BENVENUTI SULLE RIVE DEL FIUME AZZURRO !
Il sito che state visitando è dedicato alla cultura cinese e presenta, in particolare, anche se non esclusivamente, traduzioni di testi poetici, letterari e filosofici.
Esso si compone, attualmente, di una decina di rubriche.
Tre di esse riguardano la poesia:
-“Poesia Cinese” offre la traduzione, con testo a fronte, di
liriche significative delle più diverse epoche.
-“Versi Cinesi” espone una scelta di versi attinenti ai temi più
svariati, originali e curiosi.
-“Poeti Cinesi” intende fornire una concisa biografia dei più
importanti poeti cinesi ed una breve antologia delle loro opere.
Per quanto riguarda la prosa:
-“Prosa Cinese” contiene traduzioni di brani di varie opere o anche traduzioni complete di testi di moderata lunghezza, ad es. di taluni
racconti di Lŭ Xùn.
-“Il Romanzo dei Tre Regni” è un progetto di largo respiro, il cui
completamento ( del tutto ipotetico) richiederebbe la traduzione di ben 121 capitoli di questo famoso classico. Per ora sono arrivato all’ inizio del capitolo 16.
Tema di una rubrica è la traduzione di opere filosofiche:
-“Testi filosofici” intende fornire , senza alcuna pretesa di instaurare un dibattito filosofico, una traduzione di alcune opere molto conosciute. Sono attualmente disponibili le traduzioni del Dào Dé Jīng di Lăo Zĭ e dei Dialoghi di Confucio.
Vi sono ancora: una rubrica
-“Storia della Cina” , che si occupa di personaggi ed avvenimenti
legati alla storia del paese nonché di poesia politicamente
impegnata;
ed una rubrica:
-“Argomenti vari”, che tratta di soggetti diversi .
La rubrica “Blog” dovrebbe ora essere attiva e permettermi di instaurare un dialogo con i visitatori e riceverne i commenti, i consigli e, quando necessario, le correzioni. Posso però assicurare che, anche senza "feedback", faccio del mio meglio per verificare sempre attentamente ciò che scrivo e non incorrere in svarioni. Per quanto concerne la traduzione di testi poetici, occorre tuttavia tener presente che qualche discrepanza rispetto al testo originale può essere imposta da esigenze metriche o apparire giustificata come “licenza poetica”.
Dopo un certo periodo di funzionamento del sito, ho potuto constatare
con soddisfazione che esso attira un costante flusso di visitatori. Ciò mi sembra significare che i temi trattati e la loro esposizione suscitano un interesse positivo.
La ristrutturazione del sito che ho intrapreso qualche mese fa per renderlo più gradevole, più stabile e più facilmente consultabile è ormai terminata. È stato un lavoro molto impegnativo, in ragione anche delle mie modestissime competenze informatiche. Il risultato non è perfetto sotto il profilo estetico, visto che l'impaginazione, i colori e la presentazione dei testi potrebbero senz'altro essere più attraenti, ma mi sembra apprezzabile sotto il profilo dell'accessibilità e della facilità di consultazione. Ulteriori miglioramenti restano sempre possibili. Considerata la mole del materiale trattato, è ovvio che vi siano refusi ed errori, in particolare nell'indicazione dei toni o nella riproduzione degli ideogrammi. Ogni volta che ne scoprirò uno, non mancherò di correggerlo.
Ho compilato alcuni indici, che mi sembrano utili per facilitare l’individuazione e la ricerca degli argomenti trattati dal sito, ormai molto numerosi.
In fondo a questa "home page" ho poi inserito una rubrichetta intitolata "Novità" per segnalare la presentazione di nuovi testi.
GIOVANNI GALLO
NOVITÀ
RUBRICA
29 luglio 2014
Una fontana, d’autunno. Xuē Tāo L’ALTRA METÀ DEL CIELO
Il Biancospino Hú Lánlán L'ALTRA METÀ DEL CIELO
Cercando invano il maestro Jiă Dăo ANTOLOGIE TÁNG
Vergogna di vivere Duŏ Yú VERSI CINESI
Se guardo una rosa Yú Jiān VERSI CINESI
Sipario Zhái Yŏngmíng L'ALTRA METÀ DEL CIELO
Sull’aria ”Eterna Nostalgia” Yuán Zhèngzhēn L’ALTRA METÀ DEL CIELO
Compassione per i contadini Lĭ Shēn ANTOLOGIE TÁNG
La luna sulla strada Máng Kè POESIA CINESE
Una brutta storia ARGOMENTI DIVERSI
Se nasce un maschio SHĪ JĪNG
Una strana poesia ARGOMENTI DIVERSI
Il ritorno dei Wasei Kango ARGOMENTI DIVERSI
Incontrando un messaggero Cén Cān ANTOLOGIE TÁNG
Una canzone di Liángzhōu Wáng Hàn ANTOLOGIE TÁNG
Ritorno al villaggio I e II Hè Zhīzhāng ANTOLOGIE TÁNG
Notte in un monastero di montagna Lĭ Bái POETI CINESI
Zhái Yŏngmíng 翟 永 明
Zhái Yŏngmíng 翟 永 明 nata nel 1955 a Chéngdū 成 都, capoluogo del Sìchuān 四 川, fu inviata, durante la Rivoluzione Culturale, a svolgere lavoro manuale in campagna.
