Wú Jìngzì
Wú Jìngzì`吳敬梓 nacque a Qúanjiāo 全椒县 (Ānhuī 安徽) nel 1701 da una famiglia agiata.
Suo padre, Wú Línqī 吳霖起, era un funzionario governativo, ma il figlio non ebbe successo nel suo tentativo di seguire le orme paterne. Riuscì nel 1720 a superare gli esami locali, che permettevano di conseguire il diploma di “xiùcái” 秀才 (“talento coltivato”), ma fallì più tardi i concorsi nazionali che consentivano ai vincitori di fregiarsi del titolo di “jìnshì” 進士 (“studioso provetto”) e di accedere alla funzione pubblica.
Essendo nel frattempo morto il padre, Wú Jìngzì, per sopravvivere, fu costretto ad intaccare il patrimonio di famiglia. Turbato dalle critiche della gente, all’età di trentadue anni lasciò la citta natale e si recò a Nanchino, dove condusse una vita piuttosto misera. Si racconta infatti che, nella stagione fredda, non avendo i mezzi per riscaldare la casa in cui abitava, trascorresse le notti passeggiando fuori città in compagnia di alcuni amici squattrinati come lui con i quali conversava e componeva poesie. Chiamava questo stratagemma “nuăn zú” 暖足 , vale a dire “scaldarsi i piedi”.
Sebbene a Nanchino avesse fatto la la conoscenza di molti funzionari, non tentò mai più di affrontare gli esami imperiali.
Durante il suo soggiorno a Nanchino, mise mano all’opera che doveva diventare il suo capolavoro, la “Storia Ufficiosa del Mondo dei Letterati (儒林外史 “rúlín wàishì”), che completò nel 1750. (1)
Il romanzo, scritto nella lingua parlata, è ambientato nell’epoca Míng ed è una satira, spesso corrosiva, dell’ambiente dei letterati-funzionari.
Il primo e l’ultimo capitolo ci forniscono alcuni ritratti di letterati, mentre il resto del romanzo contiene una serie di storie che ridicolizzano il comportamento dei letterati troppo ambiziosi e criticano il sistema di reclutamento dei funzionari.
Agli intrighi di coloro che sono disposti a tutto per fare carriera viene contrapposto il comportamento esemplare dei pochi che si ispirano agli alti insegnamenti di Confucio. L’influenza del neoconfucianesimo nel romanzo può forse essere spiegata grazie ai legami che la famiglia di Wú avrebbe avuto con i famosi filosofi Yán Yuán 颜元 e Lí Gōng 李塨. (2)
Wú Jìngzì morì a Yángzhōu 扬州 nel Jiāngsῡ 江苏 l’11 gennaio 1754.
Il brano qui di seguito riportato costituisce l’introduzione alla Storia Ufficiosa del Mondo dei Letterati.
Il modello che vi viene presentato è quello di uno studioso esemplare, alieno da qualsiasi ambizione mondana.
Storia di un letterato esemplare
Gli uomini seguono nella loro vita cammini differenti.
Generali, ministri, saggi ed immortali
cominciano come persone ordinarie.
Le dinastie sorgono e crollano,
i mattini diventano crepuscoli.
I venti che soffiano dal fiume
abbattono i vecchi alberi.
Ricchezze e onori d’un antico regno
svaniscono senza lasciar traccia.
Allora, rinuncia ad inseguirli
rovinando la tua esistenza.
Bevi e divertiti.
Chi può mai sapere
dove la corrente porterà
i petali caduti nell’acqua?
L’idea espressa in questa poesia è un’osservazione di senso comune: nell’esistenza dell’uomo ricchezze ed onori, fama e potenza non sono altro che fenomeni esterni. Gli uomini rischiano la vita per conseguire gloria e potere, ma, quando li ottengono, non ne provano più gusto che se masticassero sego. Eppure, dall’antichità ad oggi, quanti non si son dati da fare proprio per questo risultato?
Dobbiamo tuttavia ricordare che, verso la fine della dinastia Yuān, nacque un uomo veramente rimarchevole. Si chiamava Wáng Mián e abitava il villaggio di Zhῡjì nel Zhèjiāng. Perse il padre all’età di sette anni, ma sua madre si mise a lavorare come cucitrice per consentirgli di andare a scuola. Quando ebbe compiuto dieci anni, la madre lo chiamò e gli disse: ”Figlio mio, non vorrei ostacolare il tuo destino, tuttavia, da quando tuo padre è morto e mi ha lasciata vedova, io non ho più redditi. I tempi sono duri, il cibo e la legna da ardere costano cari. Ho dovuto vendere o dare in pegno i nostri vecchi abiti e quel poco di mobilio che avevamo. Tiriamo avanti con quei pochi soldi che guadagno cucendo, ma non so proprio da dove tirar fuori il denaro necessario per pagarti la scuola. L’unica soluzione che vedo è quella di mandarti a fare il garzone dal nostro vicino per pascolare il suo bufalo. Così avrai il nutrimento gratis e potrai anche guadagnare, ogni mese, qualche soldino. Comincerai domani!”
“Va bene, mamma” le rispose Wáng Mián” Devo confessarti che trovo la scuola un po’noiosa e che preferisco pascolare i bufali. Del resto, se voglio studiare, potrò sempre portarmi dietro qualche libro.”.
Quella stessa sera fu dunque presa la decisione di lasciare la scuola.
Il mattino seguente la madre condusse il figlio dai vicini, la famiglia Qīn. Il vecchio signor Qīn offrì loro la colazione e, quando ebbero finito, tirò fuori dalla stalla il suo bufalo e lo affidò a Wáng Mián.
“A due tiri di freccia di qui” gli disse” c’è uno stagno e, accanto allo stagno, c’è una striscia di prato dove pascolano tutti i bufali del villaggio. Sulla riva dello stagno c’è un filare di grossi salici. Il posto è quieto, ombroso e fresco. Quando il bufalo ha sete può abbeverarsi sul bordo dello stagno.Tu potrai giocare, ma non devi allontanarti. Ti farò avere, due volte al giorno, una razione di riso e di legumi ed ogni mattina ti darò un paio di monetine perché tu possa comprarti qualcosa da sbocconcellare durante il resto della giornata. Ti chiedo solo di lavorare coscienziosamente e spero che sarai soddisfatto delle mie condizioni.“
La madre di Wáng Mián ringraziò il vecchio Qīn e ritornò a casa accompagnata dal figlio. Dopo avergli riassettato i vestiti , lo ammonì a lavorare in modo irreprensibile e gli disse.” Alzati presto e torna solo a sera. Fa’ in modo che io non debba preoccuparmi del tuo comportamento”. (3)
Wáng Mián fece cenno di sì con la testa e sua madre, con le lacrime agli occhi, lo lasciò andare.
