LÓNG RÉNQĪNG
Lóng Rénqīng 龙仁青, nato nel 1967 a Hăinán 海南 (provincia del Qīnghăi 青海), è uno scrittore e traduttore bilingue sino-tibetano. Ha pubblicato più di di 20 opere quali “Caffè e Yogurt” (咖啡与酸奶 “kāfēi yǔ suānnǎi”) e “ Cime Nevose sulle Piume di Pavone” (孔雀翎上的雪峰 “kǒngquè líng shàng de xuě fēng”). Rappresentante della letteratura delle minoranze etniche, ricopre cariche importanti in numerose associazioni letterarie tra cui la Società degli scrittori del Qīnghăi. Alcune sue opere sono state tradotte in inglese, italiano, giapponese e altre lingue.
LA STEPPA DELL'ORGOGLIO
Dopo cena Zhà Kuō uscì a fare una passeggiata a cavallo. Condusse per la briglia lo stallone dagli zoccoli bianchi verso il largo spiazzo erboso che si apriva dinanzi alla tenda. Sentì un vago bruciore alla schiena. Era il sole che lo guardava. Il sole al tramonto contemplò quel cavaliere imponente, alto e robusto, ed ebbe la sensazione di una leggerissima fitta al cuore, mentre i suoi occhi mostravano la timidezza e l’inquietudine di una fanciulla incinta. Zhà Kuō vedeva la propria ombra, prolungata all’infinito dalla luce del sole, ondeggiare costantemente dinanzi a lui come una montagna in movimento. Questa era davvero l’immagine che il sole aveva in mente. Proprio come dice il proverbio, la bellezza sta negli occhi di chi guarda e agli occhi del sole Zhà Kuō appariva effettivamente come una montagna in movimento.
La passione travolgente del sole inondava il corpo intero di Zhà Kuō. L’erba, di solito docile e sottomessa, della prateria era contagiata dall’ardore del sole. L’eccitazione colorava il suo verde di una sfumatura di rosso dorato. Gli steli d’erba si precipitavano verso Zhà Kuō a testa alta, circondando e sommergendo il cavaliere ed il suo stallone dagli zoccoli bianchi.
Zhà Kuō voleva liberarsi dell’erba il più presto possibile. Allacciò la sella e si apprestò a montare sullo stallone dagli zoccoli bianchi per partire al galoppo.
Fu in quel momento che intuì, d’un tratto, che, oltre al sole, qualcun altro lo stava guardando. Era la madre, che fissava la sua schiena con uno sguardo di calda tenerezza, come se con una mano invisibile gli stesse dando affettuosi colpetti sulla spalla per manifestargli approvazione e per dargli coraggio. Ma Zhà Kuō si sentiva molto nervoso, perché gli sembrava di cogliere qualcosa di strano e di insolito nella mano della madre che gli dava dei colpetti sulla spalla. La madre, in piedi sulla soglia della tenda, lo stava guardando da un bel momento ed il suo sguardo non era quello della mamma che contempla il figlio, ma quello di una donna che ammira un uomo.
Zhà Kuō si sentiva enormemente a disagio. Abbassò la testa e, invece di montare in sella, condusse avanti il cavallo al passo. Lo sguardo della madre sembrava rallentare in modo significativo i suoi movimenti. Di fronte a lui c’era l’alveo, pieno di ciottoli, di un ruscello essiccato. Zhà Kuō finse di incespicare nei ciottoli e ne approfittò per sbirciare di sottecchi la madre. Vide che gli occhi della madre brillavano come la luce del sole e scorse nella loro timidezza una sorta di inquietudine e, nella paura che esprimevano, infinite fantasticherie. Quando si accorse che Zhà Kuō la sbirciava, la madre voltò in fretta la testa e rientrò nella tenda.
“Santo Cielo!”mormorò tra di sè la donna” Zhà Kuō assomiglia sempre di più a suo padre”.
La madre rientrò nella tenda, il sole tramontò, e soltanto allora Zhà Kuō emise un lungo sospiro di sollievo. Libero dallo sguardo del sole e della madre, ritrovò d’un sol colpo tutta la sua energia. Balzò sullo stallone dagli zoccoli bianchi e lo spinse al galoppo verso la prateria che si apriva davanti a lui, incitandolo con urla ininterrotte.
Quando Zhà Kuō cavalcava, gli piaceva appiattirsi con tutto il corpo sul dorso del cavallo in modo che i suoi occhi vedessero soltanto l’erba della prateria che fendeva con il suo cavallo. Vedeva l’erba verde che solo un attimo prima aveva circondato lui e il suo stallone dagli zoccoli bianchi voltarsi e correre in preda al panico in direzione opposta alla loro, come se Zhà Kuō ed il suo destriero fossero stati demoni crudelissimi, capaci di apportare sofferenze e disgrazie a chiunque si trovasse sulla loro strada. I fiori selvatici nascosti in mezzo agli steli d’erba, sebbene non capissero che cosa stava succedendo,correvano anch’essi alla cieca seguendo l’erba in fuga. Rallentarono soltanto quanso furono lontani e guardarono Zhà Kuō e il suo cavallo come lepri spaventate. Zhà Kuō ricordò la storia del leprotto che correva per sfuggire al “Jiā’ĕr”, una storia che suo padre gli aveva raccontato quand’era bambino:” Un leprotto stava brucando l’erba sulla riva di un fiume. All’improvviso un frutto maturo si staccò da un albero e cadde in acqua producendo un suono simile a “jiā’ĕr”. Il leprotto ne fu talmente spaventato che si diede ad una pazza fuga. Gli altri animali della foresta domandarono al leprotto terrorizzato che cosa fosse accaduto. Il leprotto rispose: “Ho sentito jiā’ĕr”. Gli animali, immaginando che il Jiā’ĕr fosse chissa quale terribile mostro, seguirono il leprotto e fuggirono da ogni parte.”
Proprio mentre Zhà Kuō pensava a quella storia, vide un mazzo di alti aconiti che correvano in preda al panico sulle orme dell’erba, cercando di sfuggire agli zoccoli del cavallo.
Zhà Kuō non riuscì a trattenere un sorriso, pur domandandosi se non fosse vergognoso per un ragazzone come lui perdersi in pensieri futili come quello che gli era venuto in quel momento.
Il cielo era invaso a poco a poco dall’oscurità. Zha Kuo cavalcò fino a un pendio erboso e tirò forte il morso del cavallo, che si bloccò di scatto e rimase immobile. Il contraccolpo fece sobbalzare Zhà Kuō e lo fece quasi cadere di sella. Zhà Kuō si irritò molto per il comportamento dello stallone. Balzò giù di sella e colpÌ brutalmente con il frustino la testa del cavallo. Il cavallo dagli zoccoli bianchi fuggì terrorizzato, con un’espressione di desolata innocenza dipinta sul muso, mentre Zhà Kuō si sdraiava rabbioso sull’erba respirando affannosamente.
Il cavallo dagli zoccoli bianchi posò timidamente il muso sull’erba e sbirciò per indovinare le reazioni del padrone. Quando capì che quest’ultimo non aveva intenzione di punirlo, addentò con calma un ciuffo d’erba e cominciò a masticarlo.
Zhà Kuō si rendeva conto che lo stallone dagli zoccoli bianchi si stava ricaricando. L’erba che mangiava si sarebbe convertita in energia dentro il suo corpo e lo avrebbe fatto correre, proprio come la benzina versata nel serbatoio di una motocicletta fa correre la motocicletta. Nello stomaco di un cavallo l’erba è l’equivalente della benzina. La recente galoppata aveva consumato una bella quantità di benzina nel serbatoio costituito dallo stomaco del cavallo, che ora doveva rifare il pieno.
