Nel Giardino dei Peschi tre eroi stringono un patto. La loro prima impresa è la vittoria sui Turbanti Gialli
I- Si dice che questa sia la tendenza generale delle vicende umane: ciò che è stato a lungo diviso finirà per unirsi mentre ciò che è stato a lungo unito finirà per dividersi.
Al termine della dinastia Zhōu sette regni lottarono per la supremazia ed infine si fusero nell’impero Qín.
Caduta la dinastia Qín, i regni di Chŭ e di Hàn lottarono per il predominio e di nuovo si fusero sotto la dinastia Hàn.
La dinastia Hàn cominciò a governare quando Gāozŭ uccise un serpente bianco e poi guidò una rivolta vittoriosa per unificare il paese.
Più tardi Guāngwŭ ebbe un prospero regno e lo trasmise ai suoi successori finchè si giunse all’imperatore Xiàn, dopo il quale l’impero Hàn si divise in tre parti.(1)
Se riflettiamo sulle cause di questa rovina, vedremo che la decadenza ebbe inizio con gli imperatori Huán e Líng. (2)
L’imperatore Huán imprigionò gli uomini di valore e tenne in gran conto gli eunuchi. Alla morte di Huán, salì al trono l’imperatore Líng. Il comandante supremo dell’esercito Dòu Wŭ ed il primo ministro Chén Fán erano i suoi principali collaboratori. Quando l’eunuco Cáo Jié cominciò ad abusare della propria influenza sull’imperatore, Dòu Wŭ e Chén Fán progettarono di farlo uccidere, ma il loro complotto fu scoperto e furono invece loro ad essere giustiziati. Da quel momento in poi, gli eunuchi divennero sempre più prepotenti e sfacciati.
II - Il secondo anno dell’era Jiànníng, il quindicesimo giorno del secondo mese lunare, l’imperatore teneva udienza nella Sala dell’Ardente Virtù.
Stava per sedersi sul trono quando una violenta raffica di vento si levò da un angolo della sala e si vide un grande serpente verde volar giù dalle travi del tetto ed andare ad arrotolarsi proprio sul trono.
L’imperatore svenne di paura ed i suoi assistenti lo riportarono in gran fretta al palazzo imperiale.
Tutti i cortigiani scapparono via.
Un attimo dopo il serpente era scomparso, ma scoppiò un vero uragano con tuoni e pioggia battente, poi cominciò a grandinare e la grandine smise di cadere solo verso mezzanotte, dopo aver gravemente danneggiato innumerevoli case ed edifici.
Durante il secondo mese del quarto anno dell’era Jiànníng ci fu a Luòyáng un terremoto seguito da un maremoto e la gente che abitava lungo la costa fu risucchiata in mare da un’ondata di spaventosa grandezza.
Nel primo anno dell’era Guānghé una gallina si trasformò in gallo.
Il primo giorno del sesto mese lunare dello stesso anno una nuvola nera di enormi dimensioni riempì la Sala dell’Ardente Virtù, mentre, nell’autunno successivo, durante il settimo mese lunare, un arcobaleno fu visto sul Palazzo di Giada.
Sul Monte Wŭyuán in Mongolia tutta una parete di roccia si spaccò e franò giù.
Anche dopo, numerosi altri infausti prodigi continuarono ad apparire.
III - L’imperatore chiese, con un suo proprio editto, ai funzionari di corte di investigare le cause di tali calamità e di tali portenti.
Il consigliere Cái Yōng gli presentò allora un memoriale in cui affermava che prodigi come l’apparizione dell’arcobaleno o il cambiamento di sesso della gallina avevano per causa l’indebita ingerenza delle concubine e degli eunuchi negli affari di Stato.
Il memoriale era scritto in termini molto franchi e taglienti. Leggendolo, l’imperatore pianse e si alzò per cambiarsi d’abito.
L’eunuco Cáo Jié che stava in piedi dietro al trono riuscì a gettare di nascosto un’occhiata sul memoriale ed informò del suo contenuto gli altri eunuchi. Messisi insieme, riuscirono con un pretesto ad accusare Yōng di aver commesso degli illeciti e lo fecero confinare in provincia.
Più tardi Zhāng Ràng, Zhāo Zhōng, Fēng Xŭ, Duàn Guī, Hóu Lăn, Jiăn Shuò, Chéng Kuàng, Xià Yùn e Guó Shèng ed il già citato Cáo Jié, dieci persone in tutto, complottarono per esercitare sull’imperatore un’influenza indebita e negativa. La loro fazione era chiamata: “ I dieci assistenti ordinari".
L’imperatore venerava Zhāng Ràng, nel quale riponeva un’enorme fiducia, al punto da chiamarlo “babbo”.
Il governo cominciò allora ad essere esercitato in modo ingiusto, provocando lo scontento del popolo che cominciò a pensare di ribellarsi. Banditi e ribelli sorsero numerosi come le vespe.
IV- Vivevano, a quell’epoca, nel distretto di Jùlù tre fratelli i cui nomi erano Zhāng Jué, Zhāng Bào e Zhāng Liáng.
Zhāng Jué non era riuscito ad ottenere un posto nell’amministrazione dello Stato.(3) Essendosi allora ritirato in montagna a raccogliere erbe medicinali, si vide venire incontro un vecchio dall’aspetto vigoroso, che teneva in mano una canna di arbusto selvatico e che lo invitò ad entrare in una grotta. Qui gli porse tre rotoli di scrittura di origine celeste dicendogli: “Questo libro è intitolato: “L’arte essenziale della Grande Pace”. Se lo imparerai a memoria, potrai proclamare tra la gente gli insegnamenti del Cielo e salvare il mondo. Se invece vorrai ritirarti e non far nulla, ne subirai terribili conseguenze.”
