Capitolo V
Nel sentire ciò che raccontava il vecchio Dŏng, Lăo Cán esclamò: “ Non è possibile che siano stati giustiziati tutti e tre i membri di questa famiglia: il padre e i due figli!”.
“Non dovrebbe assolutamente essere possibile.” concordò il vecchio Dŏng e proseguì” Quando il laureato Wú si recò in prefettura, sua figlia, la moglie di Xuélĭ, lo seguì sino alla soglia del palazzo, poi si sedette nell’erboristeria Yánshēngtáng (1) ad aspettare notizie. Seppe così che il signor Yù non aveva ricevuto suo padre e che quest’ultimo era andato a trovare il giudice. La signora Wú si rese conto che le cose si stavano mettendo male e mandò subito qualcuno a chiamare un impiegato della prefettura che conosceva.
Questo signore si chiamava Chén Rénmĕi ed era uno stimato e capace funzionario di terzo grado della prefettura di Cáozhōu. (2)
La signora Wú gli raccontò le ingiustizie di cui la sua famiglia era vittima e lo implorò di trovare una soluzione.
Ascoltando le sue parole, Chén Rénmĕi scosse ripetutamente la testa e osservò: “Ciò che vi è accaduto mi ha tutta l’aria di essere una trappola congegnata dai banditi per vendicarsi della vostra famiglia. Eppure la vostra abitazione è vigilata da custodi e da guardiani notturni. Come è possibile che i banditi abbiano nascosto la refurtiva in casa vostra, senza che voi ve ne accorgeste? Ci deve essere stata qualche grave negligenza da parte dei sorveglianti.”
La signora Wú si tolse una paio di braccialetti d’oro e li porse a Chén Rénmĕi dicendogli: “ Se si possono salvare tre vite umane, non ha importanza quanto si dovrà spendere. Siamo disposti a vendere tutti i nostri terreni e le nostre proprietà. In qualche modo riusciremo a sopravvivere.”
“Cercherò di aiutarvi” le rispose Chén Rénmĕi” ma non rallegratevi se ci riuscirò e non rattristatevi se non ci riuscirò (3) I vostri congiunti stanno per arrivare e il signor Yù li sta già aspettando in sala d’udienza. Mi darò subito da fare.”
Ritornato nella sala d’aspetto della prefettura (4), Chén Rénmĕi depose i braccialetti sul tavolo del corpo di guardia (5) e disse agli altri funzionari:
“Colleghi, il caso della famiglia Yú, che è oggi in discussione, si presenta come un caso di palese ingiustizia. Aiutatemi per favore ad immaginare che cosa si potrebbe fare per salvarli. Salvando la vita di tre persone, compireste una buona azione e potreste anche ottenere una ricompensa. Offro questi braccialetti a chiunque riesca a trovare una soluzione”.
I presenti gli risposero: “ Ci sarebbe un metodo abbastanza sicuro. Si tratta soltanto di cogliere il momento giusto. (6) Diamoci da fare!”.
Ciò detto, ciascuno andò subito ad informare i colleghi che erano di servizio in sala d’udienza invitandoli a stare attenti per poter sfruttare l’occasione propizia.
Nel frattempo i tre arrestati erano già arrivati in aula e, dopo che il signor Yù aveva ordinato di portarglieli davanti, tra spinte e strattoni erano stati trascinati dalle guardie dinanzi al giudice.
Il capo delle guardie che era di servizio quel giorno, fattosi avanti, si fermò di fronte alla scrivania del giudice, pose un ginocchio a terra e riferì: “Signore, oggi non ci sono gabbie libere. (7) Attendo i vostri ordini!”
“Sciocchezze!” rispose seccato il signor Yù” Non mi ricordo che le gabbie siano state utilizzate in questi ultimi due giorni. Come è possibile che non ce ne sia una libera?”
“Ci sono solo dodici gabbie a disposizione e, in tre giorni, le abbiamo riempite tutte. Prego, Vostra Eccellenza, di voler controllare la lista dei condannati.” replicò il capo delle guardie.
Il signor Yù esaminò la lista dei condannati, ci battè sopra con la mano ed esclamò:” Uno, due, tre… ieri abbiamo utilizzato tre gabbie. Uno, due, tre, quattro, cinque …avantieri ne abbiamo riempite cinque. Uno, due, tre, quattro…il giorno prima ne avevamo usate quattro. Non sono vuote, ma qualcuna dovrebbe già essersi liberata”.
“Mettiamoli prima in cella!” propose il capo delle guardie “Entro domani qualcuno dei prigionieri nelle gabbie sarà morto e ci saranno dei posti liberi, dove potremo mettere i condannati di oggi. Che cosa ne pensa, Vostra Eccellenza. Mi dia degli ordini, per favore!"
Il signor Yù si mise a riflettere, poi esclamò: “Quanto odio queste cose! Se li mettessimo in cella, non ritarderemmo di un giorno la loro esecuzione? Non lo voglio assolutamente. Devono essere giustiziati subito. Va a tirar fuori i quattro che abbiamo messo nelle gabbie tre giorni fa e portameli qui”.
Alcune guardie andarono a tirar fuori i quattro dalle gabbie e li portarono di peso nella sala delle udienze.
“Sì, respirano ancora, anche se debolmente” disse il signor Yù, toccando loro il naso con una mano,
Si sedette ed ordinò: “Date a ciascuno di loro una buona dose di bastonate (8). Vedremo se muoiono o no”.
Come si poteva prevedere, bastarono poche decine di bastonate perché tutti e quattro i condannati tirassero le cuoia.
A questo punto, nessuno poteva più far nulla. Dovettero mettere il padre e i due figli nelle gabbie, ma gli posero di nascosto sotto i piedi tre grossi mattoni in modo che potessero resistere tre o quatttro giorni e, nel frattempo, cercarono in fretta una soluzione. Chissà quanto ci pensarono, ma non riuscivano a trovare una buona idea.
La signora Wú era davvero una donna virtuosa. Ogni giorno si recava alle gabbie per far bere un po’ di zuppa di ginseng ai condannati, poi, piangendo, si allontanava e andava dalla gente a implorare aiuto, ma, pur avendo supplicato infinite volte, non trovò nessuno che fosse in grado di smuovere l’ostinazione del signor Yù.
Per farla breve, il vecchio Yú Cháodòng morì il terzo giorno e Yú Xuéshī morì il giorno seguente.
La signora Wú si fece restituire i cadaveri e li preparò per la cerimonia funebre, si vestì a lutto, affidò i corpi del suocero e del cognato al padre, perché provvedesse ai funerali, si inginocchiò dinanzi alla porta della prefettura e gridò a Xuélĭ: “ Non affrettarti a morire. Io ti precederò per mettere in ordine la nostra dimora sottoterra”. Detto ciò, estrasse dalla manica del suo abito un affilato coltello, si tagliò la gola e morì.
Vedendo questo, Chén Rénmĕi osservò: “Signori! Si può ancora rendere onore al coraggio di questa giovane donna. Se Yú Xuélĭ venisse tirato fuori ora dalla gabbia, potrebbe sopravvivere. Potremmo usare questo argomento per domandarne la grazia. Andiamo a chiederla!”.
Chén Rénmĕi si alzò e si recò in fretta dal segretario della prefettura. Gli raccontò per filo e per segno con che dignità.era morta la signora Wú e concluse: “ Si dice che la signora Wú si sia uccisa per amore di suo marito, con un gesto d’affetto davvero commovente. Non si potrebbe chiedere al signor Yù di graziare il marito per confortare lo spirito di questa donna che si è così appassionatamente sacrificata?”.
“È proprio una buona idea.” gli rispose il segretario “Andrò io al tuo posto.” e, postosi in capo il grande berretto dell’uniforme, si diresse verso l’ufficio del signor Yù, al quale raccontò ancora una volta il gesto coraggioso della signora Wú e presentò la domanda di grazia della famiglia.
“Che bellezza!” gli rispose sorridendo il signor Yù” C`è qualcuno che all’improvviso prova compassione. Provi compassione per Xuélĭ e non provi compassione per il tuo capo? Non ha importanza che questo individuo sia stato trattato in modo ingiusto o no; ora, non possiamo più lasciarlo andare, perché altrimenti, in futuro, la gente verrà senza sosta da me a chiedermi di cambiare le mie decisioni. Come dice il proverbio: “Le erbacce devono essere sradicate.”; ecco la verità. Inoltre, questa signora Wú mi era particolarmente odiosa: era profondamente convinta che io avessi fatto un torto alla sua famiglia. Se non si trattasse di una donna, ne farei ancora bastonare il cadavere per sfogare la mia rabbia. Fa sapere in giro che chiunque tenterà di nuovo di intercedere per la famiglia Yú sarà accusato di agire così perché corrotto con il denaro. Non c’è bisogno di tirarla per le lunghe, mettiamo nelle gabbie anche questi intercessori, e sia finita!”
Il segretario tornò indietro e riferì nei dettagli questa risposta a Chén Rénmĕi. Tutti i presenti si allontanarono sospirando.
La famiglia Wú aveva già fatto preparare delle bare per raccogliervi i corpi dei morti. Verso sera, dopo Yú Xuéshī, morì anche Yú Xuélĭ. Le quattro bare sono tutte deposte nel tempio di Guānyīn, fuori della porta occidentale di Cáozhōu, e, durante la primavera, sono andato anch’io in città a vederle”.
