La storia di Lĭ Wá
Lĭ Wá, che fu poi la Dama di Qiān (1), era una cortigiana di Cháng’ Ān. Questa donna si comportò tuttavia in un modo così straordinario che merita di essere raccontato. Perciò io Bái Xíng, censore ed ispettore imperiale (2), ho deciso di narrare in un breve scritto le sue vicende.
Durante l’era Tiānbăo (3) fu governatore di Chángzhōu il duca di Xíngyáng, un gentiluomo a quell’epoca sulla cinquantina (4), molto ricco e stimato, di cui non citerò né il nome né il cognome. Questo signore aveva un figlio appena ventenne (5), un giovane che si distingueva dagli altri per il suo eccezionale talento letterario. Il padre, che lo amava e ne andava orgoglioso, diceva: “È la persona più brillante che ci sia mai stata nella mia famiglia”.(6)
Quando il giovane si iscrisse agli esami provinciali, il padre gli fornì begli abiti da indossare, gli mise a disposizione una sontuosa carrozza e dei cavalli e gli diede una grossa somma di denaro per sostenere le spese di soggiorno nella capitale, dicendogli:
“Brillante come tu sei, supererai di sicuro l’esame al primo tentativo, ma io ti do, adesso, una somma di denaro sufficiente per mantenerti due anni affinché tu possa affrontare qualsiasi imprevisto”. (7)
Anche il figlio era certo di essere ottimamente preparato e non dubitava che si sarebbe classificato al primo posto fra tutti i candidati.
Partito dunque da Pílíng (8), arrivò a Cháng’Ān dopo più di un mese di viaggio e trovò alloggio nel quartiere dei ministeri. (9)
Un giorno, il giovane, di ritorno da una passeggiata al Mercato dell’Est (10), aveva attraversato la porta orientale di Píngkáng (11) per rendere visita a degli amici che abitavano nella parte sudoccidentale della città.
Quando giunse all’angolo di Mingkē, scorse un piccolo cortile, in fondo al quale c’era una casa. La porta della casa era semiaperta e sulla soglia stava ritta una donna affiancata da due ragazzine in abito blu (12), con i capelli raccolti in uno chignon. La donna era splendida, di un fascino senza pari. Non appena lo studente la vide, senza nemmeno rendersene contò, tirò le redini del proprio cavallo e rimase a lungo immobile, esitante, incapace di procedere oltre. Con finta sbadataggine, lasciò cadere a terra il frustino e, mentre attendeva che i suoi servitori lo raccogliessero, non cessava di fissare la donna. Questa gli rispondeva con uno sguardo appassionato, come se ricambiasse i suoi sentimenti. Il giovane non osò tuttavia attaccar discorso ed alla fine proseguì il suo cammino.
Tornato a casa, lo studente non faceva altro che struggersi per il desiderio della donna. Interrogò perciò quelli tra i suoi amici che conoscevano meglio la città per sapere chi fosse. Gli risposero che la casetta di fronte a cui s’era fermato apparteneva alla signora Lĭ, una giovane donna di cattiva reputazione”.
“Come posso conoscerla?” domandò lo studente.
Gli amici gli spiegarono che la signora Lĭ era piuttosto ricca, perché aveva avuto delle relazioni con molti personaggi nobili e altolocati, che le avevano regalato grandi somme di denaro. Per poterla avvicinare, bisognava essere disposti a spendere almeno un milione.”(13)
“L’unica cosa che mi preme è stare con lei.” esclamò lo studente” Che cosa me ne importa di spendere un milione?”.
Il giorno seguente, il giovane indossò suoi abiti migliori e, con tutto il suo seguito, andò a bussare alla porta della casa. Alla domestica che venne ad aprire domandò: ”Chi abita qui?”. Invece di rispondere, la ragazza corse via gridando: “C’è il signore che ieri ha lasciato cadere il frustino!”. La bella signora, tutta contenta, le ordinò: “Fallo aspettare un attimo! Giusto il tempo di truccarmi e di cambiarmi d’abito e arrivo”. Lo studente, fermo sulla soglia, sentì queste parole e se ne rallegrò nel suo intimo.
Mentre seguiva la domestica, che lo guidava all’interno della casa, scorse una vecchia ingobbita e dai capelli bianchi, che doveva essere la madre della bella. Lo studente le fece un profondo inchino e le domandò: ”Ho sentito dire che avete delle camere libere. Potrei affittarne una?”.
“Le nostre camere sono piccole e modeste.” gli rispose la donna” Temo che non siano abbastanza decorose per ospitare un gentiluomo. Non oserei davvero proporvele.”, poi accompagnò lo studente nel salotto, che era arredato in modo molto elegante, e lo invitò ad accomodarsi dicendogli: “Ho una figlia che è una ragazza insignificante e priva di qualità. Però le piace incontrare gente e penso che sarebbe lieta di conoscervi”.
Ed ecco apparire, graziosa e civettuola, la giovane donna, con gli occhi splendenti ed i polsi candidi (14). Lo studente, confuso, non osava guardarla. I due si salutarono e scambiarono qualche convenevole senza importanza (15). Osservando la donna da vicino, lo studente si rese conto di non aver mai visto tanta bellezza. Poi si sedettero a bere il tè e a sorseggiare un po’di vino. Le tazze e le coppette erano d’un gusto squisito. (16)
Lo studente si trattenne a lungo, fino a sera. Ad un tratto si udì, per quattro volte, il rullo dei tamburi. (17) Quando la vecchia gli domandò dove abitasse, lo studente rispose mentendo:” Abito parecchie miglia al di là della Porta di Yánpíng”. (18) Sperava infatti che, vedendo che era molto lontano, lo invitassero a restare. La vecchia invece gli disse: “I tamburi hanno già rullato. Vi conviene partire subito, se non volete trovarvi in contravvenzione”. “La conversazione era così piacevole” le rispose lo studente” che non mi sono accorto del passare del tempo. Abito a molta distanza di qui ed in città non ho né amici né parenti che possano ospitarmi. Che cosa devo fare?”. Intervenne allora la giovane donna: ”Se voi vi accontentate della nostra povera casa, potreste passare la notte qui”. Lo studente guardò incerto la vecchia, che però non sollevò obiezioni e si limitò a dire: “Va bene”.
Lo studente fece allora venire i suoi servitori e voleva ordinar loro di andare a comprare il necessario per la cena, ma la giovane donna lo interruppe sorridendo: ”Così voi fate torto alla nostra ospitalità. Questa sera condividerete la nostra povera mensa e vi accontenterete del nostro modesto cibo. Ci sarà tempo per ricambiare”. Di fronte a queste parole, pronunciate con decisione, lo studente finì per cedere.
Si spostarono quindi nella sala da pranzo (19), arredata con tende e cortine, paraventi e divani, tutti nuovi fiammanti e di straordinaria eleganza. Tovaglie, copridivani, cuscini, erano anch’essi di gran lusso.
Cenarono a lume di candela. (20) Il cibo era raffinato e gustoso.
Terminata la cena, la vecchia si ritirò, lasciando i due giovani a conversare da soli. Lo studente e la ragazza parlarono senza sosta raccontandosi cose divertenti e ridendo ad ogni momento.
Lo studente confidò alla fanciulla: “ Stavo passando davanti a casa vostra (21), quando vi ho vista, per caso, sulla soglia.(22 )Da quel momento non ho più avuto pace. Che io mangi o che io cerchi di dormire, non posso fare a meno di pensare a voi”.
“Lo stesso sta succedendo a me” gli rispose la ragazza.
“Non è vero” le confessò lo studente” che oggi sono venuto qui a cercare alloggio. Sono venuto perché desideravo realizzare l’ambizione di tutta la mia vita, ma non sapevo come sarei stato accolto.”
Non aveva ancora finito di pronunciare queste parole che la vecchia rientrò nella stanza e domandò loro di che cosa stessero parlando. Glielo spiegarono. La vecchia osservò con un sorriso: ”L’attrazione fra uomo e donna è un istinto a cui nessuno può sfuggire. (23) Se due si amano, neppure l’opposizione dei genitori, potrà tenerli lontani l’uno dall’altra. Però mia figlia non appartiene alla vostra classe. Siete sicuro che sia adatta a condividere la vita di un gentiluomo?” (24)
Allora lo studente scese dalla piattaforma su cui era piazzata la mensa, si inchinò alla vecchia e le rispose: “Tutto ciò che io desidero è vivere insieme a lei”.
Da quel momento la vecchia lo trattò come se fosse già suo “genero”.
Continuarono a mangiare e bere in grande intimità finché giunse il momento di andare a letto. (25)
Il mattino dopo, lo studente fece portare in casa della signora Lĭ tutti i suoi bagagli e si trasferì da lei.
Si isolò e cominciò a vivere per conto proprio, senza più vedere amici e conoscenti. Aveva rapporti soltanto con attori, cantanti e gente di quella risma (26) e passava il tempo a divertirsi, a bighellonare e a far festa.
Quando ebbe speso tutti i suoi soldi, vendette carrozza e cavalli e licenziò i domestici. (27) In poco più di un anno se ne andarono denaro e beni, servitori e cavalli, e non rimase più niente.
A questo punto, la vecchia cominciò a trattare lo studente con una certa freddezza, ma la fanciulla continuava ad amarlo sinceramente.
