Preziose testimonianze di tempi antichissimi che vanno in rovina, esposte ai vandalismi ed alle intemperie. Burocrati ottusi, incapaci di prendere qualsiasi iniziativa che richieda larghezza di vedute e che esuli dalla prassi consolidata. Insensibilità per le sorti del patrimonio storico ed artistico ed indisponibilità a darsi da fare per salvarlo, anche quando modesti finanziamenti ed un briciolo d’intraprendenza basterebbero ad ottenere buoni risultati. Lotta disperata di pochi studiosi che propongono la creazione di musei e promuovono una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica e conservare alle generazioni future tesori culturali di valore inestimabile.
Sembrerebbe di trovarsi in un qualsiasi paese europeo, e particolarmente in Italia, nell’anno 2013, ed invece siamo in Cina nell’anno 812 d.C.
Poiché non esistono ancora i giornali, chi intende richiamare in modo rapido ed efficace l’attenzione della gente su qualche problema non pubblica un articolo, ma scrive una poesia.
Ed è questo che fa Hán Yù con i versi di cui, qui sotto, riportiamo la traduzione.
LA CANZONE DEI TAMBURI DI PIETRA (1)
石故歌 (“SHÍ GÙ GĒ”)
Zhāng il letterato mi mostra una copia (2)
dei caratteri sui tamburi di pietra
e mi sollecita a scrivere dei versi
che traggano spunto da questo argomento.
Ma a Shăolíng non è rimasto nessuno (3)
ed è scomparso l’Immortale in esilio. (4)
Povero me, che cosa potrò mai fare?(5)
Mentre l’impero Zhōu volgeva alla fine (6)
e tutto quanto il paese era in subbuglio.(7)
Xuān, il gran sovrano, si levò indignato, (8)
brandendo nel pugno la lancia divina.
Spalancò le porte del suo palazzo.
I vassalli vennero a rendere omaggio
ed erano talmente numerosi che,
nella ressa, le spade risuonavano
quando s’urtavano le une contro le altre.
Andarono a caccia a Qíyáng i signori,(9)
lanciando al galoppo i loro destrieri .
Catturarono selvaggina ed uccelli
nel raggio di molte decine di miglia.
Scrissero nel granito la loro impresa
perché il ricordo ne giungesse ai posteri.
Gettarono giù per terra le alte rocce;
Scolpiron la pietra per farne tamburi.
I ministri eran poeti di talento.
Raccolse il sovrano i poemi migliori.
Li fece incidere sui blocchi di sasso
che lasciò, monumenti, tra le montagne.
Erosi dalla pioggia, cotti dal sole,
bruciati dagli incendi della boscaglia,
essi son sopravvissuti perché gli dei
li han protetti dagli spiriti maligni.
In che modo se ne è potuta ottenere
una copia su carta così precisa,
totalmente identica agli originali?.
Parole solenni, senso misterioso,
testi assai difficili da decifrare.
Ci mancano i termini di paragone:
non sono “caratteri di cancelleria”(10)
né ricordano lo stile dei “girini”.(11)
I secoli han cancellato alcuni tratti,
come se un improvviso colpo di spada
avesse frantumato qualche scaglia
di un coccodrillo che guizza in mezz’al fiume.
Balzano su ,questi caratteri ,come
uccelli magici , voli di fenici
cavalcate da moltitudini di beati.(12)
come coralli o come verdi alberi
che intrecciano tutti insieme i loro rami,
come filamenti d’oro e di ferro,
antichi tripodi che piombano in acqua (13)
e draghi che ne emergono svolazzando.(14)
Gretti furon gli antichi ricercatori
che vollero trascurare questi poemi,(15)
che amputarono le due raccolte di Odi
eliminando ciò che parve superfluo.(16)
Confucio visitò ,certo, l’occidente,(17)
ma non spinse i passi fino al regno di Qín.(18)
Tra le stelle, dimenticò la più bella.
Io,così appassionato dell’antichità,
sono nato, per disgrazia, troppo tardi.
Quando ci penso mi sgorgano dagli occhi
le lacrime come fossero torrenti.
Ricordo quando divenni accademico.(19)
Correva il primo anno dell’epoca Yuánhé.(20)
Un amico, ufficiale dell’ala destra,(21) (22)
fece scavare per me queste macine.(23)
Mi lavai e, vestito con grande eleganza,
chiesi udienza al cerimoniere supremo.(24)
“Di rado ci giungono tali tesori.
