La Spedizione Anglo-Francese
(Seconda Guerra dell’Oppio)
Riporto qui di seguito la mia traduzione della voce relativa alla spedizione anglo-francese in Cina, quale figura nell’enciclopedia on line Băidù Băikē 百度百科.
La traduzione comporta qualche leggera differenza rispetto alla struttura del testo originale in quanto ho riordinato alcuni passaggi, ho eliminato le ripetizioni e ho sintetizzato uno o più paragrafi che si dilungavano su aspetti marginali del tema trattato.
Sintesi dell’argomento
La Seconda Guerra dell’Oppio, che durò dall’ottobre 1856 all’ottobre 1860, fu una guerra d’aggressione intrapresa congiuntamente dalla Gran Bretagna e dalla Francia contro la Cina, con l’appoggio degli Stati Uniti d’America e della Russia. L’obiettivo della Gran Bretagna e della Francia era quello di ottenere una maggiore apertura del mercato cinese e di espandervi i propri interessi, che venivano perseguiti in modo aggressivo. Poichè il pretesto dell’attacco fu fornito alla Gran Bretagna da un incidente avvenuto sulla nave “Arrow”, il conflitto fu chiamato “La Guerra della Arrow”. (Il pretesto per l’intervento della Francia fu invece l’esecuzione del Padre Mă (1)). Esso è anche conosciuto come la “Spedizione Anglo-Francese in Cina” o la “Seconda Guerra Anglo-Cinese”. La denominazione “Seconda Guerra dell’Oppio ” è usata perché questo conflitto aveva essenzialmente gli stessi obiettivi della Prima Guerra dell’Oppio, di cui può essere considerato un prolungamento ed un ampliamento.
Nel 1860 le truppe anglo-francesi occuparono Pechino, costringendo l’Imperatore a fuggire a Chéngdé (2), poi irruppero nel vecchio Palazzo d’Estate (3), lo saccheggiarono e lo diedero alle fiamme.
Durante la guerra, la Russia zarista, dichiarando di voler intervenire come “mediatore”, costrinse il governo Cinese a cederle più di un milione mezzo di chilometri quadrati di territorio e fu dunque il paese che ricavò il maggior profitto dalla guerra.
Alla fine, il governo cinese dovette chiedere la pace e firmare la “Convenzione di Pechino”. (4)
La Seconda Guerra dell’Oppio portò alla conclusione, prima, del Trattato di Tien-Tsin e, successivamente della Convenzione di Pechino, nonché del Trattato di Aìhún con la Russia. (5)
In conseguenza della guerra, la Cina perse più di 1.500.000.chilometri quadrati di territorio nelle regioni nord-orientali e nord-occidentali.
Sebbene, dopo la fine della guerra, il governo manciù fosse ancora in grado di raccogliere le proprie forze per reprimere la rivolta del Regno Celeste (6) e mantenere il proprio dominio sul paese, gli aggressori estesero il loro controllo sulle regioni costiere e sul corso medio e inferiore del Fiume Azzurro, accentuando ulteriormente le condizioni semicoloniali in cui si trovava la Cina.
Rifiuto di rinegoziare i trattati.
Dopo la Prima Guerra dell’Oppio, le potenze capitalistiche occidentali continuarono la loro progressiva penetrazione in Cina, ma, ancora insoddisfatte dei privilegi e dei vantaggi che avevano ottenuto, moltiplicarono deliberatamente le violazioni della sovranità cinese ed intensificarono il saccheggio economico del paese.
Nel 1854 il Trattato di Nanchino era in vigore da 12 anni.
La Gran Bretagna, interpretando male una clausola del Trattato di Wàngxià (7) sul commercio marittimo e sui dazi doganali che ne consentiva modifiche di scarso rilievo trascorsi dodici anni dalla sua conclusione, invocò l’applicazione della clausola della nazione più favorita e chiese al governo cinese un importante rimaneggiamento del Trattato di Nanchino, che avrebbe dovuto prevedere l’apertura al commercio internazionale dell’intero territorio cinese, la legalizzazione del traffico dell’oppio, l’esenzione delle importazioni e delle esportazioni dai diritti di transito (8) e la concessione ai rappresentanti diplomatici dell’autorizzazione a risiedere nella capitale.
Anche gli Stati Uniti d’America e la Francia chiesero allora che i trattati conclusi con la Cina fossero rinegoziati, ma il governo cinese rifiutò.
Nel 1856 ricorrevano dodici anni dalla conclusione del Trattato di Wàngxià.
Gli Stati Uniti, spalleggiati dalla Gran Bretagna e dalla Francia, chiesero che il Trattato di Wàngxià fosse rinegoziato, ma si scontrarono anch’essi con il rifiuto del governo cinese.
Perciò le potenze occidentali decisero che era venuto il momento di lanciare un nuovo attacco alla Cina.
Situazione politica mondiale
Dal 1853 al 1856 si combatté la Guerra di Crimea tra l’Impero Ottomano, la Gran Bretagna e la Francia, da una parte, e la Russia zarista, dall’altra.
Quest’ultima, sconfitta, si volse verso oriente, cercando di rifarsi a spese della Cina.
Gran Bretagna e Francia, vittoriose, poterono, dal canto loro, disporre di contingenti più importanti per organizzare una spedizione militare in Cina.
Gli Stati Uniti, che conducevano un’attiva politica di espansione a livello internazionale, si accordarono con Gran Bretagna e Francia per favorirne i piani di invasione della Cina.
Nel 1857 gli Indiani si ribellarono al dominio inglese, ma la rivolta fu repressa e l’India intera divenne praticamente una colonia britannica. Vedendo i successi della Gran Bretagna in Estremo Oriente, la Francia cercò di imitarne le imprese in Indocina.
Disordini in Cina
Lo scoppio della ribellione Tàipíng nel 1851 convinse le Grandi Potenze che il momento era propizio per accrescere il loro sfruttamento della Cina.Nel periodo successivo alla guerra dell’oppio, si erano verificati di tanto in tanto tra la popolazione del Guăngdōng episodi di ostilità contro gli stranieri.
Yè Mingchéng (9), a quell’epoca viceré del Liángguăng, il quale fungeva, al tempo stesso, da ministro di sorveglianza dei cinque porti aperti al commercio internazionale (10), ignorava tacitamente le lamentele degli stranieri, senza mai prendere posizione su di esse.
Scoppio della guerra
Nell’ottobre del 1856 , l’”incidente della Arrow” fornì alla Gran Bretagna il pretesto per aprire le ostilità.
La “Arrow” era una nave cinese usata per il contrabbando, che era stata registrata presso le autorità britanniche di Hong Kong, ma la cui licenza di navigazione era scaduta.
L’8 ottobre 1856, i servizi di ispezione marittima del Guăndōng effettuarono una perquisizione sulla nave ed arrestarono alcuni pirati che si trovavano a bordo nonché un certo numero di marinai la cui posizione era sospetta. Si trattava, a lume di logica, di un affare interno cinese, che non riguardava per nulla la Gran Bretagna.
Tuttavia, sollecitato dal ministro britannico in Cina e dal governatore di Hong Kong, Bowring (11), il console britannico di Canton scrisse a Yè Míngchén, viceré del Liángguăng, che la “Arrow” era una nave britannica e, sostenne, inventando di sana pianta, che i soldati cinesi saliti a bordo avevano vilipeso la bandiera britannica. (12) Egli chiedeva perciò il rilascio degli arrestati e scuse formali per ciò che era accaduto.
Yè Míngchén contestò fermamente le affermazioni britanniche e non cedette né alla pretesa di una compensazione né alla richiesta di scuse, limitandosi a promettere che avrebbe rilasciato gli arrestati.
Il 23 ottobre 1856, le truppe britanniche entrarono in azione e, in tre giorni, occuparono tutti i forti dello Stretto di Húmén.
Il 27 ottobre, le navi britanniche bombardarono Canton.
Il 29 ottobre, reparti inglesi penetrarono nella città, saccheggiarono la sede del governatore e in seguito si ritirarono.
Nel dicembre del 1856 i magazzini commerciali stranieri furono assaliti dalla folla e dati alle fiamme. Un postale britannico in navigazione da Canton a Hong Kong fu dirottato.
Nei primi giorni di gennaio del 1857 le truppe britanniche diedero alle fiamme interi quartieri in prossimità della zona dei magazzini commerciali, poi, non essendo in numero sufficiente per fronteggiare la situazione, risalirono sulle loro navi e, navigando sul Fiume delle Perle, tornarono a Hong Kong. (13)
Esecuzione del Padre Mă
Nel marzo del 1857, il governo britannico affidò all’ex governatore del Canadà, Elgin (14), la direzione delle operazioni terrestri e marittime in Cina, elevandolo al rango di plenipotenziario. Nello stesso tempo propose al governo francese di organizzare una spedizione militare congiunta.
In quel periodo, il governo francese stava negoziando con il governo cinese per risolvere il ”caso del Padre Mă” (conosciuto anche come ”l’incidente del missionario di Xīlín”).
Il missionario cattolico francese Auguste Capdelaine, che aveva assunto il nome cinese di Mă Lài, era entrato in Cina di propria iniziativa, ignorando le clausole del Trattato di Huángpŭ. Il magistrato della contea di Xīlín lo aveva fatto giustiziare nel febbraio del 1856, senza rispettare la clausola dello stesso Trattato che imponeva, in tali casi, di arrestare la persona entrata illegalmente in Cina e di consegnarla al console francese. (15)
Nel 1857, il governo francese nominò suo plenipotenziario il barone Gros (16), con istruzioni di unire le proprie forze a quelle inglesi per invadere la Cina.
Gli Stati Uniti d’America, per quanto sollecitati dalla Gran Bretagna e dalla Francia ad aderire alla spedizione, si limitarono a fornire il loro appoggio diplomatico.
Il rappresentante diplomatico russo, che doveva assicurare la protezione della Chiesa Ortodossa a Pechino (17), si presentò, in quell’occasione come mediatore, cercando di trarre da tutta la faccenda il massimo profitto per la Russia.
Corso della Guerra
Prima Fase (dal 1856 al 1858)
Battaglia di Canton
Nel dicembre del 1857 (18) un corpo di spedizione anglo-francese composto da più di 5.600 uomini (di cui facevano parte un migliaio di soldati francesi) si concentrò presso la foce del Fiume delle Perle, pronto a lanciare un’importante offensiva. Anche il ministro degli Stati Uniti Williams (19) ed il ministro russo Putjatin (20) giunsero a Hong Kong per collaborare al piano di invasione della Cina.
Il 12 dicembre 1857, Elgin e Gros inviarono, separatamente, a Yè Míngchén due ultimatum che scadevano in un termine di dieci giorni.
In quel periodo il governo cinese era impegnato a fondo nella lotta contro il Regno Celeste della Pace Suprema e nella repressione della ribellione dei Nián (21) e si trovava inoltre in difficoltà finanziarie. Esso cercò quindi di evitare lo scontro armato e Yè Míngchén, fedele alle direttive del governo, rinunciò ad organizzare la difesa di Canton. (22)
Il 28 dicembre 1857, le truppe inglesi e francesi bombardarono Canton dalle navi, poi sbarcarono ed assediarono la città.
Il vicecomandante della guarnigione (23) Dèng Ānbāng (24) ed altri capi militari guidarono le loro truppe in un’accanita resistenza, ma il giorno successivo dovettero cedere. Il governatore del Guăngdŏng Băi Guì (25) e il comandante della guarnigione Mùkèdénè (26) si arresero e continuarono ad esercitare le loro funzioni sotto il controllo del “Comitato delle Forze Alleate”, guidato dal console inglese a Canton Parkes. (27) Yè Míngchén fu catturato e deportato a Calcutta in India.
Durante l’occupazione di Canton da parte delle truppe straniere, gli abitanti si organizzarono per lottare contro gli invasori. Un gruppo di volontari creò nella città di Fúshān presso Canton un centro d’addestramento, dove decine di migliaia di persone si preparavano a combattere l’aggressione e ad affrontare il nemico. (28) Anche a Hong-Kong, a Macao e in altre località ci furono manifestazioni di protesta.
Nel marzo del 1858 i ministri delle Quattro Potenze si riunirono a Shànghăi. Hè Guìqīng (29), viceré del Liángjiāng, chiese loro di ritornare a Canton per poterli incontrare, ma essi decisero invece di raggruppare un certo numero di navi da guerra e di inviarle a Tiānjīn. La flotta raggiunse la foce del fiume Băihé (30) verso la metà del mese di aprile.
La prima battaglia dei Forti di Dàgū
Quando la flotta alleata giunse in vista dei forti di Dàgū (31), i ministri delle Quattro Potenze inviarono al governo cinese quattro distinte note con cui ciascuno di essi gli chiedeva di nominare entro sei giorni ministri plenipotenziari abilitati a negoziare.(32)I ministri di Russia e Stati Uniti manifestavano inoltre la loro disponibilità ad agire come “mediatori”.
