Il Diario di Fāng Fāng
Riporto qui di seguito la mia traduzione di due testi: una “lettera aperta” indirizzata alla scrittrice Fāng Fāng, autrice di un “Diario” pubblicato su Internet, e la risposta dell’interessata.
Lettera di un liceale alla zia Fāng Fāng (1)(2)
Cara zia (3) Fāng Fāng,
Il nostro professore di lingua e letteratura ci ha detto che, in questo momento, l’intera popolazione deve impegnarsi nella lotta contro l’epidemia, che tutti i cittadini del paese devono essere stimolati ed educati a darsi da fare per questo. Ci ha perciò chiesto di scrivere una lettera alle grandi personalità del Húbĕi, tra le quali ci saresti anche tu. Non so se io debba scriverti. Non sono sicuro che tu sia una grande personalità del Húbĕi. Su Internet si può leggere che l’epidemia ha reso famosa una scrittrice, una scrittrice del Húbĕi, e questa scrittrice sei tu, zia Fāng Fāng, con il tuo celebre “Diario”. Tu sei una che ci ha guadagnato da questa epidemia.
Io sono uno studente del liceo scientifico e non mi è molto chiaro che cosa significhi il termine scrittore. Ne ho cercato la definizione nell’enciclopedia Băidū, ma i risultati della ricerca mi hanno lasciato un po’ confuso. Da un lato, l’enciclopedia dice che lo scrittore è una persona di talento che ispira e motiva i lettori con la bellezza delle sue opere. Però ho anche letto che lo scrittore è uno che affronta temi di importanza fondamentale e che svolge un’azione positiva nella società.(4) Non saprei dire quale delle due definizioni sia quella giusta. Può spiegarmi tu, zia Fāng Fāng, che cos’è uno scrittore?
Vedo che il tuo ormai celebre “Diario” descrive il diffondersi dell’epidemia a Wŭhàn. La gente di Wŭhàn dice che tu stai scrivendo sull’espansione del contagio nella città, su tutto ciò che succede accanto a te, su ciò che accade ai tuoi vicini. Non abito a Wŭhàn e non sono quindi in grado di dire se ciò che tu scrivi è vero o no, o se è assolutamente esatto. Lo scrittore è “l’ingegnere dell’animo umano”.(5) Se scrivesse cose che non corrispondono alla realtà, non sarebbe un po’come se perdesse la propria anima?
Ho constatato che i lettori del tuo “Diario” hanno opinioni divergenti. Su Internet, alcuni ti sostengono, dicono che sei grande, che osi dire la verità, che sei ancor meglio di un redivivo Lŭ Xùn; altri, invece, pensano che tu riesca a vedere solo le disfunzioni e che non sia capace di cogliere l’energia positiva che esiste nella nostra società. Chi ha torto? Chi ha ragione? Non è certo un povero studente liceale come me che è in grado di dirlo e che può sapere da che parte schierarsi.
Mi sembra tuttavia che, per valutare una persona o per giudicare un fatto, occorra piazzarli nel loro contesto. Che senso ha esaminare una cosa avulsa dal suo contesto? È un po’ come guardare uno spezzone di film su Internet senza vederne né l’inizio né la fine. Non se ne capisce niente e ci si irrita, quando, magari, se lo si vede tutto, è una storia interessante e commovente.
Cara zia Fāng Fāng, Lŭ Xùn nacque in un periodo in cui l’oscurità prevaleva sulla luce, l’oppressione non era mai stata così forte e la schiavitù non era mai stata così pesante. Era un’epoca caratterizzata dalla resistenza alla tirannia e dalla lotta per la libertà. Ciò che Lŭ Xùn fece fu di assumersi le responsabilità di quell’epoca: tale era, a quel tempo, la missione dello scrittore. Quando leggo il tuo diario, rimango perplesso. Devo forse credere che i tempi sono cambiati, che ciò che per Lŭ Xùn era la missione dello scrittore non lo è più per gli scrittori del giorno d’oggi? In un’epoca illuminata come la nostra, lo scrittore deve sforzarsi di rinsaldare lo spirito della nazione o deve invece concentrarsi sulle carenze, ricercandole e denunciandole senza sosta? Io non so rispondere a questa domanda, ma tu, che sei una scrittrice, dovresti poterlo fare.
