MOZI Libro IV
L’Amore Universale 兼愛
Parte Prima 上
Il saggio che si assume il compito di governare l’impero deve conoscere, per essere in grado di farlo, l’origine del disordine. Chi non capisce da che cosa nasce il disordine, non è capace di governare. A titolo di paragone, chi intende curare una malattia, potrà curarla soltanto se sa quale ne è la causa, ma, se non la conosce, non sarà capace di far nulla. È forse diversa la situazione di chi vuol curare il disordine? Anche lui deve sapere da dove nasce il disordine, altrimenti non potrà curarlo. Se non capisce quali sono le cause del disordine, non saprà affrontarle. Il saggio che si propone di governare l’impero non potrà dunque fare a meno di studiare le cause che provocano il disordine.
Se vogliamo quindi accertare quali siano le cause del disordine, scopriremo che esso nasce dalla mancanza d’amore reciproco. Ciò che noi chiamiamo disordine è la mancanza di devozione del figlio nei confronti del padre, del ministro nei confronti dell’imperatore. Il figlio che non ama suo padre, ma sé stesso, pensando solo a sé stesso viene meno ai doveri che ha nei confronti del padre. Il fratello minore che non ama il fratello maggiore, ma sé stesso, pensando solo a sé stesso viene meno ai propri doveri verso il fratello maggiore. Il ministro che non ama l’imperatore, ma sé stesso, pensando solo a sé stesso viene meno ai propri doveri verso il suo signore. Tutto ciò è chiamato disordine. D’altra parte, quando il padre non mostra affetto verso il figlio, il fratello maggiore non mostra affetto verso il fratello minore, l’imperatore non mostra affetto verso il ministro, tutto ciò è anch’esso causa di disordine. Il padre che non ama suo figlio, ma sé stesso, pensando solo a sé stesso non si comporta come deve nei confronti del figlio. Il fratello maggiore che non ama il fratello minore, ma sé stesso, pensando solo a sé stesso manca ai suoi doveri verso il fratello minore. L’imperatore che non ama il ministro, ma sé stesso, pensando solo a sé stesso, viene meno ai propri doveri verso il ministro. Che cosa se ne deduce? Che tutto nasce dalla mancanza di amore reciproco.
Nel mondo ciò vale anche per i ladri e per i banditi. Il ladro ama soltanto la propria famiglia e non si cura affatto delle altre famiglie; perciò ruba agli altri per recare vantaggio ai propri familiari. Il bandito ama soltanto sé stesso e non si cura affatto della gente; perciò fa violenza agli altri per avvantaggiare sé stesso. Qual è la ragione di tutto questo? La mancanza d’amore reciproco.
Lo stesso discorso si può fare per i contrasti fra le casate nobili che forniscono i ministri agli Stati e per le guerre tra gli Stati feudali. Il ministro ama soltanto la propria casata e disprezza le altre; perciò cerca di indebolire le altre casate a vantaggio della propria. Il signore feudale ama soltanto il proprio Stato e odia gli altri; perciò attacca gli altri Stati a profitto del proprio.
Questi esempi spiegano esaurientemente tutto il disordine che c’è nel mondo. Se ne analizziamo le cause, vediamo che tutto nasce dalla mancanza di amore reciproco.
Supponiamo che nel mondo tutti amino gli altri come sé stessi. Ciò vorrà forse dire che verrà meno la pietà filiale?
Se ciascuno considera il proprio padre, il proprio fratello maggiore, il sovrano come sé stesso per chi potrà mai provare sentimenti che non siano devoti? Potrà ancora esistere una persona priva di pietà filiale?
Se ciascuno ama il proprio figlio, il proprio fratello minore, il proprio ministro come sé stesso, verso chi potrà mai mostrare disaffezione. Potrà ancora esistere una persona priva di affetto verso gli altri?
Perciò non potrà più esserci né mancanza di devozione da una parte, né mancanza di affetto dall’altra.
Esisteranno ancora ladri e briganti?
Se ciascuno considera le famiglie altrui come la propria, a chi potrà mai portar via le cose?
Se ciascuno considera gli altri come sé stesso, chi potrà mai derubare?
Perciò non ci saranno più né ladri né briganti.
Esisteranno ancora le contese tra le grandi casate e le guerre tra i signori feudali?
Se ciascuno considera le casate altrui come la propria, chi potrà mai cercare di mandare in rovina?
Se ciascuno considera i dominî altrui come il proprio, di chi potrà mai invadere il territorio?
Perciò non ci saranno più contese tra le grandi casate né guerre tra i signori feudali.
Se tutti nel mondo praticheranno l’amore universale, gli Stati non si faranno guerra l’un l’altro, le grandi casate non lotteranno tra di loro, ladri e briganti non esisteranno più, i rapporti tra i sovrani ed i ministri, tra i padri ed i figli saranno tutti caratterizzati da affetto e devozione.
Di conseguenza l’Impero sarà pacifico e ordinato.
Perciò, come potrà mai il saggio che si assuma il compito di governare l’Impero astenersi dal reprimere le inimicizie e dall’incoraggiare l’amore?
Infatti l’Impero è in pace soltanto quando regna l’amore universale, mentre è in subbuglio quando prevalgono l’odio e l’ostilità.
Questa è la ragione per cui Mòzĭ cercava di persuadere gli uomini ad amarsi reciprocamente.
Parte Seconda 中
Il Maestro Mòzĭ disse: “ L’uomo virtuoso agisce per promuovere il bene nel mondo e per rimuoverne il male”.
“Che cos’è il bene nel mondo” gli fu domandato “ e che cos`è il male?”.
“Le guerre tra gli stati, le lotte tra le grandi famiglie, le contese tra gli individui, la durezza dei sovrani e l’infedeltà dei sudditi, la mancanza d’amore nei genitori e la mancanza di pietà filiale nella prole, il disaccordo tra i fratelli” rispose il Maestro” ecco quali sono i peggiori mali del mondo”.
“Possono questi mali nascere dall’amore reciproco?” gli fu domandato.
“No” rispose il Maestro “Essi nascono dalla mancanza di amore reciproco. Oggigiorno i signori feudali sanno amare soltanto i proprî dominî e non quelli degli altri, perciò non hanno scrupoli nell’attaccare gli altri regni. I capi delle grandi famiglie amano soltanto la propria casata e non quelle degli altri, perciò non hanno scrupoli nel recar torto alle altre casate. I singoli sanno amare soltanto sé stessi e non gli altri, perciò non hanno scrupoli nell’offendere gli altri.
Se i signori feudali non si amano tra di loro , ci saranno guerre.
Se I capi delle grandi famiglie non si amano tra di loro, ci saranno lotte di potere tra le diverse casate.
Se i singoli non si amano tra di loro, si offenderanno reciprocamente.
Se padre e figlio non si amano tra di loro, verranno a mancare affetto paterno e devozione filiale.
Se i fratelli non si amano tra di loro, nascerà il disaccordo.
Se nel mondo regnasse invece l’amore reciproco, i forti non opprimerebbero i deboli, le maggioranze non prevaricherebbero sulle minoranze, i ricchi non si prenderebbero gioco dei poveri, i potenti non disprezzerebbero gli umili, i furbi non ingannerebbero i semplici.
Si deve perciò concludere che tutti i malanni, le crudeltà, le insoddisfazioni e gli odî che ci sono al mondo nascono dalla mancanza d’amore reciproco. Ecco perché l’uomo virtuoso deplora tale mancanza.”
“Non è sufficiente deplorare” gli fu obiettato “ Che cosa si può fare per cambiare la situazione?”.
“La situazione si può cambiare” spiegò il Maestro” praticando l’amore universale e l’aiuto reciproco”.
“In che modo” gli fu chiesto” si possono realizzare l’amore universale e l’aiuto reciproco?”
Il Maestro rispose: ”Ci si può riuscire a patto di considerare gli altri come noi stessi, le famiglie degli altri come se fossero le nostre, ciò che accade agli altri come se accadesse a noi.
Se i signori feudali si amassero reciprocamente, non ci sarebbero più guerre.
Se i capi delle grandi famiglie si amassero reciprocamente, non ci sarebbero più contese.
Se i singoli si amassero reciprocamente, l’uno non offenderebbe più l’altro.
