Il Sānguó Yānyì 三 國 演 義 scritto da Luó Guānzhōng 羅 貫 中 nel XV° secolo è considerato uno dei quattro grandi classici della letteratura cinese. Esso narra, in forma romanzata, gli avvenimenti di circa un secolo di storia, dal 169 d.C. al 280 d.C.
Ho tradotto dall’originale cinese, ventidue dei suoi centoventi capitoli, che presento qui di seguito.
Il Romanzo dei Tre Regni
Scorre il Grande Fiume e le sue acque vanno a perdersi nell’oceano. Quanti eroi hanno trascinato via le sue onde!
Ragione e torto, successo e sventura svaniscono in un attimo.
Solo le montagne azzurre sono là da tempo immemorabile. Quanti rossi tramonti esse hanno visto!
I vecchi pescatori canuti, sulle loro barche in mezzo al fiume, hanno contemplato innumerevoli volte la luna autunnale ed altrettante volte hanno sentito soffiare la brezza della primavera.
Felici e contenti di un bicchiere di vino, quanto hanno parlato e quanto hanno riso dei grandi avvenimenti di ieri e di oggi!
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Capitolo 1
Nel Giardino dei Peschi tre eroi stringono un patto. La loro prima impresa è la vittoria sui Turbanti Gialli.
I- Si dice che questa sia la tendenza generale delle vicende umane: ciò che è stato a lungo diviso finirà per unirsi mentre ciò che è stato a lungo unito finirà per dividersi.
Al termine della dinastia Zhōu sette regni lottarono per la supremazia ed infine si fusero nell’impero Qín.
Caduta la dinastia Qín, i regni di Chŭ e di Hàn lottarono per il predominio e di nuovo si fusero sotto la dinastia Hàn.
La dinastia Hàn cominciò a governare quando Gāozŭ uccise un serpente bianco e poi guidò una rivolta vittoriosa per unificare il paese.
Più tardi Guāngwŭ ebbe un prospero regno e lo trasmise ai suoi successori finchè si giunse all’imperatore Xiàn, dopo il quale l’impero Hàn si divise in tre parti.(1)
Se riflettiamo sulle cause di questa rovina, vedremo che la decadenza ebbe inizio con gli imperatori Huán e Líng.(2)
L’imperatore Huán imprigionò gli uomini di valore e tenne in gran conto gli eunuchi. Alla morte di Huán, salì al trono l’imperatore Líng. Il comandante supremo dell’esercito Dòu Wŭ ed il primo ministro Chén Fán erano i suoi principali collaboratori. Quando l’eunuco Cáo Jié cominciò ad abusare della propria influenza sull’imperatore, Dòu Wŭ e Chén Fán progettarono di farlo uccidere, ma il loro complotto fu scoperto e furono invece loro ad essere giustiziati. Da quel momento in poi, gli eunuchi divennero sempre più prepotenti e sfacciati.
II - Il secondo anno dell’era Jiànníng, il quindicesimo giorno del secondo mese lunare, l’imperatore teneva udienza nella Sala dell’Ardente Virtù.
Stava per sedersi sul trono quando una violenta raffica di vento si levò da un angolo della sala e si vide un grande serpente verde volar giù dalle travi del tetto ed andare ad arrotolarsi proprio sul trono.
L’imperatore svenne di paura ed i suoi assistenti lo riportarono in gran fretta al palazzo imperiale.
Tutti i cortigiani scapparono via.
Un attimo dopo il serpente era scomparso, ma scoppiò un vero uragano con tuoni e pioggia battente, poi cominciò a grandinare e la grandine smise di cadere solo verso mezzanotte, dopo aver gravemente danneggiato innumerevoli case ed edifici.
Durante il secondo mese del quarto anno dell’era Jiànníng ci fu a Luòyáng un terremoto seguito da un maremoto e la gente che abitava lungo la costa fu risucchiata in mare da un’ondata di spaventosa grandezza.
Nel primo anno dell’era Guānghé una gallina si trasformò in gallo.
Il primo giorno del sesto mese lunare dello stesso anno una nuvola nera di enormi dimensioni riempì la Sala dell’Ardente Virtù, mentre, nell’autunno successivo, durante il settimo mese lunare, un arcobaleno fu visto sul Palazzo di Giada.
Sul Monte Wŭyuán in Mongolia tutta una parete di roccia si spaccò e franò giù.
Anche dopo, numerosi altri infausti prodigi continuarono ad apparire.
III - L’imperatore chiese, con un suo proprio editto, ai funzionari di corte di investigare le cause di tali calamità e di tali portenti.
Il consigliere Cái Yōng gli presentò allora un memoriale in cui affermava che prodigi come l’apparizione dell’arcobaleno o il cambiamento di sesso della gallina avevano per causa l’indebita ingerenza delle concubine e degli eunuchi negli affari di Stato.
Il memoriale era scritto in termini molto franchi e taglienti. Leggendolo, l’imperatore pianse e si alzò per cambiarsi d’abito.
L’eunuco Cáo Jié che stava in piedi dietro al trono riuscì a gettare di nascosto un’occhiata sul memoriale ed informò del suo contenuto gli altri eunuchi. Messisi insieme, riuscirono con un pretesto ad ccusare Yōng di aver commesso degli illeciti e lo fecero confinare in provincia.
Più tardi Zhāng Ràng, Zhāo Zhōng, Fēng Xŭ, Duàn Guī, Hóu Lăn, Jiăn Shuò, Chéng Kuàng, Xià Yùn e Guó Shèng ed il già citato Cáo Jié, dieci persone in tutto, complottarono per esercitare sull’imperatore un’influenza indebita e negativa. La loro fazione era chiamata: “ I dieci assistenti ordinari".
L’imperatore venerava Zhāng Ràng, nel quale riponeva un’enorme fiducia, al punto da chiamarlo “babbo”.
Il governo cominciò allora ad essere esercitato in modo ingiusto, provocando lo scontento del popolo che cominciò a pensare di ribellarsi. Banditi e ribelli sorsero numerosi come le vespe.
IV- Vivevano, a quell’epoca, nel distretto di Juhi tre fratelli i cui nomi erano Zhāng Jué, Zhāng Bào e Zhāng Liáng. Zhāng Jué non era riuscito ad ottenere un posto nell’amministrazione dello Stato. (3) Essendosi allora ritirato in montagna a raccogliere erbe medicinali, si vide venire incontro un vecchio dall’aspetto vigoroso, che teneva in mano una canna di arbusto selvatico e che lo invitò ad entrare in una grotta. Qui gli porse tre rotoli di scrittura di origine celeste dicendogli: “Questo libro è intitolato: “L’arte essenziale della Grande Pace”. Se lo imparerai a memoria, potrai proclamare tra la gente gli insegnamenti del Cielo e salvare il mondo. Se invece vorrai ritirarti e non far nulla, ne subirai terribili conseguenze.”
Jue si inchinò e domandò al vecchio come si chiamasse.
Il vecchio rispose: “Sono in realtà il Vecchio Immortale delle Terre del Sud” e, detto questo, si dissolse nell’aria e sparì alla vista. (4)
V – Jué studiò il libro giorno e notte, con vero accanimento. Imparò a dominare vento e pioggia e divenne famoso come il“Maestro Taoista della Grande Pace”.
Nel primo mese lunare del primo anno dell’era Zhōngpíng un’epidemia si diffuse tra la popolazione.Zhāng Jué distribuì alla gente una pozione magica come cura della malattia, poi si autodefinì “ Grande, Virtuoso ed Eccellente Maestro” e raccolse intorno a sé un gruppo di oltre cinquecento discepoli, che sapevano tutti scrivere incantesimi e che si dispersero in tutte le direzioni.
Quando i suoi seguaci raggiunsero un numero enorme, Jué istituì trentasei “capitoli” ( i grandi capitoli avevano oltre diecimila membri, i piccoli tra i sei ed i settemila), a ciascuno dei quali era preposto un “generale”.
Cominciarono allora a diffondersi messaggi misteriosi che dicevano ad esempio: “ Il colore del fimamento sta cambiando.Il cielo si tinge di giallo” oppure “Questo è l’Anno del Topo, il primo anno del ciclo sessagesimale, un presagio grandemente favorevole per il mondo”.(5)
Zhāng Jué ordinò ai suoi seguaci di scrivere con un gessetto bianco i caratteri “Anno del Topo” sulle porte delle loro case.
Gli abitanti di otto province ( Qīngzhōu, Yōuzhōu, Xúzhōu, Jìzhōu, Jīngzhōu, Yángzhōu, Yănzhōu e Yùzhōu) erano acquisiti come un solo uomo alla causa del Grande, Virtuoso ed Eccellente Maestro Zhāng Jué.
Jué inviò allora il suo compagno Mă Yuányì ad offrire in segreto denaro e sete preziose all’eunuco Fēng Xŭ per avere un confidente all’interno della corte imperiale.
Conversando con i suoi due fratelli Jué disse loro: “ Il più difficile era guadagnarsi la fiducia della gente, cioè l’affetto del popolo. Ormai il cuore del popolo è con noi. Se non approfittassimo dell’occasione per impadronirci del paese sarebbe un vero peccato”.
Perciò furono subito confezionate in segreto bandiere gialle e fu fissata una data per la sollevazione.
Jué incaricò un suo discepolo,Tāng Zhōu , di recarsi subito da Fēng Xŭ con una lettera per informarlo di ciò che si preparava, ma Tāng Zhōu si presentò invece alle autorità per denunciare i rivoltosi.
L’imperatore ordinò al comandante in capo dell’esercito, Hé Jìn, di inviare i suoi soldati ad arrestare Mă Yuányì , che fu preso e decapitato.
In seguito Hé Jìn fece arrestare anche Fēng Xŭ e la sua banda e li gettò in prigione.
VI- Quando Zhāng Jué seppe che il complotto era stato scoperto, si diede da fare giorno e notte per raccogliere truppe. Si autoproclamò “Generale del Cielo” e nominò Zhāng Bào “Generale della Terra" e Zhāng Liáng “Generale del Popolo”.
Parlavano alle folle dicendo:”La fortuna degli Hàn sta ormai per finire. È apparso il Grande Saggio. Voi e tutti gli altri dovete obbedire alla volontà del Cielo per godere della “Grande Pace”.
Dappertutto la gente si avvolgeva sciarpe gialle intorno alla testa obbedendo ai ribelli di Zhāng Jué, che riunirono così una forza combattente stimabile tra i quattrocentomila ed i cinquecentomila uomini.
L’esercito dei ribelli era molto forte e le truppe imperiali furono sonoramente sconfitte.
A questo punto, il comandante supremo Hé Jìn supplicò l’imperatore di emanare in gran fretta un editto affinchè in ogni provincia si adottassero misure di difesa e si facesse qualcosa per opporsi ai ribelli.
Contemporaneamente inviò i generali della guardia imperiale Lú Zhí, Huángfū Sōng e Zhú Jùn, ciascuno al comando di un corpo di truppe scelte, ad attaccare i ribelli da tre diverse direzioni.
VII – Per ritornare all’esercito di Zhāng Jué, l’avanguardia delle forze ribelli aveva già raggiunto i confini della provincia di Yōuzhōu.
Era, a quel tempo, governatore della provincia Liú Yān, la cui famiglia era originaria di Jìnglíng nel distretto di Jiāngxià. Egli discendeva, tra l’altro, dal principe Gōng di Lŭ, della dinastia degli Hàn.
Quando venne a sapere che le truppe ribelli stavano avvicinandosi, Liú Yān convocò il capitano Zōu Jìng per deliberare sul da farsi. Jìng osservò:” Le forze dei ribelli sono molto numerose e noi abbiamo a nostra disposizione pochi soldati. Occorre quindi, mio signore, agire in fretta e reclutare nuove truppe per poter affrontare il nemico.”.
Liú Yān fu d’accordo con queste considerazioni e fece subito pubblicare un bando per l’arruolamento di volontari.
Una copia del bando fu affissa nel distretto di Zhuō ed attirò l’attenzione di un uomo coraggioso che abitava in quel distretto.
VIII – Questo personaggio non era un intellettuale. Di carattere calmo e riflessivo, era un uomo di poche parole, abituato a non mostrare alcuna emozione. La sua caratteristica fondamentale era una grande ambizione ed il suo primo desiderio era quello di entrare in contatto con le persone più capaci e qualificate dell’impero.
Era alto circa un metro e settantacinque centimetri.(6) Aveva le orecchie molto lunghe e le braccia così lunghe che arrivavano fin sotto le ginocchia. Poteva girare indietro gli occhi in modo da guardarsi le orecchie ed aveva un volto impressionante, con labbra rosse e carnose.
Discendeva dal principe Jĭng di Zhōngshān, Liú Shèng, ed era un lontano pronipote di Sua Maestà l’imperatore Jìn degli Hàn.
Si chiamava Liú di cognome e Bèi di nome. Il suo nome di cortesia era Xuándé.(7)
Una volta, al tempo dell’imperatore Wŭ della dinastia degli Hàn, il figlio di Liú Shèng, Liú Zhēn, aveva ottenuto il titolo di marchese di Zhuōlŭ, ma, successivamente, avendo trascurato di versare di versare il canone annuale dovuto per il mantenimento di questo onore, aveva perso il titolo.
Tali vicende storiche avevano fatto sì che questa branca della famiglia si trovasse ad abitare all’epoca dei fatti che raccontiamo, nel distretto di Zhuō.
Il nonno di Xuándé, si chiamava Liú Xióng, il padre Liú Huóng.Quest’ultimo ottenne un impiego di funzionario locale e cominciò ad esercitare il suo incarico, ma morì in ancor giovane età.
Xuándé, rimasto orfano ancor bambino, si prese cura della madre con grande affetto filiale. La famiglia era povera e, per guadagnarsi da vivere, vendevano sandali per strada ed intrecciavano stuoie di paglia.
Vivevano nel villaggio detto del Grande Gelso nel distretto di Zhuōlŭ. A sud-est della loro casa sorgeva infatti un maestoso albero di gelso, alto più di undici metri, il cui fogliame, visto di lontano, assomigliava al baldacchino di una carrozza. Per questo la gente diceva: “Da questa casa dovrà uscire un grand’uomo”.
IX - Quand’era bambino Xuándé soleva giocare sotto quest’albero con i ragazzi del villaggio e diceva: “Io faccio il Figlio del Cielo, quello che sale sulla carrozza col baldacchino”.
Suo zio Liú Yuánqĭ, ascoltando queste curiose parole, osservò: “ Il ragazzo non è certo una persona ordinaria” e, vedendo che la famiglia di Xuándé non aveva mezzi, spesso dava loro dei soldi.
A quindici anni la madre lo mandò a studiare fuori di casa.
Ebbe per maestri Zhèng Xuán e Lú Zhí e divenne amico di Gōngsūn Zàn. Quando Liú Yān diffuse il bando di arruolamento, Liú Bèi aveva già compiuto ventotto anni.
Quel giorno lesse il manifesto con grande emozione ed emise un profondo sospiro.
Subito, qualcuno che si era fermato accanto a lui a leggere il bando, osservò con durezza: “Ecco un uomo sano e robusto che non è capace di offrire al paese le proprie energie. Perché sospiri così profondamente?”.
X - Xuándé si voltò sorpreso a guardare l’uomo che aveva parlato.
Era un omaccione di un metro e ottantacinque, dal volto fiero e dall’aspetto di persona ricca ed importante. Aveva una voce tonante ed una presenza imponente.
Xuándé trovò il suo aspetto curioso e gli domandò chi fosse.
“Mi chiamo Zhāng Fēi” rispose l’uomo” ma il mio nome di cortesia è Yide. La mia famiglia risiede da molte generazioni nel distretto di Zhuo. Sono un grosso proprietario terriero: vendo vino e macello maiali. Mi piace particolarmente coltivare i rapporti con persone intelligenti e capaci. Ti ho appena visto leggere il bando e sospirare. Proprio per questo te ne ho domandato la ragione.”
Xuándé rispose:“ Io sono un discendente della dinastia Hàn e mi chiamo Liú Bèi. Oggi ho saputo che i Turbanti Gialli si sono ribellati e vorrei distruggere questi banditi, ma non ho i mezzi per farlo. Ecco la ragione per cui mi sono limitato a sospirare profondamente.”.
Fēi gli disse allora:”Io sono un ricco possidente e dispongo di molte risorse. Cercherò di reclutare una milizia di volontari tra i contadini più coraggiosi ed insieme ci accingeremo a questa grande impresa. Che cosa ne pensi?”.
Decisero anzitutto di recarsi insieme alla taverna del villaggio per bere un sorso di vino.
XI - Proprio mentre stavano bevendo, videro passare per strada un uomo di alta statura che spingeva dinanzi a sé un carretto. Arrivato di fronte alla porta della taverna, l’uomo si fermò, entrò e si sedette.
Chiamò il taverniere e gli disse :” Portami in fretta un bicchiere di vino. Sto andando in città ad arruolarmi”.