Il nostro professore di scienze politiche ci ha spiegato che nessun regime è perfetto, nessun partito è puro e senza difetti, nessun sistema politico è immune da disfunzioni, altrimenti non ci sarebbe mai bisogno né di riforme né di innovazioni. Ciascuno di noi è un membro della società e, come tale, ha il diritto e il dovere di controllarne il funzionamento. Non è soltanto un compito degli scrittori! Tuttavia, se uno non fa altro che criticare i difetti del Partito e del Paese, ci si può domandare se la sua attenzione sia ancora focalizzata, come era di certo il suo intento originario, sul “bene comune”. Il professore ci ha fatto un esempio: Se qualcuno corregge un collega, spiegandogli che, in un caso specifico, non ha fatto un buon lavoro, il collega gliene sarà grato, ma se questa persona non fa che criticare sempre, dovunque e in qualsiasi circostanza, si potrà ancora dire che avanza delle proposte costruttive? Non ti sembra che il nostro professore abbia ragione, zia Fāng Fāng?
Stavo leggendo il tuo “Diario”, quando un’amica mi ha telefonato ed io gliene ho parlato. Lei ha riconosciuto che tu dici la verità, ma ha aggiunto che non è sempre opportuno dire la verità e mi ha fatto anche lei un esempio. Mettiamo che una bambina venga ad una festa da noi con i suoi genitori. Nel pieno della festa, la bambina salta su e dice dinanzi a tutti: “ Papà e mamma si agitano troppo durante la notte, fanno un gran rumore e non mi lasciano dormire”. Non credi che i suoi genitori si sentiranno a disagio? Eppure è vero. I genitori si agitano e fanno rumore durante la notte e la bambina, anche se si tappa le orecchie, non riesce a dormire. Ma è opportuno raccontarlo in pubblico? La mia amica mi ha detto che il tuo “Diario”, zia Fāng Fāng, è come questa bambina: racconta a tutti tutto ciò che succede a Wŭhàn. Ecco, guardate tutti come Wŭhàn se la passa con la malattia!
La mia amica ha concluso che tu sei libera di scrivere, di pubblicare ciò che vuoi- ci mancherebbe altro -, ma s’è chiesta se non dovresti fare un po’ più attenzione a ciò che scrivi.
Cara Zia Fāng Fāng, mi è molto dispiaciuto che la mia amica abbia fatto queste osservazioni nei tuoi confronti e, in quel momento, ti ho subito difesa, ma, ripensandoci dopo, a mente fredda, non mi sembra che avesse poi tutti i torti. Scrivendo come fai tu, non finisci un po’ per lavare i panni sporchi in pubblico? Di fronte ad un’epidemia così grave, di cui non conosciamo ancor bene tutte le caratteristiche, non ci sono settori in cui possiamo trovarci impreparati, o addirittura aspetti a cui nessuno ha mai pensato? Non è immaginabile che si possa sempre migliorare, che si possano costantemente fare dei progressi?
Quando ero bambino, mia madre mi diceva sempre che i panni sporchi si lavano in casa. Non lo si diceva anche a casa tua, zia Fāng Fāng? Tu sai bene che, allorché ci dibattiamo nelle più gravi difficoltà, è essenziale non lasciarsi abbattere, non disperare, bensì trovare ragioni di resistere e confidare nella sopravvivenza. Tu sei una scrittrice, dunque, come si dice, un “ingegnere dell’animo umano”. Dovresti essere la prima ad infondere fiducia nella gente! Invece, ciò che tu stai facendo è come correre per le strade urlando a gran voce “Vergogna!”. E lo fai a testa alta, come se fossi solo tu dalla parte del giusto! Non ti ricordi più che, quando Wŭhàn era nel pieno del contagio, quando la gente era depressa e sfiduciata, quando battevano i denti e la loro faccia era stravolta, tu sei stata al loro fianco e li hai incitati a resistere: “Fatevi coraggio! I medici arriveranno! Stanno già venendo qui!”
Quello, sì, fu un bel gesto!