Se sovrani e sudditi si amassero reciprocamente, i primi sarebbero benevoli ed i secondi sarebbero fedeli.
Se padri e figli si amassero reciprocamente, i primi sarebbero amorevoli con i loro figli ed i secondi sarebbero devoti ai loro genitori.
Se i fratelli si amassero reciprocamente, vivrebbero in accordo ed in armonia.
Se tutti si amassero reciprocamente, i forti non opprimerebbero i deboli, le maggioranze non prevaricherebbero sulle minoranze, i ricchi non si prenderebbero gioco dei poveri, i potenti non disprezzerebbero gli umili, i furbi non ingannerebbero i semplici.
Grazie all’amore reciproco tutti i malanni, le crudeltà, le insoddisfazioni e gli odî che ci sono al mondo non potrebbero nascere.
Ecco perché l’uomo virtuoso esalta l’amore reciproco”.
Fu osservato che i sapienti e i potenti del mondo avrebbero potuto rispondere: ”Molto bene. È senza dubbio un proposito eccellente quello di instaurare l’amore universale, ma si tratta di un ideale utopistico e difficilissimo da realizzare”.
Il Maestro spiegò:” I sapienti e i potenti del mondo dicono così semplicemente perché non sanno che cosa sia il bene e che cosa sia il male nel mondo. Riflettiamo un momento! Assediare una città, combattere una battaglia campale, conquistare la gloria a rischio della propria vita sono tutte imprese che gli uomini considerano molto difficili da compiere. Però, quando i loro superiori li incitano a compierle, molti riescono a realizzarle. Si tenga inoltre conto del fatto che l’amore universale e l’aiuto reciproco sono cose ben diverse da quelle che abbiamo appena menzionato. Chi odia gli altri è ripagato con l’odio e chi offende gli altri è ripagato con l’offesa, ma chi ama gli altri riceve in cambio il loro amore e chi li aiuta riceve in cambio il loro aiuto. Che difficoltà c’è dunque nell’amare gli altri? I sovrani, però, non si lasciano ispirare dall’amore nei loro atti di governo ed i loro soggetti non conformano ad esso il proprio comportamento.
Nei tempi antichi, a Wén, duca di Jīn (1), piaceva vestirsi semplicemente, come un soldato. Tutti i ministri ed i funzionari cominciarono allora ad indossare giubbotti in pelle di pecora, ad usare foderi di cuoio per le spade e a mettersi in testa berretti di foggia militare. Così conciati si presentavano al sovrano e andavano in giro per le strade. Perché lo facevano? Perché i sudditi seguono l’esempio dato dal sovrano.
A Líng, re di Chŭ (2), piacevano le persone magre e snelle. Ministri e funzionari cominciarono allora a mangiare un solo pasto al giorno. Tiravano letteralmente la cinghia per nascondere qualsiasi accenno di pancia ed erano diventati così deboli che dovevano appoggiarsi alle pareti per non cadere. Nel giro di un anno tutti i cortigiani assunsero un aspetto triste ed emaciato. Perché si comportavano così? Perché i sudditi seguono l’esempio dato dal sovrano.
Gōujiàn, re di Yuè( 3), amava gli uomini valorosi ed addestrava i suoi sudditi a dimostrare il loro ardimento. Una volta, per mettere alla prova il coraggio dei soldati, fece appicare il fuoco alle sue navi e diede lui stesso l’allarme urlando che tutti i tesori dello Stato erano conservati su quelle navi. Udendo il rullo dei tamburi, i soldati accorsero in gran fretta ed in grande confusione e più di un centinaio di loro perirono tra le fiamme. Allora il re fece suonare i gong per dare il segnale della ritirata”.
“Converrete con me “ continuò il Maestro” che vestirsi male, soffrire la fame, rischiare la vita per dimostrarsi coraggiosi, non sono cose facili da fare, eppure, quando un sovrano incita a farle, sono molti coloro che trovano la determinazione necessaria. (Come ho già detto) l’amore universale e l’aiuto reciproco sono cose ben diverse da quelle che abbiamo appena menzionato. Chi odia gli altri è ripagato con l’odio e chi offende gli altri è ripagato con l’offesa, ma chi ama gli altri riceve in cambio il loro amore e chi li aiuta riceve in cambio il loro aiuto. Che difficoltà c’è dunque nell’amare gli altri? I sovrani, però, non si lasciano ispirare dall’amore nei loro atti di governo ed i loro soggetti non conformano ad esso il proprio comportamento.”
Ciononostante, gli interlocutori del filosofo, pur riconoscendo che la pratica dell’amore universale sarebbe stata una cosa eccellente, continuavano a ritenerla un’ impresa irrealizzabile, come portare sulle spalle il monte Tài o attraversare un fiume camminando sull’acqua.
Il Maestro rispose loro cosÌ”: “Gli esempi che voi adducete non sono validi. È ovvio che portare sulle spalle il monte Tài o attraversare un fiume camminando sull’acqua sono imprese che richiederebbero capacità incredibili, tant’è vero che fin dalla più remota antichità nessuno le ha mai compiute. L’amore universale e l’aiuto reciproco sono però qualcosa di completamente diverso, tant’è vero che i saggi re dei tempi antichi li praticavano. Come facciamo a saperlo?
Sappiamo che l’Imperatore Yŭ (4) realizzò molte opere per controllare le piene dei fiumi. Ad ovest, egli fece abbassare gli alvei dei fiumi Xīhé e Yúdōu perché vi potessero confluire le acque del Qúsūnhuáng (5) A nord, fece erigere dighe sui fiumi Yuán e Gū per riempire il bacino del Hòuzhīdĭ e lo stagno di Hūchí. Pilastri di deriva furono costruiti per servire da spartiacque ed un canale fu scavato ai piedi del monte Lóngmén. (6) Tutto ciò fu fatto per recare vantaggio alle popolazioni che abitavano ad occidente del Fiume Giallo ed a numerose tribù barbare: gli Yàn, i Dài, i Hú e i Mò (7). Ad est Yŭ bonificò le grandi pianure e costruì dighe sul lago Mèngzhū (8), da cui fece scorrere nove canali per regolare le acque nelle regioni orientali e per recare vantaggio alla popolazione del distretto di Jì. (9) A sud fece compiere lavori sui fiumi Yángzhī, Hàn, Huái e Rū, che scorrevano verso est e si riversavano nei Cinque Laghi. (10) Ciò fu fatto per recare vantaggio agli abitanti di Jīng, Chŭ, Gān e Yuè ed alle tribù barbare del sud. (11) Ecco che cosa fece Yŭ! Se ne può dedurre che l’amore universale è cosa praticabile anche da noi, oggi.
Quando il re Wén (12) governava i territori occidentali, egli splendeva come il sole e come la luna su tutto l’Impero, non solo sui territori sottoposti direttamente al suo governo. Non permetteva ai grandi Stati di opprimere i piccoli Stati, non consentiva ai molti di prevaricare sui pochi, non tollerava che i potenti e i forti portassero via il grano e gli armenti ai contadini. Il Cielo riversava su di lui le sue benedizioni. Perciò gli anziani e coloro che non avevano avuto figli trovavano un rifugio per la vecchiaia, coloro che erano soli e senza famiglia potevano partecipare alla vita sociale, gli orfani ricevevano sostegno. Ecco che cosa fece il re Wén.(13) Se ne può dedurre che l’amore universale è cosa praticabile anche da noi, oggi.
Si racconta che il re Wŭ (14), apprestandosi ad offrire un sacrificio sulla cima del monte Tài, così parlò: “O monte Tài! Il re di Zhōu, erede di una lunga dinastia, ha ricevuto una missione ed ha già fatto grandi cose. Si levino gli uomini dabbene a salvare i popoli che sono stati governati dalle dinastie Shāng e Xià e tutti barbari.(15) Sebbene il re Zhòu dei Shàng (16) abbia con sé molti parenti stretti, essi non valgono gli uomini virtuosi che mi seguono. I miei avversari sono innumerevoli ma stanno dalla parte del torto. Io sono solo, ma difendo il giusto”.
Ecco le parole del re Wŭ, come ci sono state tramandate. (17) Noi, oggi, possiamo seguire il suo esempio.”
“Perciò” concluse il Maestro” se i sovrani auspicano sinceramente il benessere dell’Impero e non vogliono che sia tormentato dalla miseria, se desiderano l’ordine e aborrono il disordine, dovrebbero praticare l’amore universale e l’aiuto reciproco.