L’imperatore Xiánfēng (33) ordinò subito all’esercito di rafforzare le difese di Tiānjīn e di Dàgū.
Nominò però anche plenipotenziario il governatore del Zhílì (34), Tán Tíngxiáng (35), e lo inviò a Dàgū con il compito di negoziare, contando sulla “mediazione” dei rappresentanti diplomatici della Russia e degli Stati Uniti.
Gli Inglesi e i Francesi non avevano alcuna intenzione di discutere seriamente. I negoziati dovevano soltanto servire a dargli il tempo di ultimare i loro preparativi militari.
Il 20 maggio 1858, le truppe alleate bombardarono i forti di Dàgū. La guarnigione cinese rispose al fuoco e si battè coraggiosamente, tuttavia Tán Tíngxiáng ed altri capi, privi di spirito combattivo, abbandonarono la lotta e fuggirono, cosicché i forti di Dàgū, isolati e senza aiuto e difficili da difendere anche a causa della loro struttura antiquata, caddero in mano del nemico.
Il 26 maggio 1858 le truppe anglo-francesi avanzarono lungo il Băihé, occuparono i sobborghi di Tiānjīn e minacciarono Pechino.
Il 13 giugno 1858 il governo imperiale inviò in gran fretta a Tiānjīn Guìliáng (36), Primo Segretario del Padiglione Orientale, e il ministro Huāshānà (37) per negoziare la pace.
Sotto la minaccia e le intimidazioni degli aggressori anglo-francesi Guìliáng e Huāshānà firmarono con Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Russia i “Trattati di Tien-Tsin”.(38)
Il trattato concluso con la Gran Bretagna il 26 giugno 1858 contiene 56 articoli e un allegato.
Il trattato concluso con la Francia il 27 giugno 1858 contiene 42 articoli e sei allegati.
Essi sanciscono in sostanza quanto segue:
- I rappresentanti diplomatici delle Potenze sono autorizzati a risiedere in Pechino;
- Sono aggiunti ai porti già aperti al traffico internazionale i porti di Niúzhuāng (poi rimpiazzato da Yínkŏu), Déngzhōu (poi rimpiazzato da Yāntái), Tàiwăn (con la successiva designazione del porto di Tàinán), Dànshuĭ, Dăgŏu ( oggi Jìlóng), Cháozhōu (poi rimpiazzato da Shàntóu), Gióngzhōu, Nanchino e Zhènjiāng, Hànkŏu e Jiŭjiāng. (39)
- I missionari stranieri sono autorizzati ad entrare liberamente nel paese e a predicare senza limitazioni;
- I cittadini stranieri sono autorizzati a muoversi e a commerciare liberamente all’interno del paese;
- Le navi mercantili straniere sono autorizzate a navigare sul Fiume Azzurro.
- Il governo cinese si impegna a modificare la normativa fiscale in modo da ridurre le tasse che gravano sulle navi mercantili;
- Il governo cinese si impegna a pagare 4 milioni di tael d’argento alla Gran Bretagna e 2 milioni di tael d’argento alla Francia.
I rappresentanti russo e americano approfittarono della loro qualità di “mediatori” per concludere anch’essi un accordo con la Cina.
Il trattato concluso con la Russia il 13 giugno 1858 contiene 12 articoli.Il trattato concluso con gli Stati Uniti il 18 giugno 1858 contiene 30 articoli.
Se si prescinde dalle riparazioni di guerra, il loro contenuto è pressoché identico a quello dei trattati conclusi con la Gran Bretagna e con la Francia.
L’art.9 del trattato russo-cinese stabilisce inoltre espressamente che i due paesi invieranno commissioni miste a verificare i “confini finora non ben precisati” e a “definire chiaramente tali confini” in un documento che sarà allegato al trattato, in modo da evitare per il futuro qualsiasi controversia. (40)
La Russia poneva così le basi per impadronirsi di una bella fetta di territorio cinese.
Già qualche mese prima, minacciando l’uso della forza militare, la Russia zarista aveva imposto al governatore del Hēilóngjiāng, Yíshān (41), la firma del Trattato di Àihún.
Dopo la firma dei Trattati di Tien-Tsin, gli Inglesi e i Francesi si ritirarono da Tiānjīn e mossero lungo la costa verso sud.
L’imperatore Xiánfēng non fu contento delle concessioni fatte nei Trattati di Tien-Tsin. Durante le trattative che si svolsero successivamente a Shànghăi con i rappresentanti diplomatici di Gran Bretagna e Francia per fissare le regolamentazioni commerciali, egli cercò di ottenere una modifica dei trattati con la soppressione delle clausole che prevedevano la residenza dei rappresentanti diplomatici delle Potenze a Pechino, la libertà di circolazione degli stranieri all’interno del paese e la libertà di navigazione sul Fiume Azzurro. Egli non era perciò disposto a consentire che i rappresentanti diplomatici delle Potenze si recassero a Pechino per scambiare le ratifiche degli accordi. (42)
L’8 novembre del 1858, Guìliáng e gli altri delegati cinesi ( fra cui Huāshānà e Hè Guìqīng) firmarono a Shànghăi tre distinte convenzioni sulle regole di commercio con Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti.
La convenzione conclusa con la Gran Bretagna prevedeva, fra l’altro: la legalizzazione del traffico dell’oppio (43); la fissazione dei dazi doganali all’importazione e all’esportazione sulla base dei prezzi correnti delle merci ; l’obbligo di pagamento dei soli diritti portuali al tasso del 2,5% e l’esenzione dai diritti di transito per i prodotti venduti su tutto il territorio cinese (44); l’assunzione di funzionari britannici che avrebbero avuto il compito di collaborare con l’amministrazione doganale.(45) Tuttavia Gran Bretagna e Francia non ottennero la modifica delle altre disposizioni dei trattati di Tien-Tsin ed insistettero perché fosse consentito ai loro rappresentanti di recarsi a Pechino per prospettare all’Imperatore la necessità delle modifiche richieste.(46)
La seconda battaglia dei Forti di Dàgū
Non ancora contenti dei privilegi che avevano strappato alla Cina con il Trattato di Tien-Tsin, i governi britannico e francese presero a pretesto le difficoltà sorte con riferimento allo scambio delle ratifiche per riprendere la guerra. (47)
Nel giugno del 1859, dopo aver respinto la proposta di Guìiáng di effettuare lo scambio delle ratifiche a Shànghăi, i ministri di Gran Bretagna, Bruce, di Francia, Bourboulon, e degli Stati Uniti d’America, John Ward (48) si presentarono dinanzi a Dàgū, ciascuno alla testa di una piccola flotta del suo paese, per intimidire il governo imperiale.
Il governo cinese si dichiarò disposto a ratificare il trattato di Tien-Tsin a Pechino.
Dopo aver rafforzato le difese dei forti di Dàgū, esso incaricò il governatore del Zhílì Héngfú (49 di invitare i ministri britannico e francese a sbarcare a Bĕitáng (50) e a raggiungere Pechino da Tiānjin per via terrestre. Essi avrebbero dovuto viaggiare accompagnati da un seguito di sole 20 persone e senza una propria scorta armata.
Gli inviati britannico e francese respinsero categoricamente le proposte del governo cinese ed insistettero per raggiungere Pechino attraversando lo stretto di Dàgū.
Dopo il ritiro delle flotte britannica e francese dalla zona di Dàgū nel 1858, il governo cinese aveva affidato la difesa dei forti al principe Sēnggé Línqìn di Kē’ĕrqìn (51).
Il 25 giugno 1859 12 navi da guerra britanniche, sotto il comando dell’ammiraglio James Hope (52), si avvicinarono alla costa di Háikŏu e , verso le tre del pomeriggio, attaccarono i forti di Dàgū. La guarnigione cinese, guidata da Sēnggé Línqìn resistette valorosamente, rispondendo al fuoco dell’artiglieria. L’ammiraglio del Zhílì, Shĭ Róngchūn (53) e il vicecomandante della guarnigione di Dàgū, Lóng Rŭyuán (54), morirono in battaglia. Il tiro accurato dei cannoni cinesi affondò 10 navi nemiche e mise fuori combattimento 500 soldati inglesi. (55) L’ammiraglio Hope fu gravemente ferito e le forze anglo-francesi subirono una dura disfatta. Fu la sola vittoria dell’esercito cinese nel corso della guerra.
Nell’agosto dello stesso anno, il ministro americano Ward, fingendosi conciliante, accettò di sbarcare a Bĕitáng per recarsi di lì a Pechino. Ritornò poi a Bĕitáng, dove procedette allo scambio delle ratifiche con il governatore del Zhílì, Héngfú. In precedenza, il delegato russo aveva proceduto in Pechino allo scambio delle ratifiche. (56)
L’occupazione di Pechino
Quando la notizia dell’insuccesso si diffuse in Europa, molte voci, nelle classi dirigenti inglese e francese, invocarono una ”grande rivalsa” e l’”occupazione della capitale”.
Nel febbraio del 1860 Elgin e Gros furono confermati nelle loro funzioni di plenipotenziari e si videro mettere a disposizione 15.000 soldati inglesi e 7.000 soldati francesi per riprendere l’offensiva contro la Cina.
In aprile, le truppe anglo-francesi occuparono Zhōushān. (57) Tra maggio e giugno, le truppe inglesi si impadronirono della baia di Dàlián (58), mentre i Francesi occupavano Yāntái (59), bloccando così il golfo di Bóhăi. Essi usarono Yāntái come base avanzata per un nuovo attacco ai forti di Dàgū.
Durante il mese di luglio accorsero a Bóhăi il ministro russo Ignatiëv (60) ed il ministro americano Ward, che si offrirono di nuovo come “mediatori”, anche se, in realtà, erano nettamente schierati dalla parte della Gran Bretagna e della Francia.
Dopo la vittoria dei Forti di Dàgū, il governo cinese si era illuso di poter fare la pace con la Gran Bretagna e con la Francia.
Quando le navi inglesi e francesi si avvicinarono di nuovo al porto di Dàgū l’imperatore Xianfeng raccomandò ancora a Sēnggé Línqìn e a Héngfú di tentare un negoziato prima di combattere, nell’intento di evitare ulteriori disastri militari, e di farlo senza porsi limiti di tempo. Héngfú venne dunque inviato a trattare con i rappresentanti britannico e francese.
Sēnggé Línqìn, pensando che il nemico non fosse preparato a condurre un’offensiva terrestre, si concentrò sulla difesa dei forti di Dàgū, lasciando così sguarnita Bĕitáng. Ignatiëv informò allora segretamente gli Anglo-Francesi che Bĕitáng non era difesa.
L’incendio del vecchio Palazzo d’Estate
Il 1° agosto 1860, diciottomila soldati inglesi e francesi, sbarcati a Bĕitáng senza incontrare alcuna resistenza, si diressero verso Tiānjīn.
Il 14 agosto le truppe alleate catturarono la città di Tánggū e si prepararono ad attaccare da terra e dal mare i forti settentrionali di Dàgū. (61)
Le truppe che difendevano le fortificazioni, guidate dall’ammiraglio del Zhílì Lèshàn (62),combatterono coraggiosamente, ma il governo manciù non aveva alcuna intenzione di resistere ad oltranza e l’imperatore Xiánfēng ordinò al generale Sēnggé Línqìn di levare il campo e di ritirarsi. Le truppe cinesi abbandonarono quindi i forti di Dàgū e, attraversata Tiānjīin, ripiegarono su Tōngzhōu ( oggi un sobborgo di Pechino).(63)
Il 21 agosto 1860 caddero i forti di Dàgū.
Il 24 agosto gli Anglo-Francesi occuparono Tiānjīin.
A questo punto, il governo cinese si affrettò ad inviare Guìliáng a Tiānjīin per trattare la pace.
Gli Anglo-Francesi pretesero che, oltre a ratificare il Trattato di Tiānjīin, la Cina aprisse il porto di Tiānjīin al commercio internazionale, pagasse ulteriori riparazioni di guerra e consentisse a forti contingenti di truppe anglo-francesi di accompagnare i rappresentanti diplomatici a Pechino per la ratifica dei trattati.
Quando il governo cinese respinse queste pretese, le trattative furono interrotte e le truppe anglo-francesi marciarono da Tiānjīin su Pechino.
Il governo cinese inviò allora Zăiyuán (64), principe Yí, e il ministro della Guerra Mùyīn (65) a Zhāngjiāwān, a sud di Tōngzhōu, per negoziare la pace al posto di Guìliáng.
