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Capitolo 13
Lĭ Jué e Guō Sì si affrontano in una grande battaglia
Yáng Fèng e Dŏng Chéng cooperano per salvare l’imperatore
I. Lǚ Bù , sonoramente sconfitto da Cáo Cāo a Dìngtáo, raccolse sulla costa i resti del suo esercito
battuto.
I suoi generali si riunirono e volevano di nuovo affrontare Cáo Cāo in una battaglia decisiva, ma Chén Gōng osservò: “L’esercito di Cāo è molto forte e non ha senso affrontarlo ancora in questo momento. Cerchiamo prima un posto dove rifugiarci. In seguito, ci sarà sempre tempo per tornare a combattere”.
Bù propose: “Che ne direste se ci mettessimo di nuovo con Yuán Shào ?”.
Gōng gli rispose: “ Sarebbe meglio inviare prima qualcuno a Jĭzhōu per vedere come stanno le cose. Poi
potremo andarci”.
Bù si dichiarò d’accordo.
II. A Jìzhōu Yuán Shào aveva sentito che Cáo Cāo e Lǚ Bù erano in posizione di stallo.
Il suo consigliere Shĕn Pèi andò a trovarlo e gli disse: “ Lǚ Bù è uno sciacallo. Se mai riuscisse ad
occupare Yănzhōu , siate certo che in seguito cercherebbe di conquistare Jìzhōu . L’unico modo
per stare tranquilli sarebbe di aiutare Cáo Cāo a liquidarlo”.
Shào allora inviò Yán Liáng con 50.000 uomini in aiuto a Cāo .
Quando le spie di Lǚ Bù vennero a sapere questa notizia, tornarono indietro di corsa per riferirla al loro capo, che ne fu demoralizzato e chiese consiglio a Chén Gōng. Questi gli disse: “Ho saputo che Liú Xuándé ha
recentemente preso il controllo di Xúzhōu. Proviamo con lui”.
Bù seguì il suo consiglio e si diresse verso Xúzhōu.
III. I movimenti di Bù furono riferiti a Liú Xuándé, il quale disse: “Lǚ Bù è un bravo soldato. Potremmo accoglierlo”, ma Mí Zhú si oppose: “Lǚ Bù è feroce come una tigre,. Non possiamo accoglierlo. Se lo facessimo, ne ricaveremmo solo danno per la nostra gente”.
Xuándé replicò: “ Tempo fa, se Lǚ Bù non avesse attaccato Yănzhōu , come avremmo fatto per evitare la rovina di questo distretto?” Ora si è indebolito e cerca rifugio presso di noi. Non vedo quali secondi fini potrebbe avere.”
“Fratello” gli disse Zhāng Fēi “Tu sei troppo generoso. Ci conviene comunque stare attenti.”
IV. Xuándé, accompagnato dai suoi collaboratori, uscì dalla città ed avanzò una quindicina di chilometri per
andare incontro a Lǚ Bù .
Cavalcando fianco a fianco i due entrarono in città.
Xuándé accompagnò Lǚ Bù nei propri uffici e, dopo aver scambiato con lui i convenevoli d’uso, lo invitò a
sedersi.
Bù gli raccontò: “ Dopo aver organizzato con il ministro Wáng la liquidazione di Dōng Zhúó, incappai in una ribellione guidata da Lĭ Jué e Guō Sì e fui costretto a fuggire nel Guāndōng. Diversi capi locali combattevano fra di loro. Recentemente, quello spietato brigante che è Cāo ha attaccato Xúzhōu e noi due abbiamo aiutato Táo Qiān. Attaccando Yănzhōu, io ho obbligato Cāo a dividere le sue forze, ma, inaspettatamente, sono
caduto in un tranello da vigliacchi ed ho subito una grave sconfitta. Adesso sono pronto ad offrirti i miei servizi ed insieme potremo fare grandi cose. Che cosa ne pensi?”.
Xuándé gli rispose: “ Poco tempo fa, quand’è morto il governatore Táo Qiān, non c’era nessuno che potesse occuparsi di Xúzhōu . Per questo mi hanno convinto ad assumere provvisoriamente il governo della città. È una fortuna che ora sii arrivato tu. Così io, ora, potrò ritirarmi”.
Nel dir questo, fece per consegnare a Lǚ Bù la tavoletta ed il sigillo.
Lǚ Bù stava per prenderli, quando vide che Guān e Zhāng, ritti alle spalle di Xuándé, lo guardavano con fiero cipiglio. Allora abbozzò un sorriso e si schermì: “Non basta essere un bravo soldato per svolgere con competenza le funzioni di governatore”.
Mentre Xuándé reiterava la proposta, intervenne Chén Gōng: “ Un ospite non deve mai cercare di prendere il posto del padrone di casa” ed invitò il governatore a non insistere.
Solo allora Xuándé lasciò perdere. Poi organizzò un banchetto in onore dell’ospite e gli mise a disposizione una casa dove alloggiare.
V. Il giorno successivo, Lǚ Bù restituì l’invito.
Xuándé si presentò accompagnato da Guān e Zhāng. Dopo aver bevuto alcuni bicchieri, Lǚ Bù invitò Xuándé a passare negli appartamenti privati. Guān e Zhāng li seguirono. Lǚ Bù mandò a dire a moglie e figlie di venire a salutare Xuándé, ma questi continuava a ripetergli che non era necessario.
Allora Bù gli disse: “Mio caro, non devi essere così modesto”.(1)
Nel sentir ciò, Zhāng Fēi gli lanciò uno sguardo feroce ed osservò ad alta voce: “Il mio fratello maggiore, il signor Xuándé, ha sangue reale nelle vene.Con quale sfrontatezza osate chiamarlo “mio caro”? Chi credete di essere? Venite fuori. Vi sfido ad un duello all’ultimo sangue”.
Xuándé gli ordinò subito di tacere, mentre Guān gli consigliava di allontanarsi. Xuándé si scusò con Lǚ Bù dicendogli: “ Il mio giovane collega ha parlato così perché aveva un po’ bevuto. Il mio onorato amico non deve offendersi.” Bù rimase in silenzio.
Subito dopo, gli ospiti si congedarono e Bù riaccompagnò Xuándé alla porta. In quel momento, Zhāng Fēi passò a cavallo dinanzi alla casa urlando: “Lǚ Bù , ti sfido ad un duello senza quartiere”. Xuándé invitò Guān
a farlo stare zitto.
