È curioso notare come nella poesia che segue, intitolata “Poema scritto sulla torre della porta dopo una notte trascorsa nel monastero del Monte Héng ( 謁 衡 嶽 廟 遂 宿 嶽 寺 提 門 樓 Yè Héng Yuè Miào Suì Sù Yuè Sì Tí Mèn Lóu), si ritrovi una tecnica compositiva, riscontrabile spesso anche nelle liriche di Lĭ Bái, che potremmo senza difficoltà definire “cinematografica”.
Cominciamo infatti con un “campo lunghissimo”, una visione dall’alto dell’intera Cina, dalle cui pianure emergono le cinque montagne sacre, per passare subito dopo ad un “campo lungo” quando l’attenzione si concentra su uno di questi picchi, il Monte Héng, avvolto da nuvole e nebbia. Nel grandioso paesaggio non c’è ancora alcuna traccia di uomini.In seguito,si penetra,gradualmente ,in un “campo medio”: ci accorgiamo che, sullo sfondo delle gigantesche montagne, si muove una minuscola figura umana che a poco a poco si ingrandisce ed assume contorni più definiti. Vediamo un pellegrino avanzare per il sentiero alpestre in sella ad un cavallo o ad un asino, lo vediamo scendere dalla cavalcatura, camminare per un viale, entrare in un santuario, costeggiarne i muri affrescati, salire le gradinate di un tempio. L’uomo diventa sempre più grande mano a mano che l’ambiente che lo circonda rimpicciolisce. Quando entra nella sala del tempio ed incontra un vecchio monaco che gli predice il futuro siamo al “campo totale”: le figure umane sono ormai prevalenti rispetto all’ambiente, che appare sfocato e pressoché irrilevante. A questo punto passiamo, alla “figura intera” ed il pellegrino diventa l’unico protagonista della scena. Un “primo piano”, un “primissimo piano”, un “particolare” ci mostrano l’espressione del suo volto mentre riflette e medita sui valori dell’esistenza umana.L’arrivo della notte può bene essere immaginato come una “dissolvenza”.Il mattino dopo ritroviamo ,utilizzato a ritroso, lo stesso procedimento: dal “primo piano” del pellegrino che quietamente si risveglia passiamo al “campo totale” della celletta in cui ha trascorso la notte,poi ,attraverso la finestrella, un “campo medio”, suggerito dai suoni più che mostrato, ci permette di vagare per il monastero dove la vita dei monaci è scandita dal sereno rintocco delle campane e per i boschi circostanti in cui squittiscono le scimmie , per terminare con un “campo lunghissimo”puntato sulla luna che sta svanendo e sul sole che spunta lontano all’orizzonte.
Dal punto di vista contenutistico, possiamo distinguere nella poesia due elementi: la descrizione del paesaggio e la riflessione morale, anche se in realtà la prima non appare autonoma, ma si presenta piuttosto come una cornice che inquadra la seconda, un prologo che introduce lentamente l’argomento principale.
Il vero tema della poesia è in effetti una sorridente e garbata riflessione sul senso della vita. Sappiamo che Hán Yù è stato degradato e trasferito nella remota regione del Monte Héng e che ciò ha comportato il crollo di tutti i suoi sogni di carriera nonché una drastica riduzione delle sue risorse finanziarie. Il pellegrinaggio al Monte Héng ed il ricorso alla divinazione ci appaiono come un pretesto per interrogarsi sul destino.Può il nostro poeta considerarsi un fallito, un disgraziato, un infelice?. La risposta è “no”. Hán Yù è costretto, anche se a denti stretti, a dar ragione al vecchio bonzo che gli ha predetto “grande fortuna” e giunge a questa conclusione sulla base di tre considerazioni che conducono sostanzialmente allo stesso risultato.
In primo luogo, egli deve riconoscere che la vita è un bene in “sé”. Si potrebbe forse considerare la morte come un male, ma il semplice fatto di essere costretto a vivere lontano dalla capitale, in una provincia povera ed arretrata, non è che un “accidente”e non può togliere valore ad un’ esistenza che il saggio sa apprezzare e rendere degna indipendentemente dalle circostanze contigenti.
In secondo luogo, anche la scarsità di beni materiali è irrilevante. Può chi si ispira alle nobili massime di Confucio. dichiararsi infelice e disgraziato perché manca del superfluo? Il poeta ammette che non soffre la fame e che non va in giro nudo.Può forse affermare che si sentirebbe felice e fortunato solo se disponesse di uno sfarzoso guardaroba e di una cucina traboccante di cibi prelibati? Evidentemente no.