Questo fu il metodo dei saggi re dell’antichità, questo è il modo di portare ordine nel mondo.
Non dimenticatelo!”.
Parte Terza 下
Il maestro Mòzĭ disse: “L’uomo virtuoso agisce per promuovere il bene nel mondo e per rimuoverne il male”.
“Tra i mali che oggi affliggono il mondo” gli fu domandato “ quali sono i peggiori ?”.
“Gli attacchi ai piccoli Stati da parte delle grandi Potenze, le prevaricazioni delle casate più illustri sulle famiglie meno influenti, l’oppressione dei deboli da parte dei forti, gli abusi delle maggioranze sulle minoranze, gli inganni tramati dai furbi contro i semplici, il disprezzo degli umili da parte delle persone importanti, ecco quali sono i peggiori mali del mondo” rispose il Maestro e continuò” Vi si possono aggiungere la durezza dei governanti, la slealtà dei ministri, la mancanza d’amore paterno nei genitori, la mancanza di devozione nei figli. Vanno inoltre ricordati i danni e le sofferenze che i malvagi si infliggono reciprocamente con le armi, i veleni, le inondazioni e gli incendi. Se riflettiamo sulle cause di tutti questi mali, dobbiamo chiederci da dove essi nascano. Nascono forse dall’amore per gli altri e dalla benevolenza nei loro confronti? No, di certo! Nascono dall’odio verso gli altri e dal comportamento ostile nei loro confronti. Se dovessimo definire, uno per uno, tutti coloro che odiano gli altri e che arrecano loro danno, li definiremmo equanimi o parziali? (18) Li definiremmo, senza alcun dubbio, parziali. Ora, la parzialità nei rapporti con gli altri è la causa dei peggiori mali del mondo. Dunque, la parzialità è una cosa ingiusta.”
“Chiunque critichi gli altri” proseguì il Maestro “deve essere in grado di formulare proposte alternative. Una critica che non sia costruttiva equivale infatti a combattere un’inondazione con un’altra inondazione, un incendio con un altro incendio. Non serve a nulla!”.
“La parzialità” spiegò il Maestro” deve essere rimpiazzata dall’imparzialità e dall’equanimità”.
“Come si può fare?” gli fu domandato.
“Se i regnanti non facessero distinzione tra i regni altrui e il proprio, ci sarebbero forse conflitti fra gli Stati? ”chiese il Maestro. “Ciascuno considererebbe gli altri come sé stesso.
Se i sovrani non facessero distinzione tra le capitali degli altri e la propria, chi occuperebbe le capitali altrui? Ciascuno considererebbe gli altri come sé stesso.
Se i capi delle grandi casate non facessero distinzione tra le altre famiglie e la propria, chi farebbe torto alle altre famiglie? Ciascuno considererebbe le altre famiglie come la propria.
Dunque, se i regni e le città non combattono tra di loro e non invadono i rispettivi territori, se le famiglie e gli individui non si accapigliano tra di loro e non si arrecano reciprocamente alcun danno, sarà questo un bene o un male per il mondo? È, senza dubbio, un bene.
Allora, se riflettiamo sulle cause da cui nascono le diverse cose che rappresentano un bene, dovremo domandarci da dove nasce il bene. Nasce dall’odio per gli altri e dal danno che viene loro arrecato? No, di certo! Dovremo invece riconoscere che il bene nasce dall’amore per gli altri e dalla benevolenza che dimostriamo verso di loro. Se dovessimo definire, uno per uno, tutti coloro che amano gli altri e fanno loro del bene, li definiremmo equanimi o parziali? Li definiremmo, senz’altro, equanimi.”
“Poiché l’equanimità o amore per tutti è la causa dei maggiori beni che vediamo al mondo” concluse il Maestro” bisogna dedurne che l’amore universale è una cosa giusta e ricordare che, come s’è già detto, l’uomo virtuoso agisce per promuovere il bene nel mondo e per rimuoverne il male. Avendo constatato che l’amore universale è la causa dei fatti più positivi che si verificano nel mondo e che la parzialità è la causa dei peggiori mali che esistono nel mondo occorre perciò dire che l’amore universale è una cosa giusta e che la parzialità, invece, non lo è”.
Se noi, oggi, intendiamo davvero cercare il bene del mondo e realizzarlo, praticando l’autentico amore universale, allora dovremo avere occhi acuti per vedere ed orecchie attente per ascoltare, gambe agili per muoverci e braccia robuste per lavorare, in modo da aiutarci reciprocamente, e coloro che conoscono la Via dovranno incessantemente istruire gli altri. Allora gli anziani e coloro che non hanno famiglia troveranno aiuto e sostegno per trascorrere la loro vecchiaia, i giovani, i deboli e gli orfani troveranno assistenza e consiglio per crescere e maturare.
Perché non praticare l’amore universale, quando se ne vedono i vantaggi? Come è possibile che la gente del mondo lo respinga, quando tutti sanno ciò che è bene e ciò che è male?”.
I sapienti del mondo (19) obiettarono domandandogli :”L’amore universale è molto bello, ma serve a qualcosa?”.
Il Maestro rispose: “Se non servisse a nulla, lo disapproverei anch’io. Ma come può esistere qualcosa che sia buono e che, nello stesso tempo, non sia utile? Esaminiamo il problema dai due punti di vista opposti.
Supponiamo che ci siano due persone e che una di esse si ispiri all’interesse particolare, l’altra all’amore universale.
La prima penserà: “Potrò mai prendermi cura del mio amico come di me stesso, dei suoi parenti come dei miei parenti?” Perciò quando lo vedrà affamato non gli offrirà del cibo, quando lo vedrà nudo non gli offrirà degli indumenti, quando lo vedrà malato non lo curerà e quando lo vedrà morto non gli darà sepoltura. Così ragiona e così agisce chi è mosso dall’interesse particolare.
Chi si ispira all’amore universale ragiona e agisce in modo completamente diverso. Egli penserà:”Mi hanno insegnato che l’uomo virtuoso si prende cura del suo amico come di sé stesso, dei parenti dell’amico come dei proprî parenti”. Perciò quando lo vedrà affamato gli offrirà del cibo, quando lo vedrà nudo gli offrirà degli indumenti, quando lo vedrà malato lo curerà e quando lo vedrà morto gli darà sepoltura. Così ragiona e così agisce chi è mosso dall’amore universale.
Queste due persone sono quindi l’una l’opposto dell’altra sia nei ragionamenti sia nei comportamenti.
Supponiamo che entrambe siano sincere nei ragionamenti e conseguenti nei comportamenti, cosicché i loro ragionamenti ed i loro comportamenti combacino tra di loro come le due parti di una taglia (20) e che tutte le loro affermazioni trovino conferma nei fatti.
Immaginiamo ancora che scoppi una guerra e che una terza persona venga chiamata alle armi e, dopo aver indossato l’armatura e l’elmetto, si prepari a raggiungere l’esercito per una spedizione da cui non sa se tornerà viva o che sia mandata in missione dal sovrano in regioni lontane come Bā o Yuè, Qí o Jīng, senza avere alcuna certezza né di arrivarci né di ritornarne.(21)
Fatte queste premesse, domandiamoci a chi questa persona chiederà di prendersi cura della sua famiglia e dei suoi parenti. Al fautore dell’interesse particolare o al sostenitore dell’amore universale?
MI sembra che in circostanze di questo genere tutti prestino molta attenzione a ciò che fanno. Anche chi non crede nell’amore universale preferirà comunque affidarsi a chi ci crede. A parole ci si oppone a questo principio, ma nelle scelte concrete gli si dà la preferenza, senza preoccuparsi di smentire con i proprî comportamenti le proprie parole. Non si capisce quindi perché la gente si affanni a contestare l’idea dell’amore universale quando ne sente parlare.”
I sapienti del mondo obiettarono ancora: “Può darsi che l’amore universale sia un principio che va bene per la gente comune, ma non può di certo applicarsi ai governanti.”
“Esaminiamo di nuovo la questione dai due punti di vista opposti.” rispose il Maestro” Supponiamo che ci siano due sovrani, uno dei quali sia un fautore dell’interesse particolare, mentre l’altro si ispira all’amore universale.