“Dopo ciò che è successo alla famiglia Yú, nessuno ha pensato di reagire?” domandò Lăo Cán.
“In che modo potrebbero farlo?” gli rispose il vecchio Dŏng “Come è possibile reagire quando si è colpiti dai rappresentanti della pubblica autorità? Se qualcuno avesse il coraggio di farlo, si dovrebbe aprire un’inchiesta, per la quale sarebbe naturalmente competente il signor Yù. Lei crede che si lascerebbe sfuggire l’audace finito nelle sue mani?".
Dopo la morte dei quattro, la vedova di Yú Xuéshī si recò in città dal genero di Yú Cháodòng, che era un diplomato, per dirgli che la famiglia doveva protestare contro il torto subito.
L’uomo, già maturo ed esperto della vita, la dissuase: “No! No! Contro chi si dovrebbe agire? Se lo facessimo noi, che proveniamo da altre famiglie, ci accuserebbero di occuparci di cose che non ci riguardano.Per cominciare, c’è un’accusa penale corroborata da molti indizi. Se si dice che è la vecchia signora Yú che dovrebbe andare a protestare, occorre considerare che ella deve sobbarcarsi da sola il grosso della gestione familiare, visto che i due nipoti sono ancora bambini.Per di più, c’è un altro svantaggio: temo che i beni della famiglia possano essere divisi tra tutti I parenti. Chi alleverà questi due orfani, se non resterà nessun altro membro della famiglia?”.
Qualcuno osservò: “Se la vecchia signora Yú non può andare a protestare, potresti sempre andarci tu, che sei suo genero”.
“Certo, potrei andarci” replicò il genero” ma non penso che sarebbe utile ed ho paura che servirebbe soltanto a far finire nelle gabbie altri disgraziati. Il governatore affiderà sicuramente l’istruzione del processo al funzionario che si è occupato del caso contestato. Ma, immaginiamo pure che la causa sia affidata ad un collegio giudicante: i funzionari si copriranno a vicenda. Tireranno fuori i vestiti che hanno sequestrato in casa nostra. Noi diremo: “Sono stati i ladri a nasconderli in casa nostra”. Ci obietteranno: “Li avete visti farlo? Siete in grado di fornire le prove di ciò che asserite?”.A questo punto, noi non potremo più far altro che tacere. Loro sono i funzionari del governo e noi siamo la gente del popolo. Pensate davvero che potremmo vincere una causa di questo tipo?”.
Dopo che tutti ebbero riflettuto in proposito, giunsero alla conclusione che non vi era altra scelta se non quella di rinunciare alla causa.
Più tardi corse voce che il ladro che aveva nascosto la refurtiva in casa della famiglia Yù si era mostrato molto dispiaciuto quando era venuto a sapere ciò che era successo.
“Provavo risentimento contro il signor Yú” aveva detto “ perché, denunciando il furto subito, aveva rovinato i miei due fratelli. Quindi ho usato un sotterfugio per vendicarmi (9).Volevo che la sua famiglia avesse dei problemi con la giustizia per qualche mese e fosse costretta a sborsare molto denaro. Non avrei mai immaginato che la storia sarebbe finita in modo così tragico, con quattro morti. Non nutrivo davvero un odio così grande per quella famiglia”.
Raccontati tutti i fatti, il vecchio Dŏng concluse: “Non vi sembra davvero che il modo di procedere del signor Yù possa essere sfruttato a proprio vantaggio dai briganti?”.
“Chi ha sentito le parole che ha detto il ladro?” domandò Lăo Cán.
“La cosa giunse per caso alle orecchie di Chén Rénmĕi. Costui era stato profondamente colpito dalla fine della famiglia Yú ed inoltre, avendo ricevuto dei braccialetti d’oro in compenso di un aiuto che non era riuscito a fornire, si sentiva un po’ a disagio. Così tutti si indignarono e si diedero da fare per ottenere giustizia.Per di più, c’erano nelle zone circostanti, alcuni malviventi che odiavano quella banda di briganti per i suoi eccessi. Perciò, in meno di un mese, furono catturate cinque o sei persone.Tre o quattro degli arrestati erano coinvolti anche in altri casi di brigantaggio e furono condannati a morte. Quei due o tre che avevano soltanto aiutato a nascondere la refurtiva in casa della famiglia Yú furono invece rilasciati dal signor Yù."
“Questo signor Yù Xián è un funzionario spietato. È veramente odioso.” osservò Lăo Cán “ Ci sono stati altri casi, oltre a questo, in cui ha fatto prova di crudeltà?”.
“Ce ne sono stati davvero molti.” Gli rispose il vecchio Dŏng “Aspettate un momento che ve li racconti…Uno di essi si è verificato proprio nella nostra città.È anch’esso un esempio di arbitrio e di ingiustizia, ma che cosa importa la vita della gente? Ascoltatemi…".
Proprio in quel momento si sentì il suo garzone Wáng gridare: “Padrone, che cosa state facendo? Tutti aspettano che vi mettiate a cuocere gli spaghetti. La state tirando troppo per le lunghe. (10) Non è più il momento di cianciare!”
Dŏng balzò subito in piedi e corse in cucina a cuocere gli spaghetti e a preparare il pasto per i clienti. Diverse carrozze giunsero l’una dopo l’altra e, a poco a poco, il locale si riempì di viaggiatori che volevano mangiare. Il vecchio Dŏng li accoglieva uno per uno e li salutava quando ripartivano ed era troppo occupato per continuare la conversazione con Lăo Cán.
Anche dopo che fu passata l’ora del pasto, il vecchio Dŏng rimase impegnato, senza un’attimo di sosta, a sistemare i conti e ad occuparsi della sua attività.
Lăo Cán, che non aveva nulla da fare, uscì per una passeggiata in città. A venti o trenta passi, verso est, c’era un negozietto che vendeva olio, sale e prodotti di drogheria. Entrò e comprò due pacchetti di tabacco di Cháo’ān (11) al profumo di orchidea.
Si sedette un momento e chiese al negoziante, che era un uomo sulla cinquantina, quale fosse il suo cognome.
“Mi chiamo Wáng.”rispose l’uomo “È il cognome più diffuso in questa zona. E Lei come si chiama?”.
“il mio cognome è Tiě” disse Lăo Cán “Sono originario del Jiāngnán”.
“Il Jiāngnán è una regione così bella.” osservò l’uomo “Come dice il proverbio:’In alto c’è il cielo e in basso ci stanno Sūzhōu e Hángzhōu`. Non è un posto di merda come qui.”
“Avete bei paesaggi anche qui “obiettò Lăo Cán” Avete risaie e campi di grano. Dove sta la differenza rispetto al Jiāngnán?”.
L’uomo sospirò:”È difficile dirlo” e tacque.
“Che cosa ne pensa del signor Yù” gli domandò Lăo Cán.
“È un funzionario scrupoloso.” gli rispose l’uomo “ Un buon funzionario. Ci sono dodici gabbie all’entrata della prefettura ed ogni giorno c’è qualcuno dentro. Sono rari i giorni in cui una o due restano vuote.”
In quel momento, una donna di mezza età uscì dal retrobottega con una grossa ciotola in mano, cercando qualcosa in uno degli scaffali, e vide Lăo Cán che stava seduto di fronte al banco. Gli diede un’occhiata, mentre continuava a cercare l’oggetto.
“Dunque, ci sono molti malviventi qui?” domandò Lăo Cán.
”Può darsi.” rispose l’uomo.
“Le sembra che ci siano molti casi di ingiustizia?” chiese Lăo Cán.
“No! No! Tutto avviene secondo la legge” si affrettò a precisare l’uomo.”
“Si dice” riprese Lăo Cán. “ che, se al signor Yù capita di sentire che qualcuno non è d’accordo con il suo modo di fare, ordina di rinchiuderlo in una gabbia e di lasciarlo lì finché non muoia. Si mormora anche che basta lasciarsi sfuggire qualche parola imprudente per finire nelle sue mani ed uscirne morto. È vero?”
“No! Non è assolutamente vero!” rispose in fretta l’uomo, ma, mentre pronunciava queste parole, il suo viso impallidiva ed i suoi occhi si arrossavano. Già a sentire la frase “lasciarsi sfuggire qualche parola imprudente”, gli occhi gli si erano riempiti di lacrime, anche se si sforzava di non piangere.
La donna che stava cercando un oggetto nello scaffale distolse lo sguardo, ma non riuscì a trattenere le lacrime. Lasciò perdere la sua ricerca, sollevò la mano che teneva la ciotola e ,coprendosi gli occhi con la manica dell’abito, si mise a piangere.
Lăo Cán avrebbe desiderato domandare ancora, ma, vedendo l’espressione di sofferenza dipinta sul volto di quell’uomo, capì che gli avrebbe procurato amarezza parlare delle ingiustizie che venivano compiute. Non osò pertanto continuare la conversazione, salutò e se ne andò via.
Ritornato alla stazione di posta, si sedette un momento nella sua stanza e lesse due pagine di un libro, poi, vedendo che anche il vecchio Dŏng era ormai libero dai suoi impegni, gli andò lentamente incontro per parlare un po’. Gli raccontò che cosa aveva appena visto nella piccola drogheria e gli domandò che cosa significasse.