Che cosa si deve infine pensare del fallimento delle ambizioni professionali?. Il nostro poeta si è forse dedicato alla funzione pubblica nella speranza di accumulare privilegi ed onori, fama e ricchezze o lo ha fatto per servire lealmente lo Stato e per giovare ai suoi concittadini? Nel secondo caso, non fa alcuna differenza che egli sia chiamato a svolgere le sue funzioni presso la Corte imperiale o in una remota sede provinciale.
Non c’è quindi alcuna ragione perché egli ritenga di non essere “fortunato”, visto che una vita onesta, decorosa e socialmente utile è senz’altro una “fortuna”.
Sentiamo però che l’argomentazione logica non lo soddisfa completamente, che egli cerca ancora qualcosa.
Di che cosa si tratti, lo scopriremo il mattino successivo.
Dopo una notte trascorsa nella quiete del monastero, in un placido sonno cullato dai rintocchi delle campane e dai suoni della foresta, il poeta si sveglia senza affanni e,vedendo sorgere lentamente il sole sulla linea dell’orizzonte, si sente in piena e gioiosa comunione con la natura. La previsione del vecchio bonzo si è avverata.
POEMA SCRITTO SULLA TORRE DELLA PORTA (1) DOPO UNA NOTTE TRASCORSA NEL MONASTERO DEL MONTE HÉNG (2)
Alti s’ergono i Cinque Picchi, (3)
nobili al pari dei Tre Duchi.(4)
Quattro disegnano un cerchio
ed il Monte Sōng ne è il centro.(5)
Nella terra ove regna il fuoco,(6)
tra le masnade di spiriti,(7)
un solo eroe ebbe dal Cielo
dono di potere divino.(8)
Nuvole e nebbia nascondono
per metà i fianchi del monte,
più non se ne vede la cima,
ben pochi ancora la scorgono.(9)
Proprio d’autunno son venuto,
nella stagione delle pioggie.
Il cielo è coperto, fa scuro,
il bel tempo è solo un ricordo.
Mi raccolgo in silenzio e prego,
come se attendessi risposta.
Perché una preghiera sincera
non dovrebbe essere ascoltata
e perché mai non dovrebbero,
fra un istante, riemergere,
nitide, tutte le montagne?
Le vedo, d’ un tratto, stagliarsi
come colonne nell’azzurro:
il Baldacchino di Porpora (10)
fiancheggia il Pilastro del Cielo,(11)
mentre il Granaio di Pietra
si innalza ad emulare il Zhù Róng. (12)(13)
Sembra una foresta di rocce,(14)
che m’emoziona e mi commuove.
Smonto dalla cavalcatura
per visitare il monastero.
Un viale di pini e di cedri
mi conduce rapido al tempio.
Muri e pilastri purpurei
rifletton vivaci colori.
Affreschi d’angeli e demoni
sono macchie di rosso e di blu.
Salgo i gradini e chino il capo.
Offro del vino, della frutta.
I miei sentimenti son puri
per quanto sian miseri i doni.
Nel santuario il vecchio monaco
conosce i voleri divini.
Mi guarda stupito, s’inchina,(15)
poi mi porge le mezzelune (16)
per fare la divinazione,
mi mostra come si gettano
e predice:”Grande Fortuna”,
malgrado le mie perplessità (17).
Sono in esilio tra i barbari,
in una terra desolata,
ma sono pur sempre vivo.
Gli abiti mi bastano appena.
Cibo? Lo stretto necessario.
Son quello che ha sempre lodato
la virtù della frugalità.
Diventar marchese o principe,
generale, primo ministro?
Quando mai l’ho desiderato?
Se un buon dio vuole benedirmi,
che potrebbe fare di meglio?
Passo la notte in una cella
all’interno del monastero.(18)
La luna e le stelle occhieggiano
nascoste dietro le nuvole
all’appressarsi del mattino,
,
ma, tra le urla delle scimmie
e i rintocchi delle campane,
neppure m’accorgo dell’alba
mentre, con tremulo brillio,
spunta il sole laggiù in oriente.
