponeva ostinatamente.
67) Il sogno originario di Confucio di ripristinare la schiavitù grazie a Răn Qiù non si realizzò. Contrariamente alle aspettative del “maestro”, Răn Qiù non lo ascoltò e fece invece del suo meglio per aiutare Jì Kāngzi a realizzare le riforme e a spodestare la vecchia aristocrazia. Confucio, furibondo, aizzava i discepoli contro di lui dicendo:”Non lo riconosco più come mio allievo. Denunciatelo ed attaccatelo con tutte le vostre forze”(1)
1) La frase è riportata nei “Dialoghi”, cap.11, par.17. Ho reso con “denunciatelo” l’espressione cinese 敲鼓 (“qiāo gǔ”), letteramente “battete i tamburi”. I tamburi erano gli strumenti che venivano suonati, durante le battaglie, per ordinare l’assalto.
68) Confucio passava tutto il suo tempo a confabulare con i rappresentanti della vecchia aristocrazia. Un giorno giunse dal regno di Qín la notizia che Liǔ Xiàzhí (1), postosi a capo di una massa di 9.000 schiavi ribelli, aveva attaccato le città ed aveva catturato i proprietari di schiavi, che aveva poi fatto giustiziare. Confucio offrì i suoi consigli ai nobili, terrorizzazi dalla rivolta, e si recò da Liǔ Xiàzhí per indurlo a deporre le armi. (2)
1) Liǔ Xiàzhí 柳下跖, generalmente conosciuto come il Bandito Zhí 盗跖 (“dào zhí”), fu il capo di una rivolta degli schiavi durante il Periodo degli Stati Combattenti. (481 a.C.- 221 a.C.)
2) L’episodio è narrato nel capitolo 29 del “Zhuāngzĭ”, che reca il titolo “Il Bandito Zhí” 盗跖 (“dào zhí”). Il racconto, di fonte taoista, non ci presenta Confucio in una luce particolarmente favorevole.
69) Zhí era accampato, con i suoi compagni, sul pendio di una montagna. Quando sentì che Confucio era venuto a trovarlo, si infuriò:”Quel vecchiaccio non ha mai lavorato né per mangiare né per vestirsi. È uno che diffonde soltanto falsità e maldicenze. Non è un vero saggio, ma piuttosto un ipocrita ed un impostore. È ossessionato dall’idea di diventare funzionario. Pensa soltanto a restaurare il vecchio regime e a tornare indietro ai sistemi di una volta. È un individuo estremamente malvagio. Ditegli di sparire dalla mia vista!”.
70) Poiché Confucio insisteva per essere ricevuto, Zhí diede ordine di accompagnarlo da lui. Confucio, quando vide il capo ribelle, si inchinò profondamente e lo salutò con le mani giunte dinanzi al petto, poi cominciò ad adularlo:”Voi, generale, siete un uomo di bell’aspetto, intelligente ed abile nel guidare i soldati al combattimento, cose davvero rare a questo mondo, però...”.
71) A questo punto, cambiando discorso, continuò: "...però, e mi dispiace molto per voi, la gente in giro vi chiama Zhí il bandito. Se rinuncerete alla vostra ribellione, potrò intercedere per voi presso il sovrano e vi assicuro che potrò convincere qualche importante dignitario a...”. Guardandolo con ira, Zhí impugnò la spada e si mise bruscamente a gridare: “Ah, farabutto! Mi dici belle parole in faccia e, nello stesso tempo, cerchi di pugnalarmi alle spalle. Stai tentando di attirarmi in una trappola, ma non ci riuscirai.”
72) Confucio tentò di riprendere i temi che gli erano cari: “la necessità di sapersi dominare ed il ritorno all’osservanza dei riti”, “la coltivazione delle virtù civili e dell’arte militare”, ma Liǔ Xiàzhí lo interruppe sghignazzando:” Tu blateri che queste sciocchezze sono i princípi che reggono il mondo. Allora spiegami, se puoi, perché sei stato costretto a lasciare Lǔ, perchè a Cài ti hanno circondato con ostilità, perchè a Wèi ti hanno quasi ammazzato e perché sei corso come un pazzo di qua e di là, sbattendo la testa contro il muro dovunque tu sia andato.”
