Giuseppe Castiglione alias Láng Shìníng”
Giuseppe Castiglione è il più noto degli artisti occidentali che operarono alla corte dei Qīng nel XVIII° secolo.
Coloro che hanno scritto di lui e della sua opera hanno di solito messo in rilievo più la sua qualità di missionario gesuita che la sua formazione pittorica.
Quest’ultimo aspetto è stato invece esaminato con maggiore attenzione in una tesi di dottorato presentata presso l’University of East Anglia a Norwich nel 2006.(1)
L’autore, Marco Musillo, parte dalla constatazione che molti dei missionari gesuiti inviati alla corte di Pechino negli ultimi anni del XVII° secolo e nei primi decenni del secolo seguente possedevano competenze artistiche di livello professionale.
Questo fatto non era puramente casuale, ma corrispondeva, come la tesi dimostra in modo documentato, ad un desiderio espresso dell’Imperatore Kāngxī 康熙. (2)
Risulta quindi provato che Castiglione fu inviato in Cina non solo in quanto missionario, ma anche e soprattutto in quanto artista.
Ciò implica che egli sia stato reclutato dalla Compagnia di Gesù dopo un accurato accertamento non soltanto della sua idoneità morale, ma anche delle sue capacità pittoriche.
Ne consegue che, al momento della sua entrata nell’Ordine, Giuseppe Castiglione doveva già essere un giovane pittore di riconosciuta esperienza e che la sua formazione assume un’importanza molto più rilevante di quanto si fosse finora pensato.
Pochi essendo tuttavia i documenti relativi alla vita di Castiglione prima della sua partenza per la Cina, le ricerche sulla sua pratica artistica giovanile appaiono assai laboriose.
L’unico documento sicuro di cui disponiamo è la “Memoria Postuma”, breve ricordo spirituale redatto, secondo l’uso, da un confratello (3) dopo la sua morte, che contiene anche alcuni dati biografici. Vi leggiamo, tra l’altro, quanto segue: “Arti pictoriae sub disciplina magistri, illius aetatis celeberrimi, tam sedulo navavit operam, ut discere docturius videretur”. (4)
Tre nomi di pittori famosi che operarono a Milano verso la fine del 1600 sono stati fatti con riferimento a questa menzione: Carlo Cornara (1605-1677), Filippo Abbiati (1640-1705) e Andrea Pozzo (1642-1709).
Carlo Cornara morì una decina d’anni prima della nascita di Castiglione. Poiché il nome del Cornara è legato alla famosa Bottega degli Stampatori, che aveva sede nella parrocchia di San Marcellino, dove era nato e abitava Castiglione (5), si potrebbe ipotizzare che quest’ultimo si sia formato nella suddetta bottega in cui rimaneva forte l’influenza del maestro. L’espressione “sub disciplina”, che figura nella “Memoria Postuma” lascia però pensare ad un insegnamento diretto, il che porterebbe ad escludere che il “famosissimo maestro” di cui si parla sia il Cornara.
Rapporti diretti sembrano assai improbabili anche con Andrea Pozzo, che operò a Milano in anni precedenti a quelli in cui Giuseppe Castiglione compì la propria educazione artistica.(6)
Ciò non significa però che Pozzo non possa aver esercitato una grande influenza su Castiglione, allorché questi risiedette nella Casa Professa dei Gesuiti a San Fedele in Milano, dove Andrea Pozzo aveva dipinto una pala d’altare e alcuni affreschi.
Lo stesso Castiglione si dichiara, retoricamente, indegno “discepolo “ di Andrea Pozzo quando, in una lettera del 14 ottobre 1729 (7) propone al Preposito generale dei Gesuiti, Michelangelo Tamburini, di realizzare un volume di incisioni…,le quali “servissero in Europa d’alcun aiuto a principianti nell’arte della pittura”, pur dichiarando:” ancor che io povero e inutile non arrivi ad essere degno discepolo di tal Fratello”.(8)
Appare significativo anche il fatto che Castiglione contribuì in modo importante alla traduzione cinese di parte del primo volume della “Perspectiva pictorum et architectorum,” di Andrea Pozzo.(9)
Nella prefazione al testo cinese, intitolato 视学 (“shìxué”), vale a dire “La scienza della visualità”, il traduttore Nián Xīyáo 年希尧 riconosce infatti espressamente l’aiuto fornitogli da Láng Shìníng 郎世宁, cioè da Castiglione.(10)
Rimane quindi da prendere in considerazione soltanto Filippo Abbiati (1640-1715), che operò a Milano negli ultimi anni del XVII° secolo (11), cioè proprio nel periodo in cui avrebbe potuto avere per allievo un giovanissimo Giuseppe Castiglione. Le sue opere appaiono caratterizzate da un impeto spettacolare e scenografico che chiaramente annuncia la pittura rococò. È perciò probabile che sia lui il maestro da cui Castiglione fu a bottega durante il periodo in cui visse a Milano.(12)
Le prime opere pittoriche di Castiglione risultano comunque realizzate a Genova, dove egli entrò nell’ordine dei Gesuiti il 16 gennaio 1707 e fu iscritto nei registri della Compagnia come coadiutore novizio destinato alla Cina). (13)
Nella sua guida intitolata “Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura ed architettura”, pubblicata nel 1780 presso l’editore Leone Gravier, Carlo Giuseppe Ratti gli attribuisce la pala dell’altar maggiore della chiesa di Sant’Ignazio, già noviziato dei Padri Gesuiti, e molti quadri ad olio nel refettorio del collegio, di cui facevano probabilmente parte “L’Apparizione di Cristo a Sant’Ignazio” e “Sant’Ignazio nella grotta di Manresa”. (14)
La paternità di queste opere è confermata da una lettera del fratello coadiutore Giuseppe Panzi (15) che, scrivendo il 22 novembre 1777 da Pechino al Padre Giuseppe Solari, maestro dei novizi a Genova, menziona Castiglione, cui era succeduto come pittore di corte, e nota “questo Castiglione è quello che ha fatto i famosi quadri del loro rispettabile refettorio”.(16)
Otto tele che figuravano sulle pareti del refettorio sono ora conservate nel Pio Ricovero Martinez in Genova (17), mentre delle tele che ornavano la chiesa di Sant’Ignazio sembra essersi persa ogni traccia.