Jué si inchinò e domandò al vecchio come si chiamasse.
Il vecchio rispose: “Sono in realtà il Vecchio Immortale delle Terre del Sud” e, detto questo, si dissolse nell’aria e sparì alla vista.(4)
V – Jué studiò il libro giorno e notte, con vero accanimento. Imparò a dominare vento e pioggia e divenne famoso come il“Maestro Taoista della Grande Pace”.
Nel primo mese lunare del primo anno dell’era Zhōngpíng un’epidemia si diffuse tra la popolazione. Zhāng Jué distribuì alla gente una pozione magica come cura della malattia, poi si autodefinì “ Grande, Virtuoso ed Eccellente Maestro” e raccolse intorno a sé un gruppo di oltre cinquecento discepoli, che sapevano tutti scrivere incantesimi e che si dispersero in tutte le direzioni.
Quando i suoi seguaci raggiunsero un numero enorme, Jué istituì trentasei “capitoli” ( i grandi capitoli avevano oltre diecimila membri, i piccoli tra i sei ed i settemila), a ciascuno dei quali era preposto un “generale”.
Cominciarono allora a diffondersi messaggi misteriosi che dicevano ad esempio: “ Il colore del firmamento sta cambiando.Il cielo si tinge di giallo” oppure “Questo è l’Anno del Topo, il primo anno del ciclo sessagesimale, un presagio grandemente favorevole per il mondo”.(5)
Zhāng Jué ordinò ai suoi seguaci di scrivere con un gessetto bianco i caratteri “Anno del Topo” sulle porte delle loro case.
Gli abitanti di otto province ( Qīngzhōu, Yōuzhōu, Xúzhōu, Jìzhōu, Jīngzhōu,Yángzhōu, Yănzhōu e Yùzhōu) erano acquisiti come un solo uomo alla causa del Grande Virtuoso ed Eccellente Maestro Zhāng Jué.
Jué inviò allora il suo compagno Mă Yuányì ad offrire in segreto denaro e sete preziose all’eunuco Fēng Xŭ per avere un confidente all’interno della corte imperiale.
Conversando con i suoi due fratelli Jué disse loro: “ Il più difficile era guadagnarsi la fiducia della gente, cioè l’affetto del popolo. Ormai il cuore del popolo è con noi. Se non approfittassimo dell’occasione per impadronirci del paese sarebbe un vero peccato”.
Perciò furono subito confezionate in segreto bandiere gialle e fu fissata una data per la sollevazione.
Jué incaricò un suo discepolo,Tāng Zhōu , di recarsi subito da Fēng Xŭ con una lettera per informarlo di ciò che si preparava, ma Tāng Zhōu si presentò invece alle autorità per denunciare i rivoltosi.
L’imperatore ordinò al comandante in capo dell’esercito, Hé Jìn, di inviare i suoi soldati ad arrestare Mă Yuányì , che fu preso e decapitato.
In seguito Hé Jìn fece arrestare anche Fēng Xŭ e la sua banda e li gettò in prigione.
VI- Quando Zhāng Jué seppe che il complotto era stato scoperto, si diede da fare giorno e notte per raccogliere truppe. Si autoproclamò “Generale del Cielo” e nominò Zhāng Bào “Generale della Terra"e Zhāng Liáng “Generale del Popolo”.
Parlavano alle folle dicendo:”La fortuna degli Hàn sta ormai per finire. È apparso il Grande Saggio. Voi e tutti gli altri dovete obbedire alla volontà del Cielo per godere della “Grande Pace”.
Dappertutto la gente si avvolgeva sciarpe gialle intorno alla testa obbedendo ai ribelli di Zhāng Jué, che riunirono così una forza combattente stimabile tra i quattrocentomila ed i cinquecentomila uomini.
L’esercito dei ribelli era molto forte e le truppe imperiali furono sonoramente sconfitte.
A questo punto, il comandante supremo Hé Jìn supplicò l’imperatore di emanare in gran fretta un editto affinchè in ogni provincia si adottassero misure di difesa e si facesse qualcosa per opporsi ai ribelli.
Contemporaneamente inviò i generali della guardia imperiale Lú Zhí, Huángfū Sōng e Zhú Jùn, ciascuno al comando di un corpo di truppe scelte, ad attaccare i ribelli da tre diverse direzioni.
VII – Per ritornare all’esercito di Zhāng Jué, l’avanguardia delle forze ribelli aveva già raggiunto i confini della provincia di Yōuzhōu.
Era, a quel tempo, governatore della provincia Liú Yān, la cui famiglia era originaria di Jìnglíng nel distretto di Jiāngxià. Egli discendeva, tra l’altro, dal principe Gōng di Lŭ, della dinastia degli Hàn.
Quando venne a sapere che le truppe ribelli stavano avvicinandosi, Liú Yān convocò il capitano Zōu Jìng per deliberare sul da farsi. Jìng osservò:” Le forze dei ribelli sono molto numerose e noi abbiamo a nostra disposizione pochi soldati. Occorre quindi, mio signore, agire in fretta e reclutare nuove truppe per poter affrontare il nemico.”.
Liú Yān fu d’accordo con queste considerazioni e fece subito pubblicare un bando per l’arruolamento di volontari.
Una copia del bando fu affissa nel distretto di Zhuō ed attirò l’attenzione di un uomo coraggioso che abitava in quel distretto.