73) Indicandosi il naso con un dito (1), Liǔ Xiàzhí insultò Confucio:” Tu ti sei fatto un nome senza alcun merito ed hai rubato la tua fama prendendo in giro la gente. Sei tu quello che dovrebbero davvero chiamare brigante! Sei venuto a contarmi storie per indurmi a deporre le armi, spinto soltanto dal desiderio di acquistare credito presso i tuoi padroni e di guadagnarti una ricompensa. Torna a riferire ai tuoi padroni che noi rovesceremo questo paradiso di cui voi, cari miei, vi considerate sovrani e signori”.
1) Il gesto di indicare il proprio naso con un dito può essere interpretato in modo diverso. Esso può essere, ad esempio, inteso nel senso che chi lo compie intende dare forza alle proprie affermazioni, poiché in Cina il naso è visto come un elemento che identifica una persona. In Europa esso sembrerebbe piuttosto manifestare disapprovazione dei comportamenti o delle parole di un interlocutore.
74) Detto ciò, Zhí ingiunse a Confucio di andarsene.
Confucio aveva le vertigini ed era così sconvolto che non sapeva neppur più quale cammino prendere per tornare a casa. Era pallido in viso ed era così agitato che le redini gli sfuggirono tre volte di mano. Tenendosi la testa tra le mani non faceva che gridare: “Andiamocene! Andiamocene!” mentre scappava a gambe levate, seguito da Yán Yuān e Zĭ Gòng, che lo avevano accompagnato.
75) Dopo questo vergognoso insuccesso a Confucio non rimase altra scelta che quella di continuare a gestire la propria scuola, ma, ignorante ed impreparato come era, non capiva le teorie rivoluzionarie e non era in grado di produrre lavoro. Non faceva quindi nulla di buono. (1) Le cose che insegnava ai suoi discepoli, vale a dire il cosiddetto cerimoniale, la musica, le presunte virtù della benevolenza e della giustizia, rappresentavano soltanto la vecchia cultura mummificata dell’aristocrazia schiavista.
1) Il testo cinese dice che “era un grosso sacco pieno di pula”(是个满肚子秕糠的大草包 “shìgè mǎn dùzi bǐ kāng de dà cǎobāo”), cioè di scarti della lavorazione del grano che non servono a niente.
76). Alcuni discepoli non erano d’accordo con l’atteggiamento inflessibile di Confucio, il quale dimostrava una granitica ostinazione nel non voler rinunciare a nessuna delle sue idee.
Fán Chí gli chiese una volta di spiegargli i fondamenti dell’agricoltura, ma Confucio ignorò la sua richiesta e gli rispose: “Un vecchio contadino saprebbe spiegarteli meglio di me”.
Fán Chí gli chiese anche di insegnargli le regole dell’orticultura, ma Confucio, abbassando la testa, gli rispose: “Un vecchio ortolano saprebbe insegnartele meglio di me”. (1)
1)L’episodio è riportato nel capitolo XIII dei “Dialoghi”, paragrafo 4.
77) Di fronte a due rifiuti consecutivi di rispondergli, a Fán Chí non rimase altro da fare che andarsene via.
Confucio commentò malignamente alle sue spalle: “Questo ragazzo è davvero un po’ottuso. Che bisogno c’è per un uomo di talento di imparare i precetti dell’agricoltura? I contadini meritano la fame. Soltanto chi studia può essere promosso e fare fortuna.” (1)
1) L’autore del fumetto interpreta l’episodio come una manifestazione dell’odio e del disprezzo di Confucio per i lavoratori manuali ed in particolare per i contadini, aggiungendo tra l’altro alle parole del saggio una frase (“I contadini meritano la fame”) che non figura nei “Dialoghi”. È indubbio che Confucio privilegia l’attività intellettuale rispetto al lavoro manuale, ma ciò non si traduce necessariamente in un atteggiamento di disprezzo verso i contadini. Alcuni commentatori sottolineano invece che qui, come anche in altri passi dei “Dialoghi” (si veda il paragrafo 17 di questo stesso capitolo), Confucio intende formulare una regola relativa alla gestione dello Stato:” I governanti non devono perdersi nei dettagli dell’amministrazione, preoccupandosi, come fa in questo caso Fán Chí, di acquisire competenze in ogni singolo settore d’attività. Ciò che è determinante per governare con saggezza è l’adesione chiara, leale e consapevole ad alcuni valori fondamentali. Se esiste questo presupposto, il buon governo non ne sarà che una necessaria conseguenza”.