Quest’anno compirò sedici anni. Finora, non avevo mai pensato di dover “essere grato” a qualcuno. Ritenevo assolutamente normale che i miei genitori facessero per me tutto ciò che fanno e, se non ero contento di qualche cosa, mi arrabbiavo. Una volta, in un video, ho sentito parlare di un ragazzo che a casa sua era trattato come un reuccio: gli bastava stendere la mano per poter avere tutti i vestiti che voleva, aprire la bocca per poter mangiare tutti i cibi che voleva, aveva abiti ed alimenti in abbondanza, eppure era così viziato che spesso se la prendeva con i suoi genitori e si lamentava di questo o di quello. Un giorno, dopo un litigio con i genitori, andò via di casa sbattendo la porta e si mise a girare per le strade. Fuori faceva freddo e, dopo che ebbe girovagato a lungo, gli venne una gran fame. Allora si rivolse al padrone di un ristorante sul bordo della strada: ”Zietto, abbi pietà, sto morendo di fame!”. L’uomo ebbe compassione del ragazzo e gli diede una scodella di pasta in brodo. Dopo aver ingoiato in fretta il cibo, il ragazzo si inginocchiò dinanzi al padrone del ristorante e gli disse che non avrebbe mai dimenticato quella scodella di pasta in brodo. L’uomo lo fece rialzare e lo ascoltò mentre raccontava come era fuggito di casa, ma, sentendo ciò che era successo, non si mostrò affatto comprensivo, anzi si mise ad urlare: “Se lo avessi saputo, non t’avrei dato quella scodella di pasta in brodo. I tuoi genitori ti hanno nutrito per più di dieci anni senza mai ricevere da te il minimo ringraziamento, ed ora tu ti inginocchi dinanzi a me perché ti ho offerto una scodella di pasta in brodo. Dove hai la coscienza?”.
Devo confessarti, zia Fāng Fāng, che quel video mi ha molto impressionato. I miei genitori mi trattano ogni giorno con cura e con amore, ma io non me ne rendo conto, ho sempre da reclamare per qualche cosa, mi lamento di questo e di quello, sono davvero una bestia.
Dovrei ricordarmi che il cibo che mangio, gli abiti che indosso, li devo a loro. Non è vero, zia?
L’anno scorso, il governo ha lanciato una campagna educativo chiamata:” Non dimentichiamo i nostri ideali! Ricordiamo la nostra missione!”.(6) Ne abbiamo anche discusso in classe. Il professore mi ha chiesto “Quali sono i tuoi ideali?”. Gli ho risposto che i miei ideali erano studiare, aiutare la mia famiglia e contribuire al bene del paese. Quali sono i tuoi ideali e la tua missione, zia Fāng Fāng? Ti sei certamente data molto da fare per risollevare il morale della gente di Wŭhàn e per infonderle fiducia quando la città attraversava i suoi momenti più difficili. Vedo però che la maggior parte di coloro che ti criticano su Internet sono persone della tua età. Sono loro che hanno dimenticato i loro ideali o sei tu che hai dimenticato i tuoi?
Zia Fāng Fāng, di fronte all’epidemia, tu hai mostrato, nel tuo “Diario”, tutti gli aspetti, anche i più nascosti, di ciò che stava succedendo a Wŭhàn. Hai visto l’angoscia dei malati, ma tutti quei coraggiosi che sono tornati da fuori per aiutarli, li hai visti? Sono tornati percorrendo molte centinaia di chilometri (7), alcuni avevano con sé cassette di pronto soccorso, altri passavano di casa in casa a consegnare alimenti…tutti costoro, tu li hai visti? Hai registrato i momenti di sofferenza quando il contagio si stava diffondendo nella città e i momenti di confusione di fronte alle difficoltà, ma ti sei accorta degli oltre quarantamila tra medici e infermieri di altre città e province che hanno lasciato tutto per accorrere a Wŭhàn? Hai visto le decine di migliaia di soldati che sono scesi in strada per aiutare la gente?
Tu, che sei del Húbĕi, sai qual è la cosa più importante di cui ha bisogno Wŭhàn di fronte a questa epidemia? Ha bisogno di fiducia e di coraggio. Ha bisogno di essere incitata ad andare avanti e farsi animo, non ad abbassare le braccia e a deprimersi. Se, per esempio, un tuo amico si ammalasse e tu andassi a trovarlo, che cosa gli diresti per confortarlo. ”Non preoccuparti! Vedrai che guarirai!”, mi sembra ovvio. O andresti forse a dirgli: “Malato come ne sei, ne hai ancora al massimo per qualche giorno.”?