VIII – Questo personaggio non era un intellettuale. Di carattere calmo e riflessivo, era un uomo di poche parole, abituato a non mostrare alcuna emozione. La sua caratteristica fondamentale era una grande ambizione ed il suo primo desiderio era quello di entrare in contatto con le persone più capaci e qualificate dell’impero.
Era alto circa un metro e settantacinque centimetri.(6) Aveva le orecchie molto lunghe e le braccia così lunghe che arrivavano fin sotto le ginocchia. Poteva girare indietro gli occhi in modo da guardarsi le orecchie ed aveva un volto impressionante, con labbra rosse e carnose.
Discendeva dal principe Jĭng di Zhōngshān, Liú Shèng, ed era un lontano pronipote di Sua Maestà l’imperatore Jìn degli Hàn.
Si chiamava Liú di cognome e Bèi di nome. Il suo nome di cortesia era Xuándé.(7)
Una volta, al tempo dell’imperatore Wŭ della dinastia dei Hàn, il figlio di Liú Shèng, Liú Zhēn, aveva ottenuto il titolo di marchese di Zhuōlŭ, ma, successivamente, avendo trascurato di versare il canone annuale dovuto per il mantenimento di questo onore, aveva perso il titolo.
Tali vicende storiche avevano fatto sì che questa branca della famiglia si trovasse ad abitare all’epoca dei fatti che raccontiamo, nel distretto di Zhuō.
Il nonno di Xuándé, si chiamava Liú Xióng, il padre Liú Huóng. Quest’ultimo ottenne un impiego di funzionario locale e cominciò ad esercitare il suo incarico, ma morì in ancor giovane età.
Xuándé, rimasto orfano ancor bambino, si prese cura della madre con grande affetto filiale. La famiglia era povera e, per guadagnarsi da vivere, vendevano sandali per strada ed intrecciavano stuoie di paglia.
Vivevano nel villaggio detto del Grande Gelso nel distretto di Zhuōlŭ. A sud-est della loro casa sorgeva infatti un maestoso albero di gelso, alto più di undici metri, il cui fogliame, visto di lontano, assomigliava al baldacchino di una carrozza. Per questo la gente diceva: “Da questa casa dovrà uscire un grand’uomo”.
IX - Quand’era bambino Xuándé soleva giocare sotto quest’albero con i ragazzi del villaggio e diceva: “Io faccio il Figlio del Cielo, quello che sale sulla carrozza col baldacchino”.
Suo zio Liú Yuánqĭ, ascoltando queste curiose parole, osservò: “ Il ragazzo non è certo una persona ordinaria” e, vedendo che la famiglia di Xuándé non aveva mezzi, spesso dava loro dei soldi.
A quindici anni la madre lo mandò a studiare fuori di casa.
Ebbe per maestri Zhèng Xuán e Lú Zhí e divenne amico di Gōngsūn Zàn.
Quando Liú Yān diffuse il bando di arruolamento, Liú Bèi aveva già compiuto ventotto anni.
Quel giorno lesse il manifesto con grande emozione ed emise un profondo sospiro.
Subito, qualcuno che si era fermato accanto a lui a leggere il bando, osservò con durezza: “Ecco un uomo sano e robusto che non è capace di offrire al paese le proprie energie. Perché sospiri così profondamente?”.
X - Xuándé si voltò sorpreso a guardare l’uomo che aveva parlato.
Era un omaccione di un metro e ottantacinque, dal volto fiero e dall’aspetto di persona ricca ed importante. Aveva una voce tonante ed una presenza imponente.
Xuándé trovò il suo aspetto curioso e gli domandò chi fosse.
“Mi chiamo Zhāng Fēi” rispose l’uomo” ma il mio nome di cortesia è Yìdé. La mia famiglia risiede da molte generazioni nel distretto di Zhuō. Sono un grosso proprietario terriero: vendo vino e macello maiali. Mi piace particolarmente coltivare i rapporti con persone intelligenti e capaci. Ti ho appena visto leggere il bando e sospirare. Proprio per questo te ne ho domandato la ragione.”
Xuándé rispose:“ Io sono un discendente della dinastia Hàn e mi chiamo Liú Bèi. Oggi ho saputo che i Turbanti Gialli si sono ribellati e vorrei distruggere questi banditi, ma non ho i mezzi per farlo. Ecco la ragione per cui mi sono limitato a sospirare profondamente.”.
Fēi gli disse allora:”Io sono un ricco possidente e dispongo di molte risorse. Cercherò di reclutare una milizia di volontari tra i contadini più coraggiosi ed insieme ci accingeremo a questa grande impresa. Che cosa ne pensi?”.
Decisero anzitutto di recarsi insieme alla taverna del villaggio per bere un sorso di vino.
XI - Proprio mentre stavano bevendo, videro passare per strada un uomo di alta statura che spingeva dinanzi a sé un carretto. Arrivato di fronte alla porta della taverna, l’uomo si fermò, entrò e si sedette.
Chiamò il taverniere e gli disse :” Portami in fretta un bicchiere di vino. Sto andando in città ad arruolarmi”.
Era alto più di due metri, con una gran barba che gli scendeva fino a metà del petto. Il volto era di un color rosso acceso, le labbra rosse e carnose, gli occhi scarlatti come quelli di una fenice. Le folte sopracciglia sembravano bachi da seta accartocciati. Appariva forte ed imponente, gigantesco e terrificante.
Xuándé gli si avvicinò e lo invitò a sedersi con lui e con il suo nuovo amico.