Il primo dirà tra sé :”Potrei mai avere a cuore il benessere del popolo come ho a cuore il mio? Sarebbe una cosa contraria al buon senso. La vita umana è breve, somiglia ad un cavallo che vi passa accanto al galoppo.” Perciò quando vedrà i suoi sudditi soffrire la fame non procurerà loro del cibo, quando li vedrà nudi non cercherà loro degli indumenti, quando li vedrà malati non si preoccuperà di farli curare e quando li vedrà morti non si darà pensiero della loro sepoltura. Così ragiona e così agisce chi è mosso dall’interesse particolare.
Il sovrano che si ispira all’amore universale ragiona e agisce in modo completamente diverso. Egli dirà tra sé :”Mi hanno insegnato che il buon governante pensa al proprio popolo prima che a sé stesso.” Perciò quando vedrà i suoi sudditi soffrire la fame procurerà loro del cibo, quando li vedrà nudi cercherà loro degli indumenti, quando li vedrà malati si preoccuperà di farli curare e quando li vedrà morti provvederà alla loro sepoltura. Così ragiona e così agisce chi è mosso dall’amore universale.
Questi due sovrani sono quindi l’uno l’opposto dell’altro sia nei ragionamenti sia nei comportamenti.
Supponiamo che entrambi siano sinceri nei ragionamenti e conseguenti nei comportamenti, cosicché i loro ragionamenti ed i loro comportamenti combacino tra di loro come le due parti di una taglia e che tutte le loro affermazioni trovino conferma nei fatti.
Immaginiamo ancora che i loro paesi siano colpiti da una terribile pestilenza, che la grande maggioranza della popolazione soffra la fame e la miseria e che molti giacciano morti nei fossi.
Fatte queste premesse, domandiamoci a quale dei due sovrani preferirebbe essere soggetta una persona che ne avesse la scelta.
In tali circostanze non c’è nessuno che prenda decisioni avventate.
Anche chi si dichiara scettico sul principio dell’amore universale sceglierebbe il sovrano che professa l’amore universale. A parole ci si oppone a questo principio, ma nelle scelte concrete gli si dà la preferenza, senza preoccuparsi di smentire con i proprî comportamenti le proprie parole. Non si capisce quindi perché la gente si affanni a contestare l’idea dell’amore universale quando ne sente parlare.”
Gli interlocutori del filosofo sollevarono un’ulteriore obiezione:”La pratica dell’amore universale sarebbe una cosa eccellente, ma è un’impresa irrealizzabile, come portare sulle spalle il monte Tài o attraversare un fiume camminando sull’acqua. È un pio desiderio che non potrà mai divenire realtà.”
Il Maestro rispose loro così”: “Portare sulle spalle il monte Tài o attraversare un fiume camminando sull’acqua sono imprese che dalla più remota antichità fino ad oggi nessuno ha mai compiuto. L’amore universale e l’aiuto reciproco sono invece stati praticati dai sei saggi re dei tempi antichi. (22)
“Come facciamo a saperlo?”gli fu domandato.
“ Non sono vissuto ai tempi di quei re. “ rispose il Maestro “Non ne ho mai sentito la voce e non li ho mai visti in faccia. La fonte di ciò che io so sta in ciò che è scritto sui listelli di bambù e sulla seta, in ciò che è inciso sul metallo e sulla pietra, in ciò che fu scolpito sui piatti e sui vasi sacrificali per essere tramandato ai posteri.(23)
Leggiamo nella ‘Grande Dichiarazione’ che ‘il re Wén splendeva come il sole e come la luna su tutto l’Impero, non solo sui territori occidentali sottoposti direttamente al suo governo.’ (24) Si intende dire, in questo modo, che l’amore del re Wén era così vasto ed universale da essere comparato alla luce del sole e della luna che splendono su tutti senza distinzioni.”
Ecco l’amore universale praticato dal re Wén. Quando il Maestro parla di amore universale, è all’esempio concreto del re Wén che egli si riferisce.
“Ciò risulta poi” continuò il Maestro”, oltre che dalla ‘Grande Dichiarazione”, anche dal ‘Giuramento di Yŭ“, nel quale si legge:’ Venite, o soldati! Ascoltate le mie parole!. Non sono io l’impudente che osa creare rivolta e disordine. I Miáo stanno diventando sempre più arroganti e meritano la punizione del Cielo. Perciò io chiamerò a raccolta le truppe e vi condurrò in guerra contro i Miáo’. (25)
Non fu per accrescere la propria potenza né per difendere le proprie ricchezze né per compiacere i suoi ministri (26) che Yŭ combatté contro i Miáo, bensì per procurare la pace all’Impero e rimuoverne i mali.
Così facendo,Yŭ dimostrò il suo amore per tutti. Quando il Maestro parla di amore universale, è all’esempio concreto di Yŭ che egli si riferisce.
“Al ‘Giuramento di Yŭ’ si può ancora aggiungere” continuò il Maestro” il “Giuramento di Táng”, in cui si legge: ”Io, l’indegno Lǚ (27), oso sacrificare un toro nero (28) al Signore del Cielo dicendo:” ’La terra soffre di una grande siccità e ciò accade proprio ora, sotto il mio regno. Forse ho offeso la divinità o gli uomini. Non oso affermare che sono senza colpa, non oso chiedere perdono se sono colpevole: è a Dio che tocca deciderlo. Se un peccato è stato commesso e deve essere punito, che io solo ne paghi il fio. Io mi dichiaro il solo responsabile. Siano risparmiati gli altri.”
Con ciò intendeva dire che, pur avendo l’onore di essere Imperatore e pur possedendo tutte le ricchezze dell’Impero, Táng non esitò ad offrire sé stesso in sacrificio per placare la Divinità e gli spiriti."
Ecco l’amore universale praticato da Táng . Quando il Maestro parla di amore universale, è all’esempio concreto di Táng che egli si riferisce.
Si può ulteriormente aggiungere al “Giuramento di Yŭ” e al “Giuramento di Táng” quella poesia contenuta nel Libro dei Zhōu (29) che dice: ‘Il sovrano deve essere equanime e sincero, senza parzialità e senza favoritismi. Il suo agire deve essere semplice e piano. Egli deve mostrarsi imparziale ed astenersi dal favorire l’uno o l’altro. Deve essere diritto come una freccia e giusto come una bilancia. Così si comporta l’uomo di valore, mentre l’uomo dappoco guarda a queste regole e non le applica’.
I principî che ho appena esposto non vanno considerati concetti puramente dottrinali. In passato, quando governavano i re Wén e Wŭ, entrambi ricompensavano i buoni e punivano i malvagi, senza lasciare influenzare dalle parentele importanti che questi potevano avere."
Ecco l’amore universale dei re Wén e Wŭ. Il discorso che svolge Mòzĭ si richiama al loro esempio concreto. Non si capisce quindi perché ci sia gente che contesta il principio dell’amore universale quando ne sente parlare.
Gli interlocutori di Mòzĭ non smettevano tuttavia di sollevare obiezioni. Essi domandarono: “L’idea che non si debba pensare innanzitutto al bene dei propri genitori non contrasta con la pietà filiale”?
“Che cosa desidera per i genitori un figlio devoto?” rispose il Maestro. ”Domandiamoci se un figlio devoto, che si prende cura dei suoi genitori, preferirà che la gente li ami e faccia loro del bene oppure che li odi e faccia loro del male.(30) Come il termine stesso di pietà filiale lascia intuire, preferirà che la gente li ami e faccia loro del bene. Qual è dunque la prima cosa da fare per ottenere questo risultato? Dovrò amare i genitori degli altri affinché gli altri, a loro volta, amino i miei genitori oppure dovrò odiare i genitori degli altri affinché gli altri, a loro volta, odino i miei genitori? È ovvio che la prima cosa che dovrò fare sarà amare i genitori degli altri e far loro del bene affinché gli altri, a loro volta, amino i miei genitori e facciano loro del bene. Perciò i figli devoti ai propri genitori sceglieranno di amare anche i genitori altrui e di far loro del bene. Ciò vuol forse dire che coloro i quali in questo mondo mostrano così la loro pietà filiale sono degli sprovveduti? Tra i testi lasciatici dai sovrani di un tempo figurano le “Grandi Odi” in cui leggiamo: “Nessuna parola rimane senza risposta. Nessuna virtù rimane senza premio. Se ci viene gettata una pesca, noi rispondiamo lanciando una prugna”. (31) Con ciò si intende dire che chiunque ami gli altri ne sarà amato e che chiunque odi gli altri ne sarà odiato. Non si capisce quindi perché ci sia gente che contesta l’amore universale quando ne sente parlare.