In realtà, anche la tecnica della frenata istantanea era qualcosa che lo stallone dagli zoccoli bianchi aveva imparato dalle motociclette. Se non ci fossero state in giro per la steppa sempre più moto e sempre meno cavalli, lo stallone non avrebbe potuto imparare da quegli animali di ferro. Ma, intorno a lui, c’erano più moto che cavalli, i quali erano ormai pochissimi. Lo stallone aveva gli stessi compiti affidati alle moto che erano rimaste le sole a potergli servire da modello. Non c’era quindi da stupirsi per il comportamento del cavallo dagli zoccoli bianchi che apparteneva alla famiglia di Zhà Kuō.
Zhà Kuō non potè fare a meno di guardare lo stallone dagli zoccoli bianchi. Nella penombra del crepuscolo, l’animale appariva alto e maestoso, elegante ed aggraziato. Sotto quell’aspetto, le motociclete, quegli esseri metallici rigidi e tracagnotti, risultavano, nonostante tutta la loro prosopopea, molto meno affascinanti. C’era soltanto il fatto che la gente amava sempre di più le motociclette e si interessava sempre di meno ai cavalli. Che tristezza se un giorno anche lo stallone dagli zoccoli bianchi avesse cominciato a bere benzina, pensò Zhà Kuō.
L’oscurità avanzava sempre di più e il silenzio calava sulla steppa. Oltre al rumore del cavallo che masticava l’erba, si udiva in lontananza il tranquillo sciabordio delle onde del lago Qīnghăi, che si poteva scorgere dalla cima del pendio. Il lago Qīnghăi aveva gli occhi spalancati di un insonne, un aspetto molto energico e tutto si poteva dire di lui tranne che avesse l’aria di una persona addormentata. I suoi occhi sembravano brillare, cupi e innocenti, nella notte, come se ignorassero il mondo.
Zhà Kuō non amava il lago Qīnghăi. Contemplandone gli occhi innocenti ed ignari, egli pensava che il lago fingeva sempre di essere giovane, senza neppure far caso alle rughe che gli coprivano il volto e alla bava bianca che gli si formava inesorabilmente agli angoli della bocca. Era già una donna anziana e giocava ancora a fare la fanciulla adolescente. Era davvero privo di vergogna. Ogni volta che lo sguardo di Zhà Kuō si spingeva lontano, non indugiava mai sul lago Qīnghăi, ma lo trascurava e passava oltre.
Quando Zhà Kuō era bambino, suo padre gli raccontava che, molto tempo prima, il lago Qīnghăi era stato una prateria, nella quale sgorgava una limpida sorgente, sigillata da una lastra di pietra. Ogni volta che i pastori dei dintorni si recavano alla sorgente per attingere acqua, dovevano ricordarsi di rimettere subito a posto la lastra di pietra, perché se uno sprovveduto avesse dimenticato di farlo, l’acqua gorgogliante della fonte avrebbe sommerso gran parte della prateria. Zhà Kuō odiava quello stupido irresponsabile che, una volta, aveva dimenticato di rimettere a posto la lastra di pietra. Se non fosse stato per lui, Zhà Kuō e gli altri avrebbero avuto praterie molto più grandi di quelle che avevano ed avrebbero potuto disporre di pascoli più estesi per le loro mandrie e le loro greggi. Invece, ora, di fronte al numero sempre più elevato di bovini e di ovini, i pascoli si riducevano sempre di più e rischiavano di divenire insufficienti.I l lago Qīnghăi era pure questo: occupava una superficie così estesa e la occupava da così tanto tempo che sembrava ormai una cosa ovvia.
Quando portava le pecore a pascolare sulle sponde del lago, Zhà Kuō, guardando la vasta distesa azzurra, pensava a come sarebbe stato bello se il lago Qīnghăi fosse stato verde..
Ogni volta che gli veniva questo pensiero, Zhà Kuō era colto dalla fantasia morbosa di far pascolare le sue pecore sul lago Qīnghăi e, un inverno, le condusse veramente sul lago gelato. Gli animali scivolavano in continuazione sulla superficie ghiacciata e Zhà Kuō era rimasto un po’confuso, non rendendosi ben conto di che cosa stesse succedendo. Mentre guidava il gregge verso il lago, era tutto emozionato ed immaginava addirittura, nella sua mente, le pecore immerse fino alla vita nell’erba alta ed intente a brucare con avidità. Era quello un pascolo che gli ovini e i bovini non avevano mai conosciuto!
Ma, che cosa stava capitando alle pecore? Zhà Kuō era rimasto un momento senza reagire.
Zhà Kuō udì in lontananza sua madre che urlava : “Hu, hu...hu,hu..hu,hu..”. La donna aveva già finito di mungere le vacche e stava sollecitando alcuni vitellini indisciplinati, che continuavano a pascolare intorno alla tenda e non avevano alcuna intenzione di ritornare indietro a farsi legare. Zhà Kuō sapeva anche che, con queste grida, sua madre lo stava invitando a tornare rapidamente a casa. Si sollevò pigramente dall’erba e fischiò allo stallone dagli zoccoli bianchi, che si era già un po’allontanato da lui. Il cavallo si avvicinò correndo. Zhà Kuō lo prese per le briglie e si incamminò verso casa. Mentre passava accanto alla tenda della famiglia di Tú Luō , che abitava vicino a loro nello stesso accampamento, il vecchio cane legato dinanzi alla tenda cominciò ad abbaiare furiosamente. Zhà Kuō lo sgridò ad alta voce ed il cane smise subito di abbaiare non appena riconobbe la voce che gli era familiare.
Zhà Kuō notò che nella tenda di Tú Luō si apriva una bocca di color sanguigno dalla quale sembravano sprizzare in continuazione vivide fiamme. Le lingue di fuoco che si levavano dal focolare scavato nella terra proprio al centro della tenda si agitavano e si contorcevano in mille modi. Alla luce tremolante della fiamma, Tú Luō, che stava seduto sulla soglia della tenda, sembrava cambiar forma ad ogni momento e, a volte, essere risucchiato all’interno della tenda. Lui, però, non si rendeva minimamente conto di questi effetti di luce e quando vide passare Zhà Kuō agitò la mano per invitarlo a sostare un momento in casa sua. Zhà Kuō rispose al saluto con la mano (1), ma montò a cavallo e se ne andò senza voltarsi indietro.Tú Luō lo guardò allontanarsi, rimase un lungo momento interdetto, poi scosse la testa un po ’avvilito. (2)
Zhà Kuō si irritava molto ogni volta che vedeva il lago Qīnghăi e Tú Luō. Nelle sue fantasie, infatti, identificava Tú Luō con lo sprovveduto che aveva sommerso nell’acqua vaste zone della steppa.
A quell’epoca, tanto Zhà Kuō quanto Tú Luō pascolavano ancora entrambi i vitellini appena nati nella steppa, forti, sani ed intrepidi. S’era nel pieno dell’estate, quando i giovani lattonzoli imparano a giocare e l’odore di latte riempie tutta la steppa. Durante la stagione di produzione del latte, le vacche e i vitelli dovevano pascolare in gruppi separati. Se fossero stati tenuti insieme, infatti, i vitelli avrebbero succhiato tutto il latte materno e, dopo il pascolo notturno, non ci sarebbe più stato latte da mungere, perché il vitellino che poppa non è mai sazio. Zhà Kuō e Tú Luō, che avevano ciascuno più di una dozzina di vitelli, li riunivano in una sola mandria e li facevano pascolare insieme.
