L’epoca della dinastia Táng 唐 朝 fu caratterizzata da una splendida fioritura di tutte le arti, in particolare poesia, pittura, musica e danza.
Abbiamo già visto come nella sua famosa “Canzone del liuto” 琵 琶 行 Bai Juyi 白 居 易 descriva con raffinata precisione la musica di uno strumento a corde e la commozione che essa suscita negli ascoltatori.
Nella poesia intitolata “Dān qīng yĭn zèng Cáo Bà jiāng jūn” (丹 青 引 贈 曹 霸 將 軍 “Presentazione di un dipinto, dedicata al generale Cáo Bà) Dù Fŭ 杜 甫 affronta invece il tema della pittura.
La descrizione di un famoso dipinto del pittore Cáo Bà gli fornisce il pretesto per quello che potremmo chiamare uno dei più antichi esercizi di critica d’arte.
Conformemente ad un’impostazione ben nota anche in Occidente, egli distingue il genio, che dà vita alla vera opera d’arte, dall’ abilità tecnica e dalla perfezione formale che, sole, non consentono di superare la soglia di un pur molto apprezzabile artigianato.
Questa distinzione è impersonata nella poesia dalle due figure contrapposte di Cáo Bà 曹 霸 e di Hán Gàn 韓 幹 .
Secondo Dù Fŭ, Hán Gàn è capace di rappresentare i suoi soggetti nelle più diverse pose e nei minimi dettagli, con una stupefacente rassomiglianza, risolvendo ogni genere di difficoltà tecniche, ma non riesce a coglierne l’essenza.
Cáo Bà, invece, possiede la dote che distingue l’artista dal buon artigiano. Egli ha quel genio che gli consente di intuire il carattere del soggetto , di dare vita alla persona o all’animale che ha dipinto.
Che cos’è che fa vivere l’opera d’arte?
Per farcene un’idea ci possiamo riferire ai princìpi enunciati in un famoso trattato del V° secolo d.C ., il “Gŭ Huà Pĭn Lù” 古 畫 品 錄 (“Classificazione dei pittori antichi”) di Xiè Hè 謝 赫 .Il principio fondamentale della pittura, vi è così formulato :”Qì yùn shēng dòng” 氣 韻 生 動 , espressione che possiamo tradurre un po’liberamente : “L’impronta dello spirito nel ritmo delle cose”. Come sottolinea, nella sua opera “ Tù Huà Jiàn Wén Zhì” 圖 畫 見 聞 志 (“Note su ciò che ho visto e sentito riguardo alla pittura”), il critico Guō Ruòxū 郭 若 虛 (1000 d.C.-1064 d.C.), questo primo principio, a differenza delle successive regole di carattere tecnico, “nasce nell’anima”, in altre parole non può essere insegnato.
Arriviamo con ciò, a mio parere, a quella che è la caratteristica essenziale della pittura cinese,almeno nel senso in cui essa fu intesa per secoli dalle “élites” intellettuali del paese. L’impronta dello spirito nel ritmo delle cose può essere colta solo dal gentiluomo letterato, da colui che,grazie alla sua formazione umana, ha raggiunto una profonda e completa armonia spirituale e fisica con la natura. Solo lui saprà immedesimarsi con il soggetto stesso che intende rappresentare, solo lui potrà, per usare un’espressione del poeta e pittore Sū Dōngpō 蘇 東 坡 (1036 d.C.-1101 d.C) ,afferrare ” l’essenza profonda delle cose”. Sembra di cogliere in questa frase quasi un riflesso della filosofia platonica: l’artista, potremmo dire, è colui, che al di là della forma contingente, riesce a percepire l’”idea”, colui che, come Cáo Bà, riesce a scorgere, dietro l’apparenza del singolo cavallo, l’idea stessa del “cavallo”. È quanto Dù Fŭ ci lascia intendere allorché dice: “Ti dedicasti tutto a progettare nella tua mente il disegno” e quanto un altro critico, Zhāng Yànyuăn 張 彥 遠; (c.815 d.C.-c.877 d.C.), nella sua “Lì Dài Míng Huà Jì” 歷 代 名 畫 記 (“Antologia dei pittori famosi di tutti i tempi”) dell’847 d.C., enuncia chiaramente a proposito del famoso pittore Wú Dàozĭ 吳 道 子 ( 680 d.C.-740 d.C.): “Le sue idee erano già ferme e stabilite prima di cominciare a dipingere: la pittura ultimata le esprimeva tutte”. Il vero artista dà alla propria immagine del cavallo la perfezione della vita perché sa riassumere in essa tutti i cavalli che sono esistiti, esistono ed esisteranno, e può farlo perché del cavallo conosce non solo ciò che vede nel momento in cui lo dipinge, ma tutto ciò che ne hanno detto la storia, la filosofia, la poesia, la musica, la pittura.