Era alto più di due metri, con una gran barba che gli scendeva fino a metà del petto. Il volto era di un color rosso acceso, le labbra rosse e carnose, gli occhi scarlatti come quelli di una fenice. Le folte sopracciglia sembravano bachi da seta accartocciati. Appariva forte ed imponente, gigantesco e terrificante.
Xuándé gli si avvicinò e lo invitò a sedersi con lui e con il suo nuovo amico.
Gli domandò chi fosse e l’uomo rispose: “ Mi chiamo Guān Yŭ. Il mio nome di cortesia era Shòucháng, ma ora mi faccio chiamare Yúncháng. Vengo dal distretto di Xièliáng nella regione di Hédōng. Poichè nel mio villaggio d’origine c’era un prepotente che abusava della propria autorità e terrorizzava la popolazione l’ho ucciso e poi, a scanso di guai, sono stato costretto a fuggire ed a darmi alla macchia per cinque o sei anni. Ora ho sentito dire che qui si reclutano volontari per combattere i ribelli e sono venuto con il preciso scopo di arruolarmi”.
A questo punto, Xuándé lo informò delle proprie intenzioni e Yúncháng ne fu felice.
Si recarono poi tutti quanti a casa di Zhāng Fēi per discutere insieme tali importanti questioni.
XII - Fēi disse: “ Dietro casa mia c’è un pescheto, i cui alberi stanno fiorendo proprio in questo momento. Domani andremo nel pescheto e vi compiremo un sacrificio in onore del Cielo e della Terra. Noi tre saremo uniti come fratelli. Congiungeremo le nostre forze per un fine comune e, dopo esserci promessa reciproca fedeltà, potremo progettare grandi imprese”.
Xuándé e Yúncháng risposero con una sola voce:”Questa è un’ottima idea”.
Il giorno dopo,nel pescheto, si prepararono a sacrificare come offerte agli dei un toro nero ed un cavallo bianco. I tre uomini bruciarono incenso e si inchinarono due volte, poi pronunciarono il seguente giuramento:”Noi tre, Liú Bèi, Guān Yŭ e Zhāng Fēi, pur portando cognomi differenti, in realtà siamo uniti come fratelli. Promettiamo di congiungere le nostre forze per un fine comune e di assisterci reciprocamente nei pericoli e nelle difficoltà. Ci innalzeremo a salvare la nazione e ci chineremo a rassicurare i cittadini. Per noi è irrilevante non essere nati lo stesso anno, lo stesso mese e lo stesso giorno; quel che ci importa è morire tutti insieme, se necessario. Per il Cielo Supremo e la Terra Sovrana sia attestato questo nostro impegno. Se dovessimo mai tradirlo, possano gli dei annientarci tutti quanti”.
Pronunciato il giuramento gli altri due si inchinarono di fronte a Xuándé, come dinanzi al fratello maggiore. Guān Yŭ fu considerato il secondo e Zhāng Fēi il terzo.
Venerarono secondo il rito il Cielo e la Terra e sacrificarono un altro toro. Poi fecero portare del vino e radunarono tutti i coraggiosi della zona.
Riunirono così più di trecento uomini ai quali offrirono da bere a volontà nel pescheto finchè non furono tutti ubriachi.
Il giorno dopo si prepararono a mettersi in marcia e distribuirono le armi, ma purtroppo non avevano cavalli da montare.
XIII – Mentre riflettevano sul da farsi, qualcuno riferì che si stavano avvicinando due visitatori accompagnati da un folto gruppo di domestici che si tiravano dietro un branco di cavalli.
Xuándé esclamò:” Questa per noi è proprio una benedizione celeste”.
I tre amici uscirono di casa per andare incontro ai visitatori . Si scoprì che si trattava in realtà di due grossi commercianti di Zhōngshóu, i cui nomi erano rispettivamente Zhāng Shípìng e Sū Shuāng. Ogni anno essi si recavano al nord a vendere cavalli, ma ora erano stati costretti a tornare indietro a causa dell’avanzata dei ribelli.
Xuándé li invitò ad entrare in casa, fece preparare un banchetto in loro onore e li trattò con ogni cordialità. Poi spiegò che intendeva attaccare i ribelli e rassicurare i buoni cittadini. I due ospiti ne furono entusiasti e promisero che avrebbero fornito una cinquantina di buoni cavalli. Offrirono anche, a titolo di finanziamento, diciotto chilogrammi di metallo prezioso ed altrettanti chili d’acciaio (8), materiale buono per fabbricare armi.
Congedati i due ospiti, Xuándé ordinò subito ad un abile fabbro di forgiare per lui un paio di lunghe spade.
Yúncháng si fece forgiare la famosa “Alabarda a falce di luna del Drago Azzurro”, che fu poi detta anche “La Bella Lama Gelata”. Quest’arma pesava ben quarantotto chili.
Zhāng Fēi infine si fece forgiare una lancia d’acciaio temprato lunga oltre quattro metri.
Ciascuno indossava inoltre una corazza che gli proteggeva tutto il corpo.
Dopo aver riunito più di cinquecento volontari si recarono da Zōu Jìng, che li presentò al governatore Liú Yān..
Verso la fine dell’udienza, il governatore e Liú Bèi constatarono che portavano lo stesso cognome. Xuándé menzionò il proprio albero genealogico ed il governatore potè accertare con grande piacere che erano parenti.
XIV – Pochi giorni dopo, fu riferito che Chéng Yuănzhì, uno dei capi dei Turbanti Gialli, stava marciando sul distretto di Zhuō alla testa di cinquantamila armati.
Liú Yān. ordinò a Zōu Jìng di convocare Liú Bèi ed i suoi due amici, alla testa dei loro cinquecento volontari, perchè affrontassero i ribelli.
Xuándé ed i suoi due compagni obbedirono con entusiasmo e fecero avanzare direttamente le loro truppe fino alle colline di Dàxīng dove incontrarono le schiere dei ribelli. Questi avevano tutti i capelli incolti e sciarpe gialle avvolte intorno alla testa.
Immediatamente i due eserciti si fronteggiarono.
Xuándé spronò il cavallo contro il nemico, fiancheggiato da Yúnchang, a ádestra, e da Yìdé, a sinistra, ed agitando il frustino insultava a gran voce i ribelli: “Banditi, traditori, nemici del paese, fareste meglio ad arrendervi subito”.
XV - Chéng Yuănzhì si infuriò grandemente nel sentire queste parole ed ordinò al suo luogotenente Dèng Mào di attaccare battaglia.
Zhāng Fēi mise in resta la sua lunga lancia e la tenne ferma con mano salda colpendo Dèng Mào in pieno petto e rovesciandolo dal cavallo.
Allora Chéng Yuănzhì, dopo aver visto che Dèng Mào era stato disarcionato, spronò il cavallo brandendo alta la spada e si gettò direttamente su Zhāng Fēi, ma Yúncháng roteò la sua lunga alabarda e si lanciò al gran galoppo contro di lui.
Disorientato da questo inatteso attacco, Chéng Yuănzhì non riuscì a reagire in tempo e fu tagliato letteralmente in due da un fendente dell’alabarda di Yúncháng.
XVI - I posteri scrissero in onore dei due valorosi il seguente poema:
“ Quella mattina gli eroi snudarono le lame appuntite:
uno saggiò la lancia, il secondo provò la sua alabarda.
Al primissimo scontro mostrarono tutta la loro forza.
I nomi dei tre amici sono ormai divenuti leggendari”.
XVII - Vedendo che Chéng Yuănzhì era stato tagliato a pezzi, le schiere dei ribelli gettarono le armi e fuggirono in disordine.
Xuándé guidò le sue truppe all’inseguimento e fece innumerevoli prigionieri.
Quando ritornarono trionfanti, Liú Yān venne personalmente a congratularsi con loro ed a ricompensare con doni i soldati più valorosi.
Il giorno successivo ricevettero un messaggio del governatore di Qīngzhōu, il quale li avvertiva che i Turbanti Gialli avevano circondato la città e stavano per conquistarla. Egli pregava di venirgli in aiuto.
Liú Yān ne parlò con Xuándé, che si dichiarò pronto a partire in soccorso degli assediati.
Allora il governatore ordinò a Zōu Jìng di mettersi alla testa di cinquemila uomini e di marciare su Qīngzhōu insieme con Xuándé, Guān e Zhāng.
I ribelli videro arrivare l’esercito inviato in aiuto agli assediati, distolsero dall’assedio una parte delle loro forze ed attaccarono i sopravvenuti con impeto disordinato.
I soldati venuti con Xuándé, molto meno numerosi, non potevano vincere. Così si ritirarono di circa quindici chilometri e si accamparono per la notte.
Xuándé riunì un consiglio di guerra con Guān e Zhāng ed osservò:”I ribelli sono numerosi, mentre noi siamo pochi. Solo ricorrendo ad uno stratagemma riusciremo a vincere”.
Diede perciò ordine al comandante Guān di nascondersi con mille uomini dietro una collina situata a sinistra dell’accampamento ed a Zhāng Fēi di appiattarsi con altri mille soldati dietro un’altra collina sulla sinistra. Al suono dei gong sarebbero saltati fuori tutti insieme.
XVIII - Il giorno dopo Xuándé e Zou Jìng schierarono le loro truppe e le fecero avanzare tra grandi strepiti e rulli di tamburo. Quando le masse ribelli gli si avventarono contro, Xuándé ordinò ai suoi di battere in ritirata. I ribelli si lanciarono all’inseguimento, ma avevano appena attraversato la cresta di una collina,quando tutti i gong delle truppe di Xuándé suonarono insieme il segnale dell’attacco.(9) I due distaccamenti nascosti a sinistra e a destra saltarono fuori contemporaneamente alle spalle del nemico, mentre Xuándé ordinava alle truppe sotto il suo comando diretto di fare immediatamente dietro-front e di affrontare a loro volta i ribelli. Questi ultimi, assaliti contemporaneamente da tre direzioni furono sbaragliati e vennero inesorabilmente ricacciati fin sotto le mura di Qīngzhōu. A questo punto anche il governatore Gōng Jĭng guidò le sue milizie in una sortita fuori della città per aiutare a risolvere il combattimento. Moltissimi ribelli furono uccisi e le forze ribelli, gravemente sconfitte, furono costrette ad abbandonare l’assedio di Qīngzhōu..
XIX - I posteri composero in onore di Xuándé il seguente poema:
“ Egli concepì un piano decisivo di ispirazione divina.
Anche due tigri devono cedere dinanzi ad un drago.
Appena sceso in campo fu capace di fare meraviglie.
Era naturale che beneficasse i poveri e i diseredati.”
XX – Quando Gōng Jĭng ebbe finito di ricompensare le truppe vittoriose, Zōu Jìng voleva ritornare alla base. Xúandé allora disse: “ Ho sentito di recente che il comandante delle guardie imperiali Lú Zhí ed il capo ribelle Zhāng Jué si stanno affrontando nel Guăngzōng Lú Zhí è stato il mio maestro. Vorrei andare ad aiutarlo”.
Così Zōu Jìng riportò indietro le proprie truppe, mentre Xúandé, Guān e Zhāng si dirigevano con il nucleo delle loro forze ,che era di appena cinquecento uomini, verso il Guăngzōng.
Arrivarono all’accampamento di Lú Zhí e si diressero alla sua tenda per salutarlo.
Lú Zhí fu molto contento del loro arrivo e si trattenne dinanzi alla tenda per ascoltare la loro storia.
In quel periodo, le truppe ribelli agli ordini di Zhāng Jué contavano centocinquantamila uomini, mentre le truppe di Lú Zhí ammontavano a circa cinquantamila soldati. I due eserciti si combattevano nel Guăngzōng senza che nessuno dei due fosse riuscito a prevalere nettamente sull’altro.
(10)
Zhí chiamò a sé Xúandé e gli fece la seguente proposta: “ Noi teniamo ora bloccato il capo ribelle in questa zona, ma i suoi fratelli minori Zhāng Liáng e Zhāng Bào fronteggiano i nostri generali Huángfū Sōng e Zhū Jùn nel Yĭngchuán. Tu potresti avanzare con le tue truppe, cui io aggiungerei come aiuto un migliaio di soldati imperiali, fino a Yĭngchuán per valutare sul posto la situazione e per stabilire quanto tempo ci vorrà per circondare e catturare il nemico”.Xúandé obbedì e fece marciare le sue truppe di notte per arrivare il più presto possibile a Yĭngchuán.
XXI. In quel momento, Huángfū Sōng e Zhū Jùn stavano attaccando i ribelli, i quali erano sulla difensiva.
I ribelli si erano ritirati a Chángshè ed avevano dovuto costruire capanne di paglia per potersi accampare.
Sōng e Jùn idearono un piano:” I ribelli hanno utilizzato la paglia per costruire il loro accampamento e noi useremo il fuoco per attaccarlo.”.
Ordinarono perciò ai soldati di avvicinarsi di nascosto all’accampamento nemico dopo aver raccolto ciascuno un fascio di sterpi secchi.
Quella notte si mise a soffiare improvvisamente un forte vento.
Dopo il secondo turno di guardia, i soldati diedero fuoco tutti insieme ai loro fasci di sterpi. Sōng e Jùn guidarono ciascuno all’assalto le proprie truppe.
L’accampamento dei ribelli cominciò ad ardere e le fiamme salirono fino al cielo. Le schiere dei ribelli furono colte dal panico e fuggirono in tutte le direzioni senza neppure tentare di afferrare le armi, senza neppure sellare i cavalli. La strage durò fino all’alba quando i superstiti delle truppe di Zhāng Liáng e di Zhāng Bào, fuggendo a perdifiato da tutte le parti, riuscirono finalmente ad allontanarsi.
XXII –Improvvisamente i fuggitivi videro sventolare dinanzi a sé le bandiere rosse di un reggimento di cavalleria che, quando arrivò sul posto, precluse loro ogni via di fuga.
Comandava questo reparto un uomo alto circa un metro e settantacinque, che aveva gli occhi sottili ed una lunga barba. Aveva il grado di comandante di cavalleria ed era originario del distretto di Qiáo Jùn nella regione di Pèi. Il suo cognome era Cáo, il nome Cāo, il nome di cortesia Mèngdé. Il cognome originale di suo padre era stato Xiàhóu, ma quando era stato adottato dal segretario dell’imperatore, Cáo Téng, aveva sostituito con Cáo il suo precedente cognome. Cāo, il figlio di Cáo Sōng, si chiamava da piccolo Amán. Un altro nome con cui era conosciuto era Jílì.
Da ragazzo Cāo amava andare a caccia e gli piaceva cantare e ballare. Era astuto e molto malizioso. Un suo zio aveva notato che il ragazzo era sempre in giro e, non approvando questo comportamento, ne aveva parlato a Cáo Sōng. Il padre cominciò allora a rimproverare Cāo che, all’improvviso, ebbe un’idea geniale. Una volta, vedendo avvicinarsi lo zio, si lasciò cadere a terra agitandosi scompostamente come se fosse stato colto da un attacco di epilessia. Lo zio, spaventato, corse ad avvertire il padre, ma quando questi giunse trafelato a vedere che cosa fosse successo trovò Cāo tranquillo e sorridente. Sōng disse a suo figlio:” Tuo zio mi ha riferito che hai avuto un attacco di epilessia. Come stai ora?”. Cāo rispose: “ Dovrei anzitutto precisare che non ho mai sofferto di questa malattia e che, se lo zio va dicendo su di me cose inesatte, è perchè non si cura assolutamente di me”. Sōng credette alle parole del figlio e, da allora in poi, quando il fratello gli diceva di aver visto Cāo bighellonare fuori casa, non gli prestava più fede. In questo modo Cāo riuscì a fare liberamente tutto ciò che voleva.
XXIII. Viveva a quell’epoca un uomo chiamato Qiáo Xuán che domandò a Cāo: “L’impero sta precipitando nel disordine e ci vorrà davvero un uomo di capacità eccezionali per salvarci. Sarai tu l’uomo che ristabilirà la pace e l’ordine?”.
Quando Hé Yóng di Nányáng rese visita a Cāo, osservò: “ La Casa degli Hàn sta per andare in rovina, ma ho appena incontrato chi, senza dubbio, pacificherà l’impero”.
Xù Shào di Rŭnán aveva fama di essere un profondo conoscitore di caratteri. Cāo andò a trovarlo e gli domandò: “Che tipo di uomo sono io?”. Shào non rispose. Quando Cāo gli ripetè la domanda, disse: “Un abile ministro in tempi di pace, un abile intrigante in tempi di disordine”.
Cāo ascoltò queste parole con gran gioia.
A vent’anni fu nominato funzionario per meriti di onestà e di rispetto filiale e poi trasferito a Luòyáng come comandante del quartiere nord della città. Non appena assunto l’incarico fece subito affiggere alle quattro porte del suo settore più di dieci tavolette multicolori nelle quali annunciava che tutti coloro che avessero violato una norma ne avrebbero portato la responsabilità senza poter invocare né prestigio né ricchezza.
