I primi decenni del ventesimo secolo furono caratterizzati in Cina dall’apertura all’Occidente, che ebbe conseguenze rilevantissime in tutti i settori della vita politica, sociale e culturale.
In campo letterario, l’occidentalizzazione significò la rivolta contro la letteratura classica, le sue regole e il suo linguaggio, che era la cosiddetta “lingua colta” ( 文 言 “wényán”). Alcuni intellettuali riformatori come Chén Dúxiù 陈 独 秀 e Hú Shì 胡 适 propugnarono fin dal 1915 l’uso della lingua volgare o “lingua facile”( 白 話 “báihuà”) come lingua letteraria per qualsiasi tipo di testo. Se tuttavia c’era stato, ai tempi dell’Impero, qualche esempio di romanzo scritto in lingua popolare, nulla di simile era mai accaduto per la poesia. Hú Shì fu uno dei primi a tentare, con la sua “Raccolta di Esperimenti”( 嘗 試 集 “chángshì jí”), pubblicata nel 1919, la poesia in lingua volgare. Nel corso degli Anni Venti molti autori abbandonarono le regole formali della poesia classica e passarono al verso sciolto abbandonando metri e rime. Un esempio di questo genere è la raccolta “Erbe Selvatiche” (野 草 “yĕcăo”), pubblicata da Lŭ Xùn 魯 迅 nel 1926.
Gli ulteriori sviluppi politici che portarono nel 1949 alla vittoria dei Comunisti sui Nazionalisti implicarono ovviamente la totale adesione delle autorità all’idea della letteratura popolare e la piena condanna di qualsiasi tentativo di mantenere in vita la cultura classica.
Ciònonostante, come abbiamo già visto parlando di Niè Gànnú 聂 绀 驽 , molti poeti, tra cui alcuni dei nomi più significativi del nuovo corso, continuarono a poetare, occasionalmente o regolarmente, anche in stile classico.
Malgrado l’assenza di qualsiasi appoggio da parte dei pubblici poteri, un nucleo più o meno consistente di “fedeli” della poesia classica è sopravvissuto fino ai nostri giorni e, non avendo quasi nessun accesso ai circuiti normali di comunicazione , ha scoperto le potenzialità di Internet.
Si possono così trovare su alcuni siti Internet composizioni con tanto di metro e di rima, testimonianza di una vitalità che la poesia tradizionale conserva tuttora in Cina contrariamente a ciò che succede in Europa dove non ho mai scoperto in rete sonetti, odi o ballate di autori contemporanei che andassero oltre il folclore locale.
La realtà odierna espressa nelle forme poetiche e talvolta anche con il lessico di epoche passate, produce spesso un effetto vagamente surreale.
Uno dei “classicisti” più noti è Zēng Shăolì 曾少立 , conosciuto in rete con lo pseudonimo di Lĭzĭlĭzĭlĭzĭ 李子梨子栗子, più tardi abbreviato in Lĭzĭ 李子. Nato nel 1964 a Shānqū 山 区 nel Gànnán 赣 南 , ingegnere di professione, oggi residente a Pechino, Lĭzĭ ha cominciato a scrivere su Internet nel 1999 e si è presto creato una solida reputazione, specialmente come autore di “canzonette” (“cí” 詞 ).
Le sue poesie figurano oggi in numerose pubblicazioni, quali:
“Diciotto autori contemporanei di poesie e canzonette in stile classico” (当 代 中 华 诗 词 家 十 八 “dāngdài zhōnghuá shī cí shibā jiā”) Casa Editrice Accademica di Tientsin (天 津 教 育 出 版 社 “tiānjīn jiàoyù chūbănshè”), 2011;
e
“Ghiaccio di primavera- -Antologia” (春 冰 集 “chūn bīng jí”) Casa Editrice Accademica di Jiāngbĕi (江 北 教 育 出 版 社 “jiāngbĕi jiàoyù chūbănshè”).
Ho trovato la poesia che segue in un sito Internet chiamato Liúshè 留 社 , sotto una rubrica intitolata “Quindici autori di poesie e canzonette in stile classico su Internet” (網 絡 詩 詞 十 五 家 “wăngluò shī cí shíwŭ jiā”).
Si tratta di una “canzonetta” (詞 “cí”) composta nel 2003.
L’autore immagina di uscire una sera ubriaco dal bar di un grande albergo nel centro di Pechino. Il suo stato di ebbrezza lo allontana dalla realtà immergendolo in un’atmosfera di sogno in cui le cose perdono la loro concretezza e la città moderna assume a poco a poco i contorni dell’antica e mitica capitale Cháng’Ān.
L’odore della carne di montone che si diffonde per l’aria ricorda più l’atmosfera di una città antica che quella di una metropoli contemporanea.
Il senso di estraniamento è accentuato dalle trasformazioni che le persone e le cose subiscono nella percezione alterata di chi ha bevuto qualche bicchiere di troppo: le porte girevoli dell’hotel diventano un caleidoscopio in cui appaiono e scompaiono figure vestite con abiti e copricapi di altri tempi, i grattacieli diventano folletti che emergono saltellando da un favoloso passato.
