Il sogno del bodhisattva Guānyīn
La novella intitolata “ Il sogno del bodhisattva Guānyīn” ( 觀音菩薩托夢 ”guānyīn púsà mèng”), di cui riporto qui di seguito la traduzione, appartiene al genere letterario detto 公 案 (“gōng àn” ”resoconto processuale”), che può essere accostato, per sommi capi, al nostro “romanzo poliziesco”.
I primi esempi di “gōng àn” giunti sino a noi risalgono all’epoca della dinastia Yuán 元 朝 . È di questo periodo, infatti, uno “záyù” 雜 劇 (forma di dramma che mescola prosa, poesia, danza, canto e mimica), intitolato “Il cerchio di gesso” (灰 蘭 記 “huīlán jì”), che ci presenta come investigatore il celebre giudice Bāo Gŏng 包 公 , attivo durante la dinastia Sòng 宋 朝.
La popolarità del giudice Bāo contribuì al largo successo di una serie di “gōng àn” pubblicati nel 16° e nel 17° secolo.
Nel 1594 apparve, sotto la firma di Ān Yùshí 安 遇 時, autore della cui vita non si sa nulla, una raccolta intitolata “ Cento casi risolti dal giudice Bāo”(包 龍 圖 百 家 公 案 “bāo lóng tū băi jiā gōng àn”). La critica moderna ha creduto di riconoscere, sulla base di peculiarità sintattiche e lessicali, almeno tre mani diverse nella stesura della raccolta, senza tuttavia poter individuare gli autori delle singole parti.
Nei primi anni del 17° secolo, un altro autore, rimasto anch’esso anonimo, riprese in un’ulteriore raccolta, intitolata ”Le cause del giudice Bāo” (龍 圖 公 案 “lóng tū gōng àn”), cinquantuno racconti che già figuravano nei “Cento casi risolti dal giudice Bāo”. Lo stile dell’opera appare più sintetico: sono stati eliminati elementi ritenuti superflui quali le poesie esplicative del testo, le considerazioni moraleggianti alla fine dei racconti e le discussioni, spesso prolisse, tra i vari personaggi.
“Il sogno del bodhisattva Gūanyīn” figura in entrambe le raccolte.
La novella non corrisponde esattamente all’idea che noi ci facciamo oggi di un “racconto poliziesco”. Il giudice Bāo non risolve infatti il caso che gli viene sottoposto grazie al suo acume investigativo, bensì grazie all’intervento di un “deus ex machina” (nella fattispecie il bodhisattva Guānyīn) che lo mette sulla buona strada fornendogli, in sogno, precise indicazioni. Lo stesso schema si ripete in numerose altre novelle in cui abbondano i fenomeni sovrannaturali. Sotto questo aspetto, il genere “gōng àn” va piuttosto equiparato ai racconti diffusi in Europa durante il Medioevo, nei quali il colpevole di un delitto viene scoperto e la giustizia è ristabilita grazie ad un fatto miracoloso. Si veda, ad esempio, la leggenda portoghese del gallo di Barcelos.
Le novelle si distinguono per la vivacità della narrazione e per una buona caratterizzazione psicologica dei personaggi. Esse ci forniscono inoltre una descrizione accurata della società cinese dell’epoca.
Alcune novelle del “Lóng Tū Gōng Àn” furono tradotte in italiano da Carlo Puini che ne pubblicò a Piacenza nel 1872 una selezione intitolata “Novelle cinesi tolte dal Lung Tu Kung Ngan”. Partendo dall’idea che le novelle fossero l’equivalente cinese del Decamerone, il Puini adottò la discutibile soluzione di tradurle in linguaggio pseudo-trecentesco. Lo stile della traduzione è sciolto ed elegante ed il risultato è gradevole, ma l’artificiosità del procedimento rimane comunque difficile da giustificare.
Il sogno del bodhisattva Guānyīn
Un tempo - raccontano – viveva nella prefettura di Chéngfān, sul cammino del Guìzhōu (1), un diplomato di nome Dīng Rìzhōng, che era solito recarsi a studiare nella biblioteca del monastero di Ānfú (2), dove aveva fatto amicizia con un bonzo (3) chiamato Xìng Huì insieme al quale conversava da mane a sera.
Un giorno Xìng Huì andò a trovare Rìzhōng, ma costui era fuori casa. Sua moglie, la signora Dèng, che aveva sentito il marito raccontare molte volte come, quando si trovava al monastero per i suoi studi, Xìng Huì gli avesse spesso procurato cibo e bevande, si sentì in obbligo di riceverlo e di offrirgli uno spuntino.