Trasferito in Portogallo nel 1710 per imbarcarsi a destinazione della Cina (18), Castiglione vi fu trattenuto alcuni anni (19) con l’incarico di dipingere nella Chiesa del noviziato dei Gesuiti, ora Nuova Cattedrale di Coimbra, alcuni pannelli nella cappella dedicata a San Francesco Borgia ed una “Circoncisione” per l’altar maggiore. (20) Dipinse altresì i ritratti di due giovani principi della casa reale, che sono andati perduti.
I suoi biografi menzionano anche una sua attività a Macao nel 1714, come affrescatore delle pareti di una o più chiese dei Gesuiti, ma senza fornire dati più precisi.
Giunto a Pechino nel 1715, il 22 novembre 1715 fu presentato all’imperatore Kāngxī dall’ecclesiastico napoletano Matteo Ripa, pittore e incisore su rame, che, in quell’occasione, fungeva da interprete. (21)
Si racconta che Castiglione avesse portato con sé il dipinto di un cane da mostrare all’Imperatore, ma Kāngxī gli chiese di disegnare subito dal vivo un uccellino, cosa che Castiglione fece con grande abilità.
Ciònonostante, l’Imperatore non gli commissionò opere su tela o su seta, ma lo invitò invece a dipingere su smalto (22). Per questa ragione non ci sono stati conservati quadri di Castiglione che risalgano al regno di Kāngxī.
Le cose cambiarono con l’ascesa al trono del successore di Kāngxī.,Yōngzhèng 雍正 (23), ma va anzitutto osservato che Castiglione dovette accettare di vedersi imporre, come agli altri artisti occidentali, criteri tecnici ed estetici che non corrispondevano per nulla alla sua precedente esperienza.
Bisogna ricordare che egli portava con sé sia per quanto riguardava i soggetti, sia per quanto riguardava la composizione, sia per quanto riguardava la tecnica, la sua esperienza di pittore europeo.
Nulla, o quasi nulla, di tutto ciò gli fu permesso di trasporre nella sua attività presso la Corte imperiale cinese.
La principale tematica che gli era stata propria in Europa (scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, episodi delle vite dei Santi) dovette essere abbandonata, non solo perché estranea alla cultura del suo committente, l’Imperatore, ma anche perché, in conseguenza della “controversia dei riti” era stata fortemente limitata in Cina la propaganda della fede cattolica.(24)
Era invece ammessa la ritrattistica, ma la trattazione del modello rifuggiva dalla precisa ricerca di caratterizzazione psicologica e di movimento tipica dei ritratti occidentali e lo sfondo era del tutto trascurato o largamente stilizzato.
Analoghe considerazioni valevano per i dipinti di argomento storico.
Il gusto cinese prediligeva peraltro la rappresentazione minuziosa di animali e di uccelli, le nature morte ed i paesaggi. Se questi generi non mancavano, all’epoca, nella pittura occidentale erano tuttavia lontani dal costituirne l’oggetto predominante ed erano comunque trattati in modo totalmente diverso da ciò che avveniva in Cina.
Infine, per quanto riguarda la tecnica, tecniche come il chiaroscuro, la prospettiva o la quadratura erano completamente sconosciute in Cina, dove destavano sconcerto e stupore.
Nella sua attività alla corte dell’Imperatore, Castiglione dovette dunque costantemente sforzarsi di dimenticare la sua formazione occidentale e di utilizzarla soltanto nei limiti in cui essa risultasse compatibile con i criteri artistici cinesi.
Ad esempio, ritraendo l’Imperatore o altri personaggi della corte imperiale, egli dovette rinunciare al chiaroscuro che scandalizzava i Cinesi, i quali non riuscivano a capire come si potesse rendere con colori differenti o con varie tonalità di colore il volto di un individuo, convinti come erano che macchie di colore diverso sul viso di una persona potessero rappresentare soltanto segni di malattia o di scarsa igiene personale, e cercare di dare movimento al volto del modello con tecniche molto meno appariscenti.