Da quel momento in poi, Wáng Mián pascolò di giorno il bufalo del vecchio Qīn, ritornando a casa ogni sera. Ogni volta che i Qīn gli regalavano un pesce salato o un pezzo di carne, li avvolgeva in una foglia di loto e li portava a sua madre. Risparmiava anche le monetine che gli venivano date ogni giorno per comprarsi uno spuntino e, più o meno una volta al mese, si recava alla scuola del villaggio per comprare qualche libro dal venditore ambulante di libri. Ogni giorno, dopo aver portato il bufalo al pascolo, si sedeva all’ombra dei salici e leggeva.
Trascorsero in fretta tre o quattro anni. Wáng Mián continuava a studiare e cominciava a vedere le cose con chiarezza. In un afoso giorno d’estate, stanco per aver condotto il bufalo a pascolare, si stava riposando sull’erba, quando improvvisamente dense nubi cominciarono ad addensarsi e scoppiò ad un tratto un violento acquazzone. Poi i nuvoloni bordati di bianco si aprirono e spuntò il sole, che avvolse tutto lo stagno in una luce vermiglia. Le colline circostanti brillarono di colori diversi: azzurrino, violetto, smeraldo. Gli alberi, appena lavati dalla pioggia, apparivano di un verde più splendente che mai. Nello stagno, gocce cristalline colavano da dozzine di bulbi di loto, mentre piccole perle d’acqua rotolavano sulle foglie.
Guardando lo spettacolo, Wáng Mián pensò:”Gli antichi dicevano che immerso in una bella scena naturale l’uomo si sente lui stesso parte del paesaggio. È proprio vero! Peccato che non ci sia qui nessun pittore pronto a dipingere questi germogli di loto. Come sarebbe bello!” Continuando a riflettere,pensò: “Non c´è nulla che un uomo non possa imparare. Perché non potrei dipingerli io stesso?”.
Proprio in quel momento vide, lontano, un individuo che portava sulle spalle due cestini da picnic e che teneva in mano una bottiglia di vino.
Ad uno dei cestini era attaccato un tappeto. L’uomo stese il tappeto sotto i salici ed aprì i cestini.
Dietro di lui venivano tre uomini, di età tra i quaranta e i cinquant’anni, che indossavano i berretti quadrati tipici dei letterati.
Due di essi erano vestiti con abiti di color grigio scuro, il terzo con una lunga tunica di lino azzurro.
Avanzavano lentamente, facendosi aria con ventagli di carta bianca.
L’uomo con l’abito azzurro era grasso.
Quando arrivarono ai salici, l’uomo con l’abito azzurro pregò uno degli uomini in grigio, che portava una lunga barba, di sedersi al posto d’onore, mentre l’altro, un uomo magro, gli si sedette di fronte. L’uomo con l’abito azzurro, che era evidentemente quello che faceva gli onori di casa, sedette nel posto di minor prestigio e versò il vino, poi cominciarono a mangiare.
Dopo un momento, l’uomo grasso disse: “ Il signor Wéi è ritornato. La sua nuova casa è ancor più grande di quella che possedeva nella capitale sul viale della Torre della Campana. Il prezzo era di duemila tael d’argento (4), ma, siccome l’acquirente era una persona così distinta, il venditore gli ha accordato uno sconto di parecchie dozzine di tael in considerazione della reputazione che avrebbe tratto da un affare così importante.
Il signor Wéi ha preso possesso della sua nuova residenza il dieci dello scorso mese. Il prefetto ed il magistrato della contea gli hanno reso visita per congratularsi con lui e si sono trattenuti a celebrare l’avvenimento fin quasi a mezzanotte.
Il signor Wéi gode del rispetto generale.”
“Il magistrato della contea è stato suo allievo ” osservò l’uomo magro “ Recarsi a rendergli omaggio era il minimo che potesse fare”.
“Anche il mio consuocero, che è attualmente funzionario nel Hénán, è stato allievo del signor Wéi” commentò l’uomo grasso” Avantieri, è venuto a trovarmi mio genero, che mi ha portato in regalo due catties (5) di carne secca di selvaggina. È la carne che stiamo mangiando.Quando tornerà da suo padre, gli chiederà di scrivere per me una lettera di presentazione indirizzata al signor Wéi. A questo punto, se il signor Wéi si degnerà di ricambiare la mia visita di cortesia, gli abitanti del villaggio non oseranno più lasciare che i loro asini ed i loro maiali divorino il grano dei nostri campi ”.
“Il signor Wéi è un letterato importante” aggiunse l’uomo magro.
“Ho sentito dire che, recentemente, quando ha lasciato la capitale”osservò l’uomo con la barba”l’Imperatore lo ha accompagnato fino alle porte della città ed ha fatto con lui quasi venti passi fuori dalle mura, tenendolo per mano. È stato solo quando il signor Wéi si è inchinato ripetutamente e lo ha ringraziato del troppo onore, che l’Imperatore è risalito sul suo palanchino ed è rientrato in città. Se guardiamo a tutto ciò, è probabile che il signor Wéi diventi presto un alto dignitario.”
I tre continuarono a conversare.
Wáng Mián s’accorse che si stava facendo tardi e ricondusse il bufalo nella stalla. Da quel giorno, smise di spendere i suoi risparmi per l’aquisto di libri, ma chiese a qualcuno di comprargli dei colori in città e cominciò a dipingere i fiori di loto. All’inizio non era molto abile, ma in capo a tre mesi riuscì a cogliere perfettamente l’essenza e le sfumature di colore dei fiori di loto. I suoi fiori, sebben dipinti sulla carta, sembravano nascere dall’acqua o essere appena stati colti dal lago e depositati sul rotolo. Quando gli abitanti del villaggio videro come Wáng Mián dipingeva bene, alcuni di essi comprarono addirittura i suoi dipinti. Con i soldi così guadagnati, egli acquistò delle cose che servivano a sua madre. La sua fama di pittore di fiori di loto si diffuse rapidamente per tutta la contea di Zhῡjì e la gente faceva a gara per comprare i suoi lavori. A soli diciotto anni di età, Wáng Mián aveva già smesso di lavorare per il vecchio Qīn e passava tutto il suo tempo a dipingere o a leggere poesie e saggi letterari. A poco a poco non ebbe più bisogno di pensare a come guadagnarsi la vita e sua madre era felice.
Wáng Mián era una mente geniale. Prima ancora di aver raggiunto i vent’anni padroneggiava l’astronomia, la geografia, la storia e la letteratura.