Una notte, durante una ronda, Cāo sorprese lo zio di Jiăn Shuò, l’assistente personale dell’imperatore, che andava in giro armato di una spada dopo il coprifuoco e lo fece bastonare. Per questo né i cittadini né i forestieri osavano più contravvenire alle regole e Cāo acquisì fama di grande severità. Più tardi fu nominato governatore di Dùnqiū. A causa della ribellione dei Turbanti Gialli, fu fatto comandante di cavalleria e messo alla testa di cinquemila uomini, con i quali doveva recarsi a Yingchuan per portare soccorso alle truppe imperiali. Proprio al momento del suo arrivo, Zhāng Líang e Zhāng Bào erano stati sconfitti e volti in fuga. Cáo Cāo intercettò i fuggitivi e ne fece grande strage, uccidendone più di diecimila. Catturò anche un gran numero di bandiere, di gong, di tamburi e dicavalli. Tuttavia, Zhāng Liáng e Zhāng Bào riuscirono a sfuggire al massacro. Dopo aver reso visita a Huángfū Sōng e a Zhū Jùn , Cáo Cāo lanciò subito le proprie truppe all’inseguimento di Zhāng Liáng e Zhāng Bào.
XXIV. Parliamo ora di Xúandé, che si stava recando a Yĭngchuán con Guăn e Zhāng. Sentirono lo strepito di una battaglia e videro in lontananza fiamme che si levavano fino al cielo. Condussero rapidamente le loro truppe in quella direzione, ma ,quando arrivarono sul posto, i ribelli erano già stati sconfitti e dispersi. Xúandé si presentò a Huángfū Sōng e Zhū
Jùn e riferì loro i piani di Lú Zhí . Fū gli disse: “ Le forze di Zhāng Liáng e di Zhāng Bào sono ormai ridotte a ben poca cosa. Sarebbe meglio che tu ritornassi nel Guăngzōng per vedertela con Zhāng Jué, anzi, caro Xúandé, per esserci veramente utile dovresti ritornare là il più presto possibile”.
XXV. Xúandé diede immediatamente ordine alle sue truppe di ritornare nella direzione da cui erano venute. Arrivati a metà strada, incontrarono un drappello di cavalieri che scortava un cellulare nel quale era rinchiuso un uomo. Ora, il prigioniero non era altri che Lú Zhí in persona. Xúandé fu molto scosso da questo incontro e, smontato rapidamente da cavallo, gli domandò cosa fosse successo. “Avevo già circondato Zhāng Jué”rispose Lú Zhí ” e stavo quasi per distruggerlo, ma lui ha fatto ricorso alla magia, e così non ho potuto ottenere subito la vittoria. L’eunuco Zuŏ Fēng, che è stato inviato qui dalla Corte per sapere che cosa stava accadendo, mi ha chiesto dei soldi, ma io gli ho risposto:” I soldi non mi bastano nemmeno a
comprare i viveri per le truppe, dove potrei trovarne per corrompere l’inviato dell’Imperatore?”. Zuŏ Fēng non ha per nulla apprezzato la mia risposta ed ha riferito alla Corte che io mi ero rintanato dietro le alte mura di una fortezza senza alcuna voglia di attaccare battaglia e che mancavo di spirito combattivo.La Corte si è infuriata per questo ed ha mandato il generale della guardia Dŏng Zhuó a rimpiazzarmi nel comando. Mi hanno arrestato ed ora mi stanno riportando alla capitale per processarmi.
XXVI Non appena Zhāng Fēi ebbe ascoltato queste parole, si infuriò grandemente e voleva fare a pezzi i soldati della scorta per liberare Lú Zhí, ma Xuándé si affrettò a trattenerlo dicendogli: “ Come puoi essere così impulsivo? Non ti rendi conto che il governo imperiale ha l’appoggio del popolo?”. I soldati circondarono di nuovo Lú Zhí e ripresero il cammino. Il comandante Guān osservò: “Il generale della guardia Lú è stato arrestato ed un altro comanda ormai le sue truppe. Se noi ci uniamo a loro, non avremo nessuno su cui contare. In queste condizioni, sarebbe meglio tornare al distretto di Zhuō". Xuándé seguì il suo suggerimento e condusse subito i suoi soldati verso il nord.
XXVII. Non avevano ancora compiuto due giorni di cammino quando sentirono urla e strepiti da dietro le colline. Xúandé, Guān e Zhāng galopparono verso la cima di una collina per vedere che cosa stesse accadendo. Videro che le truppe degli Hàn erano in rotta e che monti e pianure formicolavano di Turbanti Gialli che le stavano inseguendo. Sulle loro bandiere stava scritto a grandi caratteri:“Il Generale del Cielo”. ”È Zhāng Jué” esclamò Xúandé “ Presto! Corriamo a combattere!".
XXVIII. Lanciatisi al galoppo, i tre trascinarono le loro truppe nella battaglia proprio mentre Zhāng Jué stava annientando Dŏng Zhuó . La loro improvvisa carica disorientò le schiere di Jué che fuggirono per più di venticinque chilometri. Così i tre salvarono Dŏng Zhuó , che poté rioccupare le sue precedenti posizioni. Dŏng chiese ai tre quale fosse il loro grado nell'esercito. “Semplici cittadini che ci siamo portati volontari” rispose Xúandé. Da quel momento Dŏng Zhuó , accortosi che non aveva a che fare con personaggi importanti, non si curò più di loro. Xúandé finse di non farci caso e si allontanò, ma Zhāng Fēi si infuriò:” Noi ci siamo gettati in una battaglia sanguinosa per salvare questo cialtrone e lui non ci dice nemmeno grazie. Se non lo uccido, scoppierò di rabbia”, e voleva tirar fuori la spada e precipitarsi nella tenda per uccidere Dŏng Zhuó .
È proprio vero: Le passioni dominavano l’uomo nell’antichità come al giorno d’oggi. Si sarebbe mai potuto immaginare che un cittadino qualunque potesse compiere imprese eroiche? Un uomo franco e
leale come Yìdé sarebbe mai riuscito ad eliminare tutti gli impostori di questo mondo?
Alla fine, Dŏng Zhuó se la caverà? Continuate a leggere e lo saprete.
Note
(1) La dinastia Zhōu,che era succeduta alla dinastia Shāng nel 1046 a.C., regnò formalmente sino al 256 a.C., quando gli ultimi eredi rinunciarono a rivendicare un titolo che era ormai privo di qualsiasi consistenza. Nei successivi trent’anni Chéng, re di Qín, riuscì a conquistare gli altri regni e creò, nel 221 a.C. , la dinastia Qín, che durò sino al 206 a.C. Dopo alcuni anni di lotta tra i regni di Hàn e Chŭ, Gāozŭ creò nel 202 a.C. la dinastia degli Hàn. Questa dinastia fu interrotta nel 9 a.C. dall’usurpazione di Wáng Măng, che riuscì a mantenere il potere sino al 23 d.C. Nel 25 d.C. Guāngwŭ
riportò sul trono la dinastia Hàn, che nel 220 d.C. lasciò il posto a tre regni: Shŭ Hàn, Cáo Wèi e Sūn Wú. Nel 280 d.C. l’intero paese fu di nuovo riunificato sotto la dinastia Jìn.
(2) L’imperatore Huán regnò dal 146 d.C. al 168 d.C. L’imperatore Líng regnò dal 168 d.C. al 189 d.C.
(3) Il testo originale dice qui che Zhāng Jué non era riuscito a diventare “xiùcái”. Il termine “xiùcái” 秀才 (letteralmente:“talento fiorente") indicò, a partire dal 605 d.C., i diplomati degli “esami imperiali” per l’accesso al pubblico impiego. In epoca anteriore, designava semplicemente i letterati che , per le loro capacità ed il loro sapere, erano stati chiamati a ricoprire cariche pubbliche.
4) Il titolo in questione fu conferito, per così dire retroattivamente, nel 742 d.C., dall’imperatore Xuánzōng della Dinastia Táng al filosofo taoista Zhuăng Zĭ vissuto nel IV° secolo a.C.
(5) Gli slogan propagandistici di Zhāng Jué sfruttano abilmente due diffuse credenze popolari.
Il primo si richiama alla dottrina delle Cinque Fasi (Wŭ Xíng 五 行), secondo cui tutto ciò che avviene nel mondo è regolato da un preciso ordine che prevede la successione ciclica di cinque elementi: Legno, Fuoco, Terra, Metallo, Acqua, a ciascuno dei quali è legato, tra l’altro, un distinto colore: ad es. il rosso per il Fuoco, il giallo per la Terra. Scegliendo come proprio colore il giallo, Zhāng Jué si presentava come successore della dinastia Hàn, il cui colore simbolico era il rosso.
Il secondo fa invece riferimento al calendario cinese, che è diviso in cicli di sessant’anni. L’inizio di ogni ciclo sessagesimale veniva salutato come l’apertura di un periodo di sviluppo e di rinnovamento, un po’ come accade da noi per l’inizio di un nuovo secolo. L’Anno del Topo (184 d.C.) era il primo anno di un nuovo ciclo e costituiva dunque un buon presagio per
cambiamenti politici di grande importanza.
(6) I tre eroi del romanzo sono tutti di alta statura. Probabilmente l’autore ha inteso sottolinearne la differenza anche fisica rispetto alla gente comune che, a quei tempi, non superava in genere il metro e mezzo d’altezza.
(7) Fino a qualche tempo fa, le regole dell’etichetta cinese consideravano scorretto rivolgersi ad una persona con il suo vero nome. A ciascuno veniva perciò attribuito, per i rapporti sociali, un “nome di cortesia”(“zĭ”). Il nome di cortesia di Liú Bèi “Xuándé”ricorda il “Potere Arcano” che, secondo Láo Zĭ, è il principio vitale del Dào, ed ha quindi un chiaro valore simbolico
(8) A rigore, il termine “bīntiĕ”鑌 鐵 , qui usato dall’autore, non può essere inteso nel senso che indichi il vero e proprio “acciaio”, il cui procedimento di fusione fu conosciuto in Cina solo parecchi secoli dopo il periodo storico di cui tratta il Romanzo dei Tre Regni.
(9) Lo stratagemma di Xuándé risulta particolarmente astuto perché, utilizzando il suono dei gong che ordinano la ritirata alle truppe schierate di fronte ai ribelli anche come segnale d’attacco per i soldati posti in agguato ai fianchi del nemico (mentre l’assalto era normalmente ordinato facendo rullare i tamburi), permette a costoro di giungere alla spalle dei ribelli senza che questi ultimi si accorgano di essere caduti in un'imboscata.
(10) La situazione di stallo nonostante la grande disparità di forze si spiega facilmente con il fatto che le truppe imperiali erano ben armate ed ottimamente addestrate mentre i ribelli erano masse di contadini armati di falci e di bastoni e privi di qualsiasi addestramento e disciplina.
Capitolo 2
Zhāng Yìdé, per la rabbia, prende a frustate l’ispettore distrettuale. Hé Jìn, il cognato dell’imperatore, progetta lo sterminio degli eunuchi corrotti.
I. Parliamo ora di Dōng Zhuó, il cui nome di cortesia era Zhòngyĭng. Costui era originario del distretto di Líntáo nel Lŏngxī e svolgeva in quel periodo le funzioni di governatore di Hédōng. Era sempre stato un individuo presuntuoso ed arrogante.
Quel giorno, dopo che Dōng Zhuó ebbe trattato con evidente scortesia Xuándé, Zhāng Fēi fu preso dalla rabbia e voleva ucciderlo, ma Xuándé ed il comandante Guăn si affrettarono a trattenerlo, dicendogli: “Ricordati che è un funzionario del governo imperiale. Non puoi farti giustizia da solo”.
Fēi rispose. “ Se non posso accoppare quel cialtrone, finirò sotto il suo comando e dovrò prendere ordini da lui, cosa di cui non ho proprio la minima voglia. Se voi due, fratelli miei, desiderate restare qui, io me ne andrò altrove per conto mio”.
“Noi tre abbiamo giurato di vivere e di morire insieme.” lo interruppe Xuándé “Come potremmo mai lasciarti andar via da solo?”.
Fēi replicò: “Va bene. In questo caso, cercherò di sfogare la mia rabbia in qualche altro modo”.
II. I tre si diressero quindi con le loro truppe, a marce forzate, verso l’accampamento di Zhū Jùn, che li accolse cordialmente e che li aggregò al proprio esercito per combattere contro Zhāng Bào. Cáo Cāo, dal canto suo,aveva raggiunto Huángfū Sōng per collaborare all’offensiva contro Zhāng Líang ed i due avevano impegnato il capo ribelle in una grande battaglia nei pressi di Qūyáng.
A questo punto Zhū Jùn lanciò la propria campagna contro Zhāng Bào, che si era ritirato sulle montagne con una forza di ottanta-novantamila uomini, ed ordinò a Xuándé di andare in avanscoperta e di affrontare per primo i nemici. Zhāng Bào mandò avanti il suo luogotenente Gāo Shēng ad attaccare battaglia. Xuándé ordinò a Zhāng Fēi di affrontarlo. Fēi spronò il cavallo al galoppo, mise la lancia in resta e si gettò sull’avversario.Dopo un breve scambio di colpi, Sheng fu disarcionato. Allora Xuándé ordinò subito l’assalto generale. Zhāng Bào, in sella al suo cavallo, levò in fretta la spada e fece ricorso alla magia. Scoppiò un improvviso uragano, e, d’un tratto, il cielo si oscurò e dal buio sbucò un’orda di fanti e di cavalieri che massacrarono chiunque gli si parasse davanti. Xuándé fece prontamente battere la ritirata, ma i soldati si sbandarono e fuggirono in disordine.
Sconfitto, Xuándé ritornò da Zhū Jùn a chiedergli consiglio. “Era solo stregoneria” gli disse Zhū Jùn ” Domani fai uccidere maiali, pecore e cani e fanne raccogliere il sangue. Poi ordina ai tuoi soldati di nascondersi dietro la cresta delle colline. Quando i ribelli verranno all’attacco, i nostri gli verseranno addosso dall’alto il sangue degli animali. Questo trucco dovrebbe annullare l’effetto della magia”.
III. Xuándé seguì le istruzioni di Zhū Jùn . Assegnò al comandante Guăn e a Zhāng Fēi mille uomini ciascuno con l’ordine di nascondersi dietro la cresta delle colline e di tener pronti dei secchi pieni di sangue di porco, di pecora e di cane. Il giorno seguente Zhāng Bào guidò di nuovo le sue truppe all’attacco tra sventolio di bandiere e rullo di tamburi. Xuándé gli si fece incontro. Nell’attimo in cui i due eserciti stavano per scontrarsi, Zhāng Bào fece ricorso alla magia. Scoppiò subito un gran temporale, che sollevò nuvole di polvere e di sabbia, oscurando il cielo, mentre apparivano improvvisamente dal nulla schiere incessanti di fanti e di cavalieri. Xuándé voltò indietro il cavallo e fuggì a briglia sciolta. Zhāng Bào ordinò ai suoi soldati di inseguirlo, ma non appena giunsero sotto la cresta delle colline, frecce incendiarie lanciate verso il cielo li segnalarono agli uomini di Guăn e di Fēi , che cominciarono a versar loro addosso dall’alto, tutti insieme, il sangue che avevano raccolto. Allora si videro soltanto uomini di carta e cavalli di paglia che cadevano a terra in gran numero. L’uragano cessò istantaneamente e la tempesta di sabbia si placò. Zhāng Bào constatò che la sua magia non funzionava più e fece battere in gran fretta la ritirata. Da destra e da sinistra si lanciarono fuori i reparti di Guăn e di Zhāng, mentre le truppe di Xuándé e di Jùn incalzavano alle spalle i ribelli che fuggivano.
L’esercito ribelle subì una grave sconfitta. Xuándé scorse di lontano la bandiera di comando del “Generale della Terra” e galoppò a spron battuto in quella direzione. Zhāng Bào si diede alla fuga, ma Xuándé gli scoccò una freccia che lo colpì al braccio sinistro. Senza neppure cercare di estrarre la freccia dal braccio, Zhāng Bào continuò a fuggire e riuscì a rifugiarsi tra le mura di Yánchéng, dove si arroccò. Zhū Jùn fece circondare la città di Yánchéng e ne ordinò l’assalto. Nello stesso tempo, inviò dei messaggeri ad informarsi di ciò che aveva fatto Huángfū Sōng.
IV. I messaggeri riferirono che Huángfū Sōng aveva conseguito una grande vittoria e che la Corte lo aveva perciò nominato al posto di Dōng Zhuó, che continuava a passare di sconfitta in sconfitta. Poco prima dell’arrivo di Sōng era morto Zhāng Jué, che era stato sostituito alla testa dei ribelli da Zhāng Líang, il quale aveva subito dovuto affrontare le truppe imperiali. Sconfitto da Huángfū Sōng in sette successive battaglie, Zhāng Líang era stato catturato e decapitato a Qūyáng . Gli Imperiali avevano ritrovato la bara con il cadavere di Zhāng Jué, al quale avevano tagliato la testa, che era stata inviata alla capitale perché fosse piantata in cima ad un palo sulla piazza principale.I ribelli superstiti si erano arresi tutti quanti. La Corte aveva nominato Huángfū Sōng comandante supremo della cavalleria e dei reparti di carri e gli aveva conferito il titolo di signore della città di Jìizhōu. Huángfū Sōng aveva anche inoltrato all’imperatore una supplica in favore di Lú Zhí , del quale sottolineava i grandi meriti e l’assoluta innocenza. In seguito a ciò la Corte aveva reintegrato Lú Zhí nel suo precedente grado e nelle relative funzioni. Anche Cáo Cāo, in riconoscimento dei suoi meriti, era stato trasferito ad un incarico più
importante a Jĭnán e, congedati i suoi soldati, si era immediatamente recato ad occupare il suo nuovo posto.