VI. Il giorno seguente, Lǚ Bù andò a trovare Xuándé e gli disse: “ Anche se tu mio hai accolto benevolmente, temo che ci sia un’assoluta incompatibilità fra me ed i tuoi collaboratori. Devo andarmene altrove.”
Xuándé obiettò: “ Se tu te ne vai, me ne farò una colpa. Se il mio aiutante ti ha offeso, lo costringerò a scusarsi. Qui vicino c’è un villaggio chiamato Xiăopèi dove, in passato, ho fatto stazionare le mie truppe. Non è una gran cosa, ma, per il momento, puoi alloggiarci i tuoi soldati. Dovresti trovarci viveri ed infrastrutture sufficienti ai tuoi bisogni”.
Lǚ Bù ringraziò Xuándé e condusse personalmente le sue truppe nelle caserme di Xiăopèi.
Non è necessario precisare che Xuándé manifestò personalmente a Zhāng Fēi il proprio malcontento per il suo modo di comportarsi.
VII. Cáo Cāo , che nel frattempo aveva pacificato lo Shāndōng, chiese all’imperatore di conferirgli il titolo di Generale Restauratore dell’Ordine e di nominarlo marchese di Fèi.
In quel periodo, Lĭ Jué si era nominato Gran Maresciallo e Guō Sì si era nominato Comandante in capo
dell’Esercito.
I due spadroneggiavano alla Corte, senza che nessuno avesse il coraggio di dire qualcosa.
Il Gran Comandante Yáng Biāo ed il Ministro delle Finanze Zhū Jùn fecero segretamente rapporto all’imperatore dicendogli: “Cáo Cāo comanda attualmente un esercito di oltre 200.000 uomini e dispone di numerosi validi consiglieri ed ottimi generali. Se lo persuadessimo ad aiutare Vostra Maestà, potremmo liberarci di questa banda di traditori per il bene dell’Impero.”
L’imperatore rispose loro, piangendo: “È da molto tempo ormai che questi due farabutti mi maltrattano e mi umiliano. Se riuscissimo a liquidarli, sarebbe veramente una grande fortuna.”.
Allora Biāo disse: “Ho un piano. In primo luogo, dovremmo aizzare i due banditi l’uno contro l’altro.Dopo, potremmo invitare Cáo Cāo ad intervenire e ad eliminarli tutti e due. In questo modo ci libereremmo di questa banda di delinquenti e ristabiliremmo pace e sicurezza alla Corte”.
“Come si potrà realizzare questo piano?” domandò l’imperatore.
Biāo rispose: “ Ho sentito dire che la moglie di Guō Sì è molto gelosa. Si può fare in modo che arrivino alle sue orecchie dei pettegolezzi su una relazione segreta di suo marito con la moglie di Lĭ. Questo basterà a mettere i due farabutti l’uno contro l’altro”.
VIII. L’imperatore autorizzò segretamente Yáng Biāo a porre in atto il suo piano.
Allora Biāo inviò sua moglie a rendere visita con un pretesto alla moglie di Guō Sì incaricandola di approfittare dell’occasione per riferire alla moglie di Guō che correvano voci di una tresca tra suo marito e la moglie del Gran Maresciallo Lĭ e che si diceva che i due avessero rapporti intimi. La moglie di Biāo avrebbe dovuto consigliare alla moglie di Guō di indurre il marito a chiudere questa relazione, perché, se il Gran Maresciallo ne fosse venuto a conoscenza, sarebbe successo un disastro.
La moglie di Guō fu scossa dall’inaspettata rivelazione. “Ora capisco” mormorò” perché stava fuori tutte le
notti. Ecco i begli impegni che gli impedivano di tornare a casa. Se non me l’aveste detto, non sarei mai venuta a saperlo. Lo farò smettere, sì che lo farò smettere.”
Quando la moglie di Biāo si accomiatò, la moglie di Guō l’accompagnò fino alla porta, continuando a ringraziarla.
IX. Qualche giorno dopo, mentre Guō Sì stava di nuovo preparando ad uscire per recarsi ad un ricevimento offerto da Lĭ, sua moglie gli disse: “Se fossi in te, io non mi fiderei di Jué. Come si può pensare che sia disposto a dividere con te il potere supremo. Che cosa potrei fare per te, se ti versasse del veleno nel vino?”.
Guō non voleva darle retta, ma la moglie insistette talmente che lo constrinse a rimanere a casa.
Jué inviò allora a casa di Guō alcuni dei piatti prelibati che erano stati preparati per il banchetto affinché li
potesse gustare anche lui, ma la moglie di Guō prima di farli portare in tavola ci versò sopra del veleno.
Mentre Guō Sì accingeva a mangiare, la moglie gli disse: “Questo cibo viene di fuori. Come puoi essere così imprudente da mangiarlo senza il minimo sospetto?”
Prese un boccone e lo gettò al cane. Il cane morì immediatamente e da quel momento Sì cominciò a sospettare di Juè.
X. Un giorno, terminate le udienze del mattino, Lĭ Jué invitò insistentemente Guō Sì a bere un bicchierino a casa sua. Verso sera, mentre Guō , un po’brillo, tornava a casa, fu colpito da un improvviso mal di pancia. “Sei certamente stato avvelenato” gli disse la moglie e gli somministrò subito un emetico.
Guō fu preso da una gran rabbia e cominciò a pensare: “ Lĭ Jué ed io abbiamo fatto insieme grandi cose, ma ora ecco che, senza alcun motivo, si è messo a complottare contro di me. Se non mi muovo io per primo, finirà per uccidermi”.
Radunò perciò le sue truppe per attaccare Lĭ, il quale ne fu prontamente informato e si infuriò molto anche lui. “Come può Guō Āduō farmi questo?” si disse ed ordinò ai suoi soldati di andare ad uccidere Guō.
Le due armate contavano sommate parecchie decine di migliaia di uomini che si affrontarono in una battaglia di strada tra le mura di Cháng’Ān ed approfittarono degli scontri per saccheggiare le case dei cittadini.
XI. Il nipote di Jué, Lĭ Xiān, circondò con un distaccamento di soldati il palazzo imperiale e costrinse l’imperatore e l’imperatrice a salire su due carrozze che furono portate via sotto la scorta di Jiă Xŭ e di Zuŏ
Líng. Cortigiani e domestici furono costretti a seguirli a piedi.
Proprio mentre uscivano da una delle porte posteriori del palazzo, si imbatterono nei soldati di Guō, che li
bersagliarono con una scarica di frecce, uccidendo numerosi cortigiani.
A quel punto, Lĭ Jué lanciò i suoi uomini all’attacco, costringendo le truppe di Guō a retrocedere.