A causa di ulteriori divergenze, i negoziati furono interrotti un’altra volta ed il negoziatore britannico Parkes e la sua scorta, in tutto 39 persone, furono tenuti prigionieri. (66)
Il 18 settembre 1860, gli Anglo-Francesi occuparono Tōngzhōu.(67)
Il 21 settembre 1860 l’esercito cinese e le truppe anglo-francesi si scontrarono a Bālĭqiáo. (68) Dopo un feroce combattimento, il generale Sēnggé Línqìn e gli altri comandanti si diedero alla fuga. L’intero esercito fu distrutto. (69)
Il giorno successivo, l’imperatore Xiánfēng fuggì dalla capitale verso la residenza di montagna di Rèhé in compagnia dell’imperatrice, della concubina chiamata “La Virtuosa” (70) e di numerosi cortigiani.
Il 13 ottobre 1860 le truppe alleate entrarono in Pechino dalla Porta di Āndíng. (71)
Gli Anglo-Francesi scoprirono che numerosi membri della delegazione di pace alleata, che erano stati fatti prigionieri in occasione della rottura delle trattative, erano stati torturati a morte e decisero che questo trattamento inumano meritava una severa rappresaglia perché i Cinesi imparassero a rispettare gli Inglesi e i Francesi. (72)
Il 18 ottobre le truppe alleate occuparono l’intera città e diedero alle fiamme il vecchio Palazzo d’Estate.
Gli Anglo-Francesi saccheggiarono e incendiarono i sobborghi di Pechino per quasi cinquanta giorni. Furono dati alle fiamme i palazzi e i parchi imperiali che si trovavano nei dintorni di Pechino: il vecchio Palazzo d’Estate, il giardino di Jìngmíng sul monte Yùquáng (73), il giardino di Jìngyí sulle Colline Profumate (74) e il giardino di Chángchūn.(75)
Il Palazzo d’Estate bruciò per tre giorni e per tre notti. Più di trecento tra eunuchi e dame di corte perirono tra le fiamme. Victor Hugo condannò duramente questo fatto definendolo “la vittoria di due banditi”. (76).
L’imperatore inviò Yìxīn, principe Gōng (77), come ministro plenipotenziario, a trattare la pace e concluse, con la Gran Bretagna e con la Francia, i due trattati conosciuti come le “Convenzioni di Pechino”.
Sotto la minaccia degli alleati di bruciare la Città Proibita, il principe Gōng scambiò il 24 e il 25 ottobre, gli strumenti di ratifica dei Trattati di Tien-Tsin con Elgin e, rispettivamente, con Gros. I testi delle Convenzioni di Pechino furono allegati a ciascuno dei due Trattati.
Manovre della Russia
Dopo la fine della guerra, mentre il governo cinese si concentrava sulle trattative con gli alleati e sulla repressione della ribellione Tàipíng, la Russia zarista approfittò del fatto che le frontiere occidentali fossero praticamente sguarnite ed occupò illegalmente molte località strategiche nel bacino del fiume Hēilóngjiāng e a sud del lago Balkash. (78) Non contenta di ciò, si sforzò di ottenere ufficialmente la cessione di tali territori da parte della Cina.
Già nel 1856, quando le forze anglo-francesi avevano attaccato Canton, il ministro plenipotenziario russo Putjatin era stato incaricato dal suo governo di discutere le questioni di frontiera con il governo cinese.
Nel maggio del 1858, il governatore generale della Siberia Muraviëv ricevette in consegna i forti di Dàgū dalle truppe alleate e costrinse il governatore del Hēilóngjiāng Yìshàn a firmare il Trattato di Àihún, con cui venivano ceduti alla Russia più di 600.000 chilometri quadrati di territorio a nord del Hēilóngjiāng e a sud dei Monti Xīng’ān. (79) Nello stesso tempo, veniva divisa tra i due paesi una regione di circa 400.000 chilometri quadrati a oriente del fiume Ussuri.(80)
Più tardi, il ministro plenipotenziario Ignatiëv pretese la cessione di ulteriori territori in ricompensa dei “buoni uffici” forniti dalla Russia.
Il 14 ottobre 1860, fu firmata la Convenzione di Pechino con cui la Cina cedeva alla Russia i già menzionati territori ad est del fiume Ussuri, apriva al commercio la città di Kashgar (81) ed autorizzava l’apertura di consolati a Kashgar e a Kùlún. (82)
Si procedette infine ad un’importante rettifica delle frontiere occidentali della Cina nel senso voluto dalla Russia. Nel 1864 il governo cinese fu costretto a firmare un accordo “relativo alla fissazione delle frontiere nord-occidentali” con cui cedeva alla Russia 440.000 chilometri quadrati di territorio a sud e a est del lago Balkash. (83)
La Russia fu quindi il paese che trasse maggiori profitti dalla Seconda Guerra dell’Oppio. (84)
Risultato della guerra
(Sintesi del contenuto dei Trattati di Tien-Tsin e delle Convenzioni di Pechino)
I “Trattati di Tien-Tsin”.
I Trattati di Tien-Tsin, conclusi con Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti d’America e Russia, rispettivamente, prevedevano in sostanza quanto segue:
- autorizzazione ai rappresentanti diplomatici delle potenze occidentali di risiedere in Pechino;
- apertura al commercio internazionale dei porti di Niúzhuāng, Dēngzhōu, Táinán, Dànshuǐ, Cháozhōu, Qióngzhōu, Hànkǒu, Jiǔjiāng, Nánjīng e Zhènjiāng;
- libertà di navigazione per le navi straniere sul Fiume Azzurro;
- libertà per i commercianti stranieri di viaggiare per affari in territorio cinese;
- libertà di predicazione dei missionari in territorio cinese;
- pagamento di riparazioni di guerra alla Gran Bretagna per l’importo di 4 milioni di tael e alla Francia per l’Importo di 2 milioni di tael.
Le “Convenzioni di Pechino”
Yíxīn scambiò le ratifiche dei Trattati di Tien-Tsin e concluse le “convenzioni di Pechino” il 24 ottobre 1860 con Elgin ed il 25 ottobre 1860 con Gros.
Gli accordi prevedevano in sostanza quanto segue:
- apertura del porto di Tjiānjīn al commercio internazionale;
- autorizzazione della Gran Bretagna e della Francia a reclutare lavoratori cinesi da impiegare all’estero; (85)
- cessione del promontorio di Kowloon alla Gran Bretagna;(86)
- restituzione dei beni della chiesa cattolica in precedenza confiscati. (i Francesi aggiunsero surrettiziamente al trattato una clausola che non era stata discussa e che recitava: ”I missionari potranno prendere in affitto o comprare terreni nelle varie provincie ed edificarli liberamente.”); (87)
- riparazioni di guerra portate ad 8 milioni di tael tanto per la Gran Bretagna, quanto per la Francia. (88)
Dopo la conclusione delle Convenzioni di Pechino, le forze anglo-francesi cominciarono a ritirarsi dalla capitale.
La Seconda Guerra dell’Oppio era finita.
Considerazioni sullo svolgimento della guerra
Durante la Seconda Guerra dell’Oppio, che durò più di quattro anni ( dall’ottobre 1856 al novembre 1860), popolo ed esercito difesero la loro patria, combatterono coraggiosamente contro il nemico e assestarono pesanti colpi agli invasori. Tuttavia, a causa della corruzione e dell'incompetenza del governo Qīng, la guerra si concluse con la sconfitta della Cina.
Varie furono le cause della sconfitta:
Negligenza della classe dirigente
Fin dalla Prima Guerra dell’Oppio il governo e le persone dotate di una certa perspicacia si erano resi conto che sia l’organizzazione sia l’armamento dell’esercito cinese apparivano superati. Col passare del tempo ciò divenne evidente a tutti. La Dinastia Qīng tuttavia aveva ancora una cieca fiducia nel suo mandato celeste e, occupata come era a reprimere la rivolta dei Tàipíng, non si curò di ridurre il divario con le Potenze occidentali in campo militare.
Impreparazione militare.
Quando,nel 1857, le truppe anglo-francesi attaccarono Canton, il governo cinese era impegnato a fondo nella lotta contro il Regno Celeste della Pace Suprema (Tàipíng Tiānguó) e non aveva più forze sufficienti per respingere l’attacco degli stranieri. Così Canton fu occupata.
Quando, nell'aprile 1858, le truppe anglo-francesi marciarono verso nord ed attaccarono i forti di Dàgū, il governo cinese non reagì neppure allora in modo adeguato. L’impreparazione e l’armamento obsoleto portarono ad una disastrosa sconfitta.
In occasione della seconda battaglia di Dàgū nel giugno 1859, il governo cinese fece finalmente qualcosa. Il generale Sēnggē Línqìn si occupò personalmente della difesa costiera. Inoltre, le forze della coalizione britannica e francese erano scarse e gli attaccanti disponevano soltanto di 12 navi da guerra. L'esercito cinese difese i forti di Dàgū e respinse l’assalto delle forze alleate. Ciò dimostra che gli Anglo-Francesi non erano invincibili. Le loro truppe erano infatti raccogliticce e operavano a grande distanza dalle loro basi.
Il fatto che il governo Qīng fosse totalmente impegnato nella guerra contro i Tàipíng, lo paralizzò e contribuÌ, in una certa misura, alla caduta di Canton e alla sconfitta nella prima battaglia di Dàgū.
Armamento obsoleto
All’inizio della Seconda Guerra dell’Oppio, l’esercito cinese era prevalentemente dotato di armi bianche.
Esso disponeva ancora, proprio come nel 1840, di un armamento assolutamente tradizionale: spadoni, archibugi, archi e frecce. (89) Le formazioni di fucilieri, poco numerose, usavano antiquati fucili a miccia.
C’erano, in realtà alcuni reparti di artiglieria, ma i pezzi erano in numero ridotto ed ancora del tipo ad avancarica, con una gittata assai inferiore a quella dei cannoni di cui disponevano le Potenze occidentali. Per quanto riguardava l’artiglieria da fortezza, le torrette su cui erano postati i cannoni erano tutte a cielo aperto e non garantivano quindi alcuna protezione contro i bombardamenti nemici.
La marina militare era costituita da imbarcazioni a vela.
Le truppe inglesi e francesi disponevano invece di fucili moderni a percussione (90), di cannoni a culatta (91) e di navi a vapore, che, grazie al loro pescaggio ridotto, potevano facilmente navigare in acque poco profonde come quelle dei fiumi.
Nell'agosto 1860, le forze alleate anglo-francesi si riorganizzarono e un contingente di 18.000 uomini occupò Tiānjīn.
Nel settembre 1860, più di 8.000 soldati della coalizione anglo-francese avanzarono su Pechino. Sēnggé Línqìn, il comandante dell'esercito cinese, li affrontò, al comando di 30.000 uomini, in una feroce battaglia presso il ponte di Bālĭqiáo.
Prima della battaglia, in cui i Cinesi avrebbero subito enormi perdite, il generale Sēnggé Línqìn aveva inviato all’imperatore un rapporto pieno di ottimismo:” MI appresto a far retrocedere le truppe e a concentrarle presso Bālĭqiáo per bloccare la strada che conduce alla capitale. Sto rapidamente rinforzando l’esercito e risollevandone il morale. Se i barbari attaccheranno, siamo pronti a combattere sino alla morte.”
Egli non si rendeva conto della potenza di fuoco del nemico ed inviò al massacro oltre 30.000 uomini che costituivano l’élite dell’esercito cinese.
Il divario di armamento era enorme.
Fu uno scontro tra uomini armati all’antica e uomini dotati di moderne armi da fuoco.
Non potevano esserci dubbi sull’esito della battaglia. I Cinesi avevano qualche piccolo reparto armato di fucili, ma il grosso delle loro forze era costituito da contingenti di fanteria e di cavalleria armati di lance, spade, archi e frecce. Le cariche della cavalleria contro formazioni nemiche in grado di reagire con potenti scariche di fucileria equivalevano chiaramente ad un suicidio.
Dopo che i Cinesi ebbero perso più della metà dei loro effettivi, uccidendo meno di 10 soldati nemici (92), Sēnggé Línqìn si diede alla fuga.
Mancanza di addestramento
(Sintesi del paragrafo) La cavalleria mongola, dopo secoli senza guerre, non era che un’ombra di ciò che era stata ai tempi di Gengis Khan. (93) I reparti di fucilieri, che nessuno aveva mai sottoposto ad un addestramento rigoroso e costante, non erano assolutamente in grado di svolgere un’azione di fuoco precisa ed efficace.
Incompetenza e incuria del governo manciù
Non c’è bisogno di ricordare che tutto ciò che avvenne fu chiaramente dovuto all’incompetenza e all’incuria del governo manciù. Erano ormai trascorsi quasi vent'anni dalla Prima Guerra dell'Oppio e il governo cinese avrebbe dovuto capire da tempo che le Potenze occidentali disponevano di un armamento moderno. Esso avrebbe quindi dovuto adottare i provvedimenti necessari per modernizzare il proprio esercito. Invece, nulla fu fatto né per quanto riguardava l’armamento delle truppe né per quanto riguardava il loro addestramento.