Gli domandò chi fosse e l’uomo rispose: “ Mi chiamo Guān Yŭ. Il mio nome di cortesia era Shòucháng, ma ora mi faccio chiamare Yúncháng. Vengo dal distretto di Xièliáng nella regione di Hédōng. Poichè nel mio villaggio d’origine c’era un prepotente che abusava della propria autorità e terrorizzava la popolazione l’ho ucciso e poi, a scanso di guai, sono stato costretto a fuggire ed a darmi alla macchia per cinque o sei anni. Ora ho sentito dire che qui si reclutano volontari per combattere i ribelli e sono venuto con il preciso scopo di arruolarmi”.
A questo punto, Xuándé lo informò delle proprie intenzioni e Yúncháng ne fu felice.
Si recarono poi tutti quanti a casa di Zhāng Fēi per discutere insieme tali importanti questioni.
XII - Fēi disse: “ Dietro casa mia c’è un pescheto, i cui alberi stanno fiorendo proprio in questo momento. Domani andremo nel pescheto e vi compiremo un sacrificio in onore del Cielo e della Terra. Noi tre saremo uniti come fratelli. Congiungeremo le nostre forze per un fine comune e, dopo esserci promessa reciproca fedeltà, potremo progettare grandi imprese”.
Xuándé e Yúncháng risposero con una sola voce:”Questa è un’ottima idea”.
Il giorno dopo,nel pescheto, si prepararono a sacrificare come offerte agli dei un toro nero ed un cavallo bianco. I tre uomini bruciarono incenso e si inchinarono due volte, poi pronunciarono il seguente giuramento:”Noi tre, Liú Bèi, Guān Yŭ e Zhāng Fēi, pur portando cognomi differenti, in realtà siamo uniti come fratelli. Promettiamo di congiungere le nostre forze per un fine comune e di assisterci reciprocamente nei pericoli e nelle difficoltà. Ci innalzeremo a salvare la nazione e ci chineremo a rassicurare i cittadini. Per noi è irrilevante non essere nati lo stesso anno, lo stesso mese e lo stesso giorno; quel che ci importa è morire tutti insieme, se necessario. Per il Cielo Supremo e la Terra Sovrana sia attestato questo nostro impegno. Se dovessimo mai tradirlo, possano gli dei annientarci tutti quanti”.
Pronunciato il giuramento gli altri due si inchinarono di fronte a Xuándé, come dinanzi al fratello maggiore. Guān Yŭ fu considerato il secondo e Zhāng Fēi il terzo.
Venerarono secondo il rito il Cielo e la Terra e sacrificarono un altro toro. Poi fecero portare del vino e radunarono tutti i coraggiosi della zona.
Riunirono così più di trecento uomini ai quali offrirono da bere a volontà nel pescheto finchè non furono tutti ubriachi.
Il giorno dopo si prepararono a mettersi in marcia e distribuirono le armi, ma purtroppo non avevano cavalli da montare.
XIII – Mentre riflettevano sul da farsi, qualcuno riferì che si stavano avvicinando due visitatori accompagnati da un folto gruppo di domestici che si tiravano dietro un branco di cavalli.
Xuándé esclamò:” Questa per noi è proprio una benedizione celeste”.
I tre amici uscirono di casa per andare incontro ai visitatori . Si scoprì che si trattava in realtà di due grossi commercianti di Zhōngshóu, i cui nomi erano rispettivamente Zhāng Shípìng e Sū Shuāng. Ogni anno essi si recavano al nord a vendere cavalli, ma ora erano stati costretti a tornare indietro a causa dell’avanzata dei ribelli.
Xuándé li invitò ad entrare in casa, fece preparare un banchetto in loro onore e li trattò con ogni cordialità. Poi spiegò che intendeva attaccare i ribelli e rassicurare i buoni cittadini. I due ospiti ne furono entusiasti e promisero che avrebbero fornito una cinquantina di buoni cavalli. Offrirono anche, a titolo di finanziamento, diciotto chilogrammi di metallo prezioso ed altrettanti chili d’acciaio (8), materiale buono per fabbricare armi.
Congedati i due ospiti, Xuándé ordinò subito ad un abile fabbro di forgiare per lui un paio di lunghe spade.
Yúncháng si fece forgiare la famosa “Alabarda a falce di luna del Drago Azzurro”, che fu poi detta anche “La Bella Lama Gelata”. Quest’arma pesava ben quarantotto chili.
Zhāng Fēi infine si fece forgiare una lancia d’acciaio temprato lunga oltre quattro metri.
Ciascuno indossava inoltre una corazza che gli proteggeva tutto il corpo.
Dopo aver riunito più di cinquecento volontari si recarono da Zōu Jìng, che li presentò al governatore Liú Yān..
Verso la fine dell’udienza, il governatore e Liú Bèi constatarono che portavano lo stesso cognome. Xuándé menzionò il proprio albero genealogico ed il governatore potè accertare con grande piacere che erano parenti.
XIV – Pochi giorni dopo, fu riferito che Chéng Yuănzhì, uno dei capi dei Turbanti Gialli, stava marciando sul distretto di Zhuō alla testa di cinquantamila armati.
Liú Yān. ordinò a Zōu Jìng di convocare Liú Bèi ed i suoi due amici, alla testa dei loro cinquecento volontari, perchè affrontassero i ribelli.
Xuándé ed i suoi due compagni obbedirono con entusiasmo e fecero avanzare direttamente le loro truppe fino alle colline di Dàxīng dove incontrarono le schiere dei ribelli. Questi avevano tutti i capelli incolti e sciarpe gialle avvolte intorno alla testa.
Immediatamente i due eserciti si fronteggiarono.