I primi dipinti cinesi che ci siano rimasti di Castiglione risalgono agli inizi del regno di Yōngzhèng e rappresentano una mescolanza di stili.
Il primo assoluto in ordine di tempo sembra essere un rotolo verticale di seta dipinto a colori ed inchiostro, intitolato “Raccolta di simboli di buon auspicio”, che rappresenta un vaso di fiori. Il rotolo è datato “il quindicesimo giorno del nono mese del primo anno dell’era Yōngzhèng”( 雍正元年九月十五日) e firmato “il cortigiano venuto d’oltremare dall’Occidente, Láng Shìníng” ( 海西臣 郎世宁).(25)
L’influenza cinese appare evidente nel trattamento del soggetto.
Se facessimo, ad esempio, un confronto con un vaso di fiori dipinto da un pittore europeo vedremmo subito che quest’ultimo non sarebbe presentato su un fondo totalmente spoglio, bensì poggiato su una tavola, se non riccamente imbandita, perlomeno coperta da una tovaglia, e sullo sfondo di una parete, se non addirittura in un elegante salotto. Anche la luce non ricadrebbe frontalmente sul soggetto in provenienza da un’unica fonte, ma darebbe luogo ad un complesso gioco di chiaroscuri.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Giuseppe_Castiglione_-_Gathering_of_Auspicious_Signs.jpg
https://www.myddoa.com/flowers-in-a-jug-hans-memling/
Un altro famoso dipinto della stessa epoca è quello intitolato “Pino, falco e funghi” (colori su rotolo di seta) creato nel 1724 per il compleanno dell’imperatore Yōngzhèng. (26) Anche qui troviamo una sola fonte di luce che illumina in modo uniforme il paesaggio.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:The_Pine,_Hawk_and_Glossy_Ganoderma.jpg
L’arte di Castiglione fu apprezzata dall’imperatore Qiánlóng 乾隆 (27), salito al trono nel 1735, che il pittore ritrasse ancor giovane nel 1736.
Curioso è il ritratto del giovane imperatore, raffigurato a fianco dell’imperatrice e di altre undici tra consorti e concubine su un rotolo da svolgere a mano. Sebbene tutti i personaggi siano raffiguranti in posizione frontale e le donne siano praticamente tutte abbigliate con un abito della stessa foggia (28), Castiglione riesce a rendere in qualche modo distinguibili i diversi volti femminili. (29)
https://arthistoryproject.com/artists/giuseppe-castiglione/portraits-of-emperor-qianlong-the-empress-and-eleven-imperial-consorts/
Molte delle opera di Castiglione sono ritratti dell’Imperatore, dell’Imperatrice o di altri personaggi della Corte.
Questi ritratti non sono firmati, perché la raffigurazione dell’Imperatore o di membri della Casa imperiale era considerata per i pittori di corte un dovere solenne, nel cui adempimento l’artista non doveva lasciarsi sviare da impulsi di vanagloria quale avrebbe potuto essere l’apposizione della propria firma.
L’attribuzione a Castiglione, in questi casi, avviene sulla base di considerazioni attinenti alle caratteristiche dell’opera che non sono presenti nei ritratti realizzati dai suoi contemporanei cinesi.
Prendiamo, ad esempio, il ritratto della Nobile Consorte Imperiale Chúnhuì 純惠皇貴妃 (chúnhuì huángguìfēi) (30), sul quale non figurano altre annotazioni che il nome del modello, scritto di sua mano dallo stesso imperatore Qiánlóng.
Il ritratto è dipinto nello stile ufficiale tradizionale detto “shèngróng” 圣容, letteralmente “sacra apparenza” che prevede la raffigurazione del soggetto in posa frontale e senza espressione. (31) Tuttavia, una leggera ombreggiatura, tipica della tecnica pittorica europea, conferisce freschezza e vivacità al volto della giovane donna.
https://arthistoryproject.com/artists/giuseppe-castiglione/portrait-of-consort-chunhui/
Più vicini al gusto occidentale sono invece alcuni ritratti della “Concubina Profumata”.(32) In uno di essi, la donna appare vestita di un abito di foggia occidentale e con un cappellino in testa, seduta all’ombra di un albero, con un canestro di fiori a fianco. La composizione del dipinto e la coloratura sono di tipo nettamente europeo.
https://www.wikiwand.com/en/Fragrant_Concubine
https://fr.wikipedia.org/wiki/Fichier:Thomas_Gainsborough,_Portrait_of_a_Woman,_Possibly_of_the_Lloyd_Family_c._1750.jpg
Lo stesso si può dire del ritratto della stessa concubina in elmo piumato e corazza, una ripresa , forse un po’ ironica, dei ritratti di grandi condottieri molto in voga in Europa a quei tempi.
https://medievalpoc.tumblr.com/post/54690073646/giuseppe-castiglione-xiang-fei-in-european/embed
Un’influenza della ritrattistica ufficiale europea si può riscontrare anche nel grande ritratto equestre tiēluòhuà 贴落畫(33) dell’Imperatore Qiánlóng che passa in rassegna le truppe nel 1739, ritratto che si può attribuire con sicurezza a Castiglione anche se non è firmato. Infatti, per quanto l’armatura sia tipicamente cinese, la posa non può fare a meno di richiamare famosi dipinti europei. Inoltre la raffigurazione delle nubi che scorrono sullo sfondo e il trattamento in chiaroscuro delle erbe e dei cespugli che appaiono in primo piano sono totalmente estranei alla tradizione cinese.
