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UN RACCONTO MONOTONO?
Pur non essendo uno scrittore di professione, il signor Zhào aveva ambizioni letterarie. Dopo molti sforzi, riuscì a pubblicare un mini-racconto intitolato:
" La storia del signor Shī, il mangiatore di leoni."
Il signor Shī, un poeta che abitava una casa di pietra, era ghiotto (di carne) di leone e giurò che avrebbe mangiato dieci leoni.
Egli si recava regolarmente al mercato in cerca di leoni.
Alle dieci in punto dieci leoni andarono al mercato.
Era proprio a quest’ora che il signor Shī si recava al mercato.
Vedendo i dieci leoni, il signor Shī si affidò alla forza delle sue frecce ed uccise i dieci leoni .
Presi i corpi dei dieci leoni, il signor Shī li portò nella sua casa di pietra.
La casa di pietra era umida ed il signor Shī ordinò ad un domestico di asciugare i muri con uno straccio.
Mentre i muri della casa venivano asciugati, il signor Shī iniziò il tentativo di mangiare i dieci leoni, ma, durante il pasto, cominciò a rendersi conto del fatto che i dieci leoni erano dieci leoni di pietra.
Cercate di capire questa faccenda! “
L’opera suscitò vivaci critiche, che il signor Zhào contestò con energia. In particolare, egli respinse l’accusa di monotonia rivolta alla sua creazione precisando di aver sapientemente dosato i diversi toni della lingua mandarina.
Eppure, chi legge il testo originale non riesce a sottrarsi all’impressione che l’accusa avesse comunque un solido
fondamento.
Al lettore l’opportunità di convincersene personalmente:
施 氏 食 獅 史
石 室 詩 士 施 氏, 嗜 獅, 誓 食 十 獅 。氏 時 時 適 市 視 獅。十 時, 適 十 獅 適 市。
是 時 , 適 施 氏 適 是 市。氏 視 是 十 獅, 恃 失 勢, 使 是 十 獅 逝 世 。氏 拾 是 十
獅 屍, 適 石 室。石 室 濕 。氏 使 恃 拭 石 室。石 室 拭, 氏 始 試 食 十 獅 屍。 時 食,
始 識 十 獅 屍, 實 十 石 獅 屍。試 釋 是 事。
Contrariamente alle apparenze, “La storia del signor Shī, il mangiatore di leoni” non è uno scherzo goliardico, bensì una dimostrazione paradossale, ma estremamente seria, dell’impossibilità di scrivere la lingua cinese con i caratteri latini.
Grazie a questa storiella, Zhào Yuánrèn 趙 元 任 (1892-1982), uno stimato studioso di linguistica, riuscì infatti a provare che un testo cinese, facilmente comprensibile se composto con gli ideogrammi, può diventare, qualora venga trasposto in caratteri latini, una filastrocca insensata in cui la ripetizione ossessiva di un’unica sillaba ( il suono “shi”) impedisce agli
stessi Cinesi di capire anche una sola parola di ciò che è stato scritto.
Molte altre storielle analoghe, come “Il racconto di Jì Jī che picchia le galline”( 季姬击鸡记 “jì jī jī jī jì”), “Il rinoceronte giocherellone”( 熙戏犀 “xī xì xī”), “La zia Yī” (漪姨 “yī yí”), si possono trovare su Internet.
Per associazione di idee, mi viene qui in mente un aneddoto giapponese che ci racconta come uno spiritoso cortigiano, Ono no Takamura 小 野 篁 (802 d.C. -853 d.C.) riuscì, sfruttando disinvoltamente le diverse possibilità di lettura degli ideogrammi nella lingua giapponese, ad attribuire un significato, anche se arbitrario, ad un testo costituito da un solo ideogramma ripetuto dodici volte.
Ono no Takamura si distingueva alla corte dell’imperatore Saga 嵯 峨 天 皇per la sua vasta erudizione e per la sua profonda conoscenza dei classici.
Un giorno fu trovata, in una sala del palazzo imperiale, una tavoletta recante alcuni segni che nessuno fu in grado di interpretare, salvo Takamura, il quale riuscì a decifrare i caratteri e scoprì che si trattava di una critica nei confronti dell’imperatore.
Quest’ultimo, irritato, osservò che la sola persona che aveva capito la frase offensiva doveva anche essere l’unica che poteva averla scritta, ma l’interessato replicò, senza scomporsi, che la sua capacità di interpretare qualsiasi carattere, anche quelli più antichi, rari e desueti, poteva tutt’al più essere prova di straordinaria cultura, non di colpevolezza.
Seccato da questa presunzione, l’imperatore si fece dare un pennello e scrisse dodici volte su un foglio il carattere 子 “ko” (“figlio”, “bambino”):
子 子 子 子 子 子 子 子 子 子 子 子 ,
poi lo porse a Takamura con un gesto di sfida : “ Se sei veramente capace di interpretare qualsiasi scritto, deciframi questo
testo”.
Takamura sorrise e lesse il testo senza apparente difficoltà: “Neko(no)ko koneko, shishi(no)ko kojishi”, vale a dire “: “ Il cucciolo del gatto (è) il gattino,il cucciolo del leone (è) il leoncino”.
L’ideogramma 子 ha infatti, in giapponese, tre possibili letture. La più comune è “ko” (“figlio”, “bambino”, “cucciolo”), ma ne esistono altre due: “shi/ji” (“maestro”,”nobiluomo”) e “ne”(“ il primo segno zodiacale”).
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