Xuándé spronò il cavallo contro il nemico, fiancheggiato da Yúnchang, a ádestra, e da Yìdé, a sinistra, ed agitando il frustino insultava a gran voce i ribelli: “Banditi, traditori, nemici del paese, fareste meglio ad arrendervi subito”.
XV - Chéng Yuănzhì si infuriò grandemente nel sentire queste parole ed ordinò al suo luogotenente Dèng Mào di attaccare battaglia.
Zhāng Fēi mise in resta la sua lunga lancia e la tenne ferma con mano salda colpendo Dèng Mào in pieno petto e rovesciandolo dal cavallo.
Allora Chéng Yuănzhì, dopo aver visto che Dèng Mào era stato disarcionato, spronò il cavallo brandendo alta la spada e si gettò direttamente su Zhāng Fēi, ma Yúncháng roteò la sua lunga alabarda e si lanciò al gran galoppo contro di lui.
Disorientato da questo inatteso attacco, Chéng Yuănzhì non riuscì a reagire in tempo e fu tagliato letteralmente in due da un fendente dell’alabarda di Yúncháng.
XVI - I posteri scrissero in onore dei due valorosi il seguente poema:
“ Quella mattina gli eroi snudarono le lame appuntite:
uno saggiò la lancia, il secondo provò la sua alabarda.
Al primissimo scontro mostrarono tutta la loro forza.
I nomi dei tre amici sono ormai divenuti leggendari”.
XVII - Vedendo che Chéng Yuănzhì era stato tagliato a pezzi, le schiere dei ribelli gettarono le armi e fuggirono in disordine.
Xuándé guidò le sue truppe all’inseguimento e fece innumerevoli prigionieri.
Quando ritornarono trionfanti, Liú Yān venne personalmente a congratularsi con loro ed a ricompensare con doni i soldati più valorosi.
Il giorno successivo ricevettero un messaggio del governatore di Qīngzhōu, il quale li avvertiva che i Turbanti Gialli avevano circondato la città e stavano per conquistarla. Egli pregava di venirgli in aiuto.
Liú Yān ne parlò con Xuándé, che si dichiarò pronto a partire in soccorso degli assediati.
Allora il governatore ordinò a Zōu Jìng di mettersi alla testa di cinquemila uomini e di marciare su Qīngzhōu insieme con Xuándé, Guān e Zhāng.
I ribelli videro arrivare l’esercito inviato in aiuto agli assediati, distolsero dall’assedio una parte delle loro forze ed attaccarono i sopravvenuti con impeto disordinato.
I soldati venuti con Xuándé, molto meno numerosi, non potevano vincere. Così si ritirarono di circa quindici chilometri e si accamparono per la notte.
Xuándé riunì un consiglio di guerra con Guān e Zhāng ed osservò:”I ribelli sono numerosi, mentre noi siamo pochi. Solo ricorrendo ad uno stratagemma riusciremo a vincere”.
Diede perciò ordine al comandante Guān di nascondersi con mille uomini dietro una collina situata a sinistra dell’accampamento ed a Zhāng Fēi di appiattarsi con altri mille soldati dietro un’altra collina sulla destra. Al suono dei gong sarebbero saltati fuori tutti insieme.
XVIII - Il giorno dopo Xuándé e Zou Jìng schierarono le loro truppe e le fecero avanzare tra grandi strepiti e rulli di tamburo. Quando le masse ribelli gli si avventarono contro, Xuándé ordinò ai suoi di battere in ritirata. I ribelli si lanciarono all’inseguimento, ma avevano appena attraversato la cresta di una collina, quando tutti i gong delle truppe di Xuándé suonarono insieme il segnale dell’attacco.(9) I due distaccamenti nascosti a sinistra e a destra saltarono fuori contemporaneamente alle spalle del nemico, mentre Xuándé ordinava alle truppe sotto il suo comando diretto di fare immediatamente dietro-front e di affrontare a loro volta i ribelli. Questi ultimi, assaliti contemporaneamente da tre direzioni furono sbaragliati e vennero inesorabilmente ricacciati fin sotto le mura di Qīngzhōu. A questo punto anche il governatore Gōng Jĭng guidò le sue milizie in una sortita fuori della città per aiutare a risolvere il combattimento. Moltissimi ribelli furono uccisi e le forze ribelli, gravemente sconfitte, furono costrette ad abbandonare l’assedio di Qīngzhōu..
XIX - I posteri composero in onore di Xuándé il seguente poema:
“ Egli concepì un piano decisivo di ispirazione divina.
Anche due tigri devono cedere dinanzi ad un drago.
Appena sceso in campo fu capace di fare meraviglie.
Era naturale che beneficasse i poveri e i diseredati.”
XX – Quando Gōng Jĭng ebbe finito di ricompensare le truppe vittoriose, Zōu Jìng voleva ritornare alla base. Xúandé allora disse: “ Ho sentito di recente che il comandante delle guardie imperiali Lú Zhí ed il capo ribelle Zhāng Jué si stanno affrontando nel Guăngzōng Lú Zhí è stato il mio maestro. Vorrei andare ad aiutarlo”.
Così Zōu Jìng riportò indietro le proprie truppe, mentre Xúandé, Guān e Zhāng si dirigevano con il nucleo delle loro forze ,che era di appena cinquecento uomini, verso il Guăngzōng.
Arrivarono all’accampamento di Lú Zhí e si diressero alla sua tenda per salutarlo.
Lú Zhí fu molto contento del loro arrivo e si trattenne dinanzi alla tenda per ascoltare la loro storia.
