SŪ “SETTE MONETE”
Nei primi anni della Repubblica un certo dottor Sū, il cui nome esatto era Sū Jīnsàn, aprì un ambulatorio nel quartiere di Xiăobáilóu.Era specializzato nella riduzione delle fratture e nella posa di stecche ed anche gli Occidentali residenti a Tiānjīn andavano a farsi curare da lui quando s’erano rotti un braccio o una gamba in una gara d’equitazione.
Era un uomo che aveva passato la cinquantina, di alta statura, vestito di una lunga tunica all’antica. Aveva mani sottili ma forti, un bel viso (1), occhi brillanti (2) e, sul mento, un pizzetto caprino, nerissimo, così liscio e lucente che sembrava oliato. Parlava con una voce di petto che proveniva dal diaframma (3), potente e sonora, e se avesse voluto coltivarla avrebbe ancora potuto fare concorrenza a Jīn Shăoshān.(4)
Aveva con le mani una destrezza straordinaria. Che faceva quando qualcuno andava a trovarlo per uno strappo muscolare o per la frattura di un osso? Gli bastava tastare con un dito il punto dolorante per capire istantaneamente di che cosa si trattasse. Le sue mani si mettevano allora d’improvviso a svolazzare rapide come un lampo, simili ad una coppia di uccelli bianchi, si sentivano le ossa schioccare e, prima che il paziente avesse avuto il tempo di soffrire, la frattura era già ridotta. Poi ingessava e applicava una stecca. Il paziente rientrava a casa che stava già bene.Se per caso ritornava, lo faceva solo per inchinarsi profondamente dinanzi al dottor Sū e ringraziarlo, offrendogli tavolette votive .(5)
Gli uomini di talento sono, in genere, degli originali. Il dottor Sū, per quanto lo riguardava, aveva un’abitudine speciale: chi andava da lui, ricco o povero che fosse, conosciuto o sconosciuto, doveva anzitutto depositare sul tavolo operatorio sette monete d’argento (6) se voleva essere curato, altrimenti non c’era dubbio.che il dottore non lo avrebbe nemmeno guardato in faccia. Si può dire che questo modo di fare fosse una prassi della professione? No! Era la sua regola personale. Gli si rimproverava di badare soltanto al denaro, non alle persone, e , siccome un suo intervento costava sette monete d’argento, gli era stato affibbiato il nomignolo spregiativo di “Sū Sette Monete”. Rivolgendosi a lui, la gente lo chiamava “dottor Sū”, ma, non appena girava le spalle, ridiventava “Sū Sette Monete”. Quanto al suo vero nome, Sū Jīnsàn, nessuno lo conosceva, né lo usava.
Al dottor Sū piaceva giocare a carte. Un giorno che non avevano altri impegni, due suoi amici andarono a trovarlo per fare una partita e, poiché mancava il quarto giocatore, invitarono ad unirsi a loro il dottor Huá, un dentista che abitava non lontano di lì, sul lato settentrionale della via.
Nel bel mezzo della partita, videro irrompere a precipizio sulla soglia dell’ambulatorio il conducente di risciò Zhāng Sì, il quale rimase addossato alla porta, tenendosi il gomito sinistro con la mano destra, il volto gocciolante di sudore, la camicia tutta bagnata intorno al collo. Era evidente che si era rotto un braccio e che soffriva molto. Ma un conducente di risciò guadagna giusto quanto gli basta per tirare avanti da un giorno all’altro. Come avrebbe potuto tirar fuori sette monete d’argento? Mugolando per il dolore, implorò il dottor Sū di fargli credito, giurò che lo avrebbe pagato più tardi, ma il dottore, come se non avesse sentito nulla, continuava a palpare le carte, a scrutarle, a riflettere e a metter giù, con l’espressione ora contenta ora rabbuiata ora ansiosa ora fintamente rilassata di chi è totalmente concentrato sul gioco. Uno dei giocatori finì per reagire e fece un segno con la mano verso la porta, ma il dottor Sū non alzò gli occhi dalle carte. Quel soprannome di “Sū Sette Monete” era veramente ben meritato. (7)
Il dottor Huá, il dentista, era conosciuto per il suo buon cuore. Fingendo di dover andare alla toilette, lasciò il tavolo da gioco e passò nel cortile posteriore della casa, poi uscì dalla porta di servizio e , girando intorno all’edificio, ritornò sulla via principale. Di lontano chiamò, senza alzare la voce, Zhāng Sì, che era ancora appoggiato allo stipite della porta d’entrata, tirò fuori sette monete d’argento che aveva in tasca e gliele diede. Senza aspettare i ringraziamenti dell’uomo, si voltò e tornò indietro, rientrò nella stanza, si sedette di nuovo e riprese a giocare come se niente fosse.