Contrariamente allo stile europeo, in cui i cavalli sono spesso scalpitanti o impennati, per esprimere l’energia del cavaliere o l’ardore della battaglia, il cavallo di Qiánlóng va al passo per simboleggiare l’autorità dell’Imperatore, che sa regolare la foga del destriero con la stessa calma e la stessa serenità con cui regge le sorti dello Stato.
https://en.wikipedia.org/wiki/File:The_Qianlong_Emperor_in_Ceremonial_Armour_on_Horseback.jpg
http://ressources.chateauversailles.fr/ressources-pedagogiques/Portrait-equestre-de-Louis-XIV-couronne-par-la-Victoire-devant-le-siege-de
Giuseppe Castiglione fu particolarmente felice nel riprendere la tradizione cinese della pittura animalistica, particolarmente la raffigurazione dei cavalli, suscitando l’ammirazione dell’Imperatore, che scrisse, a questo riguardo: “Cáo e Hán hanno oggi trovato un loro pari”.(34)
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Ten_Steeds_by_Giuseppe_Castiglione
Il suo capolavoro, in questo campo, è considerato il “Rotolo dei cento cavalli” (“băijùn tú” 百骏图 ) (35), di cui possediamo altresì il disegno preparatorio conservato al Metropolitan Museum di New York. La pittura su seta non consentiva infatti esitazioni o pentimenti, cosicché era indispensabile un disegno preparatorio cui il pittore doveva fedelmente attenersi.
https://www.metmuseum.org/toah/works-of-art/1991.134/
Il rotolo orizzontale, alto 94,5 centimetri e lungo 7,762 metri, è invece conservato al National Palace Museum di Táiwān.(36)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:One_Hundred_Horses_(part3).jpg
Iniziato nel 1724, esso fu terminato nel 1728, dopo circa quattro anni di lavoro.
La differenza rispetto alla tradizione cinese risulta già dalla trattazione del soggetto.
I rotoli tradizionali, che si ammiravano svolgendoli lentamente, presentavano una successione di varie scene, situate in paesaggi diversi e spesso anche cronologicamente distinte, il che giustificava una prospettiva diversa per ogni scena. (37)
https://www.metmuseum.org/toah/works-of-art/1988.350/
Nel rotolo di Castiglione c’è un unico paesaggio, che presenta però la particolarità di avere tre prospettive diverse secondo la tradizione cinese, anche se la scena è unitaria.
La mescolanza delle convenzioni pittoriche si vede ad es. nel fatto che le figure degli uomini e dei cavalli mutano di dimensioni, rimpicciolendosi proporzionalmente quanto più si allontanano dallo spettatore, all’europea, mentre la distanza delle montagne sullo sfondo è suggerita, secondo una tecnica tipicamente cinese, più che dalle loro proporzioni dalla coltre di nebbia che le separa dal primo piano.
Castiglione fu poi chiamato ad esercitare le sue conoscenze anche nel campo del disegno architettonico. Nel 1747 Qiánlóng gli chiese infatti di progettare e disegnare, in collaborazione con il confratello Ferdinando Moggi (1684-1761), un palazzo in stile europeo, lo Yuánmíng Yuán; 圓 明 園 (“giardino del perfetto splendore”), noto anche come l’Antico Palazzo d’Estate, e lo incaricò altresì di dirigere la costruzione delle fontane del parco, su disegno del padre Michel Benoist.(38)
https://gardensbefore1800.blogspot.com/2019/10/italian-jesuit-giuseppe-castiglione_22.html
Giuseppe Castiglione morì a Pechino il 17 luglio 1766.
L’Imperatore ordinò che fosse sepolto con grande solennità e lo promosse, a titolo postumo, da mandarino di terza classe a mandarino di seconda classe. (39)
La carriera di Castiglione fu dunque molto più brillante alla corte dell’Imperatore che nell’ambito della Compagnia di Gesù, dove, essendo semplicemente un coadiutore laico, non poté mai essere nominato a posti di responsabilità, che erano riservati agli ecclesiastici.