In quel periodo, Zhà Kuō era stato preso dalla passione di chiacchierare. Cianciava con i fiori, con l’erba, con le allodole selvatiche e con le formiche nere, talvolta addirittura con le nuvole bianche su nel cielo, però quelli con cui preferiva conversare erano i brillanti "fiori di cristallo".(3) Gli sembrava che gli splendidi "fiori di cristallo" fossero innocenti, spontanei e sinceri. Se si sentivano infelici , si mettevano di malumore e, se si mettevano di malumore, si lasciavano prendere dalla rabbia; tutto qui! Non giravano intorno alle cose, e mostravano una certa simpatia per Zhà Kuō. I "fiori di cristallo" gli ricordavano un po' Căi Căi, la sorella di Tú Luō, ma Căi Căi, sfortunatamente, era già sposata.
Ogni volta che Zhà Kuō pensava a Căi Căi, il suo cuore cominciava a battere più forte e Zhà Kuō lo rimproverava:”Perché sei così nervoso? Căi Căi non s’è più fatta vedere”. Immaginava che, se Căi Căi fosse una volta effettivamente apparsa dinanzi a lui, il cuore avrebbe potuto balzargli fuori dal petto con un impeto che avrebbe spaventato la ragazza. Zhà Kuō cercava di non pensare a Căi Căi. Andava deliberatamente in cerca di un ciuffo di stipe (4) con cui conversare, o delle formiche nere. Le formiche nere gli facevano una quantità di domande difficili e volevano discutere con lui, ma Zhà Kuō trovava insignificanti le questioni di cui parlavano. Si cavava d’impaccio (5) citando i testi sacri e lasciava le formiche esterrefatte.
Quando discuteva con le formiche, Zhà Kuō aveva l’impressione di partecipare ad un dibattito di eruditi.
Un giorno Zhà Kuō e Tú Luō condussero i loro vitelli al fiume.
Zhà Kuō si ricordò improvvisamente che il giorno prima aveva preso appuntamento con una nuvoletta bianca per incontrarsi sulla cima della collina occidentale e fare un poco di conversazione. Così disse a Tú Luō: “ Oggi ho delle cose molto importanti di cui occuparmi. Ti affido totalmente la cura dei vitelli”. Tú Luō si battè la mano sul petto e rispose: “Va bene! Fa’ pure ciò che devi fare”. Zhà Kuō non si fidava molto di Tú Luō, ma ormai aveva già dato appuntamento alla graziosa nuvoletta e così si incamminò verso la collina occidentale.
La nuvola bianca era già sul posto. Il giorno prima sembrava uno yak bianco, ma ora aveva un aspetto un po’diverso, difficile da descrivere. Somigliava un po’ al cappello a cilindro che una volta portava in testa il padre di Zhà Kuō (6), ma ricordava anche un po’ la forma di quei solenni ed imponenti stupa (7) bianchi che si ergono nei cortili dei templi buddhisti. Di fronte allo sguardo serio della nuvola bianca, Zhà Kuō non potè fare a meno di sentirsi nervoso, ma la voce della nuvola era gradevole come il giorno precedente. Bastò una frase per rimetterlo a suo agio. “Di che cosa vuoi parlare oggi?” gli domandò la nuvola. “Di tutto e di nulla” le rispose il ragazzo” Va bene qualsiasi argomento”.
La nuvola bianca ci pensò su un momento, poi disse:” Ieri, dopo che ci siamo separati, ho incontrato, sull’altro versante della collina, una ragazza di nome Qióng Zhuō, che mi ha affidato una lettera da portare al suo moroso”.
“Me la fai vedere?” le domandò Zhà Kuō, il cui cuore cominciava a battere più forte pensando a Căi Căi.
“Aspetta un momento che la prenda” gli rispose la nuvola bianca, frugandosi il petto e Zhà Kuō vide che tirava fuori un foglio accuratamente piegato in quattro.
“ Ciò che è scritto lì dentro deve esprimere dei pensieri infiniti e un amore sconfinato” riflettè Zhà Kuō, poi domandò timidamente alla nuvola:”Se io volessi inviare un messaggio a qualcuno, tu potresti farglielo avere?”.
“Certo! Sarà un gioco da ragazzi per me. Perché non dovrei farlo? È davvero una cosa da niente”.
Nel sentir ciò Zhà Kuō fu preso da una tale contentezza che non poté trattenersi dal prorompere in grida di gioia : “Yéyé...hóhó...evviva!”.
La nuvola bianca, guardandolo, si coprì la bocca con la mano per nascondere un sorriso e gli domandò : “A chi vorresti inviare un messaggio?”
“È un segreto” le rispose Zhà Kuō con serietà, ma d’improvviso gli venne in mente che Căi Căi apparteneva già a qualcun altro e si chiese se non si stesse facendo troppe illusioni. Questo pensiero lo fece passare in un attimo dall’eccitazione ad uno stato di leggera depressione. La nuvola bianca, in un primo momento, non s’accorse del fatto che Zhà Kuō aveva cambiato umore e continuò a scherzare, ma poi notò che il volto del ragazzo era stranamente contratto. Capendo che Zhà Kuō stava pensando a qualcosa di spiacevole, gli disse: “Ti prego di scusarmi, ma devo ancora portare questa lettera al moroso di Qióng Zhuō. Continueremo la nostra conversazione un altro giorno”.
Zhà Kuō discese i gradini della scala su cui la nuvola bianca lo aveva fatto salire per permettergli di conversare con lei, salutò la nuvola e ritornò al luogo in cui aveva lasciato Tú Luō.
Era già il tramonto. Mentre Zhà Kuō e la nuvoletta bianca stavano conversando fra di loro, il sole li guardava freddamente e più volte era stato tentato di precipitarsi ad interrompere i loro bisbigli, ma alla fine si era trattenuto. Del resto, non sarebbe stato possibile che il sole violasse le leggi naturali e che, proprio mentre stava tramontando, si sollevasse di nuovo per salire sulla cima della collina occidentale. Dovette perciò reprimere la sua rabbia e sopportare, sopportare ancora. Quando Zhà Kuō lasciò la nuvola, il sole aveva già raggiunto l’occidente e, siccome temeva di fare una brutta figura con il ragazzo, non gli fece scenate. Non appena Zhà Kuō se ne fu andato, il sole, in preda ad una profonda irritazione, si precipitò impetuosamente sulla nuvoletta bianca e, con poche manate le fece a pezzi i vestiti. Le sue unghie affilate graffiarono la pelle della nuvoletta facendola sanguinare e il sangue che continuava a fluire dalle ferite macchiò di rosso vivo gli abiti della nuvoletta e colò sulla cima della collina, dove spuntarono immediatamente alcuni fiori vermigli. Qualche goccia di sangue cadde persino sulla schiena di Zhà Kuō, scottandola. (8)
Il crepuscolo scese sulla steppa nell’alone di questa bella e tragica luce sanguigna, ma Zhà Kuō non vi fece caso perché il cielo in fiamme gli lasciava presagire qualcosa di grave. Si mise a chiamare a gran voce Tú Luō e a cercarlo ansiosamente. Lo trovò su una spiaggia arida in riva al lago Qīnghăi. Il viso dell’amico era pieno di terrore e di un senso d’impotenza.
Zhà Kuō capì che i loro vitelli si erano ricongiunti alla mandria delle vacche.
“Dove li hai portati?” domandò all’amico.
“Volevo soltanto che vedessero il lago Qīnghăi” cercò di giustificarsi Tú Luō.
“Non sapevi che le vacche...le loro madri stavano pascolando qui?”.
“ Pensavo che sarebbero stati affascinati dal lago Qīnghăi e che non avrebbero notato la mandria delle vacche”.
“Credevi che fossero distratti come te?”.