Ritornata dopo due anni a Chéngdū, si iscrisse nel 1977 alla Facoltà di Telecomunicazioni e Costruzioni, dove si laureò nel 1980 in ingegneria dei laser.
Pubblicò nel 1981 le sue prime poesie.
Nel 1984 vide la luce la raccolta “Donne” ( 女 人 “nǚrén”) nella quale, secondo il critico Táo Năikăn 陶 乃 侃 "cercò di trovare in sé stessa e nella propria epoca l'archetipo femminile e di approfondirlo ulteriormente espandendo il proprio "io" sino a fonderlo nell'immagine universale della donna",
La prefazione di Zhái alla raccolta contiene le seguenti affermazioni: “Nella sua qualità di appartenente all’altra metà del genere umano, la donna vive, fin dalla nascita, in un mondo completamente diverso ...Di fatto, ogni donna fronteggia il proprio abisso nel quale consuma e riconosce incessantemente le pene più intime del suo cuore”.
Zhái ribadì questa posizione nel 1986, quando dichiarò che avrebbe preferito essere un poeta piuttosto che una poetessa, ma che il fatto di essere nata donna non poteva non influenzare la sua poesia. Conformemente al pensiero tradizionale cinese, il principio femminile, detto 阴 (“yīn”), è infatti caratterizzato dall’ombra, dall’acqua e dalla luce spettrale della luna. La poesia di una donna è necessariamente una poesia che si insinua nell’oscurità della psiche ed esprime sentimenti complessi ed involuti. Di conseguenza, i versi di Zhài Yŏngmíng assumono spesso un carattere ermetico che ne rende difficile la comprensione e la traduzione.
Come lei stessa riconosce in un saggio intitolato “ Per la larga minoranza”: “In alcune occasioni, quando la peculiarità della poesia fluisce e permea di sé (il poeta), il linguaggio appare mostruosamente esagerato, esprimendo un'incertezza sistematica e generando una dislocazione della lingua corrente.Quando ciò accade non v’è altra scelta se non quella di rispettare le implicazioni di questo linguaggio ,che va oltre le capacità di comprensione. È proprio come la musica: quando la musica ti penetra, anche se tu puoi non amare l'opera e lo stile del nusicista, essa risveglia le tue membra ed ogni fibra del tuo corpo, contorce il tuo petto , lo irrigidisce, lo tetanizza”.
La poetessa ha vissuto negli Stati Uniti dal 1990 al 1992 e ha partecipato a conferenze letterarie e a festival di poesia in diversi paesi europei.
Ha pubblicato numerose raccolte di poesie, tra cui:“Sopra tutte le rose” (在 一 切 玫 瑰 之 上 “zài yī qē méi guī zhī shàng”) 1989 e “Canti Notturni (黑 夜 中 的 素 歌 “hēi yè zhōng de sù gē”) 1997.
SIPARIO (1)
Dietro un pezzo di muro, il vasto mare.
Dietro un drappeggio, lo spazio del cielo.
In mezzo, tra il muro e il drappeggio, il tempo. (2)
Parliamo ora del sipario,
di ciò che gli sta davanti,
di quello che gli sta dietro.
Un mondo che esiste senza di me, (3)
teatro che mescola falso e vero,
canto di lacrime e di leggenda,
sera artificiale e giorno genuino,
tra di loro intrecciati e frammisti.
Chi sarà mai in grado di scioglierli?
Dinanzi a un pezzo di stoffa, il presente.
Dinanzi agli spettatori, il sipario.
Tra spettatori e sipario, le luci. (4)
Le luci della ribalta negli occhi
riflettono la vita sulla scena,
vita ed esistenza da marionette,
una vita di amara agitazione,
un misto di verità e di fantasia.