L’uso dei caratteri tradizionali e di un lessico un po’obsoleto contribuisce anch’esso a creare una sensazione vagamente onirica.
Il Canto dell’ “Urlare al Fuoco” (1)
Il sole tramonta in fondo al lungo viale.
Il monte Yàn tremola in una rossa foschia.(2)
L’acre odore della carne di montone (3)
subentra, quando comincia a farsi sera,
ai variopinti affanni della giornata. (4)
Ho preso una sbronza davanti alla gente.
Sopra il vetro della porta girevole
luci ed ombre inseguono cappe e berretti.(5)
Una barca va alla deriva sul mare.
I grattacieli sembrano barcollare
come se fossero spiriti e folletti. (6)
Mentre un soffio di vento mi passa accanto
la notte è scossa da brividi di febbre. (7)
Filano le stelle tra le nubi sparse.
Infinite luci illuminano Cháng’Ān.(8)
NOTE
1) Il titolo di una “canzonetta “ (“cí” 詞) non ha in genere alcun rapporto con il suo contenuto perché si riferisce unicamente alla melodia (“cípái” 詞 牌 ) di cui la lirica fornisce il testo.
È ciò che avviene anche nel presente caso, in cui il titolo “Canto dell’urlare al fuoco” (“hē huŏ líng” 喝 火令) rimanda ad un’antica melodia di cui non c’è giunta traccia che fu utilizzata per la composizione di “canzonette” da numerosi poeti, fra cui Huáng Tíngjiān 黃 庭 堅 (1045 d.C-1105 d.C.).
Il termine ”líng” 令 designa una forma corta di “cí” 詞, che non supera di regola i 58 caratteri. La forma più corta è il “xiăo cí” 少 詞 di soli 16 caratteri. Forme di media lunghezza sono il “yĭn” 引 e il “jìn” 近 che vanno dai 59 ai 90 caratteri. La forma più lunga è il “màn” 慢 che supera i 90 caratteri.
2) I Monti Yàn (燕 山 “yànshān”) sono una catena montagnosa che sorge nella parte settentrionale della provincia del Hébĕi 河 北 a nord di Pechino.
3) La carne di montone era un cibo particolarmente in voga durante la dinastia Táng 唐 朝 .
4) Nei “cí” 詞 il numero di sillabe dei versi è variabile poiché le canzoni popolari a cui essi si ispirano non seguivano le rigide regole metriche della poesia (“shī“ 詩 ). Ciò non significa tuttavia che la loro composizione sia facile perché il poeta deve riprodurre esattamente lo schema tonale della canzone che costituisce il modello della sua lirica.
Nella traduzione mi è sembrato più semplice attribuire ad ogni verso lo stesso numero di sillabe.
5) La poesia gioca qui sul contrasto fra un termine moderno 旋玻璃門 (“xuánzhuăn bōli mén”), cioè “porte a vetro girevoli”, ed una espressione antica 衣冠 (“yī guān”), cioè “tunica e copricapo”, usata per indicare l’abito tradizionale cinese.
6) I “grattacieli “( ho così tradotto il termine 高 樓 “gāo lóu”, letteralmente “edificio alto”, anche se il termine tecnico per grattacielo sarebbe piuttosto 摩 天 大 樓 “mótiān dàlóu”) appaiono, agli occhi dell’ubriaco, come spiriti e folletti ( i “mèi”魅 , citati nelle “Memorie Storiche” 史 記 “shĭj” di Sīmă Qiān 司 馬 遷, erano spiriti delle montagne e dei boschi con testa umana e corpo di cinghiale), che si muovono anch’essi barcollando (蹣 跚“pánshān”).
7) I termini 傷 (“shāng” =”ferita”) e 寒 (“hán”=”gelido”) formano in cinese la parola 傷 寒 (“shānghán”) che designa la febbre tifoide. Ho preferito evitare un riferimento troppo preciso e indicare semplicemente che la notte è “febbricitante”.
8) La città di Cháng’Ān 長 安 ,nei pressi dell’attuale Xī’Ān 西 安 , era la capitale dell’impero cinese all’epoca dei Táng.
喝 火 令 hē huŏ líng
日 落 長 街 尾 rì luò cháng jiē wĕi
燕 山 動 紫 嵐 yàn shān dòng zĭ lán
繁 華 氣 色 晚 來 羶 fán huá qì sè lái shān
旋 轉 玻 璃 門 上 xuán zhuăn bōli mén shàng
光 影 逐 衣 冠 guāng yĭng suì yī guān
買 斷 人 前 醉 măi duàn rén qián zuì
飄 零 海 上 船 piāo líng hăi shàng chuán
高 樓 似 魅 似 蹣 跚 gāo lóu sì mèi sì pán shān
一 陣 風 來 yī zhèn fēng lái
一 陣 夜 傷 寒 yī zhèn yè shāng hán
一 陣 星 流 雲 散 yī zhèn xīng liú yún săn
燈火 滿 長 安 dēng huŏ măn cháng’ ān