Ciò accade forse perché l’amore universale è un impegno arduo ed impossibile da realizzare? Ci sono esempi di impegni ancor più ardui che sono stati realizzati.
Un tempo il re Líng di Jīng amava vedere intorno a sé gente magra e snella, come era lui stesso. I funzionari del regno di Jīng cominciarono allora a mangiare una sola volta al giorno, cosicché non riuscivano più a stare in piedi se non sostenendosi con un bastone e non riuscivano più a camminare se non appoggiandosi alle pareti. Una dieta da fame è molto difficile da reggere, eppure quei funzionari ci riuscirono. Poiché il re Líng così desiderava, in breve tempo tutti si conformarono ai suoi desideri.
Al re Gōujiàn di Yuè piacevano gli uomini coraggiosi. Per tre anni addestrò i suoi ministri e i suoi soldati ad affrontare i pericoli. Un giorno, volendo mettere alla prova il loro coraggio, fece appiccare il fuoco ad alcune navi e poi fece dare l’allarme con i tamburi perché i soldati accorressero a domare l'incendio. I soldati si precipitarono. Quelli delle prime file furono addirittura spinti tra le fiamme dalla massa che premeva dietro di loro. Innumerevoli furono coloro che perirono tra le fiamme od annegarono. Eppure non si tirarono indietro finché non gliene fu dato ordine. Sarebbe stato normale che i soldati avessero paura - bruciare vivi è una terribile esperienza- eppure obbedirono agli ordini. Poiché il re di Yuè così desiderava, in breve tempo tutti si conformarono ai suoi desideri.
Al duca Wén di Jīn piaceva vestirsi in modo semplice, come un soldato. I suoi cortigiani si misero allora ad indossare abiti di tessuto grezzo, giacconi di pelle, berretti militari e scarponi. Così conciati si presentavano al duca e giravano per le strade. Vestirsi rozzamente è una cosa dura da fare, eppure essi la fecero. Poiché ciò piaceva al duca di Jīn, in breve tempo tutti si conformarono ai suoi desideri.
Patire la fame, vestirsi male, gettarsi tra le fiamme sono le cose più difficili che esistano, eppure, quando i superiori desiderano che si facciano, gli uomini si conformano rapidamente ai loro voleri. Perché? Perché gli uomini tendono per natura a conformarsi ai voleri dei superiori.
L’amore universale e l’aiuto reciproco sono invece, senza dubbio, vantaggiosi e facili da praticare.
A loro riguardo, mi sembra che l’unica difficoltà consista nel fatto che nessun superiore ci incita a praticarli.
Se ci fossero dei superiori che promovessero l’amore universale e l’aiuto reciproco con elogi e ricompense opponendosi al loro contrario con punizioni e rimproveri, credo che la gente tenderebbe all’amore universale e all’aiuto reciproco come il fuoco tende a salire in alto e l’acqua tende a scorrere verso il basso. Né potrebbe essere altrimenti.
In conclusione, l’amore universale è il sistema che fu adottato dai “re saggi”, è ciò che dà pace ai sovrani, ai principi e ai grandi dell’Impero, è lo strumento adatto per vestire e nutrire il popolo. L’uomo di valore farebbe bene a capire e a praticare l’amore universale che rende benevoli i sovrani, leali i ministri, amorevoli i padri, devoti i figli, gentili i fratelli maggiori e rispettosi i fratelli minori. Se egli desidera essere un sovrano benevolo, un ministro leale, un padre amorevole, un figlio devoto, un fratello maggiore gentile, un fratello minore rispettoso, deve soltanto praticare l’amore universale, il sistema adottato dai “re saggi” che è fonte di grande felicità per il popolo."
NOTE
1) Wén, duca di Jīn, 晋文公 regnò dal 636 a.C. al 628 a.C.
2) Líng, re di Chŭ, 楚靈王 regnò dal 540 a.C. al 529 a.C.
3) Gōujiàn, re di Yuè, 越王勾踐 regnò dal 496 a.C. al 465 a.C.
4) Yŭ il Grande 大禹, vissuto secondo la tradizione dal 2113 circa a.C. al 2025 a.C., fu il primo a costruire un sistema di dighe e di bacini per il controllo delle acque.
5) Il nome Xīhé 西河richiama, secondo l’enciclopedia on line Băidù Băikē, la riva occidentale del Fiume Giallo il cui corso, nelle epoche più antiche, attraversava le regioni occidentali della Cina.
Non è chiaro se il nome Yúdòu 漁竇 , che significa “l’ansa della pesca”, si riferisca ad un altro fiume o a un tratto del corso del Fiume Giallo.
Il termine Qúsūnhuáng 渠孫皇 non figura in altre fonti e non ci sono elementi per accertare se si riferisca ad un solo fiume o se i tre caratteri vadano letti separatamente ed indichino tre distinti corsi d’acqua.
6) Yŭ il Grande fece scavare un canale nella vallata che si apre tra la punta orientale e la punta occidentale del monte Lóngmén 龍門 a circa 12 chilometri da Luòyáng 洛阳.
7) I nomi Yàn 燕, Dài 代 , Hú 胡 e Mò 貉 si riferiscono alle popolazioni che abitavano in quelle che sono ora le regioni settentrionali della Cina.
8) Mèngzhū 孟諸 era il nome di un antico lago nella regione del Hénan 河南.
9) Jìzhōu 冀州 , nell’ attuale Hébĕi 河北 , era una delle nove provincie 九州 (“jiŭzhōu”) in cui Yŭ il Grande aveva diviso il suo impero.
10) Il fiume Rū 汝 , affluente del Huái 淮, scorre nella parte meridionale del Hénán 河南.
11) I nomi Jīng 荊, Chū 楚 , Gān 干 e Yuè 越 designano regioni della Cina meridionale.
Jīngzhōu 荊州, che fa attualmente parte della regione del Húbĕi 湖北, era una delle nove provincie create da Yŭ il Grande.
Il termine Chŭ 楚 indica il territorio, attualmente compreso nelle regioni del Húbĕi 湖北 e del Húnán 湖南 , su cui sorgeva l’antico Regno di Chŭ.
Col termine Gān 干 è indicata la zona bagnata dal fiume Gān nella regione del Jiāngxī 江西.
Col termine Yuè 越 si designano le zone delle attuali provincie del Zhéjiāng 浙江, di Shànghăi 上海 e del Jiāngsū 江苏 sulle quali sorgeva l’antico Regno di Yuè.
12) Il re Wén dei Zhōu 周文王governò le regioni occidentali dell’Impero dal 1100 a.C. al 1050 a.C.
13) Mencio ( Capitolo VII° 盡心 “jìnxīn”, Parte Prima, Paragrafo 22) elogia il re Wén per aver saputo garantire il benessere ai propri sudditi favorendo lo sviluppo dell’agricoltura e della sericoltura:
“Mencio disse:
Quando Bó Yí, che per sfuggire al re Zhòu si era ritirato sulle rive del Mare Settentrionale, udì che era salito al trono il re Wén si levò e disse: Perché non dovrei andare da lui e mettermi al suo servizio? Ho sentito dire che il re dell’Occidente sa bene come nutrire gli anziani.
Quando Tài Gōng, che per sfuggire al re Zhòu si era ritirato sulle rive del Mare Orientale, udì che era salito al trono il re Wén, si levò e disse: Perché non dovrei andare da lui e mettermi al suo servizio? Ho sentito dire che il re dell’Occidente sa bene come nutrire gli anziani.
Tutti gli uomini virtuosi ritenevano infatti opportuno raccogliersi intorno ad un sovrano che sapeva bene come nutrire gli anziani.
Egli aveva attribuito ad ogni famiglia cinque “mŭ” di giardino e intorno alle case aveva fatto piantare alberi di gelso con le cui foglie le donne nutrivano i bachi da seta e potevano così produrre abiti per vestire gli anziani. Aveva assegnato ad ogni famiglia cinque galline e due scrofe da allevare e far figliare in modo che gli anziani potessero sempre nutrirsi di carne. Aveva assegnato ad ogni agricoltore un podere di cento “mŭ”, la cui produzione era sufficiente a nutrire una famiglia di otto persone.