Era tuttavia un carattere eccentrico. Non si dava da fare per ottenere un posto nella pubblica amministrazione e non cercava amicizie. Studiava tutto il giorno nel chiuso della sua camera e, quando vide in una raccolta delle liriche di Qῡ Yuán(6), un‘ immagine di quel poeta, si fece fabbricare un berretto ad alta tesa ed una lunga tunica fluente. Così vestito, nei freschi e fioriti giorni di primavera, portava a spasso sua madre su un carretto trainato da un bufalo, incitando l’animale con la frusta e cantando. Girava per tutta la campagna e intorno allo stagno. Piccoli gruppi di bambini lo seguivano schiamazzando, ma lui non ne aveva cura.
Solo il suo vicino, il vecchio Qīn, che, pur essendo soltanto un contadino, era una persona intelligente e che lo aveva visto crescere, si rendeva conto di avere a che fare con un uomo eccezionale. Il vecchio Qīn apprezzava ed amava Wáng Mián e spesso lo invitava a fare due chiacchiere nella sua capanna dal tetto di paglia.
Un giorno Wáng Mián era ospite del vecchio Qīn, quando un uomo che indossava una lunga tunica blu ed un copricapo da balivo, entrò nella capanna. Il vecchio Qīn lo accolse cortesemente e, dopo il consueto scambio di convenevoli, l’uomo si sedette. Si chiamava Zhái e svolgeva le funzioni di caposervizio e di intendente del magistrato della contea (7), ma siccome era anche il padrino del figlio del vecchio Qīn, veniva spesso nel villaggio a visitare la famiglia di quest’ultimo. Il vecchio Qīn ordinò in fretta al figlio di preparare il tè, di tirare il collo ad una gallina e di far cuocere un po’ di cibo per intrattenere il visitatore e pregò Wáng Mián di far loro compagnia.
Quando Zhái l'intendente sentì il nome, domandò se si trattasse di Wáng, il pittore dei fiori.
“Sì” gli rispose il vecchio Qīn” Come fate a conoscerlo?”.
“C’è qualcuno in questa contea che non ne conosca la fama?” replicò l'intendente.”L’altro giorno, il magistrato della contea mi ha ordinato di procurargli ventiquattro dipinti di fiori da inviare in omaggio al suo superiore. Conoscendo la grande reputazione del signor Wáng, sono corso subito qui ed ora vedo che ho avuto la fortuna di incontrarlo di persona”.
Poi, rivolgendosi a Wáng Mián, gli disse:” Se non vi disturbo, vorrei pregarvi di realizzare qualche dipinto. Ritornerò a prenderli fra due settimane e ve li pagherò per conto del magistrato Shí.
Il vecchio Qīn insistette perché Wáng Mián accettasse la commessa e quest’ultimo, per compiacerlo, accondiscese.
Tornò a casa e, con grande applicazione, dipinse ventiquattro immagini di fiori, ciascuna accompagnata da una lirica.
Zhái l'intendente riferì il suo incontro con Wáng Mián al magistrato, che gli diede ventiquattro tael d’argento per il pagamento del lavoro. Zhái ne tenne per sè dodici, dandone solo dodici al pittore. Prese con sè l’album dei dipinti e lo portò al magistrato, che lo inviò, con altri doni, al signor Wéi.
Quando il signor Wéi ricevette i doni, la sua attenzione fu attratta esclusivamente dall’album con i dipinti di fiori. Li guardava e li riguardava, non riuscendo a staccare gli occhi dall’album, tanta era la sua ammirazione.
Il giorno seguente fece chiamare il magistrato Shí per ringraziarlo di quel magnifico regalo.
Scambiatisi i convenevoli di rito, si sedettero e bevvero alcune coppe di vino.
“Ho ricevuto ieri in regalo da voi un album con dei dipinti di fiori. È opera di un antico maestro o di un pittore contemporaneo?” domandò il signor Wéi. Non osando nascondere la verità, il magistrato rispose: “Lo ha dipinto un contadino che abita in uno dei villaggi della contea che io amministro. È un ragazzo molto giovane, che si chiama Wáng Mián. Credo che abbia cominciato da poco a dipingere e il suo lavoro non merita l’attenzione di Vostra Signoria”.
Il signor Wéi osservò con un sospiro: “Ho lasciato da così gran tempo il mio paese natio che non sapevo neppure che vi fosse nato un pittore così ragguardevole. Mi vergogno della mia ignoranza.. Questo artista dimostra non solo un’abilità tecnica degna di nota, ma anche un’eccezionale comprensione del soggetto, ed in futuro la sua fama ed i suoi successi saranno almeno pari ai miei. Potreste invitarlo a rendermi visita?”.
“Senz’altro.” gli rispose il magistrato Shí ”Manderò subito qualcuno ad invitarlo e sarà certamente più che lieto di presentarsi a voi.”
Dopo essersi congedato dal signor Wéi, il magistrato ritornò nel suo ufficio ed ordinò a Zhái l'intendente di portare a Wáng Mián una lettera di invito redatta in termini molto cortesi.
Zhái corse in fretta al villaggio e, fermatosi a casa del vecchio Qīn, mandò a chiamare Wáng Mián e gli porse l’invito.
Wáng Mián gli disse sorridendo:”Mi dispiace di dovervi pregare di riferire al magistrato che sono soltanto un povero contadino e che non oso accettare il suo invito”.
L'intendente si incupì: “Come osi rifiutare l’invito di un magistrato? “gli domandò” E, per di più, quando sono io che ti ho procurato questo invito. Se non fossi stato io a raccomandarti, come avrebbe fatto Sua Eccellenza a sapere che tu sei un buon pittore? Non puoi rifiutare l’invito, anzi dovresti ricompensarmi per aver fatto tutta questa strada per te. Invece devo accontentarmi di una tazza di tè, mentre tu mi prendi in giro con vani pretesti. Su, dimmi perché non vuoi andare! Pensi davvero che un magistrato non possa mandare a chiamare un cittadino qualunque? Che cosa gli risponderò quando tornerò da lui?”.
“Non è questo il caso, signore”gli rispose Wáng Mián” Se un magistrato mi invia un ordine di comparizione, è chiaro che devo obbedire. Ma, se si tratta di un invito, non sono obbligato ad accettarlo. Non intendo andare. Sua Eccellenza mi scuserà.”
“Che idiozia!” sbottò l'intendente “Se ti notificano un ordine di comparizione, tu ti presenti. Se ti mandano un invito, non ti fai vedere. Non sai davvero qual è il tuo interesse.”