Cos’è la vita, calato il sipario? (5)
幕 Mù
在 一 堵 堤 后 面 是 大 海
zài yī dŭ tì de hòu miàn shì dà hăi
在 一 块 的 后 面 是 天 空
zài yī kuài bù de hòu miàn shì tiān kŏng
在 一 堵 墙 和 一 块 布 之 间 的 是 时 间
zài yī dŭ tì hé yī kuài bù zhī jiān de shì shí jiān
现 在,谈 谈 幕
jiàn zài tán tán mù
谈 谈 幕 前 幕 后
tán tán mù qián mù hòu
无 我 的 世 界
wú wŏ de shì jiè
似 幻 似 真 的 戏
sì huàn sì zhēn de xì
如 泣 如 诉 的 唱
rú qì rú sù de chàng
假 的 夜 晚 和 真 的 白 天
zuò de yè wăn hé zhēn de rì tiān
紧 靠 在 一 起
jĭn kào zài yī qĭ
谁 能 分辨
shuí néng fēn biàn
在 一 块 布 的 前 面 是 现 在
zài yī kuài bù de qián miàn shì xiàn zài
在 观 众 面 前 的 是 一 块 布
zài guān zhòng miàn qiàn de shì yi kuài bù
在 观 众 和 布 中 间 的 是 满 台 灯 火
zài guān zhòng hé bù jiān de shì măn tài dēng huŏ
满 台 灯 火 照 亮 我 的 眼 睛
măn tài dēng huŏ zhào liàng wŏ de yăn qíng
照 亮 一 块 布 隔 断 的 人 生
zhào liàng yī kuài bù gé duàn de rén shēng
有 傀 儡 般 的 人 生
yŏu guī lĕi bàn de rén shēng
有 辛 苦 奔 波 的 人 生
yŏu xīn kū bēn bŏ de rén shēng
有 真 真 假 假 的 人 生
yŏu zhèn zhèn zuò zuò de rén shēng
哪 一 种 人 生 是 满 台 寂 静 后 的 人 生?
ná yī chóng rén shēng shì măn tài jì jìng hòu de rén shēng?
NOTE
1) Zhái Yŏngmíng ci descrive in questa poesia ciò che si vede dai due lati del sipario: dietro c’è la “scena”, la fantasia, attori o burattini che si muovono nel regno dell’immaginario; davanti c’è il pubblico degli spettatori, la realtà, uomini e donne che agiscono nella vita concreta. Eppure, la distinzione rimane ambigua: il sipario è una linea evanescente che può essere superata con facilità e quasi senza accorgersene.
2) La descrizione del teatro comincia da ciò che sta dietro il sipario: la “scena”. I versi ci ricordano- non so se deliberatamente o per puro caso- la Poetica di Aristotele. I paesaggi dipinti sullo sfondo definiscono i parametri dell’azione: lo “spazio” e il “tempo”.
3) Mi sembra logico ricollegare l’espressione 无 我 的 世 界 (“wú wŏ de shìjiè” il mondo del non io”) alle parole che la precedono immediatamente 幕 后 (”mù hòu” “dietro il sipario”). Il palcoscenico è il mondo della fantasia, dell’irrealtà in cui non c’è posto per l’”io” concreto e razionale.
4) Questi tre versi creano un parallelismo con i tre versi iniziali. Spazio e tempo sono la cornice dell’azione drammatica, scena e pubblico sono la cornice dello spettacolo.
5) C’è un parallelismo anche tra le domande , chiaramente retoriche, che chiudono le due parti della poesia: se non è possibile distinguere la realtà dalla finzione (“chi sarà mai in grado di scioglierli?”), che cosa resterà della vita concreta quando la si privi della fantasia (“cos`è la vita, calato il sipario?”)?
Yú Jiān
Questo autore, nato l’8 agosto 1954 a Kūnmíng 昆 明 nello Yúnnán 云 南 , è considerato uno dei più rilevanti fra i “Poeti della Terza Generazione” (第 三 代 诗 人 “dì sān dài shī rén”) , movimento che ha fatto seguito negli anni ’80 a quello dei “Poeti Brumosi”.( 朦 胧 诗 人 “méng lóng shī rén”).
Soffrì da bambino di una grave malattia che gli lese in modo permanente l’udito. Questa menomazione ha influito pesantemente sulla sua esistenza, ponendolo sin dall’infanzia di fronte alla dura realtà della vita. In una nota autobiografica, egli scrive: “Ho pagato a caro prezzo questo mio difetto, avendo sempre dovuto lottare per essere trattato come gli altri e rispettato come gli altri. D’altra parte, ciò mi ha abituato a capire il mondo attraverso la mia sensibilità e non attraverso le conversazioni con gli altri. Sono stato così obbligato a sviluppare un “udito” che prescinde dalle orecchie”
Nel 1966, allo scoppio della Rivoluzione Culturale, i suoi genitori, che erano degli intellettuali, furono inviati nelle campagne per esservi “rieducati” e Yú Jiān dovette interrompere gli studi.
A sedici anni trovò lavoro in fabbrica come operaio ribattitore e saldatore. Una sua breve biografia pubblicata sulla rivista “Poetry International” riferisce che “ influenzato dall’interesse paterno per la poesia e aiutato dalle frequenti interruzioni di corrente che bloccavano il lavoro nella fabbrica, egli divenne un appassionato lettore”. Fu in quegli anni che Yú Jiān scoprì le poesie di Longfellow e, soprattutto, quelle di Withman, che dovevano in seguito esercitare un’importante influenza sulla sua opera.
Dopo la morte di Máo Zédōng 毛 泽 东 , nel periodo di riforme economiche inaugurato da Dèng Xiăopíng 邓 小 平 , Yú Jiān, ormai ventiseienne, riprese gli studi, iscrivendosi per l’anno accademico 1980 alla facoltà di lettere dell’Università di Yúnnán.