Coloro che dicevano “il re dell’Occidente sa bene come nutrire gli anziani”, intendevano riferirsi al modo in cui egli aveva regolato le abitazioni dei contadini e il lavoro dei campi, aveva insegnato alla gente a coltivare i gelsi e ad allevare animali da carne, aveva istruito le donne e i bambini a darsi da fare per assicurare il nutrimento agli anziani. A cinquant’anni d’età non si può resistere al freddo senza vestiti adatti, a settanta è necessario mangiare carne per mantenersi in salute.
Le persone che non dispongono né di abiti né di cibo sono esposte al freddo e alla fame, ma ciò non accadeva ai sudditi del re Wén.
Ecco perché si diceva che il re Wén sapeva come nutrire gli anziani.”
14) Il re Wŭ dei Zhōu 周武王 regnò soltanto tre anni, dal 1046 a.C. al 1043 a.C., ma, in questo breve periodo, riuscì ad abbattere la dinastia Shāng 商朝.
15) I termini Mán, Yí, Chōu e Mò 蠻 夷 醜 貉 designano le tribù barbare del sud, dell’est, dell’ovest e del nord.
16) Il carattere con cui si scrive il nome dell’ultimo sovrano della dinastia Shāng è 紂 (“zhòu”) e non 周 (“zhōu”), come figura erroneamente nel testo di Mòzĭ.
17) Il brano riporta alcune citazioni tratte dalla Grande Dichiarazione 泰誓 (“tài shì”) del re Wŭ quale figura nel Libro dei Documenti 尚書 (“shàngshū).
18) Il carattere 兼 (“jiàn”) il cui significato è “doppio”, “che fa due cose”, “che occupa due posti” ed il carattere 別 ("biè"), il cui significato è “dividere”,”separare”, “separato”,“altro”, “specifico”, ”peculiare”, vanno qui interpretati, rispettivamente, come “universale” e “particolare”. L’”amore universale”( 兼愛 “jiàn’ài”) è l’altruismo, l’”amore particolare” (別愛 “biè ài”) è l’egoismo.
19) Il termine 士 (“shì”) può significare “alto funzionario”, “intellettuale”, “saggio”. L’espressione (天下之士 “tiān xià zhī shì”) potrebbe dunque anche essere tradotta “i saggi dell’Impero”. Gli interlocutori di Mòzĭ erano evidentemente dei funzionari, categoria i cui membri, a quel tempo, erano reclutati principalmente tra gli intellettuali ed i letterati.
20) La “taglia” o “tacca”era un sistema molto usato in epoche di quasi generale analfabetismo come prova dell’esistenza di un credito. Una bacchetta di legno veniva tagliata in due praticandovi alcune tacche, poi un pezzo veniva dato a ciascuna delle parti. Se una persona si presentava al debitore per riscuotere il credito doveva provare di esserne il titolare esibendo un pezzo di bacchetta le cui estremità combaciassero perfettamente con le estremità del pezzo in possesso del debitore. Lo stesso procedimento veniva usato anche per la documentazione dell’esistenza di concessioni feudali e come sistema di riconoscimento.
21) Bā 巴 , Yuè 越 , Qí 齊 e Jīng 荊 erano, ai tempi di Mòzĭ, regioni situate alla periferia dell’Impero.
Il regno di Bā era situato nella parte orientale del Sìchuān 四川 .
Il territorio del regno di Yuè occupava parte delle attuali provincie del Zhéjiāng 浙江, di Shànghăi 上海 e del Jiāngsū 江苏.
Il regno di Qí era situato nell’attuale Shāndōng 山东.
La regione di Jīng comprendeva parte delle attuali provincie del Húbĕi 湖北 e del Húnán 湖南.
22) Non è chiaro perché Mòzĭ fissi qui a sei (聖六王 “shèng liù wáng”) il numero dei “saggi sovrani”dell’antichità, che vengono normalmente fatti corrispondere ai Tre Augusti e ai Cinque Imperatori (三皇五帝 “sān huáng wŭ dì”).
23) Prima della scoperta della carta, i materiali su cui si poteva scrivere erano la corteccia di bambù, tagliata in listelli, e la seta. Si potevano inoltre incidere dei testi su lastre di pietra, su oggetti di metallo, su piatti e vasi di giada o d’argilla.
24) Leggiamo nel terzo paragrafo della “Grande Dichiarazione” 泰誓 (“tài shì”) del re Wŭ , che figura nel Libro dei Documenti 尚書 (“shàngshū”), quanto segue: “Oh! Il mio defunto padre Wén brillava come il sole e come la luna. Il suo splendore illuminava tutto l’Impero ed in particolare le regioni occidentali. Per questo molti regni si sono affidati ai Zhōu. Se riuscirò a prevalere su Zhòu, non sarà soltanto grazie al mio valore, ma anche grazie alle eccelse virtù del mio defunto padre Wén. Se invece dovesse prevalere Zhòu, ciò non avverrebbe per colpa del mio defunto padre Wén, ma soltanto a causa della mia gioventù e della mia inesperienza”. (嗚呼!惟我文考若日月之照臨,光于四方,顯于西土。惟我有周誕受多方。予克受,非予武,惟朕文考無罪;受克予,非朕文考有罪,惟予小子無良.)
25) Secondo la leggenda, le tribù dei Miáo 苗 sarebbero state sconfitte e assoggettate dall’Imperatore Giallo 黃帝, il cui regno viene fatto risalire al 28° secolo a.C. Esse si ribellarono più volte nei secoli successivi ed anche all’epoca di Yŭ il Grande, che riuscì tuttavia a domare la loro rivolta.
26) L’espressione (樂耳目“lè ĕr mù”), letteralmente “rallegrare le orecchie e gli occhi”, può essere intesa in vari modi. Era uso frequente designare come “occhi ed orecchie del sovrano “ i ministri e i consiglieri dell’Imperatore. In questo caso, la frase vorrebbe dire che Yŭ non decise di fare guerra ai Miáo per compiacere i proprî collaboratori.’
27) Lǚ 履 era il nome personale dell’imperatore Táng 湯, fondatore della dinastia Shāng 商朝 , che regnò dal 1675 a.C. al 1646 a.C.
28) Ho così interpretato il termine 玄牡 (“xuān mŭ”), che designa genericamente un “animale maschio di colore scuro”.
29) La poesia figura al paragrafo 7 del capitolo del Libro dei Zhōu (周書 “zhōu shū”) intitolato” Il Grande Modello” ( 洪範 “hóng fàn”). Il Libro dei Zhōu fa parte del Libro dei Documenti (尚書 “shàng shū”).
30) Il termine 惡 (“wù”), che i dizionari traducono con “odio”, “ostilità”, “disprezzo”, andrebbe qui reso piuttosto con “indifferenza”, ”disinteresse”. L’amore per la propria famiglia non implica infatti l’odio per le famiglie altrui. Se inteso in senso egoistico (come amore “parziale”, anziché ”universale”) esso induce tuttavia a disinteressarsi degli altri e a non sentire il bisogno di aiutarli in caso di necessità.
31) I versi qui citati figurano nell’ode intitolata “Ritegno”( 抑 “yì”) che fa parte del “Libro delle Odi” ( 詩經 “shī jīng”), “Grandi Odi ( 大雅 “dà yă”), Decade di Dàng ( 蕩之什 ”dàng zhī shén”).