Passò un po’di tempo e un giorno la fanciulla disse allo studente: “È da un anno che stiamo insieme ed ancora non aspetto un bambino. Sembra che lo Spirito del Boschetto di Bambù (28) esaudisca infallibilmente chiunque si rivolge a lui (29). Saresti d’accordo se andassimo ad offrirgli una libagione?”.
Lo studente, non sospettando alcun inganno, fu felice di accompagnarla al tempio. Impegnò i propri abiti per acquistare il vino delle libagioni (30) e si recò insieme con la fanciulla al santuario, dove pregarono ed offrirono sacrifici.
Dopo aver pernottato sul posto, ripresero la via del ritorno, ma, quando l’asino che tirava il loro calessino (31) giunse alla porta orientale della città, la ragazza propose allo studente:” Proprio qui dietro l’angolo, andando verso est, abita mia zia. Che ne diresti di fare una piccola sosta da lei?”.
Lo studente si dichiarò d’accordo ed in effetti, a meno di cento passi di distanza, si trovò di fronte ad una porta carraia, dietro alla quale si intravedeva un ampio cortile. Il domestico che lo seguiva, lo fermò dicendo: ”Siamo arrivati”. Lo studente scese dal calessino e si vide venire incontro un uomo che gli chiese: “Chi debbo annunciare?”. Rispose: “La signora Lĭ”.
Il servitore andò a riferire e subito uscì fuori dalla casa una signora sulla quarantina, che salutò lo studente e gli domandò. “Dov’è mia nipote?”. Quando la ragazza scese a sua volta dal calessino, la zia le domandò: “Perché sei stata così a lungo senza venire a trovarmi?”.
Le due donne si guardarono e sorrisero, poi la signora Lĭ presentò lo studente alla zia.
Sbrigati i convenevoli d’uso, andarono tutti insieme a fare due passi nel giardino che fiancheggiava la casa ad occidente della porta ornata d’alabarde. (32) In mezzo al giardino, su una collinetta, sorgeva un padiglione. Intorno c’erano boschetti di bambù e piante di ogni genere (33), nel cui folto si nascondevano piccoli chioschi isolati. Lo studente domandò se il giardino appartenesse alla zia, ma la ragazza si limitò a sorridere senza rispondergli.
Un po’ più tardi fu servito il tè, accompagnato da squisiti pasticcini. ( 34)
Avevano appena finito di gustare il rinfresco, quando giunse al galoppo un uomo che grondava sudore, montato su un cavallo del Dàyuān. (35)
“Vostra madre” riferì l’uomo, rivolgendosi alla fanciulla,” è stata improvvisamente colpita da un grave malessere ed ha perso conoscenza. Occorre che torniate subito a casa”.
La ragazza disse allora alla zia:” Sono sconvolta. Devo correre immediatamente da mia madre. Poi, vi rimanderò il calessino, perché possiate venire anche tu e il mio fidanzato”.
Lo studente avrebbe voluto accompagnarla, ma la zia e le domestiche lo trattennero con parole e gesti, impedendogli di uscire.
“A quest’ora mia sorella sarà già morta.” gli disse la zia” Ora, dobbiamo discutere insieme l’organizzazione dei funerali ed aiutare mia nipote in questo momento d’angoscia. A che cosa servirebbe correrle dietro per accompagnarla?”.
Lo studente rimase quindi a casa della zia per pensare alle tristi incombenze dei funerali.
Giunse la sera, ma il calessino non ritornava.
“Strano che non abbiano rimandato indietro il calessino!” osservò la zia “Andate subito a vedere che cosa è successo. Io verrò più tardi.”
Il giovane si mise in cammino, ma, quando giunse alla casa della signora Lĭ, trovò il portone chiuso e sbarrato. La toppa delle chiavi era addirittura sigillata con del fango.
Stupito, domandò spiegazioni ai vicini, i quali gli raccontarono che la signora Lĭ aveva soltanto preso in affitto la casa e che il contratto era venuto a scadenza. Il proprietario aveva già ripreso possesso dell’immobile. La vecchia aveva traslocato ed era andata ad abitare in un altro posto. Nessuno sapeva dove.
Lo studente avrebbe voluto ritornare a Xuānyáng per interrogare la zia, ma era già quasi notte e si rese conto che non ce l’avrebbe fatta. (36) Così impegnò alcuni capi d’abbigliamento e, col ricavato, comprò un po’di cibo e si procurò un letto per dormire. però era molto arrabbiato ed agitato e, per tutta la notte, non riuscì a chiudere occhio.
Alle prime luci dell’alba, si alzò in fretta e partì. Quando giunse alla casa della zia, bussò alla porta, ma era il momento della colazione e nessuno gli rispose. Si mise allora ad urlare ripetutamente ed un eunuco gli venne incontro senza fretta.
“C’è la signora?” gli domandò ansiosamente lo studente.
“Non c’è nessuno” rispose il domestico.
“Perché mi rispondete in modo così evasivo?” replicò lo studente “Io ero qui ieri sera. Se la casa non è della signora che dico io, a chi appartiene allora?”.
“Questa è la villa del segretario generale Cuī” (37) rispose il domestico “Qualcuno, ieri pomeriggio, ha preso in affitto il giardino per ricevere un visitatore che veniva di lontano, ma se ne sono andati prima che facesse notte."
Lo studente, sconvolto da ciò che aveva sentito, era fuori di sé e non sapeva più dove sbattere la testa. L’unica idea che gli venne in mente fu di ritornare al suo vecchio alloggio nel quartiere dei ministeri.
Il padrone di casa ne ebbe compassione e gli offrì del cibo, ma il giovane era così depresso che per tre giorni non volle mangiare e cadde gravemente malato.
In una decina di giorni il suo stato di salute peggiorò in modo tale che il padrone di casa, temendo che morisse da un momento all’altro, lo fece trasportare direttamente al negozio dell’impresario delle pompe funebri.
Quando sollevarono il lenzuolo che copriva il corpo e videro che era ancora vivo, gli addetti alle pompe funebri si affollarono intorno a lui e, presi da pietà, lo indussero a mangiare qualcosa.
In breve tempo il giovane migliorò e fu presto in grado di camminare appoggiandosi ad un bastone.
Un giorno, il proprietario del negozio gli offrì un impiego da portatore di stendardi nei funerali (38), consentendogli così di guadagnare giusto quanto gli bastava per sopravvivere.
Col passare dei mesi, il giovane recuperò gradualmente le forze, ma, ogni volta che ascoltava i canti funebri, rimpiangeva di non essere lui al posto del morto, e non riusciva a trattenersi dal versare lacrime e dal singhiozzare senza sosta.
Una volta ritornato a casa, ripeteva quei canti e, poiché era un ragazzo intelligente, fu presto in grado di cantare in modo perfetto queste nenie, meglio che chiunque altro nell’intera Cháng’Ān.
C’erano, a quel tempo, in città due imprese di pompe funebri che si facevano un’accanita concorrenza. Quella che aveva sede nei quartieri orientali disponeva di carri funebri particolarmente sontuosi, cosicché, sotto questo aspetto, sembrava impossibile fare meglio, ma le mancavano buoni piagnoni.
Avendo sentito lodare molto le doti canore del giovane, il proprietario dell’impresa gli offrì una somma considerevole per i suoi servizi. (39) I dipendenti più anziani, che conoscevano meglio di lui il repertorio dei canti funebri, gli insegnarono in segreto nuove melodie e gli mostrarono come adattare le parole alla musica. Il giovane prese così lezioni per molte settimane senza che nessuno lo sapesse.
Un giorno, i due impresari rivali si accordarono per una gara che si sarebbe dovuta svolgere sulla strada della Porta del Cielo. I piagnoni delle due imprese si sarebbero confrontati e si sarebbe visto quali fossero i migliori. Il perdente avrebbe dovuto pagare 50.000 monete (40) per i costi della manifestazione e del relativo rinfresco. Dopo aver definito le clausole dell’accordo, i due impresari stipularono un atto, in cui era prevista la costituzione di una garanzia, e lo lessero in presenza di testimoni.
Decine di migliaia di persone accorsero in folla per assistere allo spettacolo. I gendarmi ne informarono il capo della polizia, che, a sua volta, lo riferì al governatore del distretto. (41) Da tutti gli angoli della capitale la gente si affrettava verso il luogo della gara e le altre vie della città apparivano deserte.
L’esibizione durò dal mattino fino a mezzogiorno. Furono esposti carri funebri ed addobbi di ogni sorta per i funerali, ma l’impresa dei quartieri occidentali non riuscì a prevalere ed il suo titolare ne provò vergogna.
In seguito venne installato un palco sul lato meridionale della piazza e un uomo dalla lunga barba, accompagnato da alcuni assistenti, si fece avanti suonando un campanello. L’uomo agitò la barba, levò le sopracciglia, incrociò le braccia sul petto, stette un momento immobile, si inchinò fino a terra dinanzi alla folla e si rialzò, poi cominciò a cantare il lamento noto come “Il Cavallo Bianco” (42) Terminato il canto, sicuro di una facile vittoria, si guardò intorno a destra e a sinistra, per vedere se qualcuno osasse sfidarlo. L’applauso generale lo convinse che il suo talento era unico e non poteva essere messo in dubbio.
Un po’più tardi, l’impresario dei quartieri orientali fece installare un palco sul lato settentrionale della piazza ed un giovane vestito di nero (43), circondato da cinque o sei assistenti, si fece avanti tenendo in mano un ventaglio di piume di quelli usati per ornare i sarcofagi. Era il giovane di cui parliamo in questa storia.