“Caro Wáng” intervenne allora il vecchio Qīn “ Se il magistrato ti manda un invito, vuol dire che è ben disposto verso di te. Che ragione hai di non accettarlo? Dice il proverbio: “I magistrati possono rovinare le famiglie”. Perché andare in cerca di guai?
“ L'intendente non capisce, zio” gli rispose Wáng Mián, ma tu non mi hai mai sentito raccontare la storia dei due antichi saggi che rifiutarono gli inviti dei loro sovrani? Non intendo andare.”(9)
”Mi stai creando un mucchio di difficoltà” disse l'intendente “Che cosa racconterò al magistrato quando tornerò da lui?
“In realtà” osservò il vecchio Qīn sorge un problema per entrambi: per Wáng che non vuole accettare l’invito e per l'intendente che non saprà come giustificare il fallimento della sua missione. Ho un idea. Quando ritornerete all’ufficio del magistrato, intendente, non ditegli che Wáng rifiuta il suo invito, ma riferitegli semplicemente che non può muoversi perché è malato e che si presenterà fra qualche giorno quando starà meglio.”
“Per far questo”obiettò l'intendente” dovrei procurarmi una testimonianza scritta dei vicini di casa".
Discussero abbastanza a lungo, poi il vecchio Qīn preparò la cena per l'intendente e, mentre questi mangiava, disse di nascosto a Wáng di farsi dare un po’ di soldi dalla madre per pagare a Zhái le “spese di missione”. Solo dopo aver ricevuto questa somma, Zhái acconsentì ad andarsene.
Quando il magistrato Shí udì il rapporto del balivo pensò:” Non è verosimile che il tizio fosse malato. È tutta colpa di quel cialtrone di Zhái che deve essersi presentato al villaggio con grande presunzione e deve aver spaventato a morte il povero pittore. Wáng Mián non ha mai avuto a che fare con la pubblica autorità in tutta la sua vita e teme di incontrarmi. Ma il mio superiore mi ha incaricato personalmente di invitarlo e, se io non riesco a farlo venire, il signor Wéi penserà che sono un incapace. Mi conviene recarmi io stesso al villaggio a portargli l’invito. Quando vedrà l’onore che gli faccio, si renderà conto che nessuno vuole complicargli la vita e non avrà più paura di me. Allora lo accompagnerò del mio superiore, che apprezzerà l’abilità con cui avrò risolto il problema.
A questo punto tuttavia, gli venne in mente che i suoi subordinati avrebbero potuto sghignazzare all’idea che un magistrato di contea rendesse visita ad un povero contadino. Eppure il signor Wéi aveva parlato di Wáng Mián con il massimo rispetto, riflettè il magistrato Shí, e, se il signor Wéi parlava con rispetto di una persona, non c’era motivo per cui un magistrato di contea non dovesse averne stima almeno dieci volte tanto.”Se io vado a rendere onore ad un uomo di talento” continuò a pensare” le cronache future dedicheranno almeno un capitolo al mio atto d’omaggio e il mio nome sarà ricordato per secoli. Perché non dovrei andare? Così decise di rendere visita a Wáng Mián.
Il mattino seguente, il magistrato salì sul suo palanchino e, facendosi precedere da soli otto battistrada che indossavano berretti rossi e bianchi, si recò, accompagnato dal suo intendente, direttamente al villaggio. Quando udirono il suono del gong, tutti gli abitanti del villaggio, giovani e vecchi, accorsero a vedere il palanchino.
Il corteo raggiunse un gruppo di modeste abitazioni. La porta della casa di Wáng, non verniciata, era chiusa.Zhái corse a bussare e, dopo un po’di tempo, si affacciò sulla soglia una vecchia, appoggiata ad un bastone.
“Non è casa. ” disse la donna rispondendo alla domanda di Zhái.” Questa mattina all’alba, ha portato il bufalo a bere e non è ancora tornato”.
“Il magistrato in persona è qui per parlare con tuo figlio” sbuffò Zhái “ Come puoi mostrarti così indifferente? Dimmi subito dov’è, che vado a prenderlo.”
“Quel che so è che non è a casa” rispose la vecchia “Dove sia non lo so so proprio.” e rientrò in casa, chiudendo la porta dietro di sé.
Durante la conversazione, il palanchino del magistrato si era avvicinato alla casa. L'intendente si inchinó dinanzi al palanchino e riferì:”Ho chiesto di Wáng Mián e mi è stato detto che non è in casa. Sua Eccellenza potrebbe recarsi alla foresteria del villaggio (10) e riposarsi un po’ mentre io vado a cercarlo.” Poi scortò il palanchino lungo un passaggio che correva dietro la casa di Wáng Mián.
Dietro la casa c’erano alcune strisce di campi coltivati ed un grande stagno, le cui rive erano fittamente coperte di olmi e di gelsi. Al di là dello stagno, altri campi coltivati si stendevano fino all’orizzonte. Poco lontano, a portata di voce, c’era anche una collina, ricca di verdi alberi.
Ai piedi di questa collina , il palanchino del magistrato fu circondato da una piccola mandria di vacche che si ritirava di fronte ad un bufalo.
Correndo avanti, Zhái chiamò:”Piccolo Qīn! Hai visto dove il tuo vicino Wáng è andato ad abbeverare il bufalo?”
“Zio Wang è andato al mercato di Wáng” rispose il ragazzino” a sette lĭ (11) da qui. C’era un suo parente che dava una festa. Questo è il suo bufalo, che io sto riportando a casa per conto suo”.
Quando sentì questo, il magistrato Shí fu colto da un accesso di rabbia e sbottò:”In questo caso non è più necessario restare qui. Ritorniamo alla mia residenza”. Era così seccato, che, in un primo momento, pensò addirittura di ordinare ai suoi assistenti di arrestare Wáng e di punirlo, ma, temendo che il signor Wéi potesse riprovare un gesto così inconsulto, decise di lasciar sbollire la collera e di spiegare al suo superiore che Wáng Mián non meritava gli onori che gli si volevano rendere. Avrebbe sempre avuto modo, più tardi, di punire quell’individuo. Definita questa linea di condotta, lasciò il villaggio.
Wáng Mián non era in effetti andato molto lontano. Ritornò piuttosto presto e dovette subirsi i rimbrotti del vecchio Qīn, che gli disse: “Sei troppo ostinato.Come puoi mostrarti così scortese con il capo del distretto?”
“Siediti, zio” gli rispose Wáng Mián “ e ti spiegherò tutto. Questo magistrato si richiama all’autorità del signor Wéi per opprimere la gente e permettersi ogni sorta di abusi. Non voglio aver nulla a che fare con un uomo di questo tipo. Ora che è ritornato nel suo ufficio, farà certamente rapporto al signor Wéi e, se quest’ultimo si irriterà, cercherà certamente di farmi avere delle noie. Per questo motivo, intendo preparare i miei bagagli, lasciare mia madre e nascondermi per un po’di tempo. L’unica cosa che mi dispiace è dover lasciare sola mia madre.”