In quel periodo, le truppe ribelli agli ordini di Zhāng Jué contavano centocinquantamila uomini, mentre le truppe di Lú Zhí ammontavano a circa cinquantamila soldati. I due eserciti si combattevano nel Guăngzōng senza che nessuno dei due fosse riuscito a prevalere nettamente sull’altro.(10)
Zhí chiamò a sé Xúandé e gli fece la seguente proposta: “ Noi teniamo ora bloccato il capo ribelle in questa zona ma i suoi fratelli minori Zhāng Liáng e Zhāng Bào fronteggiano i nostri generali Huángfū Sōng e Zhū Jùn nel Yĭngchuán. Tu potresti avanzare con le tue truppe, cui io aggiungerei come aiuto un migliaio di soldati imperiali, fino a Yĭngchuán per valutare sul posto la situazione e per stabilire quanto tempo ci vorrà per circondare e catturare il nemico”.Xúandé obbedì e fece marciare le sue truppe di notte per arrivare il più presto possibile a Yĭngchuán.
XXI- In quel momento, Huángfū Sōng e Zhū Jùn stavano attaccando i ribelli, i quali erano sulla difensiva.
I ribelli si erano ritirati a Chángshè ed avevano dovuto costruire capanne di paglia per potersi accampare.
Sōng e Jùn idearono un piano:” I ribelli hanno utilizzato la paglia per costruire il loro accampamento e noi useremo il fuoco per attaccarlo.”.
Ordinarono perciò ai soldati di avvicinarsi di nascosto all’accampamento nemico dopo aver raccolto ciascuno un fascio di sterpi secchi.
Quella notte si mise a soffiare improvvisamente un forte vento.
Dopo il secondo turno di guardia, i soldati diedero fuoco tutti insieme ai loro fasci di sterpi. Sōng e Jùn guidarono ciascuno all’assalto le proprie truppe.
L’accampamento dei ribelli cominciò ad ardere e le fiamme salirono fino al cielo. Le schiere dei ribelli furono colte dal panico e fuggirono in tutte le direzioni senza neppure tentare di afferrare le armi, senza neppure sellare i cavalli. La strage durò fino all’alba quando i superstiti delle truppe di Zhāng Liáng e di Zhāng Bào, fuggendo a perdifiato da tutte le parti, riuscirono finalmente ad allontanarsi.
XXII –Improvvisamente i fuggitivi videro sventolare dinanzi a sé le bandiere rosse di un reggimento di cavalleria che, quando arrivò sul posto, precluse loro ogni via di fuga.
Comandava questo reparto un uomo alto circa un metro e settantacinque, che aveva gli occhi sottili ed una lunga barba. Aveva il grado di comandante di cavalleria ed era originario del distretto di Qiáo Jùn nella regione di Pèi. Il suo cognome era Cáo, il nome Cāo, il nome di cortesia Mèngdé. Il cognome originale di suo padre era stato Xiàhóu, ma quando era stato adottato dal segretario dell’imperatore, Cáo Téng, aveva sostituito con Cáo il suo precedente cognome. Cāo, il figlio di Cáo Sōng, si chiamava da piccolo Āmán. Un altro nome con cui era conosciuto era Jílì.
Da ragazzo Cāo amava andare a caccia e gli piaceva cantare e ballare. Era astuto e molto malizioso. Un suo zio aveva notato che il ragazzo era sempre in giro e, non approvando questo comportamento, ne aveva parlato a Cáo Sōng. Il padre cominciò allora a rimproverare Cāo che, all’improvviso, ebbe un’idea geniale. Una volta, vedendo avvicinarsi lo zio, si lasciò cadere a terra agitandosi scompostamente come se fosse stato colto da un attacco di epilessia. Lo zio, spaventato, corse ad avvertire il padre, ma quando questi giunse trafelato a vedere che cosa fosse successo trovò Cāo tranquillo e sorridente. Sōng disse a suo figlio:” Tuo zio mi ha riferito che hai avuto un attacco di epilessia. Come stai ora?”. Cāo rispose: “ Dovrei anzitutto precisare che non ho mai sofferto di questa malattia e che, se lo zio va dicendo su di me cose inesatte, è perchè non si cura assolutamente di me”. Sōng credette alle parole del figlio e, da allora in poi, quando il fratello gli diceva di aver visto Cāo bighellonare fuori casa, non gli prestava più fede. In questo modo Cāo riuscì a fare liberamente tutto ciò che voleva.
XXIII- Viveva a quell’epoca un uomo chiamato Qiáo Xuán che domandò a Cāo: “L’impero sta precipitando nel disordine e ci vorrà davvero un uomo di capacità eccezionali per salvarci. Sarai tu l’uomo che ristabilirà la pace e l’ordine?”.
Quando Hé Yóng di Nányáng rese visita a Cāo, osservò: “ La Casa degli Hàn sta per andare in rovina, ma ho appena incontrato chi, senza dubbio, pacificherà l’impero”.
Xù Shào di Rŭnán aveva fama di essere un profondo conoscitore di caratteri. Cāo andò a trovarlo e gli domandò: “Che tipo di uomo sono io?”. Shào non rispose. Quando Cāo gli ripetè la domanda, disse: “Un abile ministro in tempi di pace, un abile intrigante in tempi di disordine”.
Cāo ascoltò queste parole con gran gioia.
A vent’anni fu nominato funzionario per meriti di onestà e di rispetto filiale e poi trasferito a Luòyáng come comandante del quartiere nord della città. Non appena assunto l’incarico fece subito affiggere alle quattro porte del suo settore più di dieci tavolette multicolori nelle quali annunciava che tutti coloro che avessero violato una norma ne avrebbero portato la responsabilità senza poter invocare né prestigio né ricchezza.