30.000 soldati furono così gettati senza alcuna strategia sul campo di battaglia, dove costituirono per il nemico un semplice oggetto di tiro al bersaglio.
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Conseguenze della Guerra
Cuī Ruìdé (94) scrive nella ” Cambridge History of China in the Late Qing Dynasty" (95) che, dopo il 1860, il sistema creato dai trattati ineguali deve essere considerato come una parte specifica del sistema politico cinese. La sovranità cinese non è eliminata, ma è coperta o sostituita dalla sovranità delle Potenze, che si fanno rappresentare dalle loro cannoniere nei porti aperti al commercio internazionale e nelle vie d’acqua interne.
La crescita della potenza militare straniera in Cina in seguito spinse la dinastia Qīng ad adottare gradualmente un armamento di tipo occidentale per equipaggiare il suo esercito e, infine, a far costruire navi a vapore per formare una marina.
Tuttavia, era ormai troppo tardi per costringere gli stranieri a lasciare il paese.
La "Storia generale della Cina" di Bái Shòuyí (96) osserva quanto segue: “Dopo la Seconda Guerra dell'Oppio e la firma dei "Trattati di Tien-Tsin" e delle "Convenzioni di Pechino", tutti e quanti “trattati ineguali” , il territorio cinese fu ulteriormente saccheggiato e gli invasori stranieri si impossessarono ulteriormente di una grande quantità di privilegi in Cina, aumentando il loro controllo politico e proseguendo nella loro aggressione economica e culturale contro la Cina.”
Impatto della guerra
Impatto politico
La guerra fece perdere alla Cina sovranità e territori (più di 1 milione e mezzo di chilometri quadrati ). La convenzione sino-russa di Pechino permise, per esempio, alla Russia zarista di impadronirsi della maggior parte delle regioni che la Cina controllava nell’Asia Centrale e Nord-Orientale.
Un’altra conseguenza fu il rafforzamento del carattere feudale della società cinese, fenomeno che andò di pari passo con la trasformazione della Cina in un paese che presentava molti caratteri di una colonia. I governanti manciù si affidarono, per salvare il loro potere, agli invasori stranieri, di cui cominciarono a comportarsi come vassalli e fedeli esecutori.
Le forze reazionarie cinesi e straniere collusero apertamente tra di loro per sopprimere la resistenza del popolo.
L’incendio del Vecchio Palazzo d’Estate da parte delle truppe anglo-francesi, quando queste occuparono la capitale durante la Seconda Guerra dell’Oppio, costituì un duro colpo tanto per la cultura quanto per l’autostima dei Cinesi e provocò lacerazioni nella classe dominante, che era allora quella dei proprietari terrieri. Alcuni membri di tale classe trassero insegnamento dai dolorosi fatti e decisero di “imparare dai barbari a combattere i barbari”. Nacque così un movimento di occidentalizzazione che portò alla “Restaurazione di Tōngzhí”. (97).
I rappresentanti stranieri di stanza a Pechino accrebbero la loro influenza e la loro supervisione sul governo Qīng. Dopo la guerra, il governo ebbe mano libera per domare la rivolta Tàipíng e riuscì, seppure con fatica, a mantenere il controllo della situazione. Non appena la "Convenzione di Pechino" fu firmata, gli inviati britannici, francesi e russi dichiararono subito che, fintanto che il governo Qīng "avesse rispettato seriamente gli accordi", esso avrebbe ricevuto "tutta l’assistenza necessaria".
Nel marzo 1861, fu istituito un apposito ufficio per gestire i rapporti con gli stranieri. (98)
Nel gennaio 1862, il governo decise di “ricorrere ad istruttori militari stranieri che lo aiutassero a reprimere la rivolta Tàipíng" e di utilizzare mercenari stranieri per ottenere la vittoria nella guerra civile. (99)
Nella Seconda Guerra dell'Oppio, il governo Qīng soccombette ancora una volta agli invasori stranieri. Le conseguenze furono estremamente gravi: la Cina fu sempre più trattata, sotto molti aspetti, come una colonia. Tuttavia, il popolo cinese non smise mai di lottare contro l'aggressione straniera. Ovunque andassero, le forze anglo-francesi trovarono persone che insorsero per difendere la patria, mostrando lo spirito eroico del popolo cinese determinato a combattere i suoi nemici sino alla fine.
Impatto economico
Dal punto di vista economico, l’influenza straniera, dopo essersi diffusa nelle province costiere della Cina, si estese anche alle regioni dell’interno. Ne vennero facilitati, da una parte, l’importazione dei prodotti occidentali, dall’altra, l’acquisto di materie prime a basso costo e lo sfruttamento di manodopera sottopagata.
La Cina subì in pieno l'impatto aggressivo dell'economia capitalista.
La legalizzazione del commercio dell'oppio, il traffico dei lavoratori cinesi e l’autorizzazione data ai missionari di predicare nelle regioni dell’interno sono tutti fatti che contribuirono a intensificare i conflitti sociali in Cina. (100)
Impatto territoriale
La Cina perse la sovranità su ampi tratti di territorio. Se la cessione della penisola di Kowloon al Regno Unito riguardò soltanto un piccolo lembo di terra, il territorio ceduto alla Russia zarista corrispondeva invece a 1,5 milioni di chilometri quadrati. Ciò ebbe molta influenza, in seguito, sulle vicende della Repubblica di Cina.
NOTE
1) Mă Lái 馬賴 era il nome cinese assunto dal missionario francese Auguste Chapdelaine (1814-1856). Sorpreso a svolgere clandestinamente il suo apostolato all’interno del territorio cinese, allorché il Trattato di Huángpŭ autorizzava la predicazione cattolica soltanto nei cinque porti aperti al commercio internazionale, fu condannato a morte e giustiziato il 26 febbraio 1856. La sua esecuzione avvenne in manifesta violazione del Trattato, che, in simili casi, imponeva alle autorità cinesi di consegnare i missionari arrestati al competente console francese. In altre occasioni, alcuni missionari penetrati illegalmente in territorio cinese, erano stati arrestati e consegnati al console, ma nel caso del padre Chapdelaine giocò forse il desiderio di dare un esempio, visto che la regione del Guăngxī in cui egli operava era minacciata dalla ribellione Tàipíng e che molti cristiani erano considerati favorevoli ai ribelli. Il governo francese sfruttò l’incidente come pretesto per giustificare una spedizione militare in Cina.
2) Chéngdé 承德, un tempo conosciuta anche come Réhè’ér 热河儿 (nome romanizzato in Jehol), è una località del Hébĕi 河北, situata circa 225 chilometri a nord-est di Pechino. Gli imperatori vi trascorrevano abitualmente l’estate nella cosiddetta “Residenza di Montagna” (承德避暑山庄 “chéngdé bìshǔ shānzhuāng”), costruita tra il 1706 e il 1729.
3) Il termine “ Palazzo d’Estate” designa due diversi complessi di edifici e di parchi: lo Yíhéyuán 頤和園 o “Giardino della Preservazione dell’Armonia” e lo Yuángmíngyuán 圓明園 o “Giardino del Perfetto Splendore”. L’aggettivo “vecchio” è utilizzato per designare il secondo, costruito e ampliato a varie riprese nel corso del XVIII° secolo e distrutto dalle truppe anglo-francesi il 18 ottobre 1860.
4) Il termine “Convenzione di Pechino” (北京條約 “běijīng tiáoyuē”) indica tre distinti trattati conclusi dalla Cina il 18 ottobre 1860 rispettivamente con la Gran Bretagna, con la Francia e con la Russia.
5) Il Trattato di Àihún (璦琿條約 “àihún tiáoyuē”) del 28 maggio 1858
modificò il Trattato di Nerchinsk , che aveva fissato nel 1689 il confine tra la Cina e la Russia, trasferendo all’Impero Russo la parte della Manciuria situata tra i Monti Stanovoj e il fiume Amur per un totale di oltre 600.000 chilometri quadrati. Negoziato dal governatore della Siberia Nikolaj Muravëv e dal governatore del Hēilóngjiāng Yíshān, esso non fu ratificato dall’imperatore se non due anni più tardi, quando la Cina fu costretta a ratificare i Trattati di Tien-Tsin e la Russia approfittò dell’occasione per esigere che fosse ratificato anche il Trattato di Àihún.
6) La rivolta detta “dei Tàipíng” fu un’insurrezione di grande portata che si sviluppò tra il 1851 e il 1864 nelle regioni centro-meridionali della Cina e che condusse alla creazione di un effimero Stato conosciuto come il “Regno Celeste della Pace Suprema” ( 太平天國 “tàipíng tiānguó”).
7) Il Trattato di Wàngxià (望廈條約 “wàngxià tiáoyuē”), concluso tra la Cina e gli Stati Uniti d’America il 3 luglio 1844, dispone, all’art. XXXIV quanto segue: ”When the present Convention shall have been definitively concluded, it shall be obligatory on both powers, and its provisions shall not be altered without grave cause; but inasmuch as the circumstances of the several ports of China open to Foreign commerce are different, experience may show that inconsiderable modifications are requisite in those parts which relate to commerce and navigation; in which case the two Governments will, at the expiration of twelve years from the date of said Convention, treat amicably concerning the same, by the means of suitable persons appointed to conduct such negotiation…”.
L'aggettivo inglese “inconsiderable” viene tradotto dai dizionari come “insignificante”, ”trascurabile”.
Il testo cinese usa l’espressione 稍有变通之处 (“shāo yǒu biàntōng zhī chù”) che si può tradurre come “piccolo aggiustamento”.
8) La normativa cinese prevedeva , per i prodotti avviati all’interno del territorio, il versamento di “diritti di transito”, che venivano ripetutamente riscossi durante il trasporto verso la località di destinazione. Il governo inglese esigeva che un solo “diritto di transito” fosse riscosso nel porto di scarico dietro rilascio di un certificato che esentava le merci da ogni ulteriore prelievo.
9) Yè Míngchén 葉名琛 (1807-1859) fu governatore del Liángguăng dal 1852 al 1858. Catturato dagli Inglesi in occasione della presa di Canton, venne deportato a Calcutta dove morì in prigionia.
10) Poiché il commercio internazionale si svolse dal 1842 al 1860 esclusivamente attraverso i cinque porti a ciò destinati, il ministro del commercio con l’estero veniva chiamato “ministro del commercio dei cinque porti” ( 五口通商大臣 ”wǔ kǒu tōngshāng dàchén”).
11) John Bowring (1792-1872) fu governatore di Hong-Kong dal 1854 al 1859.
12) Come tutti i “casus belli” che si rispettano l’incidente della Arrow presenta numerosi punti oscuri.
Ciò che suscitò lo sdegno dell’opinione pubblica inglese fu il fatto che, secondo la testimonianza del capitano inglese della nave Thomas Kennedy, i soldati cinesi saliti a bordo avrebbero ammainato e gettato a terra, se non addirittura calpestato, la bandiera britannica. Il capitano affermò tuttavia di aver osservato la scena da una certa distanza, trovandosi a bordo di un’altra imbarcazione. La nomina di un capitano inglese era infatti un requisito puramente formale della registrazione sotto bandiera britannica, senza che nessuna autorità si preoccupasse mai di esigere da parte dell’interessato un esercizio effettivo delle funzioni. Si poteva quindi discutere se il testimone fosse stato in grado di cogliere con esattezza, dal suo punto d’osservazione più o meno lontano, tutti i dettagli di ciò che era accaduto.
Inoltre, poiché la registrazione era scaduta, l’imbarcazione non aveva più il diritto di battere bandiera britannica ed i soldati cinesi sarebbero senz’altro stati autorizzati ad ammainare - con il dovuto rispetto - un vessillo issato abusivamente.
Si aggiunga che i marinai dell’Arrow arrestati – tutti di nazionalità cinese – furono in seguito rilasciati, salvo tre di cui sembrava provata la partecipazione ad atti di pirateria.
Le ostilità scoppiarono dunque perché un testimone, che non era a bordo della Arrow, riferì di aver visto di lontano che i Cinesi non avevano trattato degnamente una bandiera britannica che non avrebbe dovuto sventolare sulla nave e le autorità cinesi rifiutarono di presentare ufficialmente le scuse per un comportamento che negavano di aver tenuto.
Tutte le azioni condotte dalle truppe inglesi fino all’inizio del 1857 vanno considerate come esercizio del diritto di rappresaglia, poiché soltanto più tardi il parlamento britannico mise la questione all’ordine del giorno dei suoi lavori.