Nel 1986 pubblicò, sulla nota rivista letteraria “Shīkān” 詩 刊 , la sua prima poesia “Via Shangyi, n°6”, (尚 义 街 六 号 “shàng yì jiē liù hào”), caratterizzata dall’uso del linguaggio corrente e da uno stile particolarmente dimesso, che diventerà in seguito una peculiarità della sua opera. Si può vedere in ciò una salutare reazione tanto al “realismo socialista” dell’epoca di Máo quanto al narcisismo ed all’esagerato individualismo dei poeti che divennero celebri nel periodo immediatamente successivo. Yú Jiān rifiuta con decisione molti aspetti della poesia tradizionale: il vocabolario ricercato, le immagini fantasiose, le metafore audaci, il ritmo incalzante.Questo approccio asciutto ed essenziale non mira però a negare la poesia, quanto piuttosto a considerare come “poetica” la vita in tutte le sue manifestazioni. Facendo eco al famoso verso di William Blake “to see a world in a grain of sand” egli scrive: “È possibile vedere l’eternità –vedere tutte le cose - in una tazza da tè o nella carta delle caramelle. In questo mondo tutto è poesia”.(1)
Nel 1989 vide la luce una raccolta intitolata “Sessanta Poesie” (诗 六 十 首 “shī liù shí shŏu”). Fecero seguito “Dare il nome ad un corvo” (对 一 支 乌 鸦 的 命 名 “duì yī zhī wūyā de míngmìng”) e “Un chiodo piantato nel cielo” (一 枚 穿 过 天 空 的 钉 子 “yī méi chuānguò tiānkōng de díngzĭ”).
Nel 1992,Yú Jiān diede alle stampe una raccolta di poesie intitolata “Due o tre cose del passato”(wăng shì ér sān 往 事 二 三) , che traeva ispirazione dalle esperienze vissute durante la Rivoluzione Culturale.
Il successo arrivò nel 1994 con la pubblicazione di una lunga poesia :“Fascicolo Zero” ( 零 档 案 “líng dăng’àn”), il cui titolo faceva riferimento al “dăng’àn”, il dossier personale che le autorità tengono per ogni cittadino della Repubblica Popolare. Dando alla sua composizione la forma tipica di questo fascicolo amministrativo ( “50 pagine circa, più di 40.000 caratteri, una dozzina di timbri, sette od otto fotografie dell’interessato, le sue impronte digitali, ...1 kilo di carte), Yú Jiān intendeva polemicamente rilevare che nemmeno il controllo più stretto e minuzioso è in grado di cogliere la vera natura di una persona.
La poesia fu attaccata da alcuni detrattori come “un mucchio di spazzatura linguistica”, mentre altri commentatori, pur riconoscendone i meriti letterari, ritennero che, dal punto di vista politico, essa fosse il “canto del cigno” di Yú Jiān, il quale non avrebbe più potuto spingersi oltre nella sua critica al sistema.
In effetti Yú Jiān sembrò spaventarsi della propria audacia ed una nuova poesia, intitolata “Volo” ( 飞 行 “fēixíng”), iniziata nel 1996, fu sottoposta dal suo stesso autore a continue revisioni. Per un po’ di tempo Yú Jiān si dedicò alla prosa , alla composizione di brevi liriche, alla redazione di appunti di viaggio e alla descrizione di scene di vita quotidiana (人 間 筆 記 “rén jiān bĭ jì” “Note dal mondo degli uomini”, pubblicate nel 1999). Infine , il 23 febbraio 2000, il poeta diede alle stampe un impressionante testo di circa 10.000 caratteri.
È difficile definire questo poema che si presenta come un “puzzle” di 49 pezzi di diversa natura: citazioni, pastiches, stereotipi, confessioni, descrizioni, liste di oggetti. Elemento unificatore è la nozione del “volo”, inteso sia in senso letterale come attività che esprime il culmine del progresso tecnico, sia in senso allegorico come metafora della poesia con i suoi “voli” di ispirazione, di fantasia, di percezione. ( Per associazione di idee, ci verrebbero qui in mente i “voli pindarici”, se non sembrasse un po’incongruo menzionare questo termine con riferimento ad un poeta che si è sempre dichiarato ostile alle convenzioni della poesia tradizionale).
Più in profondità, la poesia può essere vista come una fuga paradossale dall’alienazione che sta alla base del moderno paradiso tecnologico, esteso ormai a tutto il globo. Le numerosissime citazioni da “The Waste Land” di T.S. Eliots sembrano suggerire una consonanza di vedute tra i due poeti.
Salvo eventuali significati reconditi, la poesia qui di seguito tradotta ci appare, ad una prima lettura, come una robusta presa in giro della tradizione letteraria che esalta la bellezza femminile con abbondanza di metafore floreali, fra cui primeggia da sempre il riferimento alla rosa. Yú Jiān ci ricorda invece, forse con un eccesso di concretezza e di realismo, che una bella ragazza è semplicemente una bella ragazza. Tutto il resto è vaneggiamento di eruditi.