Il giovane si riassettò gli abiti, si guardò timidamente intorno, si schiarì la voce, fece qualche vocalizzo, come se non fosse sicuro di sé. Poi cominciò a cantare il lamento noto come “La Rugiada sullo Scalogno”. (44) La voce si levava così alta e chiara che sembrava echeggiare in un bosco. Non aveva ancora terminato la prima strofa che tutti gli ascoltatori, emozionati e commossi, già si scioglievano in lacrime. (45)
Quando il giovane finì di cantare, tutti presero lungamente in giro l’impresario dei quartieri occidentali, il quale ne ebbe tanta vergogna che si ritirò immediatamente dalla gara e scappò via. Il pubblico era sbalordito perché nessuno s’era aspettato un simile esito della competizione.
Tempo prima, l’Imperatore aveva emesso un decreto in cui si stabiliva che i governatori delle province si presentassero a corte almeno una volta l’anno per fargli rapporto. Per caso il padre del giovane si trovava nella capitale proprio in quei giorni. Spogliatosi degli abiti ufficiali e delle insegne del suo rango, si era mescolato di nascosto alla folla, in compagnia di alcuni colleghi, per assistere allo spettacolo. Lo accompagnava un vecchio servitore che era il marito della nutrice del giovane. Costui, vedendo il cantante, ne riconobbe i gesti e la voce ed avrebbe voluto avvicinarglisi, ma, non osando farlo, restava immobile e singhiozzava. Il padre del giovane, stupito, gli domandò perché stesse piangendo ed il vecchio gli rispose: “Signore! Il ragazzo che sta cantando mi ricorda molto, nel suo aspetto, il figlio che avete perduto”.
“Mio figlio è stato depredato e ucciso da una banda di delinquenti perché aveva con sé molti soldi, che io gli avevo dato per i suoi studi.” replicò il padre” Come potrebbe essere lui?” e, mentre diceva questo, cominciò anch’egli a piangere e si avviò verso casa.
Il vecchio servitore, invece, tornò indietro e, avvicinatosi ai colleghi del cantante, domandò loro chi fosse la persona che aveva appena cantato con tanta maestria.
Tutti gli risposero: “È il figlio del tale”, menzionando un cognome che il vecchio non conosceva. Anche quando chiese il nome del giovane, gli fu detto un nome diverso.( 47)
Sconcertato, il vecchio decise di rivolgersi direttamente all’interessato, ma il giovane, quando lo vide dirigersi verso di lui, gli voltò la schiena e si allontanò, cercando di nascondersi tra la folla.
Il vecchio lo seguì e, afferratolo per la manica dell’abito, esclamò” Non mi sbaglio davvero! Siete proprio voi!”.
I due si abbracciarono piangendo, poi l’anziano servitore accompagnò il giovane alla villa in cui alloggiava il padre, il quale però lo accolse in malo modo, rimproverandolo aspramente: ”Il tuo comportamento ha disonorato la nostra famiglia. Come osi farti rivedere da me?”.
Detto questo lo trascinò fuori di casa fino ad un angolo deserto tra lo stagno di Qūjiăng e il Giardino degli Albicocchi (48) dove gli strappò via gli abiti e lo frustò selvaggiamente, finché il ragazzo non potè più sopportare la sofferenza e cadde a terra esanime, come se fosse morto. Solo allora il padre lo lasciò stare e se ne andò.
L’impresario delle pompe funebri aveva ordinato ad alcuni dei suoi di seguire il giovane di nascosto e di riferirgli che cosa stesse facendo.
La notizia di ciò che gli era accaduto provocò in tutti turbamento e tristezza.
Due uomini furono inviati a coprire il cadavere con una stuoia di canne, ma, quando giunsero sul posto, si accorsero che il corpo era ancora caldo.
Dopo che lo ebbero sollevato e tenuto a lungo in piedi, il giovane ricominciò a respirare, anche se debolmente.
Sostenendolo in due sotto le ascelle, lo riportarono a casa e gli fecero bere qualche cucchiaio di brodo versandoglielo in bocca con una cannuccia.
Così riuscì a passare la notte.
Per più di un mese non fu in grado di muovere mani e piedi.
Inoltre, tutte le piaghe che si erano formate nei punti in cui era stato percosso si infettarono e divennero purulente, cosicché i suoi compagni, non riuscendo più a sopportare il disagio, una notte lo abbandonarono per strada.
I passanti, commossi dalla sua miseria, gli lanciavano spesso avanzi di cibo,che gli permettevano di nutrirsi.
Grazie a ciò, in tre mesi (49), il giovane recuperò le forze fino a poter camminare appoggiandosi ad un bastone.
Avvolto in una coperta di pelo, così sfilacciata e piena di rammendi da sembrare la coda di una quaglia, si aggirava per i viali della città, con una scodella sbrecciata in mano, e chiedeva cibo in elemosina.
Passò l’autunno e giunse l’inverno. Di notte, il giovane dormiva nelle latrine pubbliche; di giorno, vagava per i mercati.
Un giorno che nevicava abbondantemente, fame e freddo avevano spinto il giovane ad uscire e ad affrontare la tormenta. Le grida con cui implorava un po’ di cibo risuonavano tristemente nelle vie e chiunque lo vedesse e lo ascoltasse si sentiva stringere il cuore, ma la neve cadeva così fitta che c’era pochissima gente per strada. Quando, dopo aver superato la porta orientale di Ānyì (50). arrivò al settimo o all’ottavo incrocio lungo il tratto di mura di Xúnlĭ (51), si trovò di fronte ad una casa, la cui porta aveva il pannello sinistro socchiuso (52). Era la casa in cui abitava la signora Lĭ, ma lui non lo sapeva.
Il giovane urlava incessantemente per la fame e per il freddo. Le sue grida erano così acute che strappavano il cuore. La signora Lĭ, le udì dalla sua stanza e disse al domestico:”Questo è di certo lo studente di cui ero innamorata. Riconosco la sua voce.” Corse alla porta e vide il giovane rinsecchito ed emaciato, con il corpo tutto pieno di croste. Il suo aspetto non sembrava più quello di un essere umano.
“Sei davvero tu? Come è mai possibile?” gli domandò commossa la signora Lĭ, ma il giovane era così sorpreso e, al tempo stesso, risentito (53), che non riusciva più ad aprir bocca e si limitò ad annuire con la testa.
La donna gli gettò le braccia al collo, lo avvolse nella sua giacchetta ricamata e lo condusse nell’ala occidentale della casa. Qui cominciò a rimproverarsi con voce triste e strascicata: “È tutta colpa mia se ti sei ridotto in questo stato!” e, nel dir questo, sembrava svenire quasi ad ogni momento.
Giunse di corsa, tutta spaventata, la madre della signora Lĭ, e le domandò che cosa stesse succedendo.
“È il ragazzo di cui ero innamorata” le rispose la donna.
“Caccialo via!” replicò secca la vecchia “Perché l’hai fatto entrare?”.
La signora Lĭ la fissò con uno sguardo severo e le rispose: “No! Non lo caccerò via. Questo giovane è un ragazzo di buona famiglia ed una volta era abituato a viaggiare su lussuose carrozze e ad indossare abiti intessuti d’oro, ma, dopo che giunse a casa nostra, si diede agli eccessi e perse tutto ciò che possedeva. Per di più, noi lo abbiamo deliberatamente ingannato, abbandonato e lasciato senza risorse, con un comportamento quasi disumano. Abbiamo rovinato le sue prospettive di carriera e lo abbiamo privato del posto che gli spettava nella società. Abbiamo turbato i rapporti naturali tra padre e figlio, facendo sì che il padre non sentisse più amore per il figlio, lo percuotesse a morte e lo abbandonasse esanime per strada. Ciò mi imbarazza, perché tutti sanno su chi ricade la colpa di ciò che è avvenuto. Molti parenti di questo ragazzo sono alti funzionari della corte imperiale. Un giorno, uno di essi giungerà al governo e farà svolgere un’inchiesta approfondita. Allora, per noi, sarà un disastro e, siccome abbiamo violato le leggi del Cielo e fatto del male alle persone, né gli dei né gli spiriti ci aiuteranno. Non attiriamo noi stessi la rovina su di noi!
Io ho ormai vent’anni. Posso calcolare che il mio mantenimento in questo periodo ti sia costato circa mille monete d’oro. Intendo riscattarmi versandoti quanto può bastare per il tuo mantenimento ed il tuo abbigliamento durante vent’anni.(54) D’ora in poi non voglio più aver a che fare con nessuno che non sia questo ragazzo. Non ci stabiliremo lontano, perché desidero avere la possibilità di renderti visita mattina e sera. (55)”
La vecchia capì che non aveva alcuna possibilità di imporsi ed accettò la proposta.
Dopo che ebbe pagato il riscatto, rimasero alla signora Lĭ cento monete d’oro, con cui prese in affitto una casa vuota situata a cinque porte di distanza in direzione nord.
Una volta stabilitasi lì, fece subito fare un bagno al giovane, lo rivestì di abiti puliti, gli fece bere un brodino e mangiare una zuppa di riso per riattivargli l’intestino ed, infine, gli unse il corpo di burro e di latte per renderlo più morbido.