13) Il ritorno avvenne il 5 febbraio 1857. L’isola di Hong Kong è situata appena fuori della foce del Fiume delle Perle a circa 150 chilometri da Canton.
14) James Bruce, 8° conte di Elgin (1811-1863), nominato nel 1857 Alto Commissario e Plenipotenziario in Cina e nell’Estremo Oriente, ordinò nel 1860 la distruzione del Palazzo d’Estate come atto di rappresaglia per la tortura e l’uccisione di alcuni membri di una delegazione diplomatica. Fu in seguito, dal 1862 al 1863, governatore dell’India. Era figlio di quel Lord Elgin, che era divenuto famoso per aver fatto rimuovere e portare in Inghilterra il fregio del Partenone.
15) Il Trattato di Huángpŭ (黃埔條約 “huángpŭ tiáoyuē”), concluso tra la Cina e la Francia il 24 ottobre 1844, conteneva, per quanto qui ci interessa, le seguenti disposizioni:
ARTICLE XXIII.
Les Français résidant ou de passage dans un des cinq ports pourront circuler dans leur voisinage immédiat et y vaguer à leurs occupations aussi librement que les nationaux; mais ils ne pourront dépasser certaines limites, qui seront fixées de commun accord entre le Consul et l'autorité locale, ni, sous aucun prétexte, se livrer à des opérations commerciales en dehors de ces limites. Celles-ci seront également respectées par les équipages des bâtiments français mouillés dans chacun des dits ports.
Quand des matelots descendront il terre, ils seront soumis à des règlements de discipline spéciale, qui seront arrêtés par le Consul et communiqués à l'autorité locale, de manière à prévenir, autant que possible, toute occasion de querelle entre les marins français et les gens du pays.
Si, contrairement aux présentes dispositions, des Français, quels qu'ils soient, s'aventuraient en dehors des limites ou pénétraient au loin dans l'intérieur, ils pourront être arrêtes par l'Autorité chinoise, laquelle, dans ce cas, sera tenue de les faire conduire au Consulat français du port le plus voisin; mais il est formellement interdit à tout individu quelconque de frapper, de blesser ou de maltraiter en aucune manière les Français ainsi arrêtés, de peur de troubler la bonne harmonie qui doit régner entre les deux Empires.
16) Jean-Baptiste Louis Gros (1793-1870), diplomatico francese, ebbe la direzione politica delle operazioni svolte dalle truppe francesi in Cina. Il comandante militare era il generale Charles Cousin-Montauban (1796-1878).
17) La Missione Ortodossa Russa in Cina era sorta alla fine del XVII° secolo quando le truppe dell’imperatore Kāngxī avevano catturato la fortezza russa di Albasin sul fiume Amur ed avevano condotto a Pechino 45 prigionieri tra cui il prete ortodosso Maxim Leontiev, che era stato autorizzato ad aprire una cappella per la piccola comunità che si era così formata ed a svolgere attività missionaria nella città.
18) Quasi tutto l’anno 1857 trascorse senza operazioni militari per vari motivi.
In primo luogo, l’opposizione in parlamento all’atteggiamento assunto dal governo britannico nel caso Arrow aveva portato il 27 marzo 1857 ad un voto di censura che aveva provocato la caduta del governo Palmerston. Soltanto dopo le elezioni dell’aprile 1857 che diedero una larga maggioranza a Palmerston, quest’ultimo poté proseguire senza ostacoli nella sua politica caratterizzata da un atteggiamento particolarmente duro verso la Cina.
L’organizzazione della spedizione subì però un notevole ritardo a causa dello scoppio, nel maggio 1857, della Rivolta dei Sepoys che richiese per essere domata l’impiego di molti contingenti di truppe destinate alla Cina. Si era ormai verso la fine dell’anno, quando gli Inglesi ripresero il controllo della situazione in India e poterono di nuovo disporre di un numero sufficiente di soldati da utilizzare in altre zone di guerra.
19) Samuel Wells Williams (1812-1884) venne nominato Segretario di Legazione in Cina nel 1855. Diplomatico, missionario ed esperto sinologo partecipò per conto degli Stati Uniti alla negoziazione del Trattato di Tien-Tsin. Dal 1860 al 1876 fu l’Incaricato d’Affari del governo degli Stati Uniti a Pechino.
20) Evfimij Vasilievic Putjatin (1803-1883) fu nominato nel 1857 ministro plenipotenziario russo in Cina e, in tale veste, negoziò il Trattato di Àihún.
21) È conosciuta come “Ribellione dei Niăn”( 捻亂”niăn luàn”) una rivolta armata che scoppiò nella Cina Settentrionale nel 1851 e che durò sino al 1868. Il termine “niăn”( 捻) è un vocabolo dialettale che significa genericamente “gruppo di bande armate”. Tale rivolta fu repressa dal governo con grande difficoltà e contribuì ad indebolire ulteriormente il sistema imperiale.
22) L’atteggiamento incoerente di Yè Míngchén che, da una parte, si opponeva pervicacemente alle pretese britanniche, ma che, dall’altra, non tentava alcuna difesa quando gli avversari passavano all’azione, suscitò lo scherno degli Inglesi. Esso trova tuttavia una spiegazione abbastanza logica nel fatto che il governatore non poteva assolutamente disporre delle truppe che, schierate all’interno della provincia, proteggevano Canton da un attacco dei Tàipíng.
23) Il termine 千总 (“qiān zŏng), letteralmente “mille raccolti insieme”, designava, sotto la dinastia Míng, i tre battaglioni di soldati scelti che formavano la guarnigione della capitale. Sotto i Qīng esso passò ad indicare le truppe di etnia Hàn ( la cosiddetta “Armata Verde”) che presidiavano le città, soprattutto con funzioni di polizia.
24) Dèng Ānbāng 邓安邦 (1821-1889) era, nel 1857, vicecomandante della guarnigione di Canton. Difese, con un battaglione di 500 uomini, i sobborghi orientali di Canton dall’assalto delle truppe anglo-francesi.
25) Băi Guì 柏贵 (morto nel 1859), governatore della provincia del Guăndŏng, accettò, dopo l’occupazione di Canton, di continuare ad esercitare le proprie funzioni sotto il controllo degli Anglo-Francesi.
26) Mùkèdénè 穆克德讷 , generale manciù, era nel 1857 il comandante della guarnigione di Canton. Anch’egli accettò di collaborare con gli Anglo-Francesi.
27) Harry Parkes (1828-1885), console britannico a Canton, fu particolarmente attivo nel trarre pretesto dall’incidente dell’Arrow per esasperare i rapporti con le autorità cinesi. L’incidente fu infatti sfruttato per esigere dalla Cina ulteriori concessioni che quest’ultima non era disposta ad accordare. In occasione della conquista di Canton nel gennaio 1857, Parkes svolse un ruolo di primo piano nella cattura di Yè Míngchén. Nel 1860 guidò un gruppo di negoziatori, che furono imprigionati dai Cinesi in violazione dell’immunità diplomatica. Alcuni dei suoi accompagnatori e dei membri della sua scorta furono torturati e uccisi. Questo fatto provocò l’incendio del Palazzo d’Estate da parte delle truppe anglo-francesi come atto di rappresaglia. Dal 1865 fu console generale in Giappone.
28) La popolazione di Canton mantenne un atteggiamento decisamente ostile nei confronti degli occupanti, tant’è vero che questi ultimi furono ad un passo dal bombardare di nuovo la città. Nella primavera del 1858 ci furono numerosi attacchi contro soldati isolati. Nell’estate di quell’anno, frequenti scontri si verificarono intorno alla città e nel mese di luglio ci fu addirittura un tentativo dei ribelli di penetrare in Canton scalando le mura. La resistenza andò tuttavia scemando nei mesi successivi.
29) Hè Guìqīng 何桂清 (1816-1862) fu nominato nel 1857 governatore del Liángjiāng. Nel novembre del 1858 partecipò ai negoziati che condussero al Trattato di Tien-Tsin.
30) Băihé 白河 è uno dei nomi con cui è conosciuto il fiume Hăi 海河, (“hăi hé”, letteralmente il “Fiume del Mare”) che collega Pechino a Tiānjīn e al Golfo di Bóhăi 渤海.
32) Il tema dei negoziati non riguardava più le scuse per l’incidente dell’Arrow o la compensazione per il supplizio del padre Capdelaine ma era ormai esteso ad una materia estremamente più vasta: apertura di numerosi altri porti al commercio internazionale, libertà di circolazione per gli stranieri in tutto il territorio cinese, libertà di predicazione dei missionari, stabilimento di normali relazioni diplomatiche, ingenti riparazioni di guerra.
33) L’imperatore dell’era Xiánfēng 咸丰, Aisin Gioro Yizhu (1831-1861), era salito al trono nel 1850. Sottovalutò completamente la minaccia degli Occidentali, dei quali non comprendeva né la mentalità né le esigenze. Fu l’ultimo imperatore che poté esercitare il potere senza limitazioni. Tutti i suoi successori furono infatti sottoposti alla tutela dell’imperatrice vedova Cíxī 慈禧che dominò la scena politica cinese per quasi un cinquantennio.
34) Il Zhílì 直隸 era una regione amministrativa che comprendeva il Hébĕi ,il Liáoníng occidentale, il Hénán settentrionale, la Mongolia Interna, nonché le città di Pechino e di Tiānjīn.
35) Tán Tíngxiáng 譚廷襄 , nominato viceré del Zhìli nel 1857, si dimostrò incapace di difendere i forti di Dàgū e la città di Tiānjīn. Ciò non pregiudicò tuttavia la sua carriera. Fu, in seguito, governatore dello Shănxī, dello Shāndōng e più volte ministro. Morì nel 1870.
36) Guìliáng·桂良 (1785-1862) , nobiluomo manciù imparentato con la famiglia imperiale, ricoprì alte cariche di governo. Verso la fine del 1856 fu nominato Primo Segretario del Padiglione Orientale (东阁大学士 “ dōng gé dàxué shì”), cioè assistente dell’imperatore per le questioni internazionali. Dopo aver negoziato il Trattato di Tien-Tsin, fu inviato a Shànghai per discutere con Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Russia ed altri paesi gli accordi sulle regole di commercio.
37) Huāshānà 花沙纳 (1806-1859), di stirpe mongola, era un ministro del governo imperiale.
38) Ho mantenuto per indicare la città di Tiānjīn, con riferimento ai trattati che vi furono conclusi, la romanizzazione in uso a quell’epoca, vale a dire “Tien-Tsin”.
39) L’articolo elenca i seguenti dodici porti aggiunti alla lista dei cinque porti originari: Niúzhuāng (poi rimpiazzato da Yínkŏu), Déngzhōu (poi rimpiazzato da Yāntái), Tàiwăn (con la successiva designazione del porto di Tàinán), Dànshuĭ, Dăgŏu (oggi Jìlóng), Cháozhōu (poi rimpiazzato da Shàntóu), Gióngzhōu, Nanchino, Zhènjiāng , Hànkŏu e Jiŭjiāng. (牛莊(后改营口)、登州(后改烟台)、台灣(今台南安平舊港)、淡水、打狗(今高雄港)、雞籠(今基隆港)、潮州(后改汕头)、瓊州、南京及鎮江、漢口、九江。(niú zhuāng (hòu gǎi yíngkǒu), dēng zhōu (hòu gǎi yāntái), táiwān (jīn táinán ānpíng jiù gǎng), dànshuǐ, dǎgǒu (jīn gāoxióng gǎng), jīlóng (jīn jī lóng gǎng), cháozhōu (hòu gǎi shàntóu), qióngzhōu, nánjīng jí zhènjiāng, hànkǒu, jiǔjiāng ).
Gli elenchi dei porti aperti al commercio internazionale non sono identici nei diversi trattati ( cfr. art. 11 del trattato con la Gran Bretagna, art. 6 del trattato con la Francia e art. XIV del trattato con gli Stati Uniti d’America), ma, in forza della clausola della nazione più favorita che figura in tutti i trattati, ogni concessione fatta ad una delle Potenze deve intendersi estesa alle altre.
L’art. 6 del trattato con la Francia accorda inoltre alle navi francesi la libertà di navigazione interna e si impegna ad aprire loro il porto fluviale di Nanchino, non appena la città sarà stata riconquistata dalle truppe imperiali. Clausole relative alla navigazione interna figurano anche nell’art.10 del trattato con la Gran Bretagna.
40) L’art.9 del Trattato dispone quanto segue (nella versione russa qui riprodotta):
СТАТЬЯ 9Неопределенные части границ между Китаем и Россией будут без отлагательства исследованы на местах доверенными лицами от обоих правительств, и заключенное ими условие о граничной черте составит дополнительную статью к настоящему трактату. По назначении границ сделаны будут подробное описание и карты смежных пространств, которые и послужат обоим правительствам на будущее время бесспорными документами о границах.