兼愛上
聖人以治天下爲事者也,必知亂之所自起,焉能治之。不知亂之所自起,則不能治。譬之如醫之攻人之疾者然,必知疾之所自起,焉能攻之。不知疾之所自起,則弗能攻。治亂者何獨不然?必知亂之所自起,焉能治之。不知亂之所自起,則弗能治。
聖人以治天下爲事者也,不可不察亂之所自起。當察亂何自起?起不相愛。臣子之不孝君父,所謂亂也。子自愛,不愛父,故虧父而自利。弟自愛,不愛兄,故虧兄而自利。臣自愛,不愛君,故虧君而自利。此所謂亂也。雖父之不慈子,兄之不慈弟,君之不慈臣,此亦天下之所謂亂也。父自愛也,不愛子,故虧子而自利。兄自愛也,不愛弟,故虧弟而自利。君自愛也,不愛臣,故虧臣而自利。是何也?皆起不相愛。雖至天下之爲盜賊者亦然。盜愛其室,不愛其異室,故竊異室以利其室。賊愛其身,不愛人,故賊人以利其身。此何也?皆起不相愛。雖至大夫之相亂家、諸侯之相攻國者亦然。大夫各愛其家,不愛異家,故亂異家以利其家。諸侯各愛其國,不愛異國,故攻異國以利其國。天下之亂物,具此而已矣!察此何自起,皆起不相愛。
若使天下兼相愛,愛人若愛其身,猶有不孝者乎?視父、兄與君若其身,惡施不孝?猶有不慈者乎?視弟子與臣若其身,惡施不慈?故不孝、不慈、亡有,猶有盜賊乎?故視人之室若其室,誰竊?視人身若其身,誰賊?故盜賊亡有。猶有大夫之相亂家、諸侯之相攻國者乎?視人家若其家,誰亂?視人國若其國,誰攻?故大夫之相亂家、諸侯之相攻國者亡有。
若使天下兼相愛,國與國不相攻,家與家不相亂,盜賊無有,君臣父子皆能孝慈,若此則天下治。故聖人以治天下爲事者,惡得不禁惡而勸愛?故天下兼相愛則治,交相惡則亂。故子墨子曰不可以不勸愛人者,此也。
兼愛中
子墨子言曰:仁人之所以爲事者,必興天下之利,除去天下之害,以此爲事者也。然則天下之利何也?天下之害何也?子墨子言曰:今若國之與國之相攻,家之與家之相篡,人之與人之相賊,君臣不惠忠,父子不慈孝,兄弟不和調,此則天下之害也。
然則察此害亦何用生哉?以不相愛生邪?子墨子言:以不相愛生。今諸侯獨知愛其國,不愛人之國,是以不憚舉其國,以攻人之國。今家主獨知愛其家,而不愛人之家,是以不憚舉其家,以篡人之家,今人獨知愛其身,不愛人之身,是以不憚舉其身,以賊人之身。是故諸侯不相愛,則必野戰。家主不相愛,則必相篡。人與人不相愛,則必相賊。君臣不相愛,則不惠忠。父子不相愛,則不慈孝。兄弟不相愛,則不和調。天下之人皆不相愛,強必執弱,富必侮貧,貴必敖賤,詐必欺愚。凡天下禍篡怨恨,其所以起者,以不相愛生也。是以仁者非之。
旣以非之,何以易之?子墨子言曰:以兼相愛、交相利之法易之。然則兼相愛、交相利之法將奈何哉?子墨子言:視人之國,若視其國。視人之家,若視其家。視人之身,若視其身。是故諸侯相愛,則不野戰。家主相愛,則不相篡。人與人相愛,則不相賊。君臣相愛,則惠忠。父子相愛,則慈孝。兄弟相愛,則和調。天下之人皆相愛,強不執弱,衆不劫寡,富不侮貧,貴不敖賤,詐不欺愚。凡天下禍篡怨恨,可使毋起者,以相愛生也。是以仁者譽之。
然而今天下之士君子曰:然!乃若兼則善矣。雖然,天下之難物於故也。子墨子言曰:天下之士君子,特不識其利、辯其故也。今若夫攻城野戰,殺身爲名,此天下百姓之所皆難也。苟君說之,則士衆能爲之。況於兼相愛、交相利,則與此異!夫愛人者,人必從而愛之。利人者,人必從而利之。惡人者,人必從而惡之。害人者,人必從而害之。此何難之有?特上弗以爲政、士不以爲行故也。
昔者晉文公好士之惡衣,故文公之臣皆牂羊之裘,韋以帶劍,練帛之冠,入以見於君,出以踐於朝。是其故何也?君說之,故臣爲之也。昔者楚靈王好士細要,故靈王之臣皆以一飯爲節,脇息然後帶,扶牆然後起。比期年,朝有黧黑之色。是其故何也?君說之,故臣能之也。昔越王句踐好士之勇,教馴其臣,和合之,焚舟失火,試其士曰:「越國之寶盡在此!」越王親自鼓其士而進之,土聞鼓音,破碎亂行,蹈火而死者,左右百人有餘,越王擊金而退之。是其故何也?君說之,故臣爲之也。
是故子墨子言曰:乃若夫少食惡衣,殺身而爲名,此天下百姓之所皆難也。若苟君說之,則衆能爲之。況兼相愛、交相利,與此異矣!夫愛人者,人亦從而愛之。利人者,人亦從而利之。惡人者,人亦從而惡之。害人者,人亦從而害之。此何難之有焉?特士不以爲政而士不以爲行故也。
然而今天下之士君子曰:然!乃若兼則善矣。雖然,不可行之物也。譬若挈太山、越河濟也。子墨子言:是非其譬也。夫挈太山而越河濟,可謂畢劫有力矣。自古及今,未有能行之者也。況乎兼相愛、交相利,則與此異,古者聖王行之。何以知其然?古者禹治天下,西爲西河漁竇,以洩渠孫皇之水。北爲防原泒,注后之邸、嘑池之竇,洒爲底柱,鑿爲龍門,以利燕代胡貉與西河之民。東方漏之陸,防孟諸之澤,灑爲九澮,以楗東土之水,以利冀州之民。南爲江漢淮汝,東流之,注五湖之處,以利荊楚干越與南夷之民。此言禹之事,吾今行兼矣。昔者文王之治西土,若日若月,乍光於四方,于西土。不爲大國侮小國,不爲衆庶侮鰥寡,不爲暴勢奪穡人黍稷狗彘。天屑臨文王慈,是以老而無子者,有所得終其壽。連獨無兄弟者,有所雜於生人之間。少失其父母者,有所放依而長。此文王之事,則吾今行兼矣。昔者武王將事泰山隧。傳曰:「泰山,有道曾孫周王有事。大事旣獲,仁人尚作,以祗商夏、蠻夷醜貉。雖有周親,不若仁人萬方有罪,維予一人。」此言武王之事,吾今行兼矣。
是故子墨子言曰:今天下之士君子,忠實欲天下之富而惡其貧,欲天下之治而惡其亂,當兼相愛、交相利,此聖王之法,天下之治道也,不可不務爲也。
兼愛下
子墨子言曰:仁人之事者,必務求興天下之利,除天下之害。然當今之時,天下之害,孰爲大?曰:若大國之攻小國也,大家之亂小家也,強之劫弱,衆之暴寡,詐之謀愚,貴之敖賤,此天下之害也。又與爲人君者之不惠也,臣者之不忠也,父者之不慈也,子者之不孝也,此又天下之害也。又與今人之賤人,執其兵刃毒藥水火,以交相虧賊,此又天下之害也。姑嘗本原若衆害之所自生。此胡自生?此自愛人、利人生與?卽必曰非然也,必曰從惡人、賊人生。分名乎天下,惡人而賊人者,兼與?別與?卽必曰別也。然卽之交別者,果生天下之大害者與?是故別非也。
子墨子曰:非人者必有以易之,若非人而無以易之,譬之猶以水救水也,其說將必無可焉。是故子墨子曰:兼以易別。然卽兼之可以易別之故何也?曰:藉爲人之國若爲其國,夫誰獨舉其國以攻人之國者哉?爲彼者由爲己也。爲人之都,若爲其都,夫誰獨舉其都以伐人之都者哉?爲彼猶爲己也。爲人之家,若爲其家,夫誰獨舉其家以亂人之家者哉?爲彼猶爲己也。然卽國都不相攻伐,人家不相亂賊,此天下之害與?天下之利與?卽必曰天下之利也。姑嘗本原若衆利之所自生。此胡自生?此自惡人賊人生與?卽必曰非然也,必曰從愛人利人生。分名乎天下愛人而利人者,別與?兼與?卽必曰兼也。然卽之交兼者,果生天下之大利者與?是故子墨子曰兼是也。且鄉吾本言曰:仁人之事者,必務求興天下之利,除天下之害。今吾本原兼之所生,天下之大利者也。吾本原別之所生,天下之大害者也是故子墨子曰別非而兼是者,出乎若方也。