Si possono estrarre bene dalla terra
e trasportarli avvolti in coperte e stuoie.
Sono solo dieci tamburi di pietra,
qualche cammello ci dovrebbe bastare.
Potremmo offrirli al Monastero Maggiore (25)
per metterli in mostra coi tripodi di Gào.(26)
Quanto ne crescerebbe fama e valore
se ,grazie alla munificenza sovrana,
fossero affidati ai più grandi studiosi.
per essere esaminati e decifrati.
Essi provvederebbero a restaurarli,
ne raschierebbero il musco e le macchie,
metterebbero in risalto i caratteri.
Perché non potremmo sistemarli bene,
in una sede conveniente e tranquilla,
in un ampio edificio,sotto un bel tetto? (27)
Non subirebbero più ciò che han sofferto
da tempo immemorabile nei secoli.”
Ma gli alti responsabili del governo
sono diventati vecchi nella routine.
Come potrebbero avere il coraggio
di accettare una proposta stimolante,
se mancan saldi, accertati precedenti?
Così, i pastorelli battono i tamburi
per ricavarne il fuoco, mentre le vacche
continuano a sfregarci sopra le corna.
Nessuno più mostra rispetto per loro,
nessuno li tratta con delicatezza.
Usti dal sole, rosi dalla rugiada,
i tamburi son prossimi alla rovina.
Da sei anni ormai, guardando ad occidente,(28)
mormoro invano, chiedendomi che fare.
I bei testi di Xī sono accessibili: (29)
possiamo ancora averne qualche pagina
al prezzo di un’ oca bianca sul mercato.
Ma dai Zhōu son passate otto dinastie. (30)
Perché mai, terminate guerre e battaglie,
nessuno raccoglie gli antichi reperti?
Regna la pace, scorrono quieti i giorni.
Le autorità si affidano ai letterati,
onorano i Maestri, Confucio e Mencio. (31)
Quest’è un argomento per tempi sereni.
Oh, come vorrei che da queste mie labbra
scaturisse una cascata di parole,
ma sono travolto da sospiri e pianto
e la nostra canzone, ahimè, si ferma qui.
NOTE
(1) I tamburi di pietra di Qín (秦 石 鼓, Qín shígŭ) sono dieci blocchi di granito a forma di tamburo che riportano le più antiche iscrizioni cinesi su pietra finora conosciute. Sono attualmente conservati nel Museo del Palazzo ( 故 宮 博 物 院 , Gùgōng Bówùyuàn ) a Pechino. Le prime menzioni che ne possediamo risalgono al 7° secolo d.C., ma furono probabilmente scoperti nel secolo precedente in una località ignota, che, secondo alcuni, sarebbe stata Fèngxiàng (鳳 翔) nello Shănxī (陝 西), dove sorgevano le tombe dei re di Qín, secondo altri lo Shígŭshān (石 鼓 山, Monte dei Tamburi di Pietra), a Chéncāng (陳 倉), nei pressi di Yōng ( 雍 ), che fu la capitale dello Stato di Qín dal 677 a.C. al 383 a.C. Anche la loro datazione è incerta: taluni studiosi affermano che risalgono all’epoca di Jĭng, duca di Qín(秦 景 公), che regnò dal 576 a.C. al 537 a.C., perché il loro stile ricorda quello di altri oggetti ricollegabili a questo personaggio.
(2) Zhāng Jí (張 籍)(766 d.C.-830 d.C.), poeta e studioso originario di Jiāngnán 江 南 , fu discepolo di Hán Yù, che lo raccomandò nell’815 d.C. per un incarico in seno all’Accademia imperiale. Fu anche lui, come Hán Yù, un oppositore del buddhismo e del taoismo.
(3) L’imperatore Xuāndì (漢 宣 帝)(Liú Xùn) della dinastia Hàn, che regnò dal 74 a.C. al 49 a.C. , si fece costruire in una pianura a sud-est della capitale Cháng’Ān un grande mausoleo chiamato Dùlíng(杜 陵).Il mausoleo costruito nelle vicinanze per l’imperatrice Xŭ Píngjūn (許 平 君), essendo di minori dimensioni, fu chiamato Shăolíng (少 陵, Piccolo Mausoleo). Il nome Shăolíng fu in seguito utilizzato per indicare la zona in cui sorgeva il mausoleo e Dù Fŭ, che abitò per qualche anno in quei paraggi, lo utilizzò come elemento del suo nome d’arte: Shăolíng Yĕlăo (少 陵 野 老﹐“Il vecchio contadino di Shăolíng”).