La bellezza della donna, la sua eleganza e la sua distinzione nel parlare impressionarono il bonzo che fu colto da una passione travolgente.
Alcuni giorni dopo, Rìzhōng si recò di nuovo al monastero, dove si trattenne per più di un mese senza far ritorno a casa.
Xìng Huì approfittò di questa circostanza per porre in atto un piano che gli consentisse di soddisfare le sue voglie.
Convinti col denaro due suoi confratelli (4) a travestirsi da portantini, li inviò, un pomeriggio, a casa della signora Dèng, con l’incarico di riferirle quanto segue:
“Signora, vostro marito, trascinato dalla passione per lo studio, ha abusato delle proprie forze ed è stato colpito da un improvviso malore che lo ha lasciato come morto. Il bonzo Xìng Huì è riuscito a salvarlo e a fargli riprendere conoscenza, ma egli giace ancora a letto in uno stato di estrema prostrazione, tra la vita e la morte. Siamo stati inviati a prendervi perché veniate ad assisterlo”.
“Non si sarebbe potuto noleggiare una lettiga e riportarlo a casa?” domandò la signora Dèng.
“In effetti si era pensato di rimandarlo a casa” le risposero i falsi portantini ” ma, poiché c’erano da percorrere più di cinque chilometri, si è temuto che, per strada, il vento e le intemperie aggravassero le sue condizioni e mettessero in pericolo la sua vita. Sarebbe opportuno che veniste voi stessa a vederlo. Quando sarete accanto a lui, potrete decidere se sia meglio riportarlo subito a casa o lasciare che riacquisti prima le forze là dove ora si trova. Per un malato il miglior medico è una persona cara che lo assista”.
Come ebbe udito ciò, la signora Dèng salì immediatamente sulla portantina e si mise in cammino.
Giunse al monastero sul far della sera e fu subito condotta alla foresteria, dove il bonzo la ricevette e le offrì un aperitivo.
“Dov`è mio marito?” gli chiese per prima cosa la donna “Portatemi immediatamente da lui”.
Xìng Huì le rispose: “Signora, quando mi hanno informato che vostro marito, il quale era stato invitato da un gruppo d’amici a compiere una passeggiata fino al Monastero Nuovo fuori città, si era sentito male, sono subito corso a vederlo, ma, per fortuna, ho potuto constatare che stava già meglio. Di qui al luogo in cui si trova vostro marito c’è una distanza di un paio di chilometri e si sta già facendo sera. Non sarebbe più comodo per voi riposare al monastero questa notte e ripartire domani all’alba? Se però volete proprio riprendere il cammino ancora stasera, lasciate ai portantini il tempo di mangiare qualcosa. Frattanto, anche voi potrete rifocillarvi, mentre io cercherò degli uomini che vi accompagnino con le lanterne per illuminare la strada.”
Sebbene fosse alquanto sconcertata e insospettita da queste parole, la signora Dèng accettò di ritardare un po’ la partenza. Bevve qualche coppetta di vino e poi sollecitò di nuovo la portantina.
“I portantini non volevano viaggiare di notte” la informò il bonzo “ e se ne sono tornati a casa.Non preoccupatevi di questo disguido, signora, ma mangiate e bevete a vostro agio” e comandò a un servitore di fare attenzione che la coppa della signora Dèng non fosse mai vuota.
Quando il vino aveva già reso un po’allegri i commensali, il bonzo si recò alla meditazione serale e la signora si ritirò a dormire nella stanza riservata agli ospiti. Alla luce della lampada, la stanza appariva arredata con tappeti, coperte, materassi ricamati, cortine di seta, guanciali a fiori. Era una vera meraviglia di bellezza e di eleganza, ma regnava tutt’intorno un così cupo silenzio che la donna lasciò accesa la candela e si mise a letto vestita, senza riuscire a prender sonno per l’inquietudine che la tormentava.
Lasciato passare un po’ di tempo dal suono della campana che annunciava la fine della meditazione, Xìng Huì si introdusse di soppiatto nella stanza e, dopo essersi avvicinato al letto rasentando la parete, abbracciò la donna. Questa cominciò ad urlare:”Aiuto! Aiuto! Brigante!”, ma il bonzo, senza scomporsi, le disse: “Gridate pure fino all’alba; nessuno verrà ad aiutarvi. Ho ideato per avervi una quantità di stratagemmi ed ora sono pervenuto a ciò che desideravo. Era destino che ciò dovesse accadere (5), perciò è inutile che voi cerchiate di resistere.”
