Diario del Viaggio in Italia
Kāng Yŏuwéi 康有為 (1858-1927) partecipò attivamente alla vita politica cinese negli ultimi anni della dinastia Qīng 清朝.
Studioso di Confucio, nel quale vedeva un riformatore, e non un pensatore reazionario, come era invece considerato da molti intellettuali nel XIX° secolo, propugnò l’instaurazione in Cina di una monarchia costituzionale, sulla falsariga di ciò che era accaduto in Giappone nell’era Meiji 明治.
Insieme con Liáng Qĭchāo 梁啓超 (1873-1929) svolse un ruolo di rilievo nella Riforma dei Cento Giorni ( 戊戌變法 ”wùxū biànfă”) promossa dall’imperatore Guāngxù 光緒帝 nel 1898.
Quando un colpo di stato ordito dall’imperatrice vedova Cíxī 慈禧太后 esautorò l’imperatore e pose fine alle riforme, i capi del movimento liberale furono condannati a morte.
Kāng riuscì a salvarsi rifugiandosi in Giappone.
In seguito visitò diversi paesi del mondo per propagandare le proprie idee, in particolare presso le comunità di immigrati cinesi.
Fu dapprima in India, poi, nel 1904, visitò l’Italia da cui proseguì il viaggio per altri paesi europei.
Dei suoi viaggi in Europa lasciò più tardi un resoconto, intitolato “Diari di viaggio in undici paesi europei (歐洲十一國遊記 “oūzhōu shíyī guó yóuj”), in cui è notevole la parte dedicata all’Italia, il primo paese europeo da lui visitato in quell'occasione. (1)
Il “Diario del viaggio in Italia” (意大利游记 “yìdàlì yóujì") non contiene unicamente descrizioni di città, monumenti e paesaggi, ma presenta anche numerose ed ampie riflessioni di natura economica, sociale e politica.
È a queste ultime che dedicheremo la nostra attenzione nelle pagine che seguono.
Il breve soggiorno di Kāng in Italia durò dal 16 al 28 giugno 1904. (2)
Sbarcato a Brindisi , proveniente dall’Egitto, Kāng si diresse dapprima a Napoli e, durante la sosta in quella città, visitò gli scavi di Pompei e salì sul Vesuvio. Si spostò poi a Roma, dove ammirò i monumenti dell’Antichità. Da Roma passò Milano e partì infine per la Svizzera.
Il primo impatto con l’Italia fu deludente.
Nell’immaginario cinese, e specialmente nella fantasia degli intellettuali progressisti, l’Occidente rappresentava il culmine dello sviluppo culturale, sociale, scientifico, economico ed industriale, una specie di Paradiso Terrestre, in cui tutti erano ricchi, colti, bene educati, e pieni di talento.
Questa rappresentazione oleografica va in frantumi non appena Kāng incontra gli Italiani.
“Gli Italiani” annota infatti con amarezza, generalizzando arbitrariamente un’esperienza sgradevole occorsagli sulla nave che lo trasporta dall’Egitto in Italia e facendo propri, senza molto spirito critico, i luoghi comuni propinatigli da altri passeggeri, ”sono assai poveri e quindi tra loro vi sono molti imbroglioni e ladri.” (2)
“Rispetto alla Cina” prosegue mentre visita le città italiane” ci sono più costruzioni in muratura, ma il livello di vita della popolazione non risulta in generale più elevato di quello che si constata in Cina”.
Scandalizzato dalle frotte di mendicanti e di venditori ambulanti che lo assillano per le vie di Napoli, sbotta:” Non avrei mai pensato di trovare tanti imbroglioni e ladri. Quando visitai l’America e l’Europa e giunsi fino a Londra…provai una delusione. … Sbarcando in Italia, la delusione è stata ancora più forte. Tutti i paesi dell’Europa settentrionale sono migliori del nostro paese. L’Italia invece è proprio come la Cina…”.
L’impressione complessiva che Kāng ricava dal contatto con l’Italia è quella di un’evidente arretratezza ( specie nelle regioni meridionali) che troverà poi conferma nel confronto con le società più evolute della Germania e dell’Inghilterra.