Dopo una decina di giorni, cominciò a dargli da mangiare diversi cibi di terra e di mare ed a fargli indossare berretti, scarpe e calze che erano tutti oggetti di prima scelta, lussuosi e rari.
In pochi mesi, il giovane riprese ad ingrassare e, col passare del tempo, ritornò in piena salute.
Un giorno, la signora Lĭ chiamò a sé il giovane e gli disse: “Ormai hai recuperato la salute e la tua volontà è di nuovo salda. Quando ti concentri e rifletti in silenzio, che cosa riesci ancora a ricordare dei tuoi vecchi studi letterari?”.
“Il venti o trenta per cento” rispose il ragazzo.
La donna ordinò di preparare il calesse, il giovane montò a cavallo ed uscirono.
Quando giunsero al quartiere delle librerie presso la porta laterale meridionale del Padiglione della Bandiera (56), la signora Lĭ ordinò al giovane di scegliere tutti i libri che desiderava e di comprarli, mettendo a sua disposizione la somma di ben cento monete d’oro. Alla fine, carichi di libri, tornarono a casa.
La signora Lĭ convinse il giovane a dedicarsi unicamente allo studio. Egli si levava all’alba e lavorava incessantemente giorno e notte. La donna gli faceva spesso compagnia fino a tarda notte e, quando lo vedeva stanco, lo incitava a comporre, per distrarsi, poesie e rapsodie.
Nel giro di due anni lo studente aveva compiuto enormi progressi: aveva letto tutti i libri che esistevano al mondo e non c’era nessuno che non lo ammirasse.
Allora disse alla signora Lĭ:”Adesso posso affrontare l’esame imperiale e mettere alla prova le mie capacità”, ma la donna gli rispose:”Aspettiamo ancora!” e gli fece ripassare tutto una volta di più affinché fosse pronto a combattere "cento battaglie”. ( 57)
Trascorso un altro anno, la signora Lĭ, disse allo studente: “Ora puoi sostenere l’esame”.
Il giovane si presentò all’esame imperiale (58) e lo superò al primo tentativo, destando grande ammirazione tra gli esaminatori.
I letterati più anziani, vista la sua cultura, non poterono trattenersi dal manifestargli rispetto (59) e ammirazione e cercarono di stringere amicizia con lui, ma non ci riuscirono, perché la signora Lĭ gli disse:”Aspetta ancora un po’ di tempo! Al giorno d’oggi uno studente brillante che abbia ottenuto un diploma di primo livello si considera già capace di assumere funzioni importanti in seno alla Corte imperiale e di guadagnare una bella fama in tutto l’Impero. Tuttavia, i tuoi precedenti indecorosi ti mettono in una situazione di svantaggio rispetto agli altri. Continua ad affilare la tua lama (60) per conseguire un’altra vittoria.(61) Allora sarai in grado di associarti con molti letterati (62) e di competere con i più illustri per l’egemonia.”(63)
Lo studente seguì il consiglio e migliorò ulteriormente la propria preparazione lavorando con assiduità cosicché la sua reputazione crebbe in modo straordinario.
Quello stesso anno,l’Imperatore bandì un grande concorso per reclutare i migliori talenti in tutto l’Impero. Lo studente partecipò al concorso ed essendosi classificato primo alle prove d’esame, fu nominato ispettore dell’esercito nella prefettura di Chéngdῡ. I funzionari posti alle sue dipendenze (64) erano tutti suoi amici.
Allorché il giovane stava per prendere possesso delle sue funzioni, la signora Lĭ gli disse: “Oggi che voi recuperate uno status conforme al vostro rango originario, non voglio esservi di peso. Intendo tornare da mia madre ed occuparmi di lei per il resto della mia vita. Un signore come voi deve sposare una bella ragazza di nobile famiglia (65), che sia degna di presentare le offerte sull’altare degli antenati. (66) Non date scandalo (67) con un matrimonio al di fuori della vostra classe sociale. (68) Ricordatevi di me, amor mio! Ora devo lasciarvi.”
Il giovane scoppiò in lacrime e le disse: “Se mi abbandoni, mi ucciderò”, ma la donna continuava ostinatamente a rifiutarsi di seguirlo. Di fronte alle sue disperate implorazioni accettò tuttavia di accompagnarlo, lungo il fiume, sino al Jiànmén (69). Di lì sarebbe tornata indietro. Il giovane dovette accontentarsi di questo compromesso..
Dopo più di un mese di viaggio, i due giunsero al Jiànmén, dove fecero sosta. Prima che il giovane potesse ripartire, gli fu notificato che suo padre, il governatore di Chángzhōu, era stato nominato, con decreto imperiale, governatore di Chéngdῡ ed ispettore generale del Jiànnán (70) e che stava venendo a prendere possesso della sua nuova carica.
Il mattino successivo, il padre arrivò al Jiànmén. Il figlio gli fece recapitare il proprio biglietto da visita (71) ed andò ad attenderlo alla stazione di posta. Sulle prime, il padre non voleva credere di trovarsi davanti suo figlio, ma, quando lesse sul biglietto da visita i titoli e il nome postumo (72) del nonno (73), ne fu assai sorpreso, ordinò al giovane di salire i gradini (74), lo abbracciò e pianse.
Dopo un po’ il padre disse: “Ora noi due siamo di nuovo padre e figlio, come un tempo!” e pregò di figlio di narrargli la sua storia in tutti i dettagli, dal principio alla fine.
Incuriosito dal racconto, il padre domandò dove fosse la signora Lĭ,.
“L’ho portata con me fin qui” gli rispose il figlio” ma ora le ho detto di tornare indietro”.
“Non posso permetterlo” esclamò il padre ed il giorno seguente, dopo aver fatto preparare una carrozza ed aver mandato avanti il figlio a Chéngdῡ, trattenne la signora Lĭ, al Jiànmén e le procurò un altro alloggio.(75)
PIù tardi chiamò un sensale di matrimoni per comunicargli l’intenzione di far sposare i due giovani (76) e gli ordinò di compiere le sei cerimonie prescritte per le nozze (77), proprio come per la coppia Qín e Jìn. (78)
Negli anni che seguirono, la signora Lĭ si dimostrò un’ottima moglie, ben preparata, di scrupolosa moralità, capace di tenere in perfetto ordine la casa e molto attenta alla famiglia.
Trascorsi parecchi anni, morirono entrambi i genitori del marito, il quale diede prova, in quell’occasione, di una così grande pietà filiale che, accanto alla capanna in cui si era ritirato a trascorrere il periodo di lutto, spuntarono, a tre per tre, i funghi della fortuna (79) Fu inoltre riferito alla corte imperiale che una dozzina di rondini bianche avevano fatto il nido sotto le grondaie.(80) L’Imperatore fu impressionato da questo prodigio e concesse al marito della signora Lĭ ulteriori titoli e onori.
Terminato il periodo di lutto, l’uomo venne promosso ad incarichi di sempre maggiore importanza e, nel giro di un decennio, fu governatore di numerose contee. Alla moglie fu concesso il titolo di “Signora di Qiān”.
La coppia ebbe quattro figli, che divennero tutti funzionari di alto rango.Quello di loro che ebbe minore successo, fu governatore di Tàiyuán. Tutti i figli si apparentarono con grandi famiglie e e nessuno fu in grado di competere con il loro successo nella vita pubblica e privata (81)
Oh, quanto fu virtuoso il comportamento di quella donna, che era stata una prostituta, tale da non poter essere superato neppure dall’esempio delle matrone dei tempi antichi e da far sospirare chi ne ascolti la storia!
Il mio prozio paterno fu un tempo governatore di Jìnzhōu, poi lavorò al Ministero delle Finanze ed infine fu nominato sovrintendente ai trasporti terrestri e fluviali. In tutti questi incarichi fu collega della persona di cui abbiamo scritto; perciò ne conosceva bene tutte le avvventure..
Un giorno, durante l’era Zhēnyuán (82), mentre parlavo con Gōngzuō di Lōngxī delle vicende del paese, il discorso cadde sulle donne che si erano distinte per l’esemplarità della loro condotta. Quando gli raccontai la storia della signora Lĭ, Gōngzuō la ascoltò con ammirata attenzione e mi pregò di metterla per iscritto. Presi il pennello, lo intinsi nell’inchiostro e scrissi questo resoconto.
Redatto nell’autunno dell’anno del “maiale di legno” (83), nell’ottavo mese, da Bái Xíngjiān di Tàiyuán.
NOTE
1) Non ho trovato su Internet alcuna menzione di un Regno di Qiān 汧國, il che non esclude ovviamente che esso abbia potuto esistere. Questo nome potrebbe tuttavia anche essere un gioco di parole dell’autore del racconto. Il termine 汧(“qiān “) significa infatti “palude” oppure “ oggetto fluttuante nell’acqua”. È facile quindi attribuire all’espressione 汧國 un valore negativo. Nell’enciclopedia on line Băidù Băikē 百度百科 si legge, ad esempio, che essa si riferisce al “mondo della prostituzione”. È curioso notare una certa corrispondenza con il termine giapponese “ukiyo” 浮世(“mondo fluttuante”) che designa gli ambienti legati al divertimento e all’erotismo.
2) Il termine 監察御史 (jiānchá yùshǐ) designava i “censori ispettori” che visitavano i diversi distretti per controllare che i funzionari governativi ed i magistrati locali svolgessero correttamente i propri compiti.
3) L’era Tiānbăo天寶 corrisponde agli anni 742-756 d.C.