Nonostante le proteste dei passeggeri, le carrozze furono fatte uscire dalla città ed il gruppo fu condotto
all’accampamento di Lĭ Jué .
Le truppe di Guō occuparono il palazzo abbandonato e lo saccheggiarono. Le dame di corte e le domestiche furono trascinate via dalla soldataglia e gli edifici furono incendiati.
Il giorno seguente, quando Guō Sì apprese che Lĭ Jué aveva portato via l’imperatore, guidò le sue truppe
all’attacco dell’accampamento dell’avversario. L’imperatore e l’imperatrice ne furono terrorizzati.
Più tardi fu scritto in proposito il seguente poema:
XII.” Guāngwŭ ristabilì l’Impero e fece prosperare la Casa degli Hàn.
Dodici imperatori l’avevano preceduto e dodici lo seguirono.
Huán e Líng si dimostrarono incapaci, il Paese cadde in rovina.
Eunuchi e ministri si accaparrarono il potere, come i Shū e i Jì. (2)
Un uomo mediocre come Hé Jì occupò da solo tutti i ministeri.
Volendo cacciare i furfanti finì per chiedere aiuto a un traditore.
Sciacalli e lontre dovettero cedere il loro posto a lupi e tigri.
Ed ecco, un ribelle di Xīzhōu fu all’origine di una vera catastrofe.
Wáng Yún, fedele al sovrano, fece affidamento su di una donna
per suscitare dissidio e inimicizia mortale tra Dŏng Zhúó e Lǚ Bù.
Eliminato il tiranno, la pace e la sicurezza tornarono nell’Impero.
Chi avrebbe mai detto che Lĭ e Guō avrebbero finito per odiarsi?
Come lottarono per strapparsi l’un l’altro le rovine del Paese!
La fame ed il terrore dei combattimenti giunsero fino al Palazzo.
Il popolo non amava più colui che esercitava il Mandato del Cielo
ed i capi militari si spartirono il paese con la forza delle armi.
I futuri sovrani dovrebbero trarre insegnamento da questi fatti
e guardarsi bene dal lasciare la Nazione senza alcun governo.
I cittadini oppressi e massacrati, odio e sangue nelle campagne.
Se noi leggiamo i libri di storia, un’enorme tristezza ci invade.
Dall’antichità sino ad oggi vediamo soltanto amarezza e dolore.
Un sovrano dovrebbe sempre tenere presente questa massima:
“In ogni circostanza, chi impugna la spada è colui che comanda“.
XIII. Guō Sì avanzò con i suoi uomini verso l’accampamento di Lĭ Jué e questi uscì in campo per affrontarlo. I soldati di Guō ebbero la peggio ed effettuarono una ritirata strategica. Jué ne approfittò per trasferire l’imperatore e l’imperatrice al Forte Méi, sotto la sorveglianza di suo nipote Lĭ Xiān, ed interruppe i contatti con la messaggeria imperiale in modo che il sovrano non fosse più informato di ciò che succedeva.
I rifornimenti di cibo e di acqua erano sporadici e tutti i cortigiani cominciarono a soffrire di malnutrizione.
L’imperatore inviò uno dei suoi assistenti da Jué a pregarlo di fornirgli un quintale di riso e cinque tagli di manzo per poter nutrire il suo seguito. Jué si irritò e gli fece rispondere: “Vi do da mangiare tutti i giorni. Che cosa volete ancora?” e, da quel giorno, fece avere all’imperatore carne marcia e riso ammuffito.
Il cibo puzzava ed era immangiabile. L’imperatore maledisse Jué, dicendo: “Come ha il coraggio, questo cialtrone di trattarmi così?”, ma il suo consigliere Yáng Biāo si affrettò a consigliargli prudenza: “Jué è violento per natura. La situazione è quella che è e Vostra Maestà deve rassegnarsi a sopportare i suoi affronti, visto che non è possibile far altro”. L’imperatore abbassò la testa e tacque, asciugandosi le lacrime con le maniche della tunica”.
XIV. Improvvisamente, un cortigiano si presentò a riferire: “Un esercito si sta avvicinando. Si vedono brillare al sole le lance e le spade dei soldati ed il rullo dei loro tamburi fa tremare il cielo. Stanno venendo in nostro soccorso.”
L’imperatore diede subito ordine di informarsi su chi fossero, ma si venne a sapere che erano i soldati di Guō Sì . Il sovrano ne fu deluso e non gli diede nessun conforto sentire al di là delle mura del forte un grande strepito di suoni e di urla.
Lĭ Jué condusse i suoi soldati fuori del forte ad affrontare Guō Sì . Puntandogli contro il frustino, gli urlò: “Ti ho sempre trattato bene. Perché hai complottato contro di me?”.
Guō gli rispose: “Tu sei un traditore ed io ho il dovere di ucciderti.”
“Sono stato costretto a portar qui l’imperatore per garantirne l’incolumità.” replicò Jue “Come fai a chiamarmi
traditore?”.
“In realtà, tu tieni prigioniero l’imperatore.” ribatté Sì “ Ci vuole proprio una bella faccia di bronzo per sostenere, come fai tu, che lo stai proteggendo.”
“È inutile continuare a discutere.”tagliò corto Jué” Affrontiamoci in duello, senza far muovere le nostre truppe. Combattiamo noi due soli, finché uno dei due non vinca. Al vincitore spetterà definitivamente la custodia dell’imperatore”.
I due si affrontarono in duello di fronte ai rispettivi schieramenti, ma, dopo una decina d’assalti, nessuno dei
contendenti aveva ancora preso il sopravvento.
D’un tratto, sopraggiunse al galoppo Yáng Biāo urlando: “Fermi! Fermi! Vi invito a negoziare un accordo tramite la mediazione dei funzionari imperiali”.
Jué e Sì tornarono ciascuno al proprio accampamento.
XV. Yáng Biāo e Zhū Jùn riunirono una delegazione di oltre sessanta funzionari e si recarono dapprima all’accampamento di Guō Sì per offrire la loro mediazione, ma Guō Sì li fece arrestare tutti quanti.
“Noi siamo venuti in buona fede ad offrire i nostri buoni uffici.” protestarono i dignitari “Perché ci accogliete
così?”.
“Se Lĭ Jué può trattenere con sé il Figlio del Cielo, io avrò bene il diritto di tenere con me ministri e cortigiani” replicò Guō Sì.
“Molto bene” ironizzò Biāo “Uno dei due tiene prigioniero l’imperatore e l’altro tiene prigionieri i ministri. Abbiamo fatto un bel progresso.”