“L’uomo con cui avete parlato si chiama Wáng.” gli spiegò il vecchio Dŏng “ È sposato da trent’anni. Sua moglie ha dieci anni meno di lui. Avevano un solo figlio, che, quest’anno, aveva compiuto ventun’anni. Vendono merce dozzinale ed io vado a comprare da loro solo quando hanno prodotti che vengono da Bĕnzhuāng. Quando c’era in vendita qualcosa di più raffinato, era tutta roba comprata dal figlio, che andava a rifornirsi nel capoluogo. Questa primavera, il figlio, che era andato a far compere nel capoluogo, non si sa come, forse perché aveva bevuto due bicchieri di troppo, sulla porta di un negozio, si lasciò sfuggire qualche critica alla crudeltà e all’ingiustizia del signor Yù. Un informatore di quest’ultimo lo sentì, lo fece arrestare e lo fece condurre in prefettura. Il signor Yù, che era nella sala delle udienze, disse soltanto: “Tu stai diffondendo voci false e tendenziose per confondere la gente. Molto bene!”. Lo fece alzare in piedi e ordinò di metterlo nella gabbia. Meno di due giorni dopo era morto. La donna che avete visto nel negozio è la moglie del signor Wáng ed ha anche lei più di quarant’anni. Avevano questo solo figlio.(12) Come possono non essere straziati quando sentono menzionare il signor Yù?”.
“Questo signor Yùxián è un uomo che meriterebbe veramente di morire. Come può un funzionario di una città di provincia permettersi tali arbitrii? Sono crudeltà straordinarie. Se ne avessi il potere, lo farei senza dubbio condannare a morte.”
“State attento a come parlate!” lo interruppe il vecchio Dŏng “Qui da me potete dire tutto ciò che volete, ma se andate in città, state zitto o ci lascerete la pelle”.
“Grazie di avermi avvertito.” gli rispose Lăo Cán “Starò attento a quel che dirò”, poi, dopo aver cenato, andò a dormire.
Il giorno seguente, salutò il vecchio Dŏng, salì in carrozza e partì.
La sera si fermò a Măcūnjí, un villaggio un po’ più piccolo di Dŏngjiākŏu, a soli 20 o 25 chilometri dal capoluogo della prefettura, Cáozhōu, dove c’erano soltanto tre stazioni di posta. Avendo cercato invano una camera libera in due di esse, Lăo Cán provò con la terza. Spinse la porta, che sembrava chiusa, ed entrò, ma non riuscì a trovare nessuno.
Dopo un bel momento d’attesa, apparve finalmente un uomo che disse: ”Oggi e domani non accogliamo ospiti”.
Quando Lăo Cán gli domandò il perché, non rispose nulla.
Non potendo andare altrove, perché non c’erano posti liberi da nessuna parte, a Lăo Cán non restava che insistere.
L’uomo aprì svogliatamente l’uscio di una stanza, dicendo:” Non c`è né cibo né tè ed i letti per I clienti non sono stati preparati. Se per Lei va bene così….
Il padrone si è recato nel capoluogo a raccogliere il cadavere e non c`è nessuno che possa occuparsi della clientela. Se vuole mangiare, c`è un ristorante con una sala da tè fuori del portone, verso sud. Vada lì !”.
“Scusami!” replicò Lăo Cán “Scusami, ma credo che un viaggiatore possa andare dove gli pare”.
“ Io sto nella portineria a fianco dell’entrata.” concluse l’uomo” Se ha bisogno di qualcosa, venga a cercarmi.”
Nel sentire le parole “raccogliere il cadavere”, Lăo Cán rimase molto scosso. La sera, dopo cena, tornò alla stazione di posta portando con sé talune cose che aveva comprato: alcuni pacchetti di tè essiccato, quattro o cinque sacchetti di arachidi, due bottigliette di vino ed un vasetto di zuppa di fagioli. (13)
Al domestico, che lo accolse tenendo già una lampada in mano, Lăo Cán propose:”Qui c’è del vino. Quando avrai chiuso il portone a chiave, vieni a berne un goccio con me”.
”Non oso” rispose l’uomo.”Lo beva Lei”.
Lăo Cán lo fece sedere e gli riempì un bicchierino. L’uomo sorrise felice e, mentre continuava a ripetere “troppo gentile”, aveva già portato il bicchierino alle labbra.
Dopo aver bevuto un paio di bicchierini, i due cominciarono a chiacchierare e Lăo Cán domandò:”Hai detto, poco fa, che il padrone è andato in città a raccogliere un cadavere?”.
“Poiché qui non c’è nessuno che ci ascolti” gli rispose il domestico” posso parlare liberamente. Il nostro signor Yù è veramente qualcuno cui non dovrebbe essere permesso di esistere. È più crudele di un diavolo fatto uomo. (14) Chi lo incontra è morto!
Il mio padrone è andato in città a raccogliere il corpo di suo cognato, che era anche lui una brava persona. Il fratello e la sorella del padrone sono entrambi brave persone e vivono con le loro famiglie nel retro di questo stabilimento. Il cognato del padrone comprava spesso qualche pezzo di tessuto in campagna e poi andava a rivenderlo in città per guadagnare qualche soldo da spendere quando fosse necessario. Qualche giorno fa, aveva portato in città quattro pezze di tela bianca e si era piazzato, per venderle, dinanzi all’ingresso di un tempio. Il mattino aveva venduto due pezze intere e più tardi ne aveva ancora venduto uno scampolo di cinque piedi. (15) Alla fine era arrivato un cliente che desiderava otto piedi e cinque pollici di tela ed il venditore aveva tagliato lo scampolo da una pezza intera. Il cliente aveva precisato che sarebbe stato disposto a comprare anche il resto della pezza a due soldi per piede ma, immaginate un contadino che vede che si può vendere un tessuto a più di una dozzina di soldi per piede (16) Pensate che non sarebbe pronto a tagliare subito la pezza? Ed infatti la pezza fu subito tagliata. Si appressava l’ora del pasto quando il signor Yù si trovò per caso a passare a cavallo dinanzi al cancello del tempio. Qualcuno che camminava al suo fianco gli si avvicinò e gli sussurrò qualche parola. Si vide allora il signor Yù lanciare un rapido sguardo al venditore di tessuti ed ordinare ai gendarmi: ”Arrestate quell’uomo e portatelo in prefettura!”.
Quando arrivarono in prefettura, sedette nell’aula delle udienze e si fece portare la tela.
Dopo averlo esaminato, picchiò sul banco con il martelletto (17) e domandò all’arrestato: “Da dove proviene questa tela?”.
“L’ho comprata nel mio villaggio” rispose il venditore.
“Quanti piedi misurava ciascuna pezza?” chiese il giudice.
“Di una delle pezze che mi rimanevano ho venduto cinque piedi e dell’altra otto piedi e cinque pollici”.
“Visto che sei un venditore al dettaglio e che le due pezze sono della stessa tela, perché hai tagliato uno scampolo da entrambe? Come si può accertare di quanti piedi era ciascuna pezza?”.
Il giudice chiamò un agente e gli ordinò di misurare gli scampoli. Uno di essi era lungo due braccia e cinque piedi, l’altro due braccia, un piede e e cinque pollici. (17)
Quando sentì questo, il giudice si infuriò e , fattosi portare un foglio, domandò all’arrestato: “Sai leggere?”.
“No” rispose quest’ultimo.
“Allora, leggetegli la denuncia!”
Un cancelliere, che gli stava accanto, prese il foglio e lesse:” Denuncia presentata la mattina del giorno 17 dal signor Jīn il quarto:
"Ieri, dopo il tramonto , sono stato vittima di una rapina a mano armata a circa quindici “lĭ” dalla porta occidentale della città. Un uomo è saltato fuori dal bosco e mi ha ferito alla spalla con un coltellaccio. Mi ha derubato di una grossa somma di denaro, pari a circa quattrocento monete, e di due pezze di tela bianca."
Dopo aver ascoltato la lettura della denuncia, il signor Yù osservò: “Le dimensioni e il colore della tela corrispondono alla descrizione delle pezze rubate. Non sei stato tu per caso a rubarle? Vuoi ancora fare il furbo? Muoviti! Tirati su e restituisci al signor Jīn le pezze di tela di cui lo hai rapinato!”.
Se volete sapere come andò a finire, leggete il prossimo capitolo!
NOTE
1. Il termine “yánshēngtáng” 延生堂 designa oggi una catena di farmacie specializzate nella vendita di erbe medicinali. Tale nome era evidentemente già utilizzato alla fine del 19° secolo.
2. La carriera dei funzionari cinesi sotto l’impero si articolava su 9 gradi. Un funzionario di terzo grado era un funzionario di grado medio-basso, con compiti relativamente modesti e con possibilità d’azione piuttosto limitate.
3. Chén Rénmĕi intende evidentemente dire che le speranze di successo sono poche e che non occorre quindi farsi soverchie illusioni.
4. Il termine “bānfáng” 班房 designava, un tempo, la portineria, l’anticamera, la sala d’aspetto o il corpo di guardia di un edificio pubblico. Si può dunque ipotizzare che Chén Rénmĕi fosse il capo degli uscieri o delle guardie in servizio alla prefettura.
5 Il termine “wàngtáng” 望堂 può essere inteso come “sala d’attesa” o” corpo di guardia”.
6.Come si vedrà più tardi l’espediente immaginato consisteva nel prospettare al giudice l’impossibilità “tecnica” di eseguire immediatamente una condanna a morte e nel guadagnare così qualche giorno che gli amici degli imputati avrebbero potuto utilizzare per tentare di ottenerne la liberazione.