“Sì. Stavo ammirando il lago Qīnghăi e non mi sono accorto che avevamo incrociato la mandria delle vacche”.
Tú Luō era stato davvero stregato dal lago Qīnghăi.
Un giorno i pastori scoprirono improvvisamente che il cavallo, che avevano sempre considerato in cuor loro il primo degli animali d’allevamento, era in realtà inutile. Il suo mantello valeva poco e la sua carne non era commestibile. In compenso, aveva un grande appetito. Quando tirava fuori la lingua e la arrotolava, spariva un bel ciuffo d’erba. Ciò angosciava i pastori, che vendettero tutti i loro cavalli.
Il padre di Zhà Kuō era stato uno dei migliori cavalieri della steppa. Ogni volta che usciva a cavallo nella prateria, l’ammirazione e l’invidia della gente si appiccicavano a lui e al suo stallone come miscroscopici frammenti di cristallo. Quando il cavallo sussultava e si scuoteva, i frammenti di cristallo cadevano a terra, ma erano immediatamente sostituiti da innumerevoli nuovi frammenti. Il padre di Zhà Kuō portava abiti intessuti d’oro e di perle, i cui riflessi gli conferivano un aspetto brillante. A quel tempo, la madre di Zhà Kuō era molto bella ed era oggetto di gelosie e liti tra i giovani della steppa. Fu attratta dallo splendore del padre di Zhà Kuō e lo sposò, rendendolo inviso a molti altri giovanotti.
Ora, però, il numero dei cavalli era in costante diminuzione e l’alone che una volta sembrava circondare il padre di Zhà Kuō si andava lentamente attenuando. Quando nella steppa apparve la prima motocicletta, la gente cominciò a non percepire più il fascino del padre di Zhà Kuō. Il suo alone era come una candela ridotta al lumicino, che mandava ancora qualche breve sprazzo prima di spegnersi per sempre. Man mano che perdeva il suo fascino, il padre di Zhà Kuō diventava sempre più smunto. Una strana malattia lo affliggeva: ogni volta che sentiva il rombo di una motocicletta, tremava tutto, incapace di controllarsi, e, qualche volta, rimaneva pure per breve tempo inebetito. Quando l’undicesima motocicletta fece la sua comparsa nella steppa, il padre di Zhà Kuō emise un doloroso sospiro e chiuse gli occhi per sempre.
Quando morì, il padre di Zhà Kuō lasciò in eredità al figlio uno stallone dagli zoccoli bianchi agile nel galoppo. Era il terzo buon cavallo che il padre di Zhà Kuō aveva posseduto durante la sua vita.
Nel momento in cui stava per scomparire per sempre, come il sole al tramonto, il padre di Zhà Kuō chiamò a sé il figlio e gli disse: “ Lo stallone dagli zoccoli bianchi è un buon cavallo”.
“Lo so, papà” rispose Zhà Kuō quasi soffocato dai singhiozzi.
“Uno stallone dagli zoccoli bianchi non è una motocicletta” proseguì il padre.
“Lo so, papà” rispose Zhà Kuō piangendo.
Il padre fece cenno a Zhà Kuō di asciugarsi le lacrime e disse ancora: “Io sono un cavaliere”.
“Lo so!”rispose Zhà Kuō trattenendo le lacrime.
“Tu ora sei me” (9) disse il padre ed i suoi occhi si riempirono ad un tratto di una luce che colpì lo sguardo di Zhà Kuō.
Zhà Kuō non osava parlare. Trattenne il respirò e guardò suo padre chiudere lentamente gli occhi come un affilato coltello tibetano che venisse riposto con attenzione nel fodero..
Ora, Zhà Kuō si era trasformato nel proprio padre ed era diventato il proprietario dello stallone dagli zoccoli bianchi.
Era destino che Zhà Kuō e il suo cavallo dagli zoccoli bianchi si distinguessero dagli altri.
I buoi e le pecore della steppa avevano, a poco a poco, accettato la motocicletta come rimpiazzante del cavallo ed avevano cominciato a considerare uno dei loro quel pesante ed impacciato essere metallico che li sorvegliava, uno che apparteneva al mondo dei pastori e che contava sulla prateria per prosperare.
Nello stesso periodo il lago Qīnghăi cominciò ad attrarre molte persone che non avevano nulla a che fare con la steppa.
“Il lago Qīnghăi è così bello che sembra un pezzo di cielo trasportato sulla terra”.
“È uno specchio che riflette in profondità!”
“Sono occhi che vedono il futuro!”.
“È uno zaffiro di valore inestimabile!”.
Queste persone si scervellavano per trovare le lodi più belle da regalare al lago Qīnghăi.
A Zhà Kuō pareva che costoro facessero parte della famiglia di Tú Luō, perché il lago Qīnghăi li eccitava proprio come eccitava Tú Luō, che in quei giorni era su di giri e non faceva altro che accompagnare, in sella alla sua moto, i turisti che visitavano il lago. Aveva addirittura imparato a dare il benvenuto in cinese “huānyíng nǐ dào qīnghǎi hú” e a dire “hello” in inglese. Tutto tronfio e soddisfatto di sé stava già dimenticando chi era. Prendeva di continuo foto con i turisti, nelle più diverse pose, mostrando i denti e agitando le mani. Alcuni gli mettevano addirittura il braccio intorno alla vita e lo baciavano sul viso con la loro bocca disgustosa.
Dopo aver ammirato il lago Qīnghăi, i turisti volevano ancora osservare come la gente del posto mangiava, dormiva, pascolava le greggi e celebrava i matrimoni. “Se ci fate vedere come vivete, vi daremo dei soldi” dicevano, sicuri di sè, dando con la mano dei colpetti sui portafogli rigonfi che portavano attaccati alla cintura.
I pastori non resistettero alla tentazione e chi si lasciò irretire ancor più degli altri fu il capovillaggio. Venne subito messo in piedi un “gruppo corse di cavalli”, e poi un “gruppo matrimoni” (in seguito il nome fu ritenuto inappropriato e fu cambiato in gruppo “cerimonie nuziali”, ma i pastori continuarono a chiamarlo “gruppo matrimoni”). (10)
Zhà Kuō e il suo stallone dagli zoccoli bianchi furono naturalmente invitati a far parte del “gruppo corse di cavalli”. Era arrivato il giorno in cui i cavalli, respinti dai pastori, potevano di nuovo sentirsi orgogliosi.
All’inizio, Zhà Kuō disprezzava il “gruppo corse di cavalli”, messo insieme frettolosamente e facendo ricorso a chiunque capitasse a tiro (11), ma, in seguito, scoprì che del “gruppo matrimoni”, composto da ragazzi e ragazze dei villaggi circostanti, faceva parte anche Căi Căi, che nel gruppo recitava addirittura la parte della sposa. (12)
A volte, visitatori importanti, provenienti di lontano, volevano assistere alle corse di cavalli e ai matrimoni, ma non erano disposti a recarsi altrove - anche se in realtà si sarebbe trattato di spostarsi soltanto di qualche chilometro per vedere un vero matrimonio- ed allora i ragazzi e le ragazze dei villaggi vicini venivano nel villaggio di Zhà Kuō a recitare la parte degli sposi e dei partecipanti alle nozze, cosa che permetteva a Zhà Kuō di vedere spesso Căi Căi. Di conseguenza, il ragazzo aderì senza esitazioni al “gruppo corse di cavalli”. In questo modo, non avrebbe più dovuto chiedere alla nuvoletta bianca di portare i suoi messaggi.