La madre gli disse: “Figlio mio, in tutti questi anni, grazie alle poesie che hai scritto e ai quadri che hai dipinto, ho potuto mettere da parte quasi cinquanta tael d’argento, cosicché non devo preoccuparmi né del cibo né della legna da ardere. Sebbene sia vecchia, sono ancora in buona salute. Non vedo perciò alcuna ragione per cui tu non possa andartene di casa e nasconderti per un certo periodo di tempo. Tu non hai commesso alcun crimine e le autorità non potranno certo arrestare me.”
“Tua madre ha ragione” assentì il vecchio Qīn “Inoltre, se tu ti infossi qui nel villaggio, chi potrà mai riconoscere il tuo talento? Va’ in qualche grande città e chissà quali riconoscimenti otterrai. Io mi occuperò dei tuoi interessi qui al villaggio e avrò cura che tua madre non abbia problemi.”
Wáng Mián ringraziò il vecchio Qīn, che tornò a casa a preparare la cena per il suo amico. Fecero festa sino a tarda sera.
Il giorno seguente, Wáng Mián si levò prima dell’alba, preparò i bagagli e fece colazione, poi salutò sua madre e il vecchio Qīn, che era venuto a dirgli addio. Madre e figlio si abbracciarono piangendo. Wáng Mián indossava sandali di canapa ed aveva messo tutte le sue cose, in un sacco che portava sulla schiena. Il vecchio Qīn, tenendo in mano una piccola lanterna bianca, lo accompagnò fino al limite del villaggio e lo salutò tra le lacrime, restando poi, con la lanterna in mano, a guardarlo mentre si allontanava finché non scomparve alla vista.
Incurante del vento e della rugiada mattutina, Wáng Mián camminò giorni e giorni, passando piccole e grandi stazioni di posta, finché non giunse alla città di Jinán. (12) Sebbene situato in una regione settentrionale, il capoluogo dello Shāndōng era una città ricca e popolosa, piena di edifici. Al suo arrivo in città, Wáng Mián aveva speso quasi tutti i soldi di cui disponeva e fu costretto a prendere in affitto una cameretta in un tempio, dove si mise a predire il futuro. Dipingeva anche quadretti di fiori e li esponeva per venderli ai passanti. Ogni giorno leggeva le sorti e vendeva qualcuno dei suoi dipinti. La sua clientela aumentava continuamente. Trascorsero così sei mesi.
Alcuni signori facoltosi che abitavano a Jinán trovarono molto belli i dipinti di Wáng Mián e divennero suoi regolari clienti. Non si recavano però a comprare di persona, ma inviavano al proprio posto rozzi domestici che alzavano la voce, litigavano e non davano tregua al povero pittore. Alla fine, esasperato, egli dipinse la figura di un grosso bue, accompagnata da alcuni versi satirici, e la espose nel suo negozio. Prevedendo che questo gesto gli avrebbe procurato dei guai, si preparò a trasferirsi in un’altra città.
Un mattino, mentre era seduto sulla soglia della sua cameretta, la sua attenzione fu attirata da una folla di uomini e donne che stavano passando per strada. Chi aveva in mano delle padelle, chi portava sulle spalle dei bastoni ai quali erano sospesi dei canestri con dei bambini in tenera età. Venivano avanti a gruppi, con lo sguardo allucinato, mezzi morti di fame, vestiti di stracci. Riempirono in breve tutta la strada e alcuni di essi si sedettero per terra e cominciarono a chiedere l’elemosina.
Wáng Mián domandò loro donde venissero. Risposero che erano originari dei villaggi situati sulle rive del Fiume Giallo. Il fiume era esondato ed aveva inondato i loro campi e le loro case, costringendoli a fuggire. Poiché il governo non aveva fatto nulla per aiutarli, erano costretti a mendicare.
Wáng Mián, turbato da quella vista, osservò sospirando: “ Il fiume ha di nuovo cambiato corso. Ciò è sempre stato il preludio ad un periodo di grande disordine. (13) Perché dovrei rimanere qui?” e, raccolti in fretta i suoi pochi averi, riprese il cammino di casa.
Quando arrivò nel Zhèjiāng, apprese che il signor Wéi era ritornato alla capitale e che il magistrato Shí era stato trasferito in un’altra provincia.Poteva perciò ritornare al paese senza nessuna paura.
Si presentò alla madre e fu lieto di constatare che la donna era in buona salute come prima. Ella gli raccontò che il vecchio Qīn era stato molto premuroso con lei.
Wáng Mián, allora, tirò fuori dai suoi bagagli un intero rotolo di seta ed un pacchetto di kaki essiccati e li diede al vecchio Qīn in segno di riconoscenza.
Il vecchio Qīn organizzò una festa per celebrare il suo ritorno.
Dopo di ciò, Wáng Mián riprese la sua vita di prima: componeva poesie, dipingeva e si prendeva cura di sua madre come un figlio devoto.
Trascorsero sei anni e la madre, ormai debole per l’età molto avanzata, si ammalò. Tutte le cure furono vane.
Un giorno la donna chiamò a sé il figlio e gli disse: “Sto per morire. È da anni che tutti dicono che, siccome tu sei una persona così colta, dovrei consigliarti di andartene dal villaggio e di entrare nella pubblica amministrazione. In effetti, se tu diventassi funzionario, ciò darebbe lustro alla nostra famiglia. Però, i funzionari che io ho conosciuto, sono finiti tutti male e tu sei così orgoglioso che, se qualcosa non girasse per il verso giusto, ti metteresti nei guai. Ascolta, figliolo, i consigli che ti do sul mio letto di morte. Sposati, creati una famiglia e abbi cura della mia tomba, ma rinuncia a diventare funzionario. Promettimelo e morirò in pace.”.
Wáng Mián promise piangendo e la donna spirò. Il figlio prese il lutto e la pianse così amaramente che tutti i vicini ne furono commossi. Il vecchio Qīn lo aiutò a rivestire la madre e a preparare la bara e portò egli stesso terra per la tomba. Wáng Mián tenne il lutto per tre anni.