78) Oltre che per aver erudito i suoi discepoli su tutti gli aspetti del sistema schiavistico, Confucio divenne noto per aver composto dei libri di storia che falsificavano senza vergogna gli avvenimenti storici propugnando il ripristino della schiavitù. Queste cronache dei mutamenti storici, intitolate “Le Primavere e gli Autunni”, glorificano in tutti i modi la casta dei padroni di schiavi, criticano la classe emergente dei proprietari terrieri e promuovono una visione reazionaria della storia, il cui andamento appare ribaltato.
79) Confucio aveva già compiuto settant’anni ed era estenuato, malato e prossimo alla fine quando completò “Le Primavere e gli Autunni”. I suoi discepoli erano tutti morti o si erano dispersi ed intorno a lui erano rimasti davvero in pochi. Il povero vecchio continuava a lamentarsi: “Il mio sogno è finito! Il mio sogno è finito! Nessuno si accorge di me, ma il Cielo conosce i miei meriti.” (1)
1) L’autore del fumetto ha qui in mente il paragrafo 35 del capitolo XIV dei “Dialoghi”, che ci presenta Confucio in un momento di sconforto. Le espressioni di Confucio non vanno tuttavia necessariamente intese come l’ammissione di un fallimento totale. È vero che, pur ripetendo costantemente che si deve studiare per il proprio perfezionamento morale e non per ottenere fama e riconoscimenti, il Maestro soffre di essere trascurato dai governanti e dalla gente. Egli si consola, nondimeno, pensando di essere stato prescelto dal destino (il Cielo) per trasmettere un messaggio morale ai suoi concittadini.
80) Nella primavera del 479 a.C, Confucio, ormai settantatreeenne, giaceva in un angolo appartato della casa di famiglia. La malattia di cui soffriva aveva già raggiunto gli organi vitali e non si poteva più curare. Una mattina, il vecchio si tirò su dal letto e, intontito, appoggiandosi ad una canna, si trascinò sino alla soglia. Il sole splendeva radioso su tutta la terra, ma Confucio sentiva che i suoi occhi erano avvolti dall’oscurità.
81) Sette giorni più tardi, quel vecchio incredibilmente testardo emise l’ultimo respiro e fu deposto in una tomba. Il suo sogno di restaurare la schiavitù fu infranto dal progresso implacabile della storia che vide una nuova società di tipo feudale sostituirsi al declinante sistema schiavistico.
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82) Di Confucio ci è giunta, oltre l’opera storica intitolata “Le Primavere e gli Autunni”, una raccolta di “Dialoghi”, di impronta chiaramente reazionaria, pubblicata dai discepoli dopo la sua morte. Nei secoli successivi, le classi dirigenti reazionarie, non solo nella Cina, antica e moderna, ma anche all’estero, sfruttarono tutto questo ciarpame come strumento ideologico per opprimere il popolo e attribuirono il titolo di “saggio”ad un uomo come Confucio, che, in realtà, era stato semplicemente un ostinato controrivoluzionario.
83) Nella storia del nostro paese i lavoratori sono sempre stati i primi avversari di Confucio e sono sempre stati i più attivi nel criticare il confucianesimo. Tutte le insurrezioni contadine avvenute in Cina, da quelle di Chén Shèng (1) e di Wú Guăng (2) a quella dei Tàipíng (3), hanno sempre attaccato con violenza Confucio, che era riverito come un “saggio” dalla classe dominante reazionaria, e la sua dottrina, ostile ad ogni progresso. Ogni volta la critica del confucianesimo si è fatta più coraggiosa e più profonda. Lo spirito rivoluzionario che si sprigiona contro Confucio da queste rivolte irradierà sempre una luce immortale nella storia delle imprese rivoluzionarie dei lavoratori cinesi.
1) Chén Shèng 陈胜 guidò nel 209 a.C. un’insurrezione contadina contro la dinastia Qín 秦朝. Dopo alcuni successi iniziali, fu sconfitto ed ucciso nel 208 a.C.
2) Wù Guăng 吴广, un altro dei capi dell’insurrezione scoppiata nel 209 a.C. contro la dinastia Qín 清朝, fu ucciso anche lui nel 208 a.C.
3) La rivolta dei Tàipíng (太平天國運動 "tàipíng tiānguó yùndòng"), la più grande delle insurrezioni contadine scoppiate sotto la dinastia Qīng 清朝, durò dal 1850 al 1864.
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