Il “gruppo corse” e il “gruppo matrimoni” cominciarono a collaborare con franchezza e ad unire i loro sforzi. Con l’esperienza pratica, finirono per elaborare uno spettacolo comune che aveva la trama di un fueilleton televisivo: lo spettacolo aveva inizio con la corsa dei cavalli, ma il cavaliere che vinceva la gara riusciva anche a conquistare il cuore della bella fanciulla. I due manifestavano il loro affetto reciproco cantando canzoni d’amore ed alla fine si univano per sempre celebrando uno splendido matrimonio. Naturalmente era Căi Căi ad interpretare la parte della sposa, ma non era Zhà Kuō a ricoprire il ruolo dello sposo. Sebbene il suo stallone dagli zoccoli bianchi fosse il miglior cavallo in corsa e potesse arrivare primo ogni volta, il ruolo dello sposo era riservato ad un bel giovanotto con un viso gradevole ed una voce intonata e capace di cantare con garbo. Di conseguenza, era il cavallo di questo ragazzo che doveva vincere la corsa. Tutte le volte che si correva, Zhà Kuō doveva trattenere il suo stallone e rallentarne il galoppo per consentire al bel ragazzo di tagliare il traguardo per primo. Nel suo intimo, Zhà Kuō ribolliva di rabbia, si sentiva inutile.
Era già tardi quando Zhà Kuō ritornò a casa, dopo aver portato a spasso il cavallo. Sua madre e la tenda l’attendevano insieme. ma la tenda sembrava ancor più ansiosa di sua madre.Il lembo di feltro che serviva da porta era sollevato e legato ad uno dei tiranti della tenda. Sembrava di vedere sua madre che si fosse messa una mano sulla fronte e lo guardasse con insistenza. Zhà Kuō legò il cavallo alla palizzata dello stazzo e si avviò verso la tenda. La tenda era così eccitata che quasi corse ad abbracciarlo. La madre gli aveva già preparato il tè al latte (13) e, nell’angolo della tenda riservato agli uomini (14), era stata depositata una bacinella piena di carne di montone essiccata.
Zhà Kuǒ si sedette su una pelle di pecora, nell’angolo riservato agli uomini, e prese la tazza di tè al latte caldo che sua madre gli porgeva. Si sentiva affamato e cominciò a mangiare senza pensare ad altro..
La madre lo guardava con attenzione mentre era tutto concentrato sul cibo.
“Assomigli sempre di più a tuo padre” esclamò ad un tratto.
Zhà Kuǒ fu sorpreso nel sentire improvvisamente la voce della madre. Alzò di scatto la testa e si accorse che lo stava guardando con occhi brillanti come quelli del sole quando era così splendente che nessuno osava fissarlo direttamente.
“Ora sei un cavaliere!” gli disse la madre.
Zhà Kuǒ la guardò e gli sembrò di veder apparire dinanzi ai suoi occhi l’immagine di Căi Căi.
Quella notte non riuscì a dormire.
Guardò le stelle che sbirciavano attraverso il foro che si apriva in cima alla tenda: erano innumerevoli paia di occhi come quelli di sua madre, che gli ripetevano all’unissono: “Ora sei un cavaliere”.
Guardò la graziosa luna sostenuta dalle stelle: era il volto timido di Căi Căi.
Si ricordò una canzone d’amore composta da Tsangyang Gyatso (15): “ Contemplando la pallida luna che sorgeva sulla cima delle montagne ad oriente, non poteva fare a meno di veder sempre comparire dinanzi a sé il volto della fanciulla non ancora sposata”.
Căi Căi, in realtà, non era più una”fanciulla non sposata”, aveva già un marito, e, a questo pensiero, Zhà Kuǒ fu colto da un sentimento di rancore e di angoscia.
“La prossima volta” si disse, stringendo i pugni “ lascerò galoppare liberamente lo stallone dagli zoccoli bianchi. Voglio arrivare primo!”.
Si alzò dal letto mormorando: “Voglio sposare Căi Căi”.
Una volta levatosi, indossò il suo giaccone di pelle ed uscì dalla tenda.
La madre si svegliò e guardò l’alta figura che si stagliava sulla soglia, ma non disse nulla.
Zhà Kuǒ andò allo stazzo, sciolse lo stallone dagli zoccoli bianchi , balzò in sella e, nel buio della notte, si lanciò al galoppo verso la steppa.
“Yo-ho-ho”, “yo-ho-ho” gridava ad alta voce, mentre l’abbaiare dei cani rispondeva alle sue urla.
Si sentiva pieno di forza, pervaso da un senso di orgoglio senza limiti.
E la steppa era altrettanto orgogliosa del suo cavaliere.
NOTE
1) Tutta la scena si svolge con il linguaggio dei gesti. L'autore dice che i personaggi muovono o agitano le mani, ma io non mi azzardo a descrivere questi movimenti, perché il significato dei gesti può grandemente variare secondo i diversi paesi. MI sembra che, in Italia, l'invito potrebbe essere formulato muovendo ripetutamente la mano verso il petto ed il rifiuto volgendo la testa e muovendo ripetutamente la mano in un'altra direzione.
2) Il termine 自嘲 ("zìcháo"), che viene reso dai dizionari con “ rendersi ridicolo” o “sentirsi inadeguato”, esprime qui bene il disappunto di Tú Luō, il quale si pente di aver rivolto a Zhà Kuō un invito che quest’ultimo ha respinto in modo abbastanza brusco.
3) Il termine 水晶花 (“shuǐjīng huā “) , letteralmente "fiore di cristallo", sembra riferirsi all’”asaro” ( nome scientifico: “chloranthus holostegius”), un’erba perenne della famiglia delle Crisantemiacee, originaria della Cina centrale.
4) Il termine 芨芨草 (“jījīcǎo”) designa la “stipa” (nome scientifico: “anachterum splendens” o “neotrinia splendens”), un’erba perenne della famiglia delle Graminacee diffusa nella Cina Settentrionale e nella Mongolia Interna.
5) L’espressione 左右逢源 (“zuǒyòuféngyuán”), letteralmente”trovare acqua da tutte le parti”, tratta da una frase del filosofo Mencio 孟子, significa “cavarsela bene in un modo o nell’altro”,”riuscire a togliersi d’impaccio quali che siano le circostanze”. Il senso della frase è ironico. Come l’avvocato Azzeccagarbugli raggirava gli ingenui contadini con un po’di “latinorum”, così Zhà Kuō mette a tacere le formiche con qualche incomprensibile citazione dai testi sacri.
6) Il termine 顶礼帽 (“dǐng lǐmào”) designa il tradizionale berretto da cerimonia mongolo caratterizzato dalla punta a forma di cono o di cilindro.
7) Il termine 佛塔 (“fótă”) designa le pagode o gli“stupa”, che si trovano abitualmente nei cortili dei templi buddhisti e che hanno anch’essi in generale forma cilindrica o conica.
8) Il sole viene qui visto come una figura femminile, innamorata e follemente gelosa. Ciò non corrisponde tuttavia alla tradizione cinese in cui il sole impersona il principio maschile, mentre l’animo femminile tende piuttosto ad identificarsi con la luna.
9) Il padre intende dire che continuerà a vivere nella persona del figlio,al quale trasmette non soltanto i suoi beni materiali, ma anche tutto il suo patrmonio di valori spirituali e morali.
10) Anche se con un certo ritardo, i pastori si rendono conto che gli spettacoli da organizzare per i turisti non sono i matrimoni, ma le cerimonie che li accompagnano.
11) Il testo cinese usa la frase idiomatica 鱼目混杂 (“yú mù hùnzá “) che significa “mescolare occhi di pesce”. Lo stesso concetto è tuttavia reso in modo ben più suggestivo da altre varianti del proverbio, ad es. 鱼龙混杂 (“yú lóng hùnzá”), cioè “mescolare pesci e draghi” o 魚目混珠 (“yú mù hùn zhū”), cioè “mescolare gli occhi di pesce con le perle”.