Qualche istante dopo, Zhāng Sì entrò nella stanza , piegato in due per il dolore, e contò le sette monete d’argento che “risonarono” sul tavolo operatorio. Questa volta il dottor Sū si levò di scatto e, in un attimo, era già di fronte a Zhāng Sì. Gli rimboccò la manica della camicia, gli distese il braccio sul tavolo operatorio, afferrò con la punta delle dita l’estremità dell’osso, tirò a sinistra, spinse a destra, sollevò verso l’alto, premette verso il basso. Mentre Zhāng Sì contraeva le spalle e ritraeva il collo, chiudeva gli occhi e serrava i denti, preparandosi all’inevitabile sofferenza, il dottor Sū gli stava già dicendo :”È fatta”. Spalmò immediatamente un impiastro, applicò una stecca e diede a Zhāng Sì qualche sacchetto di erbe medicinali in polvere da inghiottire per stimolare la circolazione del sangue e calmare il dolore. Quando Zhāng Sì gli disse che non aveva più soldi per pagare i medicinali, gli rispose “Te li regalo” e tornò a giocare.
Quel giorno la partita andò avanti con perdite e guadagni alterni e si trascinò finchè non giunse il momento di accendere le luci e gli stomaci vuoti non cominciarono a borbottare. Solo allora i giocatori si separarono. Nel momento in cui i visitatori si avvicinavano alla porta, il dottor Sū allungò la sua mano sottile per trattenere il dottor Huá. Dopo aver aspettato che gli altri due compagni di gioco fossero usciti, tirò fuori sette monete d’argento dal mucchietto di monete che era rimasto sul tavolo da gioco dinanzi alla sua sedia e le mise in mano al dottor Huá , che lo guardava stupefatto, dicendogli: “C’è una cosa che vorrei dirvi. Non dovete pensare che io sia un uomo senza cuore. Soltanto, non posso venir meno a un principio che mi sono fissato io stesso”.
Questa frase continuò a girare nella testa del dottor Huá mentre tornava a casa. Ci pensò su per tre giorni e per tre notti senza riuscire a comprendere che cosa il dottor Sū avesse veramente voluto dire, ma concepì, nella sua mente, una grande ammirazione per l’uomo, per la sua logica e per il suo comportamento.
NOTE
1) L’espressione cinese è 红唇皓齿 (“hóng chún hào chĭ”), vale a dire ”labbra rosse, denti bianchi”.
2) Nel testo cinese si legge 眸子赛灯 (”mòuzi sàidēng”), vale a dire “occhi che sembravano lanterne”.
3) Ho reso con “voce di petto” l’espressione cinese 丹 田 气 (“dāntián qì”), letteralmente “il soffio del campo di cinabro”. Il “campo di cinabro medio”( 中 丹 田 “dāntián”),è, secondo la dottrina taoista, il luogo in cui si accumula l’energia (气 “qì”) che poi si irradia nelle diverse parti del corpo.
4) Jīn Shăoshān 金少山 (1890-1948), celebre cantante dell’opera di Pechino, aveva una voce potente ed era capace di acuti impressionanti. Sono rimaste memorabili le sue interpretazioni del re di Chŭ e di Cáo Cāo.
5) La successione dei termini nel testo cinese 大躬,大恩,大匾 (dàgōng, dà’ēn, dà biǎn),vale a dire “ grandi inchini, grandi ringraziamenti, grandi tavolette”, esprime bene la riconoscenza dei pazienti nei confronti del medico che li ha curati in modo così efficace. Il termine 匾(“biān”) indica una tavoletta di legno recante un’ iscrizione. In genere si tratta di tavolette votive donate ai templi e ai santuari. Nel caso specifico rappresentano invece una manifestazione di riconoscenza verso una singola persona.