(4) Il soprannome di “immortale in esilio” (謫 仙, “zhé xiān”) fu attribuito a Lĭ Bái dal poeta Hè Zhīzhāng(賀 知 章) (659 d.C-744 d.C), che intendeva così mettere in evidenza il carattere quasi divino dei suoi versi.
(5) L’espressione “cái bó” (才 薄, “individuo privo di talento”) era correntemente usata al posto del pronome di prima persona per ragioni di umiltà e non va quindi presa alla lettera. È tuttavia evidente che una certa dose di modestia era consigliabile a chiunque intendesse confrontarsi con i due sommi poeti Dù Fŭ e Lĭ Bái.
(6) La datazione dei tamburi di pietra è ancor oggi incerta e lo era quindi, a maggior ragione, ai tempi di Hán Yù, il quale riteneva che fossero stati fatti fabbricare dal re Xuān(宣 王) degli Zhōu Occidentali, che regnò dall’827 a.C. al 782 a.C. Attualmente si tende invece a considerarli leggermente più recenti. Lo studioso Chén Zhāoróng (陳 昭 容), nella sua “Ricerca sulla scrittura di Qín”, pubblicata nel 2003, sottolinea la somiglianza dei caratteri con quelli che figurano su un vaso di bronzo (簋,”guĭ”) e su una campana di pietra o di giada(磬,”qìng”) appartenuti al duca Jĭng di Qín (秦 景 公 ), che regnò dal 576 a.C. al 537 a.C.
(7) L’espressione “sì hăi nèi”( 四 海 內,”fra i quattro mari”) indica al tempo stesso il mondo civilizzato ed il territorio della Cina, concetti che gli antichi Cinesi facevano coincidere. Essa trae origine dal capitolo 12.5 dei Dialoghi ( 侖 語 ,Lùn Yŭ) di Confucio, in cui è detto: “Sì hăi zhī nèi jiē xiōng dì yĕ“(四 海 之 內 階 兄 弟 也), cioè “fra i quattro mari tutti sono fratelli”.
(8) Il re Xuān di Zhōu (周 宣 王),che regnò dall’827 a.C. al 782 a.C., restaurò l’autorità reale dopo l’interregno di Gòng Hé(共 和) e combattè contro i barbari Xiănyŭn( 獫 狁) nonché contro le popolazioni che abitavano presso il fiume Huái (淮 河). Nel nono anno di regno convocò una grande assemblea di tutti i suoi vassalli. Suo figlio Yōu( 幽 王)(782 a.C.-771 a.C.) fu l’ultimo re dei Zhōu Occidentali(西 周). Dopo di lui, la dinastia continuò fino al 256 a.C. e fu conosciuta come la Dinastia dei Zhōu Orientali(東 周 朝), per aver trasferito la capitale a Luòyáng (洛 陽), ma conservò solo un’autorità formale, perdendo a poco a poco tutto il controllo effettivo del territorio.
(9) Qíyáng (岐 陽) è il pendio meridonale del Qíshān (岐 山), dove, nella pianura di Zhōuyuán(周 原), fu costruita la prima capitale dei Zhōu chiamata Qíyì ( 岐 邑) . Si trova attualmente nella prefettura di Băojī ( 寶 雞 ) nella provincia dello Shănxī (陝 西).
(10) Il “lì shū”(隸 書), detto anche “stile di cancelleria”, nacque probabilmente dall’uso del pennello nel periodo che precedette la nascita dell’impero Qín ed appare pertanto meno formale e rigido del “zhuàn shū”(篆 書 ), lo “stile dei sigilli”, usato per le iscrizioni su pietra. Se ne hanno esempi già nel 3°secolo a.C., ma si diffuse sotto la dinastia Hàn. Secondo la leggenda fu creato da Chéng Miăo(程 邈), uno scriba, il quale, essendo stato incaricato da Shĭ Huáng Dì (始 皇 帝) di redigere con urgenza un gran numero di documenti, non ci sarebbe riuscito e sarebbe perciò stato imprigionato. Convinto che il proprio insuccesso fosse dovuto alla difficoltà dello “stile dei sigilli”, avrebbe elaborato ,mentre era in carcere, un genere di scrittura più rapida e fluida e, presentatala all’imperatore, ne avrebbe ottenuto il perdono. A causa delle circostanze in cui fu creato, il nuovo stile avrebbe preso il nome di “lì shū”(”隸 書), che significa appunto “stile del prigioniero”.