( Le parti non ancora ben definite della frontiera tra la Cina e la Russia saranno senza indugio prese in esame sul posto da rappresentanti dei due governi e l’accordo concluso da costoro circa la linea di frontiera sarà allegato al presente trattato come un articolo supplementare.
In occasione della fissazione della frontiera saranno redatte descrizioni dettagliate e carte delle zone adiacenti, che potranno essere invocate in futuro da entrambi i governi come prove inoppugnabili del tracciato del confine).
41) Yíshān 奕山 (1780-1878), aveva affrontato gli Inglesi a Canton durante la Prima Guerra dell’Oppio ed era stato duramente sconfitto. Ciononostante, aveva proseguito senza intoppi la sua carriera ed era stato nominato nel 1855 governatore del Héilóngjiāng 黑龙江. Occorre però ricordare che era un membro della famiglia imperiale.
42) Gli Anglo-Francesi non erano disposti a modificare i Trattati di Tien-Tsin ed insistevano perché essi fossero ratificati tali quali erano stati firmati. I Cinesi avrebbero invece voluto ritirare alcune delle concessioni che erano stati obbligati a fare. Si giunse così ad una situazione di stallo, che gli Occidentali accettarono finché, verso la fine del 1858, non fu conclusa la Convenzione sulle regolamentazioni commerciali. A questo punto, pretesero dai Cinesi la ratifica dell’intero pacchetto.
43 ) La Convenzione recante Regole di Commercio, stipulata in forza dell’art. XXVI del Trattato del 26 giugno 1858 (con annessa tariffa), firmata a Shanghai l’8 novembre 1858 ( Agreement containing Rules of Trade, made in pursuance of Article X XVI of the Treaty of 26th June, 1858. {Tariff annexed.) Signed at Shanghai, 8th November, 1858) dispone quanto segue.
“Rule 5. — Regarding certain Commodities heretofore Contraband. . .
The restrictions affecting trade in opium, cash, grain, pulse, sulphur, brimstone, saltpetre, and spelter, are relaxed, under the following conditions:
- Opium will henceforth pay 30 taels per pecul import duty. The importer will sell it only at the port. It will be carried into the interior by Chinese only, and only as Chinese property ; the foreign trader will not be allowed to accompany it.”
(Regola 5 relativa a taluni beni finora considerati di contrabbando:
Le restrizioni concernenti il commercio di oppio, moneta, cereali, legumi, zolfo, salnitro, farro sono soppresse alle seguenti condizioni:
L’oppio pagherà d’ora in poi 30 tael di dazio doganale per ogni pecul di merce. Potrà essere venduto solo nel porto di prima destinazione e potrà essere trasportato all’interno del paese soltanto da cittadini cinesi e soltanto come proprietà cinese, senza che alcun commerciante straniero sia autorizzato ad accompagnarne la spedizione.”
Un “tael” corrispondeva a circa 37,5 grammi d’argento. Un “pecul” ( o “picul”) corrispondeva a 133,33 libbre, cioè a 60,5 chilogrammi di merce.
44) La Regola 7 era del seguente tenore:
Rule 7.—Transit Due
It is agreed that Article XXVIII of the Treaty of Tientsin (No. 6) shall be interpreted to declare the amount of transit dues legally leviable upon merchandise imported or exported by British subjects, to be one-half of tlic tariff duties, except in the case of the duty-free goods liable to a transit duty of two. and a-half per cent. ad valorem, as provided in Article 2 of these rules. Merchandise shall be cleared of its transit dues under the following con- ditions: --
In the case of Imports. — Notice being given at the port of entry from which the imports are to bo forwarded inland ; of the nature and quantity of the goods ; the ship from which they have been landed ; and the place inland to which they are bound, with all other necessary particulars ; the. collector of Customs will, ou due inspection made, and on receipt of the transit duty due, issue a transit duty certificate. This must be produced at every barrier station, and visM. No further duty will be leviable upon imports so certificated, no matter how distant the place of their destination.
(Regola 7- Diritto di Transito
Si concorda che l’art.XXVII del Trattato di Tien-Tsin (n.6) sarà interpretato nel senso che l’importo dei diritti di transito legalmente dovuti per le merci importate o esportate da cittadini britannici sia fissato nella metà dei corrispondenti dazi doganali, salvo il caso dei beni esenti da dazio doganale che saranno assoggettati a diritti di transito pari al 2,5% ad val, come stabilito dall’art.2 delle presenti Regole.
I diritti di transito saranno corrisposti alle seguenti condizioni:
Nel caso di importazioni, dovranno essere denunciati alle autorità del porto d’entrata da cui le merci saranno inviate verso l’interno: natura e quantità delle merci; nome della nave che ha effettuato il trasporto; località di destinazione all’interno del paese ed ogni altro dettaglio che appaia necessario. L’esattore dei dazi, ispezionate le merci e ricevuto il pagamento dei diritti di transito, rilascerà un certificato di avvenuto pagamento, che dovrà essere prodotto al momento del passaggio di ogni singola barriera daziaria. Nessun altro diritto sarà più percepito su tali merci, quale che sia la loro località di destinazione”.)
45) Le Regole di Commercio prevedevano la possibilità che la gestione dei dazi doganali e l’amministrazione portuaria fossero affidate a cittadini stranieri.
Riporto, qui, a titolo d’esempio, la traduzione della regola 10 (nella versione figurante all’accordo con gli Stati Uniti d’America):
Sistema unificato di riscossione dei dazi in tutti i porti
…
L’alto funzionario incaricato dal governo cinese di sovrintendere al commercio estero visiterà, periodicamente, di persona o tramite un suo delegato, i vari porti. Egli potrà, di sua libera iniziativa e senza dover dipendere da alcuna proposta o nomina delle autorità americane, scegliere come proprio collaboratore qualsiasi cittadino degli Stati Uniti che ritenga atto ad aiutarlo nella riscossione dei dazi….( e nell’esercizio degli altri suoi compiti)”.
46) Questa spiegazione non sembra corrispondere esattamente alla realtà dei fatti.
L’art. LVI del Trattato di Tien-Tsin tra Cina e Gran Bretagna disponeva, per la precisione, quanto segue:
The ratifications of this Treaty, under the Hand of Her Majesty the Queen of Great Britain and Ireland and His Majesty the Emperor of China, respectively, shall be exchanged at Peking, within a year from this day of signature.
(Le ratifiche di questo trattato da parte di Sua Maestà la Regina di Gran-Bretagna e d’Irlanda e di Sua Maestà l’Imperatore della Cina saranno scambiate in Pechino entro un anno dalla data della firma).
Lo stesso valeva per i trattati conclusi con le altre Potenze.
I rappresentanti occidentali desideravano dunque recarsi a Pechino non per condurre ulteriori negoziati, ma semplicemente per scambiare le ratifiche dei singoli trattati, a cui non intendevano apportare alcuna modifica.
47) L’insistenza con cui le Potenze occidentali pretesero che gli strumenti di ratifica dei Trattati di Tien-Tsin fossero scambiati a Pechino può apparire esagerata. Bisogna però tener presente che ciò era previsto dai Trattati e che il mancato rispetto degli accordi su questo punto poteva essere interpretato come un segnale dell’intenzione dei Cinesi di non dare corretta esecuzione neppure alle altre clausole. Infine, gli Occidentali erano chiaramente usciti vincitori dagli scontri armati e non potevano sopportare che i Cinesi cercassero di compensare con manovre e intrighi l’inferiorità dimostrata sul campo di battaglia.
48) Frederick Bruce (1814-1867), fratello di Lord Elgin, fu nominato il 2 dicembre 1858 inviato straordinario e ministro plenipotenziario in Cina. Incaricato di recarsi a Pechino per la ratifica del Trattato di Tien-Tsin, non poté farlo a causa dell’opposizione dei Cinesi e dovette ritornare a Shanghăi dove rimase sino al 1860. Dopo la ratifica del Trattato, che ebbe luogo il 24 ottobre 1860, poté finalmente stabilirsi nella capitale come rappresentante diplomatico del Regno Unito.
Alphonse de Bourboulon (1809-1877) fu nominato ministro di Francia in Cina nel 1859. Stabilitosi dapprima a Shànghăi, si installò a Pechino nel marzo 1861. È ricordato per aver compiuto con la moglie il primo viaggio terrestre da Pechino a Parigi attraverso la Siberia.
John Elliott Ward (1814-1902) fu ministro degli Stati Uniti in Cina negli anni 1859-1860.
49) Héngfú 恒福 fu viceré del Zhílì直隸 dal marzo 1859 al febbraio 1861.
50) Bĕitáng 北塘 è una località nei pressi di Tiānjīn. Se avessero accettato di sbarcare a Bĕitáng, i diplomatici occidentali avrebbero dovuto raggiungere Pechino per via terrestre, accompagnati soltanto da un piccolo seguito. Se avessero invece risalito il Báihé 白河 , oltrepassando i forti di Dàgū, si sarebbero potuti avvicinare alla capitale con la scorta delle loro navi da guerra.
51) Sēnggè Línqìn 僧格林沁(1811-1865), principe della Bandiera Sinistra Posteriore di Kē’ĕrqìn (科尔沁左翼后旗 “kē'ěrqìn zuǒyì hòuqí”), fu un generale mongolo che partecipò alle battaglie dei Forti di Dàgū e alla battaglia di Bālĭqiào 八里橋durante la Seconda Guerra dell’Oppio. Fu ucciso in un’imboscata dai ribelli Nián nel 1865.
52) Il contrammiraglio James Hope (1808.1881) fu comandante in capo della Flotta britannica delle Indie Orientali e della Cina (East India and China Station) dal 1859 al 1862.
53) Shǐ Róngchū 史荣椿, nominato ammiraglio del Zhílì nel giugno 1858, fu colpito a morte mentre dirigeva la difesa del Forte Centrale della Riva Meridionale.
54) Il generale Lóng Rŭyuán 龙汝元, vicecomandante dei Forti di Dàgū, fu ucciso mentre dirigeva la difesa dei forti della riva settentrionale.
55) L’articolo di Wikipedia relativo alla seconda battaglia dei Forti di Dàgū calcola come segue le perdite inglesi: 3 cannoniere affondate, 3 cannoniere gravemente danneggiate, 81 morti, 345 feriti. Alcuni morti e feriti si ebbero anche tra i soldati francesi e americani (questi ultimi formalmente neutrali) che prestarono soccorso agli Inglesi.
56) I ministri della Russia e degli Stati Uniti d’America, paesi che non erano in guerra con la Cina, si mostrarono formalmente più concilianti anche se, sostanzialmente, i trattati conclusi con questi paesi non risultarono sotto nessun aspetto più favorevoli per la Cina di quelli conclusi con la Gran Bretagna e con la Francia.
57) L’isola di Zhōushān 舟山, situata nel Zhèjiāng 浙江 di fronte a Níngbō宁波, si trova a metà strada tra Hong Kong, da dove erano partite le truppe anglo-francesi, e Tiānjīn, dove erano dirette.
58) Il porto di Dàlián 大连 , situato nella provincia del Liáoníng 辽宁 all’estremità meridionale della penisola del Liáodōng 辽东, controlla l’entrata settentrionale del Bóhăi 渤海, il mare interno che dà accesso a Tiānjīn, da dove si può agevolmente raggiungere Pechino.
59) Yāntái 烟台, situata nella parte settentrionale della penisola dello Shāndōng 山东, controlla l’entrata meridionale del mare di Bóhăi.
60) Nikolaj Pavlovich Ignatiev (1832-1909), diplomatico russo, seppe abilmente sfruttare la situazione spingendo la Cina a larghe cessioni di territori in favore della Russia.
61) Dopo essere sbarcate a Bĕitáng, che si trova qualche decina di chilometri a nord del fiume Báihé, le truppe anglo-francesi marciarono verso sud e, dopo aver occupato la città di Tánggū 塘沽, attaccarono da terra i forti situati sulla riva settentrionale del fiume, cogliendo di sorpresa i Cinesi che si erano invece preparati a fronteggiare un attacco navale.
62) Lèshàn 乐善, un militare mongolo, era stato nominato nel 1859 ammiraglio del Zhílì ed aveva partecipato nello stesso anno alla difesa dei forti di Dàgū.
63) Tōngzhōu 通州, situata a sud-est di Pechino, era un punto di passaggio obbligato per chiunque si avvicinasse alla capitale provenendo da Tiānjīn.
64) Zài Yuán ·载垣 (1816-1861), principe Yí 怡亲王, membro della famiglia imperiale, fece parte in seguito del Consiglio di Reggenza che l’imperatore Xiánfēng aveva nominato prima di morire. Esautorato dal colpo di stato con cui, l’imperatrice vedova Cíxī 慈禧, appoggiata dal principe Gōng 恭亲王, fratello del defunto imperatore, prese il potere, fu costretto al suicidio.