Anche sotto l’aspetto missionario, la sua opera di apostolato fu molto ridotta, perché i vari imperatori, pur stimandolo molto per le sue doti artistiche, non erano disposti discutere con lui la loro politica ecclesiastica, che, dopo la “controversi dei riti”, aveva assunto un carattere decisamente anticattolico. L’unica possibilità concessa a Castiglione fu quella di intervenire, in singoli casi , per ottenere un atteggiamento più clemente nei confronti dei suoi correligionari.(40)
Nella stessa situazione si trovarono comunque tutti i Gesuiti, anche i sacerdoti con una preparazione dottrinale molto più profonda di quella di Castiglione, che, durante il XVIII° secolo, furono ammessi in Cina e alla corte imperiale soltanto in considerazione delle loro competenze artistiche o scientifiche, senza che fosse accordata loro alcuna possibilità di predicare in pubblico o di compiere opera di conversione. I Cinesi avevano infatti scorto nel rigoroso divieto fatto dal Papa ai missionari cattolici di ammettere pratiche parareligiose come il “culto degli antenati” un atteggiamento di fondamentale intolleranza ed avevano quindi finito per classificare il Cattolicesimo come una “setta fanatica” (41), conclusione che i Gesuiti, con il loro proverbiale pragmatismo, avevano cercato per più di un secolo di evitare.
NOTE
1) Marco Musillo ,“Bridging Europe and China. The professional life of Giuseppe Castiglione (1688-1766). “ Thesis submitted in fulfilment of the award of Doctorate of Philosophy, School of World Art and Museology, University of East Anglia - April 2006
2) La richiesta imperiale è menzionata in una lettera inviata l’ 8 novembre 1711 dal missionario napoletano Matteo Ripa al Segretario Generale di Propaganda Fide Monsignor Silvio de Cavalieri, in cui si ricorda che Kāngxī aveva richiesto per gli atelier della Corte l’invio di un certo numero di artisti europei, tra i quali doveva figurare un buon pittore che fosse anche un abile ritrattista ed un esperto della prospettiva. (M.Musillo, op.cit., pag.14)
3) L’autore della “Memoria Postuma” sembrerebbe essere il gesuita boemo Ferdinand Hallerstein (1703-1774).
4) Il passo citato si traduce come segue: “Studiò l’arte pittorica, sotto la guida di un famosissimo maestro di quell’epoca, con tanto fervore che sembrava imparare con estrema facilità”.
5) I registri della Parrocchia di San Marcellino, la cui chiesa, oggi non più esistente, sorgeva nell’attuale via Broletto all’angolo con via del Lauro, riportano alla data del 19 luglio 1688 la seguente annotazione: ”Giuseppe Simone Teodoro, nato oggi figlio del Signore Pietro Castiglione, et Signora Anna Maria iugati. È stato battezzato da me Carolo Garzonio, conpadre fu il Signore Simone [?] Parrocchia del Duomo, conmadre Signora Maddalena Castigliona Parrocchia di san Marcellino…(nella raccolta intitolata” Describiuntur nomina baptizatorum”, 1680-1715, n. 29; Archivio Diocesano, Milano).
6) Andrea Pozzo nato a Trento nel 1642 divenne fratello coadiutore della Compagnia di Gesù a Milano nel 1665. Famoso pittore ed architetto, esperto della prospettiva, fu attivo in Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria. È assai difficile che Castiglione abbia potuto conoscerlo personalmente o addirittura esserne allievo, poiché Pozzo lavorò dal 1681 a Roma e , successivamente, dal 1704 al 1709 a Vienna, città in cui Castiglione non sembra essersi mai recato. Ne subì tuttavia certamente l’influenza sia leggendo le opere teoriche da lui scritte sia ammirandone i dipinti e gli affreschi nelle chiese della Compagnia a Milano e a Genova.
7) v. in Archivum Romanum Societatis Iesu (ARSI), Japonica-Sinica: 184, 37 r.-38 v., 37 v.
8) L’intera lettera è riprodotta in Musillo, op.cit., pag.208
9) La « Perspectiva Pictorum et Architectorum- Prospettiva de’ Pittori e Architetti” », manuale di prospettiva in due volumi, fu pubblicata in Roma presso lo stampatore boemo Giacomo Komarek ed ebbe subito grande successo. Il primo volume fu edito nel 1693, il secondo nel 1700. Poiché l’opera era concepita per una larga diffusione, il testo era redatto tanto in latino quanto in italiano. Numerose traduzioni in varie lingue ne furono effettuate negli anni seguenti.
10) Láng Shìníng 郎世宁 era il nome che Castiglione assunse al suo arrivo in Cina e con cui è menzionato nei documenti cinesi. Il termine “láng”郎 significa “uomo”, ”gentiluomo”, mentre l’espressione “shìníng” sembra esprimere l’auspicio di una “vita calma e serena”.
11) Le notizie sulla vita di Filippo Abbiati sono scarse, ma si sa che operò soprattutto a Milano, dove è conservata la maggior parte delle sue opere, anche se si fa l’ipotesi che abbia compiuto dei viaggi a Venezia e a Roma.
12) Poiché Abbiati fu certamente attivo a Milano tra il 1700 e il 1715 (anno della sua morte) e Castiglione visse a Milano fino alla sua partenza per Genova nel 1707, vi è motivo di pensare che sia proprio l’Abbiati il maestro di cui parla la “Memoria Postuma”.