7) Le “gabbie”(“zhàn lóng” 站籠) erano strumenti di tortura destinati a rendere particolarmente dolorosa l’esecuzione dei condannati a morte.
Si trattava di gabbie di legno in cui il condannato veniva piazzato in piedi, con le mani legate dietro la schiena, e con la testa che fuoriusciva in alto da un buco appena più largo del collo.
Quando il condannato, per la stanchezza, si accasciava, il peso del corpo ne provocava lo strangolamento. La durata del supplizio dipendeva dalla resistenza fisica del condannato: individui particolarmente robusti potevano rimanere in piedi anche alcuni giorni.
8) Il testo reca l’espressione “duemila bastonate” (二千板子 “èrqiān bǎnzi”) che è evidentemente un’espressione idiomatica usata per indicare un gran numero di bastonate.
9) Ho interpretato in questo modo la frase 所以用個借刀殺人的法子 (suǒyǐ yòng gè jiè dāo shā rén de fǎzi”) che significa” così ho pensato di usare per uccidere un coltello preso in prestito”.
Come chi uccide con il coltello di un altro riversa su quella persona il sospetto dell’omicidio, così chi nasconde la refurtiva in casa di un altro, riversa su costui il sospetto del furto.
10) L’espressione 你老的話布口袋破了口兒 (“nǐ lǎo dehuà bù kǒudài pò le kǒu er”),letteralmente “la borsa che contiene le tue parole è forata”), è un modo di dire popolare con cui si invita chi sta parlando troppo a smetterla.
11) Era conosciuto come 潮煙 (“cháoyān”) il tabacco prodotto nella contea di Cháo’Ăn 潮安 nel
Guǎngdōng 廣東.
12 ) L’insistenza sul fatto che i Wáng avessero un unico figlio e che, vista l’età della moglie non possano più averne, va vista anche con riferimento alla grande importanza che l’etica confuciana attribuisce alla discendenza, perché soltanto i figli possono compiere i tradizionali sacrifici funebri in onore dei genitori e perpetuare quindi i valori della famiglia.
13) Il termine cinese 沙瓶 (“shāpíng”), letteralmente “vasetto di sabbia”, designa una porzione di “zuppa di fagioli”, che viene abitualmente venduta in un vasetto d’argilla.
14) Il termine cinese 活閻王 (“huó yán wáng”) equivale a “diavolo incarnato”. 閻王 (“yánwáng”) è il Sovrano dell’Inferno, il capo delle divinità infernali.
15) Nell’antico sistema di unità di misura della lunghezza un “zhàng” 丈 equivaleva a 10 “chĭ” 尺, ciascuno dei quali equivaleva, a sua volta, a dieci “cún” 寸. Il valore di tali unità di misura ha subito oscillazioni più o meno ampie secondo le epoche e le regioni. Nella Cina continentale i valori standardizzati sono i seguenti: 1 “zhàng= 3,33 metri; 1 “chĭ”= 33,3 cm; 1 “cún” = 3,33 cm. Ho tradotto “zhàng” con “braccio”, “chĭ” con “piede” e “cún” con “pollice”, anche se la corrispondenza è talvolta approssimativa.
16) La frase non è molto chiara. Mi è sembrato di poterla interpretare nel senso che il venditore aveva tagliato la pezza perché pensava di poter ricavare dalla vendita dei singoli scampoli un prezzo superiore a quello che avrebbe ricavato dalla pezza intera.
17) Il termine 驚堂 (“jīng táng”), designava, ai tempi della dinastia Qīng, un blocco di legno rettangolare con cui il giudice picchiava sul banco per imporre silenzio, attirare l’attenzione dei presenti e intimidire la persona interrogata.
CAPITOLO VI
Il domestico raccontò come si era concluso il caso: gli scampoli di tela erano stati consegnati al signor Jīn e il venditore era stato messo in una gabbia.
“Ho già capito come sono andate le cose.” osservò Lăo Cán “Si è certamente trattato di una trappola, e, per farla scattare, hanno approfittato della crudeltà e dell’impulsività del capo della polizia (1) Naturalmente, il tuo padrone dovrà andare a raccogliere il corpo, ma suo cognato era un uomo onesto. Perché c’era gente che nutriva tanto odio contro di lui? Il tuo padrone non si è dato da fare per saperlo?”.
“Eravamo al corrente di questa vicenda fin dal suo inizio.” gli spiegò il domestico: “Tutti i guai sono nati dal fatto che quel poveretto non ha saputo tenere a freno la lingua. (2) Ho anche sentito ciò che raccontavano in giro.
Occorre sapere che, nel capoluogo, in una viuzza situata ad ovest del viale che conduce alla porta meridionale della città abitava una famiglia composta di due sole persone: un padre e una figlia. Il padre era sulla quarantina; la figlia aveva diciassette o diciotto anni, era una ragazza piena di buone qualità e non era ancora sposata. I due vivevano in una casetta costituita da tre stanze con il tetto di paglia raccolte intorno ad un cortile circondato da un muro di terra.
Un giorno che la fanciulla stava sulla soglia di casa, passò di lì per caso Wáng il terzo che conduceva nel capoluogo una carovana di muli e portava sul braccio un tatuaggio che raffigurava dei girasoli. (3) Wáng non mancò di notare quanto la ragazza fosse graziosa. In seguito, non si sa come, Wáng riuscì a farsi assumere da Hú il secondo (4) e, in poco tempo, entrò in familiarità con la ragazza. Una volta, il padre, tornando a casa, lo vide con sua figlia e si arrabbiò così tanto che picchiò duramente la figlia, la chiuse in camera e non le permise più di uscire. In meno di un mese, Wáng il tatuato riuscì a far passare il padre della ragazza per un bandito ed a farlo chiudere in una gabbia dove morÌ. In seguito sposò la ragazza e si impadronì anche della casa.
Il cognato del padrone, il quale una volta aveva venduto due pezze di stoffa in quella casa, conosceva la famiglia e sapeva che cosa era successo. Un giorno, dopo aver bevuto un paio di bicchieri all’osteria, cominciò a parlare senza freni e senza cautela. Era con Zhàng il calvo, quello del Viale Settentrionale. Bevevano e cianciavano e tiravano fuori, senza alcuna ragione, tutto ciò che gli passava per la mente. Questo Zhàng il calvo, uno sfaccendato che non sapeva come passare il tempo, era felice di ascoltare le storie che l’altro gli raccontava e, alla fine, domandò: “Quell ‘Èrláng (5) fa ancora parte del battaglione dei Boxer? Come è possibile che Guān Yū e tanti altri dei veglino sempre su di lui, nonostante tutto ciò che fa?”.
“Hai ragione!” gli rispose il cognato del padrone” Ho sentito dire che, qualche tempo fa, ha invitato qui Sūn Dàshèng (6), ma che quest’ultimo ha preferito non venire ed ha delegato a rappresentarlo il Signor Zhū Bājiè (7).Perché Sūn Dàshèng non sarebbe disceso personalmente dal cielo ed avrebbe invece inviato al proprio posto Zhū Bājiè, se non avesse avuto gravi riserve sul comportamento di Wáng?. A mio avviso, questo Wáng è così ignobile che, un giorno, Dàshèng non ce la farà più a sopportarlo e, sollevato il suo bastone magico (8), glielo darà in testa. “
I due continuarono allegramente a parlare, ma furono segnalati a Wáng da alcuni conoscenti, che ricordavano perfettamente le loro facce. In un paio di mesi, il cognato del padrone fu eliminato. Zhàng il calvo capì che aria tirava e, poiché non aveva famiglia, fuggì di nascosto ed in gran fretta (9) nella prefettura di Guídè nel Hénán dove aveva degli amici”.
“La bottiglia è vuota. È ora di andare a letto.” osservò ad un certo punto il domestico ”Se domani andate in città, state attento a come parlate. Noi, qui, viviamo sempre tutti col fiato sospeso, perché basta un attimo di distrazione e ti trovi subito con il collo appoggiato alle assi della gabbia”.
Ciò detto, si alzò, spense il bastoncino di incenso che bruciava sul tavolo, accese la lampada e disse: “Vado a prendere il vasetto dell’olio per rifornire la lampada”.
“Non è necessario” gli rispose Lăo Cán” visto che ciascuno di noi dorme per conto suo”.
Sul che, i due si separarono.
Il mattino seguente, Lăo Cán, dopo aver controllato i bagagli, chiamò il cocchiere per caricarli sul calesse.
Mentre lo salutava, l’addetto alla stazione di posta lo ammonì ripetutamente: “Quando entrerà in città, non parli troppo. È importante! È importante!”.
“Molte grazie per la Sua premura.” gli rispose sorridendo Lăo Cán.
Il cocchiere fece balzare il calesse in avanti e prese la strada che andava verso il sud.
Prima di mezzogiorno erano già arrivati a Cáozhōu.
Varcata la porta settentrionale della città, Lăo Cán si fermò in una locanda sul grande viale della prefettura e cercò una camera. Un cameriere venne a proporgli il pranzo ed egli andò a mangiare come faceva sempre. Dopo pranzo, si incamminò verso l’edificio della prefettura per guardare, di lontano, che cosa vi succedeva. Vide che al portone era appeso un gran nastro di seta rossa e che ai due lati del portone stavano effettivamente dodici gabbie, ma che erano tutte vuote. . Si domandò quindi, stupefatto :”È possibile che tutte le voci che corrono siano soltanto bugie?”.