12) La frase lascia pensare che gli “autoctoni” non andassero tanto per il sottile e che, quando occorreva mostrare un matrimonio ai turisti, se lo inventassero, facendo recitare a membri del “gruppo matrimoni” le parti dello sposo e della sposa.
13) Il tè al latte è una bevanda tradizionale, probabilmente simile al tè salato conosciuto in Mongolia con il nome di “süütei”.
14) La iurta tradizionale dei nomadi della steppa è divisa in tre parti:
- a destra della porta di ingresso ( che è sempre rivolta verso il sud), cioè su lato occidentale della tenda, siedono gli uomini;
- a sinistra, cioè sul lato orientale, siedono le donne;
- in fondo alla tenda si trova il “khoimor”, cioè l’altare di famiglia.
15) Tsangyang Gyatso (1683-dopo il 1706), il sesto Dalai Lama, fu anche un poeta, autore di canzoni d’amore ancor oggi famose in tutta l’Asia Centrale.
光荣的草原
龙仁青
吃过晚饭,扎括去遛马。他牵着那匹白蹄马,朝帐篷前面那片开阔的草滩走去。他感到他的背部 有一些微微的灼烫,那是因为太阳在看他。快要落山的太阳看着这个高大健壮的骑手,心里有一种痒 酥酥的感觉,太阳的眼睛里也有了怀春少女般的羞涩和骚动。扎括看到自己被太阳无限拉长了的影 子,在他的前面四平八稳地晃动着,就像是一座走动的山。这真是太阳心目中扎括的形象。正如俗话 所说:情人眼里出西施,在太阳看来,扎括就是这样一座走动的山。太阳泛滥的激情在扎括的周身流 动,草滩上平时温顺嬴弱的青草传染上了太阳的激情,绿色的身姿因为亢奋而有了几分金红色,它们 争先恐后地昂着头,向扎括围拢过来。扎括和他的白蹄马在青草的簇拥下有些应接不暇手忙脚乱。扎 括就想尽快甩脱这些青草。他整理了一下马背上的鞍具,准备起上白蹄马,迅速离开这里。这时候他 忽然发现,除了太阳,还有一双眼睛在看他。这是他阿妈的目光,从他的背后温暖而又温柔地伸过 来,像一只无形的手,拍着他的肩膀,那是赞许和鼓励的意思。可是扎括却很紧张,因为他从阿妈正 在拍打他肩膀的目光的手上,感觉到了一种异样的陌生的东西——阿妈站在帐篷门口,天荒地老的看 着他,那眼神,不是一个母亲在看儿子,而是一个女人在看一个男人。扎括感到浑身不自在,低着头 牵着马,拘谨地往前走着。阿妈的目光让他的动作幅度明显小了许多。前面是一条鹅卵石的干河床, 扎括跨过河床时,假装在鹅卵石上滑了一下,乘机回头飞快地看了阿妈一眼,他看到阿妈眼里有着与 太阳一样的光亮,腼腆中有几分不安分,惊恐中包含着无限的遐想。阿妈看到扎括在看她,急忙转过 头走进了帐篷。“天哪,扎括长得越来越像他阿爸了!”她自言自语道。 阿妈走进了帐篷,太阳也落山了,扎括这才长长吁了一口气。没有了太阳的注视和阿妈的眺望, 扎括变得无拘无束。他骑上白蹄马,一路吆喝着,朝着前面的草滩扑了过去。扎括骑马喜欢把自己的 身体紧紧贴在马背上,这样,他的视角刚好就落在草滩上。他看到刚才还在不断向着他和他的白蹄马 围拢过来的青草,这会儿却惊慌失措地朝着与他们相反的方向飞速跑去,好像扎括和他的坐骑是残暴 无比的凶神恶煞,避之不及就会惨遭不测。青草丛中的那些野花,虽然不知发生了什么事,也凑热闹 似的跟着青草瞎跑,跑到很远才放慢脚步,回头看着扎括和他的马,就像是受惊的野兔。扎括想起小 时候阿爸给他讲的野兔跑“加尔”的故事:有一只野兔正在河边吃草,忽然有只成熟的果子从河边的 树上掉下来,掉入河中,发出“加尔”的声音,野兔惊恐万分,撒腿就跑。山林里的野兽看到野兔惊 慌失措的样子,问它发生了什么事,野兔说:“加尔”来了!野兽们不知道“加尔”为何物,也跟着 野兔四处逃窜。扎括刚刚想到这个故事,就看到一束硕大的馒头花跟在青草后面,慌乱地从马蹄下跑 过去。扎括不由笑出声来。心里想,这么大的个儿,也不动动脑子想一想,看那副德性,也不嫌丢 人! 天色慢慢暗下来。扎括骑马跑到一座草坡前,使劲拽了一下马嚼子,马便来了个急刹车,停了下 来,巨大的惯性让扎括的屁股离开了马鞍,差点一个前栽从马背上摔下来。扎括对白蹄马的这种表现 很生气。他跳下马,恶狠狠地朝着马头挥动马鞭。白蹄马慌乱地躲避着,一脸的无辜。 扎括躺在草坡上喘着粗气。白蹄马试探性地把嘴伸到青草上,偷眼看主人有什么反应,它看到主 人并没有要惩罚它的意思,便放心地把一束青草卷进嘴里,大嚼大咽起来。扎括看出来了,这是白蹄 马在给自己加油。它吃下去的青草,在他体内会转化为能量,就像给摩托车加上油后,摩托车就能跑 一样,青草到了马肚子里就成了汽油。刚才那一阵飞跑,消耗掉了白蹄马体内的不少汽油,这会儿是 要补充补充的。其实,白蹄马的那个急刹车的动作,也是从摩托车那里学来的,如果不是草原上摩托 车越来越多,马匹越来越少,白蹄马也不至于去学那些铁家伙,可是在它的前后左右,除了摩托车, 很少能见到同类的马。与它担负着同样的使命,能够成为它参照物的也就只有摩托车。也难怪人家白 蹄马。扎括想到这里,不由看了看白蹄马。夜色中,白蹄马显得高大威严,雍容华贵。这一点,比起 那些萎靡不振的矮个子铁家伙来,要威风到哪儿去了。只是现在的人们,越来越喜欢摩托车,也就越 来越远离马了。 如果哪一天,白蹄马学会了喝汽油那就糟了。扎括忽然想。 夜色愈加浓重,草原一片寂静。除了白蹄马啃吃青草的声音,远远地还传来从容不迫的波涛声, 那是青海湖发出的声音。