SE GUARDO UNA ROSA
Se guardo una rosa,
ciò vuole dire
che vedo una rosa
sul suo gambo.
Non vuol proprio dire
che ammiro
una giovinetta
nella stanza.
Perché son due cose
che non hanno
nulla di comune.
Se guardi una rosa
ciò che vedi
è proprio una rosa.
Se guardi una donna
ciò che vedi
son due belle tette,
ciò che puoi vedere
è un bel collo
fine ed attraente.
Occorre davvero
che uno abbia
studiato lettere (2)
per poter guardare
un bel seno
senza accorgersene,
per poter guardare
un bel collo
senz’ alcun fremito,
per poter scambiare
nella strada
un giorno d’estate
le belle fanciulle
con le rose
e le loro spine.
NOTE
(1) Come esempio dello stile di Yú Jiān si può citare un testo tratto dalla raccolta “Antologia di note” del 2001. Il soggetto è assolutamente banale ( una studentessa che va a scuola), il linguaggio è quello di ogni giorno, senza alcun fronzolo ( la gonna di lana, il libro sotto il braccio), le emozioni sono inesistenti ( l’unica cosa che preoccupa la ragazza è il rischio di arrivare tardi alla lezione), eppure non si può negare che il quadro sia suggestivo e in un certo modo poetico.
Una studentessa diciottenne
si dirige verso la sua classe
in un mattino di primavera.
Guance rosee, lunghe gambe
avvolte in una gonna di lana
che ne lascia nuda e scoperta
solo una piccola parte.
Un bel petto di ragazza,
tenuto dritto e rigido.
Ha in mano una tazza di tè,
porta un libro sottobraccio.
Attraversa il giardino fiorito
guardando fisso dinanzi a sé.
Si sta affrettando
per non arrivare in ritardo
alla lezione di filosofia.
(2) Ho adottato una formulazione concisa per ragioni di metrica. Letteralmente il verso suona: " ci sono solo gli occhi di un laureato in lettere...".( Chi ha studiato lettere è chiamato in cinese 中 文 系 毕 业 zhōng wén xì bì yè ).
Testo della poesia “Se guardo una rosa” in ideogrammi e pīnyīn
我 看 见 一 朵 玫 瑰 wŏ kàn jiàn yī duŏ méi guī
就 是 说 jiù shì shuō
我 看 见 一 朵 玫 瑰 wŏ kàn jiàn yī duŏ méi guī
在 它 的 枝 上 zài tā de zhī shàng
我 看 见 一 朵 玫 瑰 wŏ kàn jiàn yī duŏ méi guī
就 是 说 jiù shì shuō
那 不 是 一 个 姑 娘 nà bù shì yī gè nǚ niáng
在 她 的 闺 房 里 zài tā de guī lĭ
这 是 完 全 不 同 的 zhē shì wán quán bù tóng de
两 种 看 法 liăng zhŏng kàn qú
当 你 看 见 一 朵 玫 瑰 dāng nĭ kàn jiàn yī duŏ méi guī
见 的 就 是 一 朵 玫 瑰 jiàn de jiù shì yī duŏ méi guī
当 你 看 见 一 位 姑 娘 dāng nĭ kàn jiàn yī wèi nǚ niáng
你 看 见 的 是 nĭ kàn jiàn de shì
两 只 圆 滚 滚 的 乳 房 liăng zhī yuán gŭn gŭn de rŭ fáng
或 者 同 样 令 人 激 动 脖 子dōu tòng yáng jīn rén jī dòng bó zĭ
只 有 中 文 系 毕 业 的 眼 睛 zhī yŏu zhōng wén xì bì yè de yăn qíng
才 会 对 乳 房 视 而 不 见 cái huì duì rŭ fáng yŭ bù jiàn
才 会 对 少 女 的 脖 子 视 而 不 见cái huì duì shăo nŭ de zĭ yŭ bù jiàn
才 会 把 夏 日 大 街 上 的 姑娘啊 cái huì bă xià rì dà jiē shàng de nǚ niáng ā
看 成 一 朵 有 刺 玫 瑰 kàn chéng yī duŏ yŏuméi guī
Duŏ Yú 朵 渔 , nato nel 1973 a Shànxiăn 单 县 nello Shāndōng山 东 , non è certo un poeta della vecchia scuola, come ci mostra questo suo inquietante “autoritratto”:
“Mi mangio le unghie, mi metto le dita nel naso, disprezzo i poveri, dico bugie al Signore, sputo per terra, mi piaccio da solo, sono ottuso, amo la guerra ma la lascio fare agli altri, penso sempre porcherie, diffido della gente, il canto del cigno non voglio proprio sentirlo e la bellezza dell’arte... beh, lasciamo perdere.”
E con questo siamo ancora ben lontani da tutto il buio che c’è in me. Eppure, se mai riuscissi ad affrontarlo nella sua interezza,so che ad un tratto si trasformerebbe in luce”.
( da “Dentro di me tutto è buio”).
Una riflessione che può forse servirci da guida per interpretare la poesia che segue.