Sì perse le staffe e, sguainata la spada, voleva uccidere Biāo che fu salvato solo dall’intervento del Comandante della Guardia, Yáng Mì, il quale convinse Sì a lasciare liberi Yáng Biāo e Zhū Jùn . Tutti gli altri rimasero sotto sorveglianza all’accampamento.
Biāo si confidò con Jùn: “Aver fatto tutta la nostra carriera al servizio dell’imperatore e non essere capaci di salvarlo vuol proprio dire aver sprecato la nostra vita”. A queste parole, i due colleghi si abbracciarono piangendo. Scese la notte. Ritornato a casa Jùn si ammalò ed in breve tempo morì.
Dopo di ciò, i due eserciti di Jué e di Sì combatterono ininterrottamente per più di cinquanta giorni, con innumerevoli vittime da entrambe le parti.
XVI. Lĭ Jué era un appassionato di arti magiche e spesso chiedeva ad una maga di suonare il tamburo in mezzo alle truppe per invocare il favore degli spiriti. Jiă Xŭ gli sconsigliò ripetutamente questa pratica, ma egli non volle ascoltarlo.
Il fedele assistente Yáng Qí confidò una volta all’imperatore: “ Ho osservato che Jiă Xŭ, pur servendo lealmente Lĭ Jué , non ha dimenticato il proprio sovrano. Vostra Maestà dovrebbe prendere contatto con lui.”
XVII. Proprio mentre stavano parlando di lui, Jiă Xŭ chiese udienza. L’imperatore ordinò ai suoi assistenti di ritirarsi, poi, con le lacrime agli occchi, si rivolse a Jiă Xŭ: “ Non ti fa pietà il destino della Casa degli Hàn? Per favore, salvaci!”.
Jiă Xŭ si prostrò dinanzi al sovrano e rispose: “Questo è il mio più vivo desiderio. Vostra Maestà non ha bisogno di dirmi altro. Penserò io ad un piano”.
L’imperatore smise di piangere e lo ringraziò.
XVIII. Qualche tempo dopo, Lĭ Jué si presentò con la spada al fianco all’imperatore, che divenne livido di rabbia (2), e gli disse: “ Guō Sì non vi è fedele. Ha imprigionato i vostri ministri e vuole impadronirsi di Vostra Maestà. È un ribelle e dovrebbe essere arrestato”.
L’imperatore lo ringraziò della sua sollecitudine e Jué prese congedo.
Quando, un po’ più tardi, ricevette la visita di Huángfŭ Lì, il sovrano, sapendo che Lì aveva la parola facile ed era, per di più, concittadino di Lĭ Jué , gli chiese di mediare tra i due contendenti.
Lì obbedì e si recò anzitutto a parlare con Guō Sì , che gli pose una condizione: “Se Lĭ Jué lascia libero il Figlio del Cielo, io sono disposto a liberare i ministri ed i dignitari”.
XIX. -Lì si affrettò allora a recarsi da Lĭ Jué e gli disse: “ Oggi, il Figlio del Cielo, sapendo che io sono originario
di Xīliáng e quindi concittadino di Vostra Eccellenza, mi ha personalmente incaricato di tentare una mediazione tra voi ed il vostro avversario. Guō Sì ha già accettato la proposta imperiale. Voi che cosa ne pensate?”.
“Sono io che ho sconfitto il grande esercito di Lǚ Bù e che assisto da quattro anni il governo imperiale .”gli
rispose Jué “Mi sembra di aver compiuto molte imprese e di aver acquisito grandi meriti, di cui tutto l’impero è al corrente. Guō Āduō, quel ladro di cavalli, osa addirittura imprigionare i ministri ed ha il coraggio di resistermi. Giuro che lo farò ammazzare. Vedi bene di quanti soldati dispongo. Non pensi che siano sufficienti per schiacciare Guō Āduō?”.
“Non ne sono sicuro.” gli rispose Lì “Nei tempi antichi, Hòu Yì di Yŏuqióng, fidandosi delle proprie frecce, non si curò dei pericoli e finì per farsi uccidere (4). In anni a noi più vicini, avete visto voi stesso come il potente
Gran Cancelliere Dŏng sia caduto vittima di un complotto di Lǚ Bù , al quale peraltro aveva reso grandi benefici, e come ,in un attimo, la sua testa sia stata appesa alla porta del Palazzo Imperiale. La sola forza non mi sembra quindi una garanzia sufficiente. Come fate a dire che lo Stato non vi ha generosamente compensato dei vostri servizi? Voi siete ora uno dei comandanti più alti in grado e tenete in pugno l’ascia ed il frustino, simboli d’autorità, ed anche i vostri familiari ed i vostri parenti occupano tutti dei posti importanti. Inoltre, se Guō Āduō ha imprigionato i ministri, voi trattenete presso di voi l’imperatore, cosa che mi pare manifestamente ancor più grave.”
XX, Lĭ Jué si irritò terribilmente e,sguainata la spada, si mise ad urlare: “ Forse l’imperatore ti ha dato anche
ordine di insultarmi? Ti taglierò la testa, prima di lasciarmi vilipendere da te.”Il capitano di cavalleria Yáng Fèng intervenne e lo dissuase con queste parole: “Non ci conviene uccidere l’inviato dell’imperatore prima di aver eliminato Guō Sì. Se lo facessimo, le simpatie dei soldati passerebbero a Sì e tutti i governatori delle
province lo sosterrebbero.”
Poiché anche Jiă Xŭ si dava da fare per calmarlo, la rabbia di Lĭ Jué sbollì un poco.
Allora Jiă Xŭ spinse via in fretta Huángfŭ Lì, ma questi, nell’allontanarsi, continuava a ripetere ad alta voce: “Lĭ Jué non rispetta gli ordini imperiali. Vuole uccidere il sovrano ed usurpare il trono”.
Il fidato attendente di Lĭ Jué Hú Miăo lo implorò di tacere dicendogli: “Non parlate così. Mi fate temere per la vostra incolumità.”, ma Lì gli rispose, senza abbassare la voce: “ Hú Jìngcái! Anche voi siete un funzionario del governo. Come potete rimanere al servizio di un ribelle? Se il sovrano è umiliato, un funzionario fedele non può continuare a vivere (5). Lĭ Jué vuole uccidermi? Ebbene, lo faccia pure!” e continuò a coprire il generale di improperi.
Quando l’imperatore venne a sapere ciò che era accaduto, ordinò in gran fretta a Huángfŭ Lì di ritornare a Xīliáng.