Quando ero bambino, mia madre mi diceva che, dopo aver assaggiato il cibo degli altri, bisognava parlare come gli altri, e che, dopo che gli altri ci avevano offerto da bere, dovevamo anche noi offrirne agli altri.(8) A chi devi gli abiti che indossi e il cibo che mangi, zia Fāng Fāng? Ho letto su Internet che una volta ti sei arrabbiata per non so quale ragione ed hai esclamato: “Non mi importa molto essere presidente dell’associazione degli scrittori.” Mi è venuto da ridere, perché mi è sembrato che tu fossi bizzosa come un bambino. Quella di presidente dell’associazione degli scrittori è dunque soltanto una poltrona?(9)
Cara zia Fāng Fāng, per combattere l’epidemia a Wŭhàn i nostri dirigenti hanno chiesto personalmente ai cittadini di impegnarsi tutti insieme in modo da superare questo difficile momento. Mi domando che cosa sarebbe Wŭhàn oggi se, invece di trovarci in un paese dove c’è una forte disciplina, una valida azione di pronto soccorso, un saldo sistema di assistenza, un insieme di sicure garanzie, fossimo in uno di quei paesi occidentali che abbandonano la gente al suo destino. Se non ci fosse stato l’impegno di tutti per contribuire al ripristino dell’ordine sociale, la città, in preda al contagio, non sarebbe piombata nel caos? I malfattori non avrebbero approfittato del disordine per commettere i loro crimini? Sei sicura, zia Fāng Fāng, che non sarebbero entrati anche in casa tua? Avresti ancora potuto descrivere tranquillamente le sofferenze della città?
Zia Fāng Fāng , ci sono molti scrittori in Cina. Per quale ragione tu dovresti essere quella che giudica le cose meglio di tutti gli altri? Penso che nemmeno tu creda di esserlo. È possibile che tu sia la sola ad aver visto l’epidemia in corso a Wŭhàn, la sola persona al mondo in grado di capire che cosa sta succedendo? Se, di fronte all’epidemia, i paesi dell’Occidente ricominciano a sommergerci di critiche, perché la loro natura barbara non è mutata, se ci chiamano ancora “il paese malato”(10), lasciamoli dire! Gli uomini non possono discutere con le bestie. Ma da te, zia Fāng Fāng non possiamo aspettarci lo stesso atteggiamento. Sei nata nella nuova Cina e sei cresciuta all’ombra della bandiera rossa, ti sei nutrita del cibo di Wŭhàn e hai bevuto l’acqua del Grande Fiume! Quando si è giovani, si è un po’ storditi, e, se un giovane dice qualche stupidaggine riguardo al proprio paese, lo si può scusare. Ma tu hai 65 anni e non puoi comportarti allo stesso modo! Ho letto in un testo di storia qualcosa di cui non so se sia vero o no. Giudicane tu! Un certo Luō Jìnán (11) avrebbe domandato un giorno ad un personaggio importante: “Che cosa farebbe oggi Lū Xùn se fosse ancora vivo”. Il personaggio importante avrebbe risposto: “Può darsi che sarebbe in prigione e che continuerebbe a scrivere anche lì, ma può anche darsi che non avrebbe più ragione di scrivere.”(12)
Zia Fāng Fāng, potresti spiegarmi questa risposta? Da combattente che squarciava con la spada le tenebre dell’oscurantismo, Lū Xùn fu l’eroe della sua epoca. Oggi, però, la Cina non è più quella di un tempo: è un paese aperto e che ispira fiducia. Non lo pensi anche tu? Il nostro professore ci ha detto che bisogna parlare per aiutare e correggere, non per criticare ed insultare.(13)
Zia Fāng Fāng, il tuo diario è molto bello. Fai bene a diffonderlo, però ci sono alcune pagine che sarebbe meglio non pubblicare. D’altra parte, non ti sembra che nel tuo “Diario”ci sia anche qualcosa che manca? (14)
Le persone che ti lodano, zia Fāng Fāng, hanno ragione, ma, secondo me, hanno anche ragione quelli che ti criticano. Chi ha torto, allora? Io non lo so, Sei tu, che sei un “ingegnere dell’animo umano”, che dovresti saperlo.
