Un film presentato qualche settimana fa alla 71ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: “Huángjīn Shidài” (黃 金 時 代 “L’Epoca d’Oro”) della regista Ann Hui ( 許 鞍 華 Xŭ Ānhuá) descrive la vita breve e travagliata della scrittrice Xiāo Hóng 萧 紅.
Xiāo Hóng è lo pseudonimo di Zhāng Năiyíng 張 乃 莹 (1911-1942).
Zhāng Năiyíng nacque il 2 giugno 1911 a Hūlàn 乎 兰 nel Hēilóngjāng 黑 龙 江 . Figlia di un proprietario terriero, rimase ben presto orfana di madre. Nel 1927 fu inviata a Harbin 哈 尔 滨 , dove frequentò un liceo femminile. Qui imparò a conoscere autori cinesi moderni come Lŭ Xùn 鲁 迅 e Xiè Bīngxīn 谢 冰 心 e scrittori stranieri come Upton Sinclair ed entrò in contatto con le idee progressiste propugnate dal Movimento del 4 Maggio (五 四 运 动 “wŭ sì yún dóng”).
Nel 1930 fuggì a Pechino con un giovane studente conosciuto a Harbin per evitare un matrimonio combinato dalla famiglia, ma, giunta nella capitale, scoprì che il suo compagno di fuga era già sposato. Raggiunta dal fidanzato ufficiale, si lasciò convincere, forse per mancanza di mezzi di sostentamento, dato che il padre l’aveva sostanzialmente ripudiata, a ritornare a Harbin e a vivere con lui pur senza sposarlo. Quando però rimase incinta, l’uomo la abbandonò in un albergo di Harbin, dove avevano soggiornato a lungo, senza pagare il conto. Zhāng Năiyíng riuscì a stento ad evitare che il proprietario dell’hotel la vendesse ad un bordello per recuperare il suo credito.
Sola ed in miseria, la ragazza scrisse ad un giornale locale per chiedere aiuto. Fu soccorsa ed ospitata da un redattore del giornale, lo scrittore Xiāo Jūn 萧 军. I due simpatizzarono e cominciarono a vivere insieme. Durante la convivenza, Zhāng Năiyíng, che aveva assunto lo pseudonimo di Xiāo Hóng, scrisse alcune brevi storie e, nel 1933, pubblicò insieme con Xiāo Jūn una raccolta di novelle intitolata “Un viaggio difficile” (跋 涉 “báshè”).
Nel 1934, la coppia si trasferì a Qīngdăo 青 岛 , dove Xiāo Hóng scrisse un lungo romanzo intitolato “Il campo della vita e della morte” (生 死 场 “shēng sĭ cháng”), avvincente descrizione della vita di alcune contadine sotto l’occupazione giapponese. A proposito di questo lavoro, Lŭ Xún dichiarò che l’opera si distingueva “per l’acutezza dell’osservazione e l’eccezionalità dello stile” e che Xiāo Hóng avrebbe potuto superare Dīng Líng 丁 玲 , la più famosa scrittrice dell’epoca. Nell’ottobre dello stesso anno, la coppia si stabilì a Shànghăi 上 海,dove, con l’aiuto di Lŭ Xún, il romanzo fu pubblicato e procurò all’autrice una grande reputazione negli ambienti letterari della città.
Sempre nel 1934, Xiāo Jūn e Xiāo Hóng completarono una raccolta di saggi autobiografici, “La strada del mercato” (商 市 街 “shāng shì jiē”), il cui titolo traeva ispirazione dal nome della strada in cui avevano abitato a Harbin.
Negli anni 1935-1936 Xiāo Hóng compose alcune novelle che pubblicò piu tardi in una raccolta intitolata “Il ponte” (桥 “qiáo” ).
Nel corso dell’anno 1936, le precarie condizioni di salute indussero la scrittrice a recarsi a Tokyo, dove sperava di poter ricevere cure più efficaci. Durante il soggiorno nella capitale giapponese, Xiāo Hóng scrisse una collezione di saggi intitolata “La vita solitaria” (孤 独 的 生 活 “gūdú de shēnghuó” ), nonché una raccolta di poesie intitolata “Granelli di Sabbia”( 沙 粒 “shālì” ), e pubblicò una raccolta di novelle intitolata “Sul carro dei buoi”( 牛 车 上 “niú chē shàng”).
