La poesia nippocinese
Ho scelto questa espressione un po’curiosa per poter indicare concisamente un genere letterario che fiorì in Giappone dall’8° secolo d-C. fino a tempi abbastanza recenti: la poesia in lingua cinese. Questa poesia , che ebbe il suo periodo di maggiore splendore agli inizi dell’epoca Heian 平安時代 (794 d.C.-1185 d.C.) è conosciuta come 漢詩 (“kanshi”) e va accuratamente distinta dalla poesia in lingua giapponese dello stesso periodo conosciuta come 歌 (“ka”, “uta”) o 和歌 (“waka”).
Sebbene entrambe siano scritte in caratteri cinesi (漢字“kanji”), esse sono nettamente differenziate, almeno nei primi due secoli, dall’uso che fanno di questi caratteri. Infatti, mentre la poesia in lingua cinese attribuisce ai “kanji” un valore esclusivamente semantico, la poesia in lingua giapponese li usa ora con valore semantico, ora con valore fonetico (ad esempio per esprimere le desinenze dei tempi e dei modi verbali, che in cinese non esistono). Ne consegue che una poesia in lingua giapponese del periodo anteriore all’invenzione dello “hiragana” (ひらがな), pur utilizzando gli stessi caratteri di una poesia cinese, non può essere letta né capita da un Cinese. ( Si veda, a titolo d’esempio, la lirica di Kakinomoto no Hitomaro riportata in questa rubrica sotto il titolo “Una Strana Poesia”) Dopo l’introduzione dell’alfabeto sillabico detto “hiragana”, che fu impiegato, tra l’altro, per indicare le desinenze verbali, i “kanji” si videro riattribuire anche nella poesia in lingua giapponese un valore puramente semantico.
La prima antologia di “kanshi”, compilata da un letterato rimasto anonimo nel 751 d.C.e intitolata Kaifūsō 懐風藻, contiene 120 liriche di 64 poeti.
Tre raccolte ufficiali seguirono nel corso del 9° secolo d.C. La prima, intitolata “Ryōunshū” 凌雲集, vale a dire “La collezione che si innalza sopra le nuvole”, fu completata nell’814 d.C., la seconda, intitolata “Bunka Shūreishū" 文華秀麗集, vale a dire “L’elegante collezione dello splendore letterario”, vide la luce nell’818 d.C., la terza, intitolata “Keikokushū" 経国集 , vale a dire “La collezione di Stato”, fu pubblicata nell’827 d.C.
La poesia in lingua cinese godette per lungo tempo nei circoli letterari di una considerazione superiore a quella della poesia in lingua giapponese finché nel 905 d.C. non fu pubblicata l’antologia imperiale “Kokin Wakashū”(古今和歌集), cioè “La collezione di antiche e nuove poesie giapponesi”, generalmente conosciuta come ”Kokinshū”( 古今和) , che conferì finalmente alla letteratura in lingua nazionale le sue lettere di nobiltà.
La tradizione “kanshi” sopravvisse sino al secolo scorso. Furono, tra gli altri, cultori di “kanshi” il famoso scrittore Natsume Sōseki 夏目 漱石 (1867-1916) e il generale Nogi Maresuke 乃木 希典 (1849-1912). Nel periodo fra le due guerre la composizione di poesie in cinese fu favorita perché si riteneva che stimolasse lo “spirito guerresco”. La riforma del sistema scolastico imposta dagli Americani lasciò pochissimo spazio allo studio del "kanbun" 漢文 (1) che viene oggi coltivato soltanto nell’ambito di qualche corso specialistico a livello universitario. Di conseguenza la poesia in lingua cinese non è più praticata se non da rarissimi appassionati.
La poesia “kanshi” si ispirava per temi e stile ai grandi modelli della letteratura cinese , in particolare al “Libro delle Odi” (诗经 “shī jīng”) e ai più celebri poeti della dinastia Táng: Lĭ Bái 李 白 , Dù Fŭ 杜 甫 e Bái Jūyì 白 居 易 .
È difficile giudicare con competenza in che misura i poeti giapponesi siano riusciti ad emulare quei sommi maestri.
Riporto qui di seguito alcuni esempi di “kanshi” con la mia traduzione.
Dal Kaifūsō:
臨 水 觀 魚 Sull'acqua dello stagno a guardare i pesci
結宇南林側 Vicino a casa mia, a sud ci sta un boschetto,
垂釣北池潯 a nord uno stagno dove getto l’amo.
人来戯鳥没 Quando passo, gli uccelli non cantano più.
船渡緑萍沈 Scivola la barca tra le alghe verdi.
苔揺識魚在 Le scuoto e vedo che ci sono dei pesci.
緡尽覚潭深 Immergo la lenza. L’acqua è assai profonda.
空嗟芳餌下 Non ho fortuna. I pesci non abboccano.
独見有貪心 Ah! Non mi resta che guardarli. Voglioso.
Dal Bunka Shureishū:
五夜月 La luna del quinto turno di guardia (2)
客子無眠投五夜 È quasi la quinta ora della notte
ed il viaggiatore non dorme ancora.
正逢山頂孤明月 Ecco, scorge la luna solitaria
che risplende sulla cima dei monti.
一看圓鏡羈情斷 Alla vista dello specchio rotondo (3)
s’attenua e s’acquieta il suo tormento,
定識閨中憶不歇 ma, là, nelle stanze delle fanciulle
c’è chi non smette mai di pensare a lui.
Dalle poesie “kanshi” di Natsume Sōseki (4)
长命寺中鬻饼家 Quella fanciulla che sta
presso il chiosco del riso
当炉少女美如花 nel santuario di Jōmei
è bella come un fiore.
芳姿一段可伶处 Un’ombra di tristezza
aleggia sul suo volto.
别后思君红泪加。 Pensa a te con nostalgia
da quando sei partito.
Dalle poesie “kanshi” del generale Nogi:
金 州 成 外 作 Scritto dinanzi alle mura di Jīnzhōu
山川草木轉荒涼 Montagne e torrenti, pianure e foreste,
tutto travolto dalla desolazione
十里風腥新戰場 Per dieci leghe sul campo di battaglia
odore di sangue portato dal vento.
征馬不前人不語 Il mio cavallo non vuol più andare avanti.
i miei soldati son diventati muti,
金州城外立斜陽 ed io sto dritto e solo dinanzi a Jīnzhōu
nel riverbero del sole che tramonta.
NOTE
1) Si designava con il termine "kanbun" 漢文 la lingua cinese classica usata per scrivere testi giapponesi ispirati alla grande poesia cinese. Lo studio del "kanbun" prevedeva l'apprendimento di una serie di regole che consentivano di conciliare il cinese con le strutture sintattiche della lingua giapponese.
2) Le ore della notte corrispondevano anticamente ai turni di guardia delle sentinelle. La prima ora andava dalle sette alle nove della sera, la quinta dalle tre alle cinque del mattino.
3) Lo specchio rotondo è un’evidente metafora della luna piena. L’effetto rasserenante che il poeta attribuisce qui alla luna può sembrare atipico perché, tradizionalmente, la contemplazione della luna risvegliava nel viaggiatore la nostalgia del paese natio e dell’amore lontano.
4) La poesia è citata in “Soseki and Shiki: their friendship in haiku and kanshi”, tesi presentata all’Università di Tasmania nel 2005 da Rosemary Se-Soon Kong per il conseguimento del diploma di laurea in letteratura.(pag.32)