sulle rive del fiume azzurro
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La poesia che segue fu probabilmente composta da Wáng Wéi 王 維  nel suo “buen retiro” di Wăng Chuān 輞 川  presso Lántián 藍 田 , anche se non fa parte della famosa “antologia di Wăng Chuān (輞 川 記  “wăng chuān jì”).           

Due sono le chiavi di lettura di questa lirica. 

Essa può, anzitutto, essere vista quale una raffinata descrizione di paesaggio. Non a caso, Wáng Wéi fu anche un grande pittore, considerato il fondatore della Scuola pittorica del Sud (山 水 南 家 “shān
shuĭ
  nán jiā”). Come osservò, in modo conciso ed efficace, Sū Dōngpò 蘇 東 坡: “Ascoltate una poesia di  Wáng Wéi e vi sembrerà un dipinto, guardate un suo quadro e vi sembrerà una poesia”. (1) 

I versi che incorniciano la composizione contengono però alcune espressioni  (“ la montagna vuota” nel primo verso, “nipote di re, tu puoi restare” nell’ultimo) che possono giustificare una diversa lettura, alla luce della dottrina buddhista e degli insegnamenti taoisti. 

Se si osserva la composizione da una prospettiva buddhista, si potrà infatti scorgere nella montagna deserta, nella giornata che volge alla fine, nel passaggio delle stagioni un accento all’inconsistenza del mondo visibile e all’impermanenza delle cose.  

Un influsso taoista si potrebbe invece riscontrare nel desiderio che il poeta manifesta di restare tra i monti per proseguire la sua meditazione lontano dalle preoccupazioni della politica e dagli affanni della vita quotidiana.

 

 

All’imbrunire, d’autunno, in montagna 

 

Deserto è il monte.(2) Piovuto è appena.(3)

Brezza e frescura.(4) Sera d’autunno. (5)

 

Chiara tra i pini la luna splende.

Limpido scorre sulle rocce il rio. (6)

 

Tornano a casa le lavandaie

e le accompagna stormir di fronde. (7)

 

Foglie di loto muovon danzando.

Rientran le barche dei pescatori. (8)

 

Fugga il profumo di primavera.

Stirpe Regale, tu puoi restare. (9) (10)  

 

NOTE  

1) È questa la sostanza dell’iscrizione che Sū Dōngpō  蘇  東  坡   appose su un famoso dipinto di Wáng Wéi, oggi perduto: “Nebbia e pioggia a Lántián” ( 藍 田 煙 雨 圖  ”lán tián yān yŭ tú”). Eccone il testo originale: “ 味 摩 詰 之 詩,詩 中 有 畫。觀 摩 詰 之 畫,畫 中 有 詩 ".  

2) Wáng Wéi era un convinto seguace del Chán 禪, scuola del Buddhismo Mahāyāna sviluppatasi in Cina a partire dal VI° secolo d.C. e divenuta prevalente all’epoca dei Táng 唐 朝. La dottrina Mahāyāna si fondava, in particolare, sull’insegnamento di Nāgārjuna (c.150 d.C.-c. 250 d.C.) , secondo il quale i fenomeni non avevano alcuna realtà permanente e immutabile ed erano quindi “vuoti” per natura. Di conseguenza, nessuna cosa aveva un’esistenza reale e il “vuoto” ( “śūnyatā” शून्यता ) era la caratteristica sostanziale di tutte le cose.


Il termine “vuoto” (空  “kōng”) compare ben 93 volte nelle poesie di Wáng Wéi. Se non c’è dubbio che, nelle sue liriche di ispirazione religiosa, esso abbia il preciso significato attribuitogli dalla dottrina buddhista, si può immaginare che anche nelle altre composizioni questo termine mantenga il più delle volte questo senso specifico.

Nella poesia qui riportata, l’espressione “montagna vuota”( 空 山 ”kōng shān”) potrebbe quindi essere un riferimento all’inconsistenza di ciò che ci appare come la realtà.  