Ritornato più tardi alla locanda, vide molte persone, con alti berretti (10), che salivano e scendevano dal piano superiore e scorse, nel cortile, un palanchino di color blu. Numerosi portatori, che indossavano giubbe di cotone ed ampi cappelli, stavano mangiando frittelle. Poiché alcuni uomini portavano uniformi su cui stava scritto:” Milizia della contea di Chéngwŭ” (11), era facile dedurre da dove provenisse la comitiva che aveva preso alloggio nella locanda.
Parecchio tempo dopo, sentendo che quelli che stavano al primo piano urlavano “Preparatevi!”, i portatori presero il palanchino e lo depositarono ai piedi delle scale. Un apricorteo che teneva alto un parasole di color porpora si piazzò davanti al palanchino e due cavalli furono condotti fuori dalle scuderie. (12) La tenda rossa della sala da pranzo fu alzata e ne uscì fuori un uomo sulla cinquantina che indossava un cilindro di cristallo (13) e portava, sulla giacca, una collana di perle (14) L’uomo scese le scale, salì sul palanchino e diede un ordine. I portatori sollevarono il palanchino ed uscirono dal cortile della locanda,
Vedendolo, Lăo Cán pensò tra di sé: “Sono sicuro di conoscere quest’uomo, ma finora non ero mai stato a Cáozhōu. Dov’ è che posso già averlo incontrato?”. Riflettè un momento, ma non riuscì a ricordarsene e lasciò perdere.
Poiché era ancora presto, andò di nuovo in giro a vedere come fosse amministrata la città. Tutti gli dicevano che si stava benissimo, ma i loro volti erano pallidi e scuotevano la testa senza rendersene conto, profondamente convinti dell’esattezza dell’antico detto secondo cui “Un governo tirannico è peggiore delle tigri”(15)
Ritornato alla locanda, Lăo Cán si sedette un momento sulla soglia accanto al portone. Per un caso fortunato, anche l’alto funzionario della contea di Chéngwŭ stava tornando e, mentre varcava la soglia della locanda, gettando uno sguardo dal finestrino della portantina, si vide davanti Lăo Cán. In un attimo, il palanchino era già ai piedi delle scale che portavano al primo piano della locanda. Il funzionario scese dal palanchino. I suoi assistenti tirarono giù la cortina del palanchino e lo seguirono. Di lontano, Lăo Cán vide che stava dicendo qualcosa ai suoi assistenti e che questi correvano verso il portone della locanda, mentre lui li aspettava ai piedi delle scale.
Gli assistenti chiesero a Lăo Cán: ”È Lei il signor Tiě?”.
“Sono proprio io.” rispose Lăo Cán” E voi, chi siete? Qual è il nome del vostro onorevole superiore?”.
“Il nostro superiore(16) si chiama Shēn ed è appena arrivato dal capoluogo della provincia. È il sostituto del governatore della contea di Chéngwǔ.(17) È lieto di invitarLa nella sua stanza”.
Lăo Cán si rammentò allora improvvisamente che quell’uomo era Shēn Dōngzào, un membro importante del segretariato del governatore della provincia. (18) Lo aveva incontrato due o tre volte, ma si erano scambiati soltanto qualche parola, e non ne aveva quindi serbato un ricordo preciso.
Lăo Cán si fece avanti e i due si salutarono scambiandosi un reciproco inchino.
Dōngzào precedette l’ospite nella stanza, lo fece sedere e poi disse: “Se Lei me lo consente, mi cambio d’abito”. Andò quindi a togliersi l’uniforme e ritornò vestito in abiti civili.
Si sedette accanto a Lăo Cán e gli domandò:” Quando è arrivato in questa città, caro signore? È già qui da qualche giorno? Ha preso alloggio in questa locanda?”.
“Sono arrivato oggi” rispose Lăo Cán” Ho viaggiato sei o sette giorni ed eccomi qua. E Lei, signor Dōng quando è partito dal capoluogo. È già stato qui altre volte?”.
“Caro amico” gli rispose il signor Dōngzào” Sono arrivato anch’io oggi, ma sono partito avantieri e la scorta che mi accompagna mi è stata assegnata nel capoluogo. Il giorno prima di lasciare la città, ho sentito dire da Yáo Yùnwēng che il governatore si era veramente rattristato nel vederLa partire. Aveva sempre desiderato entrare in contatto con un letterato famoso, ma non gli era mai mai stato possibile trovarlo . Poi aveva avuto la fortuna di incontrare una persona come il signor Tiĕ.e, guardando indietro, si era sentito sempre più inadeguato!”.
Lăo Cán osservó:” Il governatore cerca con impegno persone di talento ed è per questo che i suoi collaboratori manifestano un genuino rispetto verso di lui. Quanto al motivo per cui ha espresso il desiderio di ricorrere ai miei servizi, non vorrei essere presuntuoso e vantarmene. Da un lato, so bene di non aver mai messo alla prova le mie capacità e non ho quindi alcuna ragione di menarne vanto; dall’altro, prima di accettare incarichi, vorrei verificare che tipo di persona sia questo signor Yù che gode di tanta reputazione. (19)
Per ciò che concerne “la nobiltà e l’integrità”, non solo non si trova tra i funzionari chi osi praticarle, ma sono addirittura doti disprezzate. Infatti, anche se in questo mondo nasce qualche uomo di talento, è più comodo per un superiore ingaggiare una persona stupida e volgare, alla quale potrà nascondere le proprie carenze meglio che ad un subordinato intelligente e capace. Ma, se una persona che possiede un talento grazie al quale può essere utile alla società si ritira dal mondo, come potrà non deludere le aspettative di tutte le persone intelligenti?”.
“Ho ascoltato spesso questo ragionamento” osservò Dōngzào”, con cui, in sostanza sono perfettamente d’accordo e, in tutta franchezza, ammiro molto ciò che vi sento dire in questo momento. Si può infatti constatare che Cháng Jŭ, Jiè Nì e gli altri che hanno rinunciato al mondo non sono stati approvati da Confucio. (20) Vorrei soltanto sapere che tipo di persona appaia il nostro signor Yù agli occhi di un saggio del giorno d’oggi.” (21)
Lăo Cán rispose: “Non è altro che un funzionario crudele di basso rango, il quale eguaglia in ferocia Zhì Dōu (22), Níng Qī (23) e gli altri che si sono distinti per la loro crudeltà”.
Dōngzào annuì ripetutamente, poi domandò ancora: ”La vostra opinione sul signor Yù non concorda con quella degli altri. Tuttavia, siccome voi state viaggiando senza alcuna veste ufficiale, siete senz’altro in grado di cogliere meglio la realtà effettiva delle cose. A mio parere, se il signor Yù è una persona così crudele, i suoi atti sono certamente ingiusti. Allora, perché non è già stato denunciato?”.
A questo punto, Lăo Cán gli raccontò in dettaglio tutto ciò che aveva sentito durante il suo viaggio.
Il mattino seguente, Lăo Cán si alzò e vide che il cielo s’era molto rannuvolato. Sebbene il vento proveniente dalla direzione nord-occidentale non fosse molto forte, egli sentì che la veste di cotone gli svolazzava sul corpo. Dopo essersi lavato il viso, comprò per colazione alcuni bastoncini di pasta fritta ed in seguito vagò svogliatamente qualche tempo per le strade della città. Si accingeva a salire sulle mura per ammirare il panorama dei dintorni, quando si accorse che stava cominciando a nevicare. In un attimo la nevicata si fece più intensa e i fiocchi di neve divennero sempre più fitti, turbinando e mescolandosi confusamente. Lăo Cán si affrettò a tornare alla locanda e chiese al proprietario di accendere la stufa nella sua stanza. La finestra era coperta soltanto da un grosso pezzo di carta (24) che per metà si era staccato dagli infissi e che, inumidito dalla neve, svolazzava al vento cigolando ad ogni raffica. Alcuni frammenti di carta, rimasti attaccati ai bordi della finestra, tremolavano incessantemente, ma senza far rumore. La stanza, in cui si sentiva penetrare il vento gelido, appariva particolarmente scura e desolata.
Lăo Cán si sentiva di cattivo umore e stava seduto senza far nulla, senza neppure che gli venisse voglia di tirar fuori i libri dal baule. Infine, estrasse dalla federa del cuscino pennello e pietra da inchiostro e scrisse sulla parete della stanza alcuni versi dedicati alla questione del signor Yù:
Vantaggi e svantaggi penetran nel midollo. (25) (26)
Urge perciò risolvere questa faccenda.(27)
Un’oscura ingiustizia si cela nella città.(28)
Sangue tinge le cime d’un rosso perlaceo.
Tigri e leopardi imperversano per i monti.
Piovono dappertutto gufi a dirotto. (29)
Si uccidono i cittadini come briganti.
Il governatore è come un carro da guerra. (30)
Sotto i versi Lăo Cán appose la sua firma in sette caratteri: “Riflessioni (del) letterato (31) Tiē (di)
Xúzhōu (nel) Jiāngnán”.
Ciò fatto, andò a pranzo.