V. Ascoltato il rapporto dei messaggeri, Zhū Jùn incitò le sue truppe ad attaccare Yánchéng con tutte le loro forze. La situazione dei ribelli si fece disperata. Poiché Zhāng Bào comandava con estrema durezza, i suoi subordinati lo uccisero e ne portarono la testa a Zhū Jùn in segno di resa. Zhū Jùn pacificò in seguito numerosi distretti ed inviò all’imperatore un rapporto sul bottino conseguito in quella campagna.
VI. Rimanevano a quel punto ancora in circolazione tre capi ribelli – Zhào Hong, Hán Zhōng e Sūn Zhòng – che, alla testa di alcune decine di migliaia di seguaci, bruciavano e saccheggiavano, dicendo che intendevano vendicare Zhāng Jué. La Corte ordinò a Zhū Jùn di lanciarsi immediatamente alla loro caccia con le sue truppe ormai vittoriose.
Jun obbedì e mise subito in marcia le sue truppe contro le forze ribelli che in quel momento occupavano la città di Wănchéng. Zhào Hong gli inviò contro, per affrontarlo, un distaccamento guidato da Hán Zhōng, che si trovò di fronte Xuándé, Guăn e Zhāng , incaricati da Jun di attaccare il lato sud-ovest della città. Hán Zhōng prese le migliori truppe che aveva a sua disposizione e le pose a difesa di questo settore, ma, nel frattempo, Zhū Jùn , con duemila uomini della cavalleria corazzata, aveva puntato direttamente sul lato nord-est della città. I ribelli, temendo che il nemico riuscisse a penetrare in città, abbandonarono in fretta il lato sud-ovest per rinforzare le difese dall’altro lato. Xuándé li attaccò, nel bel mezzo di questa manovra, ed inflisse loro una pesante sconfitta costringendoli a ritirarsi tra le mura di Wănchéng.
Zhū Jùn divise le proprie forze e circondò completamente la città, all’interno della quale vennero presto a mancare i viveri. Di fronte a questa situazione, Hán Zhōng inviò agli assedianti un suo delegato per trattare la resa, ma Jùn lo respinse.
VII. Xuándé non era d’accordo e disse a Jùn: “ Nei tempi antichi Gāozŭ non conquistò forse l’impero inducendo i suoi nemici ad arrendersi e risparmiando coloro che si erano sottomessi? Ti pare giusto che noi ora respingiamo le proposte di resa di Hán Zhōng ?”.“La situazione di quei tempi“gli rispose Jùn “ era completamente diversa da quella attuale. A quell’epoca, nel periodo delle lotte tra i Qín e Xiàng (1), il paese era nel caos ed il popolo non aveva ancora trovato un capo. Perciò, indurre il nemico ad arrendersi proponendogli buone condizioni aveva un senso. Oggi invece, i Turbanti Gialli si ribellano al governo legittimo che controlla tutto il paese.Accettare la loro resa non ci apporterebbe alcun vantaggio, visto che, se questi se la cavassero così a buon mercato, tutti gli altri penserebbero di poter continuare a rubare e a saccheggiare liberamente. Sarebbe troppo comodo ribellarsi e poi arrendersi tranquillamente non appena ci si trova in difficoltà. Perciò il perdono non è una buona strategia”.
“Allora, d’accordo,” replicò Xuándé”nessun quartiere per i banditi. Li abbiamo già circondati da tutte le parti, come se fossero chiusi in una botte di ferro, e, respingendo le loro proposte di resa, li costringeremo a lottare fino alla morte, nonostante siano ormai tutti convinti che ogni resistenza è inutile. Non ti pare, tuttavia, che in questo modo stiamo condannando alla rovina decine di migliaia di abitanti della città? Non sarebbe meglio ritirare le nostre forze dal lato sud-est e concentrare il nostro attacco sul lato nord-ovest. I ribelli cercheranno certamente di abbandonare la città e di fuggir via. Noi li inseguiremo e li costringeremo, anche se non vogliono, a dare battaglia in campo aperto. Potremo così distruggerli senza danno per la popolazione civile”.
VIII. Jùn accettò il suggerimento e ritirò le truppe dal lato sud-est della città, concentrando gli attacchi dell’intero esercito sul lato nord-ovest. Come c’era da aspettarsi, Hán Zhōng fece uscire i suoi uomini dall’altro lato e tentò di fuggire, ma Jùn aveva previsto questa mossa e con Xuándé, Guăn , Zhāng e tutto l’esercito piombò sui ribelli in fuga. Hán Zhōng fu ucciso da una freccia, gli altri si dispersero senza combattere in tutte le direzioni.
IX. Proprio mentre le truppe imperiali stavano inseguendo i fuggiaschi, comparvero, alla guida di una gran massa di ribelli, Zhào Hóng e Sūn Zhòng , che si gettarono su Jùn, il quale, vedendo che Hóng disponeva di ingenti forze giudicò prudente, almeno per il momento, di ritirarsi. Hóng approfittò dell’occasione per rioccupare Wănchéng , mentre Jùn si accampò a circa cinque chilometri di distanza.
Stava organizzando il contrattacco, quando scorse improvvisamente avvicinarsi da est un gruppo di armati, alcuni a piedi, altri a cavallo: Li guidava un uomo dalla fronte spaziosa e dal volto largo, con le spalle possenti ed il petto robusto. Veniva da Fùchūn nel distretto di Wú e si chiamava Sūn Jiān ma si faceva chiamare Wéntái. Come si venne a saper più tardi discendeva da Sūn Wŭzĭ. (2) All’età di diciassette anni, una volta che si recava con suo padre a Qiántáng, vide sulla spiaggia più di una decina di pirati che avevano derubato dei mercanti e che si stavano ora dividendo il bottino. Jiān disse a suo padre: “Voglio catturare questi pirati”. Si precipitò sulla spiaggia con la spada in mano, urlando a squarciagola e dando ordini a destra e a sinistra, come se fosse alla testa di parecchi uomini. I pirati credettero di essere stati scoperti dai gendarmi, abbandonarono il bottino e fuggirono a gambe levate. Jiān li inseguì e riuscì ad ucciderne uno. Ciò lo rese famoso nei dintorni e gli fece ottenere la nomina a comandante della gendarmeria locale. Più tardi, il feroce bandito Xŭ Chāng lanciò una ribellione nel distretto di Guìjī, proclamandosi imperatore col nome di Yángmíng, e riuscì a raccogliere decine di migliaia di seguaci. Jiān ed il comandante militare del distretto arruolarono più di mille coraggiosi volontari, che vennero da tutti i distretti e le contee vicine per combattere contro i ribelli, e riuscirono ad uccidere Xŭ Chāng e suo figlio Xŭ Sháo. Il governatore dalla provinicia, Zāng Mín, presentò un rapporto pieno di elogi per gli autori di questa impresa e, come risultato, Jiān fu prima promosso vicegovernatore della contea di Yándú, poi di quella di Xūyí d infine di quella di Xiàpī. Avendo visto, di recente, che i Turbanti Gialli si erano ribellati, aveva riunito la gioventù locale e vari mercanti di passaggio aggregandoli ad un reparto di più di 1500 soldati scelti, stazionato nell’area tra i fiumi Huái e Sì, e si era messo in marcia per affrontare i ribelli.
X. Zhū Jùn fu molto contento del suo arrivo e decise di impiegarlo nell’imminente assalto alla città. Jiān avrebbe dovuto attaccare la porta meridionale, Xuándé la porta settentrionale e lo stesso Zhū Jùn la porta occidentale, mentre la porta orientale sarebbe stata trascurata per lasciare una via di fuga ai ribelli.
Sūn Jiān salì per primo sulle mura ed uccise da solo più di 20 ribelli, mettendo in fuga gli altri.Improvvisamente Zhào Hóng galoppò verso le mura con la lancia alzata puntando direttamente contro Sūn Jiān , ma quest’ultimo, con un gran salto, si precipitò su Zhào Hóng dall’altodelle mura e gli strappò la lancia, poi lo pugnalò, facendolo cadere di sella
morto. Poi, balzato sul cavallo di Hóng, galoppò come un invasato tra le file dei ribelli facendone strage.
I ribelli che, guidati da Sūn Zhòng, cercarono di fuggire dalla porta settentrionale, finirono direttamente tra le braccia di Xuándé. I soldati ribelli non avevano più alcuna voglia di combattere e ciascuno di essi pensò unicamente a salvarsi con la fuga. Xuándé tese l’arco e scoccò una freccia contro Sūn Zhòng, che si rovesciò all’indietro e cadde da cavallo.
A questo punto entrò in lizza il numeroso esercito di Zhū Jùn.
Decine di migliaia di ribelli furono uccisi ed innumerevoli furono quelli che si arresero. Dopo aver pacificato più di dieci distretti nei dintorni di Nányáng, Jùn congedò le proprie truppe e ritornò alla capitale. Un decreto imperiale gli conferì il grado di generale dei cavalleggeri e dei carri da guerra ed il titolo di signore di Hénán. Nel suo rapporto Zhū Jùn non mancò di elogiare tanto Sūn Jiān quanto Liú Bèi , ma Sūn Jiān aveva amicizie altolocate e fu promosso comandante militare in un altro distretto, nel quale prese subito servizio, mentre Xuándé aspettò a lungo senza che gli fosse assegnato alcun incarico.
XI. I tre amici erano depressi e stavano vagando senza meta per le vie della capitale quando incrociarono per caso la carrozza di Zhāng Jūn, capitano della guardia imperiale. Xuándé, che lo conosceva, andò a trovarlo e gli raccontò di sé e delle proprie vicende. Jūn ne fu scosso e, la prima volta che ebbe occasione di trovarsi alla presenza dell’imperatore gli disse:” In verità, l’unica ragione per cui è scoppiata la rivolta dei Turbanti Gialli è che i Dieci Assistenti Ordinari vendevano i titoli nobiliari e le cariche pubbliche. Facevano assumere solo i loro amici e facevano cacciare solo i loro nemici, con la conseguenza che l’impero è precipitato nel caos. Bisognerebbe giustiziare i Dieci Assistenti Ordinari ed esporre le loro teste in cima a dei pali nei quartieri più affollati della capitale e poi darne notizia in tutto l’impero. Tutti coloro che hanno reso importanti servizi allo Stato dovrebbero essere ricompensati ed in questo modo anche la pubblica amministrazione sarebbe risanata”. I Dieci Assistenti Ordinari presentarono all’imperatore un memoriale in cui si sosteneva che Jūn lo stava ingannando. L’imperatore comandò alle guardie di allontanare Zhāng Jūn dal palazzo. Tuttavia i Dieci Assistenti Ordinari si riunirono per discutere la situazione e si resero conto che non era opportuno trascurare completamente coloro che avevano contribuito a domare la rivolta dei Turbanti Gialli: “Se costoro non ottengono un contentino” conclusero “nutriranno del risentimento contro di noi. Ci conviene dare istruzioni ai funzionari incaricati delle nomine perché assegnino loro qualche posto di scarsa importanza. Così non potranno accusarci di aver tardato troppo a riconoscere i loro meriti”.
Fu così che Xuándé fu nominato capo della polizia municipale ad Ānxī, piccola città del distretto di Dàizhōu nella prefettura di Zhōngshān, e gli fu notificata una data per la sua entrata in funzioni. Xuándé ricondusse a casa i suoi soldati e li congedò.
Quando prese servizio ad Ānxī portò con sé soltanto una ventina di persone o poco più, tra cui Guăn e Zhāng. La popolazione si stupì nel constatare che, dopo un mese dall’entrata in carica, non aveva ancora chiesto favori od imposto tangenti ad una sola persona e tutti furono influenzati dal suo esempio. Anche dopo esser divenuto funzionario, Xuándé continuò a mangiare alla stessa tavola con Guăn e Zhāng ed a dividere con loro la propria camera. Se Xuándé aveva degli impegni legati alle sue funzioni, Guăn e Zhāng lo assistevano tutto il giorno senza mai stancarsi.
XII. Trascorsi appena quattro mesi dal loro arrivo ad Ānxī, fu pubblicato un editto imperiale che revocava le nomine di tutti i funzionari civili provenienti dai ranghi militari e Xuándé temeva di rientrare anche lui nella categoria di coloro che dovevano essere allontanati Proprio allora, l’ispettore distrettuale, che stava facendo il suo abituale giro d’ispezione, arrivò ad Ānxī. Xuándé uscì dalla città e gli si fece incontro per dargli il benvenuto. Quando lo vide giungere,lo salutò rispettosamente, ma l’ispettore, senza smontare da cavallo, si limitò a rispondere al saluto agitando leggermente il suo frustino. Guăn e Zhāng furono entrambi profondamente turbati da questa scena.
Si recarono poi tutti alla locanda, il cui salone fungeva da locale di riunione, e l’ispettore si sedette su una pedana volta verso il sud, mentre Xuándé stava in piedi di fronte ai gradini.
Dopo un momento di silenzio, l’ispettore gli domandò: “Funzionario Liú, da quale famiglia provenite?”.
“Discendo dal principe JĬng di Zōngshān.” rispose Xuándé”Sono partito da Zhuō per combattere ed annientare i Turbanti Gialli. Ho partecipato a circa trenta battaglie con un certo successo ed è per questo che ho ottenuto il mio attuale incarico”.
“ Voi mentite sulla vostra presunta parentela con la famiglia imperiale” lo interruppe ad alta voce l’ispettore” e non sono vere neppure le imprese di cui vi vantate. È appena stato emanato un editto imperiale che intende revocare le nomine ottenute con la falsità e la corruzione, come la vostra”.
Xuándé non seppe far altro che ripetere continuamente “sissignore, sissignore” e si ritirò.
Poi si recò in prefettura per chiedere consiglio al segretario della prefettura, che gli spiegò: “Se l’ispettore fa il difficile, ciò può significare una sola cosa: vuole essere pagato per confermarti l’incarico”.
“Ho esercitato le mie funzioni senza estorcere un soldo alla gente.” osservò Xuándé ”Dove posso mai trovare il denaro per pagare l’ispettore?”.
Il giorno seguente l’ispettore si recò dal segretario della prefettura e lo costrinse a testimoniare che il capo della polizia municipale aveva abusato dei propri poteri.
Xuándé andò più volte a chiedere di potersi difendere, ma le guardie gli impedirono di vedere l’ispettore, che si rifiutava di riceverlo.
XIII. Parliamo ora un momento di Zhāng Fēi che aveva scolato numerosi bicchieri di vino per dimenticare il suo dispiacere. Uscito dalla taverna e montato a cavallo, vide, dinanzi alla porta della prefettura, cinquanta o sessanta anziani che piangevano e si lamentavano. Gli domandò la ragione della loro tristezza ed essi risposero parlando tutti insieme: “L’ispettore distrettuale sta costringendo il segretario della prefettura ad accusare il signor Liú. Noi siamo venuti tutti a protestare, ma non ci è stato permesso di entrare, anzi le guardie che stanno alla porta ci hanno cacciati via a bastonate”.
Zhāng Fēi non ci vide più dalla rabbia. Si guardò intorno con le pupille dilatate dal furore e cominciò a digrignare i denti. Balzò giù di sella e si precipitò nella locanda, senza che le guardie osassero fermarlo. Entrò senza complimenti nel salone posteriore e vide l’ispettore distrettuale che stava giudicando il segretario della prefettura, prostrato dinanzi a lui in catene. “Farabutto! Sfruttatore del popolo!” gli urlò in faccia Zhāng Fēi “Tu non hai ancora imparato a conoscermi!”e, prima che l’altro potesse aprire bocca, lo afferrò per i capelli e lo trascinò fuori della locanda. Di fronte alla sede della prefettura c’era un palo al quale si legavano i cavalli. Zhāng Fēi ci legò l’ispettore, poi strappò un ramo di salice e cominciò a frustare con gran forza il malcapitato, continuando a frustarlo finché non gli ebbe rotto sulla schiena almeno dieci branche di salice.
XIV. Mentre Xuándé stava meditando sulle proprie disgrazie, sentì un gran baccano provenire dalla sede della prefettura e domandò a chi gli stava intorno che cosa stesse accadendo. Gli risposero che il “comandante” Zhāng aveva legato qualcuno ad un palo dinanzi alla sede della prefettura e gli stava dando botte da orbi. Xuándé corse a vedere che cosa succedeva e si rese conto che la persona che veniva presa a frustate era niente di meno che l’ispettore distrettuale. Sconcertato, Xuándé domandò a Zhāng Fēi la ragione di tale trattamento.