(11) Il termine “kēdŏuwèn” (蝌 蚪 問,“scrittura a testa di girino”) apparve sottola dinastia Hàn per indicare i caratteri usati ai tempi di Confucio che avevano, come i girini, teste grosse e corpi sottili.
(12) Gli Immortali sono spesso rappresentati a cavallo di draghi, uccelli fatati (鸞,“luán”) e fenici.( 鳳, “fèng”). Rappresentazioni di questo tipo si possono vedere ad es. nelle grotte di Dūnhuáng(敦 煌), i cui affreschi risalgono al 7° secolo d.C.
(13) L’accenno agli “antichi tripodi che piombano in acqua” potrebbe essere un riferimento ai mitici“nove tripodi”(九 鼎,”jiŭ dĭng”). Secondo la leggenda, questi nove tripodi furono fatti fabbricare da Yŭ il Grande (大 禹) della dinastia Xià (夏 朝) per rappresentare le nove province sottoposte al suo governo e simboleggiavano il “mandato del Cielo” (天 命 “tiān mìng”), cioè la legittimità del sovrano. Quando una dinastia si corrompeva, essi “diventavano leggeri” ed abbandonavano il palazzo del monarca per volare altrove. Informarsi sul”peso dei tripodi” equivaleva dunque, come risulta da un’antica storia riportata nello Zuŏ Zhuàn 左 傳 con riferimento ad una domanda fatta da un duca di Chŭ (楚) ad un ministro del sovrano Zhōu, a mettere in discussione l’autorità della dinastia regnante. Shĭ Huáng Dì, impadronitosi dei tripodi dopo la fine della dinastia Zhōu, avrebbe dato ordine di trasportarli per via fluviale alla sua capitale, ma la nave che li trasportava sarebbe affondata nel fiume Sìshuĭ (泗 水) ed ogni tentativo di recuperare i tripodi sarebbe risultato vano. L’episodio fu successivamente sfruttato dalla propaganda della dinastia Hàn per dimostrare che ai Qín era chiaramente stato rifiutato il “mandato del Cielo”.
Il numero dei tripodi (鼎,“dĭng”) e dei vasi (簋,“guĭ”) di bronzo che potevano essere usati nelle cerimonie religiose era rigidamente fissato secondo il rango dell’utilizzatore: al sovrano Zhōu (王 “wáng”) spettavano 9 tripodi ed 8 vasi, ad un duca(公”gōng”) 7 tripodi e 6 vasi, ad un marchese (候 “hòu”) 5 tripodi e 3 vasi, ad un barone(男 “nán”) 3 tripodi e 2 vasi.
(14) Il poeta potrebbe qui riferirsi alla leggenda di Kan Tao che, all’epoca della dinastia Jìn ( 晉 朝), avrebbe pescato nello Stagno del Tuono una spola per filare la lana. Tornato a casa, l’avrebbe appesa al muro, ma, nel bel mezzo di una tempesta, la spola si sarebbe trasformata in un drago e sarebbe volata via. Non è chiaro se il protagonista della leggenda possa essere identificato con Táo Kăn ( 陶 侃), personaggio storico dell’epoca Jìn.
(15) Secondo una tradizione menzionata nel capitolo Shí Huò Zhì(食 貨 志) del Hànshū(漢 書), all’epoca della dinastia Zhōu alcuni funzionari di corte sarebbero stati incaricati di visitare le varie province del regno durante la stagione del raccolto e di scegliere, in ogni zona, i canti popolari più significativi. Il risultato del loro lavoro sarebbe stato il “Libro delle Odi” (詩 經, Shījīng), la più antica antologia della poesia cinese. L’omissione di poemi degni di nota, come quelli ritrovati sui tamburi di pietra, giustificherebbe però, a parere di Hán Yù, qualche dubbio sulla validità della selezione da essi effettuata.