Dopo pranzo, la neve cominciò a cadere ancora più fitta. Ritto sulla soglia della locanda, Lăo Cán guardava i rami e i rametti degli alberi, che sembravano tutti avvolti in candida ovatta. Sugli alberi erano posati alcuni vecchi corvi, che tenevano il collo piegato per sfuggire al freddo e che scuotevano ogni poco le loro piume per evitare che la neve si accumulasse su di esse.
Scorse anche alcuni passeri, che avevano trovato riparo sotto le grondaie e che nascondevano il capino tra le piume per sfuggire al gelo, e si rese conto, con compassione, che soffrivano la fame e il freddo.
Si mise allora a pensare: “Passeri e fringuelli fanno affidamento sulle erbe, sui frutti degli alberi, su alcuni piccoli insetti e sulle formiche per soddisfare la loro fame. In questa stagione, tutte le specie di insetti e di formiche vanno in letargo e spariscono alla vista. Restano le erbe e gli alberi, ma, una volta che tutto è coperto dalla neve, dove si può ancora sbattere la testa? Se domani ci sarà il sole, la neve si scioglierà un po’, ma poi tornerà a soffiare il vento di nord-ovest e si formerà il ghiaccio e gli uccellini non troveranno nulla da mangiare. Come faranno a resistere fino all’arrivo della primavera?”.
Immerso in questi pensieri, la tristezza che gli ispiravano quegli uccellini gli parve insopportabile.
Continuò a riflettere:” Anche se questi uccellini hanno fame e freddo, nessuno gli ha sparato e nessuno ha piazzato trappole per catturarli. Soffriranno per qualche mese fame e freddo e non si sentiranno lieti se non quando sarà tornata la primavera. Potrei paragonarli agli abitanti di Cáozhōu. Anche per costoro gli ultimi anni non sono stati un periodo molto felice. Sono infatti caduti nelle mani di un amministratore (32) crudelissimo. Molti di loro vengono arrestati, trattati come briganti e condannati a morire mediante il supplizio della gabbia. Sono così spaventati che non osano più dire una parola. Oltre alla fame e al freddo, soffrono anche la paura. La loro sorte non è forse più amara di quella di questi uccellini?”.
Questo pensiero lo fece scoppiare in lacrime.
Sentì un vecchio corvo gracchiare ripetutamente. Non sembrava gracchiare per la fame, ma per il piacere della libertà di parola, per esprimere l’orgoglio della gente di Cáozhōu.
Tale idea suscitò la sua rabbia, senza che se ne rendesse conto, e cominciò a tirarsi i capelli. Voleva correre subito ad uccidere il signor Yù. Si sentiva il cuore pieno di odio.
Mentre era in preda all’agitazione, vide arrivare un palanchino dalle cortine di lana blu, portato e circondato da una schiera di servitori, e capì che Shēn Dōngzào stava tornando alla locanda. Allora pensò: “ Perché non inviare una lettera al governatore Zhāng per informarlo di ciò che ho visto e sentito?”.Tirò fuori la busta di carta da lettere dalla scatola che aveva nascosto sotto il cuscino e si accinse a scrivere con il pennello, ma proprio in quel momento si accorse che la pietra da inchiostro s’era congelata ed era diventato dura come ghiaccio. (33); quindi un po’soffiava e un po’scriveva.(34) Prima che fosse riuscito a scrivere due pagine, si era già fatto tardi. Quando si scongelava il blocco di inchiostro, si congelava il pennello; quando si scongelava il pennello, si congelava di nuovo il blocco di inchiostro. Ahimè! Riuscì ancora a scrivere quattro o cinque caratteri, ma ci mise un mucchio di tempo.
Mentre Lăo Cán era così duramente impegnato, il cielo si fece di nuovo scuro e non si riusciva più a veder nulla. A causa delle nuvole era infatti diventato buio prima del solito.
Lăo Cán chiamò allora il proprietario della locanda perché gli portasse una lucerna.
Dopo aver gridato a lungo, vide arrivare il proprietario, che entrò esitante nella stanza borbottando: “Come fa freddo!”.
Il locandiere depose la lucerna sul tavolo, prese tra le dita un pezzetto di lignite (35) e vi soffiò sopra più volte fino a renderlo incandescente. La lucerna era piena di olio che era gelato già al momento in cui lo versavano e che si era ammucchiato attorcigliandosi come le spire di una conchiglia. Essa si accendeva e si spegneva in continuazione.
“Aspettiamo un momento per vedere se l’olio brucia!” disse il locandiere e, dopo aver acceso lo stoppino, si infilò le mani nelle maniche e rimase a guardare se il lume si spegneva o no. All’inizio, la fiammella aveva soltanto le dimensioni di un grande seme di soia, in seguito tuttavia assorbì gradualmente olio e raggiunse le dimensioni di una piccola fava. All’improvviso, alzando lo sguardo e scorgendo l’iscrizione sulla parete della stanza, il locandiere esclamò in preda al panico: “Avete scritto questo? Che cosa avete mai scritto? Non createmi problemi! Non è proprio il caso di divertirsi!”. Voltò rapidamente la testa e guardò fuori della stanza.Non c’era nessuno. Allora disse a Lăo Cán:” State scherzando con la vostra vita e state mettendo in mezzo anche me!”.
“Non si preoccupi!” gli rispose sorridendo Lăo Cán” Guardi in basso! Ho firmato quei versi con il mio nome”.
Mentre stavano così parlando, entrò nella stanza un uomo che indossava un berretto rosso con le nappe, il quale disse ad alta voce: “Signor Tiē!”. Il locandiere si allontanò barcollando. L’uomo si rivolse a Lăo Cán: “Il mio padrone ha il piacere di invitarLa a cena”. Era un domestico di Shēn Dōngzào. “Ringrazia il tuo padrone e pregalo di non disturbarsi per me.(36) Ho già ordinato la cena qui alla locanda e me la porteranno in camera da un momento all’altro” rispose Lăo Cán.
“Il mio padrone dice che il cibo della locanda è scadente.” insistette il domestico” Abbiamo già cucinato una coppia di fagiani che qualcuno ci ha regalato ed abbiamo anche fatto cuocere alcune fette di montone. Deve assolutamente gustare la nostra casseruola. (37) Il mio padrone ha ordinato, nel caso in cui Lei dovesse rifiutare l’invito, di portare il pasto nella Sua camera, ma io penso che sia meglio che Lei venga da noi. Nella stanza del mio padrone c´è un braciere che è quattro o cinque volte più grande di quello che c`è in questa stanza e fa molto più caldo. Se Lei non accetta l’invito, noi domestici dovremo rifare il servizio solo per Lei. Per favore, ci faccia questo piacere!”.
Lăo Cán non poteva più rifiutare l’invito. Quando Shēn Dōngzào lo vide arrivare gli disse: “Caro amico, che cosa ci facevate in quella stanza? Fuori nevica. Beviamoci insieme qualche coppa di vino! Qualcuno mi ha regalato dei fagiani appena cacciati. Sono deliziosi. Allora, ho cercato dei fiori da offrire al Buddha.”(38).
Ciò detto, si sedette.
I domestici servirono dei pezzi di fagiano. Facevano veramente venire l’acquolina in bocca, rossi e bianchi come erano. Il fagiano ha un gusto ancor migliore se lo si mangia ben cotto.
“Non trovate che questa carne abbia un profumo un po’particolare?” osservò Dōngzào.
“Sì.”rispose Lăo Cán”Mi sembra che questa carne abbia un profumo speciale. Perché?”
“Si tratta di fagiani che provengono dalla Montagna dei Fiori di Pesco nella contea di Féichéng, sulla quale crescono molti pini.” gli spiegò Dōngzào “ Questi fagiani si nutrono essenzialmente di polline di pino e di pinoli. Ecco la ragione per cui la loro carne è così profumata e per cui sono comunemente chiamati “I Fagiani dei Fiori di Pino". Ma, anche qui, sono difficili da trovare.”
Lăo Cán mormorò qualche parola di apprezzamento, mentre altro cibo veniva portato in tavola dalla cucina.
Dopo che i due ebbero pranzato insieme, Shēn Dōngzào invitò l’ospite a passare in camera sua per bere un tè e per riscaldarsi al calore del braciere. D’un tratto si accorse che Lăo Cán indossava una tunica di cotone e gli domandò:” Perché indossate ancora una tunica di cotone con questo freddo?”.
“Non sento freddo.” gli rispose Lăo Cán “Quelli che come me, fin dall’infanzia, non sono stati abituati ad indossare pellicce si trovano probabilmente meglio con una tunica di cotone come la mia che con una pelliccia di volpe come la vostra”.”Non è giusto “esclamò Shēn Dōngzào e, chiamato un domestico, gli ordinò:” Apri la mia valigia, tirane fuori la mia pelliccia di volpe bianca e portala nella camera del signor Tiē!.”