6) Lo “yuán”元 è un’unità monetaria cinese posta in corso durante la dinastia Qíng. Esso prese la forma di una moneta il cui contenuto in metallo prezioso fu fissato nel 1889 alla pari con quello del “peso” messicano (circa 29 grammi d’argento).
7) L’espressione idiomatica 斩钉截铁 (“zhăng dīng jié tié”), letteralmente “rompere i chiodi e spezzare il ferro” indica un comportamento particolarmente fermo e risoluto. Nel caso specifico, l’atteggiamento inflessibile del dottor Sū sembra giustificare pienamente il suo soprannome.
《苏七块》
苏大夫本名苏金散,民国初年1在小白楼一带,开所行医,正骨拿环,天津卫挂头牌,连洋人赛马折胳膊断腿,也来求他。
他人高袍长,手瘦有劲,五十开外,红唇皓齿,眸子赛灯,下巴儿一绺山羊须,浸了油赛的乌黑锃亮。张口说话,声音打胸腔出来,带着丹田气,远近一样响,要是当年入班学戏,保准是金少山的冤家对头。他手下动作更是“干净麻利快”,逢到有人伤筋断骨找他来,他呢?手指一触,隔皮截肉,里头怎么回事,立时心明眼亮。忽然双手赛一对白鸟,上下翻飞,疾如闪电,只听“咔嚓咔嚓”,不等病人觉疼,断骨头就接上了。贴块膏药,上了夹板,病人回去自好。倘若再来,一准是鞠大躬谢大恩送大匾来了。
人有了能耐,脾气准各色。苏大夫有个各色的规矩,凡来瞧病,无论贫富亲疏,必得先拿七块银元码在台子上,他才肯瞧病,否则绝不搭理。这叫嘛规矩?他就这规矩!人家骂他认钱不认人,能耐就值七块,因故得个挨贬的绰号叫做:苏七块。当面称他苏大夫,背后叫他苏七块,谁也不知他的大名苏金散了。
苏大夫好打牌。一日闲着,两位牌友来玩,三缺一,便把街北不远的牙医华大夫请来,凑上一桌。玩得正来神儿,忽然三轮车夫张四闯进来,往门上一靠,右手托着左胳膊肘,脑袋瓜淌汗,脖子周围的小褂湿了一圈,显然摔坏胳膊,疼得够劲。可三轮车夫都是赚一天吃一天,哪拿得出七块银元?他说先欠着苏大夫,过后准还,说话时还哼哟哼哟叫疼。谁料苏大夫听赛没听,照样摸牌看牌算牌打牌,或喜或忧或惊或装作不惊,脑子全在牌桌上。一位牌友看不过去,使手指指门外,苏大夫眼睛仍不离牌。“苏七块”这绰号就表现得斩钉截铁了。
牙医华大夫出名的心善,他推说去撒尿,离开牌桌走到后院,钻出后门,绕到前街,远远把靠在门边的张四悄悄招呼过来,打怀里摸出七块银元给了他。不等张四感激,转身打原道返回,进屋坐回牌桌,若无其事地接着打牌。
过一会儿,张四歪歪扭扭走进屋,把七块银元“哗”地往台子上一码。这下比按灵还快,苏大夫已然站在张四面前,挽起袖子,把张四的胳膊放在台子上,捏几下骨头,跟手左拉右推,下顶上压,张四抽肩缩颈闭眼龇牙,预备重重挨几下,苏大夫却说:“接上了。”当下便涂上药膏,夹上夹板,还给张四几包活血止疼口服的药面子。张四说他再没钱付药款,苏大夫只说了句:“这药我送了。”便回到牌桌旁。
今儿的牌各有输赢,更是没完没了,直到点灯时分,肚子空得直叫,大家才散。临出门时,苏大夫伸出瘦手,拦住华大夫,留他有事。待那二位牌友走后,他打自己座位前那堆银元里取出七块,往华大夫手心一放,在华大夫惊愕中说道:
“有句话,还得跟您说。您别以为我这人心地不善,只是我立的这规矩不能改!”
华大夫把这话带回去,琢磨了三天三夜,到底也没琢磨透苏大夫这话里的深意,但他打心眼儿里钦佩苏大夫这事这理这人。