Questa constatazione lo porta ad osservare che le condizioni dell’Italia e della Cina sono in un certo senso paragonabili: “.“L’Italia, come la Cina, ha molte terre incolte e una popolazione numerosa; come la Cina, è povera di macchinari; come la Cina, è un paese antico con antichi costumi; come la Cina, è costretta a far emigrare i suoi abitanti; come la Cina, è ancora poco industrializzata. Per conseguenza il nostro paese può imitare il modo in cui l’Italia si è rinnovata”.
L’importante processo politico culminato, pochi decenni prima, nell’unificazione del paese e nella creazione di una monarchia costituzionale merita di essere valutato positivamente e costituisce un modello di riforme che potrebbe utilmente servire d’esempio alla Cina.
I protagonisti degli eventi che hanno portato alla formazione dell’Italia unita sono stati Mazzini e l’eroico generale Garibaldi, dei quali Kāng sembra tuttavia criticare le idee “rivoluzionarie”, e il conte di Cavour che, invece, ha saputo conciliare con grande avvedutezza riformismo e tradizione, servendo fedelmente il re Vittorio Emanuele.
È a Cavour, per questo aspetto che potremmo dire “confuciano” della sua azione di governo, che vanno le simpatie di Kāng, il quale lo paragona, con riferimento alla sua straordinaria abilità politica e diplomatica, al famoso cancelliere del regno di Shū Hàn 蜀漢, Zhūgè Liáng 諸葛亮.
Soffermandosi sull’ arretratezza dell’Italia rispetto ad altri Stati europei, Kāng ne individua le cause un po’ nella tardiva unificazione del paese, ma anche e soprattutto nella frammentazione dell’Europa che fece seguito alla caduta dell’Impero Romano.
La fioritura di una nazione - egli osserva- coincide abitualmente con i periodi della sua unità statale. Anche la Cina ha prosperato quando è stata retta da un governo unitario ed è decaduta, rischiando addirittura di scomparire, quando sono prevalsi i particolarismi locali.
La nascita e l’affermazione dell’Impero Romano costituiscono per Kāng un modello di valore universale. ”Se volete capire lo sviluppo del mondo “egli scrive” dovete studiare le vicende dell’Europa. Se volte capire la storia dell’Europa, dovete vedere i monumenti di Roma Antica”.
Per comprendere la storia è indispensabile conoscere ciò che hanno fatto le infinite generazioni che ci hanno preceduto e questa conoscenza ce la possono fornire soltanto la letteratura e i monumenti.
Quando visita gli scavi di Pompei, Kāng loda gli Italiani per la cura con cui si sforzano di conservare le memorie dell’Antichità.“Un popolo che non venera gli uomini illustri e che trascura i monumenti dell’Antichità” sentenzia ”è un popolo di barbari, avviato ad un triste destino”.
Kāng osserva con amarezza che la scarsità di monumenti storici in Cina è dovuta a due fattori.
Essa è legata, in primo luogo, ad un atteggiamento mentale largamente diffuso che deriva dalle vicende storiche del paese. Nel corso dei millenni, ogni nuova dinastia ha cercato di cancellare la memoria della dinastia precedente, rovesciata con la forza, distruggendone i monumenti. Questa prassi ricorrente ha creato nel popolo un totale disinteresse per il passato. Così, ad esempio, le splendide residenze costruite un tempo nel Guāngdōng dalle famiglie ragguardevoli sono a poco a poco andate in rovina senza che nessuno si desse da fare per conservarle.Una seconda ragione, di carattere puramente materiale, sta nel fatto che in Cina anche le costruzioni più importanti sono in genere di legno, materiale molto più deperibile della pietra, e si degradano quindi con molta facilità.
Pur ammirando l’Impero Romano, Kāng non può ignorare che esso si è affermato con la guerra, cioè con una azione violenta esercitata a danno di altri popoli. Egli riconosce tuttavia che la violenza, seppur condannabile, può contribuire alla nascita di una civiltà. Gli Inglesi, ad esempio, hanno creato il loro impero con la violenza, ma hanno saputo imparare dalle altre culture ed hanno instaurato, nei territori a loro assoggettati, un sistema di governo che si fonda su valori di civiltà e non su meri rapporti di forza.