“Questi cialtroni che sfruttano il popolo non meritano forse di essere bastonati a morte?” gli rispose Zhāng Fēi “Ebbene, io sto provvedendo”.
L’ispettore distrettuale si mise a gridare: “Signor Xuándé, salvatemi, per pietà!”.
Xuándé che, in fondo, era un uomo compassionevole, pregò subito Zhāng di fermarsi.
Nel frattempo s’era affiancato al gruppo anche il comandante Guăn , il quale osservò:“Fratello, tu hai compiuto una quantità di grandi imprese e, per tutta ricompensa, hai ottenuto un posto da niente. Come se non bastasse, oggi sei anche stato insultato dall’ispettore distrettuale. Non sprecare qui le tue doti: sarebbe come se una fenice facesse il nido in un cespuglio di rovi. Non faresti meglio ad uccidere questo disgraziato, abbandonare l’incarico e tornartene a casa? Non illuderti sulla tua
grandiosa carriera di funzionario”.
Allora Xuándé si tolse il sigillo dell’ufficio e lo appese al collo dell’ispettore dicendogli con scherno: “Tu sei uno sfruttatore del popolo ed io dovrei ucciderti ed andarmene via. Invece ho deciso di risparmiarti la vita. Riprenditi il sigillo del governo! Io me ne vado”.
L’ispettore distrettuale denunciò in seguito l’accaduto al governatore di Díngzhōu che fece rapporto al governatore della provincia chiedendo che nei confronti di Xuándé fosse emesso un mandato di cattura.
Xuándé, Guăn e Zhāng si recarono insieme a Dàizhōu e si presentarono a Liú Huī (3), il quale, come seppe che Liú Bèi era un membro della casa degli Hàn, lo tenne nascosto presso di sé, senza dire nulla in giro.
XV. Ritorniamo ora a parlare dei Dieci Assistenti Ordinari , che avevano ormai acquisito un notevole potere. Nei loro conciliaboli, essi avevano deciso di eliminare chiunque si opponesse alla loro cricca. Zhào Zhōng e Zhāng Rang inviarono uomini fidati a chiedere doni in denaro e tessuti preziosi ai militari che avevano combattuto i Turbanti Gialli, intenzionati ad otteneredall’imperatore che coloro che non si fossero sottomessi fossero rimossi dai loro incarichi. Huángfū Sōng e Zhū Jùn rifiutarono entrambi di piegarsi alle pressioni degli eunuchi. Allora Zhào Zhōng ed i suoi accoliti chiesero all’imperatore di rimuoverli dalle loro funzioni. Non solo ottennero ciò che volevano, ma addirittura l’imperatore nominò Zhào Zhōng generale della cavalleria e dei carri da guerra e conferì alti titoli nobiliari a tredici altri membri della sua fazione, tra cui Zhāng Ràng. Il governo divenne sempre piùcorrotto e lo scontento della popolazione crebbe sempre di più.
Un bandito di Chángshā, chiamato Oū Xíng, creò disordini. Nel distretto di Yúyáng, Zhāng Jŭ e Zhāng Chún si ribellarono: Ju si proclamò imperatore e Chung si dichiarò comandante supremo. Numerosi rapporti preoccupanti giunsero alla capitale, ma i Dieci Assistenti Ordinari li nascosero tutti, senza dire nulla all’imperatore.
XVI. Un giorno l’imperatore stava mangiando e bevendo nel suo palazzo con I Dieci Assistenti Ordinari quando gli si presentò, tutto agitato, il gran consigliere Liú Táo. L’imperatore gli domandò la causa della sua agitazione e Táo gli rispose: “L’impero corre gravissimi pericoli e Vostra Maestà sta facendo festa con gli eunuchi”. “ Di che pericoli state parlando?” lo interruppe l’imperatore “Nel paese regnano da tempo la pace e la prosperità”. Táo insistette: “I banditi spuntano fuori da ogni parte ed occupano città e province e tutte queste disgrazie accadono per colpa dei Dieci Assistenti Ordinari , che vendono le cariche pubbliche e sfruttano il popolo. Essi ingannano il loro sovrano. Tutte le persone giuste ed oneste hanno lasciato la Corte e noi siamo ormai al margine della rovina”.
I Dieci Assistenti Ordinari si scoprirono il capo e si gettarono ai piedi dell’imperatore implorandolo: “ Non ci è più possibile rimanere qui, di fronte all’ostilità degli alti funzionari della Corte. Ti preghiamo di salvare le nostre vite lasciandoci ritornare ai nostri villaggi natali e noi offriremo tutti i nostri beni personali per finanziare l’esercito”.
L’imperatore, furioso, si rivolse a Táo: “ Anche la tua famiglia ha dei domestici, non è vero? Dunque, soltanto io non avrei il diritto di averne?”.e, chiamate le guardie, ordinò loro di portarlo via e di tagliargli la testa.
Táo urlò: “ Non mi importa di morire, ma mi rattrista vedere che, dopo oltre quattro secoli di regno, la casa degli Hàn è giunta alla fine”.
XVII. Le guardie afferrarono Táo e lo condussero fuori, ma, mentre stavano per eseguire la sentenza, un alto funzionario ingiunse loro di fermarsi: “ Non fate più nulla. Aspettate che io parli con l’imperatore”.
I soldati lo guardarono. Era il primo ministro Chén Dān, che entrò subito nel palazzo per fare le sue rimostranze all’imperatore: “Quale crimine può aver commesso il consigliere Liú per essere mandato a morte?”
“Ha calunniato i miei assistenti ”rispose l’imperatore “ e mi ha insultato ed offeso personalmente”.
Dān osservò: “ La gente mangerebbe vivi i vostri dieci assistenti, ma voi, Maestà, li onorate come se fossero i vostri genitori. Sono individui che non hanno mai fatto nulla di buono, eppure hanno ricevuto tutti titoli nobiliari. Per di più, uno di loro, Fēng Xŭ, era in combutta con i Turbanti Gialli ed era pronto a tradirvi. Se Vostra Maestà ora non comincia a riflettere seriamente, il paese sarà distrutto”.
L’imperatore replicò: “ Non si è assolutamente potuto provare che Fēng Xŭ complottasse contro di me. Ma, anche se così fosse, tra i Dieci Assistenti Ordinari ce ne sarà pure qualcuno che mi è fedele e devoto”.
Chén Dān si prostrò a terra, con la testa che toccava i gradini del trono, ma ribadì le proprie convinzioni.
L’imperatore si infuriò e lo cacciò via.
Poco dopo, Chén fu arrestato e gettato in prigione insieme a Liú. Quella stessa notte, i Dieci Assistenti li fecero uccidere nella loro cella. Poi compilarono un editto imperiale per nominare Sūn Jiān governatore di Chángshā affinché potesse affrontare Oū Xíng.
XVIII. In meno di cinquanta giorni, giunse la notizia che i ribelli erano stati sconfitti ed il distretto di Jiāngxià pacificato. L’imperatore nominò Jiān marchese di Wūchéng. Liú Yú fu nominato signore di Yōuzhōu e lanciò una campagna militare nello Yúyáng contro Zhāng Jŭ e Zhāng Chún.
Liú Huī di Dàizhōu gli scrisse per raccomandargli Liú Bèi . Yú ne fu molto contento e, dopo aver nominato Liú Bèi colonnello, gli ordinò di marciare direttamente col suo reggimento sul covo dei ribelli. Liú Bèi si impegnò con i ribelli in una grande battaglia, che durò parecchi giorni, e riuscì a mantenere le posizioni nonostante avesse subito gravi perdite.
L’estrema crudeltà di Zhāng Chún gli alienò le simpatie dei suoi seguaci. Uno dei suoi luogotenenti lo pugnalò, ne portò la testa agli Imperiali e propose la resa dei ribelli. Zhāng Jŭ, vedendosi senza vie di scampo, si impiccò.
Lo Yúyáng era ormai pacificato. Liú Yú fece rapporto lodando il valore di Liú Bèi , al quale la Corte perdonò il delitto di aver frustato l’ispettore distrettuale. Liú Bèi fu nominato vicegovernatore del distretto di Xiàmì e fu poi promosso comandante militare del distretto di Gāotáng.
Gōngsūn Zàn scrisse a sua volta un rapporto molto favorevole sulle precedenti imprese di Liú Bèi e lo raccomandò per la promozione a governatore militare di un altro distretto.
Liú Bèi fu presto nominato governatore di Píngyuán. A Píngyuán, Xuándé ottenne un ragguardevole stipendio ed ebbe al suo comando un bel numero di fanti e di cavalieri. Egli ristabilì l’ordine nella regione.
Per il ruolo da lui svolto nella repressione della rivolta, Liu Yú fu nominato comandante supremo dell’esercito.
XIX. Il quarto mese del sesto anno dell’era Zhōngpíng, l’imperatore Líng fu colpito da una malattia mortale. Sentendosi prossimo alla fine, convocò a palazzo il comandante in capo delle forze armate Hé Jìn per discutere della propria successione.
Questo Hé Jìn in origine aveva fatto il macellaio, ma una sua sorella minore era entrata a palazzo ed era in seguito diventata concubina imperiale. Avendo dato i natali al principe Biàn, aveva ricevuto il titolo di imperatrice ed aveva ottenuto che a suo fratello fosse conferito un incarico importante e di vero potere.
L’imperatore Líng provava molto affetto per la bella Wáng, che gli aveva partorito il principe Xié. L’imperatrice Hé si ingelosì e fece avvelenare la bella Wáng. Il principe Xié fu allora allevato nel palazzo dell’imperatrice madre Dŏng, madre dell’imperatore Líng e vedova di Liú Cháng, marchese di Jiĕdú. Líng, figlio del marchese di Jiĕdú, era stato designato come imperatore perché il suo predecessore, l’imperatore Xuán, non aveva avuto figli. Salito al trono, Líng aveva fatto venire a palazzo la madre e le aveva conferito il titolo di Imperatrice Madre.
X. L’Imperatrice Madre Dŏng avrebbe voluto che l’imperatore designasse il principe Xié come principe ereditario. Anche l’imperatore preferiva Xié e desiderava sceglierlo come successore. Perciò, quando l’imperatore cadde gravemente malato, il suo assistente personale Jiăn Shuò gli disse: “ Maestà, se volete scegliere Xié come vostro successore, dovreste prima far uccidere Hé Jìn per evitare che in futuro sorgano difficoltà”. L’imperatore fu d’accordo e convocò Hé Jìn a palazzo.
Quando Hé arrivò alle porte del palazzo, l’ufficiale di guardia, un certo Pān Yĭn, lo avvertÌ: “Signore, non entrate nel palazzo. Jiăn Shuò vuole farvi uccidere”.
Jìn si spaventò, ritornò in gran fretta a casa sua e convocò presso di sé numerosi ministri ed alti funzionari ai quali espresse la propria intenzione di eliminare gli eunuchi.
Uno dei presenti si alzò e fece la seguente osservazione: “ Il potere degli eunuchi è andato sempre crescendo fin dai tempi degli imperatori Chōng e Zhí. Hanno occupato tutti gli angoli della Corte. Come riusciremo a sterminarli tutti? Se si viene a scoprire il nostro complotto, saremo massacrati tutti quanti. Per favore, state bene attenti a quel che fate.”
Jìn lo squadrò e ,vedendo che l’uomo che parlava era solo il capitano Cáo Cāo , gli rispose con noncuranza: “ Che cosa ne può sapere un giovane ufficiale come voi degli affari dello Stato?”.
XXI. Proprio mentre erano incerti sul da farsi, giunse Pān Yĭn, il quale riferì loro che l’imperatore era appena spirato e che Jiăn Shuò aveva riunito i Dieci Assistenti Ordinari per dir loro che il decesso doveva essere tenuto segreto e si doveva preparare un falso ordine imperiale per convocare Hé Jìn a palazzo e poi ucciderlo. In questo modo gli eunuchi intendevano far piazza pulita dei loro avversari per poter spianare al principe Xié la via del trono.
XXII. Non aveva ancora finito di parlare che giunse un messaggero con l’ordine che Hé si presentasse subito a palazzo per conferire con l’imperatore sul problema della successione.
Cāo propose: “La prima cosa che dovremmo fare oggi è riuscire a far designare imperatore chi vogliamo noi. In seguito potremo occuparci di quei farabutti”.
Hé domandò ai presenti: “ Chi se la sente di venire con me a designare il legittimo imperatore ed a punire i traditori?”.
Un uomo si alzò e disse: “ Datemi cinquemila soldati scelti ed entreremo di forza nel palazzo, designeremo il nuovo imperatore e liquideremo tutti gli eunuchi corrotti. Ripuliremo la Corte di tutta questa spazzatura e ridaremo la pace all’impero”.
Jìn lo guardò in faccia. Era il figlio del primo ministro Yuán Féng ed il nipote di Yuán Wéi: Si chiamava Yuán Shào ed il suo nome di cortesia era Bĕnchū. Era capitano della gendarmeria. Hé Jìn ne fu contento e gli affidò subito cinquemila uomini della guarnigione della capitale.
Shào indossò l’armatura da combattimento che lo ricopriva dalla testa ai piedi.
Hé Jìn lo accompagnò seguito da Hé Yóng, Xún Yōu, Zhèng Tài e da più di una trentina di ministri ed alti funzionari.
Senza por tempo in mezzo si recarono al palazzo e, di fronte alla bara dell’imperatore Líng, proclamarono prontamente nuovo imperatore il principe Biàn.(4)
XXIII. Dopo che tutti i dignitari ebbero reso omaggio alle spoglie del defunto imperatore, Yuán Shào penetrò all’interno del palazzo per catturare Jiăn Shuò . Quest’ultimo, in preda al panico, cercò di rifugiarsi nei giardini, dove fu ucciso dal suo collega Guō Shèng. La guardia di palazzo, che era ai suoi ordini, depose tutta quanta le armi.
Shao propose a Hé Jìn: “ Gli eunuchi erano tutti d’accordo per formare un gruppo di potere e questa è l’occasione buona per liquidarli tutti”.
Zhāng Ràng ed i suoi soci capirono al volo la gravità della situazione e corsero terrorizzati a chiedere aiuto all’imperatrice Hé.: “È stato fin dall’inizio il solo Jiăn Shuò a complottare contro il comandante in capo. Noi non c’entriamo per nulla. Ora il comandante in capo ascolta i consigli di Yuán Shào ed intende farci uccidere tutti quanti. Abbi pietà di noi, nobile signora”.
L’imperatrice madre Hé rispose: “Non temete. Vi proteggerò io.” e, mandato subito a chiamare Hé Jìn, gli parlò a cuore aperto. “Ricordati “gli disse “ che tu ed io veniamo entrambi dal nulla. Se non fosse stato per Zhāng Ràng ed i suoi amici, come avremmo mai potuto ottenere le ricchezze ed il prestigio di cui ora godiamo? Jiăn Shuò ha complottato contro di noi ed è stato punito per i suoi crimini , ma non puoi fidarti delle chiacchiere della gente e considerare colpevoli anche gli altri, condannandoli tutti ingiustamente a morte”.
XXIV. Dopo averla ascoltata, Hé Jìn uscì fuori e disse ai dignitari raccolti nel palazzo:“ Jiăn Shuò ha complottato contro di me e, per questo crimine, tutta la sua famiglia sarà sterminata, ma non è necessario giustiziare gli altri”.
Yuán Shào osservò:“ Se rinunci a sterminarli tutti, poni tu stesso le premesse della tua rovina”.
Jìn tagliò corto: “Quel che ho deciso, ho deciso”.
Poi la riunione si sciolse ed ognuno andò per conto suo.
XXV Il giorno dopo l’imperatrice madre ordinò che Hé Jìn fosse nominato segretario di stato. Anche a tutti gli altri furono assegnate cariche ed onori.
La vecchia imperatrice madre Dŏng convocò Zhāng Ràng ed i suoi amici nella propria residenza per discutere ciò che stava succedendo e disse loro: “Sono io che all’inizio ho aiutato la sorella di Hé ad andare avanti. Ora che suo figlio è diventato imperatore, tutti i funzionari del palazzo e dell’amministrazione prendono ordini da lei. Che cosa devo fare per
impedire che diventi troppo potente?”.
Ràng suggerÌ:“Vostra Maestà potrebbe creare le condizioni per indirizzare secondo la propria volontà gli affari di Stato. Basterebbe attribuire un feudo importante al principe Xié e poi manovrarlo di nascosto. In seguito, Vostra Maestà potrebbe nominare suo fratello Dŏng ad un alto incarico di Corte ed affidargli il comando delle truppe. Se, infine, anch’io ed i miei colleghi potessimo ottenere posti di rilievo, sarebbe possibile fare, tutti insieme, cose importanti”.
XXVI. L’imperatrice madre Dŏng fu molto contenta del suggerimento ed il giorno seguente provvide a nominare il principe Xié principe di Chénliú ed il proprio fratello Dŏng Chóng comandante della cavalleria leggera. Anche Zhāng Ràng e i suoi colleghi ottennero importanti cariche amministrative.