“Vi sembrerò scortese” lo interruppe Lăo Cán “ma non ho alcun bisogno della vostra pelliccia. Riuscite ad immaginarvi uno che vada in giro a suonare i campanellini indossando una pelliccia di volpe? (39)
“Nessuno vi obbliga a suonare i campanellini.” replicò Dōngzào “Quindi, perché fate lo schifiltoso ? Vi prego di accettare questa pelliccia. Ve la offro come se fossi vostro fratello. Lasciatemi dire ancora due parole, anche se la cosa vi infastidisce! Ieri vi ho sentito dichiarare che, in questo mondo, le persone di talento sono poche e che non è pertanto opportuno che gli uomini di valore nascondano le proprie capacità. Ho molto ammirato questa affermazione. Tuttavia, voi fate il contrario di ciò che predicate. Il signor governatore intendeva nominarvi funzionario, ma voi siete scappato di nascosto, nel cuore della notte, e volete andare in giro a suonare i campanellini. Posso domandarvi se coloro che si lavano le orecchie per non sentire siano realmente diversi dai pregiudicati che non ambiscono alle cariche perché ne sono indegni? (40) Vi parlo con franchezza, come un fratello, anche se le mie parole possono sembrarvi un po’offensive. Per favore, riflettete su ciò che vi sto dicendo!”
“È vero” ammise Lăo Cán “che fare il guaritore ambulante non è di grande aiuto alla società, ma si può davvero affermare che l’esercizio delle funzioni pubbliche sia molto più utile?
Voi, Signore, amministrate attualmente, nella contea di Chéngwŭ, un centinaio di migliaia di persone. Potreste dirmi, per favore, come riuscite ad essere loro di aiuto? Dovete di certo avere in mente un valido piano d’azione. (41) Non potreste darmi un paio di suggerimenti? So che in passato avete già ricoperto due o tre cariche. Vorrei chiedervi di parlarmi dell’amministrazione sulla base dell’esperienza che avete accumulato. È possibile per un governante compiere azioni eccellenti che lo distinguano dagli altri?”.
“Non è questo ciò che intendevo dire.”gli rispose Dōngzào” Gli individui mediocri come me non hanno altra scelta, ma è un vero peccato che un uomo come Voi ricco di talento e capace di grandi visioni, non esca fuori a farsi valere. Così andrà a finire che una persona priva di qualità sarà funzionario per tutta la vita, mentre una persona talentuosa non lo sarà mai. Ecco la cosa che suscita maggior rimpianto in questo mondo!”.
“Non sono assolutamente d’accordo!” replicò Lăo Cán “ A mio parere, non ha importanza che qualcuno non abbia le doti necessarie per essere un buon funzionario. Ciò che è deleterio è che una persona capace debba necessariamente essere un funzionario. Pensiamoci un momento! Non siamo entrambi d’accordo sul fatto che il signor Yù è una persona capace? Ora il signor Yù sta comportandosi in modo irragionevole soltanto perché vuole fare una brillante carriera e diventare un alto dignitario, e la reputazione che si sta acquistando è così buona che in pochi anni - temo – avrà conseguito entrambi questi obiettivi. Più alte saranno le funzioni, maggiore sarà il danno! Se amministrerà una prefettura, la manderà a fondo; se reggerà una provincia, manderà a catafascio la provincia, e, se governerà l’Impero, manderà in rovina l’Impero. Ditemi dunque se, da questo punto di vista, è più dannoso essere un funzionario capace o un funzionario inetto. Un guaritore ambulante come me, un buffone che va in giro suonando i campanellini, non sarà mai chiamato a curare le malattie gravi e le piccole indisposizioni non sono mortali. Anche se io dovessi vivere diecimila anni e far crepare con le mie cure una persona all’anno, non riuscirei mai ad accoppare tanta gente quanta ne ha fatta fuori il signor Yù nella prefettura di Cáozhōu”.
Se volete sapere che cosa rispose Shēn Dōngzào, leggetevi il prossimo capitolo.
NOTE
1) Gli autori del complotto avevano già presentato il giorno precedente una dettagliata denuncia alla polizia ed avevano poi mandato, il giorno successivo, finti compratori ad acquistare quantità di tela calcolate in modo che il venditore si ritrovasse con scampoli di lunghezza esattamente uguale a quelli di cui era stato denunciato il furto.
2) L’’espressione 嘴快 (“zuǐkuài”), letteralmente “lingua pronta”, ”lingua sciolta” si riferisce a chi parla apertamente di cose che sarebbe più prudente tacere.
3) Il riferimento al tatuaggio serve a caratterizzare la persona. La pratica di farsi tatuare il corpo era infatti particolarmente diffusa tra i membri delle sette religiose e delle società secrete, molte delle quali costituivano spesso anche associazioni di malfattori.
4) lI narratore non specifica chi siano i vari personaggi nominati, evidentemente perché pensa che la loro qualità risulti chiara dal contesto. Così, Hú il secondo deve ovviamente essere il padre della ragazza, mentre Wáng sembrerebbe essere uno dei capi locali del movimento dei Boxer.
5) Èrláng è, verosimilmente, il nome personale di Wáng il terzo.
6) Per capire il discorso che viene qui riferito, occorre tener presente che la propaganda dei Boxer si fondava largamente sulla mitologia e sulla superstizione. I Boxer asserivano, per esempio, che godevano della protezione di eroi divinizzati come Guān Yū 關爺o di divinità come Sūn Dàshèng 孫大聖, (uno dei nomi con cui era conosciuto il mitico Re delle Scimmie 孫悟空 Sūn Wùkōng) e che erano in grado di evocare questi personaggi nel corso di solenni cerimonie. Affermare che un capo dei Boxer non era riuscito a far discendere dal Cielo uno degli dei o degli eroi divinizzati che proteggevano il movimento equivaleva quindi a sostenere che era un individuo indegno del grado che ricopriva. Nel caso specifico, l’indegnità era evidentemente collegata al modo in cui Wáng aveva fatto fuori il padre della sua bella.
7) Zhūbājiè,豬八戒, che appare sotto le sembianze di un maiale nel famoso romanzo classico “Viaggio in Occidente” (西遊記 “xīyóu jì”), è un altro personaggio mitico, la cui importanza è tuttavia molto minore di quella di Sūn Dàshèng.
8) Il termine金箍棒 (“jīn gū bang”), letteralmente”il bastone dagli anelli d’oro” è un bastone di ferro, cinto, alla base e in cima, da due anelli d’oro e dotato di qualità magiche, di proprietà del Re delle Scimmie Sūn Wùkōng 孫悟空. Quando non viene usato, si riduce alle dimensioni di un ago, che Sūn Wùkōng suole portare sopra l’orecchia.
9) L’espressione 天明四十五 (“tiānmíng sìshíwǔ”), letteralmente “all’alba, quarantacinque”, è un’espressione popolare usata per indicare una fuga precipitosa, come quella di una persona che si allontani durante la notte e che, all’alba, abbia già percorso a piedi più di 20 chilometri (all’incirca 45 “lĭ”).
10) I berretti elaborati indicavano, già a prima vista, che si aveva a che fare con dei funzionari o dei notabili. La gente comune indossava berretti di fattura molto semplice ed i contadini portavano abitualmente ampi cappelli di paglia o di bambù per ripararsi dal sole.
11) Il termine 民壯 (“mín zhuàng”) designava, sotto il regime imperiale, i membri delle milizie locali incaricate di mantenere l’ordine pubblico nei villaggi e nelle campagne.
12) Tutti questi dettagli indicano che si sta preparando il corteo di un personaggio importante. Il parasole rosso è evidentemente un privilegio riservato agli alti funzionari e i cavalli lasciano pensare alla presenza di una scorta d’onore.
13) Il “shuǐjīng ding”水晶頂, letteralmente “il cilindro di cristallo”, era un berretto con la parte superiore in cristallo, che costituiva il copricapo ufficiale dei funzionari di quinto grado.
14 ) Collane di perle, dette “cháozhū” 朝珠, erano indossate dall’Imperatore e dai membri della famiglia imperiale nonché dagli alti funzionari ( dal 1° al 5° grado).
15) Il “Libro dei Riti” (禮 記 “lĭ jì”) racconta, nel capitolo intitolato “L’arco di legno di sandalo” (檀 弓 “tán gōng”), parte seconda, paragrafo 193, che, un giorno, Confucio, camminando ai piedi del monte Tài, vide una donna in lacrime accanto a una tomba.Il Maestro si fermò e inviò Zĭ Lù a domandarle perché piangesse così disperatamente. La donna rispose: ”Dapprima mio suocero è stato ucciso da una tigre, poi mio marito è stato vittima di una tigre, ed ora una tigre ha dilaniato anche mio figlio”. “Perché non te ne vai via di qui?” le chiese il Maestro. “Perché qui non ci sono tiranni.” gli rispose la donna. Allora Confucio , rivolto ai suoi discepoli, esclamò: “Ricordatevelo, ragazzi! I tiranni sono più feroci delle tigri”.( 小子識之,苛政猛於虎也 “xiăozĭ shí zhī, kēzhèng měng yú hǔ”).
16) Per non sbilanciarmi troppo, ho tradotto con “superiore” il termine 小主 (“xiăo shŭ”) che è un appellativo di rispetto, probabilmente destinato a persone abbastanza giovani, e che letteralmente suona come “signorino” o “padroncino”.
17) Il termine 委署 (“wéi shŭ”) indica il funzionario che ne sostituisce un altro in caso di assenza o di indisponibilità.
18) Il termine 文案 (“wén’àn) indica i servizi di segretariato .Poiché il narratore non fornisce indicazioni più precise, ma ha raccontato in precedenza che Lăo Cán aveva incontrato numerosi funzionari in occasione di un banchetto a Jìnán , è lecito ipotizzare che questo Shēn Dōngzào sia un alto funzionario addetto al segretariato del governatore della provincia.