爬上草坡,就能看见青海湖,青海湖睁着无眠的眼睛,显得很精神,没有一 点睡意。瞳人在夜色里显得黑亮黑亮的,天真而又不谙世事。 扎括不喜欢青海湖。看着青海湖一副烂漫无知的样子,扎括心里想,还装嫩呢,也不看看自己满 脸的皱纹,还有嘴角上永远也擦不干净的白沫,都半老徐娘了,还把自己搞得像个十几岁的小丫头, 真不害臊。每次眺望远方,扎括的目光就像一串省略号一样,总是从青海湖上一晃而过,从不停留。 小时候,听阿爸给他讲,很早很早以前,青海湖这个地方是一片大草原,草原上有一眼清泉,清泉被 一块石板封住了,当地的牧人每次到清泉打完水,都要把石板重新盖好。不想有一个马大哈打完水后 就忘了盖好石板,汩汩涌出的泉水就把大片草原给淹没了。 扎括恨透了那个不负责任的马大哈。如果不是他,扎括他们就有比现在大得多的草原,牛羊也就 有更多的草场,不像现在这样,牛羊越来越多,草场越来越不够用。再说这青海湖也是,占着那么大 一块地方,占了这么多年,还一副理所当然的样子。放羊的时候,把羊赶到青海湖畔,看着那一片汪 洋的蔚蓝色,扎括就想,青海湖要是绿色的就好了。每次想到这里,他不由就有一些冲动,想把羊群 赶进青海湖。有一年冬天,扎括真的把羊群赶上了冰封的湖面,看着羊们不断滑倒在冰面上,他有些 茫然。他不知道问题出在哪里。刚才把羊群赶向湖面时,他有些兴冲冲的,他甚至想象着他的羊群淹 没在齐腰深的牧草之中,一个个贪得无厌啃食青草的样子。这可是一片从来没有被牛羊啃食过的草场 啊!可是,羊们怎么了?扎括半天没反应过来。 扎括远远听见阿妈“咕——咕咕,咕——咕咕”的叫唤声,那是阿妈已经挤完了牛奶,正在召唤 几只依然在帐篷周围吃草,不肯回到拴牛绳跟前来的调皮牛犊。扎括知道,这也是阿妈在叫他赶快回 家。 扎括懒洋洋地从草坡上爬起来,朝着与自己已经有些距离的白蹄马打声口哨,白蹄马便跑了过 来。扎括牵着马,往家里走去。经过与他们家住同一个帐圈的图罗家的帐篷时,图罗家的老栓狗忽然 狂叫起来,扎括便大声训斥一声。老栓狗听到熟人的声音,不叫了。扎括看见图罗家的帐篷张着血盆 大口,口中不断吐出耀眼的火焰。帐篷正中的土灶像一只燃烧的舌头,灵巧地翻动着。摇曳的火光 中,坐在帐篷门首的图罗忽大忽小的变幻着,眼看着就要被帐篷吞进肚子里了。图罗却对这一切浑然 不觉。他看见扎括,向他挥动着手,那是邀请扎括到家里坐坐的意思。扎括却摆了摆手,跨上了马 背,头也不回地走了。图罗看着远去的扎括,尴尬地站了半天,自嘲地摇摇头。 扎括每次看到青海湖,再见到图罗就气不打一处来。在扎括看来,图罗就是那个把大片草原淹没 在水中的马大哈。 那时候,扎括和图罗都还是草原上的初生牛犊,结实健壮,无所畏惧。正是盛夏季节,当年产的 小牛犊刚刚学会撒欢儿,草原上到处奶香四溢。产奶季节,母牛和小牛犊是要分群放养的,如果不分 群,牛奶就全让小牛犊吃了,晚上收牧后,也就无奶可挤了。嗷嗷待哺的小牛犊有多少奶都没个够。 扎括和图罗两家每家都有十几只牛犊,他们俩就把小牛犊合在一起,一块儿放牧。 那时候,扎括迷上了聊天。他与花聊天,与草聊天,与野百灵黑蚂蚁聊天,有时候也与天上的白 云聊天。他比较喜欢与水晶晶花聊天。他觉得水晶晶花天真直率,不做作。不高兴了就生气,生气了 就发脾气,啥就是啥,不拐弯抹角声东击西,挺对扎括的脾气。水晶晶花的性格有点像图罗的妹妹彩 彩,可惜彩彩已经出嫁了。 每次想起彩彩,扎括的心跳就会加快,扎括就骂他的心:彩彩又没到你跟前来,你紧张什么。他 想象着如果彩彩真的到了他跟前,他的心可能就从他嘴里跳出来了,活蹦乱跳的,都要把彩彩吓坏 了。 扎括就不去想彩彩。他故意找一簇芨芨草聊天,或者就和一群黑蚂蚁群聊。黑蚂蚁提出各种各样 尖涩的问题,想与扎括辩论,但这些问题对扎括来说都是雕虫小技,他引经据典左右逢源,把黑蚂蚁 们说得哑口无言。扎括就有一种舌战群儒的感觉。 有一天,扎括和图罗把小牛犊群赶到河边,扎括忽然想起昨天和一片白云约好了,今天要在西边 山头上与它聊天,便对图罗说:“我今天有很要紧的事,小牛犊的事就全靠你了。” 图罗拍着胸脯说:“没事儿,你忙你的。” 扎括虽然对图罗不大放心,但他和云彩说过不见不散的,便往西山那边走去。 白云已经来了。昨天它是一头白牦牛的样子,今天它换了个样儿,说不上像啥,有点像以前阿爸 头上的那顶礼帽,又有点像寺院里庄重冷峻的白色佛塔。 “对不起,我来晚了。” 扎括看到白云一脸严肃的样子,心里不由有些紧张。 “没事儿,我也刚来。”白云的声音与昨天一样好听。一句话,扎括心里就平和了许多。 “今天想聊什么呢?”白云问扎括。 “随便,天南地北。” 扎括说。 白云想了想说:“昨天跟你分手后,我在山那边见到了一位叫琼卓的姑娘,她托我给她的心上人 捎去一封信。” “你捎去了吗?” 扎括问着,心不由又加快了跳动。他想起了彩彩。 “还没呢,我一会儿就捎去。”白云说着,往怀里摸摸,扎括看到了白云怀里那封仔细折叠成了 四方形的信。扎括想,那里肯定写满了无尽的思念和无尽的爱。 “如果以后我也想给别人捎句话什么的,你能帮我这个忙吗?” 扎括有些羞涩地问白云。 “那当然了,这对我来说,是举手之劳的事,何乐而不为呢?更何况是给你帮忙。” 扎括听了高兴极了,不由大声叫起来:“咯咯——唆唆——拉加洛!” 白云看着扎括的样子,捂着嘴笑了。它问扎括:“不知道你要给谁捎话儿?” “这个保密!” 扎括煞有介事地答道。但他心里忽然想,彩彩已经是别人的人了,我这不是自作 多情吗?想到这里,刚才兴奋的心情一下变得有些沮丧。 白云没有看出扎括心情的变化,还与他开了几句玩笑,这才发现扎括脸上的表情有些不自然,知 道扎括心里有事了,便对扎括说:“对不起,我还要把这封信送到琼卓的心上人那里去,咱们改日再 聊吧!” 扎括也就顺着白云给他的台阶往下爬,与白云道了别,去找图罗去了。 此刻已经是太阳落山时分。刚才,扎括和白云聊天的时候,太阳一直冷眼看着他俩,几次想冲上 去打断他们的窃窃私语,最终还是忍住了。再说太阳也不可能违背自然规律,一下子从半空中到西山 头上,只好压住火气一忍再忍。扎括走时,太阳已经到了西上头上,只是怕在扎括面前留下不好的印 象,没有当着扎括的面发火。扎括一走,懊恼无比的太阳急不可待地冲上去,三两下就把白云的衣服 撕了个粉碎,锐利的指甲还把白云的皮肤也划烂了,一道道伤口中不断流出血来。殷红的血侵染了白 云的衣服,滴落在山头上,在山头开出了几朵血红的花,有几滴甚至喷溅在了扎括的背上,在他的背 上灼烫地燃烧。