XXI. Ora, non solo la maggioranza dei soldati di Lĭ Jué erano originari di Xīliáng , ma il generale contava per di più molto sui mercenari forniti dall’etnia Qiāng, che abitava nella zona.
Huángfŭ Lì fece circolare tra la gente di Xīliáng la voce che Lĭ Jué si era ribellato all’imperatore, che tutti i suoi partigiani erano dei traditori e che l’adesione ad una rivolta non poteva non avere gravi conseguenze.
Ascoltando le parole di Lì, molti degli abitanti di Xīliáng persero a poco a poco il loro entusiasmo per il servizio militare nelle truppe di Lĭ Jué , il quale non appena venne a saperlo si infuriò ed inviò il Capitano della Guardia Wáng Chāng alla ricerca di Lì.
Chāng sapeva che Lì era un suddito leale e perciò non gli diede la caccia, ma ritornò da Lĭ Jué dicendo: “Non sono riuscito a sapere dove si nasconda”.
Jiă Xŭ , da parte sua, inviò ai mercenari Qiāng un messaggio segreto del seguente tenore: “Il Figlio del Cielo sa che gli siete tutti fedeli e che avete combattuto per lui in molte battaglie. Vi ordina perciò in segreto di ritornare al vostro distretto. In futuro, sarete generosamente ricompensati della vostra lealtà”.
Di fatto, i capi dei mercenari Qiāng erano irritati con Lĭ Jué perché costui non usava concedere loro né titoli né
premi. Perciò, diedero tutti quanti ascolto alle parole di Xŭ e se ne tornarono a casa con le loro truppe.
XXII. Xŭ presentò poi all’imperatore un rapporto riservato del seguente tenore: “Lĭ Jué è un ambizioso, ma non è capace di elaborare piani precisi per realizzare le sue ambizioni. Ora che è spaventato perché le sue truppe lo stanno abbandonando, potremmo allettarlo concedendogli un titolo nobiliare importante”.
L’imperatore allora emanò un editto con il quale nominava Jué Gran Maresciallo.
Jué ne fu lieto e pensò: “Questo è tutto merito della mia fattucchiera che ha pregato ed ha scongiurato gli spiriti per me”. Perciò, offrì alla fattucchiera una generosa ricompensa, dimenticando invece i generali e gli ufficiali del suo esercito.
Il capitano di cavalleria Yáng Fèng si indignò e se ne lamentò con Sōng Guō : “Noi abbiamo rischiato la vita per lui, affrontando frecce e sassi, ed i nostri meriti non valgono quelli di una fattucchiera.”
Sōng Guō gli propose: “Perché non uccidiamo questo traditore e non ridiamo la libertà al Figlio del Cielo?”.
Feng acconsentì: “ Quando sarai pronto, accendi un falò in mezzo alle tue truppe come segnale ed io porterò fuori i miei uomini per unirli ai tuoi.”
XXIII. I due si accordarono per eseguire il piano quella notte stessa al secondo turno di guardia, ma, inaspettatamente, qualcuno li tradì ed informò Lĭ Jué dei loro progetti. Lĭ Jué ,furioso, ordinò di arrestare Sōng Guō e di giustiziarlo immediatamente. Quando Yáng Fèng portò fuori i suoi soldati, invece di scorgere il falò acceso, si vide venire addosso le truppe di Lĭ Jué , guidate personalmente dal comandante in capo.
Le due schiere si scontrarono nel mezzo dell’accampamento e ne nacque una mischia disordinata che si protrasse fin verso le tre del mattino, quando Feng, accorgendosi che stava avendo la peggio, si disimpegnò e ripiegò con le sue truppe su Xī’ān.
Da quel momento, la forza militare di Lĭ Jué cominciò gradualmente a diminuire, mentre Guō Sì lo attaccava con sempre maggior frequenza e molti soldati cadevano negli scontri.
Un giorno, un messaggero riferì a Jué quanto segue: “ Zhāng Jì si è mosso personalmente dallo Shănxī,
alla testa di un numeroso esercito, per fare da mediatore tra i comandanti rivali ed ha dichiarato che considererà come nemico chi non accetterà la sua mediazione.”
Jué inviò subito un suo emissario da Zhāng Jì a promettere la pace per ingraziarselo e Guō Sì non potè far altro che accodarsi all’iniziativa.
Zhāng Jì fece rapporto all’imperatore e lo invitò a recarsi, con la carrozza imperiale, a Hóngnóng.
L’imperatore ne fu felice. “Era da tempo che rimpiangevo la vita nella Capitale Orientale.” mormorò tra di sé “Che fortuna ho ora di poterci ritornare.”
L’imperatore promosse Zhāng Jì generale della cavalleria leggera e dei volteggiatori e Ji fece a tutti larghi donativi di cibo, vino e carne.
Guō Sì rilasciò i ministri e gli alti dignitari che teneva prigionieri nel suo accampamento e Lĭ Jué fece preparare la carrozza imperiale per il viaggio verso oriente, mettendo a disposizione molte centinaia di soldati della guardia imperiale, armati di alabarde, per scortare il convoglio.
XXIV- Dopo aver attraversato lo Xīnfēng, il corteo imperiale giunse a Bàlíng. Era autunno e cominciavano a soffiare i venti freddi che son detti “metallici”. Improvvisamente si levò un gran clamore e spuntarono fuori parecchie centinaia di soldati che si precipitarono a bloccare un ponte che la carrozza imperiale stava per attraversare, impedendole di procedere oltre. In tono molto duro, essi intimarono il “chi va là”.
Il fidato assistente Yáng Qí spinse avanti il cavallo fino al ponte e rispose: “Questa è la carrozza dell’imperatore. Chi osa fermarla?”.
Due ufficiali si fecero avanti e spiegarono: “Abbiamo ricevuto dal generale Guō l’ordine di sorvegliare questo
ponte per impedire il passaggio di spie ed agenti nemici. Voi dite che state scortando la carrozza imperiale, ma, per credervi, dobbiamo vedere personalmente l’imperatore.”
Allora, Yáng Qí sollevò la cortina di perle e l’imperatore stesso parlò: “Io sono l’imperatore. Come vi permettete di non lasciarmi passare?”.
Ufficiali e soldati urlarono tutti: “Viva l’imperatore!” e, tiratisi da parte, fecero ala al passaggio della carrozza imperiale.
XXV. Più tardi, i due ufficiali si presentarono a rapporto da Guō Sì e lo informarono del passaggio del corteo
imperiale.