4) L’espressione “gli anni in cui si conosce la Volontà del Cielo” ( 知命之年 “zhī mìng zhī nián”) è usata per indicare la cinquantina con riferimento ad un famoso passo dei Dialoghi di Confucio (II,4):
“ A quindici anni non facevo altro che studiare.
A trenta ero sicuro di me stesso.
A quaranta non avevo più dubbi.
A cinquanta conoscevo ormai la Volontà del Cielo.
A sessanta non avevo più bisogno di riflettere.
A settanta mi basta seguire il mio cuore per essere certo di non sbagliare.”
5) L’espressione 始弱冠矣 (shǐ ruòguàn yǐ”), vale a dire “aveva appena cominciato a portare il cappello” è una espressione tradizionale usata per dire “appena adulto”, ”appena maggiorenne”. Il diritto di portare il cappello segnava infatti il passaggio dall’adolescenza all’età adulta.
6) L’espressione 千里駒 (“qiānlǐ jū”), letteralmente” un puledro capace di galoppare cinquecento miglia” corrisponde alla nostra espressione metaforica “un cavallo di razza”.
7) Pur essendo sicuro delle capacità del figlio, il padre gli finanzia in anticipo due anni di soggiorno nella capitale affinché egli possa, nella deprecata ipotesi di una bocciatura, perfezionare ulteriormente la sua preparazione e ripetere l’esame.
8) Pílíng 毗陵 è uno dei nomi con cui era conosciuta anticamente la città di Chángzhōu 常州 nella provincia del Jiāngsū 江苏, dove abitava il protagonista del racconto.
9) Ho reso il termine 布政里 “bùzhèng lĭ”, che indica il “quartiere del governo”, con l’espressione “quartiere dei ministeri”. Doveva ovviamente trattarsi di uno dei quartieri più prestigiosi ed eleganti della capitale.
10) Il Mercato Orientale (東市 “dōngshì)”, cinto di mura in cui si aprivano parecchie porte, era un quartiere commerciale molto animato, in cui si trovavano negozi di ogni tipo, nonché numerose pasticcerie e taverne.
11) Il “viale di Píngkáng ”平康坊 (“píngkáng fāng”), conosciuto anche come il “quartiere di Píngkáng” 平康里(“píngkáng lĭ”), era il quartiere a luci rosse di Cháng’Ān.
12) L’abito di color blu o nero (青衣 “qīnyī”) era la divisa delle domestiche. Per disporre di due domestiche la donna doveva dunque essere agiata. A chi conosca le stampe giapponesi, la descrizione fa subito venire in mente l’immagine delle cortigiane più eleganti ( (花魁 “oiran”), sempre rappresentate in compagnia di due ragazzine (禿 “kamuro”), le quali erano al tempo stesso aiutanti della cortigiana e apprendiste del mestiere, che richiedeva, se esercitato ad un certo livello, bellezza, grazia, gusto, cultura e buone maniere.
13) Il testo non specifica di quale moneta si tratti. In mancanza di qualsiasi indicazione, si deve quindi pensare che esso si riferisca all’unità monetaria in corso sotto la Dinastia Táng, cioè al Kāiyuán Tōngbăo 開元通寶, una moneta di bronzo del peso di circa 3,7 grammi, coniata per la prima volta nel 621 d.C.
14) Noi saremmo portati a dire le “candide braccia”, ma evidentemente i costumi del tempo non consentivano che le braccia femminili potessero apparire scoperte.
15) L’originale reca l’espressione 敘寒燠 (“xù hán yù”), letteralmente “parlarono del caldo e del freddo”, cioè del tempo che faceva. La scena è tratteggiata con realismo ed ironia. Se non sapessimo che siamo in Cina, penseremmo di trovarci in uno dei salotti inglesi descritti nei romanzi di Jane Austen.
16) Il testo cinese reca l’espressione 甚潔 (“shén jié”), che letteralmente significa “molto pulito”, ”molto puro”, ma che, nel contesto, mi sembra doversi intendere come “di ottimo gusto”, “di squisita eleganza”.
17) Il rullo dei tamburi segnalava le ore, come da noi i rintocchi delle campane. Al tramonto esso preannunciava l’entrata in vigore del coprifuoco.
18) La Porta di Yánpíng 延平門 era la porta più meridionale sul lato occidentale delle mura esterne di Cháng’Ān. Se avesse veramente abitato oltre la Porta di Yánpíng, cioè dall’altro lato di Cháng’Ān, che era una città di enormi dimensioni, lo studente non sarebbe certamente riuscito a rientrare a casa prima del coprifuoco. Sarebbe quindi stato un atto di elementare cortesia offrirgli ospitalità per la notte.
19) Ho così tradotto, sulla base del contesto, il termine 西堂(“xītáng), che significa “salone occidentale”.
20) La cena a lume di candela appare ai nostri occhi particolarmente romantica. Occorre però tener presente che, all’epoca in cui si svolge il racconto, non esistevano altri sistemi di illuminazione.
21) Il termine 卿“(“qīng”) significa “nobile”. È come se lo studente dicesse: ”Stavo passando davanti alla casa della Signora”. I due si sono appena conosciuti ed il tono della conversazione è ancora abbastanza formale.
22) Le case tradizionali cinesi erano costruite intorno ad un cortile di fronte al quale sorgeva un portone, che, durante la giornata, rimaneva aperto. Per impedire che i passanti potessero sbirciare all’interno, subito dietro il portone veniva eretto un muro. Si entrava quindi nel cortile da due passaggi laterali situati tra le estremità del muro e il vano del portone. Ho tradotto con “soglia” il termine 屏間 (“píngjiàn”), che indica questo tipo di apertura.
23) Il termine 大欲 (“dà yù”), vale a dire “il (più) grande desiderio”, compare nel primo capitolo del Mèngzĭ 孟子 intitolato梁惠王上 (“liáng huì wáng shàng”) in cui il filosofo Mencio fa confessare al re Xuān di Qí 齊宣王 che il suo maggiore desiderio è la conquista di un immenso impero. Come per i re è irresistibile la sete di potere, così per gli uomini e per le donne è irresistibile la passione amorosa.
24) Il testo cinese dice 薦君子之枕席 (“jiàn jūnzǐ zhī zhěn xí”), cioè “porgere ad un gentiluomo cuscini e sedie”, metafora che indica la vita more uxorio. Ritroviamo la stessa metafora nel nome dell’istituto del diritto romano che prevedeva la separazione “a mensa et thoro”, cioè il venir meno della convivenza dei coniugi che si esprimeva nella condivisione del letto e della tavola.
25) Il termine 散 (“săn/sàn”) può voler dire sia “liberamente”, ”a proprio agio”, “senza preoccupazioni”, sia “separarsi”. In questo caso, il secondo significato appare meno plausibile, visto che lo studente era stato invitato a pernottare in casa della bella.
26) Contrariamente a ciò che avviene ai nostri giorni, fino a qualche secolo fa gli attori e i cantanti erano classificati ai livelli più bassi della scala sociale. Basti ricordare che, nella Francia del XVII° secolo, i commedianti erano scomunicati e che, quando Molière morì, gli fu rifiutata la sepoltura in terra consacrata.
27) Ho tradotto con “licenziare” il termine 鬻 (“yù”), che propriamente significa “vendere” perché, ai tempi dei Táng, i domestici di solito non erano schiavi, a meno che si trattasse di giovani barbari catturati in guerra o di bambini venduti dalle loro famiglie.
28) Nel pantheon giapponese Sasagami, il dio del bambù 竹神, protegge la famiglia. Una divinità analoga esisteva verosimilmente anche in Cina.
29) Il testo cinese reca l’espressione 報應如響 (“bàoyìng rú xiǎng”), vale a dire “la ricompensa è come un’eco” che fa invariabilmente seguito alle preghiere.
30) Per le libagioni si usava un vino di minore gradazione alcoolica, detto 醴 (“lĭ”), termine che i dizionari traducono con “vino dolce”. Secondo l’enciclopedia on-line 百度百科 (“bǎidù bǎikē”) doveva trattarsi di una bevanda simile alla birra.
31) Abbiamo qui l’impressione di imbatterci in un’incongruenza. Ci è infatti appena stato detto che lo studente ha venduto carrozza e cavalli, ha licenziato i servitori e non ha più nemmeno i soldi per comprare il vino delle libagioni. Si può tuttavia pensare che il domestico, l’asinello e il calessino appartengano alla donna con cui vive.
32) Ritengo che con il termine “porta delle alabarde”( 戟門 “jĭ mén”) venga qui indicata la porta della casa. Se si trattasse di una porta della città, il giardino che le sta accanto non potrebbe infatti essere un giardino privato. La casa doveva essere sontuosa, perché il diritto di ornare la propria porta con alabarde vere o dipinte spettava soltanto all’imperatore, ai principi del sangue, ai grandi dignitari e ai nobili di alto rango.
33) Il termine 葱蒨 (“cōng qiàn”), letteralmente “cipollotti e cespugli” indica una vegetazione lussureggiante.
34) Sono conosciuti con il nome di 茶果 (“chá guŏ”), letteralmente “frutti del té”, gli involtini di pasta di riso glutinata, ripieni di pasta di fagioli, sesamo o arachidi, che vengono tradizionalmente serviti insieme al té.