Un anno dopo il termine del lutto, tutto l’impero cadde nel disordine. Fāng Guózhèn (14) occupò il Zhèjiāng, Zhāng Shìchéng (15) si impadronì di Sῡzhōu e Chén Yǒuliàng (16) si prese il Húguăng. Costoro erano soltanto dei ribelli, ma, contemporaneamente, Zhῡ Yuánzhāng (17), che doveva in seguito diventare il primo imperatore della dinastia Míng, arruolava truppe a Chúyáng, conquistava Nanchino ed assumeva il titolo di principe di Wú. Il suo esercito era degno di un sovrano. Zhῡ sconfisse Fāng Guózhèn ed occupò l’intera provincia del Zhèjiāng, pacificando città e villaggi.
Un dì, verso l’ora di mezzogiorno, Wáng Mián stava ritornando da una visita alla tomba di sua madre quando vide una dozzina di cavalieri entrare nel villaggio. Il capo dello squadrone, indossava l’elmo ed una casacca di seta a fiori. Era di bell’aspetto, la barba era curata, tutto in lui evocava l’immagine di un sovrano. Giunto dinanzi alla casa di Wáng Mián, l’uomo smontò di sella, salutò e chiese:” Potrei sapere dove abita il signor Wáng Mián?”.
“Sono io “rispose Wáng Mián” e questa è la mia modesta dimora”.
“Ne sono lieto” disse il forestiero” perché sono venuto qui espressamente per incontravi, poi ordinò agli altri cavalieri di smontare anch’essi e di attendere davanti alla casa. Gli uomini legarono i loro cavalli ai salici che sorgevano sulla riva dello stagno.
Il forestiero prese per mano Wáng Mián ed entrò con lui nella casa.
Dopo che si furono seduti, Wáng Mián gli domandò:”Potrei conoscere il vostro onorato nome e le ragioni della vostra visita?”.
“Il mio nome è Zhῡ. Quando arruolavo truppe nel Jiāngnán, ero conosciuto come il principe di Chúyáng, ma, ora che ho conquistato Nanchino,mi chiamano il principe di Wú. La campagna militare contro Fāng Guózhèn mi ha condotto qui e ho deciso di venirvi a salutare.”
”Vostra Altezza deve scusarmi” si affrettò a dire Wáng Mián “Sono soltanto un provinciale ignorante e non vi avevo riconosciuto. È davvero un onore troppo grande per un povero contadino come me”.
“Io sono un uomo semplice e rozzo” gli rispose il principe di Wú” ma, ora che ho visto come si comportano i saggi che si ispirano a Confucio, non voglio più di lasciarmi guidare dai soli interessi materiali. Ho sentito parlare di voi mentre mi trovavo ancora nel Jiāngnán ed ora sono venuto a consultarvi. La gente del Zhèjiāng si è ribellata molte volte. Che cosa posso fare per conquistare il loro affetto?”.
”Vostra Altezza è una persona saggia.”gli rispose Wáng Mián” Non è necessario che io vi dica molte cose. Se voi vi dimostrerete buono e giusto, sarete amato da tutti, non solo dagli abitanti del Zhèjiāng. Ma se voi vorrete prenderli con la forza, temo che gli abitanti del Zhèjiāng, per quanto deboli siano, non vorranno sottomettersi. Guardate che cosa è successo a Fāng Guózhèn, che voi avete sconfitto”.
Il principe assentì e si dichiarò d’accordo. Seduti l’uno di fronte all’altro conversarono sino a sera. Gli accompagnatori del principe avevano portato con sé delle razioni di cibo, e Wáng Mián, in cucina, fece cuocere il pane e friggere i porri per il principe, che cenò con lui. Dopo di ciò, il principe lo ringraziò, salì a cavallo e galoppò via.
Quel giorno il vecchio Qīn si era recato nel capoluogo della contea. Al ritorno, domandò a Wáng Mián chi gli avesse reso visita quel giorno, ma Wáng Mián invece di rispondergli che era stato il principe di Wú, rispose semplicemente: “Era un ufficiale dell’esercito, che ho conosciuto quando mi trovavo nello Shāndōng”.
In un paio d’anni, il principe di Wú pacificò il paese e stabilì la propria capitale a Nanchino, riunificando di nuovo tutto l’impero.La sua dinastia fu chiamata Míng e l’era del suo regno Hóngwǔ. (18) I contadini poterono tornare a vivere in pace e a godere i frutti del loro lavoro.Nel quarto anno di regno del nuovo imperatore, il vecchio Qīn si recò un’altra volta nel capoluogo della contea e, al suo ritorno disse a Wáng Mián:”Il signor Wéi è caduto in disgrazia ed è stato mandato in esilio a Hézhōu. Ti ho portato una copia del bollettino ufficiale che riferisce la notizia.”(19)
”Wáng Mián lesse il bollettino e scoprì che, dopo essersi sottomesso al nuovo imperatore, il signor Wéi aveva continuato a far mostra di stupida presunzione, dichiarando di essere uno dei più vecchi e fidati collaboratori del sovrano, finché l’imperatore, irritato, lo aveva esiliato a Hézhōu incaricandolo di vegliare sulla tomba di Yú Què. (20) A questo decreto faceva seguito la modifica delle regole attinenti alla Commissione d’Esami per l’accesso alla funzione pubblica. Gli esami avrebbero avuto luogo ogni tre anni e sarebbero consistiti unicamente nella redazione di un saggio sui dialoghi di Confucio. (21)
Rivolgendosi al vecchio Qīn, Wáng Mián osservò:” Non è un buon provvedimento. In futuro, i candidati ai pubblici esami, vedendo che è così facile accedere ad un posto importante, non si cureranno più di formarsi una vera cultura né di comportarsi bene.”
Nel frattempo, era calata la sera. Si era all’inizio dell’estate e si stava facendo caldo.
Il vecchio Qīn sistemò un tavolino e bevvero insieme qualche coppa di vino. Presto, dall’Oriente, si levò la luna e la sua luce era così limpida che tutti gli oggetti sembravano di cristallo.Gli uccelli acquatici si erano ritirati nei loro nidi e tutto era silenzioso. Tenendo la coppa di vino nella mano sinistra, Wáng Mián indicò con la destra il cielo stellato e disse: “Guarda! Guàn Suǒ ha invaso il settore dei Letterati (22). Brutti tempi in prospettiva per i letterati di quest’epoca.”
Mentre parlava, cominciò inaspettatamente a soffiare il vento, scuotendo gli alberi ed allarmando gli uccelli acquatici, che si alzarono in volo con alte strida.
Wáng Mián e il vecchio Qīn, spaventati, si coprirono il volto con le maniche dei loro abiti. Poco dopo, tuttavia, il vento smise di soffiare e quando i due si guardarono di nuovo intorno videro in cielo centinaia di piccole stelle, tutte sul lato sud-est dell’orizzonte.