(16) I poemi del Shījīng sono divisi come segue:
- fēng (風, “canti popolari”)
- xiăo yă (小 雅, “piccole odi” cantate nelle feste di corte)
- dà yă (大 雅, “grandi odi”, cantate nelle maggiori solennità)
- sòng (頌,“inni”, cantati in occasione dei sacrifici agli dei ed agli antenati).
Hán Yù parla di “ér yă” (二 雅﹐“le due ‘serie’di odi”) perché i poemi incisi sui tamburi di pietra, composizioni auliche ed opera di fini letterati, sarebbero dovute rientrare nell’una o nell’altra di queste categorie.
(17) Secondo un’altra tradizione, riportata dallo storico Sīmă Qiān (司 馬 遷) nei Shĭjì (史 記), lo Shījīn (詩 經) fu compilato da Confucio, al quale viene del resto comunemente attribuita la redazione o la pubblicazione di tutti i Quattro Classici. Ai tempi di Confucio sarebbero esistiti- racconta Sīmă Qiān- più di tremila canti, tra i quali il Maestro avrebbe scelto quelli che fornivano i migliori esempi di correttezza e di giustizia, eliminando al tempo stesso tutti quelli che potevano apparire come imitazioni o ripetizioni di altri. Questa tradizione è tuttavia incompatibile con la “Cronaca di Zuŏ”( 左 傳 ,”Zuŏ zhuàn”), opera risalente all’inizio del 4° secolo a.C., la quale afferma che lo Shījīng esisteva già quando Confucio era appena adolescente.
(18) Nell’ipotesi in cui lo Shījīng fosse stato compilato da Confucio, Hán Yù si troverebbe nella scomoda situazione di dover criticare l’opera del Maestro. Egli risolve abilmente il problema: le carenze dell’antologia non derivano da un’erronea valutazione di Confucio, ma dal fatto obiettivo che il Maestro,non avendo mai visitato il regno di Qín, non poteva materialmente conoscerne la poesia. Sappiamo in effetti che Confucio, dopo aver rinunciato ai suoi incarichi pubblici nel regno di Lŭ(魯), compì numerosi viaggi nei piccoli regni della Cina centrale e nordorientale, fra cui Wèi (魏), Sòng (宋), Chén (陳) e Cài (蔡), ma non si spinse mai verso occidente fino al regno di Qín (秦).
(19) Il sesto mese dell’anno 806 d.C. Hán Yù fu richiamato a Cháng’Ān (長 安) e nominato membro dell’Accademia Hànlín (翰 林 院). Questa accademia, il cui nome significa letteralmente “foresta dei pennelli”, era stata fondata dall’imperatore Xuánzōng e raggruppava i più illustri letterati e pittori al servizio della Corte.Gli accademici svolgevano compiti amministrativi e di segretariato e, col tempo, divennero l’autorità suprema in materia di interpretazione dei classici confuciani. L’accademia Hànlín fu abolita nel 1911.
Il termine “bóshì”(博 士 ,”accademico”) era già stato usato fin dalla dinastia Hàn per designare i dotti che l’imperatore Guāngwŭ 光 武, il quale regnò dal 27 d.C. al 57 d.C., aveva chiamato ad insegnare nell’istituto di studi confuciani da lui creato.
(20) L’era Yuánhé ( 元 和,“Perfetta Armonia”) corrisponde al regno dell’imperatore Xiănzōng 筅 宗 (806 d.C-821 d.C)
(21) Nell’antica Cina gli incarichi civili e militari erano spesso detti “della destra”(右 “yòu”) o “della sinistra”(左 “zuŏ”).
La ragione di questa distinzione, che appare abbastanza curiosa, può essere trovata nel capitolo 31 del Dào Dé Jīng ( 道 德 經) in cui si legge: “Il saggio dà normalmente maggiore importanza alla mano sinistra, salvo in tempo di guerra.Le armi sono infatti strumenti di sventura, non gli strumenti del saggio. Le armi, per quanto belle, sono strumenti di sventura, odiose – occorre dirlo - a tutti gli uomini. Perciò chi segue la Via non ama le armi. Le armi affilate sono strumento di sventura. Il saggio non le usa se non spinto dalla necessità. Il saggio apprezza la pace e la tranquillità e non ambisce ad imporsi con la forza delle armi. Una tale ambizione significherebbe compiacersi di versare il sangue e chi ama versare il sangue non può essere un uomo di Stato. Nelle cerimonie solenni il posto d’onore è alla sinistra, mentre solo nei funerali la persona di maggior riguardo sta a destra. Nelle sfilate militari, tuttavia, il vicecomandante dell’esercito sta a sinistra ed il comandante supremo sta a destra, cioè nello stesso posto che è riservato alla persona di maggior riguardo durante i funerali. Infatti, chi ha ucciso il maggior numero di persone deve essere colui che ne mostra maggiore rincrescimento ed il posto del vincitore di una battaglia è giustamente quello che corrisponde al posto della persona che esprime il maggiore cordoglio nei funerali”.