35) Il Dàyuān 大宛 è identificato con la Valle del Ferghana, situata nell’Asia Centrale, fra le attuali repubbliche del Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, famosa per gli splendidi cavalli che vi erano allevati. Il nome Dàyuān, letteralmente “Grande Ionia”, sembra derivare dal fatto che in tale regione sorse, fra il 329 a.C. e il 160 a.C., un regno ellenistico, il quale ebbe per capitale Alessandria Eschate (Ἀλεξάνδρεια Ἐσχάτη), una città fondata da Alessandro Magno.
36) Xuānyáng 宣陽, il quartiere in cui abitava la zia, si trovava dalla parte opposta della città rispetto al quartiere in cui sorgeva la casa in cui aveva abitato la signora Lĭ. Era quasi notte ed appariva chiaro che lo studente, ormai appiedato, non sarebbe mai riuscito a raggiungerlo prima che scattasse il coprifuoco.
37) Il termine 尚書 (“shàng shū”) designava in origine un impiegato di basso rango, incaricato di redigere e pubblicare i decreti imperiali. Più tardi, venne ad indicare il capo della segreteria imperiale.
38) Il termine 繐帷 (“suì wéi”) designa stoffe delicate. Era uso che venissero portati in processione nei funerali bandiere e gagliardetti su cui erano scritti versi in onore del defunto.
39) L’espressione 錢二萬索 (“qián èr wàn suǒ”) sembra doversi interpretare come “ventimila monete infilate in stringhe”. Poiché le monete recavano un foro al centro, era uso infilare quelle di valore più basso in una stringa, formando così una specie di collana che rappresentava un’unità di valore più consistente.
40) Il testo non precisa di che monete si tratti. L’unità monetaria in vigore all’epoca in cui è ambientato il racconto era il 開元通寶 ( “kāiyuán tōngbăo”), letteralmente: ”tesoro circolante dell’era Kāiyuán”, moneta che poteva essere coniata in bronzo, piombo , ferro, in una lega di rame, stagno e zinco detta “bronzo bianco”, nonché in oro o argento. Si può presumere che il valore di base fosse quello della moneta in bronzo.
41) Il termine 京尹 (“jīng yīn”) designava il governatore di un distretto della capitale.
42) Il bianco è in Cina il colore del lutto.
43) Il termine 烏巾 (“wū jīn”) può essere interpretato come “sciarpa nera” o come “berretto nero”. Ho pensato che il giovane fosse tutto abbigliato di nero.
44) “La rugiada sullo scalogno”( 薤露 “xièlù”) è un lamento funebre, di autore ignoto, che risale all’epoca dei Hàn Occidentali (西汉 “xīhàn”).Esso paragona la vita alla rugiada sullo scalogno. Entrambe sono di breve durata: la prima finisce presto, la seconda evapora al primo raggio di sole.
45) L’espressione 掩泣´(“yăn qì”) significa letteralmente “coprirsi il viso e singhiozzare”.
46) Con il termine 四座 (“sìzuò”), letteralmente “le quattro sedie”, si indica il pubblico seduto per assistere ad uno spettacolo.
47) La spiegazione è semplice. Il giovane, per vergogna, si presenta alla gente con un altro nome.
48) Qūjiāng 曲江 era un quartiere situato nella parte sudorientale di Cháng’Ān, in cui sorgevano, all’epoca dei Táng, i famosi Giardini Imperiali di Qūjiāng.
Il “Giardino degli Albicocchi”( “杏园 “xìng yuán”) era una delle attrazioni del parco di Qūjiāng.
49) Il termine 十旬 (“shí xún”) , letteralmente “10 periodi di dieci giorni”), indica approssimativamente un trimestre.
50) Ānyì 安邑 fu l’antica capitale della dinastia Xià 夏朝 (circa 2700 a.C.-circa 1660 a.C.) e del regno di Cáo Wèi 曹魏 (220 d.C.-266 d.C.). Non è chiaro se Ānyì fosse pure il nome di un quartiere di Cháng’ān 长安 o se la porta orientale della città fosse così chiamata perché da essa partiva la strada per Ānyì.
51) L’espressione “xún lĭ” 循理 significa “seguire le regole”, ”seguire la legge”. Non è chiaro perché un tratto delle mura di Cháng’ān fosse stato così chiamato..
52) Il fatto che la porta della casa sia socchiusa nonostante che fuori infurii una tempesta di neve ci lascia sospettare che questa abitazione non sia una casa normale. Vedremo, tra poco che, in effetti, non lo è.
53) Il giovane ammutolisce non soltanto per la sorpresa, ma anche per il ricordo del crudele inganno subito, che lo riempie, almeno per un istante, di rabbia e di risentimento..
54) Scopriamo a questo punto, qualcosa che si poteva già intuire. La signora Lĭ è una prostituta e la "madre" non è la sua vera madre, ma la tenutaria dell'elegante bordello in cui la ragazza lavora. La giovane è stata venduta in tenera età dai genitori che non avevano i mezzi per mantenerla ed ha ricevuto una raffinata educazione che l'ha trasformata in una cortigiana d'alto livello.(un po' come le cortigiane immortalate nelle stampe degli artisti giapponesi). Le cortigiane potevano riscattarsi dal loro triste mestiere rimborsando, con i loro risparmi o con l'aiuto di un innamorato facoltoso, al tenutario della casa di piacere le somme spese per il loro mantenimento, il loro abbigliamento e la loro educazione.
55) L’espressione 温凊 “wēn qìng” significa essere “gentile e premuroso”. La signora Lĭ prova comunque un certo affetto per la donna che, in qualche modo, le ha fatto da madre e non vuole rompere i rapporti con lei.
56) Il termine "padiglione della bandiera" ( 旗亭"qí tíng") designò, a partire dall'epoca della dinastia Hàn , l'edificio in cui aveva sede l'amministrazione cittadina. Il nome deriva dalla bandiera che sventolava abitualmente su questo edificio.
57) La capacità di combattere"cento battaglie" ( 百战 "bǎi zhàn”) è evidentemente una metafora che indica la capacità di affrontare con sicurezza ogni tipo di difficoltà.
58) Il termine ( "甲科 “jiăkē”) designava l’esame imperiale. Il carattere 甲 (“jiă”) indicava il primo dei temi che occorreva svolgere nel corso di tale esame.
59) L’espressione 敛衽 (“liănrèn”) significava anticamente “riassettarsi gli abiti per mostrare rispetto”.Era infatti normale che, prima di incontrare una persona autorevole, si controllasse il proprio abbigliamento per verificare se tutto era in ordine. Dopo la dinastia Yuán 元朝 questa espressione fu applicata esclusivamente alle donne.
60) ”Affilare la lama” (砻淬利器 “lóng cuì lìqÌ”) è una metafora con cui viene indicata la necessità di esercitarsi assiduamente se si vuole conseguire un certo risultato.
61) L’espressione 求再捷 (“qiú zài jié”), letteralmente “conseguire un’altra vittoria”, è qui , essa pure, una metafora con cui si intende indicare il conseguimento di un altro diploma più importante: quello di 舉人“jǔrén”, a livello provinciale, o addirittura quello di 進士 ( “jìnshì”), a livello nazionale.
62) Il vocabolario usato da Lĭ Wá prova che abbiamo a che fare con una persona colta. L’espressione 連橫 “liánhéng”, cioè “alleanza orizzontale”, che la donna impiega per dire che lo studente potrà associarsi ad altri letterati, fa infatti riferimento ad un’alleanza conclusa da alcuni Stati a sostegno del regno di Qín 秦 nel periodo gli Stati Combattenti 戰國時代 (“zhànguó shídài”), che durò dal 475 a.C. al 221 a.C.
63) La stessa considerazione vale per la frase con cui si dice che lo studente potrà lottare con successo per accedere alle più alte cariche. L’espressione 争霸 (“zhēngbà”), cioè “lottare per l’egemonia” è infatti anch’essa un chiaro riferimento al Periodo delle Primavere e degli Autunni ( 春秋時代 “chῡnqiῡ shìdài” 770 a.C-476 a.C), durante il quale i diversi regni feudali lottarono per conseguire l’egemonia nell’Impero.
64) L’espressione 三事 (“sān shì”), letteralmente “i tre servizi”, indicava l’insieme dei funzionari che componevano il gabinetto degli alti dignitari.
65) L’espressione “clan Díng” (鼎族 “dĭng zù”), usata per indicare una famiglia appartenente alla classe nobiliare, si ritrova per la prima volta in uno scritto dell’imperatore Liáng Yuán delle Dinastie Meridionali 南朝 梁元帝, che regnò dal 552 d.C. al 555 d.C., intitolato “Discutendo la rivolta di Hòu Jĭn“ (讨侯景檄 “tǎo hóujǐngxí”).
66) I termini 蒸尝 (“zhēng cháng”), letteralmente “cuocere a vapore e gustare”, si riferivano ai due tradizionali sacrifici offerti agli antenati durante l’autunno e l’inverno e alle riunioni di famiglia che avevano luogo in tali occasioni.
67) Il termine 渎 (“dῡ”) significa “mostrare disprezzo”, “comportarsi male”, “profanare”. Sposando una donna di umili origini e di costumi discutibili, lo studente avrebbe dato scandalo e compromesso la propria reputazione.
68) L’espressione 中外 (“zhōng wài”) vale “in Cina e fuori”, “cinesi e stranieri”. “Sposare cinesi e stranieri” significa quindi essere disposto a sposare chiunque, senza alcun riguardo per le tradizioni, il decoro e le convenienze sociali.