Una notte, durante una ronda, Cāo sorprese lo zio di Jiăn Shuò, l’assistente personale dell’imperatore, che andava in giro armato di una spada dopo il coprifuoco e lo fece bastonare. Per questo né i cittadini né i forestieri osavano più contravvenire alle regole e Cāo acquisì fama di grande severità.
Più tardi fu nominato governatore di Dùnqiū.
A causa della ribellione dei Turbanti Gialli, fu fatto comandante di cavalleria e messo alla testa di cinquemila uomini, con i quali doveva recarsi a Yĭngchuán per portare soccorso alle truppe imperiali.
Proprio al momento del suo arrivo, Zhāng Líang e Zhāng Bào erano stati sconfitti e volti in fuga. Cáo Cāo intercettò i fuggitivi e ne fece grande strage, uccidendone più di diecimila. Catturò anche un gran numero di bandiere, di gong, di tamburi e di cavalli. Tuttavia, Zhāng Liáng e Zhāng Bào riuscirono a sfuggire al massacro.
Dopo aver reso visita a Huángfū Sōng e a Zhū Jùn , Cáo Cāo lanciò subito le proprie truppe all’inseguimento di Zhāng Liáng e Zhāng Bào.
XXIV- Parliamo ora di Xúandé, che si stava recando a Yĭngchuán con Guăn e Zhāng.
Sentirono lo strepito di una battaglia e videro in lontananza fiamme che si levavano fino al cielo. Condussero rapidamente le loro truppe in quella direzione, ma ,quando arrivarono sul posto, i ribelli erano già stati sconfitti e dispersi.
Xúandé si presentò a Huángfū Sōng e Zhū Jùn e riferì loro i piani di Lú Zhí . Fū gli disse: “ Le forze di Zhāng Liáng e di Zhāng Bào sono ormai ridotte a ben poca cosa. Sarebbe meglio che tu ritornassi nel Guăngzōng per vedertela con Zhāng Jué, anzi, caro Xúandé, per esserci veramente utile dovresti ritornare là il più presto possibile”.
XXV- Xúandé diede immediatamente ordine alle sue truppe di ritornare nella direzione da cui erano venute.
Arrivati a metà strada, incontrarono un drappello di cavalieri che scortava un cellulare nel quale era rinchiuso un uomo. Ora, il prigioniero non era altri che Lú Zhí in persona.
Xúandé fu molto scosso da questo incontro e, smontato rapidamente da cavallo, gli domandò cosa fosse successo.
“Avevo già circondato Zhāng Jué”rispose Lú Zhí ” e stavo quasi per distruggerlo, ma lui ha fatto ricorso alla magia, e così non ho potuto ottenere subito la vittoria. L’eunuco Zuŏ Fēng, che è stato inviato qui dalla Corte per sapere che cosa stava accadendo, mi ha chiesto dei soldi, ma io gli ho risposto:” I soldi non mi bastano nemmeno a comprare i viveri per le truppe, dove potrei trovarne per corrompere l’inviato dell’Imperatore?”. Zuŏ Fēng non ha per nulla apprezzato la mia risposta ed ha riferito alla Corte che io mi ero rintanato dietro le alte mura di una fortezza senza alcuna voglia di attaccare battaglia e che mancavo di spirito combattivo.La Corte si è infuriata per questo ed ha mandato il generale della guardia Dŏng Zhuó a rimpiazzarmi nel comando. Mi hanno arrestato ed ora mi stanno riportando alla capitale per processarmi."
XXVI- Non appena Zhāng Fēi ebbe ascoltato queste parole, si infuriò grandemente e voleva fare a pezzi i soldati della scorta per liberare Lú Zhí, ma Xuándé si affrettò a trattenerlo dicendogli: “ Come puoi essere così impulsivo? Non ti rendi conto che il governo imperiale ha l’appoggio del popolo?”.
I soldati circondarono di nuovo Lú Zhí e ripresero il cammino.
Il comandante Guān osservò: “Il generale della guardia Lú è stato arrestato ed un altro comanda ormai le sue truppe. Se noi ci uniamo a loro, non avremo nessuno su cui contare. In queste condizioni, sarebbe meglio tornare al distretto di Zhuō".
Xuándé seguì il suo suggerimento e condusse subito i suoi soldati verso il nord.
XXVII- Non avevano ancora compiuto due giorni di cammino quando sentirono urla e strepiti da dietro le colline.
Xúandé, Guān e Zhāng galopparono verso la cima di una collina per vedere che cosa stesse accadendo. Videro che le truppe degli Hàn erano in rotta e che monti e pianure formicolavano di Turbanti Gialli che le stavano inseguendo. Sulle loro bandiere stava scritto a grandi caratteri:“Il Generale del Cielo”. ”È Zhāng Jué” esclamò Xúandé “ Presto! Corriamo a combattere!".
XXVIII- Lanciatisi al galoppo, i tre trascinarono le loro truppe nella battaglia proprio mentre Zhāng Jué stava annientando Dŏng Zhuó . La loro improvvisa carica disorientò le schiere di Jué che fuggirono per più di venticinque chilometri. Così i tre salvarono Dŏng Zhuó , che poté rioccupare le sue precedenti posizioni.
Dŏng chiese ai tre quale fosse il loro grado nell'esercito. “Semplici cittadini che ci siamo portati volontari” rispose Xúandé. Da quel momento Dŏng Zhuó , accortosi che non aveva a che fare con personaggi importanti, non si curò più di loro.