Sulla base di questo principio, nell’amministrazione civile una carica detta “della sinistra” era gerarchicamente superiore ad un’analoga carica detta “della destra”, mentre nell’organizzazione militare valeva la regola inversa.
(22) Il termine “yòufŭ” 右 輔, vale a dire “aiutante della destra” era un antico grado militare.
(23) Hán Yù non si riferisce qui alla scoperta dei “tamburi di pietra”, che avvenne probabilmente nel 7° secolo d.C., visto che essi furono citati per la prima volta nel commento al Hòuhànshū (後 漢 書﹐“Il libro degli Hàn posteriori”) scritto da Lĭ Xián 李 賢 (651d.C.-684 d.C.), bensì ad un intervento di “manutenzione” effettuato agli inizi del 9° secolo d.C..
(24) Il termine “jìjiŭ”(祭 酒“sovrintendente alle libagioni”) era il titolo spettante al decano dell’Accademia ´Hànlín, prestigiosa istituzione culturale creata dall’imperatore Xuánzōng 玄 宗, i cui membri, illustri letterati, svolgevano compiti amministrativi e di segretariato per la Corte e fornivano l’interpretazione autentica dei classici confuciani.
È un termine di origine molto antica ed il suo uso per indicare persone che svolgono funzioni amministrative , si ricollega probabilmente al fatto che, nei tempi più remoti, i saggi erano al tempo stesso governanti e sacerdoti.
Sappiamo che il dotto confuciano Xún Zĭ 荀 子 (312 a.C.-230 a.C), il quale fece parte della celebre Accademia Jìxià (穄 下 學 宮“Jìxià Xuégōng”), fondata nel 318 a.C. a Línzī 霖 淄, capitale del Regno di Qí 齊, fu incaricato per ben “tre volte” dal re Xiāng 襄 di “officiare la cerimonia delle libagioni” durante i sacrifici agli antenati perché era il più anziano ed il più autorevole tra i membri dell’Accademia.
Sotto la dinastia Hàn, i “jìjiŭ” affiancavano alle loro funzioni religiose compiti amministrativi. Risulta ad es. dal capitolo 14.23 del Romanzo dei Tre Regni 三 國 記 che Cáo Cāo曹 操 promosse Guō Jiā 郭 嘉 maggiore dell’esercito con il compito di effettuare le libagioni durante i sacrifici. Se il paragone non sembrasse troppo ardito, potremmo quasi dire che, in questo caso, il “jìjiŭ” era una sorta di cappellano militare.
Nella setta taoista del Maestro Celeste, sorta nel Sìchuān al tempo della dinastia Hàn, si indicavano con questo termine i membri di rango più elevato, cioè i sacerdoti incaricati di offrire le libagioni alle divinità ed agli antenati.
Il “jìjiŭ”dell’Accademia Hanlin accompagnava solennemente gli studiosi che avevano conseguito negli esami imperiali il diploma di “jìnshì 進 士 (“dottore”) al tempio di Confucio per rendere omaggio al Maestro.
(25) Il termine “tài miào”(太 廟), che vale “grande tempio ancestrale”, figura già in un capitolo dello Zuŏ Zhuàn con riferimento ad un grande tempio in cui il duca Huan di Lŭ depositò i tripodi di Gào (cfr. nota n.26). Non è possibile sapere con certezza dove si trovasse il tempio, in cui Hán Yù afferma che erano conservati alla sua epoca i suddetti tripodi, e se fosse lo stesso che è menzionato nello Zuŏ Zhuàn.