Ritornata in Cina nel 1938, Xiāo Hóng ruppe con Xiāo Jūn e più tardi, a Wŭhàn 武 汉, sposò lo scrittore Duāngmù Hòngliáng 端 木 蕻 良 . Nel gennaio 1940, si trasferì con il marito da Chóngqìng 重 庆 a Hong Kong, dove prese alloggio nel quartiere di Kowloon 重 庆 . Qui pubblicò i suoi “Ricordi di Lŭ Xún” ( 回 忆 鲁 迅 先 生 “huíyì Lŭ Xún xiānshēng”), dedicati alla memoria dello scrittore, che era morto nel 1936, ed il primo volume di una trilogia “Mă Bólè” 马 伯 乐 , che intendeva essere una satira del nazionalismo e della guerra. Durante il soggiorno a Hong Kong, Xiāo Hóng scrisse il suo romanzo di maggior successo “I racconti del fiume Hūlàn” ( 呼 兰 河 传 “Hūlàn hé zhuàn”), che descrive l’ambiente sociale della sua giovinezza.
Morì di tubercolosi il 22 gennaio 1942 nell’ospedale del St. Stephen Girls’College di Hong Kong, dove era stata ricoverata in seguito all’aggravarsi della malattia.
In un breve racconto intitolato “Mani”(手”shŏu”) Xiāo Hóng descrive la triste storia di una ragazza povera la cui emarginazione sociale è quasi simbolicamente rappresentata dal colore violaceo delle mani, risultato del continuo lavoro in tintoria. Riporto, qui di seguito, le pagine iniziali del racconto, da me tradotte qualche mese fa, riservandomi di completare la traduzione quando ne avrò tempo e modo.
MANI
Da quando sono arrivata qui non ho mai visto tra le mie compagne di classe mani come queste: bluastre, anzi nere, o, piuttosto, violacee; tutte scure, dalle unghie fino ai polsi.
I primi giorni, la chiamavamo “il fenomeno”. Più tardi, alla fine delle lezioni, tutte le si affollavano intorno. Non c’era però nemmeno una che osasse chiederle delle sue mani.(1)
Quando l’insegnante faceva l’appello, non riuscivamo a resistere; non si poteva non scoppiare a ridere.
“Lĭ Jí!”.
“Presente!”
“Cháng Chūfáng!”
“Presente!”
“Xú GuÌzhēn!”
“Presente!”.
Rapidamente ed ordinatamente, ciascuna si alzava e poi si sedeva di nuovo, ma, ogni volta che il professore arrivava a “Wáng Yàmíng”, era costretto a ripetere l’appello.
“Wáng Yàmíng...Wáng Yàmíng... ti sta chiamando!” l’avvertivano le compagne , e solo allora lei si alzava, tenendo le braccia diritte lungo i fianchi in modo da nascondere le mani bluastre, con la testa e le spalle piegate in avanti, la faccia china sul banco e ripeteva in fretta:“Presente! Presente! Presente!”.Le altre non riuscivano a trattenersi dal ridere, ma lei rimaneva del tutto indifferente, nonostante il rumore delle sedie che sbattevano, immobile, e si risiedeva, rigida come la lancetta di una pendola.
Un giorno c’era lezione di inglese. Il professore di inglese, sorridendo, si tolse gli occhiali e , stropicciandosi gli occhi, le disse: “ Al prossimo appello, invece di borbottare “hei-er”, rispondi pure “Presente!”.
Tutte si misero a sghignazzare. Si alzarono in piedi. Fecero un grande baccano.
Alla lezione successiva, quando l’appello arrivò di nuovo a Wáng Yàmíng, le suggerimmo di nuovo “hei-er, hei-er”.