草原的黄昏就在这绮丽而又惨烈的血光中到来。 扎括顾不上这么多,不祥的天空让他预感到了一点什么。他大声喊着图罗的名字,焦灼地寻找着 图罗。 他在青海湖畔寸草不生的海滩上发现了图罗,图罗的脸上写着惊慌失措和无可奈何。扎括知道, 他们的小牛犊与母牛群合群了。 “你把它们赶到哪里了?” 扎括问图罗。 “我只是想让它们看看青海湖。”图罗答道。 “你不知道母牛群——它们的妈妈就在这边吗?” “我以为青海湖会迷住它们,它们不会看见母牛群。” “你以为它们和你一样?” “是的,刚才我就是被青海湖迷住了,所以没发现它们是什么时候跑到了母牛群里。” 图罗就是这样迷恋青海湖的。扎括认为他肯定与制造了青海湖的那个马大哈有关,或者说,他就 是那个马大哈。 扎括越来越不喜欢青海湖了。斗换星移,物是人非。青海湖却无视沧桑岁月在它脸上身上留下的 痕迹,一副老不正经的样子。人们在青海湖边上种上了油菜籽,到了夏天,青海湖便急不可待地围上 一条金黄色的围巾,搔首弄姿,招摇过市,那副骚情劲儿让人有些受不了。由于青海湖死皮赖脸地占 据了那么一大块草原,有了这个先例,西部以远的浩瀚荒漠便也不管不顾地扑过来,就像是霍尔国白 帐王利用武力野蛮扩张自己的领地一样,把好多草场据为己有。草场越来越小,牲畜却越来越多,草 原上的牧民却不能向花花岭国的英雄格萨尔王那样,率领三十员英勇善战的将士冲锋陷阵,铲除妖魔 鬼怪,从侵略者手里夺回自己神圣的领土,只能从自身想办法。他们宰杀和卖出了大量的牛羊,用减 少牲畜数量的办法缓解畜草矛盾。过惯了田园生活的牲畜忽然间迎来了世界末日,首当其冲的就是 马。牧民们忽然发现,在他们心里一向列在所有牲畜首位的马,其实百无一用。皮毛没什么价值,肉 也不能吃,它的食量却很大,头一伸舌头一卷,一大片草就没了,看着让人心疼。 牧民们把自己的马都卖出去了。 扎括的阿爸是草原上少有的骑手,每当他骑着马走在草原上时,他和他的坐骑身上就沾满了人们 赞叹和羡慕的目光,像无形的晶体。随着马的颠簸和抖动,晶体的碎片被抖落在地上,又有无数的晶 体紧接着附着上去。扎括的阿爸便一身珠宝,一身黄金,珠光宝气中神气活现。当年,扎括的阿妈美 貌出众,是草原上的小伙子争风吃醋大打出手的竞争对象,就是被阿爸身上耀眼的光环所吸引,嫁给 了他,阿爸就成了许多小伙子的情敌。 可是现在,马匹一匹匹减少,阿爸身上的光环也慢慢暗淡下去。当草原上出现第一辆摩托车,人 们再也看不到阿爸身上的光环了,就像是一支燃烧殆尽的蜡烛无可奈何地挣扎了几下,永远地熄灭了 一样。随着光环的消失,阿爸日渐憔悴,形容枯槁。一种怪异的病纠缠住了阿爸——只要听到摩托车 的声音,他就会浑身发颤,不能自已,有时甚至还会出现短暂的休克。当草原上有了第十一辆摩托 车,阿爸在一声痛苦的呻吟中永远闭上了眼睛。 第十一辆摩托车是图罗家买的。 阿爸去世了,他为扎括留下了一匹善跑的白蹄马。这是阿爸这一生拥有过的第三匹好马。就在阿爸像 一轮奄奄一息的太阳,就要永远地陨落下去的那一刻,他把扎括叫到他身边,对扎括说:“白蹄马是 一匹好马 ” “我知道,阿爸。” 扎括哽咽着。 “白蹄马不是摩托车!”阿爸又说。 “我知道,阿爸。” 扎括哭出了声。 阿爸示意扎括把眼泪擦掉,他说:“我是骑手!” “我知道。” 扎括强忍着眼泪。 “你就是我!”阿爸说着,眼睛里忽然有了一缕锐利的光,直直地刺进了扎括的眼睛。扎括不敢 说话,屏着呼吸,看着阿爸慢慢闭上眼睛,就像是把一把锋利的藏刀慢慢插进了刀销一样。 扎括成了他自己的阿爸,成了白蹄马的主人。 扎括和他的白蹄马是注定要出人头地的。 当草原上的牛羊群慢慢接受了作为马的替代品出现的摩托车,把这种笨重的铁家伙视为与自己一 样属于牧民,依附着草原繁衍生息的同类的时候,名声远播的青海湖把好多与草原毫不相干的人们吸 引到了它身边。 “青海湖太美了,是熔化了的天空凝固在了地上。” “是一面深邃的镜子!” “是眼睛,洞视未来的眼睛。” “是蓝宝石,无价的!” 这些人绞尽脑汁,想出许多溢美之词讨好青海湖。 扎括觉得这些人都是图罗家的亲戚,他们和图罗一样迷恋青海湖。这几天的图罗也是兴奋异常, 乐此不疲地骑着摩托车跟随在这些人的前后左右。他还学会了汉语:“欢迎你到青海湖!”,他也学 会了英语:“hello” 青海湖飘飘然已经忘了自己姓什么。它不断地和这些人合影,摆出各种搔首弄姿张牙舞爪的动作 来。有些人甚至搂住它的腰,把一张臭嘴贴到它的脸上,它也是来者不拒和颜悦色。 这些人看了青海湖,还意犹未尽,他们要看扎括他们是咋样吃饭的,咋样睡觉的,咋样放羊的, 咋样结婚的。 “只要让我们看看,就给钱!”这些人拍着缠在腰里的鼓鼓的钱包,理直气壮地说。 牧民们动心了。更加动心的是乡上的当家人。他们立刻组织了一个赛马队,接着又成立了一个结 婚队(后来,他们觉得这个名字不合适,改成了婚俗队,但牧民们仍然叫结婚队)。扎括和他的白蹄 马理所当然成了赛马队的成员。曾经遭到牧民们唾弃的马扬眉吐气的日子到来了。刚开始,扎括对这 个草草组织起来的,鱼目混杂的赛马队嗤之以鼻,可是他发现由邻村的姑娘小伙子们组成的结婚队里 有彩彩,彩彩是结婚队的新娘。有时候,那些来自远方的尊贵的客人们既想看赛马又想看结婚,又不 愿意走太多的路——其实只有几里路——邻村的姑娘小伙子们就来到扎括所在的村庄,“友情出 演”,扎括就时常可以看到彩彩。因此,扎括毫不犹豫地参加了赛马队。这样就不用让白云为他们捎 信了。 赛马队和结婚队真诚合作,强强联手。在不断的实践中,他们闯出了一条情景剧一样有情节的表 演方式:先是赛马,赛马夺了头彩的骑士打动了一位姑娘的芳心,他们通过唱情歌互诉衷肠,最后有 情人终成眷属,在盛大的婚礼上永结连理。 结婚队扮演新娘的当然是彩彩,可是赛马队扮演新郎的却不是扎括。虽然扎括的马是赛马队里最 好的马,每次都可以拿到第一名,可是有一个小白脸因为脸白,有一副好嗓子,能唱几首拉伊,就理 所当然成了新郎的最佳人选。每次比赛,扎括都要勒住马缰绳,让白蹄马跑慢些,让小白脸中头彩。 扎括心里窝了一肚子火。 他感到自己很窝囊。 扎括遛完马回到家里,天已经很晚了。阿妈和帐篷一起在等他,帐篷好像比阿妈还焦急,门帘搭 在一旁的帐篷绳上,就像是阿妈把手搭在额头上在执著地眺望。他把白蹄马拴在马厩旁,走近帐篷 时,帐篷有些激动,就差没有跑过来与扎括拥抱。阿妈已经为他煮好了奶茶,一盆风干的羊肉已经放 在帐篷的男房里。扎括坐在男房里一块羊皮毯子上,接过阿妈递过来的滚烫的奶茶,感到肚子已经很 饿了