NOTE
1) L’abitudine di scrivere sui muri non conosce confini né di tempo né di spazio. Anche in Cina essa era largamente praticata, come ci mostra questo esempio, fin dall’epoca dei Táng, se non da molto tempo prima. Non tutti i “graffitari” avevano però il talento di Hán Yù. Un poeta dell’epoca Míng, Méi Zhīhuàn 梅 之 渙 , si lamenta infatti di aver visto le pareti della tomba di Lĭ Bái imbrattate di sproloqui in versi lasciati da poetastri che “maneggiavano l’ascia dinanzi alla casa di Lŭ Bān” 魯 班 (“maneggiare l’ascia dinanzi alla casa di Lŭ Bān”, che fu famoso come falegname senza pari, è diventata col tempo un’espressione usuale per indicare la presunzione e la vanagloria). Scrivere sui muri poteva però anche essere assai rischioso. Sòng Jiāng 宋 江 , uno dei protagonisti del famoso romanzo 水 滸 傳 “Shŭi hŭ zhuàn”(“Sul bordo dell’acqua”,pubblicato in Italia con il titolo “I Briganti”). rischia infatti la decapitazione per aver scritto sulle pareti di una taverna delle poesie giudicate sovversive.
2) Hán Yù (768 d.C.-824 d.C.) fu un acceso confuciano, precursore del Neoconfucianesimo. Nell’819 d.C. fu esiliato a Cháozhōu 潮 州 nel Guāndōng 關 東 per aver scritto un “Memoriale sulle reliquie del Buddha” in cui protestava vivacemente contro l’influenza buddhista nel paese fino al punto di apparire irrispettoso verso l’imperatore. Risale certamente a questo periodo d’esilio la sua visita al Monte Héng 衡 山, situato presso Héngyáng 衡 陽 nella regione del Hunan 湖 南 , e quindi distante solo qualche centinaio di chilometri da Cháozhōu.
3) Le Cinque Montagne Sacre del Taoismo sono: il Monte Héng 恆 山 a Nord, il Monte Tài 泰 山 ad Est , il Monte Huá 華 山 ad Ovest , il Monte Sōng 嵩 山 al Centro ed il Monte Héng 衡 山 a Sud. Wèi Yuán (1794-1856) 魏 源 , poeta dell’epoca Qīng, così li descrive:”Il Monte Héng del Nord sembra camminare, il Monte Tài è seduto, il Monte Huá è ritto in piedi, il Monte Sōng è disteso ed il Monte Héng del Sud sembra volare”.
4) I Tre Duchi ( 三 公 “Sān Gōng”), detti anche le Tre Eccellenze, erano i tre principali ministri all’epoca della dinastia Hàn: il Gran Comandante (太 尉 “Tàiwèi”), il Ministro delle Masse (司 徒 “Sītú”) ed il Ministro dei Lavori (司 空 “Sīkōng).
5) Le Montagne Sacre formano una figura, che può essere disegnata come un quadrato od un cerchio, in cui ciascuna di esse rappresenta un punto cardinale. Il Monte Sōng è situato al centro di questa figura.
6) Nel sistema delle “Cinque Fasi”( 五 行 “wŭ xíng”) o dei “Cinque Elementi” tutto l’universo veniva riportato all’interazione di cinque elementi: Terra, Acqua, Metallo, Legno, Fuoco ( 土 “Tŭ”, 水 “Shuĭ”, 金 “Jīn”, 木 “Mù”, 火 “Huŏ”), a ciascuno dei quali si ricollegavano determinati aspetti della vita umana. Al Fuoco si ricollegavano ad esempio il Sud, il rosso, la dinastia Hàn, ecc.
7) Si pensava che le zone deserte fossero abitate dagli “yāoguài” 妖 怪 o “yāomó” 妖 魔 , spiriti animali malevoli o esseri celesti caduti, che avevano acquistato poteri magici attraverso la pratica del taoismo.
8) Il poeta si riferisce qui al Monte Héng ( 衡 山“Héngshān”) nel Húnán 湖 南, la montagna sacra del Sud, venerata anche dai Buddhisti. Il grande tempio che si erge ai suoi piedi si chiama Nányuè Dàmìào 南 岳 大 廟 . Costruito nel 725 d.C., esso ospitò fin dall’inizio anche dei santuari buddhisti.
9) A causa dell’umidità che si leva dal bacino di Héngyáng 衡 陽 e dal fiume Xiāng 湘 , la cima del monte è quasi sempre coronata di nuvole dette poeticamente “il fumo del Monte Héng”.