且鄉吾本言曰:仁人之事者,必務求興天下之利,除天下之害。今吾本原兼之所生,天下之大利者也;吾本原別之所生,天下之大害者也。」是故子墨子曰:「別非而兼是者,」出乎若方也。
今吾將正求興天下之利而取之,以兼爲正。是以聰耳明目相與視聽乎!是以股肱畢強相爲動宰乎!而有道肆相教誨。是以老而無妻子者,有所侍養以終其壽。幼弱孤童之無父母者,有所放依以長其身。今唯毋以兼爲正,卽若其利也。不識天下之士,所以皆聞兼而非者,其故何也?然而天下之士,非兼者之言猶未止也,曰:「卽善矣,雖然,豈可用哉?」子墨子曰:「用而不可,雖我亦將非之。且焉有善而不可用者?姑嘗兩而進之。誰以爲二士,使其一士者執別,使其一士者執兼。是故別士之言曰:『吾豈能爲吾友之身若爲吾身?爲吾友之親若爲吾親?』是故退睹其友,飢卽不食,寒卽不衣,疾病不侍養,死喪不葬埋。別士之言若此,行若此。兼士之言不然,行亦不然。曰:『吾聞爲高士於天下者,必爲其友之身,若爲其身,爲其友之親,若爲其親,然後可以爲高士於天下。』是故退睹其友,飢則食之,寒則衣之,疾病侍養之,死喪葬埋之。兼士之言若此,行若此。若之二士者,言相非而行相反與?當使若二士者,言必信,行必果,使言行之合,猶合符節也,無言而不行也。然卽敢問:今有平原廣野於此,被甲嬰胄,將往戰,死生之權,未可識也。又有君大夫之遠使於巴、越、齊、荊,往來及否未可識也。然卽敢問:不識將惡也?家室,奉承親戚、提挈妻子而寄託之?不識於兼之有是乎?於別之有是乎?我以爲當其於此也,天下無愚夫愚婦,雖非兼之人,必寄託之於兼之有是也。此言而非兼,擇卽取兼,卽此言行費也。不識天下之士,所以皆聞兼而非之者,其故何也。
然而天下之士,非兼者之言,猶未止也。曰:意可擇士,而不可以擇君乎?姑嘗兩而進之。誰以爲二君,使其一君者執兼,使其一君者執別。是故別君之言曰:「吾惡能爲吾萬民之身若爲吾身?此泰非天下之情也。人之生乎地上之無幾何也,譬之猶駟馳而過隙也。」是故退睹其萬民,飢卽不食,寒卽不衣,疾病不侍養,死喪不葬埋。別君之言若此,行若此。兼君之言不然,行亦不然,曰:「吾聞爲明君於天下者,必先萬民之身,後爲其身,然後可以爲明君於天下。」是故退睹其萬民,飢卽食之,寒卽衣之,疾病侍養之,死喪葬埋之。兼君之言若此,行若此。然卽交若之二君者,言相非而行相反與?常使若二君者,言必信,行必果,使言行之合,猶合符節也,無言而不行也。然卽敢問:今歲有癘疫,萬民多有勤苦凍餒,轉死溝壑中者,旣已衆矣。不識將擇之二君者,將何從也?我以爲當其於此也,天下無愚夫愚婦,雖非兼者,必從兼君是也。言而非兼,擇卽取兼,卽此言行拂也,不識天下所以皆聞兼而非之者,其故何也。
然而天下之士,非兼者之言也,猶未止也,曰:兼卽仁矣,義矣。雖然,豈可爲哉?吾譬兼之不可爲也,猶挈泰山以超江、河也。故兼者,直願之也,夫豈可爲之物哉?子墨子曰:夫挈泰山以超江、河,自古之及今,生民而來未嘗有也。今若夫兼相愛、交相利,此自先聖六王者親行之。何知先聖六王之親行之也?子墨子曰:吾非與之並世同時,親聞其聲,見其色也。以其所書於竹帛,鏤於金石,琢於槃盂,傳遺後世子孫者知之。《泰誓》曰:文王若日若月,乍照,光於四方,於西土。」卽此言文王之兼愛天下之博大也,譬之日月,兼照天下之無有私也卽此文王兼也。雖子墨子之所謂兼者,於文王取法焉!且不惟《泰誓》爲然,雖《禹誓》卽亦猶是也。禹曰:「濟濟有衆,咸聽朕言!非惟小子,敢行稱亂。蠢茲有苗,用天之罰。若予旣率爾羣封諸君,以征有苗。」禹之征有苗也,非以求以重富貴,干福祿,樂耳目也。以求興天下之利,除天下之害。卽此禹兼也。雖子墨子之所謂兼者,於禹求焉。
且不惟《禹誓》爲然,雖《湯說》卽亦猶是也。湯曰:「惟予小子履,敢用玄牡,告於上天后後曰:『今天大旱,卽當朕身履,未知得罪於上下有善不敢蔽,有罪不敢赦,簡在帝心。萬方有罪,卽當朕身。朕身有罪,無及萬方。』」卽此言湯貴爲天子,富有天下,然且不憚以身爲犧牲,以祠說於上帝鬼神,卽此湯兼也。雖子墨子之所謂兼者,於湯取法焉。
且不惟《誓命》與《湯說》爲然,周《詩》卽亦猶是也。周《詩》曰:「王道蕩蕩,不偏不黨,王道平平,不黨不偏。其直若矢,其易若底。君子之所履,小人之所視。」若吾言非語道之謂也?古者文、武爲正,均分賞賢罰暴,勿有親戚弟兄之所阿。卽此文、武兼也。雖子墨子之所謂兼者,於文、武取法焉。不識天下之人,所以皆聞兼而非之者,其故何也。
然而天下之非兼者之言,猶未止。曰:意不忠親之利,而害爲孝乎?子墨子曰:姑嘗本原之孝子之爲親度者。吾不識孝子之爲親度者,亦欲人愛利其親與?意欲人之惡賊其親與?以說觀之,卽欲人之愛利其親也。然卽吾惡先從事卽得此?若我先從事乎愛利人之親,然後人報我愛利吾親乎?意我先從事乎惡人之親,然後人報我以愛利吾親乎?卽必吾先從事乎愛利人之親,然後人報我以愛利吾親也。然卽之交孝子者,果不得已乎?毋先從事愛利人之親者與?意以天下之孝子爲遇,而不足以爲正乎?姑嘗本原之。先王之所書《大雅》之所道,曰:「無言而不讎,無德而不報。投我以桃,報之以李。」卽此言愛人者必見愛也,而惡人者必見惡也。不識天下之士,所以皆聞兼而非之者,其故何也。意以爲難而不可爲邪?嘗有難此而可爲者。昔荊靈王好小要,當靈王之身,荊國之士飯不踰乎一,固據而後興,扶垣而後行。故約食爲其難爲也,然後爲而靈王說之,未踰於世而民可移也,卽求以鄉其上也。昔者越王句踐好勇,教其士臣三年,以其知爲未足以知之也。焚舟失火,鼓而進之。其士偃前列,伏水火而死,有不可勝數也。當此之時,不鼓而退也,越國之士可謂顫矣。故焚身爲其難爲也,然後爲之,越王說之,未踰於世而民可移也,卽求以鄉上也。昔者晉文公好苴服。當文公之時,晉國之士大布之衣,牂羊之裘,練帛之冠,且苴之屨,入見文公,出以踐之朝。故苴服爲其難爲也,然後爲,而文公說之,未踰於世而民可移也,卽求以鄉其上也。是故約食、焚舟、苴服,此天下之至難爲也,然後爲,而上說之,未踰於世而民可移也,何故也?卽求以鄉其上也。今若夫兼相愛、交相利,此其有利,且易爲也,不可勝計也。我以爲則無有上說之者而已矣。苟有上說之者,勸之以賞譽,威之以刑罰,我以爲人之於就兼相愛、交相利也,譬之猶火之就上、水之就下也,不可防止於天下。
故兼者,聖王之道也,王公大人之所以安也,萬民衣食之所以足也。故君子莫若審兼而務行之。爲人君必惠,爲人臣必忠,爲人父必慈,爲人子必孝,爲人兄必友,爲人弟必悌。故君子莫若欲爲惠君、忠臣、慈父、孝子、友兄、悌弟,當若兼之不可不行也。此聖王之道,而萬民之大利也。