69) Jiànmén 剑门, letteralmente “La porta della spada”, è il nome del valico che collega lo Shănxī, dov’era situata Cháng’Ān (oggi Xī’ān 西安), con il Sìchuān, dov`è situata Chéngdῡ.
70) Era designata con il nome di Jiànnán 剑南, letteralmente "area a sud (della porta) della spada", una regione amministrativa che comprendeva il Sìchuān ed altre regioni dell'Impero ed il cui capoluogo era Chéngdῡ.
71) I biglietti da visita esistevano già a quell'epoca, ma contenevano, come vedremo, informazioni più ampie e dettagliate di quelli odierni.
72) Il termine ( 讳"huì"), vale a dire "tabù", si riferisce al nome postumo di un imperatore o di un antenato defunto, che rigide regole di rispetto vietavano di pronunciare o di scrivere liberamente.
73) Non risulta con troppa chiarezza dal testo se la persona menzionata nel biglietto da visita fosse il nonno del giovane o il nonno di suo padre, ma la questione è senza importanza.
74) Si può immaginare che, all'interno delle stazioni di posta, ci fosse un palchetto riservato alle persone importanti o, addrittura, che queste ultime portassero con sé, in occasione dei loro spostamenti, un palchetto mobile.
75) Il testo cinese usa il termine 筑 “zhù”, che può significare “costruire” o “far costruire”. In effetti, visto che sul valico non doveva esserci altro che la stazione di posta, si può pensare che il padre del giovane facesse erigere una struttura provvisoria in legno o in muratura oppure allestire una comoda tenda.
76) L’intenzione di procedere al matrimonio è resa con l’espressione 二姓之好 (”èr xìng zhī hǎo”), letteralmente “i due cognomi vanno bene”, cioè le due famiglie sono d’accordo per stabilire tra di loro un legame matrimoniale.
77) Secondo la tradizione i “sei riti” ( 六礼“liù lĭ”) previsti per le nozze erano i seguenti:
- richiesta formale della sposa in matrimonio ( 纳采 “nà căi”);
- consegna alla famiglia dello sposo degli otto caratteri che costituivano l’oroscopo della sposa ( 问名 “wèn míng”);
- deposito degli otto caratteri sull’altare degli antenati per confermare la compatibilità tra gli sposi ( 纳吉 “nà jì”);
-invio dei doni nuziali alla sposa e contraccambio da parte di quest’ultima (纳征 “nà zhēng”);
-scelta di una data propizia per le nozze ( 请期 “qĭng qī”);
- cerimonia nuziale.( 亲迎 ”qīn yíng”).
78) L’espressione proverbiale “la coppia di Qín e Jìn” (秦晋之偶 “qín jìn zhī ōu”),fa riferimento agli ottimi rapporti che, nel periodo degli Stati combattenti (战国时代 “zhàngguó shídài”), i regni di Qín e di Jīn ebbero tra di loro per un certo periodo di tempo grazie ai rapporti matrimoniali intrecciati tra le loro case regnanti.
79) Il “língzhī” 靈芝 ( nome scentifico:”ganoderma lingzhi”), fungo che nasce sui ceppi degli alberi abbattuti e che è ricco di proprietà medicinali, è stato considerato in Cina, fin dai tempi più antichi, un simbolo di longevità e di prosperità.
(80) Anche le rondini bianche ( 白燕 “bóyàn”) erano un presagio di buona fortuna.
(81) L’espressione 内外 (“nèi wài”), che significa “dentro e fuori”, va qui interpretata, a mio avviso, nella specifica accezione di “nella vita privata e nella vita pubblica”, "a palazzo e fuori del palazzo".
(82) L’era Zhēnyuán 貞元 corrisponde agli anni dal 785 d.C. all’805 d.C.
(83) L’anno detto” yīhài” 乙亥 o “anno del maiale del legno” è il dodicesimo anno di un ciclo sessagesimale. In questo caso è il dodicesimo anno del ciclo sessagesimale cominciato nel 784 d.C e corrisponde al 795 d.C
李娃傳
汧國夫人李娃,長安之倡女也。節行瑰奇,有足稱者。故監察御史白行簡為傳述。
天寶中,有常州刺史滎陽公者,略其名氏,不書,時望甚崇,家徒甚殷。知命之年,有一子,始弱冠矣,雋朗有詞藻,迥然不群,深為時輩推伏。其父愛而器之,曰:「此吾家千里駒也。」
應鄉賦秀才舉,將行,乃盛其服玩車馬之飾,計其京師薪儲之費。謂之曰:「吾觀爾之才,當一戰而霸。今備二載之用,且豐爾之給,將為其志也。」生亦自負,視上第如指掌。自毗陵發,月餘抵長安,居於布政里。
嘗游東市還,自平康東門入,將訪友於西南。至鳴珂曲,見一宅,門庭不甚廣,而室宇嚴邃,闔一扉,有娃方凭一雙髻青衣立,妖姿要妙,絕代未有。生忽見之,不覺停驂久之,徘徊不能去。乃詐墜鞭於地,候其從者敕取之,累眄於娃,娃回眸凝睇,情甚相慕,竟不敢措辭而去。
生自爾意若有失,乃密徵其友遊長安之熟者,以訊之。友曰:「此狹邪女李氏宅也。」曰:「娃可求乎?」對曰:「李氏頗贍,前與通之者多貴戚豪族,所得甚廣,非累百萬,不能動其志也。」生曰:「苟患其不諧,雖百萬,何惜。」