Quando l’imperatrice Hé si accorse che la vecchia imperatrice Dŏng stava cercando di impadronirsi del potere, organizzò nella propria residenza un ricevimento al quale invitò l’imperatrice Dŏng.
Dopo che ebbero bevuto qualche bicchiere, l’imperatrice Hé si alzò, tenendo la coppa tra le mani, si inchinò due volte all’imperatrice Dŏng e le disse: “Noi siamo soltanto donne e non è opportuno che le donne si occupino di politica. Certo, ci provò in passato l’imperatrice Lǚ (5), ma il solo risultato che ottenne fu quello di far massacrare un migliaio di membri del suo clan. Oggi, noi donne faremmo bene a vivere tranquille tra le alte mura del palazzo ed a lasciare che i ministri e gli alti dignitari discutano tra di loro i problemi del governo. In questo modo si farebbe l’interesse del paese? Perché vogliamo interferire ed occuparci di ciò che non ci riguarda?”.
L’imperatrice Dŏng rispose con irritazione: “Vostra Maestà! Voi ,che avete avvelenato per gelosia la concubina Wáng, ora avete il coraggio di dirmi queste sciocchezze solo perché vostro figlio è imperatore e vostro fratello è a capo del governo. Ricordatevi che mi basterebbe un cenno della mano per ordinare al comandante della cavalleria leggera di tagliare la testa a vostro fratello.”
L’imperatrice Hé replicò furiosa: “Io vi ho dato un consiglio amichevole e voi mi rispondete in questo modo ?”.
“Che cosa vuoi saperne di politica tu che vieni da una famiglia di macellai e di tavernieri” le urlò l’imperatrice Dŏng, ormai fuori di sé.
XXVII. Mentre le due dame litigavano, Zhāng Ràng ed i suoi colleghi supplicavano l’una e l’altra di ritornare ai loro appartamenti.
Quella stessa notte l’imperatrice Hé mandò a chiamare Hé Jìn per raccontargli ciò che era accaduto.
Appena fuori, Hé Jìn convocò i tre ministri più importanti. In una riunione svoltasi all’alba fece loro redigere una nota indirizzata all’imperatore in cui si constatava che l’imperatrice madre Dŏng, essendo stata moglie di un nobile di basso rango, non aveva il diritto di risiedere stabilmente nel palazzo imperiale. Veniva quindi proposto di fissarle un termine per lasciare la capitale e ritirarsi nella sua residenza di Héjiān.
Simultaneamente furono inviate delle guardie a portar via l’imperatrice Dŏng e fu dato ordine alla guarnigione della capitale di circondare l’abitazione del comandante della cavalleria leggera Dŏng Chóng, di arrestarlo e di confiscare il suo sigillo di funzione. Quando si rese conto di non avere scampo, Dŏng Chóng si suicidò nel salone del proprio palazzo. Le truppe si allontanarono solo quando la famiglia gli ebbe reso gli onori funebri.
Allora Zhāng Ràng e Duàn Guī, vedendo che l’imperatrice Dŏng aveva perso la partita, cercarono la protezione del fratello minore di Hé Jìn, Hé Miáo, e di sua madre, la signora di Wŭyán, inviando loro preziosi doni d’oro e di perle. Hé Miáo e sua madre si impegnarono a visitare l’imperatrice Hé e ad intercedere presso di lei perché perdonasse gli eunuchi. In questo modo, i Dieci Assistenti Ordinari riuscirono ancora una volta a salvarsi.
XXVIII. Nel sesto mese lunare, Hé Jìn fece segretamente avvelenare l’imperatrice Dŏng nella sua villa di Héjiān. Il corpo dell’imperatrice fu riportato nella capitale e seppellito nel mausoleo imperiale di Wénlíng. Jìn si finse malato e non partecipò al funerale.
Il capitano Yuán Shào andò a fargli visita e gli disse: “ Zhāng Ràng e Duàn Guī vanno raccontando ingiro che Vostra Eccellenza ha fatto avvelenare l’imperatrice Dŏng e che sta progettando ancora di peggio. Se non li uccidiamo ora, andremo sicuramente incontro ad un disastro. Dòu Wŭ voleva sterminarli, ma il suo piano fu scoperto e fu lui ad essere giustiziato. Voi, ora, potete contare sull’appoggio di un gruppo di militari e di civili che sono tutti persone fidate e capaci. Se vi date da fare, possiamo prendere il controllo della situazione. Non si può sprecare questo momento in cui il destino ci è favorevole”.
Jìn gli rispose: “Forse sarebbe meglio parlarne ancora”.
Uno dei suoi domestici riferì di nascosto la conversazione a Zhāng Ràng, il quale si rivolse, con i suoi amici a Hé Miáo per chiedergli aiuto, portando ulteriori doni. Miáo chiese udienza all’imperatrice Hé e le disse: “Il comandante in capo ha contribuito a proclamare il nuovo imperatore, ma ora si sta dimostrando inumano e sanguinario, visto che vuole uccidere, senza alcuna valida ragione, i Dieci Assistenti Ordinari . Ciò non può creare altro che rivolta e disordine”. L’imperatrice fu colpita da queste parole.
XXIX. Qualche tempo dopo, Hé Jìn si recò dall’imperatrice Hé per comunicarle la sua intenzione di far giustiziare gli eunuchi, ma l’imperatrice obiettò: “ Da tempo immemorabile la dinastia Hàn ha affidato agli eunuchi la gestione interna della Corte. Il defunto imperatore ha appena lasciato questo mondo e tu già vuoi far uccidere i suoi vecchi e devoti servitori. Questo comportamento non mostra molto rispetto per gli antenati”.
Jìn non era, tutto sommato, un uomo di molto carattere. Ascoltò le parole dell’imperatrice, si lasciò convincere e prese congedo.
Uscendo, incontrò Yuán Shào , che gli domandò: “Allora, come va con i nostri grandi progetti?”.
“L’imperatrice madre non è d’accordo.”gli rispose Jìn “ Che cosa si può fare?”.
Shào propose: “È possibile far affluire alla capitale bravi soldati da tutte le regioni con l’ordine segreto di uccidere gli eunuchi. A questo punto sarà impossibile non agire ed anche l’imperatrice madre sarà costretta ad acconsentire”.
“È un ottimo piano” osservò Jìn e inviò messaggeri in ogni città con l’ordine alle truppe che vi stazionavano di confluire sulla capitale.
XXX L’archivista principale Chén Lín manifestò il proprio disaccordo: “Non si può fare una cosa del genere. Come dice il proverbio ‘non si possono cacciare i fringuelli con gli occhi bendati’, cioè farsi danno da soli. Come può chi non è capace di imporsi nelle piccole cose far prevalere la propria volontà nella grande politica?. Generale, ora voi fate conto sul potere della casa imperiale e sulla forza dell’esercito per far paura ai vostri oppositori e per far prevalere la vostra volontà. Per una piccola cosa come la liquidazione degli eunuchi voi fate ricorso a mezzi spropositati, quando basterebbe un’azione rapida e decisa. Gli dei favoriscono gli uomini d’azione. Voi, invece, avete chiesto l’aiuto dei capi militari che stanno affluendo verso la capitale con dubbie intenzioni e state mettendo insieme troppi generali, uno più ambizioso dell’altro. È come se voi steste porgendo ad altri l’elsa della vostra spada, come se steste rinunciando alla vostra autorità. Se rinunciate alla vostra autorità, non solo non riuscirete nella vostra impresa, ma creerete il caos”.
Jìn rise e gli rispose: “Questo è il punto di vista di uno che ha paura di tutto”.
Un uomo che si trovava accanto a loro applaudì, ridendo rumorosamente, ed esclamò: “È una cosa facile come girare il palmo della mano. Che bisogno c’è di discuterne tanto?”.
Si voltarono verso di lui: Era Cáo Cāo .
Alla situazione si adattavano veramente i proverbi “Quando manca il gatto, i topi ballano” e“Nel governare si deve prestare ascolto al consiglio dei saggi”.
Vi domandate che cosa intendesse dire Cáo Cāo ? Continuate a leggere e lo saprete.
NOTE
(1) Xiàng Yū 項 羽 (232 a.C - 202 a.C.) guidò le forze ribelli di Chū contro le truppe dell’impero Qín e, dopo aver annientato i Qín, si proclamò Sovrano Egemone del Regno Occidentale di Chū. Fu sconfitto ed ucciso nel 202 a.C. da Liú Bàng 劉 邦, il fondatore della dinastia Hàn, conosciuto in seguito come l’Imperatore Gāozŭ.
2. Sūn Wŭzĭ 孫 武 子, meglio conosciuto come Sūn Zĭ ( c.544 a.C - c.496 d.C.) è l’autore del famoso trattato di strategia intitolato “L’Arte della Guerra” ( Sūnzĭ Bīngfā 孫 子 兵 法 ).
3. Liū Huī 劉 徽 è il nome di un famoso matematico di cui si sa soltanto che visse nel Regno di Cáo Wéi. Non vi è quindi alcun elemento che attesti un qualsiasi rapporto di Liú Huī con Liú Bèi.
4. Il principe Biàn 辯 regnò per pochi mesi dal maggio al settembre del 189 d.C.
5. L’imperatrice Lǚ Hòu 呂后, vedova di Liú Bàng, tenne il potere effettivo durante parecchi anni, governando col terrore e favorendo sfacciatamente la propria famiglia d’origine, che, alla sua morte, nel 180 a.C, fu interamente massacrata.
Capitolo 3
Dōng Zhuó litiga con Dīng Yuán nel giardino di Wénmíng. Lĭ Sù prende contatto con Lǚ Bù offrendogli denaro e gioielli.
I. Torniamo ora a Cáo Cāo che, quel giorno, disse a Hé Jìn:”Gli eunuchi sono sempre stati una disgrazia fin dai tempi antichi , ma è troppo facile per chi governa attribuire solo al loro potere ed alla loro influenza la situazione in cui ci troviamo. Se vuoi punire i malfattori, dovresti colpire il male alla radice, ma, per agire, è sufficiente ricorrere ai gendarmi, non c’è alcun bisogno di far affluire truppe dalle province. Se, invece, vuoi far uccidere tutti gli eunuchi, la faccenda assumerà senz’altro grandi proporzioni e posso assicurarti che l’impresa finirà male”.
Hé Jìn gli rispose con rabbia: “ Sembra quasi che tu abbia un interesse personle in questa storia, Mèngdé”. (1)
Cāo si ritirò mormorando: “In questo modo, finirà per creare il caos nell’impero”.
In seguito, Hé Jìn inviò discretamente dei messaggeri con istruzioni segrete da consegnare con urgenza ai comandanti militari di ogni città.
II. Parliamo ora dell’ex generale Dŏng Zhuó, marchese di Táixiāng e governatore della provincia di Xīliáng. Costui, pur essendosi dimostrato incapace di affrontare con successo i Turbanti Gialli, aveva evitato punizioni da parte della Corte corrompendo i Dieci Assistenti Ordinari e se l’era cavata senza danni. In seguito, si era di nuovo procurato il favore di qualche autorevole dignitario ed era stato nominato ad una carica importante. Ora comandava un’armata di duecentomila uomini nella regione di Xīzhōu, ma ciò non toglieva che fosse rimasto l’uomo infido e sleale che era sempre stato. Quando ricevette le istruzioni segrete inviategli da Hé Jìn se ne rallegrò grandemente e, riuniti in fretta i contingenti di fanteria e di cavalleria posti ai suoi ordini, li fece avanzare a marce forzate verso la capitale. Incaricò suo genero, il comandante della guardia imperiale Niú Fŭ, di restare a difendere lo Shănxī e lui stesso, accompagnato da Lĭ Jué, Guō Sì, Zhāng Jì e Fán Chóu, guidò le truppe in direzione di Luòyáng.
Il consigliere Lĭ Rú, altro genero di Zhuó, osservò: “ Gli ordini che ci sono stati trasmessi sono molto vaghi. Perché non inviamo qualcuno a pregare l’imperatore di spiegarceli chiaramente in modo da poter compiere azioni importanti?”.
Zhuó accolse con favore il suggerimento e spedì alla Corte un messaggio che era pressappoco del seguente
tenore:
III.” Siamo stati segretamente informati che la causa del disordine di cui soffre l’impero consiste nel fatto che gli
assistenti personali dell’imperatore, cioè Zhāng Ràng e gli altri eunuchi, hanno sovvertito la gerarchia naturale dei rapporti umani. Come dice il proverbio, se non si vuole che la zuppa scotti, occorre togliere la legna da sotto la pentola. Incidere un ascesso è doloroso, ma è meglio che lasciarlo suppurare. Noi stiamo marciando su Luòyáng al suono dei gong e dei tamburi, ben intenzionati a liquidare Ràng ed i suoi compagni. Viva la Nazione! Viva l’Impero!”.
IV. Appena ricevuto questo proclama, Hé Jìn lo mostrò ai ministri ed agli altri dignitari.
Il vicesupervisore Zhèng Tài lo ammonì: “Dŏng Zhuó è un uomo senza scrupoli. Fatelo entrare nella capitale e vedrete che ci
divorerà”. Jìn gli rispose: “ Tu hai troppe paure e non sei capace di vedere le cose in grande”.
Anche Lú Zhí si mostrò perplesso: “Ho imparato a conoscere bene il carattere di Dŏng Zhuó: è un lupo travestito da agnello.Se lo lascerete entrare nella città proibita, andremo incontro ad un sicuro disastro. Se non vogliamo che nascano
disordini, sarebbe meglio fermarlo prima che entri nella capitale”.
V. Poiché Hé Jìn non li ascoltava, Zhèng Tài e Lú Zhí si dimisero dalle loro cariche e lasciarono il palazzo. La maggior
parte dei ministri e degli alti dignitari li seguirono.
Hé Jìn inviò un proprio emissario ad incontrare Dŏng Zhuó, che fece provvisoriamente sostare le proprie truppe nella contea di Miănchí.
Zhāng Ràng e gli altri eunuchi vennero a conoscenza dell’arrivo delle truppe dalla provincia e si riunirono per esaminare la situazione. “Questo è un intrigo di Hé Jìn”dissero “ Se non ci muoviamo per primi, siamo tutti morti”.
Ordinarono perciò subito a cinquanta uomini armati di nascondersi presso la Porta della Virtù Risplendente nel
Palazzo di Chánglè e poi chiesero udienza all’imperatrice madre Hé, alla quale dissero: “Il comandante supremo ha ora contraffatto un editto imperiale per comandare alle truppe di stanza nelle province di marciare sulla capitale. Egli
vuole sterminare i vostri servi. Abbiate pietà di noi, Maestà, e salvateci”.
L’imperatrice madre disse loro: “ Presentatevi alla residenza del comandante supremo e chiedete perdono delle
vostre colpe”.
“Se andiamo da lui,” obiettò Ràng “ ci farà tagliare la testa. Noi vorremmo che Vostra Maestà convocasse il comandante
supremo qui a palazzo e lo convincesse a desistere dai suoi propositi. Se non cederà, non ci resterà altro che invocare dalla Maestà Vostra di essere messi a morte”.
VI. L’imperatrice madre convocò Hé Jìn alla propria presenza.
Ricevuta la convocazione, Hé Jìn stava per avviarsi quando il capo archivista Chén Lín lo sconsigliò: “Dietro l’invito
dell’imperatrice madre si nasconde certamente una trappola dei Dieci Assistenti Ordinari. Vi uccideranno. Non andateci. Se ci andrete, sarà la vostra fine”.
Yuán Shào aggiunse:“Qualcuno ci ha già traditi. È evidente che si tratta di un agguato. Generale, intendete veramente recarvi al palazzo?”.
Cáo Cāo propose: “Fate sapere ai Dieci Assistenti Ordinari che, quando arriverete dinanzi al palazzo, desiderate che
escano tutti quanti fuori ad accogliervi”.
Hé Jìn si mise a ridere: “Questi sono timori degni di un bambino. Io sono la più alta autorità dell’impero. Che cosa
potrebbero osare nei miei confronti i Dieci Assistenti Ordinari?”.
Shào disse: “Se volete veramente andare, noi vi scorteremo con un battaglione di soldati bene armati per evitare qualsiasi
imprevisto”.
VII. Yuán Shào e Cáo Cāo riunirono ciascuno cinquecento soldati scelti, che posero agli ordini del fratello minore
di Yuán Shào , Yuán Shù. Questi indossò un’armatura che gli copriva tutto il corpo e schierò i suoi uomini di fronte alla
Porta Verde delle Catene . Shào e Cāo cinsero le loro spade ed accompagnarono Hé Jìn fino alla porta del palazzo di Chánglè.
Gli eunuchi fecero consegnare a Hé Jìn un messaggio dell’imperatrice redatto in questi termini: “L’invito
dell’imperatrice è indirizzato unicamente al comandante supremo. Nessuno è autorizzato ad accompagnarlo”.
Il generale Yuán Shào , Cáo Cāo e tutti gli altri furono costretti a fermarsi dinanzi alla porta del palazzo.