3) Il carattere generalmente vago e allusivo dell’antica poesia cinese aumenta la suggestione dei versi, ma ne consente, come è ovvio, un’ampia gamma di interpretazioni. Che cosa si deve intendere, ad esempio, per “nuova pioggia” (新雨  “xĭn yŭ”)? Il poeta ha qui voluto indicare una pioggerellina pomeridiana che ha appena smesso di cadere o le prime piogge che annunciano l’avvicinarsi dell’autunno o, ancora, ha voluto esprimere insieme entrambi i concetti?  

4) Le stesse considerazioni valgono per ”天 氣   (“tiān qì” “il tempo atmosferico”). Si può immaginare che la pioggia abbia rinfrescato l’aria e che spiri un alito di vento .Mi è quindi sembrato lecito usare invece di un’espressione incolore come “tempo ” termini più netti: “ brezza e frescura”. 


5) La cesura, che in questo tipo di poesia cade tra la seconda e la terza sillaba, mi obbliga a considerare in blocco i tre caratteri  
晚 來 秋  (“ wăn lái qiū”) e ad interpretarli come “la sera porta l’autunno”, “con la sera arriva l’autunno”. Ho cercato di semplificare traducendo “sera d’autunno”.

6) La poesia qui riportata appartiene alla cosiddetta “poesia moderna”( 近 體 詩 “jìntĭshī”), che ebbe grande sviluppo all’epoca dei Táng 唐 朝. Si tratta di un “poema a versi regolati di cinque sillabe” ( 五 律 詩   “wŭ lǜ shī”), cioè di un’ottava divisa in quattro distici composti ciascuno da due versi di cinque sillabe. Questo tipo di poesia era tenuto a rispettare determinati criteri formali, tra cui spiccava la regola del parallelismo, che imponeva un complesso sistema di corrispondenze negli ambiti del secondo e del terzo distico.

Per illustrare il funzionamento del parallelismo prendiamo ad esempio il secondo distico della poesia che stiamo esaminando:

明 月 松 间 照   míng   yuè   sōng    jiān    zhào  
清 泉 石 上 流   qīng   quán   shí   shàng    liú  

che suona, se reso parola per parola, come segue:

“chiara”    “luna”    “pini”     “fra”   “ splende “ 
“limpida”  “fonte”  “rocce”   “su”      “scorre”.

Noteremo che fra i due versi c’è una precisa corrispondenza:

1) di struttura sintattica: soggetto+complemento+verbo.
2) di struttura grammaticale: aggettivo+sostantivo+sostantivo+preposizione+verbo
3) di azione: la “luna splende”, l’”acqua scorre”.

Il parallelismo può tuttavia assumere anche forme più elaborate ed interessare, tra l’altro, i colori, le quantità numeriche, i riferimenti storici, geografici e mitologici.

La corrispondenza può inoltre essere realizzata non solo mediante similitudine ma anche attraverso opposizione di concetti come nel seguente distico tratto da un’altra poesia di Wáng Wéi intitolata “Ritiro nel Zhōngnán”                   (中   南   別   業    “zhōng nán bié yè”):

行         到       水       窮         處                          坐        看       雲       起       時
xíng    dào     shuĭ   qióng     chù                       zuò      kàn     yún      qĭ      shí 
  
“cammino e giungo al punto in cui l’acqua si abbassa,
mi siedo e guardo nel momento in cui le nuvole si alzano”.

Sembra, infine, che ci fosse anche un parallelismo fonologico in termini di tonalità delle sillabe. Questo aspetto è però andato perduto con l’evoluzione della lingua che ha comportato mutamenti di pronuncia per numerosissimi vocaboli e può oggi essere ricostruito soltanto grazie agli studi filologici.

7) Tenendo conto del principio del parallelismo, l’espressione 竹 喧 (“zhū xuān”) va letta in corrispondenza con l’espressione 莲 动 (“lián dōng” “il loto si agita”) del verso successivo e significa quindi “i bambù fanno rumore”. È lo stormire delle foglie prodotto dalla brezza o il cigolio delle canne sbattute da un vento più robusto? Il contesto mi ha convinto ad optare per la prima ipotesi.