”Siete un selvaggio.”lo accusò la donna”Come fate a non vergognarvi del vostro comportamento? Preferisco morire piuttosto che subire violenza”.
Il bonzo le rispose: “Signora, se accetterete di buon grado di passare la notte con me, domani vi condurrò da vostro marito; se, invece, non avrete compassione di me, vi ucciderò “.
Urlando e strepitando, la signora Dèng si difese fino a notte inoltrata, ma, alla fine, Xìng Huì le strappò con la forza i vestiti di dosso e, dopo averle legato mani e piedi, fece di lei tutto ciò che voleva.
Il mattino dopo, Xìng Huì, rivoltosi alla signora Dèng, le disse: “Ora che sei caduta nel mio inganno e che siamo giunti a questo punto, la cosa migliore che potresti fare sarebbe tagliarti i capelli e travestirti da bonzo. Così potresti rimanere nascosta all’interno del monastero e non ti mancherebbero né abiti, né cibo, né qualunque cosa di cui tu avessi voglia, né il piacere di un nuovo compagno. Se però non riesci a superare la vergogna di ciò che è accaduto la notte scorsa, eccoti una corda, un pugnale e una bottiglia di veleno. Togliti di mezzo come preferisci!”. (6)
La signora Dèng, pensando all’umiliazione ricevuta e considerando che, se fosse morta, non avrebbe mai più visto la luce del giorno e mai più potuto vendicarsi della violenza che le era stata fatta, decise di sopportare il disonore e di non uccidersi fintanto che non avesse potuto rivedere il marito e ottenere giustizia. Perciò si rase i capelli e si vestì come un bonzo.
Trascorso più di un mese (7) Dīng Rìzhōng si recò al monastero per salutare Xìng Huì. Come udì la sua voce, la signora Dèng si alzò e gli corse incontro, precedendo il bonzo che si era anche lui rapidamente levato in piedi.Il marito, che l’aveva scambiata per un monaco, le fece un profondo inchino, ma la donna gli disse piangendo:”Mio marito non mi riconosce? Da quando sono stata sequestrata, violentata e rinchiusa qui da Xìng Huì, ho atteso giorno e notte che veniste a salvarmi.”
Nel sentir ciò, Rìzhōng fu preso da grande furore e si scagliò addosso al bonzo. Alle urla di quest’ultimo accorsero tutti i monaci, che si gettarono su Rìzhōng e lo immobilizzarono. Allora Xìng Huì estrasse un pugnale con l’intenzione di colpire il suo rivale, ma la signora Dèng gli si lanciò contro per strappargli l’arma di mano urlando: “Prima di uccidere mio marito, dovrai uccidere me!”.
Il bonzo, allora, abbassò il pugnale che aveva già sollevato, trascinò la donna in un’altra stanza e ve la rinchiuse, poi ritornò, deciso ad eliminare Rìzhōng, ma quest’ultimo gli disse:”Hai disonorato mia moglie ed ora stai per uccidere me. Sii pur certo che non mancherò di accusarti dinanzi ai giudici dell’oltretomba (8), ma, se proprio ci vuoi ammazzare, fallo nello stesso luogo, in modo che mia moglie ed io possiamo morire insieme”.
“Quando tu sarai morto” replicò il bonzo “tua moglie non avrà più nessuno a cui rivolgere i suoi pensieri e sarà facile per me farne la mia compagna. Pensi davvero che voglia morire con te?”
“Se così deve essere”gli rispose il diplomato” lascia almeno intatto il mio corpo e fa’ in modo che io muoia senza subire ferite o mutilazioni . (9)
“Va bene.” gli rispose XÌng HuÌ” Voglio procurarmi qualche attenuante dinanzi ai giudici infernali. Dietro il cortile del tempio giace in abbandono una grossa campana. Ti farò trascinare sotto quella campana. Così potrai morire di inedia, senza che nessuno ti tocchi”e lo fece rinchiudere nel cavo della campana. Nel frattempo la signora Dèng piangeva giorno e notte e pregava Guănyīn, la dea della compassione (10), di inviare qualcuno a salvare suo marito.
Erano trascorsi appena tre giorni da questi avvenimenti quando l’integerrimo giudice Bāo (11) arrivò nella zona per un'ispezione.
Durante la notte sognò che Guānyīn lo conduceva al monastero di Ānfú e gli mostrava un drago nero nascosto sotto una campana nel cortile del tempio.