Hé Jìn entrò da solo con passo fermo e deciso.
Quando arrivò nella Sala della Virtù Risplendente gli si fecero incontro Zhāng Ràng e Duàn Guī, mentre gli altri lo circondavano. Con sua grande sorpresa, si sentì apostrofare da Zhāng Ràng: “ Che colpa ha commesso l’imperatrice madre Dŏng per essere avvelenata a tradimento? Ti sei addirittura finto malato per non assistere ai suoi funerali. Eri solo un plebeo, proveniente da una famiglia di macellai e di tavernieri. Siamo noi che ti abbiamo raccomandato al Figlio del
Cielo, procurandoti ricchezze ed onori, e tu, invece di esserci riconoscente, hai complottato contro di noi. Tu dici che siamo sporchi e corrotti, ma credi davvero di essere puro?”.
Jìn ebbe paura e si guardò intorno per cercare un’uscita, ma tutte le porte del palazzo erano sbarrate. Gli uomini
armati saltarono fuori tutti insieme dai loro nascondigli e gli tagliarono la testa.
I posteri composero il seguente lamento:
VIII.“La casa degli Hàn era in pericolo ed i suoi giorni volgevano al termine.
Hé Jìn era un inetto eppure aveva concentrato in sé le più alte funzioni
Quante volte trascurò i consigli e le raccomandazioni dei fedeli ministri.
C’è da stupirsi se a palazzo finì per imbattersi nella punta di una spada”?
IX. Così Ràng ed i suoi complici uccisero Hé Jìn.
Dopo parecchio tempo, Yuán Shào, vedendo che Hé Jìn non usciva dal palazzo, urlò dall’esterno dinanzi al portone:
“Il generale è pregato di risalire sulla sua carrozza”.
Allora Ràng ed i suoi presero la testa mozzata del generale Hé Jìn e la scagliarono giù dalle mura del palazzo
proclamando: “Hé Jìn progettava un colpo di stato ed è stato giustiziato per il suo crimine. Coloro che hanno dovuto obbedire ai suoi ordini beneficeranno tutti di un’amnistia”.
Yuán Shào replicò duramente ad alta voce: “ Gli eunuchi hanno assassinato il ministro. Avanti! Aiutatemi a
distruggere questa banda di criminali.”
Wú Kuāng, uno degli ufficiali che erano stati agli ordini di Hé Jìn, appiccò il fuoco alla Porta Verde delle Catene.
Yuán Shù guidò le sue truppe all’assalto.
Penetrati all’interno, massacrarono tutti gli eunuchi che trovarono, senza distinguere se si trattasse di persone
con cariche importanti o di modesti servitori.
Anche Yuán Shào e Cáo Cāo irruppero combattendo all’interno del palazzo.
Zhào Zhōng, Chéng Kuàng, Xià Yùn e Guō Shèng , che cercavano di fuggire, furono fatti a pezzi dai loro inseguitori dinanzi al palazzo di Cuìhuā.
Dall’interno del palazzo imperiale le fiamme si levarono fino al cielo.
Zhāng Ràng, Duàn Guī, Cáo Jié e Hóu Lăn costrinsero l’imperatrice madre, il giovane imperatore ed il principe di
Chénliú a lasciare i loro appartamenti privati ed a seguirli, attraverso un passaggio segreto, fino al Palazzo del Nord.
X. Lú Zhí si era dimesso dalle sue funzioni, ma non si era ancora allontanato dal palazzo. Quando s’accorse che
c’era tumulto all’interno del palazzo, indossò la corrazza ed afferrò le armi. Poi uscì e si mise in attesa dinanzi ad un padiglione.
Vedendo di lontano Duàn Gui che trascinava a forza con sé l’imperatrice Hé, gli urlò: “Duàn Guī! Traditore! Come osi far violenza all’imperatrice?”.
Duàn Guī si voltò e fuggì immediatamente. L’imperatrice cercò di uscir fuori scavalcando l’apertura di una finestra e Lú Zhí corse subito ad aiutarla.
Wú Kuāng si aprì la via combattendo fino alla residenza imperiale dove si imbatté in Hé Miáo, anche lui armato di spada. Wú Kuāng urlò: “Hé Miáo si è reso complice dell’assassinio di suo fratello. Uccidiamolo!”. Tutti risposero: “Uccidiamo questo traditore che ha lasciato assassinare il proprio fratello!”. Hé Miáo tentò di fuggire, ma venne circondato, senza vie di scampo, e fu massacrato.
In seguito, Shào ordinò ai suoi soldati di dividersi in gruppi e di andare alla ricerca dei familiari dei Dieci Assistenti Ordinari che furono sterminati tutti quanti senza distinguere tra chi esercitava funzioni importanti e chi svolgeva compiti modesti. Nella confusione furono uccisi anche molte donne e molti bambini.
Mentre si dava da fare per spegnere gli incendi all’interno del palazzo, Cáo Cāo ne approfittò per chiedere all’imperatrice Hé di affidargli la responsabilità del governo. Poi spedì i suoi soldati all’inseguimento di Zhāng Ràng e dei suoi complici, che erano fuggiti portando con sé il giovane imperatore.
XI. Nel frattempo Zhāng Ràng e Duàn Guī, aprendosi la via tra le fiamme ed il fumo degli incendi, erano riusciti ad
allontanarsi, trascinando con sé il giovane imperatore ed il principe di Chénliú e con una fuga precipitosa erano riusciti a rifugiarsi sul Monte Bĕimáng.
Verso la mezzanotte , sentirono alle loro spalle grida e tumulto. Erano i loro inseguitori, che stavano arrivando a
cavallo, guidati da Mĭn Gòng, governatore aggiunto del Húnán centrale, il quale urlava:”Fermatevi, traditori!”.
Resosi conto di non avere più scampo, Zhāng Ràng si gettò nel fiume e morì.
L’imperatore ed il principe di Chénliú, che non capivano che cosa stesse succedendo, rimasero ben zitti per non attirare
l’attenzione e si nascosero tra il groviglio di erbe e canne che cresceva sulla riva del fiume. I cavalieri si misero a cercare da tutte le parti perché nessuno sapeva dove si trovasse l’imperatore.
XII. L’imperatore ed il principe rimasero nascosti fino alle due di notte. Affamati, intrisi di rugiada, si tenevano stretti l’uno contro l’altro e piangevano, ma non osavano farsi sentire. Perciò, reprimevano i loro singhiozzi e continuavano a stare nascosti fra i cespugli.
Infine, il principe di Chénliú disse:”Non possiamo più restare qui. Dobbiamo cercare un sentiero per andarcene
via”.
Perciò legarono insieme i lembi dei loro abiti e si arrampicarono su per la riva del fiume. La zona era piena di cespugli
spinosi e, nel buio, i due ragazzi non riuscivano a scorgere alcun sentiero
Proprio quando non sapevano più cosa fare, apparve uno sciame di lucciole che illuminarono i dintorni, volando
soltanto davanti all’imperatore. Il principe di Chénliú osservò: “È il Cielo che ti sta aiutando, fratello”. Andarono avanti, seguendo il chiarore delle lucciole, finché non trovarono un sentiero.
Camminarono fin verso le cinque del mattino, finché i piedi non fecero loro troppo male per continuare.
A quel punto, videro un pagliaio ai piedi di una collinetta e si coricarono dietro al pagliaio che era stato eretto
di fronte ad una fattoria.
Quella notte il padrone della fattoria si svegliò d’improvviso dopo aver sognato che due soli purpurei erano tramontati
dietro casa sua. Si vestì, uscì di casa e fece un giro intorno alla fattoria. Vide che da dietro il pagliaio si levava una luce rossastra, corse a dare un’occhiata e trovò i due ragazzi rannicchiati ai piedi del pagliaio.
XIII. Il padrone della fattoria domandò: “Voi due ragazzi, chi siete?”.
L’imperatore non osava rispondere, ma il principe di Chénliú , additandolo, disse: “Lui è il nuovo imperatore. È riuscito
a sfuggire ai disordini provocati dai Dieci Assistenti Ordinari ed a giungere fin qui. Io sono suo fratello minore, il principe di Chénliú”.
Il padrone della fattoria fu stupefatto nel sentire queste parole. Si inchinò e disse: “Io sono Cuī Yì, fratello minore di Cuī
Liè, che è stato uno dei principali ministri alla Corte del precedente imperatore. I Dieci Assistenti Ordinari, gelosi delle sue qualità, hanno intrigato per far affidare il suo posto ad un loro protetto e, di conseguenza, noi siamo venuti a rifugiarci qui. Poi, fece entrare l’imperatore nella fattoria e, in ginocchio, gli portò cibo e bevande.
XIV. Ritorniamo ora a Mĭn Gòng, che nel frattempo aveva raggiunto Duàn Guī.
“Dov’è il Figlio del Cielo?” gli domandò. Quello rispose: “ Ci siamo persi di vista durante la fuga. Non so dove sia”.
Allora Mĭn Gòng uccise Duàn Guī e ne appese la testa al collo del proprio cavallo, poi sparpagliò i suoi soldati
in tutte le direzioni alla ricerca dell’imperatore. Egli stesso montò di nuovo a cavallo e ripartì da solo in cerca dell’imperatore.
Quando arrivò alla fattoria di Cuī Yì, questi vide la testa mozza e gli domandò che cosa fosse successo.Gòng glielò
spiegò dettagliatamente e Cuī Yì lo condusse alla presenza dell’imperatore. Sovrano e suddito piansero commossi nell’incontrarsi.
Gòng disse: “Il Paese non può rimanere un sol giorno senza il suo Signore. Imploro Vostra Maestà di ritornare alla
capitale”.
Nella fattoria di Cuī Yì c’era solo un vecchio ronzino malandato, che fu sellato per l’imperatore, mentre Gòng prese il principe di Chénliú sul proprio cavallo.
Dopo aver lasciato la fattoria, non avevano ancora percorso due chilometri quando incontrarono un folto gruppo di
cavalieri che recavano con sé la carrozza imperiale. Si trovavano fra costoro il primo ministro Wáng Yún, il comandante in capo dell’esercito Yáng Biāo, il comandante della divisione di sinistra Chúnyú Qióng, il comandante della
divisione di destra Zhào Méng, il comandante della retroguardia Bào Xìn ed il comandante della divisione centrale Yuán Shào .
L’incontro fra l’imperatore ed i suoi sudditi fu commovente. Fu mandato avanti un messaggero con l’ordine di esporre
la testa di Duàn Guī nella piazza più importante della capitale. All’imperatore ed al principe di Chénliú furono subito offerti altri cavalli affinché potessero cavalcare in modo più consono alla loro dignità.
Poi ritornarono tutti alla capitale.
A Luòyáng, i monelli avevano già cominciato a cantare per le strade:
“ L’imperatore è ancora imperatore? Chi lo sa? Il principe è ancora principe? Chi lo sa?
Con cavalli e carrozze son fuggiti a rotta di collo verso il monte Bĕimáng”.
Questa canzoncina riassumeva perfettamente la situazione.
XV. La carrozza imperiale aveva appena percorso una breve distanza quando si vide improvvisamente sventolare una
foresta di bandiere e di stendardi, mentre un folto gruppo di cavalieri si avvicinava al galoppo sollevando nuvole di polvere.
Tutti i dignitari impallidirono ed anche l’imperatore fu come paralizzato dalla sorpresa.
Yuán Shào galoppò incontro ai sopravvenuti e domandò loro chi fossero.
Un generale uscì fuori dalla selva di bandiere e domandò a sua volta con arroganza:”Dov’è il Figlio del Cielo?”.
L’imperatore tremava di paura e non era più capace di parlare.
Allora, il principe di Chénliú spinse avanti il proprio cavallo e chiese con voce alta e chiara: “Chi viene dinanzi a
noi?”.
Zhuó rispose:“Sono Dōng Zhuó, il governatore della provincia di Xīliáng”.
Il principe di Chénliú ribattè: “ Siete venuto a scortare la carrozza imperiale o avete intenzione di far prigioniero
l’imperatore?”.
Zhuó rispose:“Sono venuto nel preciso intento di proteggere l’imperatore”.
“Se siete venuto per proteggere l’imperatore, ora siete di fronte all’imperatore”replicò il principe di
Chénliú ”che cosa aspettate per smontare dal cavallo?”.
Zhuó fu sorpreso dalla fermezza del giovane principe e smontò in fretta dal cavallo, poi si prostrò sul lato
sinistro della strada.Il principe di Chénliú continuò a lungo a parlare con Dŏng Zhuó , mostrando dall’inizio alla fine un contegno sicuro ed un bell’eloquio. Zhuó ne fu particolarmente colpito e cominciò da quel momento ad accarezzare
l’idea di costringere l’imperatore ad abdicare in favore del principe.
XVI. Lo stesso giorno ritornarono alla capitale e rividero l’imperatrice madre Hé. Tutti quanti scoppiarono in
pianto.
Malgrado accurate ricerche in tutto il palazzo, non si riuscì più a trovare il Gran Sigillo Imperiale.
Dōng Zhuó, che aveva fatto accampare le proprie truppe fuori città, conduceva ogni giorno nella capitale la sua
cavalleria pesante e la faceva galoppare per le strade seminando il disordine e terrorizzando la popolazione.
Zhuó entrava ed usciva dal palazzo a suo piacimento.
Il comandante della retroguardia, Bào Xìn, andò a trovare Yuán Shào e gli fece presente che Dŏng Zhuó stava di certo
ordendo qualche intrigo e che sarebbe stato opportuno togliergli subito la possibilità di nuocere.
Shào gli rispose: “L’imperatore ha appena ripreso la propria autorità. Non possiamo compiere mosse
avventate”.
Allora Bào Xìn andò a trovare Wáng Yún per dirgli le stesse cose, ma Yún gli rispose che sarebbe stato meglio
discuterne ancora.
A questo punto, Xìn decise di condurre personalmente la maggior parte dell’esercito verso il Tàishān.
XVII. Dŏng Zhuó riunì i soldati che erano stati agli ordini del fratello di Hé Jìn e ne assunse il comando. In una conversazione privata, confidò a Lĭ Rú:“Ho intenzione di deporre l’imperatore e di sostituirlo con il principe di Chénliú. Che ne pensi?”.
Lĭ Rú rispose:“In questo momento la Corte è priva di un vero capo. Se non agisci ora, l’occasione propizia non si
presenterà più”.Domani, convoca tutti i dignitari nel Giardino della Luce e del Calore e dichiara destituito l’imperatore. Fa’giustiziare chiunque si opponga. Se farai questo, diventerai istantaneamente l’uomo più potente del
paese”.
XVIII. Dŏng Zhuó fu contentissimo di questo consiglio ed il giorno seguente organizzò un grande ricevimento al quale
invitò tutti i ministri ed i più alti funzionari.
I ministri avevano tutti paura di Dŏng Zhuó. Chi avrebbe osato non accettare l’invito?
Zhuó attese che tutti fossero arrivati, poi scese discretamente da cavallo all’ingresso del giardino ed andò a sedersi
in mezzo a loro, con la spada al fianco.
Dopo parecchi brindisi, Zhuó ordinò di non versare più vino e di far tacere la musica, poi annunciò con voce stentorea:
“Ho qualcosa da dirvi. Ascoltatemi tutti attentamente”.
Tutti tacquero e si misero in ascolto.
Zhuó disse: “Il Figlio del Cielo è il sovrano di tutta la nazione e non può esercitare le sue supreme funzioni se non
possiede il prestigio e la dignità che sono indispensabili a tal fine. L’attuale imperatore è di carattere debole e pauroso. Non può competere con il principe di Chénliú che è intelligente e rapido nell’apprendere e che ha tutte le doti
necessarie per svolgere un ruolo di primaria importanza. Intendo perciò deporre l’imperatore e sostituirlo con il principe di Chénliú. Qual è l’opinione dei ministri e degli alti dignitari?”.
Tutti lo ascoltavano in silenzio, senza che nessuno osasse dire una parola.
Uno solo dei presenti spinse da parte il tavolino che gli stava di fronte e si alzò in piedi, ritto di fronte a tutti,
urlando:”Non potete farlo! Non potete farlo! Chi siete voi per parlare con tanta arroganza? Il Figlio del Cielo è il figlio della moglie legittima del defunto imperatore, non di una concubina, e finora non ha compiuto errori. Come vi è
venuta in mente questa assurda idea di deporlo? Intendete forse attuare un colpo di Stato?”.
Zhuó lo guardò in faccia e lo riconobbe. Era Dīng Yuán , governatore della provincia di Jīngzhōu. Gli rispose con rabbia: “Chi mi obbedisce vivrà, chi mi si oppone morirà” ed estrasse la spada dal fodero, deciso ad ucciderlo.
XIX. In quel momento Lĭ Rú scorse alle spalle di Dīng Yuán un uomo di nobile aspetto e di impressionante corporatura che teneva in mano un’alabarda del tipo detto”alabarda celeste” e che si guardava intorno con aria feroce.