È la prima volta che scrivo una lettera a qualcuno, zia Fāng Fāng, e capisco che le mie parole non hanno peso. Sono soltanto un ragazzo e, se dico delle stupidaggini, per favore non esitare a correggermi. Non sono coraggioso come te e perciò ti prego di scusarmi per non aver firmato questa lettera. Temo che tu mi rimetta a posto, facendomi osservare che non sono uno citato nell’Enciclopedia Băidū…
Mi fermo qui, zia Fāng Fāng. Fuori sta piovendo a dirotto, ma il cielo rimane chiaro. (15) Ora vado a preparare la cena per mia madre, che fra poco tornerà a casa dal lavoro. È mia madre che lavora per mantenermi e per educarmi ed io ne sono ben consapevole. (16)
Risposta di Fāng Fāng alla lettera di un liceale. (17)
Caro ragazzo,
Vorrei dirti, per cominciare, che ti esprimi bene e che i dubbi che provi sono tipici dei giovani della tua età. Purtroppo, non sono in grado di rispondere agli interrogativi che hanno sollevato in te le parole del tuo insegnante. Scorrendo la tua lettera, mi sono ricordata di una poesia di Bái Huà (18), che lessi molti anni fa. Non so se hai mai sentito parlare di lui: era un poeta di talento e un drammaturgo. Lessi quella poesia quando avevo dodici anni, nel 1967, al tempo della Rivoluzione Culturale. Durante tutta l’estate di quell’anno Wŭhan era stata un vero e proprio campo di battaglia . Io, che frequentavo in quel periodo la quinta elementare, mi ritrovai fra le mani un volumetto di poesie di Bái Huà intitolato “Distribuire volantini sfidando le lance”. (19) La prima poesia si intitolava” Anch’io ho avuto una giovinezza come la vostra” e cominciava così:
“Anch’io ho avuto una giovinezza come la vostra.
Noi giovani d’allora eravamo come siete voi ora”.
Quella poesia mi commosse e non l’ho mai dimenticata.
Tu mi dici, ragazzo, che hai 16 anni. Io avevo 16 anni nel 1971. Se, a quell’epoca, qualcuno mi avesse detto che la Rivoluzione Culturale era un disastro, io certamente gli sarei saltata addosso e mi sarei accapigliata con lui fino a farlo sanguinare. A quel tempo, avresti potuto passare tre giorni e tre notti a tentare di convincermi, senza riuscirci. Era da quando avevo 11 anni che mi insegnavano che la Rivoluzione Culturale era un gran bene e, quando compii 16 anni, era da cinque anni che non mi ripetevano altro. Sarebbero stati necessari ben più di tre giorni e di tre notti per farmi cambiare idea. Capisco perciò che non riuscirei a dissipare i tuoi dubbi nemmeno se ci impiegassi tre anni e scrivessi otto libri, perché anche tu hai, come avevo io a quel tempo, almeno cinque anni di indottrinamento alle spalle.
Posso però dirti, ragazzo mio, che presto o tardi avrai una risposta alle tue domande. Ma questa risposta sarai tu stesso a trovarla. Fra dieci anni, forse fra venti, verrà un giorno in cui esclamerai: “Quant’ero ingenuo, quant’ero stupido una volta!”. Perché quel giorno tu ti sarai completamente trasformato. A meno che tu non ti faccia guidare ciecamente da un gruppo di estremisti di sinistra. In quel caso, naturalmente, potresti non trovare mai la risposta e continuare per sempre a dibatterti negli abissi dell’esistenza.
Devo ancora dirti una cosa, ragazzo: l’epoca dei miei sedici anni era molto peggiore di quella attuale. A quei tempi, non ho mai sentito parlare di “libertà di pensiero”. Non sapevo nemmeno che una persona potesse provare il bisogno di pensare liberamente. Ciò che dicevano i professori, ciò che si imparava a scuola, ciò che scrivevano i giornali, ciò che si sentiva alla radio era verità rivelata. Avevo undici anni quando cominciò la Rivoluzione Culturale, ventuno quando finì. Per dieci anni sono cresciuta senza mai essere me stessa, perché non sono mai stata una persona indipendente, giusto un bullone di un ingranaggio del quale seguivo meccanicamente i movimenti: quando si fermava, mi fermavo, quando si rimetteva in marcia, mi rimettevo in marcia. Mi pare che tu oggi abbia lo stesso atteggiamento mentale (anche se ho l’impressione che non sia il caso di tutti i giovani d’oggi, mi sembra infatti che molti sedicenni mostrino una certa capacità di ragionamento autonomo). Fortunatamente, il più grande desiderio di mio padre era di vedere tutti i suoi figli all’università. Ricordo ancora adesso come mio padre ce lo diceva. Così, anche quando lavoravo a portare pacchi, la mia idea fissa era quella di realizzare il sogno di mio padre e, alla fine, riuscii ad essere ammessa nella più bella università della Cina, l’Università di Wŭhàn.