“Io avevo pensato di fare un bello scherzo a Zhāng Jì impadronendomi dell’imperatore e riportandolo al Forte Méi.” li interruppe Guō Sì ” Come avete potuto lasciarlo passare così, senza chiedere la mia autorizzazione?” e diede ordine di giustiziarli. Poi radunò i soldati per lanciarsi all’inseguimento.
Proprio mentre il convoglio imperiale stava arrivando nella contea di Huàyīn, si sentirono alle sue spalle urla e clamori, come se fosse scoppiato un temporale, mentre numerose voci gridavano: “Alt! Alt! Fermate la carrozza dell’imperatore!”
Rivolgendosi con le lacrime agli occhi agli alti funzionari che lo accompagnavano, l’imperatore si lamentò: “Sono fuggito dalla tana del lupo per finire nelle fauci della tigre. Non ho vie di scampo”.
Tutti erano depressi, ma, mentre i ribelli si avvicinavano, si udì improvvisamente un rullo di tamburi ed un
generale sbucò con le sue truppe da dietro una collina. I soldati seguivano una bandiera su cui era scritto: “Yáng Fèng, Generale del Grande Impero Hàn”.
Erano più di un migliaio di soldati che si gettarono con impeto sugli inseguitori dell’imperatore.
Che cosa era successo? Dopo essere stato sconfitto da Lĭ Jué , Yáng Fèng si era ritirato con le sue truppe sotto il monte Zhōngnan e vi si era accampato. Ora, avendo saputo che il convoglio dell’imperatore si stava avvicinando, era venuto espressamente ad offrire la propria protezione.
XXVI. Gli avversari cominciarono a schierarsi in ordine di battaglia e Guō Sì ordino a Cuī Yŏng di galoppare avanti.
Cuī Yŏng si mise ad insultare Yáng Fèng chiamandolo traditore. Yáng Fèng , offeso, si voltò indietro verso le proprie file e domandò. “Dov’è Gōngmíng?”.
Un ufficiale che teneva in mano un’enorme ascia di guerra galoppò fuori dallo schieramento su un focoso stallone e si lanciò senza indugi addosso a Cuī Yŏng . I due cavalli si scontrarono, ma, al primo scambio di colpi, Cuī Yŏng fu colpito a morte e cadde giù dal cavallo. Yáng Fèng approfittò del momento favorevole per lanciare un attacco e le truppe di Guō Sì , sconfitte, furono costrette a ripiegare per più di quindici chilometri.
Fèng fece suonare l’adunata e si recò a rendere omaggio all’imperatore, che lo elogiò dicendogli:“Voi avete appena salvato il vostro sovrano. È un atto di cui potete andare orgoglioso”.
Fèng si prosternò e lo ringraziò.
“Chi è l’uomo che ha ucciso il capo dei ribelli?” domandò poi l’imperatore.Chiamato l’ufficiale in questione e fattolo prosternare dinanzi alla carrozza imperiale, Fèng disse: “Quest’uomo proviene dalla contea di Yáng, nella regione del Hédōng. Si chiama Xú Huăng, ma il suo nome di cortesia è Gōngmíng”. L’imperatore indirizzò all’uomo espressioni di elogio.
Yáng Fèng scortò il convoglio imperiale fino a Huàyīn, dove fecero tappa.
Il generale Duàn Wēi provvide a rifornirli di cibo e di coperte. L’imperatore trascorse la notte in mezzo ai soldati di Yáng Fèng .
XXVII. Sebbene sconfitto, Guō Sì era intenzionato a tornare all’attacco ed il giorno seguente si presentò con le sue truppe dinanzi all’accampamento di Yáng Fèng . Fu Xú Huăng che, uscito a cavallo per un giro di ispezione, s’accorse per primo che i soldati di Guō Sì avevano interamente circondato l’accampamento al cui centro si trovavano il Figlio del Cielo e Yáng Fèng .
Proprio mentre la situazione si andava facendo sempre più critica, si udì levarsi dalla direzione sud-est un grande clamore. Un generale, alla testa di un distaccamento di cavalieri, stava caricando i nemici e mettendoli in fuga. Xú Huăng lanciò a sua volta un attacco di sorpresa e le truppe di Guō Sì si sbandarono.
La persona che era venuta in soccorso dell’imperatore non era altri che suo suocero Dŏng Chéng.
Dopo che l’imperatore gli ebbe raccontato, tra le lacrime, tutte le sue sventure, Chéng gli disse: “Vostra
Maestà non si preoccupi. Il generale Yáng Fèng ed io ci impegniamo ad eliminare i due ribelli ed a ristabilire l’ordine nel Paese.”
L’imperatore diede istruzioni di partire subito per la Capitale Orientale ed il convoglio di diresse, a marce forzate, verso Hóngnóng.
XXVIII. Nel frattempo Guō Sì che, sconfitto, stava tornando indietro con le sue truppe, incontrò per strada Lĭ Jué e gli disse: “Yáng Fèng e Dŏng Chéng hanno salvato l’imperatore e si sono messi in cammino verso Hóngnóng. Se riusciranno ad attraversare le montagne ed a giungere nelle regioni orientali, potranno fortificarsi laggiù ed informare tutto l’impero di ciò che sta accadendo. Tutta la burocrazia statale si schiererà contro di noi e tutte le nostre famiglie saranno in pericolo insieme con noi.”
Jué osservò: “Dobbiamo riflettere bene prima di agire, perché in questo momento le truppe di Zhāng Jì occupano Cháng’Ān. Uniamo le nostre forze. Se riuscissimo a prendere Hóngnóng e ad eliminare l’imperatore, potremmo spartirci il Paese. Dopo, non ci saranno più limiti alle nostre ambizioni.”
Guō Sì approvò l’idea ed i due unirono le loro forze, che avanzarono saccheggiando e facendo il deserto sul loro cammino.
Quando Yáng Fèng e Dŏng Chéng vennero a sapere che i ribelli si avvicinavano, tornarono indietro con le
loro truppe ed affrontarono i nemici in una grande battaglia a Dōngjiàn.
XXIX- Jué e Sì conferirono tra di loro: “ I nemici sono più numerosi. Possiamo sperare di vincerli solo con un attacco improvviso e travolgente”.
Lĭ Jué , all’ala destra, e Guō Sì , sulla sinistra, lanciarono un attacco generale contro le posizioni del nemico su
tutta la linea del fronte.
L’attacco ebbe successo. Yáng Fèng e Dŏng Chéng combatterono entrambi con estrema determinazione, ma riuscirono a fatica a portare in salvo la carrozza dell’imperatore e dell’imperatrice.