65) Mù Yīn 穆荫, di origine manciù, fu ministro della guerra sotto l’imperatore Xiánfēng e fu, successivamente, membro del Consiglio di Reggenza. Mandato in esilio in seguito al colpo di stato dell’imperatrice vedova Cíxī, morì nel 1864.
66) Le cause dell’incidente non sono ancora oggi ben chiare.
Mentre le truppe anglo-francesi marciavano su Pechino, il diplomatico britannico Harry Parkes le precedette recandosi a Tōngzhōu, alla testa di una delegazione di una quarantina di persone, per negoziare con i plenipotenziari cinesi. A seguito di alcuni incontri svoltisi il 14 e il 17 settembre 1860 si concordò che gli Anglo-Francesi si sarebbero fermati a 8 chilometri da Tōngzhōu. Recatosi ad ispezionare la posizione del previsto accampamento, Parkes notò che truppe cinesi si stavano raccogliendo nelle immediate vicinanze. Ritornò allora a Tōngzhōu per protestare. Non si sa in che termini espresse le sue rimostranze, ma i Cinesi si sentirono insultati e lo fecero arrestare con tutti quelli che lo accompagnavano. Molti di costoro furono in seguito torturati e uccisi. Parkes e sette suoi collaboratori furono rilasciati l’8 ottobre 1860.
67) L’occupazione di Tōngzhōu avvenne dopo che gli Anglo-Francesi ebbero sconfitto i Cinesi nella battaglia di Zhāngjiāwān 張家灣L’esercito cinese perse circa 1.500 uomini e 80 cannoni. Le perdite delle forze alleate furono esigue.
68) Bālīqiáo 八里桥 è un quartiere di Péchino che ha preso il nome da un ponte costruito nel 1446 ad una distanza di 8 ”lĭ” ( 八里“bālĭ”), vale a dire circa 4 chilometri, dalla Città Proibita. Nei pressi di questo ponte, 10.000 soldati anglo-francesi affrontarono 30.000 Cinesi e li sconfissero con perdite minime. I Cinesi persero circa 1.200 uomini.
69) La frase va intesa nel senso che l’esercito cinese si sbandò completamente e che da quel momento gli Anglo-Francesi non incontrarono più alcuna resistenza.
70) Con il titolo di “Concubina Virtuosa”(懿贵妃 “yì guìfēi”) veniva indicata la futura imperatrice vedova Cíxī.
71) La “Porta della Stabilità” ( 安定門 “āndíngmén”) si apriva nella parte occidentale del lato settentrionale delle mura che circondavano la Città Interna, vale a dire la parte di Pechino abitata dai Manciù, immediatamente contigua alla Città Proibita.
72) Le truppe anglo-francesi trovarono a Pechino i corpi di una ventina di prigionieri occidentali che erano stati torturati a morte ( si trattava di soldati e civili che avevano accompagnato Harry Parkes a Tōngzhōu nel mese di settembre). Fu allora deciso di incendiare il Palazzo d’Estate come atto di rappresaglia e come monito ai Cinesi perché non osassero più toccare alcun occidentale. Si era pensato in un primo momento di dare alle fiamme l’intera Città Proibita, ma questa idea era poi stata accantonata a causa dell’estrema gravità di un tal gesto.
73) Il “Giardino della Tranquillità e dello Splendore” ( 靜明園 “jìng míng yuán”) sorgeva sul Monte Yùquán 玉泉, fuori della Piccola Porta Orientale ( 小東門 “xiăodōngmén”) del Vecchio Palazzo d’Estate e ad est del lago Kūnmíng 昆明湖.
74) Il “Giardino della Tranquillità e del Piacere”( 靜宜園 “jìngyíyuán”) sorgeva sulle Colline Profumate (香山“xiāngshān”) nella parte nord-occidentale di Pechino.
75) Il “Giardino dell’Eterna Primavera” ( 長春園 “chángchūnyuán”) ) sorgeva a sud del Vecchio Palazzo d’Estate.
76) In una sua lettera del 25 novembre 1861, Victor Hugo così si esprimeva:
To Captain Butler
Hauteville House, 25 novembre 1861
Vous me demandez mon avis, monsieur, sur l’expédition de Chine. Vous trouvez cette expédition honorable et belle, et vous êtes assez bon pour attacher quelque prix à mon sentiment ; selon vous, l’expédition de Chine, faite sous le double pavillon de la reine Victoria et de l’empereur Napoléon, est une gloire à partager entre la France et l’Angleterre, et vous désirez savoir quelle est la quantité d’approbation que je crois pouvoir donner à cette victoire anglaise et française.
Puisque vous voulez connaître mon avis, le voici :
ll y avait, dans un coin du monde, une merveille du monde ; cette merveille s’appelait le Palais d’été. L’art a deux principes, l’Idée qui produit l’art européen, et la Chimère qui produit l’art oriental. Le Palais d’été était à l’art chimérique ce que le Parthénon est à l’art idéal. Tout ce que peut enfanter l’imagination d’un peuple presque extra-humain était là. Ce n’était pas, comme le Parthénon, une œuvre rare et unique ; c’était une sorte d’énorme modèle de la chimère, si la chimère peut avoir un modèle.
Imaginez on ne sait quelle construction inexprimable, quelque chose comme un édifice lunaire, et vous aurez le Palais d’été. Bâtissez un songe avec du marbre, du jade, du bronze, de la porcelaine, charpentez-le en bois de cèdre, couvrez-le de pierreries, drapez-le de soie, faites-le ici sanctuaire, là harem, là citadelle, mettez-y des dieux, mettez-y des monstres, vernissez-le, émaillez-le, dorez-le, fardez-le, faites construire par des architectes qui soient des poètes les mille et un rêves des mille et une nuits, ajoutez des jardins, des bassins, des jaillissements d’eau et d’écume, des cygnes, des ibis, des paons, supposez en un mot une sorte d’éblouissante caverne de la fantaisie humaine ayant une figure de temple et de palais, c’était là ce monument. Il avait fallu, pour le créer, le lent travail de deux générations. Cet édifice, qui avait l’énormité d’une ville, avait été bâti par les siècles, pour qui ? pour les peuples. Car ce que fait le temps appartient à l’homme. Les artistes, les poètes, les philosophes, connaissaient le Palais d’été ; Voltaire en parle. On disait : le Parthénon en Grèce, les Pyramides en Egypte, le Colisée à Rome, Notre-Dame à Paris, le Palais d’été en Orient. Si on ne le voyait pas, on le rêvait. C’était une sorte d’effrayant chef-d’œuvre inconnu entrevu au loin dans on ne sait quel crépuscule, comme une silhouette de la civilisation d’Asie sur l’horizon de la civilisation d’Europe.
Cette merveille a disparu.
Un jour, deux bandits sont entrés dans le Palais d’été. L’un a pillé, l’autre a incendié. La victoire peut être une voleuse, à ce qu’il paraît. Une dévastation en grand du Palais d’été s’est faite de compte à demi entre les deux vainqueurs. On voit mêlé à tout cela le nom d’Elgin, qui a la propriété fatale de rappeler le Parthénon. Ce qu’on avait fait au Parthénon, on l’a fait au Palais d’été, plus complètement et mieux, de manière à ne rien laisser. Tous les trésors de toutes nos cathédrales réunies n’égaleraient pas ce splendide et formidable musée de l’orient. Il n’y avait pas seulement là des chefs-d’œuvre d’art, il y avait un entassement d’orfèvreries. Grand exploit, bonne aubaine. L’un des deux vainqueurs a empli ses poches, ce que voyant, l’autre a empli ses coffres ; et l’on est revenu en Europe, bras dessus, bras dessous, en riant. Telle est l’histoire des deux bandits.
Nous, Européens, nous sommes les civilisés, et pour nous, les Chinois sont les barbares. Voila ce que la civilisation a fait à la barbarie.
Devant l’histoire, l’un des deux bandits s’appellera la France, l’autre s’appellera l’Angleterre. Mais je proteste, et je vous remercie de m’en donner l’occasion ; les crimes de ceux qui mènent ne sont pas la faute de ceux qui sont menés ; les gouvernements sont quelquefois des bandits, les peuples jamais.
L’empire français a empoché la moitié de cette victoire et il étale aujourd’hui avec une sorte de naïveté de propriétaire, le splendide bric-à-brac du Palais d’été.
J’espère qu’un jour viendra où la France, délivrée et nettoyée, renverra ce butin à la Chine spoliée.
En attendant, il y a un vol et deux voleurs, je le constate.
Telle est, monsieur, la quantité d’approbation que je donne à l’expédition de Chine.
Traduzione in lingua italiana :
Al Capitano Butler
Hauteville House, 25 novembre 1861
Voi desiderate, Signore, conoscere il mio avviso sulla spedizione in Cina. Poiché la trovate bella ed onorevole, siete così gentile da domandarmi che cosa ne penso io. A vostro parere, questa spedizione, effettuata sotto le bandiere unite della regina Vittoria e dell’imperatore Napoleone, è una gloria da spartire tra la Francia e l’Inghilterra e voi gradireste sapere in quale misura io sia pronto a celebrare il trionfo anglo-francese.
Eccovi la mia opinione:
C’era, in un angolo del mondo, una meraviglia che si chiamava il Palazzo d’Estate. L’arte si fonda su due principi: l’idea, che sta alla base dell’arte europea, e la Chimera, che sta alla base dell’arte orientale. Il Palazzo d’Estate era, per l’arte chimerica, ciò che il Partenone è per l’arte ideale. Tutto ciò che può essere generato dalla fantasia di un popolo quasi fuori dell’umano vi si trovava. Non era, come il Partenone, un capolavoro raro ed unico; era una sorta di enorme modello della Chimera, se la fantasia più sfrenata può avere un modello.
Immaginate una costruzione indescrivibile, qualcosa come un palazzo sulla luna, ed avrete il Palazzo d’Estate. Costruite un sogno di marmo, di giada, di bronzo e di porcellana, incorniciatelo in legno di cedro, copritelo di pietre preziose, avvolgetelo di sete, fatene in un angolo un santuario, in un altro un harem, in un altro ancora una fortezza, metteteci dentro degli dei, metteteci dentro dei mostri, verniciatelo, smaltatelo, doratelo, spruzzatelo di colori, fate edificare da architetti che siano al tempo stesso dei poeti i mille e un sogno delle mille e una notte, aggiungete giardini, stagni, fontane spumeggianti, cigni, ibis, pavoni, immaginatevi insomma una specie di affascinante caverna che raccolga ogni fantasia umana, tempio e palazzo insieme: ecco che cos’era questo monumento!
C’era voluto, per crearlo, il lento lavorio di due generazioni. Questo edificio, grande come una città, era stato costruito dai secoli. Per chi? Per i popoli! Perché ciò che è costruito dal tempo appartiene all’uomo. Gli artisti, i poeti, i filosofi conoscono il Palazzo d’Estate; Voltaire ne parla. Si diceva: il Partenone in Grecia, le Piramidi in Egitto, il Colosseo a Roma, Notre Dame à Parigi, il Palazzo d’Estate in Oriente. Chi non poteva vederlo, lo sognava. Era un capolavoro sconosciuto, che metteva paura, che si intravedeva da lontano in mezzo a chissà quale crepuscolo, come il profilo della civiltà asiatica che appariva all’orizzonte della civiltà europea.
Questa meraviglia è scomparsa.
Un giorno, due banditi sono penetrati nel Palazzo d’Estate. Uno dei due l’ha saccheggiato; l’altro lo ha incendiato. Anche la vittoria può essere ladra, a quanto pare. La totale distruzione del Palazzo d’Estate è stata il frutto di un accordo tra i due vincitori. Incontriamo in tutto ciò il nome Elgin, che ha la caratteristica fatale di ricordarci il Partenone. Ciò che era stato fatto al Partenone è stato ripetuto e portato a pieno e perfetto compimento nel Palazzo d’Estate, di cui non è rimasta pietra su pietra. Tutti i tesori delle nostre cattedrali messi insieme non riuscirebbero ad eguagliare la ricchezza di questo splendido e formidabile museo dell’Oriente, che non conteneva soltanto capolavori d’arte, ma anche enormi quantità di ori, argenti e gioielli. Grande impresa, felice sorpresa! Uno dei vincitori si è riempito le tasche, l’altro, per non essere da meno, ha riempito i propri bauli di oggetti rubati. Poi, tutti allegri, se ne sono tornati in Europa, a braccetto, come i due ladroni di cui si narra.
Noi Europei siamo gente civile e consideriamo i Cinesi come dei barbari. Ecco in che modo la civiltà ha trattato la barbarie!