Lo sai, ragazzo, che mi sono spesso rallegrata del mio destino? Pur avendo ricevuto, da giovane, un’educazione che era un modello di stupidità, sono riuscita ad entrare all’università. All’università ho studiato con vera frenesia. Ero sempre lì a discutere con i miei compagni di corso problemi di grande interesse ed è proprio in quel periodo che ho anche cominciato a scrivere. Ed un giorno, finalmente, ho capito che dovevo mettermi a pensare in modo autonomo. Per mia fortuna, ciò è successo proprio nel momento in cui veniva avviata una politica di riforme e di apertura e così ho potuto partecipare a tutto questo processo. Ho visto la Cina uscire dalla situazione catastrofica in cui si trovava al termine della Rivoluzione Culturale e crescere, liberandosi, passo dopo passo, dalle sue condizioni di arretratezza. Se non ci fossero state le riforme e l’apertura, non ci sarebbe nulla di ciò che esiste oggi, ed in particolare, io non avrei potuto scrivere questo mio diario e tu non avresti potuto scrivere la tua lettera aperta. Dobbiamo esserne contenti entrambi.
Lo sai, ragazzo mio, che i primi dieci anni del periodo delle riforme e dell’apertura, sono stati per me dieci anni di lotta con me stessa? Mi sforzavo di liberare la mia mente da tutte le sporcizie ed i veleni che ci avevano gettato dentro. Volevo riempirla di cose nuove, tentare di vedere il mondo con i miei occhi, di ragionare con il mio cervello. Per imparare a fare una cosa del genere non si può naturalmente contare che sulla propria esperienza personale, sulle proprie letture, sulle proprie osservazioni e sul proprio duro lavoro.
Ho sempre pensato, ragazzo mio, che questa specie di battaglia con se stessi, questa pulizia mentale, questa vera e propria disintossicazione, fosse riservata soltanto alla mia generazione, ma ora mi rendo conto che ne hai bisogno anche tu. Anche tu ed alcuni dei tuoi coetanei dovrete affrontare questo processo, vale a dire lottare contro voi stessi per liberarvi delle sporcizie e dei veleni con cui hanno riempito il vostro animo di adolescenti. Non è un processo doloroso: ogni volta che ti sbarazzerai di un pregiudizio, ti sentirai più libero ed alla fine, ti accorgerai che un bullone, arrugginito ed insensibile, si è trasformato in un vero essere umano.
Mi hai capito, ragazzo mio? Ricordati bene questa poesia:
“Anch’io ho avuto una giovinezza come la vostra.
Noi giovani d’allora eravamo come siete voi ora”.
NOTE
- La lettera è stata pubblicata su Internet il 18 marzo 2020.
- Fāng Fāng 方方 è lo pseudonimo di Wáng Fāng 汪芳, una scrittrice nata nel 1955 a Nanchino, che ha vinto nel 2010 il premio letterario Lū Xùn. Durante il contagio del coronavirus ha pubblicato su Internet un “Diario di Wŭhàn” (武汉日记 “wŭhàn rìjì), che ha avuto larghissima diffusione anche all’estero ed è stato vivamente criticato dai mezzi di informazione vicini al governo.
- Il termine “zia”, non implica nel presente contesto alcun rapporto di parentela. È semplicemente un’espressione colloquiale usata per rivolgersi ad una persona più anziana.
- Si discute da secoli se l’artista debba seguire soltanto il proprio genio oppure impegnarsi nell’azione politica e sociale. La risposta data alla questione in paesi come la defunta Unione Sovietica o la Cina ha portato alla nascita del “realismo socialista”.
- La frase ”Gli scrittori sono gli ingegneri dell’animo umano” sarebbe stata pronunciata da Stalin il 26 ottobre 1932 in una riunione svoltasi a casa dello scrittore Maksim Gor’kji. Essa fu ripresa dall’ideologo del partito comunista Andrei Zhdanov, che ne trasse spunto per elaborare il concetto di “realismo socialista”.
- Si tratta di un programma di formazione per i membri del Partito lanciato nel 2019 partendo dai quadri superiori. Non si può tuttavia escludere che abbia interessato anche professori e studenti particolarmente ideologizzati.