In un primo momento non vi fece caso, ma, poiché il sogno si ripetè anche la seconda e la terza notte,cominciò a domandarsi se non fosse una premonizione. Perciò ordinò ai suoi di portarlo subito al monastero di Ānfú per controllare la situazione sul posto.
Giunse al monastero nel momento in cui i bonzi erano riuniti nella sala principale del tempio per l’uffizio e subito scorse nel cortile posteriore una enorme campana. Diede ordine ai suoi assistenti di sollevarla per vedere che sotto di essa non fosse stato nascosto qualcosa e vi scoprì un uomo che stava per morire di fame, ma che era ancora cosciente.
Il giudice Bāo si rese conto che l’uomo era stato vittima di un atto criminale e, procuratasi subito una tazza di brodo, glielo fece sorbire.
Quando il poveretto si fu rifocillato ed ebbe ripreso un po’ di forze, raccontò: ”Il bonzo Xìng Huì dopo aver fatto violenza a mia moglie, l’ha costretta a tagliarsi i capelli e a travestirsi da monaco e ha nascosto me sotto questa campana perché morissi di fame”.
Allora il giudice Bāo ordinò di arrestare Xìng Huì, il che fu subito fatto, ma, pur cercando dappertutto, non si riuscì a trovare la donna.
Il giudice fece intensificare le ricerche e qualcuno notò che, in un piccolo corridoio, il pavimento era rivestito di assi di legno. Un gendarme sollevò le assi e scoprì una scala a pioli che portava in basso. Scese giù per la scala e si ritrovò in un sotterraneo. Qui, guardandosi intorno alla luce di una lampada, scorse un giovane bonzo rannicchiato in un angolo. Lo fece risalire e lo condusse dinanzi al giudice Bāo. Il giovane bonzo non era altri che la signora Dèng.
Non appena vide che Rìzhōng era salvo e che Xìng Huì era stato arrestato, la donna cominciò a raccontare per filo e per segno tutta la storia del suo rapimento e della violenza che aveva subito, delle sue sofferenze e dei torti che erano stati fatti a suo marito.
Xìng Huì, che non poteva negare nulla, battendo la testa per terra, confessò: ”Riconosco che merito la morte per i miei crimini”.
Allora, il giudice Bāo pronunciò subito la sentenza:
“ Considerato che il monaco Xìng Huì, spinto dalla lussuria,ha compiuto ogni genere di male azioni;
considerato
che, dapprima, stretta amicizia con Dīng Rìzhōng, ne conquistò la confidenza con offerte di cibi e di bevande;
che, in seguito, avendo visto quanto fosse bella la signora Dèng, moglie del suo amico, non ebbe ritegno nel congegnare un astuto piano per attirarla al monastero senza che il marito lo sapesse e poi le fece violenza;
che, dopo di ciò, la costrinse a vestire il saio e a radersi il capo, unendosi ai novizi del monastero;
che, sebbene privata della libertà, la signora Dèng rimase ferma nei suoi propositi, decisa ad aspettare un’occasione propizia per vendicarsi;
che, essendosi Rìzhōng recato per caso al monastero, la moglie ebbe la fortuna di sentirne la voce e così potè rivederlo e narrargli, tra le lacrime, ciò che le era accaduto, ma, prima che potesse raccontargli tutte le sue dolorose vicende, un gruppo di monaci si gettò su di lui e lo immobilizzò, con l’intenzione di ucciderlo a pugnalate;
che Rìzhōng li supplicò allora di lasciare, almeno, intatto il suo corpo ed ottenne di essere posto sotto una grande campana;
che, in seguito, io, avendo sognato per tre notti consecutive, un drago nero nascosto sotto una campana, venni in questo monastero e feci sollevare la campana, trovandovi sotto un uomo che non mangiava da cinque giorni;
che Rìzhōng potè così essere salvato dal pericolo di morte e ristabilirsi;
che anche la signora Dèng, la quale cercava la morte, è sopravvissuta, perché infine è stata ritrovata;
atteso che Xìng Huì ha rapito la signora Dèng e ha rinchiuso suo marito all’interno di una campana perché morisse di fame;
decidiamo e ordiniamo irrevocabilmente
che Xìng Huì sia decapitato e che la sua testa sia esposta al pubblico;
che i monaci, in quanto complici di questi delitti e rei di tentato assassinio, siano tutti deportati nelle colonie militari dei più remoti confini. (12)
Pronunciata la sentenza, Xìng Huì fu decapitato e la sua testa, appesa in cima ad un palo, fu esposta al pubblico. I bonzi che si erano resi complici dei suoi crimini furono tutti deportati nelle colonie militari.