VERGOGNA DI VIVERE (1)
Piove. Faccio l’amore a metà . Non arrivo alla fine.
Ributto fuori tutto ciò che ho ingoiato.
Bandiera a mezz’asta, piegata da una tragedia.
Orologio fermo per un tempo interminabile.
Uomini che si mettono la maschera per tentare giovani alle prime armi. (2)
Una mosca inviata in missione dal suo gruppo mi assilla ronzandomi intorno senza sosta. (3)
Una raffica di vento spinge un uccello umiliato in mezzo alle foglie che cadono dagli alberi.
Il cielo è troppo basso. Tra le nere nubi si dà la caccia ai pensieri delle aquile.(4).
Bianche nuvole,voi che siete così pure,perché versate una pioggia così contaminata?
Ci deve essere qualcuno che ve lo ha ordinato, qualcuno che si è dato veramente da fare.
Piove a dirotto. La nostra tristezza si addensa squarciando con un lampo l’oscurità infinita.
La vita! Della vita vera metà basta ed avanza.
L’altra metà, voglio darla alla mia cara mamma,
affettuosa come un frammento di porcellana. (5)
Sceglimi, ti prego, un altro padre,una nuova patria.
Per una volta, ti prego, fammi rinascere nella luce.
NOTE
(1) François.Charton , che ha tradotto in francese questa poesia, l’ha intitolata cartesianamente “J’ai honte donc je suis”.
(2) L’originale cinese (个 学 射 少 年yī gè xué yè shăo nián) indica “una persona giovane che impara a tirare”,”una persona alle prime armi”. Per mantenere il carattere indeterminato del riferimento, che mi sembra prescindere dal sesso, ho usato il plurale”giovani”.
(3) Il termine 组 织 (“zŭ zhi”) significa “organizzazione”. Il senso del verbo 讨 价 (“tăo jià”) è “mercanteggiare”,”tirare sul prezzo”. È più che probabile che questo verso, come parecchi altri, contenga allusioni o allegorie, ma, visto l’ermetismo del testo, preferisco non avventurarmi sul terreno scivoloso della sua interpretazione.
(4) L’uso del termine 乌 (“wū” “corvo”) per indicare il colore delle nuvole (“nere come corvi”) mira evidentemente a creare un contrasto con 鹰 (“yīng” “aquila” ”falco”)
(5) I frammenti di un oggetto di porcellana sono aguzzi e taglienti, mentre l’affetto di una madre dovrebbe essere dolce e morbido.
我 羞 耻 故 我 在 wŏ xiū chĭ gù wŏ zài
下 雨 了. 做 爱 做 到 一 半,不 做 了
xià yŭ le zuò aī zuò dào yī bàn bù zuò le
咽 下 去 的 东 西,再 吐 出 来。
yàn xià qù de dōng xī zài tŭ chū lái
旗 帜 升 到 一 半,被 一 场 悲 剧 制 止,
qí zhì shēng dào yī bàn bèi yī chăng bēi jù zhì zhĭ
钟 表 懒 得 再 动, 因 时 光 太 过 漫 长。
zhōng bìao lăn de zài dòng yīn shì guāng tài guó màn cháng
出 租 面 具 的 人,在 诱 惑 一 个 学 射 少 年
chū zū miàn jù de rén zài yòu huò yī gè xué yè shăo nián
一 只 被 组 织 派 来 的 苍 蝇 跟 我 讨 价 还 价。
yī zhī bèi zŭ zhī pài lái de cāng yíng gēn wŏ tăo jià hái jià
因 为 风 的 缘 故,落 叶 在 羞 辱 一 只 鸟,
yīn wéi fēng de yuán gù luò yè zài xiū rŭ yī zhī niăo
天 空 太 低 了,乌 云 在 追 捕 鹰 的 思 想。
tiān kŏng tài dī wū yún zài zhuī bŭ yīng de sī xiăng
如 此 纯 洁 的 白 云,为 何 洒 下 如 此 肮 脏 的 雨 水,
rú cĭ chún jié de bái yún wéi hé să xià rú cĭ āng zāng de yŭ shuĭ
必 有 人 下 了 命 令,必 有 人 从 中 做 了 手 脚!
bì yŏu rén xià le mìng lìng bì yŏu rén cóng zhōng zuò le shŏu jiăo
雨 大 了,我 们 的 悲 衣 收 紧 了
yŭ dà le wŏ men de bēi yī shŏu jīn le
电 提 示 着 黑 暗 的 无 边 无 际。
diàn tí shì zhào hēi àn de wú biān wú jī
人 生,其 实 活 一 半 就 够 了,
rén shēng qí shí huó yī bàn jiù gòu le
另 一 半 留 给 慈 悲 如 破 陶 的 母 亲
biè yi bàn liú gĕi cì bēi rú bèi táo de mŭ qīn
请 她 重 新 选 择 自 己 的 父,自 己 的 国
qĭng tā chóng qīn xuăn zì jĭ de fù, zì jĭ de guó
请 她 在 光 明 中 将 我 们 再 生 一 遍。
qĭng tā zài guāng mīng zhŏng jiāng wō men zài shēng yì biàn
(2010)
Jiă Dăo 賈島, conosciuto anche con il nome di cortesia di Lángxiān 浪 先, nato a Fànyáng 范 陽 ( oggi Zhuōzhōu 涿 州 nel Hébĕi 河 北 ) nel 779 d.C. , fu attivo durante l’ultimo periodo della dinastia Táng 唐 朝 .