他日,乃潔其衣服,盛賓從,而住扣其門,俄有侍兒啟扃。生曰:「此誰之第耶?」侍兒不答,馳走大呼曰:「前時遺策郎也!」娃大悅曰:「爾姑止之,吾當整妝易服而出。」生聞之私喜。乃引至蕭牆間,見一姥垂白上僂,即娃母也。生跪拜前致詞曰:「聞茲地有隙院,願稅以居信乎?」姥曰:「懼其淺陋湫隘,不足以辱長者所處,敢言直耶?」延生於遲賓之館,館宇甚麗。與生偶坐,因曰:「某有女嬌小,技藝薄劣,欣見賓客,願將見之。」乃命娃出,明眸皓腕,舉步豔冶。生遽驚起,莫敢仰視。與之拜畢,敘寒燠,觸類妍媚目所未覩。復坐,烹茶斟酒,器用甚潔。
久之,日暮,鼓聲四動。姥訪其居遠近,生紿之曰:「在延平門外數里。」冀其遠而見留也。姥曰:「鼓已發矣,當速歸,無犯禁。」生曰:「幸接歡笑,不知日之云夕,道里遼闊,城內又無親戚,將若之何?」娃曰:「不見責僻陋,方將居之,宿何害焉。」生數目姥,姥曰:「唯唯。」生乃召其家僮,持雙縑,請以備一宵之饌。娃笑而止之曰:「賓主之儀,且不然也。今夕之費,願以貧窶之家,隨其粗糲以進之。其餘以俟他辰。」固辭,終不許。
俄徙坐西堂,帷幙簾榻,煥然奪目。妝奩衾枕,亦皆侈麗。乃張燭進饌,品味甚盛。徹饌,母起。生娃談話方切,詼諧調笑,無所不至。生曰:「前偶過卿門,遇卿適在屏間。厥後心常勤念,雖寢與食,未嘗或捨。」娃答曰:「我心亦如之。」生曰:「今之來,非直求居而已。願償平生之志,但未知命也若何?」言未終,姥至,詢其故,具以告。姥笑曰:「男女之際,大欲存焉。情苟相得,雖父母之命,不能制也。女子固陋,曷足薦君子之枕席!」生遂下階,拜而謝之曰:「願以己為廝養。」姥遂目之為「郎」,飲酣而散。
及旦,盡從其囊橐,因家於李之第。自是生屏跡戢身,不復與親知相聞,日會倡優儕類,狎戲游宴。囊中盡空,乃鬻駿乘,及其家童。歲餘,資財僕馬蕩然。邇來姥意漸怠,娃情彌篤。
他日,娃謂生曰:「與郎相知一年,尚無孕嗣。常聞竹林神者,報應如響,將致薦酹求之,可乎?」生不知其計,大喜。乃質衣於肆,以備牢醴,與同謁祠宇而禱祝焉。信宿而返。策驢而後至里北門,娃謂生曰:「此東轉小曲中,某之姨宅也。將憩而覲之,可乎?」生如其言,前行不踰百步,果見一車門。窺其際,甚弘敞。其青衣自車後止之曰:「至矣。」生下,適有一人出訪曰:「誰?」曰:「李娃也。」乃入告。俄有一嫗至,年可四十餘,與生相迎,曰:「吾甥來否?」娃下車,嫗逆訪之曰:「何久疏絕?」相視而笑。娃引生拜之。既見,遂皆入西戟門偏院,中有山亭,竹樹葱蒨,池榭幽絕。生謂娃曰:「此姨之私第耶?」笑而不答,以他語對。俄獻茶果,甚珍奇。食頃,有一人控大宛,汗流馳至,曰:「姥遇暴疾頗甚,殆不識人,宜速歸。」娃謂姨曰:「方寸亂矣,某騎而前去,當令返乘,便與郎偕來。」生擬隨之,其姨與侍兒偶語,以手揮之,令生止於戶外,曰:「姥且歿矣,當與某議喪事以濟其急,奈何遽相隨而去。」乃止,共計其凶儀齋祭之用。日晚,乘不至。姨言曰:「無復命,何也?郎驟往覘之,某當繼至。」生遂往,至舊宅,門扃鑰甚密,以泥緘之。生大駭,詰其鄰人。鄰人曰:「李本稅此而居,約已周矣。第主自收。姥徙居,而且再宿矣。」徵徙何處?曰:「不詳其所。」生將馳赴宣陽,以詰其姨,日已晚矣,計程不能達。乃弛其裝服,質饌而食,賃榻而寢,生恚怒方甚,自昏達旦,目不交睫。質明,乃策蹇而去。既至,連扣其扉,食頃無人應。生大呼數四,有宦者徐出。生遽訪之:「姨氏在乎?」曰:「無之。」生曰:「昨暮在此,何故匿之?」訪其誰氏之第,曰:「此崔尚書宅。昨者有一人稅此院,云遲中表之遠至者,未暮去矣。」
生惶惑發狂,罔知所措,因返訪布政舊邸。邸主哀而進膳。生怨懑,絕食三日,遘疾甚篤,旬餘愈甚,邸主懼其不起,徙之於凶肆之中,緜綴移時,合肆之人共傷歎而互飼之。後稍愈,杖而能起。由是凶肆日假之,令執繐帷,獲其直以自給。累月,漸復壯,每聽其哀歌,自歎不及逝者,輒嗚咽流涕不能自止。歸則效之。生,聰敏者也,無何,曲盡其妙,雖長安無有倫比。
初,二肆之傭兇器者,互爭勝負。其東肆車輦皆奇麗,殆不敵,惟哀挽劣焉。其東肆長知生妙絕,乃醵錢二萬索顧焉。其黨耆舊,共較其所能者,陰教生新聲,而相讚和。累旬,人莫知之。其二肆長相謂曰:「我欲各閱所傭之器於天門街,以較優劣,不勝者罰直五萬,以備酒饌之用,可乎?」二肆許諾。乃邀立符契,署以保證,然後閱之。士女大和會,聚至數萬。於是里胥告於賊曹,賊曹聞於京尹,四方之士,盡赴趨焉,巷無居人。
自旦閱之,及亭午,歷舉輦輿威儀之具,西肆皆不勝,師有慚色。乃置層榻於南隅,有長髯者擁鐸而進,翊衞數人,於是奮髯揚眉,扼腕頓顙而登,乃歌〈白馬〉之詞,恃其夙勝,顧眄左右,旁若無人。齊聲讚揚之,自以為獨步一時,不可得而屈也。有頃,東肆長於北隅上,設連榻,有烏巾少年,左右五六人,秉翣而至,即生也。整衣服,俯仰甚徐,申喉發調,容若不勝。乃歌〈薤露〉之章,舉聲清越,響振林木,曲度未終,聞者歔欷掩泣。西肆長為眾所誚,益慚恥,密置所輸之直於前,乃潛遁焉。四座愕眙,莫之測也。
先是,天子方下詔,俾外方之牧歲一致闕下,謂之入計。時也適遇生之父在京師,與同列者易服章竊往觀焉。有老豎,即生乳母壻也,見生之舉措辭氣,將認之而未敢,乃泣然流涕。生父驚而詰之,因曰:「歌者之貌,酷似郎之亡子。」父曰:「吾子以多財為盜所害,奚至是耶?」言訖,亦泣。及歸,豎間馳往,訪於同黨曰:「向歌者誰,若斯之妙歟?」皆曰:「某氏之子。」徵其名,且易之矣。豎凜然大驚;徐往,迫而察之。生見豎色動,回翔將匿於眾中。豎遂持其袂曰:「豈非某乎?」相持而泣,遂載以歸。至其室,父責之曰:「志行若此,污辱吾門,何施面目,復相見也。」乃徒行出,至曲江西杏園東,去其衣服。以馬鞭鞭之數百。生不勝其苦而斃,父棄之而去。
其師命相狎暱者陰隨之,歸告同黨,共加傷歎。令二人齎葦席瘞焉。至,則心下微溫。舉之,良久,氣稍通,因共荷而歸,以葦筒灌勺飲,經宿乃活。月餘,手足不能自舉。其楚撻之處皆潰爛,穢甚。同輩患之,一夕,棄於道周。行路咸傷之,往往投其餘食,得以充腸。十旬,方杖策而起。被布裘,裘有百結,襤褸如懸鶉。持一破甌,巡於閭里,以乞食為事。自秋徂冬,夜入於糞壤窟室,晝則周遊廛肆。
一旦大雪,生為凍餒所驅,冒雪而出,乞食之聲甚苦;聞見者莫不悽惻。時雪方甚,人家外戶多不發。至安邑東門,循理垣北轉第七八,有一門獨啓左扉,即娃之第也。生不知之,遂連聲疾呼;饑凍之甚,音響悽切,所不忍聽。娃自閤中聞之,謂侍兒曰:「此必生也,我辨其音矣。」連步而出,見生枯瘠疥厲,殆非人狀。娃意感焉,乃謂曰:「豈非某郎也?」生憤懑絕倒,口不能言,頷頭而已。娃前抱其頸,以繡襦擁而歸於西廂,失聲長慟曰:「令子一朝及此,我之罪也!」絕而復蘇。姥大駭奔至,曰:「何也?」娃曰:「某郎。」姥遽曰:「當逐之,奈何令至此。」娃斂容卻睇曰:「不然,此良家子也,當昔驅高車,持金裝,至某之室,不踰期而蕩盡。且互設詭計,捨而逐之,殆非人。令其失志,不得齒於人倫;父子之道,天性也,使其情絕,殺而棄之,又困躓若此;天下之人盡知為某也。生親戚滿朝,一旦當權者熟察其本末,禍將及矣。況欺天負人,鬼神不祐,無自貽其殃也。某為姥子,迨今有二十歲矣。計其貲,不啻直千金。今姥年六十餘,願計二十年衣食之用以贖身,當與此子別卜所詣。所詣非遙,晨昏得以溫凊,某願足矣。」姥度其志不可奪,因許之。給姥之餘,有百金。北隅因五家稅一隙院。乃與生沐浴,易其衣服;為湯粥,通其腸;次以酥乳潤其臟。旬餘,方薦水陸之饌。頭巾履襪,皆取珍異者衣之。未數月,肌膚稍腴。卒歲,平愈如初。
異時,娃謂生曰:「體已康矣,志已壯矣。淵思寂慮,默想曩昔之藝業,可溫習乎?」生思之,曰:「十得二三耳。」娃命車出遊,生騎而從。至旗亭南偏門鬻墳典之肆,令生揀而市之,計費百金,盡載以歸。因令生斥棄百慮以志學,俾夜作晝,孜孜矻矻。娃常偶坐,宵分乃寐。伺其疲倦,即諭之作詩賦。二歲而業大就,海內文籍,莫不該覽。生謂娃曰:「可策名試藝矣。」娃曰:「未也,且令精熟,以俟百戰。」更一年,曰:「可行矣。」於是遂一上登甲科,聲振禮闈。雖前輩見其文,罔不斂衽敬羨,願友之而不可得。娃曰:「未也。今秀士苟獲擢一科第,則自謂可以取中朝之顯職,擅天下之美名。子行穢跡鄙,不侔於他士。當礱淬利器,以求再捷,方可連衡多士,爭霸群英。」生由是益自勤苦,聲價彌甚。其年,遇大比,詔徵四方之雋,生應直言極諫科,策名第一,授成都府參軍。三事以降,皆其友也。
將之官,娃謂生曰:「今之復子本軀,某不相負也。願以殘年,歸養老姥。君當結媛鼎族,以奉蒸嘗。中外婚媾,無自瀆也。勉思自愛,某從此去矣。」生泣曰:「子若棄我,當自剄以就死。」娃固辭不從,生勤請彌懇。娃曰:「送子涉江至於劍門,當令我回。」生許諾。
月餘,至劍門。未及發而除書至,生父由常州詔入,拜為成都尹,兼劍南採訪吏。浹辰,父到。生因投刺,謁於郵亭。父不敢認,見其祖父官諱,方大驚,命登階,撫背慟哭。移時,曰:「吾與爾父子如初。」因詰其由,具陳其本末。大奇之,詰娃安在。曰:「送某至此,當令復還。」父曰:「不可。」翌日命駕,與生先之成都,留娃於劍門,築別館以處之。明日,命媒氏通二姓之好,備六禮以迎之,遂如秦晉之偶。
娃既備禮,歲時伏臘,婦道甚修,治家嚴整,極為親所眷。向數歲,生父母偕歿,持孝甚至,有靈芝產於倚廬;一穗三秀,本道上聞:又有白燕數十,巢其層甍;天子異之,寵其加等。終制,累遷清顯之任;十年間,至數郡。娃封汧國夫人。有四子,皆為大官;其裨者,猶為太原尹。弟兄姻媾皆甲門,內外隆盛,莫之與京。
嗟乎,倡蕩之姬,節行如此,雖古先烈女,不能踰也,焉得不為之歎息哉!予伯祖嘗牧晉州,轉戶部,為水陸運使,三任皆與生為代,故諳詳其事。貞元中,予與隴西公佐話婦人操烈之品格,因遂述汧國之事。公佐拊掌竦聽,命予為傳。乃握管濡翰,疏而存之。時乙亥歲秋八月,太原白行簡云。