10) Intorno al monte Héng si innalzano ben 72 cime, chiamate dagli antichi poeti “ i 72 fiori di loto che si innalzano verso il cielo”. Le cinque più importanti sono il Zhùróng 祝 融 , lo Zĭgài 紫 蓋 (“Baldacchino di Porpora”), il Tiānzhù 天 柱 (“Pilastro del Cielo”), lo Shílĭn 石 廩 (“Granaio di Pietra”) e lo Yúnmì .雲 密
11) Il Picco“Tiānzhù” 天 柱 峰 o “Pilastro del Cielo” è una delle cime che si ergono intorno al Monte Héng. Non va confuso con il Monte Tiānzhù 天 柱 山 situato nell’Ānhuī 安 徽 , che fu designato come Montagna Sacra del Sud, al posto del Monte Héng, dall’Imperatore Wŭ Dì 漢 武 帝 nel 106 a.C. L’imperatore Wén 文 帝 (581 d.C-604 d.C) della dinastia Suí 隋 朝 riattribuì tale titolo al Monte Héng. Da quell’epoca, il Tiānzhù dell’Ānhuī è spesso denominato “L’Antica Montagna Sacra del Sud”.
12) Il Picco Zhùróng 祝 融 峰 porta il nome di un eroe leggendario che sarebbe vissuto all’epoca dell’Imperatore Giallo e che era venerato già nel periodo anteriore alla dinastia Qín 秦 朝 come divinità del fuoco e reggitore dei territori del sud. Zhùróng avrebbe trovato il modo di conservare acceso il fuoco per lungo tempo, mentre l’inventore del metodo per produrre il fuoco mediante lo sfregamento di due legnetti sarebbe stato Suìrén 燧 人 , che alcuni antichi testi considerano come uno dei Tre Augusti (皇 “huáng”).
13) La traduzione letterale dei versi precedenti suonerebbe pressappoco così :“ Il Baldacchino di Porpora si prolunga e si stende fino a toccare il Pilastro del Cielo, il Granaio di Pietra si innalza lanciando in alto cumuli di massi fino al Zhù Róng”.
14) Ho interpretato in questo modo l’espressione 森 然 “ sēn rán”. Il termine “rán” può infatti avere il significato di “simile a “, cosicché “sēn ran” può essere tradotto:“ al pari di una foresta”.
15 ) I termini che figurano in questo verso (睢 “suī”: “guardare ad occhi spalancati”, 吁 “xū”: “fissare intensamente”, 偵 “zhēn”: “esaminare attentamente” e 司 “sī”: “interrogare”) sembrano indicare una notevole sorpresa da parte del bonzo. Non è ben chiaro se questi è stupito del fatto che un saggio come Hán Yù faccia ricorso alla divinazione o del fatto che un intellettuale confuciano compia questa pratica presso un tempio, che come vedremo, è un tempio buddhista.
16) Il termine qui usato (盃 校 “bēi jiào”) indica le mezzelune in legno di bambù usate ancor oggi in Cina per la divinazione. Queste mezzelune presentano un lato piatto ed un lato convesso. La persona che intende interrogare una divinità le rivolge prima una preghiera silenziosa, poi depone una mezzaluna sul palmo di ciascuna mano, solleva le mani fino all’altezza della fronte e lascia cadere a terra le mezzelune. Se una cade sul lato piatto e l’altra sul lato convesso, la divinità dà una risposta positiva alla domanda postale dall’interrogante (“jiao sacro”). Se entrambe le mezzelune cadono sul lato convesso, la domanda non viene presa sul serio (“jiao ridente”); se cadono sul lato piatto, la divinità si mostra addirittura irritata che la domanda le sia stata posta (“jiao negativo”). Il pragmatismo dei Cinesi permette però di ripetere l’esperimento, magari dopo ripetute offerte di bastoncini di incenso, fino ad ottenere una risposta positiva.
17) L’espressione 餘 難 同 “yú nán tóng”mi sembra voler dire letteralmente:”per me è difficile essere d’accordo”.
18) Il testo menziona esplicitamente il pernottamento in un tempio buddhista (佛 寺 “fó sì”): La cosa non appare stupefacente dal momento che il complesso del Nányuè Miào comprendeva non soltanto dei santuari taoisti, ma anche numerosi santuari buddhisti, il primo dei quali fu costruito nel 567 d.C. dal famoso monaco Huì Sī 慧 思 (517 d.C-577 d.C.). Ciò che può invece stupire è che Hán Yù, di cui sappiamo che fu un fiero oppositore del Buddhismo, si adattasse a pernottare in un tempio buddhista, ma le necessità pratiche prevalevano evidentemente sull'ostilità ideologica.