26) Gào (郜) è il nome di un feudo nello Shāndōng assegnato in epoca antichissima a Gào Shū (郜 叔, figlio del re Wén dei Zhōu 周 文 王 (1099 a.C-1050 a.C), che vinse l’ultimo re della dinastia Shāng 商 朝. I tripodi di Gào (郜 鼎), celebri vasi sacrificali, fabbricati nel territorio di Gào durante il periodo Zhōu e considerati come un tesoro nazionale, furono, ad una data imprecisata dopo la loro fabbricazione, portati via dal duca di Sòng (宋). Essi sono menzionati in una delle più antiche cronache cinesi, lo Zuŏ Zhuàn, che riporta gli annali dei duchi di Lŭ(魯), la patria di Confucio. Questa cronaca riporta, sotto l’anno secondo del regno del duca Huán di Lu魯桓公 (710 a.C.) la seguente annotazione”Primavera...(il duca di Sòng) ottenne l’appoggio di Huán, duca di Lŭ, cedendogli i grandi tripodi di Gào...Estate..Nel quarto mese il duca Huán trasportò i tripodi da Sòng e.,nel giorno detto “moshi”戊申, (wùshēn), li depositò nel Grande Tempio Ancestrale, senza rispettare i riti”. Sappiamo da altre fonti che il duca fu molto criticato per il cattivo esempio morale da lui dato, perché aveva solennemente offerto al tempio degli oggetti che erano il prezzo della sua corruzione.
(27) L’idea qui prospettata da Hán Yù è chiaramente quella di un museo, in cui i vecchi reperti archeologici possano essere conservati nelle migliori condizioni ambientali al riparo dalle intemperie e siano accessibili a tutti gli studiosi.
(28) Questa osservazione di Hán Yù ci permette di datare la poesia all’812 d.C, sesto anno dalla sua nomina ad accademico.
(29) Con questo verso scherzoso Hán Yù intendeva sottolineare che, ai suoi tempi, era ancora possibile trovare, con relativa facilità ed a prezzi abbordabili, qualche testo del famoso calligrafo Wáng Xīzhī 王 羲 之 (301 d.C-363 d.C), maestro dello stile “xíngshū” (行 書,“scrittura semicorsiva”), detto “Il saggio della calligrafia” (書 聖“Shūshèng”), mentre era ovviamente impossibile procurarsi reperti dell’epoca Zhōu, ragion per cui si sarebbe dovuto cercare di preservare con particolare cura i “tamburi di pietra”. L’accenno alla possibilità di comprare un manoscritto di Wáng Xīzhī per il prezzo di un’oca bianca ci riporta alla leggenda secondo cui il celebre calligrafo traeva ispirazione dagli eleganti movimenti del collo delle oche per imparare a maneggiare il pennello con la massima scioltezza. Egli era perciò sempre interessato a comprare delle oche per poterne osservare in tutta calma i movimenti. Una volta, passando accanto ad un tempio taoista vide un branco d’oche e chiese al monaco che le custodiva di vendergliele. Il monaco gli rispose che gliele avrebbe date se Wáng Xīzhī avesse copiato per il tempio un testo sacro taoista, probabilmente il Dào Dé Jīng. Il calligrafo accettò il baratto e così si potè dire che un foglio della sua calligrafia valeva un’oca bianca.
(30) Le otto dinastie che regnarono tra i Zhōu 周ed i Táng唐 sono: Qín秦 (220a.C-206a.C.), Hàn Occidentali 西 漢(206 a.C.-9 d.C.), Xīn 新(9d.C-23 d.C), Hàn Orientali東 漢 (25d.C.- 220 d.C), Dinastie dei Tre Regni三 國 (Cáo Wèi曹 魏, Shū Hàn蜀 漢 e Dōng Chŭ東 楚) (220 d.C.-265 d.C.), Jìn Occidentali 西 晉(265 d.C.-317 d.C.), Jìn Orientali東 晉 (317d.C.-420 d.C), Dinastie del Sud e del Nord南 北 朝(420d.C.-581d.C.) e Suí 隋 (581 d.C.-618 d.C.).
(31) Confucio(孔 子) (551 a.C.-479 a.C.) e Mencio (孟 子) (370a.C.-289a.C.) furono due dei più eminenti rappresentanti dell’antica saggezza cinese. Il loro insegnamento ,che era stato per molto tempo trascurato a profitto del buddhismo, cominciava proprio in quell’epoca ad essere rivalutato e si può riconoscere proprio in Hán Yù uno dei primi esponenti di quella tendenza che portò, sotto i Sòng 送, al fiorire del neoconfucianesimo.