Ciò fatto, il giudice Bāo si rivolse alla signora Dèng e le disse: “ Per voi, che ormai siete disonorata, sarebbe meglio morire. Riscattereste così la vostra reputazione e non fareste più correre a vostro marito il rischio di essere sepolto vivo sotto una campana. Se io non avessi visto in sogno Guānyīn e non fossi perciò corso a salvarlo, vostro marito non sarebbe forse morto di fame per causa vostra?”. (13)
La signora Dèng gli rispose: “Ho voluto rimanere in vita fino a questo momento solo perché, se fossi morta senza rivedere mio marito, non avrei mai potuto ottenere giustizia per il male che il bonzo mi aveva fatto. Era mia intenzione uccidermi subito dopo aver rivisto mio marito. Ora che mio marito è salvo ed il colpevole è stato punito, non ho motivo di continuare a vivere nel disonore e ho deciso di uccidermi”.
Detto ciò,si scagliò a testa bassa contro una colonna, procurandosi un’ampia ferita da cui sgorgarono rivoli di sangue.
Il giudice Bāo ordinò che fosse subito soccorsa e fatta rinvenire, con gli appositi rimedi, dallo stato di incoscienza in cui era caduta a causa dell’emorragia.
Quando la signora Dèng si fu un po’ripresa, il giudice si rivolse a Dīng Rìzhōng e gli disse: “Credete alle parole di vostra moglie! Se avesse potuto, avrebbe già posto in atto le sue promesse. Non ha tentato di uccidersi fino a questo momento perché voleva avere la possibilità di ottenere giustizia. Oggi, sbattendo la testa contro una colonna per suicidarsi, ha dimostrato la propria buona fede. Riaccoglietela dunque, in casa vostra”.
“Francamente” ammise il diplomato”, in un primo momento, quando ho sentito mia moglie affermare che era rimasta in vita soltanto per ottenere giustizia, ho sospettato che non dicesse la verità, ma ora, dopo averla vista scagliarsi contro la colonna, ho capito che non avrebbe mai potuto accettare di conservare la vita al prezzo del disonore. Sono felice che non sia morta, sono pronto a riaccoglierla in casa come prima e spero di rimanere insieme a lei anche nell’altro mondo”.
Rìzhōng e la moglie, dopo aver ringraziato e salutato il giudice Bāo, tornarono a casa.
Fecero scolpire una statuetta lignea del giudice ed erano solerti nel renderle omaggio mattina e sera.
In seguito Rìzhōng conseguì ulteriori diplomi (14) e fu nominato sottoprefetto. (15)
NOTE
1) Il Guìzhōu 贵 州 è una provincia situata nella parte sud-occidentale della Cina, il cui capoluogo è Guìyáng 贵 阳 . La prefettura di Chéngfān 程 番 府 fu ribattezzata nel 1569 prefettura di Guìyáng 貴 陽 府 e corrisponde all’odierna città-prefettura di Guìyáng 贵 阳 市.
2) Il termine usato per indicare il monastero è 寺 (“sì”), che designa un tempio buddhista ( un tempio taoista è normalmente designato con il termine 觀 “guān”). Numerosi templi buddhisti portano il nome di Ān Fú Sì 安 福 寺 (“Tempio della Pace e della Prosperità”), ma non mi è stato possibile individuare con precisione quello cui si riferisce il presente testo.
3) Anche il termine usato per indicare il monaco, che è 僧 (“sēng” “bonzo”), ci riporta all’ambito buddhista.
4) Il termine usato nel testo cinese è 道 士 (“dào shì”), che si applica di norma ai religiosi taoisti. Se non si vuole pensare ad una licenza terminologica, si può ricordare che templi buddhisti furono spesso eretti accanto a templi taoisti in luoghi di particolare importanza religiosa e che monaci buddhisti e monaci taoisti coabitavano talvolta all’interno di grandi complessi conventuali.
5) L’espressione cinese è 前 生 夙 緣 注 定 (“qián shēng sù yuán zhù dìng” “è stato predisposto in una vita anteriore”).
Il bonzo si riferisce qui ai due concetti, strettamente legati tra di loro nella dottrina buddhista, di “karma” कर्मन् (“azione”) e di “saṃsāra” संसार (“reincarnazione”).