Le leggi dell’evoluzione contemplano una tendenza all’unificazione riunendo i gruppi umani in clan da cui si passa a tribù da cui si passa a nazioni da cui si passa a grandi imperi. Nell’ambito di questo schema di sviluppo la guerra può svolgere una sua funzione positiva in quanto contribuisca alla creazione di un più ampio organismo unitario.
Non per nulla Confucio propugnava la “grande unificazione”( 大一统 “dà yītōng”) e Mencio affermava la necessità di “puntare all’uno”( 定于一 “dìng yú yī”).
L’unità porta infatti con sé la cessazione dei conflitti armati, che si riaccendono non appena uno Stato comincia a disgregarsi.
L’Impero di Roma sostituì alla precedente situazione di disordine che regnava in Europa la ”pax romana” e diffuse in tutto il continente la civiltà romana con la sua lingua, la sua letteratura, le sue istituzioni ed i suoi monumenti, che costituiscono ancor oggi il fondamento della civiltà europea.
“Che contrasto” lamenta Kāng” con la Cina, paese in cui si trascurano tanto la cultura quanto la scienza della politica!”.
La storia ci insegna che l’Impero Romano fu distrutto dai dissensi interni.
Anche se alcuni studiosi moderni ritengono che la competizione sia di stimolo al progresso, ciò non può essere considerato come una regola di portata generale.La competizione svolge un ruolo positivo quando porta all’aggregazione, ma quando si inserisce in una fase di disgregazione non può che aggravare il processo di degrado.
Secondo Kāng, la divisione porta alla guerra, che ha in questo caso conseguenze disastrose. Egli osserva che i continui conflitti tra i popoli europei faranno ricadere l’Europa in un nuovo lungo medioevo. Se si considera che queste riflessioni furono pubblicate nel 1905, si deve riconoscere che Kāng fu un buon profeta.
Kāng conclude che la relativa arretratezza di un paese come l’Italia non è un buon motivo per sostenere che la Cina debba respingere la cultura occidentale. L’Italia non rappresenta tutto l’Occidente e, comunque, ogni civiltà possiede pregi e difetti.
L’interazione fra le diverse civiltà è indispensabile per assicurare il progresso di tutti i paesi.
Non si può certo negare che l’accettazione degli schemi di pensiero occidentali comporti il rischio di provocare la fine della Cina come nazione e la scomparsa della sua millenaria civiltà. D’altra parte, è ragionevole pensare che la disponibilità ad accogliere le conoscenze e la tecnica dell’Occidente possa giovare alla Cina e consentirle di rinnovarsi.
Non si possono accettare i vantaggi dell’apertura senza metterne in conto anche gli svantaggi ed i pericoli.
L’unica soluzione che non è neppure concepibile è un atteggiamento preconcetto di chiusura, il quale non comporterebbe altro che danni.
NOTE
1) Il“Diario del viaggio in Italia” fu pubblicato nel 1905 ed ebbe numerose ristampe negli anni successivi. “Il Diario del viaggio in Francia” fu pubblicato nel 1907. Il resto dell’opera fu pubblicato solo dopo la morte dell’autore.
2) Le date del soggiorno sono fornite da Martina Turriziani nell’articolo “I tre eroi del risorgimento italiano nell’Yidali Youji (1905) di Kang Youwei (1858-1927): un elogio a Cavour” pubblicato in Associazione Italiana di Studi Cinesi , Atti del XV convegno 20915 a cura di Tommaso Pellin e Giorgio Trentin, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, 2017.
3) I brani del “Diario del viaggio in Italia” riportati tra virgolette non sono tradotti direttamente dall’originale cinese, che non ho potuto consultare. Per alcuni di essi ho utilizzato le traduzioni trovate in Giuliano Bartolucci, il “Viaggio in Italia di K’ang Yu-wei (3-13 maggio 1904), in “Cina”,, n.4, 1958, pagg.82-91. Altri sono stati tradotti da un articolo su Internet intitolato “从《意大利游记》看康有为之文明论,以儒学为核心,推崇大一统” (“Esame della teoria della civiltà di Kang Youwei fondata sulla dottrina confuciana della “grande unificazione”, condotto sulla base del “Diario del viaggio in Italia”).