“Il Cielo ha avuto pietà dei letterati” commentò Wáng Mián “Qelle stelle sono state mandate per conservare la tradizione letteraria, ma noi non vivremo abbastanza per vedere tale risorgimento.”
Poi i due sparecchiarono e andarono a letto.
Qualche tempo dopo, si sparse la voce che il governo aveva ordinato alle autorità del Zhèjiāng di offrire a Wáng Mián un incarico pubblico. Egli, dapprima, finse di non aver sentito, ma, quando la voce a poco a poco si fece sempre più insistente, preparò di nascosto i bagagli e, una notte, senza dir nulla al vecchio Qīn, se la svignò dirigendosi verso i monti Kuàijī.(23)
Sei mesi dopo, si presentò in effetti a casa di Wáng Mián un messo, latore di un decreto imperiale, accompagnato da servitori che recavano tessuti di seta e di broccato.
Videro nei pressi della casa, un vecchio ottantenne, bianco di barba e di capelli, appoggiato ad un bastone.
Il messo lo salutò e il vecchio Qīn lo invitò ad entrare in casa sua.
Quando si furono seduti, l’inviato domandò al vecchio Qīn se era in quel villaggio che abitava Wáng Mián. “Sua Maestà lo ha nominato Sovrintendente agli Archivi (24) ed io sono stato incaricato di portargli il decreto di nomina”.
“Abitava in questo villaggio” confermò il vecchio Qīn “ma è andato via da lungo tempo.”
Dopo aver servito il tè, il vecchio Qīn accompagnò il messo fino alla casa di Wáng Mián e spinse la porta. Le stanze erano piene di ragnatele, il cortile era ricoperto di erbacce: tutto mostrava che era vero che il proprietario della casa l’aveva abbandonata da molto tempo. Il messo espresse il suo disappunto e tornò indietro a fare rapporto all’imperatore.
Wáng Mián visse da eremita sui monti Kuàijī senza mai svelare il suo vero nome. Quando, più tardi, si ammalò e morì, i vicini fecero una colletta per il suo funerale e lo seppellirono alle pendici dei monti Kuàjī. Lo stesso anno il vecchio Qīn morì di vecchiaia in casa sua.
È curioso che oggi scrittori e letterati si riferiscano a Wáng Mián attribuendogli il titolo di Sovrintendente agli Archivi, anche se egli non fu mai funzionario, nemmeno per un giorno, come io ho ben precisato.
Quanto sopra raccontato ha il solo scopo di fungere da introduzione alla storia che sto per narrare.
NOTE
1) Il termine “rúlín” 儒林, letteralmente “bosco dei letterati”, è una metafora in uso per indicare il mondo degli studiosi confuciani. Il termine 林 (“bosco”) compare anche in altre metafore, ad es in “hànlín” 翰林, letteralmente ”foresta dei pennelli”, che designa l’accademia fondata nell’8° secolo d.C. dall’imperatore Xuanzōng, e in "yŭlín" 羽 林 , vale a dire "foresta delle piume", nome dato ad un reggimento della Guardia imperiale a cavallo creato dall'imperatore Wŭ Dì 武 帝 nel 1° secolo a.C..
2) I filosofi Yán Yuán 颜元 (1635-1704) e Lí Gōng 李塨 (1659-1733) si ispirarono, nel loro insegnamento , alle dottrine confuciane.
3) L’ammonimento della madre di Wáng Mían ricorda ciò che, secondo Confucio, è un obbligo imposto dalla pietà filiale:” A Mèng Wŭ Bò che gli domandava in che cosa consistesse la pietà filiale, il Maestro rispose: “ Nel fare in modo che i tuoi genitori non abbiano da preoccuparsi d’altro che della tua salute ”.(Dialoghi II.6)
4) Il “tael” era un’unità di misura cinese corrispondente pressappoco al peso di 37 grammi d’argento. Al corso attuale dell’argento,un “tael” varrebbe quindi circa 23 euro, ciò che darebbe per 2,000 “tael” un valore di 46.000 euro. Una reale comparazione dei prezzi dovrebbe tuttavia tener conto di molti altri fattori, ad es. del costo della vita all’epoca della dinastia Yuán.
5) Un “catty”, in mandarino “jìn” 斤, è un unità di misura del peso che corrisponde a circa 600 grammi.
6) Qú Yuán 屈原 (ca. 340 a.C.-278 a.C.) fu un celebre poeta, autore di una raccolta di liriche nota come i “Canti di Chǔ” ( 楚辭 “chǔcì”).
7) Il termine 頭役 (“tóuyì”) designa il capo degli addetti all’ufficio di un magistrato, quindi il “capoguardia” o “caposervizio”.
Il termine 買辦 (“măibàn”), tradotto nelle lingue occidentali con il termine”comprador”, di origine portoghese, designava, all’epoca della dinastia Qīng, quando gli Europei cominciarono ad avere i primi contatti con i Cinesi, coloro che fungevano da intermediari tra i produttori cinesi ed i commercianti europei. In epoca anteriore, sotto la dinastia Míng, questo termine designava invece i fornitori della pubblica amministrazione o coloro che effettuavano acquisti per conto delle pubbliche autorità. Ho quindi pensato di poterlo tradurre, in modo più o meno esatto, con il termine “intendente”, che ho poi usato ogni volta che il racconto si riferisce al personaggio di Zhái.
8) Troviamo qui la nozione d’ artista tipica del pensiero cinese: l’artista è colui che sa coniugare un’eccezionale capacità tecnica con una profonda visione filosofica. Chi possiede soltanto una perfetta maestria tecnica non sarà mai qualcosa di più di un pur abilissimo artigiano. Soltanto il gentiluomo letterato, cioè colui che, grazie alla sua formazione culturale ed umana, ha raggiunto una profonda e completa armonia spirituale e fisica con la natura, saprà invece cogliere “l’impronta dello spirito nel ritmo delle cose”.
9) I due esempi storici a cui allude Wáng Mián sono probabilmente i seguenti:
L’eremita Xŭ Yóu 許 由 avrebbe, secondo la leggenda, rifiutato l’offerta del trono imperiale fattagli dall’imperatore Yáo e si sarebbe nascosto sul monte Jīshan 箕 山. Quando, più tardi, lo stesso Yáo gli propose di diventare governatore di Jŭzhōu 九 洲, si lavò le orecchie con l’acqua del fiume Yĭng 潁 川, ritenendole insozzate da ciò che aveva sentito. Fu perciò chiamato “l’eremita del fiume Yĭng”( 潁 水 隱 士 ”yĭng shuĭ yĭn shì”).