I pittori professionali, come Hán Gàn, che, nonostante il loro talento, non possiedono un adeguato bagaglio culturale che consenta loro di sentirsi in consonanza con la natura, non riescono ad andare oltre le apparenze. Come osserva Sū Dōngpō, in una frase di cui abbiamo già citato alcune parole:”Fra i pittori di questo mondo alcuni sanno rappresentare la forma, ma l’essenza profonda delle cose possono afferrarla solo i gentiluomini e gli uomini di genio”. Il buon artigiano rappresenterà perfettamente i dettagli del soggetto che gli sta di fronte, ma non riuscirà mai ad andare oltre. La sua opera sarà come una fotografia precisa sin nei suoi più minuti particolari, ma priva d’anima.
Si possono già cogliere nelle valutazioni critiche qui espresse da Dù Fŭ le premesse di quell’evoluzione che porterà, sotto le dinastie Míng 明 朝 e Qīng 清 朝 , all’espresso rifiuto della pittura professionistica ed alla creazione del concetto di “wén rén huà” ( 文 人 畫 “pittura dei letterati”).
PRESENTAZIONE DI UN DIPINTO
dedicata al generale Cáo Bà (1)
O generale che discendi dall’imperatore guerriero di Wèi, (2)
solo adesso, cittadino come gli altri, sei veramente nobile.(3)
Gli eroi conquistarono regni,ma,ahimè, tutt’è ormai finito,
mentre l’influenza degli artisti sopravvive ancora pur oggi.
Imparasti l’arte della calligrafia dalla celebre signora Wèi (4)
ed il tuo solo cruccio fu di non avere superato Wáng Xīzhī.(5)
Immerso nella pittura, non hai mai pensato alla vecchiaia.
Per te ricchezze ed onori non erano che nuvole passeggere.
Durante l’era Kāiyuān tu eri sempre accanto all’imperatore (6)
e fosti spesso ospite nel Palazzo Profumato del Meridione. (7)
Gli antichi ritratti dei grandi dignitari erano ormai scoloriti.
Tu, o generale, col tuo pennello, hai ridato vita ai loro volti,
su molte teste di ministri hai ricollocato le corone dei saggi,
rimesso sui petti dei fieri militari la grande freccia piumata. (8)
Hai rappresentato i nobili principi del Húbĕi capelli al vento,(9)
arditi e veri, come se fossero ancora nel folto della mischia.
Il sovrano possedeva uno stallone pezzato , “Fiore di Giada”, (10)
che innumerevoli pittori avevano cercato invano di dipingere.
Un giorno, ti condussero fino ai piedi della scalinata purpurea.
Un vento impetuoso soffiava lontano, alle porte del palazzo, (11)
quando il figlio del cielo ti ordinò di pennellare la bianca seta.
Tu ti dedicasti tutto a progettare nella tua mente il disegno
e si vide all’improvviso apparire, nelle nove cinte, un vero drago, (12)
il quale, da solo, spazzò subito via i cavalli mortali di tutti i tempi.
Mentre un “Fiore di Giada”stava ritto in alto sul palco imperiale,
il suo uguale lo fronteggiava possente nel piazzale sottostante.
L’imperatore sorrise e ti fece subito dare una lauta ricompensa.
Palafrenieri e cortigiani rimasero a bocca aperta per lo stupore.
Il tuo allievo Hán Gàn è diventato assai presto un ottimo pittore. (13)
Sa dipingere i cavalli in tutte le pose che si possono immaginare.
Purtroppo riesce soltanto a ritrarne l’apparenza, non il carattere.
Lo spirito del leggendario destriero Huá Liú gli sfugge e si perde. (14)
Tu non avevi solo la tecnica, ma possedevi anche il soffio divino,
tu riuscivi a cogliere l’essenza dell’animo degli uomini eccellenti.
Ed ora, in mezzo ai desolati campi di battaglia, ti guadagni la vita
disegnando, di tanto in tanto, il ritratto di qualche viaggiatore.
Ora che sei caduto in miseria, la gente ti guarda dall’alto in basso.
Così è stato fin dai tempi più antichi. Sempre,sotto fama e gloria,
scorgerai difficoltà ed amarezza, fino alla soglia dell’ultimo giorno.