Lĭ Rú si interpose allora in gran fretta tra quell’uomo e Dōng Zhuó, dicendo: “Non dobbiamo parlare di politica proprio
ora nel bel mezzo di un ricevimento. Avremo sempre tempo di discuterne domani nel salone delle riunioni ufficiali."
Tutti i presenti consigliarono a Dīng Yuán di saltare subito a cavallo e di eclissarsi.
Zhuó domandò allora a tutti i ministri: “Ho detto cose sensate o no?”.
Lú Zhí gli rispose: “ Vostra Eccellenza si inganna. Nei tempi antichi, Tài Jiă si mostrò inetto e Yī Yĭn
lo obbligò a ritirarsi nel Palazzo delle Pawlonie. Il principe di Chāngyí fu deposto dal suo primo ministro Huò Guāng
con una solenne cerimonia svoltasi nel tempio ancestrale degli imperatori perché, in soli ventisette giorni di regno, aveva compiuto un’infinità di eccessi. Ma ora, l’attuale imperatore, pur essendo ancora un ragazzo, s’è dimostrato capace, intelligente e generoso. Inoltre, non ha mai compiuto alcun passo falso. Voi siete un governatore di provincia e non avete mai partecipato alle decisioni del governo centrale. Per di più, non avete le capacità di Yī e non avete dimostrato di possedere il talento di Huò. Come potete pensare di imporre la vostra volontà e di deporre l’imperatore? Un saggio ha detto: “ Se hai la forza di volontà di Yī Yĭn puoi farlo, se non ce l’hai non sarai altro che un ribelle e un usurpatore”. (3)
XX Zhuo si infuriò e si lanciò avanti con la spada sguainata per uccidere Lú Zhí , ma il consigliere di Stato Péng Bó
lo trattenne dicendogli: “Il segretario di Stato Lú Zhí è molto stimato dal popolo. Se lo uccidete, temo che ci saranno disordini in tutto l’impero”.
Allora Zhuó si fermò.
Il primo ministro Wáng Yún intervenne con queste parole: “Un problema serio come la deposizione di un imperatore non è cosa che si possa discutere dopo aver abbondantemente bevuto. Riparliamone un altro giorno”.
A quel punto, tutti i dignitari cominciarono ad allontanarsi ,mentre Zhuó stava in piedi presso il cancello del
giardino con la spada in pugno.
Improvvisamente vide una persona a cavallo, con un’alabarda in mano, che galoppava su e giù dinanzi al
cancello.
Zhuó domandò a Lĭ Rú: “Chi è questo individuo?”.
Rú gli rispose:“È il figlio adottivo di Dīng Yuán , Lǚ Bù . Il suo nome di cortesia è Fèngxiān. Vostra Eccellenza dovrebbe cercare di stargli lontano”.
Allora Zhuó rientrò nel giardino, per non farsi vedere.
XXI. Il giorno successivo, si venne a sapere che Dīng Yuán aveva schierato le truppe dinanzi alle mura della capitale
sfidando a battaglia i suoi avversari.
Zhuó, infuriato, uscì dalla città, insieme a Lĭ Rú, per affrontarlo con il proprio esercito.
Le due armate assunsero la formazione di battaglia, ma gli occhi di tutti erano puntati su Lǚ Bù, che portava un copricapo di fili d’oro e di seta intrecciati tra di loro, dai cui lati spuntavano due lunghe penne di fagiano. Indossava una tunica
multicolore sotto l’armatura di pelle di“tángní”.La sua cintura era adorna di gioielli e decorata con immagini di leoni e di re barbari. Galoppava eretto con in mano la sua alabarda dalle lame a falce di luna, accompagnando Dīng Yuán nell’ispezione delle truppe schierate.
Yuán additò Dŏng Zhuó e gli urlò: “Le disgrazie del nostro paese sono il frutto degli abusi degli eunuchi, che hanno
fatto soffrire il popolo. E tu, che sei sempre stato un buono a niente, come osi cianciare di deporre l’imperatore? Ciò che tu vuoi è solo provocare il caos”.
XXII. Prima che Dŏng Zhuó potesse rispondere, Lǚ Bù gli si lanciò contro al gran galoppo, deciso ad ucciderlo.
Dŏng Zhuó fu colto dal panico e fuggì a precipizio.
Yuán approfittò di quel momento di confusione per guidare le sue truppe all’attacco ed i soldati di Dŏng
Zhuó, sbaragliati, si ritirarono per più di quindici chilometri prima di fermarsi.
Dopo la battaglia, Dŏng Zhuó riunì il suo stato maggiore e disse: “Devo riconoscere che Lǚ Bù è uno straordinario
combattente. Se potessi trascinarlo dalla mia parte, non avrei più di che preoccuparmi.”
Un uomo che si trovava dinanzi alla tenda si fece avanti e disse: “ Vostra Eccellenza non deve preoccuparsi. Sono un
compaesano di Lǚ Bù . So che è coraggioso, ma poco riflessivo, e che è disposto a dimenticare i grandi princípi se gli viene offerto un vantaggio personale. Io ho una buona parlantina e sono convinto di riuscire facilmente a fargli cambiar
partito. Posso provarci?”.
XXIII. Zhuó fu soddisfattissimo della proposta di quest’uomo, nel quale riconobbe il capitano della guardia Lĭ Sù.
“Come farai a persuaderlo?” gli domandò.
Sù gli rispose:“ Ho saputo che Vostra Eccellenza possiede un famoso stallone chiamato “Lepre Rossa”, che è capace di
percorrere in un giorno più di quattrocento chilometri.Per poter convincere Lǚ Bù ad unirsi a noi, dovrò poter disporre di questo cavallo, di denaro e di gioielli. Allora, gli presenterò la nostra proposta. Vedrete che Lǚ Bù abbandonerà Dīng Yuán e prenderà partito per Vostra Eccellenza”.
Zhuó chiese a Lĭ Rú: “Che te ne pare di questa proposta?”
“Un impero val bene un cavallo” gli rispose Lĭ Rú.
Zhuo offrì volentieri il cavallo, al quale aggiunse lingotti d’oro per un peso di circa 350 chilogrammi, 10 perle di
grande brillantezza ed una cintura di giada.
XXIV. Lĭ Sù prese con sé i doni e si diresse verso l’accampamento di Lǚ Bù . Quando fu circondato dalle sentinelle che sorvegliavano le vie d’accesso, le pregò di informare subito il generale Lǚ Bù che un suo vecchio amico veniva a
trovarlo.
I soldati trasmisero il messaggio e Lǚ Bù ordinò che il visitatore fosse accompagnato alla sua presenza.
Sù lo guardò in faccia e disse: “Mio stimato giovane amico, quanto sono contento di rivederti”.
Bù si inchinò e rispose: “È da molto tempo che non ci siamo più visti. Che cosa fai di bello?”.
Sù gli spiegò:“Sono capitano della guardia imperiale. Quando ho saputo che ti stavi dando da fare per il bene della
nazione, ne ho provato un’immensa gioia. Possiedo un buon cavallo, capace di percorrere più di quattrocento chilometri in un sol giorno, di guadare i fiumi e di arrampicarsi sulle montagne come se fossero una pianura. Si chiama “Lepre
Rossa”. Sono venuto da te col preciso scopo di regalartelo perché tu abbia un cavallo degno di un grande guerriero”.
Bù volle vedere il cavallo ed ordinò che glielo portassero davanti. Come ci si poteva aspettare, il cavallo era di un
color rosso acceso simile a quello della brace ardente, senza una sola macchia. Dalla testa alla coda misurava quasi tre metri e mezzo di lunghezza. Dallo zoccolo al garrese era alto circa un metro e ottanta.Nitriva con gran forza e, quando galoppava, sembrava che, da un momento all’altro, potesse prendere il volo e lanciarsi sull’oceano. In suo onore, fu composto più tardi il seguente poema:
XXV. “Galoppa duecento miglia, sollevando nugoli di polvere,
Guada i fiumi, scala le montagne,tra la nebbia vermiglia,
rompe con la sua foga le redini di seta, scuote il morso di giada.
Drago fiammeggiante si innalza fino ai confini del Nono Cielo”.
XXVI. Bù guardò il cavallo e fu estremamente contento del dono.
Nel ringraziare Sù, gli disse: “ Mi hai regalato un magnifico cavallo. Come farò a sdebitarmi?”.
Sù gli rispose:“Sono venuto a trovarti perché siamo vecchi amici.Non desidero nulla in cambio”.Bù fece portare del vino
per il suo ospite e dopo un po’ Sù , leggermente alticcio, osservò:”Non ho occasione di vederti sovente a Corte, ma il tuo riverito padre ci viene spesso”.
Bù rispose:“Hai bevuto troppo, amico.Il mio amato padre è morto da parecchi anni. Non è possibile che tu l’abbia.incontrato a Corte”.
“No!” precisò Su, ridendo “ Stavo semplicemente parlando del governatore provinciale Dīng”.
Bù rispose, con voce esitante: “ In realtà, sto con lui perché non ho per ora altre prospettive”.
Allora Sù gli disse: “ Tu sei un uomo di capacità eccezionali, ammirato in tutto l’impero. Per te fama, ricchezza ed
onori sono a portata di mano, anzi li hai già in tasca. Come puoi affermare che devi rimanere al servizio di Dīng Yuán perché non hai altre possibilità di scelta?”.
Bù ammise:“Peccato che non abbia trovato un superiore meglio disposto a riconoscere le mie capacità”.
Sù si mise a ridere: “ Un uccello intelligente sa scegliere l’albero più adatto per il suo nido, una persona di
talento sa mettersi al servizio di chi è pronto a riconoscere le sue doti. Devi saper cogliere le buone occasioni al momento opportuno. Potresti pentirti di aver aspettato troppo”.
Bù gli domandò:“Tu, che sei in servizio alla Corte, sapresti indicarmi qualche personalità che si distingua particolarmente?”.
“Conosco tutti i ministri ed ho avuto la possibilità di studiarne bene il carattere.” gli rispose Sù “Sono in grado di
affermare che nessuno di essi è paragonabile a Dŏng Zhuó. Lui sa davvero valutare gli uomini e riconoscere le persone di talento. È uno che premia e punisce secondo i meriti. Ritengo che sia destinato a fare grandi cose”.
Bù osservò: “Mi piacerebbe entrare al suo servizio. Peccato che non conosca nessuno che possa mettermi in contatto con
lui”.
XXVII. A questo punto, Sù ordinò ai suoi domestici di tirar fuori l’oro, i gioielli e la cintura di giada e li fece disporre dinanzi a Lǚ Bù, che, stupito, gli domandò: “Che cosa stai facendo?”.
Sù ingiunse ai domestici di ritirarsi, poi confidò a Bù: “È da molto tempo che Sua Eccellenza Dŏng ammira le tue capacità ed è lui stesso che mi ha ordinato di offrirti questi doni. Anche lo stallone “Lepre Rossa “ è un regalo di Sua Eccellenza Dŏng”.
Bù domandò:“Che cosa potrò mai fare per sdebitarmi con Sua Eccellenza Dŏng di tanta generosità?”.
Sù gli rispose:“Guarda me. Io non sono un uomo di capacità eccezionali, eppure sono stato promosso capitano della
guardia imperiale. Pensa tu quale straordinaria carriera potresti fare se passassi al suo servizio.”
Bù riflettè:“Sfortunatamente, non ho mai fatto nulla che possa valermi come titolo di merito presso Sua Eccellenza Dŏng.”
Sù azzardò un suggerimento: “ C’è una cosa che potresti fare subito e con facilità. Ma forse avrai degli scrupoli a farla”.
Bù mormorò a lungo, come se stesse cercando di convincere se stesso: “ Potrei uccidere Dīng Yuán e passare con le sue truppe al servizio di Dŏng Zhuó. Ciò potrebbe essere considerato un merito”.
Sù concluse:“Se tu ti risolvessi a farlo, sarebbe davvero una grande impresa. Ma deciditi subito: il tempo a disposizione è scarso”.
XXVIII. Quando Sù prese congedo da Bù, i due avevano ormai concordato che il giorno seguente Bù sarebbe passato a Dŏng
Zhuó portandosi dietro le truppe di Dīng Yuán .
Quella stessa notte, durante il secondo turno di guardia, Bù penetrò nella tenda di Dīng Yuán con la spada sguainata.
Yuán, che stava leggendo qualcosa al lume di una candela, nel vederlo entrare gli domandò: “C`è qualcosa che non va,
figliuolo?”.
“Io sono un uomo di grandi capacità e di grandi qualità”gli rispose Bù “Che cosa ci guadagno ad essere tuo figlio?”
“Fèngxiān ,come hai potuto tradirmi?” esclamò Yuán.
Bù si lanciò in avanti e, con un solo fendente, gli tagliò la testa,poi si mise ad urlare:“Sappiate tutti che Dīng
Yuán era un tiranno e che io l’ho appena ucciso.Chi vuole seguirmi rimanga qui; chi non vuole, se ne vada”.
La maggior parte dei soldati abbandonarono l’accampamento.
XXIX. Il giorno seguente, Bù prese la testa di Dīng Yuán e si recò da Lĭ Sù , che lo accompagnò da Dŏng Zhuó, il quale, molto soddisfatto di ciò che era avvenuto, lo accolse con grande cordialità. Fatto portare del vino per il suo ospite, si inchinò e gli
disse: “Nell’accoglierti al mio servizio con il grado di ufficiale , mi sento come una pianticella assetata che sia appena stata bagnata da una generosa pioggia.”.
Sedendosi accanto a Zhuó, Bù lo salutò con queste parole: “Se Vostra Eccellenza è d’accordo, chiedo il permesso di
considerarvi d’ora in poi come un padre”.
Zhuó gli regalò un’armatura ed un abito di broccato , poi, dopo aver bevuto allegramente, si separarono.
Il potere di Zhuó divenne sempre più grande e ben presto egli fu nominato generale dell’avanguardia.
Suo fratello minore Dŏng Mín fu nominato generale dell’ala sinistra e ricevette il titolo di marchese di Hù.
Lǚ Bù fu, dal canto suo, promosso capitano della cavalleria e capitano della guardia imperiale e gli fu conferito
il titolo di marchese del distretto della capitale.
Lĭ Rú consigliò a Zhuó di porre rapidamente in atto i suoi piani per la deposizione dell’imperatore.
Allora Zhuó organizzò un grande ricevimento al quale invitò tutti i ministri,incaricando Lǚ Bù di assicurare il
servizio di guardia con più di mille uomini armati.
XXX. Il gran cancelliere Yuán Wĕi e tutti gli alti dignitari accettarono l’invito. Dopo numerosi brindisi, Zhuó
sfoderò la spada e proclamò: “ L’attuale imperatore è debole ed inetto e non è in grado di svolgere decorosamente le funzioni di un sovrano. Ispirandomi agli esempi di Yī Yĭn e di Huò Guāng, io depongo perciò l’imperatore, che porterà d’ora in poi il titolo di principe di Hóngnóng, ed elevo, al suo posto, al trono imperiale il principe di Chénliú. Chiunque si opporrà a questa decisione sarà giustiziato”.
I ministri furono tutti atterriti da queste parole e non osarono sollevare obiezioni, ma Yuán Shào , comandante della divisione centrale, si alzò in piedi e disse: “ L’attuale imperatore è salito al trono da poco tempo e finora non c’è stato nulla da rimproverargli. Voi volete deporre il figlio di una imperatrice e sostituirlo con il figlio di una concubina. Se questo non è ribellione, che cosa altro può essere?”.
Zhuó replicò irosamente: “La politica dell’impero è nelle mie mani e non vedo chi possa osare di opporsi alle mie decisioni. Ti sembra che la mia spada non sia abbastanza affilata?”.
“La vostra spada è affilata, ma la mia lo è altrettanto” ribattè Yuán Shào , sguainando anche lui la spada.
I due si fronteggiavano sulle stuoie della sala del banchetto.
Abbiamo visto che Dīng Yuán difese la legittimità e fu il primo a rimetterci la testa. Ora, Yuán Shào deve affrontare un duello e mettere in gioco vita e potere.
Si salverà? Continuate a leggere e lo saprete.
NOTE
(1) Hé Jìn accusa implicitamente Cáo Cāo di sostenere i Dieci Assistenti Ordinari, perché suo padre Cáo Sōng, il cui cognome originario era Xiàhóu, era stato adottato dal principale assistente dell’imperatore Huán, Cáo Téng, che era un eunuco.
(2)Il “tángní” 唐 猊 era un animale misterioso, simile ad un leone, con la cui pelle, particolarmente spessa, venivano fabbricate le corazze più pregiate.
(3) Il primo ministro Yī Yīn 伊 尹 (XVI° secolo a.C.) mandò temporaneamente in esilio il re Tàijia太 甲 della dinastia Shāng 商 朝, che si era dimostrato incapace di governare correttamente. Il primo ministro Huò Guāng 霍 光 depose nel 74 a.C., dopo soli 28 giorni di regno, il nuovo imperatore Liú Hè 劉賀, che era stato principe di Chāngyí昌邑 王, accusandolo di esercitare in modo indegno le funzioni di un sovrano.
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