Visse come monaco buddhista, nell’ambito della setta Chán 禪 , fino all’età di 31 anni quando, dopo aver incontrato il famoso poeta Hán Yù 韓 愈 , abbandonò la vita religiosa e si trasferì a Cháng’Ān 長 安 .
Se si presta fede alle Note di Xiang Su, una raccolta di aneddoti sugli antichi poeti, l’incontro avvenne in modo curioso.
Jiă Dăo viaggiava in groppa al suo asinello, tutto intento a comporre nella sua mente una poesia che cominciava con questo verso: “Gli uccelli ritornano ai loro nidi sugli alberi intorno allo stagno”. La stesura del secondo verso sollevava però delle difficoltà perché il nostro non riusciva a decidere se fosse meglio “un monaco bussa alla porta verso la mezzanotte”oppure “un monaco spinge la porta verso la mezzanotte”.Per raffigurarsi plasticamente la scena imitava i gesti del personaggio, muovendo in continuazione il braccio ora come se stesse bussando ora come se stesse spingendo l’uscio. Immerso nei suoi pensieri andò quasi a sbattere contro il palanchino di Hán Yù, che era a quell’epoca un alto funzionario del governo. Fermato dalla scorta di Hàn Yú e invitato da quest’ultimo a render conto dell’irriverenza, Jiă Dăo gli espose il proprio dilemma. Ne seguì una lunga conversazione sull’arte poetica ed alla fine i due divennero amici.
Stabilitosi nella capitale, Jiă Dăo tentò più volte, senza successo, di superare l’esame per ottenere il diploma di jinshì 進 士 che apriva l’accesso ufficiale alla carriera nel pubblico impiego. Dovette perciò accontentarsi di incarichi molto modesti che gli fornivano a malapena il necessario per vivere. Fu per qualche tempo scrivano (主 簿“zhŭbù” ) nella regione di Chángjiāng 長 江, da cui trasse il suo nome d’arte.
Come osservò il famoso poeta dell’epoca Sòng 宋 朝 Oūyáng Xiū 歐 陽 修 , Jiă Dăo sapeva evocare con molta intensità la miseria in cui visse.
In una poesia , egli scrive: “ Le mie tempie sono di bianca seta ma non servono a tessere una camicia che mi tenga caldo”.
In un`altra composizione intitolata “Fame mattutina”(朝餓 “zhāo è”) leggiamo: “Siedo sul letto volto ad ovest ed ascolto il suono della cetra, due o tre corde che vibrano nel freddo”(坐 聞 西 床 琴 . 凍 折 兩 三 絃 “zuò wén xī chuáng qín dòng zhé liăng sān xián”).
Morì nell’843 d.C. in condizioni di estrema povertà. Gli unici beni di cui disponeva erano, secondo quanto ci è stato tramandato, un asino zoppo ed una cetra scordata.
In campo artistico Jiă Dăo seguì i princìpi propugnati da Hán Yù che celebrava gli effetti didattici e morali della poesia ed esaltava il modello del letterato confuciano, attento al rispetto della giustizia e delle antiche tradizioni.
Insieme con i contemporanei Mèng Jiāo 孟 郊 e Lĭ Hè 李 賀 , le cui poesie si distinguono , quanto al primo, per la durezza che le anima, quanto al secondo, per la malinconia da cui sono pervase. è ricordato come uno dei “poeti dalle canzoni amare”( “kŭ yín shī rén”苦 吟 詩 人).
Il suo stile, che privilegia la scorrevolezza a scapito dell’eleganza e la semplicità a scapito della ricercatezza , rende agevole la lettura dei suoi testi.
Riferendosi a questa apparente povertà d’espressione, Sū Shì 蘇 軾 descrisse la sua poesia con l’aggettivo 瘦(“shòu””magro””emaciato”) che prende lo spunto dalla miseria materiale di Jiă Dăo per esprimere un giudizio abbastanza criticosulla sua opera ritenuta “priva di sostanza”,”inconsistente”.
Tale valutazione negativa ricompare anche in studiosi di epoche successive.
La poesia che segue “Cercando invano il maestro”sembra invece dimostrare che, nonostante la sua parsimonia nell’uso delle parole, Jiā Dăo non manca affatto di profondità di pensiero.
尋 隱 者 不 遇 Xún Yǐnzhě Bù Yù Cercando invano il maestro
松 下 問 童 子 sōng xià wèn tóng zǐ Sotto il pino chiedo al ragazzo.
言 師 採 藥 去 yán shī cǎi yào qù. “ Il maestro” dice”coglie erbe.