19) Appare forse qui una ragione che spiegherebbe l’índagine privata condotta da Lăo Cán sul signor Yù. Potrebbe trattarsi di un esperimento con cui Lăo Cán intende provare a sé stesso che è in grado di svolgere un’attività di tipo amministrativo.
20) Leggiamo nei “Dialoghi di Confucio” (cap.18, par.6) quanto segue:
“ Cháng Jŭ e Jié Nì stavano arando un campo quando il Maestro , che passava nelle vicinanze, inviò Zĭ Lù a domandar loro dove fosse il traghetto per traversare il fiume.”
“Chi è che tiene le redini di quella carrozza?” chiese Cháng Jŭ.
“È Kŏng Qiū” gli rispose Zĭ Lù.
“Kŏng Qiū di Lū?”
“Sì, proprio lui”.
“Egli sa dove si attraversa il fiume” disse a questo punto Cháng Jŭ.
Zĭ Lù si rivolse allora a Jiè Nì che gli domandò chi fosse.
“Sono Zhòng Yú” gli rispose Zĭ Lù.
“Il discepolo di Kŏng Qiū?”
“Sì, proprio lui”.
“Il disordine sommerge tutto l’Impero e c’è ancora qualcuno che vorrebbe cambiare il corso delle cose. Piuttosto che seguire un maestro che fugge le persone non faresti meglio a seguire un maestro che fugga il mondo?"
Detto questo, continuò ad erpicare..
Zĭ Lù tornò da Confucio a riferirgli le risposte che aveva ricevuto.
“Ahimè!” sospirò il Maestro “ Non possiamo vivere con gli uccelli e con le bestie come se fossimo della stessa razza. Se fuggo la compagnia degli uomini, con chi mi metterò in società? Non cambierò il mio comportamento finché l’Impero non avrà ritrovato la Via."
Cháng Jŭ e Jié Nì erano due eremiti che vivevano in una zona paludosa nei pressi di un fiume.
La risposta di Cháng Jŭ è chiaramente allegorica. È inutile che il Maestro chieda informazioni, poiché egli sa già quale è il cammino da seguire nella vita. Per la dottrina taoista, cui aderiscono Cháng Jŭ e Jié Nì, questo cammino è la rinuncia al mondo.
Jié Nì afferma ,a sua volta,che Confucio fugge le persone, perché vaga senza sosta da uno Stato all’altro, da un sovrano all’altro, deluso da tutti. La soluzione che egli propone è la più radicale: rinunciare non al contatto con singoli individui, ma con la società intera.
Il Maestro respinge la dottrina taoista, perlomeno nella sua forma estrema qui rappresentata. La teoria del “non fare” non ha per lui alcuna attrattiva. Egli non riesce ad immaginarsi inattivo e lontano dalla gente. Il suo dovere è agire nell’ambito della società, anche se le probabilità di successo appaiono minime.
21) La domanda è sottilmente adulatoria nei confronti di Lăo Cán, che viene implicitamente comparato al Maestro.
22) Zhìdŏu 郅都 era un funzionario del periodo dei Hàn occidentali 西汉, che svolse il suo servizio all’epoca dell’imperatore Wéndì 文帝, il cui regno durò dal 180 a.C. al 157 a.C.) e che divenne famoso per l’estrema severità con cui puniva qualsiasi violazione dell’ordine pubblico.
23) Níng Qī 甯戚 è, secondo quanto risulta dalla relativa voce nell’enciclopedia on line Bǎidù Bǎikē 百度百科, un personaggio vissuto nel VII° secolo a.C. al quale non vengono attribuiti atti di crudeltà. Può darsi che l’autore sia incorso in una svista o che si riferisca ad un omonimo meno noto.
24) In Cina , fino a tempi recenti, si usavano largamente per le finestre sottili pannelli di carta anziché vetri.
25) Cercherò nelle note seguenti di spiegare il significato dei versi scritti da Lăo Cán , anche se la cosa non è facile, in quanto il linguaggio poetico è, per tradizione, immaginoso ed involuto.
26) L’espressione 得失(“déshì”) indica “i profitti e le perdite”, “i vantaggi e gli svantaggi”, “i pro e i contra”.
La frase 淪肌髓 ( lún jiā suǐ), letteralmente “penetrare nei muscoli e nel midollo osseo”, è un ‘espressione proverbiale” con cui è indicato il fatto che qualcosa turbi e commuova profondamente una persona.
Il verso sembra dunque significare che il comportamento del signor Yù è molto discusso e suscita profonde emozioni.
27) L’allarme sociale provocato dagli atti ingiusti e feroci compiuti dal signor Yù esige che il comportamento di quest’ultimo sia sanzionato con urgenza.
28) L’ingiustizia è definita “oscura”( 暗“àn”) perché non viene apertamente dichiarata, ma è dissimulata sotto l’aspetto di procedimenti rispettosi della legalità, anche se estremamente severi.
29) Il gufo, uccello notturno, è anche nella tradizione popolare cinese simbolo e presagio di morte. Allo stesso modo le tigri e i leopardi sono noti come uccisori di uomini. La menzione di questi animali ricorda dunque le uccisioni ingiustificate e indiscriminate decise dal signor Yù.
30) Il termine “yuán róng” 元戎 ha diverse sfumature di significato, ma tutte di carattere militare: grande carro da guerra; comandante dell’esercito (con riferimento al fatto che i generali si spostavano su grandi carri da guerra); esercito (con riferimento al fatto che l’esercito utilizzava i carri da guerra”); grande balestra in grado di lanciare contemporaneamente numerose saette.
Con questa metafora Lăo Cán intende dire che il signor Yù infierisce sui cittadini come, in battaglia, un carro da guerra imperversa tra le schiere nemiche.
31) Il termine 英 “yīng” può essere interpretato nel senso di “persona di talento”, “personaggio rilevante”, “eroe”. In questo caso, penso che Lăo Cán intendesse affiancare al proprio nome un titolo “ che mostrasse la sua preparazione culturale e la sua idoneità a pronunciarsi su una questione così delicata ed ho quindi tradotto il termine con “letterato”.
32) Il termine “fùmŭguān” 父母官, di uso arcaico, designava gli amministratori locali.
33) Il “nécessaire” per scrivere dei letterati cinesi era costituito da un blocco di inchiostro solidificato, detto “pietra da inchiostro”( 硯臺”yántái”), da un vasetto per l’acqua e da un pennello. L’inchiostro veniva ridotto in polvere mediante sfregamento. La polvere veniva poi versata nel vasetto pieno d’acqua e mescolata con il pennello.
34) Ho interpretato la frase 呵一點寫一點 (” hē yīdiǎn xiě yīdiǎn “) , letteralmente “un poco soffiava, un poco scriveva”, nel senso che Lăo Cán era costretto a soffiare sul blocco di inchiostro per scongelarlo un po’ e poter scrivere qualche riga. A causa del gran freddo, l’inchiostro si congelava tuttavia di nuovo molto rapidamente e Lăo Cán era obbligato a ripetere sistematicamente l’operazione.
35) È chiamata “carbone di carta” (紙煤 “zhǐ méi”) una varietà di lignite i cui blocchi si scindono in strati sottili simili a foglietti di carta.
36) L'espressione 自用 "zìyòng" significa "usare personalmente","tenere per sé" ed è utilizzata per invitare qualcuno a "non disturbarsi".
37) È indicato con il termine “pentola calda” o “casseruola calda” (火鍋 “ huǒguō”) un piatto tradizionale cinese costituito da vegetali e pezzi di carne messi a bollire in un recipiente.
38) Secondo la dottrina buddhista, i fiori sono una delle offerte più nobili e pure. Da una parte, essi indicano l’aspirazione ad imitare il Buddha; dall’altra simboleggiano perfettamente, con la loro fragilità, l’impermanenza delle cose umane.
39) Lăo Cán andava in giro a fare il guaritore ambulante attirando su di sé l’attenzione della gente con il suono dei campanellini. Qui egli fa notare a Shēn Dōngzào l’incongruenza tra un mestiere modestissimo ed il possesso di una pelliccia di volpe, segno di grande agiatezza.
40) Dōngzào fa qui riferimento a Xῡ Yóu 许由, un eremita che sarebbe vissuto ai tempi del mitico imperatore Yáo 堯, il quale gli avrebbe proposto di sceglierlo come proprio successore. Xῡ Yóu avrebbe rifiutato il trono, dichiarando di ”non aver bisogno di nulla sulla terra” e sarebbe corso al fiume per lavarsi le orecchie, insozzate dall’ascolto di un’offerta così scandalosa.
Gli eremiti vengono poi accostati, per espediente dialettico, ai criminali, sottoposti alla pena del tatuaggio sul volto, i quali pure si astengono, ma perché trattenuti dalla vergogna, dal candidarsi all’esercizio delle funzioni pubbliche.
41) L’espressione 胸有成竹 (“xiōng yǒu chéng zhú"), letteralmente “avere in mente un bambù completo”, è tratta da una poesia di Cháo Bǔzhī 晁补之(1053 d.C.- 1110 d.C.) in cui si afferma che il pittore che si accinge a dipingere un bambù deve già avere ben chiara in mente l’idea di questa pianta. Con tale metafora si intende perciò dire che chi si accinge a compiere una determinata impresa, deve aver già elaborato validi piani per realizzarla
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