Il “karma”è un principio universale secondo il quale una “azione virtuosa” genera una o più rinascite positive, mentre una “azione non virtuosa” genera una o più rinascite negative durante il ciclo delle reincarnazioni (“saṃsāra”). Tutto ciò che un essere umano compie durante la propria vita si ripercuoterà quindi in conseguenze positive o negative nelle vite future.
Alla luce di questa dottrina ( evidentemente adattata dal bonzo al proprio tornaconto), la signora Dèng non può opporsi alla violenza di cui è vittima perché questa è già stata fissata dal destino come “condanna” per qualche crimine commesso in una vita anteriore.
6) Il cambiamento di tono risulta evidente dal testo cinese. Rivolgendosi alla donna, il bonzo passa dal rispettoso 娘 子(“niángzĭ” “signora”) al più diretto 你 (“nĭ” “tu”). Parlando di sé stesso passa dal modesto 少 僧 (“shăo sēng” “questo umile bonzo”) al più deciso 我 (“wŏ” “io”).
7) Notiamo, en passant, un dettaglio che sconcerta il lettore moderno: il letterato Dìng Rìzhōng è rimasto lontano da casa per più di un mese senza preoccuparsi di sapere come stesse la moglie, ma ribolle di legittimo sdegno quando apprende che un altro ha bassamente approfittato della sua prolungata assenza e del suo disinteresse per portargliela via.
8) Il termine 陰 司 ( “yīn sī” ”ufficio dell’ombra) designa i giudici dell’oltretomba che impongono ai defunti le pene da subire, prima della reincarnazione, per i crimini commessi in vita.
9) Secondo la credenza popolare, l’integrità del corpo favoriva la reincarnazione del defunto, che era invece ostacolata da ferite o mutilazioni. Tale credenza era però estranea alla dottrina buddhista ufficiale.
10) Sebbene percepita dalla devozione popolare come una divinità, Guānyīn 觀 音 è in realtà un “bodhisattva” बोधिसत्त्व (in cinese 菩 薩 “púsà”), cioè un essere illuminato che, mosso da una grande compassione,ha sviluppato il “bodhicitta” बोधिचित्त, vale a dire uno spontaneo desiderio di raggiungere lo stato di Buddha per recare beneficio a tutti gli esseri viventi.
Guānyīn è la traduzione cinese di Avalokitasvara (“chi abbassa gli occhi sui lamenti del mondo”), che sembra essere stata la forma originaria di Avalokiteshvara अवलोकितेश्वर (”il Signore che guarda giù verso il mondo”).
La grafia Avalokitasvara appare infatti ben cinque volte in un frammento del capitolo 24 del Sutra del Loto ( in lingua sanscrita: सद्धर्मपुण्डरीकसूत्र “ saddharmapuṇḍarīkasūtra”), contenuto in un manoscritto del V° secolo d.C. ritrovato nel Turkestan Orientale durante una delle spedizioni archeologiche organizzate dal giapponese Kōzui Ōtani 光瑞 大谷 agli inizi del XX° secolo.
Poiché tale manoscritto appare anteriore ai testi del sutra in precedenza conosciuti, è logico desumerne che esso ci fornisca la grafia originaria del nome del “bodhisattva”.
11) Bāo Zhēng 包 拯 (999 d.C.-1062 d.C), generalmente conosciuto come Bāo Gōng 包 公 (“il Signor Bāo”) fu un magistrato cinese famoso per la sua rettitudine e la sua incorruttibilità. Dopo la morte, divenne il modello del giudice integro nel teatro e nella letteratura popolare.
12) Non è ben chiaro se la pena consistesse nello arruolamento obbligatorio con conseguente assegnazione alle guarnigioni di confine oppure nella deportazione in campi di lavoro forzato controllati dai militari. Il sistema presenta comunque evidenti analogie con quello che fu, molti secoli più tardi, applicato nella Russia zarista e sovietica.
13) Nonostante la sua integrità e la sua rettitudine, il giudice Bāo condivide i pregiudizi del suo tempo. La donna, in quanto seduttrice per natura, è sempre, in qualche modo, oggettivamente responsabile di ciò che le può accadere.
14) Un diplomato distrettuale (秀 才”xiù cái”) poteva conseguire il titolo di 舉 人 (“jŭrén”) sostenendo un ulteriore esame a livello provinciale ed il titolo prestigioso di 進 士 (“jìnshì”) sostenendo un esame organizzato ogni tre anni a livello nazionale.
15) Il termine 同 知 (“tóng zhī”) designava il sottoprefetto.