8) Anche qui il principio del parallelismo mi sembra dettare una precisa soluzione. La corrispondenza con 归 “guī” “tornare indietro”) esige che a 下  (“xià”) venga attribuito un significato similare. Le diverse possibili traduzioni di questo termine ( “scendere”, “smontare”,”scaricare”, “sbarcare”, “ammainare le vele” “discendere la corrente di un fiume”) sembrano avere un elemento in comune: indicano la fine di un’attività. È terminato il lavoro e si “rientra ”. Il parallelismo di significato diventa allora evidente: all’imbrunire le lavandaie tornano a casa , le barche dei pescatori rientrano al porticciolo del villaggio.

9) Wáng Wéi cita qui un verso che figura nei “Canti di Chŭ“ (楚 辭  “chŭ cí”), un’antologia di antiche poesie composte, secondo la tradizione, durante il Periodo degli Stati Combattenti ( 戰 國  時 代    “zhànguó shídài”  475 a.C.-221 a.C.), anche se molte di esse furono in realtà scritte all’epoca della dinastia Hàn 漢 朝   (202 a.C.- 220 d.C.), ma lo modifica in modo da cambiarne il significato.

Nell’elegia intitolata “Esortazione a un eremita” (招 隱 士 “zhāo yĭn shì”), attribuita a Liú Ān  劉 安 , principe di Huáinán  淮 南   (179 a.C.-122 a.C.), si legge : “Principe, ritorna ! Non puoi rimanere a lungo tra le montagne !”       ( 王 孙 兮 归 来, 山 中 兮 不 可 以 久 留  “wáng sūn xī guī lái, shān zhōng xī bù ké yĭ jiŭ liú”). Il poeta si rivolge infatti ad un principe, che si era ritirato a meditare sulle montagne, per invitarlo a rientrare nella vita sociale e ad occuparsi di nuovo degli affari di Stato.

Nella poesia di Wáng Wéi l’esortazione a rientrare si muta invece in un invito a rimanere nella solitudine del ritiro e della meditazione: ”Principe, tu poi restare !” (王 孙 自 可 留  ”wáng sūn zì ké liú”).

Chi viene indicato col termine 王 孙 (“wáng sūn” ”discendente di re”)? Si può pensare che si tratti di un gioco di parole con il quale il poeta designa semplicemente se stesso. Il cognome del poeta ,“Wáng”, corrisponde infatti all’ideogramma che significa “re”,”sovrano”, cosicché “wáng sun” può essere inteso, secondo le circostanze, sia come “discendente dei re” sia come”discendente dei Wáng”. 

10) Per rendere meglio il ritmo rapido e conciso della poesia ho fatto un tentativo di conservare lo schema originale di otto versi. Il risultato –che riporto qui di seguito- mi sembra discreto, ma ne ha un po’sofferto la completezza della traduzione in quanto ho dovuto rinunciare a qualche dettaglio .
 

Sera d’autunno in una casa di montagna 



Montagna vuota. Pioggia recente.

Fresco serale.Giunge l’autunno.

  

Chiaro di luna. Brillano i pini.

Limpida l’acqua sopra le rocce.
 

Fruscio di foglie. Le lavandaie.

Rientra la barca . S’agita il loto.
 

Fugge- che importa?-la primavera.

Di re nipote, qui puoi restare!





              山  居  秋  暝          shān  jū  qiū   míng   

空山新雨后,天气晚来秋              kōng shān xīn yŭ hóu  tiān qì wăn lái qiū  

明月松间照,清泉石上流              míng yuè sōng jiān zhào     qīng quán shí shàng liú  

竹喧归浣女,莲动下渔舟              zhū xuān guī huán nǚ  lián dōng xià yù zhōu  

随意春芳歇,王孙自可留.             suí yì chūn fáng xiē wáng sūn zì kě liú


 

 

 

 

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