NOTE
(1) Può sembrare curioso che Cáo Bà, che Dù Fŭ elogia come il miglior pittore della sua epoca , fosse un generale. Bisogna però ricordare che, nell’antica Cina, i posti di comando nell’esercito spesso non erano affidati a militari di carriera, bensì a funzionari civili, i quali potevano accedere al pubblico impiego solo dopo aver dimostrato di possedere un’ottima formazione culturale. Poiché l’educazione era incentrata sullo studio dei classici i funzionari erano abitualmente profondi intenditori di letteratura e di poesia. D’altra parte, la pratica degli ideogrammi, indispensabile per poter leggere le opere filosofiche, storiche e poetiche, portava spontaneamente gli elementi più dotati a coltivare la calligrafia e la pittura, che, negli ambienti intellettuali, era soprattutto una pittura ad inchiostro.
(2) “Imperatore guerriero di Wèi” (“Wèi wŭ dì” 魏 武 帝 ) è il titolo postumo attribuito a Cáo Cāo 曹 操 ( 155d.C.-220 d.C.), famoso politico, generale e letterato del periodo dei Tre Regni. In realtà Cáo Cāo non fu mai imperatore, perché solo suo figlio Cáo Pī 曹 丕 ebbe il coraggio di deporre l’ultimo rappresentante della dinastia Han 漢 朝 e di proclamarsi egli stesso capostipite di una nuova dinastia.
(3) Nel torbido periodo che fece seguito alla ribellione di Ān Lùshān, Cáo Bà fu privato dei suoi titoli nobiliari e ridotto allo stato di cittadino comune. Dù Fŭ lo riconforta ricordando che la sola vera nobiltà è quella dello spirito.
(4) Il poeta intende qui semplicemente dire che Cáo Bà imparò l’arte della calligrafia, preludio alla pittura, da maestri eccelsi, degni della signora Wèi 衛 夫 人 , che insegnò tale arte a Wáng Xīzhī 王 羲 之 , “il principe dei calligrafi”. La signora Wèi e Wáng Xīzhī vissero infatti nel IV° secolo d.C. sotto la dinastia dei Jìn Orientali東 晉 朝 .
(5) Wáng Xīzhī 王 羲 之 ( 303 d.C.-361 d.C. o, secondo altre fonti, 321 d.C.-379 d.C.) fu calligrafo insuperabile, maestro degli stili “xíngshū” 行 書 (“corrente”) e “căoshū” 草 書 (“corsivo”). Il suo capolavoro è il “Lántíngxù” 蘭 亭 序 (“Prefazione all’antologia del Padiglione delle Orchidee”).
(6) L’era Kāiyuān ( 714 d.C.-741 d.C.), uno dei periodi di regno dell’imperatore Xuánzōng, è considerata l’epoca di massimo splendore della dinastia Táng.
(7) Nel Palazzo Profumato del Sud ( 南 薰 殿 “Nán Xūn Diàn) erano conservati i ritratti ( secondo alcune fonti in numero di ventiquattro) degli alti dignitari e dei generali più meritevoli.
(8) Gli alti dignitari civili erano contraddistinti dal copricapo, simbolo del loro grado; i comandanti militari dalla grande freccia piumata ( 大 羽 箭 “dà yŭ jiàn” ), decorazione creata dall’imperatore Tàizōng 太 宗 per onorare i generali che si erano maggiormente distinti nella difesa dell’impero.
(9) I fondatori della dinastia Táng erano originari della regione del Húbĕi 湖 北 .
(10) “Fiore di giada” (“Yù Huā” 玉 花 ), lo stallone pezzato dell’imperatore, era un “tiān mă” 天 馬 , cioè un “cavallo celeste”.Erano così denominati i cavalli di razza provenienti dall’Asia Centrale, famosi per il loro vigore e la loro velocità.
(11) Il vento impetuoso che soffia alle porte del palazzo è probabilmente un’immagine del focoso stallone che i palafrenieri stentano a tener fermo.
(12) L’espressione “nove cinte” ( 九 重 “jiŭ chóng” ) indica il palazzo imperiale. Il numero nove simboleggia infatti la perfezione con riferimento al cielo che, secondo l’insegnamento buddista, è composto di nove cerchi.
(13) Hán Gàn 韓 幹 (706 d.C-783 d.C.), di umilissime origini, fu avviato alla pittura dal famoso letterato Wáng Wéi 王 維 . Ci sono rimaste di lui parecchie opere che ne illustrano l’abilità come pittore di cavalli. Dù Fŭ, pur riconoscendone l’eccezionale capacità tecnica, gli nega tuttavia il genio pittorico, perché Hán Gàn , pittore professionista, apparteneva in quanto tale ad una categoria che gli intellettuali dell’epoca equiparavano a quella degli artigiani.
(14) Il mitico “Qiān Lĭ Huá Liú” ( 千 里 驊 騮 “Il fulvo pomellato con la criniera nera che poteva galoppare mille ‘li’”) era uno degli otto famosi stalloni appartenenti a Mù Wáng 穆 王 , quinto sovrano della dinastia dei Zhōu 周 朝 , vissuto nel X° secolo a.C