Di fronte alla Storia uno dei due banditi sarà la Francia e l’altro sarà l’Inghilterra. Io però protesto e vi ringrazio di avermene dato l’occasione: i crimini di chi comanda non sono i crimini di chi è comandato; i governi possono essere dei briganti, ma i popoli non lo sono mai.
L’Impero Francese ha intascato la metà di questa vittoria e mostra oggi fieramente, con l’ingenuo orgoglio del proprietario, gli splendidi oggetti d’ogni genere provenienti dal saccheggio del Palazzo d’Estate.
Verrà un giorno- io spero- in cui la Francia, liberata e purificata, restituirà questo bottino alla Cina a cui lo ha rubato.
Per ora, debbo constatare che ci sono un furto e due ladri.
Ecco, Signore, il mio giudizio sulla spedizione in Cina.
Victor Hugo
77) Yì Xīn 奕訢 (1833-1898), meglio conosciuto come Principe Gōng 恭親王, svolse un ruolo di grande rilievo nella vita politica cinese della seconda metà del 19° secolo. Figlio dell’imperatore Dàoguāng 道光帝 e fratellastro dell’imperatore Xiánfēng 咸豐帝, era considerato una persona particolarmente brillante e, ad un certo momento, si era addirittura prospettata la possibilità che potesse succedere al padre sebbene non ne fosse il primogenito. Nel 1860 negoziò con gli Anglo-Francesi la Convenzione di Pechino. Nel 1861, dopo la morte dell’imperatore Xiánfēng mise in atto con l’imperatrice vedova Cíxī il colpo di stato che esautorò il Consiglio di Reggenza. Svolse le funzioni di Principe Reggente dal 1861 al 1865, ma conservò una certa influenza anche in seguito, pur essendo stato allontanato, ad un certo momento, dagli incarichi più importanti. Favorì sviluppo dei rapporti con le Potenze occidentali e la modernizzazione del paese.
78) Il lago Balkash è situato nell’odierno Kazakistan.
79) Ci si riferisce qui al Piccolo Xīng’ān ( 小兴安岭 ”xiăo xīng’ān líng”), una catena montagnosa che si trova oggi, in parte, nella regione cinese del Hēilóngjiāng 黑龙江, in parte, nella regione russa dell’Amur ( Амурская область) e nella Provincia Autonoma degli Ebrei (Еврéйская автонóмная óбласть).
80) Il corso del fiume Ussuri ( in cinese 乌苏里江 “wūsūlījiāng”) forma per un lungo tratto il confine tra la Cina e la Russia. Prima della Convenzione di Pechino, le regioni ad est del fiume appartenevano alla Cina.
81) L’art. 6 della Convenzione di Pechino tra la Cina e la Russia dispone l’apertura al commercio della città di Kashgar, nella quale saranno costruiti una stazione commerciale con relativo magazzino per le merci ed una chiesa e saranno assegnati spazi per un cimitero ortodosso e per il pascolo degli animali.
La Convenzione prevede altresì l’apertura a Kashgar di un consolato russo.
Kashgar, in cinese Kāshí 喀什 , è una città dello Xīnjiāng 新疆, nella regione autonoma abitata dalla popolazione musulmana degli Uiguri.
82) L’art. 5 della Convenzione di Pechino tra la Cina e la Russia prevede l’apertura di un consolato russo nella città di Urga.
Urga era il nome usato dai Russi per indicare il capoluogo della Mongolia Esterna, allora sotto dominazione manciù, che i Cinesi chiamavano Kùlún 库伦.
La città è attualmente la capitale della Mongolia ed è oggi chiamata Ulan Bator.
83) La frontiera tra Cina e Russia fu definitivamente fissata con il Trattato di Tarbatagai ( o di Chuguchak) sulla definizione dei confini nord-occidentali della Cina, del 7ottobre 1864.
84) Se è vero che la Russia si fece cedere dalla Cina enormi territori, che erano tuttavia quasi spopolati, è anche vero che le Potenze occidentali (Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti) si assicurarono, per lungo tempo, un largo controllo del commercio e dell’economia cinese.
85) L’abolizione della tratta degli schiavi nella prima metà del 19° secolo e la successiva abolizione della schiavitù resero a poco a poco necessario reperire una mano d’opera che potesse sostituire il lavoro servile. La soluzione fu trovata in India e in Cina, dove erano disponibili masse di disoccupati che si potevano ingaggiare con contratti capestro. Il traffico dei cosiddetti “coolies” cominciò già nel 1806 con l’importazione di 200 lavoratori cinesi nella colonia britannica di Trinidad. Tra il 1847 ed il 1874 dai 250.000 ai 500.000 “coolies” cinesi furono trasportati nelle colonie francesi, inglesi, olandesi e spagnole dei diversi continenti (circa 125.000 furono portati a lavorare a Cuba nelle piantagioni di zucchero). Il traffico dei ”coolies” che non aveva, sotto molti aspetti, nulla da invidiare alla tratta degli schiavi suscitò col tempo l’indignazione delle opinioni pubbliche occidentali e fu infine fatto cessare.
86) La penisola di Kowloon ( 九龍半島 “jiǔlóng bàndǎo”) , ceduta alla Gran Bretagna nel 1860, fu restituita alla Cina nel 1997 insieme con Hong Kong.
87) Questa disposizione, che non figura nel testo francese della Convenzione di Pechino, fu, a quanto sembra, inserita di propria iniziativa nel testo cinese dal padre L.C. Delamarre, delle Missioni Francesi, che fungeva da interprete del rappresentante francese, il barone Gros. Il fatto dimostra, da un lato, che, a quell’epoca, i Cinesi non disponevano di propri interpreti e dovevano quindi confidare nella buona fede dei traduttori occidentali incaricati di preparare la versione cinese dei trattati, dall’altro, che la loro partecipazione ai negoziati consisteva essenzialmente nell’accettare senza discussione le clausole imposte dalle Potenze occidentali.
88) La voce del Bāidú Băike menziona inoltre “xùjīn” 恤金 (termine che sembrerebbe significare “pensioni” o versamenti”), nell’ammontare di 500.000 tael per la Gran Bretagna e di 200.000 tael per la Francia, ma i testi delle Convenzioni di Pechino non contengono né tale termine né tali cifre. Non è quindi possibile capire a che cosa abbia voluto alludere l’estensore dell’articolo.
89) È emblematica, a questo riguardo, una fotografia presa dal fotografo italiano Felice Beato, che era al seguito delle truppe inglesi, sugli spalti di uno dei forti di Dàgū dopo la battaglia del 21 agosto 1860: tra le armi che giacciono al suolo accanto ai caduti figura una balestra.
90) Gli eserciti dei paesi occidentali disponevano già, verso la metà dell’Ottocento, di fucili a percussione e retrocarica molto più rapidi ed efficaci dei vecchi fucili a miccia ed avancarica.
91) Nel corso del 19° secolo gli eserciti dei paesi occidentali passarono dai cannoni ad avancarica ai cannoni a retrocarica (o a culatta) che permettevano una maggiore rapidità di fuoco.
92) Con riferimento alla battaglia di Bālĭqiáo, Wikipaedia fornisce i seguenti dati:
Forze in campo: Anglo-Francesi 8-10.000 Cinesi 25-30.000
Perdite: Inglesi 2 morti, 29 feriti
Francesi 3 morti, 18 feriti
Cinesi 1.200 tra morti e feriti
L’esercito cinese si sbandò completamente ed è forse questo che l’estensore dell’articolo intende dire affermando che perse più della metà dei suoi effettivi.
93) L’estensore dell’articolo osserva che, ai tempi di Gengis Khan, la cavalleria mongola era formata da soldati di mestiere che utilizzavano potenti archi la cui forza di trazione era pari a 75 chilogrammi. Ai tempi dell’imperatore Xiánfēng, la cavalleria mongola era reclutata tra contadini e pastori, che non avevano mai avuto occasione di condurre lunghe campagne militari e che non erano quindi particolarmente esperti né nell’arte di cavalcare né nel tiro con l’arco. La maggior parte dei cavalieri sapeva usare solo archi con scarsa forza di trazione (10-15 chilogrammi) che avevano quindi corta gittata e debole capacità di penetrazione.
94) Cuī Ruìdé 崔瑞德 è il nome con cui è conosciuto in Cina Denis Crispin Twichett (1925-2006), famoso sinologo che curò con lo storico John K. Fairbank la pubblicazione di “The Cambridge History of China”.
95) ”The Cambridge History of China”(“Storia della Cina a cura dell’Università di Cambridge”) è una collana di volumi edita dalla Cambridge University Presse che ha come soggetto la storia antica e moderna della Cina. I suoi quindici volumi, pubblicati tra il 1978 ed il 2016, ciascuno dei quali è formato da una raccolta di saggi relativi ad un determinato periodo storico, costituiscono una delle opere di riferimento più importanti per lo studio della storia della Cina. Gli anni che vanno dal 1800 al 1911 sono coperti dai volumi 10 e 11.
96) Bái Shòuyí白寿彝 (1909-2000), etnologo e storico, pubblicò nel 1999 una “Storia generale della Cina”( 中国通史 “zhōngguó tōngshǐ”) in 12 volumi.
97) La “Restaurazione di Tóngzhì” (同治中興 ”tóngzhì zhōngxíng”), che prese il nome dall’era dell’imperatore Tóngzhì 同治(1861-1874), fu un tentativo di arrestare il declino della dinastia Qīng restaurando l'ordine tradizionale, ma al tempo stesso utilizzando le conoscenze scientifiche ed amministrative apportate dagli Occidentali. Molti storici negano che si trattasse di un vero programma di modernizzazione, perché non presupponeva un cambio di mentalità e di princìpi, bensì la semplice adozione di tecniche e pratiche occidentali (ad es. l’istituzione di un ufficio per i rapporti con i paesi stranieri, la modernizzazione degli armamenti, la creazione di ferrovie, fabbriche e arsenali, la promozione delle attività industriali e commerciali).Essi affermano pertanto che tali riforme non risanarono affatto il sistema, ma prolungarono soltanto di qualche decennio l’esistenza della dinastia.
È che vero che riforme attuate con lo stesso atteggiamento mentale ( si ricordi lo slogan “wakon yōsai” 和 魂 洋 才, cioè ” spirito giapponese, tecnica occidentale”) spinsero in breve tempo il Giappone allo stesso livello delle Potenze occidentali, ma evidentemente esisteva in Giappone un insieme di condizioni che portarono ad un risultato completamente diverso da quello che si ebbe in Cina.
98) Lo“zǒnglǐ gèguó shìwù yámén” (總理各國事務衙門), letteralmente" ufficio incaricato degli affari di tutte le nazioni" , abitualmente detto “zŏnglĭ yámén” 總理衙門, fu istituito nel marzo 1861 dal principe Gōng come ufficio governativo competente ad occuparsi dei rapporti con gli stranieri. Fu sostituito nel 1901 dal Ministero degli Esteri.
99) La posizione delle Potenze occidentali, che avevano in precedenza manifestato qualche segno di simpatia per i Tàipíng, mutò radicalmente dopo la conclusione della Seconda Guerra dell’Oppio.
Giocarono a favore di tale cambio d’atteggiamento i seguenti fattori:
- il ristabilimento di buone relazioni con il governo imperiale;
- l’assenza di rapporti con i ribelli, i quali non fecero mai seri sforzi per conquistarsi l’appoggio degli Occidentali;
-l’interesse degli Occidentali ad evitare disordini, rivolte e mutamenti politici che compromettessero le loro attività commerciali, come rischiò di accadere quando i ribelli si avvicinarono a Shànghăi;
-l’opposizione dei ribelli al commercio dell’oppio;
- l’impossibilità di un’intesa sul piano religioso, visto che il presunto “cristianesimo” dei Tàipíng non aveva quasi nulla in comune con il cristianesimo occidentale.
I governi occidentali non ebbero quindi niente da eccepire quando il governo cinese fece ricorso a militari stranieri (fra i quali si distinsero dapprima l’americano Frederick T. Ward, più tardi, dopo la morte in battaglia di Ward, l’inglese Charles Gordon) per addestrare e guidare al combattimento le truppe imperiali.
100) La legalizzazione del commercio dell’oppio contribuì indubbiamente ad accrescere il degrado della società e la perdita dei valori morali tradizionali. Più difficile è valutare l’influenza negativa del traffico dei “coolies” in quanto, se si astrae dal carattere moralmente condannabile di tale traffico, l’emigrazione di centinaia di migliaia di disoccupati avrebbe piuttosto dovuto alleggerire le tensioni sociali. Per quanto riguarda la predicazione dei missionari, essa fu sovente percepita come un fattore di disgregazione sociale perché creava un sistema di valori diversi dai valori tradizionali e dava vita a rapporti di lealtà e di obbedienza nei confronti di persone estranee sia alla cultura cinese sia all’autorità costituita.
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