“Non hai studiato la lezione di inglese, non è vero?”domandò il professore d’inglese mentre posava gli occhiali sulla cattedra. “ Questo sarebbe inglese? Studiare vuol dire imparare, vuol dire assimilare ciò che ti insegnano.....la matita si dice “pencil”...la penna si dice “pen” ma non ti ho insegnato “hei-er”. “Here” vuol dire “qui”. Ora leggi : “here, here!”.(2)
“Shi-ar, shi-ar”ripeté lei. Non riusciva a pronunciare la parola correttamente. Di fronte ad una pronuncia così ridicola, l’intera classe scoppiò in un boato di risa tale da far tremare e balzare in piedi dallo spavento, ma Wáng Yàmíng si rimise a sedere come se nulla fosse e le sue mani violacee cominciarono a sfogliare le pagine del libro, mentre tutt’intorno si sentiva mormorare : “ huati...zeisi... aar”.(3)
Durante l’ora di matematica, Wáng Yàmíng doveva risolvere un’equazione ed il risultato fu questo: “2 x+y= ...x *.x....”.
A mezzogiorno, al tavolo della mensa, dopo che le sue mani violacee avevano già afferrato i panini, pensava ancora al libro di “geografia”: “Il Messico è un produttore d’argento...lo Yúnnán....Dàlĭ è situata nella parte occidentale dello Yúnnán”.
Di notte, nascosta nel gabinetto, leggeva i libri di testo e, quando spuntava il giorno,era ancora seduta sulle scale del collegio a studiare. In qualsiasi angolo dove ci fosse un po’ di luce, ero certa di incontrarla.
Un mattino, dopo una notte in cui era caduta molta neve e dai rami degli alberi, fuori dalle finestre, pendevano filamenti simili ad un bianco merletto, scorsi una figura che sonnecchiava appoggiata al davanzale di una finestra dall’altro lato del dormitorio, all’estremità della lunga navata.
“Che ci fa làggiù? In quell’angolo fa troppo freddo”esclamai e mi lanciai, facendo risonare le mie scarpe impellicciate sul pavimento, emettendo soltanto una sorta di sibilo inarticolato, perché eravamo di primo mattino e tutto il collegio era immerso in uno straordinario silenzio.
Ciò che vedevo era una compagna di classe in pigiama, ancora appoggiata al letto.Non ero ancora arrivata alla sua altezza quando m’accorsi che uno spiffero sfogliava le pagine del libro aperto sulle sue ginocchia.
“ Che cosa fa questa qui? Studia anche la domenica!” esclamai, intenzionata a svegliarla, quando, improvvisamente, vidi quelle mani violacee. “Wáng Yàmíng! Ei! Sveglia!Sveglia!” Non conoscevo nemmeno ancor bene il suo nome eppure sentivo nascere in me una strana, spontanea avversione nei suoi confronti.
“Oh..oh..mi ero addormentata..”continuava a ripetere lei, con un risolino ebete. “Huati....zeishi , shi ai “.(4) Non era ancora riuscita a trovare la pronuncia corretta dei vocaboli scritti nel libro. “Uati...zeishi.. questo inglese è veramente difficile....Non ha alcuna somiglianza con la nostra lingua Il professore dice che l’inglese non è difficile...non è difficile...e vedo che neppure voi lo trovate difficile, ma io sono stupida, il cervello di una contadina non può essere sveglio come il vostro. Persino mio padre è meglio di me. Mi racconta che, da ragazzo, sapeva già scrivere il carattere “Wáng”.
(segue)
NOTE
(1) La storia qui raccontata si ispira ai ricordi del periodo che la scrittrice trascorse a partire dal 1927 nel collegio femminile di Harbin. Ho quindi usato il termine “compagne di classe” anche se questa traduzione non appare direttamente giustificata dall’analisi grammaticale del testo.
(2) Nell’originale, la scrittrice usa i caratteri occidentali per indicare la pronuncia corretta del termine “here”.Le pronunce errate dell’allieva sono invece indicate con gli ideogrammi.
(3) L’autrice intende qui indicare la pronuncia errata di alcuni vocaboli inglesi, che potrebbero essere “water”, “size” e “are”.
(4) “Shì” potrebbe essere una pronuncia errata di ”she”.”Āi” potrebbe essere una pronuncia errata di “I”.