13) “Coadiutores novitij - Joseph Castilioneus, pro Provincia Sinensi -16 Jennaio 1707‟, in Catalogus brevis provinciae mediolanensis anni MDCCVIII, Genuensis Domus Probationis, ARSI, Med. 7, Mediol. Catalog. 1707-1713, 20. (Musillo,op.cit.pag. 14)
14) Alla pag. 82 della suddetta guida si legge: “Chiesa di S.Ignazio, che fu già noviziato dei PP. Gesuiti… un Laico Gesuita cognominato Castiglione ha colorito il S.Ignazio all’Altar maggiore…”.
Alla pag.83 si legge: “Nel refettorio per ultimo sono molti quadri ad olio del già mentovato Castiglione…”.
15) Giuseppe Panzi, nato a Firenze nel 1734, entrò nella Compagnia di Gesù a Genova il 30 settembre 1768. Dal 1773 fu attivo come pittore alla corte imperiale di Pechino. Morì in data sconosciuta, ma prima del 1812.
16) v. ARSI, Epistolae Josephi Panzi, 1733-1795, Japonica-. Sinica. 185, 79-86, 80.
17) Le già citate tele raffiguranti l'Apparizione di Cristo a S. Ignazio e S. Ignazio nella grotta di Manresa (riprodotte in George R. Loehr, "Missionary-artists at the Manchu Court", Transaction of the Oriental Ceramic Society, 1963, e in Beurdeley Cécile and Michel,” Giuseppe Castiglione: A Jesuit Painter at the Court of the Chinese Emperors”, Londra, 1972. ) non risultano però nel Pio Ricovero Martinez come indicato nei suddetti testi. (v. Enciclopedia Treccani, Dizionario biografico degli Italiani, Vol.22, 1979, voce: “Castiglione, Giuseppe” a cura di G .R. Loehr, pag.92)
18) Tutti i missionari destinati alla Cina dovevano imbarcarsi a Lisbona in forza degli accordi di patronato con cui la Santa Sede aveva delegato al Re del Portogallo l’amministrazione della Chiesa in tutti i territori soggetti alla sovranità portoghese. Nel 1707 i Portoghesi, richiamandosi ai privilegi loro concessi dagli accordi di patronato, avevano posto agli ” arresti domiciliari” a Macao (dopo il fallimento della sua missione) il legato pontificio Carlo Tommaso Maillard de Tournon, che si era recato in Cina senza ricorrere alla loro intermediazione.
19) Ciò risulta da una lettera che Castiglione inviò il 22 febbraio 1714 da Coimbra al Generale dei Gesuiti Michelangelo Tamburini. Il fatto che il prolungarsi del suo soggiorno in Portogallo non fosse volontario risulta da due lettere che il padre Antonio de Payra, Procuratore per le Missioni Asiatiche, inviò il 18 aprile e, poco più tardi, il 26 agosto 1713 al Padre Generale dei Gesuiti per protestare contro il Rettore del Collegio dei Gesuiti di Coimbra, il quale ritardava la partenza di Castiglione (M.Musillo, op.cit.pag.15)
20) Le tele , stando ai Beurdeley, che le riproducono nella loro opera già citata, alla pag. 184, sarebbero oggi nella cappella dell'ospedale dell'università di Coimbra. (v. Enciclopedia Treccani, Dizionario biografico degli Italiani, Vol.22, 1979, voce: “Castiglione, Giuseppe” a cura di G .R. Loehr,pag.92)
21) Matteo Ripa (1682-1746), originario di Eboli, fu chiamato nel 1707 a far parte del gruppo di ecclesiastici incaricati dalla Congregazione de Propaganda Fide di portare al legato pontificio Maillard de Tournon ,che si trovava allora in Cina, la nomina a cardinale.
Giunto a Macao nel gennaio del 1710, fu chiamato alla Corte dell’imperatore Kāngxī, presso il quale rimase dal febbraio del 1711 al novembre del 1723, lavorando come pittore e incisore su rame.
Ritornato in Italia, fondò a Napoli il “Collegio dei Cinesi”, da cui doveva poi nascere l´”Istituto Universitario Orientale”.
22) Non ci rimangono testimonianze di questo periodo d’attività di Castiglione, che fu poi esonerato dal compito perché tale lavoro gli danneggiava la vista.
23) L’Imperatore Yōngzhèng 雍正, figlio di Kāngxī, nato nel 1678, regnò dal 1723 al 1735.
24) La cosiddetta “controversia dei riti cinesi” si era fatta particolarmente aspra verso la fine del XVII° secolo.
Nel 1693, Charles Maigrot, della Società per le Missioni Estere di Parigi, vicario apostolico del Fújiàn 福建, vietò la partecipazione dei convertiti cinesi a taluni riti tradizionali da lui dichiarati incompatibili con la religione cattolica.
I Gesuiti reagirono inducendo nel 1700 lo stesso imperatore Kāngxī ad attestare per iscritto che si trattava di riti puramente “civili” e perciò privi di qualsiasi rilevanza religiosa.