Wù Guāng 務 光 visse negli ultimi anni della dinastia Xià 夏 朝 . Ritiratosi in un eremo suonava il qín 琴 e si nutriva di erbe. Lontano da qualsiasi preoccupazione mondana, si rifiutò di partecipare alla rivolta condotta da Chéng Tāng 成 汤 contro Jié 桀, l’ultimo sovrano dei Xià, che regnò, secondo la tradizione, dal 1728 a.C. al 1675 a.C. Dopo aver vinto e ucciso Jié, Tāng offrì a Wù Guāng il trono imperiale, ma quest’ultimo respinse l'offerta e, seguendo l’antico esempio di Hú Bùxié, si suicidò per non cedere all’ambizione.
10) Il termine 公館 ”gōng guǎn”,letteralmente “residenza delle autorità” o “palazzo pubblico” designava gli edifici che, nelle città o nei villaggi, erano destinati ad ospitare gli alti funzionari durante i loro viaggi o trasferimenti. L’ho tradotto con “foresteria”
11) Il termine “lĭ” 里 indicava un’unità di misura della lunghezza pari a un po’ più di 500 metri.
12) Jìnán 济南 è il capoluogo della provincia dello Shāndōng 山东.
13) I Cinesi vedevano le grandi calamità naturali ( terremoti, inondazioni, carestie) o sociali ( guerre civili, insurrezioni e ribellioni, invasioni di barbari) come un segno che la dinastia regnante stava per perdere il "mandato del Cielo" ( 天命 "tiān mìng), cioè il favore degli dei, che le aveva consentito di governare sino a quel momento. Questa credenza non mancava di una sua logica: i disastri naturali, le invasioni e le ribellioni mostravano infatti che il governo non era più in grado di amministrare correttamente il territorio né di difendere in modo efficace i confini e l'ordine sociale dell'Impero.
14) Fāng Guózhèn 方国珍 (1319-1374) si ribellò alla dinastia Yuán 元朝 nel 1348 e si impadronì del Zhèjiāng 浙江. Dopo alterne vicende, si sottomise a Zhῡ Yuánzhāng 朱元璋, il fondatore della dinastia Míng 明朝, da cui ricevette titoli ed incarichi.
15) Zhāng Shìchéng 张士诚 (1321-1367) si ribellò alla dinastia Yuán 元朝 nel 1353 e , l’anno seguente, si fece proclamare re, intenzionato a fondare una nuova dinastia. Dopo numerosi scontri con Zhῡ Yuánzhāng fu sconfitto, preso prigioniero e condotto a Nanchino, dove si impiccò.
16) Chén Yǒuliàng 陈友谅 (1320-1363) si ribellò alla dinastia Yuán 元朝 e conquistò nel 1357 le provincie del Jiāngxī 江西, dell’Ānhuī 安徽 e del Fùjiàn 福建 . Nel 1359 si proclamò re di Hàn 漢 e, l’anno seguente, assunse il titolo di Imperatore del Grande Hàn 大漢. Dopo essere stato sconfitto più volte da Zhῡ Yuánzhāng, morì, colpito da una freccia, nella battaglia del Lago Póyáng 鄱阳湖.
17) Zhῡ Yuánzhāng 朱元璋, il fondatore della dinastia Míng 明朝, assunse il potere nel 1368, dopo un lungo periodo di guerre e di disordini, e regnò sino al 1398.
18) Zhῡ Yuánzhāng designò il suo regno come l’era Hóngwǔ 洪武, letteralmente “era grande e belicosa”o “era del grande guerriero”. Intendeva probabilmente riferirsi al periodo anteriore alla sua ascesa al trono, giacché gli anni in cui fu al governo del paese costituirono per l’Impero un periodo di pace e di tranquillità.
19) Il termine “dĭchăo” 邸抄 era una variante di “dĭbào” 邸报, letteralmente “rapporti dalle residenze ufficiali”, termine che designava una pubblicazione a stampa con cui l’autorità imperiale diffondeva le notizie relative ai provvedimenti adottati dal governo. Si trattava di una sorta di “bollettino imperiale” o di “gazzetta ufficiale”, che veniva liberamente venduta e che può essere considerata come il primo tipo di giornale diffuso in Cina.
20) Yú Què 餘闕, celebre studioso, fu governatore della provincia di Jiānghuái 江淮 negli ultimi anni della dinastia Yuán 元朝. Assediato da Chén Yǒuliàng 陈友谅 nella città di Ānqìng 安慶, si suicidò quando i ribelli conquistarono la piazzaforte. L’incarico di curare la sua tomba è evidentemente menzionato come una delle funzioni insignificanti di cui si doveva accontentare chi era trasferito per punizione in una citta di provincia come Hézhōu 贺州.
21) Secondo la riforma qui menzionata, il programma degli esami imperiali, che si svolgevano ogni tre anni, comprendeva le seguenti materie:
- i Cinque Classici 五經 (“wῡjīng”), cioè: il Libro dei Mutamenti, il Libro delle Odi, il Libro dei Documenti, il Libro dei Riti, gli Annali delle Primavere e degli Autunni
e
- i Quattro Libri 四書 (“sìshῡ”), cioè: il Grande Studio, il Giusto Mezzo, i Dialoghi di Confucio, il Mencio,
la cui conoscenza doveva essere provata dai candidati mediante la composizione di un saggio suddiviso in otto parti八股文 (“bāgǔwén”).
Wáng Mián temeva evidentemente che questa limitazione delle materie di studio rendesse troppo facili gli esami e svilisse quindi la categoria dei letterati-funzionari.
22) Gli antichi astronomi cinesi chiamavano “guànsuǒ” 貫索 una costellazione di nove stelle visibile nell’emisfero settentrionale e corrispondente a una parte della costellazione chiamata dagli astronomi occidentali “Corona Borealis”( dalla Pi Coronae Borealis alla Rho Coronae Borealis). A causa della sua forma, essi la collegavano all’idea di “prigione”.
Era invece chiamata “wénchāng” 文昌 una costellazione di sei stelle, anch’essa visibile nell’emisfero settentrionale in prossimità dell’Orsa Maggiore, che, per tradizione, simboleggiava la letteratura.
Quando le due costellazioni apparivano vicine l'una all’altra, la giustapposizione dei due concetti di “carcere” e di “letteratura” lasciava presagire tempi duri per i letterati.
23) I Monti Kuáijī 會稽山 sono una catena montagnosa lunga circa un centinaio di chilometri, situata nella provincia del Zhèjiāng 浙江.
24) Il termine 參軍 “cānjῡn”, letteralmente “arruolato nell’esercito”, che designava in origine un funzionario con incarichi militari, assunse col tempo un carattere generico e si applicò anche a persone che svolgevano altri compiti