只 在 此 山 中 zhī zài cǐ shān zhōng, So solo che è sulla montagna,
雲 深 不 知 處 yún shēn bù zhī chù. tra dense nubi, chissà dove”
Questo scarno dialogo è visto da molti commentatori come una metafora del cammino spirituale.
Le poche parole scambiate tra il visitatore e il discepolo ci portano gradualmente dalla materia al vuoto, dal concreto all’indeterminato, dal limitato all’infinito. Ogni passaggio ci fa salire più in alto e vedere più lontano, come nella famosa poesia di Wáng Zhīhuàn 王 之 渙 intitolata “Salendo sulla torre dell’airone”. (1)
Con il primo verso ci troviamo ancora nel pieno della realtà. Il pino sotto cui abitualmente siede il maestro (2), il discepolo, o uno dei discepoli, cui egli impartisce il proprio insegnamento sono presenze ben distinte, che delimitano uno spazio, che definiscono una situazione precisa. Siamo veramente all’inizio del cammino.
La prima frase del ragazzo ci porta già oltre. Il maestro è andato a cercare erbe medicinali. Si percepisce qui un senso allegorico : la ricerca delle erbe che guariscono il corpo può certamente essere vista, su un altro piano, come la ricerca dei rimedi che purificano lo spirito.Mi pare tuttavia di cogliere pur sempre un limite, quel limite che è posto in particolare rilievo dal pensiero taoista : l’azione si propone un fine, un risultato e non è quindi pura .(3) Il legame con il mondo è ancora forte.
Il terzo verso dilata la scena, allarga potentemente i confini di spazio e di tempo, ci fa apparire irrilevanti i motivi che hanno spinto il maestro ad inoltrarsi nella montagna. “Sulla montagna”è l’unica informazione che sa dare il discepolo. L’uomo è ormai scomparso nella vastità della natura, che sembra però ancora conservare la sua realtà. Abbiamo l’impressione di trovarci di fronte ad uno di quei tipici paesaggi cinesi nei quali, in uno scenario di gigantesche montagne, boschi, fiumi, laghi la figura umana scompare del tutto o è ridotta ad un puntino insignificante .Un ultimo passo e anche le montagne scompaiono avvolte da dense nuvole. La realtà perde ogni contorno, ogni consistenza. Il mondo ci appare ora come l’ombra, la nebbia che esso è di fatto, come il vuoto, quel vuoto che è il punto d’arrivo della dottrina buddhista. In questo vuoto non ha più alcun senso.cercare di sapere dove sia il maestro.
“Chissà dove” non è dunque la risposta sconsolata del ragazzino che ignora quale fine abbia fatto il suo maestro, bensì l’affermazione cosciente di chi sa che il mondo è illusione.
NOTE
(1) Ecco il testo della poesia:
登 鹳 雀 楼 déng guàn què lóu Salendo sulla torre dell’airone
白 日 依 山 尽, bái rì yī shān jìu Il sol tramonta dietro le colline.
黄 河 入 海 流。 huáng hé rù hăi liú I ll Fiume Giallo scorre verso il mare.
欲 穷 千里 目, yú qiõng qiān lĭ mù Se vuoi vedere mille miglia intorno
更 上 一 层 楼。 gèng shàng yī céng lóu devi salire ancora un altro piano.
(2) Nell’antica tradizione cinese gli alberi erano collegati all’idea della saggezza e del suo insegnamento. Confucio insegnava ai suoi discepoli sotto un albero e questa sua abitudine fu sfruttata da un suo nemico, Huàn Tuí 桓 魋, ministro della guerra nel ducato di Sòng 宋國, che fece segare di nascosto l’albero sotto il quale egli teneva lezione sperando che gli cadesse addosso. ( Un riferimento indiretto a questo episodio figura in “Dialoghi” VII,23). Il pino è menzionato in una poesia di Lĭ Bái “Omaggio a Mèng Hào Rán” (贈 孟 浩 然 “zéng mèng hào rán”) in cui si legge: “giovane disdegnasti palanchini e diademi, vecchio ti riposavi all’ombra dei pini”.
(3) Appare interessante ricordare, a questo riguardo, il capitolo XXXVIII del Dào Dé Jīng 道 德 經 che traccia la distinzione tra l’uomo saggio e l’uomo virtuoso: saggio è chi si conforma spontaneamente alla Via e pratica la virtù istintivamente perché vive in armonia con le leggi eterne del cosmo; virtuoso è chi, avendo già smarrito l’originaria consonanza con la natura, cerca di ritrovarla senza troppo successo, attraverso la pratica intenzionale della virtù.
Ecco i primi versi del capitolo:
“Negli uomini più virtuosi la pratica della virtù è schietta e spontanea. Nei meno virtuosi la pratica della virtù è cosa deliberata e artificiale. È per questo che i primi possiedono la virtù e i secondi ne sono privi. I più virtuosi praticano l'inazione e sono completamente disinteressati. I meno virtuosi agiscono per il perseguimento di determinati fini."
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