Nel novembre del 1704, al termine di una lunga istruttoria, il Sant’Uffizio confermò sostanzialmente , nella costituzione apostolica “Cum Deus Optimus”, le tesi di Maigrot.
Nel 1705, il legato pontificio Carlo Tommaso Maillard de Tournon fu inviato in Cina con l’incarico di comunicare a tutti i missionari l’obbligo di conformarsi alle decisioni della Santa Sede.
Ciò provocò una reazione assai negativa da parte di Kāngxī che, nel dicembre del 1706, emanò un decreto con cui regolamentava rigidamente la presenza e l’attività dei missionari cattolici in Cina.
La Santa Sede non mutò tuttavia opinione e, nel marzo del 1715, Papa Clemente XI ribadì con la bolla “Ex illa die” tutti i divieti menzionati nel decreto del Sant’Uffizio.
Quando Giuseppe Castiglione iniziò la sua attività presso la Corte Imperiale l’atmosfera di simpatia che i Gesuiti erano riusciti a creare per la religione cattolica aveva quindi già lasciato il posto ad un clima di diffidenza e di ripulsa. Di conseguenza Castiglione poté utilizzare temi religiosi unicamente nelle opere che realizzò per le chiese in cui era autorizzato il culto cristiano.
25) La data indicata sul rotolo dovrebbe approssimativamente corrispondere ad un giorno del mese d’ottobre del 1723.La determinazione esatta può farsi solo utilizzando una accurata tabella di conversione delle date cinesi in date del calendario gregoriano.
26) Il significato allegorico del rotolo è evidente. Il falco bianco simboleggia l’Imperatore; i funghi, del genere
“Ganoderma lucidum”, chiamati in Cina “língzhī” 靈芝, ma conosciuti in Occidente con il nome giapponese di “reishi” 霊芝, sono simbolo di longevità.
27) L’Imperatore Qiánlóng乾隆 (1711 – 1799) , figlio di Yōngzhèng , regnò dal 1735 al 1796, quando abdicò in favore del figlio Jiāqíng 嘉 慶 per non superare gli anni di regno del venerato avo Kāngxī.
28) Le donne portano tutte lo stesso tipo di abito da cerimonia e si distinguono l’una dall’altra soltanto per il viso , nonché per il diverso colore degli abiti e altri piccoli dettagli che ne indicano il rango (imperatrice 皇后 , nobile consorte 贵妃, consorte 妃 )
29) Poiché ogni ritratto è affiancato dal nome della donna raffigurata si è potuto accertare che il rotolo fu completato gradualmente man mano che una gentildonna accedeva al rango di nobile consorte o consorte. Ciò significa che soltanto alcuni dei ritratti furono dipinti da Castiglione, ma la caratterizzazione dei volti, ben distinguibili l’uno dall’altro, mostra che gli artisti che completarono il rotolo subirono comunque la sua influenza.
30) La Nobile Consorte Imperiale Chúnhuì 純惠皇貴妃 (chúnhuì huángguìfēi), nata nel 1713, morì nel 1760. Non se ne conosce il nome personale, dato che Chúnhuì è semplicemente un titolo postumo che significa “pura e benevola”. Il nome fu apposto sul rotolo dallo stesso Qiánlóng dopo la morte della consorte. È quindi impossibile stabilire la data esatta del dipinto che, visto il volto ancora abbastanza giovanile del modello, dovrebbe essere stato realizzato tra il 1735 e il 1750.
31) La ritrattistica ufficiale cinese ignorava, ad esempio, la posa di “tre quarti ” largamente usata dai pittori europei.
32) La “Concubina Profumata” (香妃; “Xiāng Fēi”), nata nel 1734, morta nel 1788, è un personaggio reale, sebbene la sua storia abbia dato origine a molte leggende. Sarebbe stata la nipote di Afaq Khoja, un capo civile e religioso dell’oasi di Kashgar nel territorio degli Uiguri, che l’avrebbe offerta in dono all’Imperatore, il quale se ne sarebbe innamorato a causa dell’intenso profumo naturale che emanava dal suo corpo. Secondo la leggenda cinese avrebbe sofferto molto a causa della nostalgia per il suo paese natale, ma alla fine Qiánlóng sarebbe riuscito a guadagnare il suo amore. Secondo la versione degli Uiguri non si sarebbe invece mai rassegnata alla sua sorte e sarebbe morta avvelenata.
33) Il termine 贴落畫(“tiēluòhuà”), letteralmente “dipinto da appendere e da staccare”, indicava dei dipinti concepiti per essere appesi alle pareti, contrariamente ai rotoli tradizionali che erano avvolti e conservati in appositi contenitori cilindrici, da cui venivano estratti di tanto in tanto per essere ammirati dal loro proprietario.