Xúandé finse di non farci caso e si allontanò, ma Zhāng Fēi si infuriò:” Noi ci siamo gettati in una battaglia sanguinosa per salvare questo cialtrone e lui non ci dice nemmeno grazie. Se non lo uccido, scoppierò di rabbia”, e voleva tirar fuori la spada e precipitarsi nella tenda per uccidere Dŏng Zhuó. .
È proprio vero: Le passioni dominavano l’uomo nell’antichità come al giorno d’oggi. Si sarebbe mai potuto immaginare che un cittadino qualunque potesse compiere imprese eroiche? Un uomo franco e leale come Yìdé sarebbe mai riuscito ad eliminare tutti gli impostori di questo mondo?
Alla fine, Dŏng Zhuó se la caverà? Continuate a leggere e lo saprete.
Note
(1) La dinastia Zhōu,che era succeduta alla dinastia Shāng nel 1046 a.C., regnò formalmente sino al 256 a.C., quando gli ultimi eredi rinunciarono a rivendicare un titolo che era ormai privo di qualsiasi consistenza. Nei successivi trent’anni Chéng, re di Qín, riuscì a conquistare gli altri regni e creò, nel 221 a.C. , la dinastia Qín, che durò sino al 206 a.C. Dopo alcuni anni di lotta tra i regni di Hàn e Chŭ, Gāozŭ creò nel 202 a.C. la dinastia degli Hàn. Questa dinastia fu interrotta nel 9 a.C. dall’usurpazione di Wáng Măng, che riuscì a mantenere il potere sino al 23 d.C. Nel 25 d.C. Guāngwŭ riportò sul trono la dinastia Hàn, che nel 220 d.C. lasciò il posto a tre regni: Shŭ Hàn, Cáo Wèi e Sūn Wú. Nel 280 d.C. l’intero paese fu di nuovo riunificato sotto la dinastia Jìn.
(2) L’imperatore Huán regnò dal 146 d.C. al 168 d.C. L’imperatore Líng regnò dal 168 d.C. al 189 d.C.
3) Il testo originale dice qui che Zhāng Jué non era riuscito a diventare “xiùcái”. Il termine “xiùcái” 秀才 (letteralmente:“talento fiorente") indicò, a partire dal 605 d.C., i diplomati degli “esami imperiali” per l’accesso al pubblico impiego. In epoca anteriore, designava semplicemente i letterati che , per le loro capacità ed il loro sapere, erano stati chiamati a ricoprire cariche pubbliche.
4) Il titolo in questione fu conferito, per così dire retroattivamente, nel 742 d.C., dall’imperatore Xuánzōng della Dinastia Táng al filosofo taoista Zhuăng Zĭ vissuto nel IV° secolo a.C.
(5) Gli slogan propagandistici di Zhāng Jué sfruttano abilmente due diffuse credenze popolari.
Il primo si richiama alla dottrina delle Cinque Fasi (Wŭ Xíng 五 行), secondo cui tutto ciò che avviene nel mondo è regolato da un preciso ordine che prevede la successione ciclica di cinque elementi: Legno, Fuoco, Terra, Metallo, Acqua, a ciascuno dei quali è legato, tra l’altro, un distinto colore: ad es. il rosso per il Fuoco, il giallo per la Terra. Scegliendo come proprio colore il giallo, Zhāng Jué si presentava come successore della dinastia Hàn, il cui colore simbolico era il rosso.
Il secondo fa invece riferimento al calendario cinese, che è diviso in cicli di sessant’anni. L’inizio di ogni ciclo sessagesimale veniva salutato come l’apertura di un periodo di sviluppo e di rinnovamento, un po’ come accade da noi per l’inizio di un nuovo secolo. L’Anno del Topo (184 d.C.) era il primo anno di un nuovo ciclo e costituiva dunque un buon presagio per cambiamenti politici di grande importanza.
(6) I tre eroi del romanzo sono tutti di alta statura. Probabilmente l’autore ha inteso sottolinearne la differenza anche fisica rispetto alla gente comune che, a quei tempi, non superava in genere il metro e mezzo d’altezza.
(7) Fino a qualche tempo fa, le regole dell’etichetta cinese consideravano scorretto rivolgersi ad una persona con il suo vero nome. A ciascuno veniva perciò attribuito, per i rapporti sociali, un “nome di cortesia” (“zĭ”). Il nome di cortesia di Liú Bèi “Xuándé” ricorda il “Potere Arcano” che, secondo Láo Zĭ, è il principio vitale del Dào, ed ha quindi un chiaro valore simbolico
(8) A rigore, il termine “bīntiĕ” 鑌 鐵 , qui usato dall’autore, non può essere inteso nel senso che indichi il vero e proprio “acciaio”, il cui procedimento di fusione fu conosciuto in Cina solo parecchi secoli dopo il periodo storico di cui tratta il Romanzo dei Tre Regni.
(9) Lo stratagemma di Xuándé risulta particolarmente astuto perché, utilizzando il suono dei gong che ordinano la ritirata alle truppe schierate di fronte ai ribelli anche come segnale d’attacco per i soldati posti in agguato ai fianchi del nemico (mentre l’assalto era normalmente ordinato facendo rullare i tamburi), permette a costoro di giungere alla spalle dei ribelli senza che questi ultimi si accorgano di essere caduti in un'imboscata.
(10) La situazione di stallo nonostante la grande disparità di forze si spiega facilmente con il fatto che le truppe imperiali erano ben armate ed ottimamente addestrate mentre i ribelli erano masse di contadini armati di falci e di bastoni e privi di qualsiasi addestramento e disciplina.