- I dizionari attribuiscono al verbo 骑车 (“qíchē”) il significato di “andare in bicicletta”. Mi sono tenuto nel vago perché non mi è chiaro se questo verbo sia stato usato per indicare un ritorno con qualsiasi mezzo di trasporto (non credo che la bicicletta sia ancora oggigiorno il mezzo di trasporto più diffuso, almeno nelle regioni industrializzate) o se l’autore della lettera abbia deliberatamente voluto dare al suo scritto un tocco deamicisiano.
- Il significato allegorico di queste espressioni popolari è evidentemente che chi ha condiviso la vita di una comunità e ne ha goduto i vantaggi non può ad un certo punto dichiararsi estraneo ad essa e sottolinearne soltanto i difetti.
- L’allusione è pesante. Fāng Fāng è infatti stata presidente dell’Associazione degli Scrittori del Húbēi. Dichiarando che tale incarico le era indifferente, avrebbe, secondo l’autore della lettera, mostrato di considerarlo soltanto una prebenda, non una funzione importante da esercitare al servizio del popolo.
- L’espressione “il malato dell’Asia”( 亞洲病夫 “yàzhōu bìngfū”) o “il malato dell’Asia Orientale”( 東亞病夫 “dōngyà bìngfū”) fu correntemente usata dagli Occidentali, tra la seconda metà del 19° secolo e la prima metà del 20° secolo, per indicare la Cina, quando questo paese, mal governato e indebolito dalle divisioni interne, era facile preda delle Grandi Potenze.
- Si tratta dello scrittore Chén Xiăoháng 陈小航 (1898-1971), che assunse il nome d’arte di Luō Jìnàn 罗稷南 durante la guerra contro i Giapponesi.
- Nell’ ottica del Partito, il senso della risposta è assolutamente chiaro. In caso di vittoria delle forze reazionarie, Lū Xùn, se fosse ancora vivo, sarebbe ora in prigione. Poiché, invece, hanno vinto le forze progressiste, non avrebbe più ragione di scrivere, dato che tutti i suoi ideali sono stati pienamente realizzati.
- Ho interpretato la frase “uno deve parlare per toccare il petto, non per dare calci nel sedere” ( 一个人说话要拍胸膛,而不是拍屁股 “yīgè rén shuōhuà yào pāi xiōngtáng, ér bùshì pāi pìgu”) nel senso che si deve parlare per aiutare e correggere, non per criticare ed insultare.
- Si intende qui dire che manca nel “Diario” un riconoscimento di quanto è stato fatto dalle autorità per combattere l’epidemia.
- Non si può non notare il senso allegorico della scena: Come il cielo rimane sereno nonostante un violento scroscio di pioggia, così il Paese continua a funzionare nonostante le difficoltà causate dall’epidemia.
- La lettera si conclude con il classico richiamo, anche qui espresso in forma allegorica, alla responsabilità del singolo nei confronti della società di cui fa parte e di cui gode i vantaggi.
- Fāng Fāng ha risposto alla lettera aperta nella pagina del suo “Diario di Wŭhàn” pubblicata su Internet più tardi nello stesso giorno, vale a dire il 18 marzo 2020.
- La scrittrice ha fatto precedere la sua risposta dalle seguenti considerazioni: “Oggi devo ancora aggiungere qualcosa perché penso che molti si aspettino una mia risposta alla lettera aperta inviatami da una persona che dichiara di essere uno studente liceale sedicenne. Le inverosimiglianze nella lettera sono così numerose da far ritenere a moltissimi miei amici che il suo autore non sia uno studente sedicenne, bensì un troll sulla cinquantina. Nonostante questi sospetti, risponderò alla lettera dando per scontato che sia stata scritta da uno studente liceale”.
- Bái Huà 白桦 è il nome d’arte di Chen Yŏuhuà 陈佑华 (1930-2019), poeta, scrittore e drammaturgo. Fu dichiarato “deviazionista di destra” nel 1958 ed inviato a lavorare in campagna. Ritornato alla vita normale, fu di nuovo marginalizzato durante la Rivoluzione Culturale. L’accusa di essere un “destrista” continuò a perseguitarlo anche in seguito.
- Questa raccolta di poesie fu pubblicata a Wŭhàn nell’agosto del 1967.