34) L’osservazione di Qiánlóng suona letteralmente come segue: “L’Imperatore ha chiesto a Láng Shìníng di dipingere per lui un cavallo simile a un drago, come quello che è qui raffigurato. D’ora in poi non si potrà più dire che nessuno è in grado di eguagliare Cáo e Hàn.” (Il generale Cáo Bà 曹霸 (nato intorno al 694- morto dopo il 756) e Hán Gàn 韓幹 (circa. 706-783) furono due celebri pittori di cavalli dell’epoca Táng). Essa si riferisce quasi certamente alla serie intitolata “Dieci Destrieri”( 十骏图 “shí jùn tú), che comprende le raffigurazioni a grandezza pressoché naturale di dieci cavalli offerti a Qiánlóng da principi mongoli nel 1743. Otto dei dipinti della serie sono conservati nel National Palace Museum di Táibĕi a Táiwān.
35) Anche se in cinese il termine 百 (“băi”) è spesso usato per indicare, genericamente, un gran numero o una grande quantità di persone o di oggetti, nel caso specifico un esame accurato del rotolo permette di accertare che i cavalli sono, uno più uno meno, proprio cento.
36) Esso fu trasferito a Táiwān nel 1949, quando il governo del Guómíndăng, abbandonando ai Comunisti la Cina Continentale, portò con sé nell’isola gran parte dei tesori artistici conservati nella Città Proibita di Pechino.
37) Si vedano, ad esempio, i dodici rotoli che descrivono il viaggio di ispezione effettuato nella Cina meridionale dell’Imperatore Qiánlóng nell’anno 1751 (乾隆帝江南行幸 “qiánlóng dì jiāngnán xíngxìng”).
38) L’Antico Palazzo d’Estate venne saccheggiato e completamente distrutto il 18 ottobre 1860 dalle truppe della spedizione anglo-francese nel corso della Seconda Guerra dell’Oppio. L’incendio del palazzo fu ordinato dall’Alto Commissario Britannico in Cina Lord Elgin come ritorsione ad uccisioni, torture ed atti di crudeltà compiuti dai Cinesi nei confronti di alcuni Occidentali. Il poeta Victor Hugo condannò con parole durissime questa rappresaglia che andava contro i valori ideali propugnati dalla cultura europea.
39) Sotto la dinastia Qīng, le funzioni della burocrazia imperiale erano ripartite in nove classi (in ordine discendente da 1 a 9). Ogni classe era poi divisa in due ruoli.
Le funzioni della terza e della seconda classe erano particolarmente elevate.
Appartenevano alla terza classe gli assistenti dei vicepresidenti del Censorato e i giudici provinciali (ruolo A), il direttore dei banchetti imperiali, il direttore delle scuderie imperiali e il sovrintendente alle saline (ruolo B).
Appartenevano alla seconda classe gli assistenti aggiunti del principe ereditario, i vicepresidenti dei tribunali e delle commissioni imperiali, i ministri della casa imperiale, i governatori generali delle provincie (ruolo A), il cancelliere della casa imperiale, il cancelliere dell’Accademia Hànlín, il sovrintendente alle finanze, i vicegovernatori delle provincie (ruolo B).
Giuseppe Castiglione era stato nominato mandarino di terza classe nel 1748.
40) Risulta che alcuni si sarebbero aspettati da lui interventi molto più incisivi.
In una lettera confidenziale scritta il 13 gennaio 1749 dal missionario di Propaganda Fide Giovanni Pietro da Mantova si legge ad esempio quanto segue: “…la promozione del Fratello Castiglioni Gesuita Pittore al Mandarinato di terz’ordine. Tutti convengono, che quella era una bella occasione per parlare all’Imperadore a favore della Religione, e della Missione: ma il Fratello non lo giudicò a proposito. Che si può dire? Egli è là per Pittore, e non per Missionario‟.( in Biblioteca Casanatense, Notizie delle Missioni della Cina, fatte come per mandarle ad un’Amico in confidenza, e con secretezza, 1746-1749, ms. 2569, Tibi Soli, 341 r.-350 r., 349 r.).
Va comunque osservato che, in ragione dei suoi contatti assai frequenti con l’Imperatore, Giuseppe Castiglione era il meglio piazzato per valutare l’opportunità di una tale iniziativa.
41) Il decreto con cui Kāngxī vietò nel 1721 il proselitismo cristiano esprime, con riferimento alla bolla di Clemente XI del 1715, un giudizio particolarmente severo sull’atteggiamento della Santa Sede e dei suoi rappresentanti:
“Leggendo questa bolla mi sono reso conto che gli Occidentali sono gente di vedute veramente ristrette. È impossibile discutere con loro perché non sono capaci di affrontare questioni importanti con l’apertura mentale di cui noi facciamo prova in Cina. Non ce n’è uno che conosca e comprenda la cultura cinese e le loro osservazioni appaiono spesso assurde e ridicole. A giudicare da questa bolla, il cristianesimo non è diverso dalle piccole sette fanatiche che troviamo talora fra i Buddhisti o fra i Taoisti. Non ho mai visto un documento che contenesse tante assurdità come questo. D’ora in poi gli Occidentali non saranno più autorizzati a predicare in Cina per evitare ulteriori problemi”. (v. Wikipedia alla voce “Chinese Rites controversy).