Tutti i funzionari ed i dignitari di Corte furono lasciati al loro destino; i documenti dell’amministrazione
imperiale, la biblioteca, gli archivi e tutti gli oggetti di uso personale dell’imperatore dovettero essere abbandonati.
Guō Sì penetrò nella città di Hóngnóng e la saccheggiò.
Chéng e Fèng scortarono in fretta l’imperatore a nord del valico, mentre Jué e Sì dividevano le loro forze per
inseguirli.
Chéng e Fèng cercarono di intavolare negoziati con Jué e Sì per un armistizio, ma, nello stesso tempo, inviarono di nascosto nel Hédōng dei messaggeri con una lettera imperiale che richiedeva con urgenza ai tre ex-capi dell’Onda Bianca (6), Hán Xiān, Lĭ Yuè e Hú Cái di affrettarsi, con i loro uomini, a soccorrere l’imperatore. Sapevano bene che Lĭ Yuè era un bandito della peggiore risma, ma non avevano altri a cui rivolgersi. Quando i tre sentirono che il Figlio del Cielo era disposto ad aministiarli ed a concedere loro cariche pubbliche, perché non avrebbero dovuto correre in suo aiuto? Raccolsero il nerbo dei loro uomini ed andarono incontro a Dŏng Chéng per aiutarlo a rioccupare Hóngnóng.
XXX. Nel frattempo, Lĭ Jué e Guō Si, dovunque arrivassero, continuavano ad angariare la popolazione. Massacravano i vecchi ed i deboli e costringevano gli uomini giovani e robusti ad arruolarsi. Quando dovevano affrontare il nemico, schieravano in prima linea i cittadini arruolati a forza, che avevano denominato: “Gli arditi che non temono la morte”. In questo modo il loro esercito si era molto rafforzato.
Quando la soldataglia di Lĭ Yuè arrivò a Wèiyáng e si schierò di fronte ai ribelli, Guō Sì ordinò ai suoi uomini di fingere la fuga, abbandonando sul terreno abiti ed oggetti di ogni genere. Gli uomini di Yuè, vedendo tutti quegli oggetti sparsi per terra, si gettarono in disordine a raccoglierli rompendo il loro schieramento e le truppe di Jué e di Sì ne approfittarono per attaccarli da tutte le parti, infliggendo loro una rovinosa sconfitta.
Yáng Fèng e Dŏng Chéng non furono in grado di bloccare l’offensiva del nemico e fuggirono con l’imperatore verso nord, inseguiti da vicino dai ribelli.
“La situazione è disperata.” urlò Lĭ Yuè “ Il Figlio del Cielo salti su un cavallo e si salvi”.
“Non posso abbandonare coloro che mi hanno seguito fin qui” rispose l’imperatore.
XXXI. Tutti i cortigiani del seguito si misero a singhiozzare. Nel disordine della fuga fu ucciso Hú
Cái.
Quando Chéng e Fèng videro che i ribelli si stavano rapidamente avvicinando, invitarono il Figlio del Cielo a scendere dalla sua carrozza ed a fuggire a piedi.
Giunti sulla riva del Fiume Giallo, Lĭ Yuè ed i suoi riuscirono a scovare una piccola imbarcazione per attraversare il fiume.
Faceva estremamente freddo. L’imperatore e l’imperatrice si sostenevano a vicenda per andare avanti, ma la riva del fiume era scoscesa e non riuscivano a salire sulla barca, mentre gli inseguitori si facevano sempre più vicini.
Yáng Fèng propose: “ Potremmo prendere le redini dei cavalli e legarle insieme per fare una specie di corda, poi avvolgerne un capo intorno al petto dell’imperatore e calarlo giù sulla barca”.
Dal gruppo di coloro che stavano intorno si staccò Fú Dé, il fratello dell’imperatrice, che teneva in mano alcuni rotoli di seta bianca e disse: “In mezzo alla confusione, sono riuscito a trovare queste striscie di seta. Potremmo legarle insieme e farne una corda per calarlo giù”.
Il capitano Shàng Hóng prese le striscie di seta e ne fece un’imbracatura per l’imperatore, poi ordinò ai suoi uomini di calar giù per primo l’imperatore. Una volta che l’imperatore fu a bordo, Lĭ Yuè si pose ritto a poppa con la spada sguainata. Il fratello dell’imperatrice, Fú Dé, si calò poi nella barca portando sulle spalle la sorella.
Sulla riva, coloro che non erano ancora riusciti a salire sulla barca, lottavano per aggrapparsi alle funi di
ammaraggio, ma Lĭ Yuè li colpì con la spada e li fece cadere in acqua.
Trasportati sull’altra riva l’imperatore e l’imperatrice, la barca fu rimandata indietro a raccogliere chi restava. Si scatenò un parapiglia per salire a bordo e molti, che si erano appesi alle murate, ebbero le mani tagliate a colpi di spada. Il clamore e la disperazione salivano al cielo.
XXXII. Portata a termine la traversata, ci si accorse che erano rimasti accanto all’imperatore poco più di una decina di cortigiani.
Yáng Fèng riuscì a procurarsi un carro agricolo, ci fece salire l’imperatore e lo accompagnò a Dàyáng. Quando, la sera, si fermarono a pernottare in una casetta dal tetto di tegole non avevano più cibo. Un vecchio contadino portò un po’ di miglio perché l’imperatore e l’imperatrice potessero mangiare, ma il pasto era così grossolano che non riuscivano a mandarlo giù.
Il giorno seguente, l’imperatore conferì a Lĭ Yuè il titolo di Generale Conquistatore del Nord e a Hán Xiān
il titolo di Generale Conquistatore dell’Est, poi si rimise in cammino.
Arrivarono due alti funzionari, che si prostrarono piangendo dinanzi al carro su cui stava l’imperatore. Erano il Gran Comandante ,Yáng Biăo, ed il Ministro incaricato delle scuderie imperiali e dei rifornimenti di cavalli, Hán Róng . Anche l’imperatore e l’imperatrice piangevano.
Hán Róng disse:” Spero che i due traditori Jué e Sì mi ascolteranno. Sono disposto a rischiare la vita per convincerli ad accordarci un armistizio. Nel frattempo, Maestà, abbiate cura di voi.”
XXXIII. Partito Hán Róng , Lĭ Yuè propose dall’imperatore di sostare per qualche tempo nell’accampamento di
Yáng Fèng . Yáng Biăo gli propose invece di stabilire la capitale ad Ānyì.
L’imperatore si trasferì ad Ānyì, una località desolata dove non esistevano case confortevoli. L’imperatore e
l’imperatrice furono costretti ad alloggiare in una capanna dal tetto di paglia, priva di porte, intorno alla quale fu eretta, per garantire loro un po’d’intimità, una siepe di rovi. L’imperatore ed i ministri discutevano gli
affari di Stato all’interno della capanna, mentre le sentinelle facevano la guardia all’esterno della siepe.
Lĭ Yuè ed i suoi si mostravano prepotenti e maleducati. Se un subordinato commetteva un piccolo sbaglio, lo rimproveravano aspramente e lo picchiavano persino in presenza dell’imperatore. Rifornivano intenzionalmente la mensa dell’imperatore di vino scadente e di cibo grossolano e l’imperatore era costretto a sopportare in silenzio questi sgarbi.
Lĭ Yuè e Hán Xiān proposero poi di attribuire posti di responsabilità a più di duecento persone tra le quali figuravano criminali comuni, mercenari, guaritori e servi. Tutti costoro ottenero nomine a posti di capitano e di consigliere imperiale o ad altre importanti funzioni. La domanda di sigilli d’ufficio crebbe talmente che si dovettero usare dei punteruoli per inciderne le iscrizioni. Fu tutto un affare piuttosto sordido.
XXXIV. Nel frattempo, Hán Róng aveva convinto Jué e Sì ad accettare un armistizio ed i due ribelli rilasciarono tutti gli alti funzionari ed i cortigiani che avevano catturato.
Quell’anno ci fu una grande carestia e la gente fu costretta a nutrirsi di erbe commestibili. I cadaveri dei morti di fame riempivano le campagne.
Il governatore del Hénèi, Zhāng Yáng, rifornì l’imperatore di riso e di carne ed il governatore del Hédōng, Wáng Yì, offrì della seta per gli abiti. Grazie a ciò, l’imperatore e la sua corte se la cavarono un po’meglio degli altri.
Dŏng Chéng e Yáng Fèng discussero la situazione. Volevano inviare degli operai a Luòyáng per ricostruire il Palazzo Imperiale e convincere l’imperatore a tornare nella capitale orientale, ma Lĭ Yuè non era d’accordo con loro.
Dŏng Chéng gli disse: “Luòyáng è l’antica capitale imperiale. Ānyì è una piccola località senza importanza. Come si può pensare di sistemare qui la Corte imperiale? Sarebbe meglio che l’imperatore ritornasse a Luòyáng.”
Lĭ Yuè rispose: “Se volete, preparate pure voi la partenza dell’imperatore. Per quanto mi riguarda, io resto
qui.”
XXXV. Mentre Chéng e Fèng organizzavano il viaggio dell’imperatore, Lĭ Yuè ne informò di nascosto Lĭ Jué e Guō Sì, proponendo loro di unire le rispettive forze per intercettare il convoglio imperiale.
Quando Dŏng Chéng, Yáng Fèng e Hán Xiān vennero a sapere di questo complotto, fecero scortare il convoglio dalle loro truppe e lo fecero avanzare a marce forzate fino al passo di Jī.
Saputo ciò, Lĭ Yuè decise di non aspettare l’arrivo di Jué e di Sì, ma si lanciò subito all’inseguimento dei
fuggitivi. Arrivò con le sue truppe alle falde del Monte Jī un paio d’ore dopo la mezzanotte e si mise ad urlare: “Alt! Fermate la carrozza imperiale! Lĭ Jué e Guō Sì sono qui con me.”
L’imperatore Xiàn ne fu talmente spaventato che si mise a tremare.
La luce delle torce illuminava ogni angolo della montagna.
Si poteva veramente dire: “La volta scorsa due banditi hanno litigato tra di loro, ma questa volta tre banditi hanno unito le loro forze ed operano con una volontà comune”.
Volete sapere se iI Figlio del Cielo riuscirà ad uscire da questa trappola? Continuate a leggere e ve lo
spiegheremo.
NOTE
1) Nell’antica Cina, dove le formule di cortesia erano codificate con estrema precisione, l’uso di una parola
invece di un’altra poteva avere notevole rilevanza. Nel rivolgersi a Liú Bèi con il termine 賢弟 “xiándì” (“degno fratello minore”) invece di usare il più rispettoso“gége” 哥哥 (“fratello maggiore”), Lǚ Bù sembra infatti volersi ritenere superiore a chi gli ha appena offerto ospitalità ed è prontamente rimbeccato da Zhāng Fēi.
2) Il duca Huán di Lŭ魯桓 公 (711 a.C- 693 a.C.) ebbe tre figli dalla moglie ( il futuro duca Zhuāng 魯莊公 , che regnò dal 693 a.C al 662 a.C, Shūyá 叔 牙 e Jìyŏu 季 友 ) ed uno da una concubina ( Qìngfù 慶 父 ). Shūyá, Jìyŏu
e Qìngfù furono i capostipiti di potenti famiglie feudali che monopolizzarono a lungo il potere nel regno di Lŭ
e che sono ricordate nei “Dialoghi di Confucio”( 論 語.”lúnyŭ”) 16.3 come i 三 桓 “sānhuán”, cioè le tre famiglie che discendevano dal duca Huán.
3) Sulla base di antiche disposizioni volte ad evitare attentati, tutti i dignitari dovevano presentarsi senz’armi alla presenza dell’imperatore. Solo l’arroganza e la consapevolezza della propria forza potevano indurre taluni capi militari ad un comportamento che era chiaramente oltraggioso nei confronti del sovrano.
4) Hòuyì 后 翼 è un personaggio della mitologia cinese. Espertissimo arciere, compì grandi imprese come quella di salvare la terra dalla siccità abbattendo con le sue frecce nove dei dieci soli che la prosciugavano. Troppo sicuro della propria forza, non si curò di essere prudente e, durante una partita di caccia, fu colpito alle spalle ed ucciso a bastonate dal suo allievo Féng Mēng 逢 蒙, che era geloso della sua eccezionalità abilità nel tiro con l’arco.
5) Huángfŭ Lì cita qui un passo del Guóyŭ 國 語 (“Discorso degli Stati”), opera storica di autore ignoto
composta tra l’inizio del V° secolo a.C. e la fine del IV° secolo a.C.
6) L’Onda Bianca ( 白 波“báibō”) fu un movimento di ribellione lanciato nel 188 d.C. nella zona delle gole di
Báibō da alcuni superstiti della precedente rivolta dei Turbanti Gialli, avvenuta nel 184 d.C.
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