Capitolo III
Tutti pensavano che lo spettacolo non fosse ancora finito e si aspettavano che Wáng Xiăoyù cantasse ancora un’aria, invece fu sua sorella che salì sul palcoscenico per pronunciare qualche parola di congedo, e non ci fu altro.
Il giorno seguente Lăo Cán si ricordò che teneva in camera un migliaio di tael d’argento e il pensiero di quel denaro incustodito non lo lasciava tranquillo.
Trovò, nella strada di fronte alla locanda, un’agenzia della banca Rìshēngchāng (1) presso la quale si potevano fare dei vaglia e inviò ottocento tael alla famiglia a Sūzhōu nel Jiāngnán, conservando per sé più di un centinaio di tael. Lo stesso giorno comprò un rotolo di seta ed un tessuto di quelli usati per confezionare le “giacche da equitazione” (2), se li portò a casa e fece chiamare un sarto che lavorava su misura perché gli cucisse una lunga tunica imbottita di cotone e una giacca da equitazione. Si era alla fine di settembre e, sebbene facesse ancora piuttosto caldo, cominciava a spirare un vento freddo di nord-ovest, per cui appariva opportuno indossare subito abiti imbottiti di cotone.
Date le necessarie istruzioni al sarto e consumata la colazione, Lăo Cán andò a passeggio nei dintorni della porta occidentale della città e bevve una tazza di tè nei pressi della Fonte Zampillante, la più famosa delle sorgenti che abbelliscono la città di Jìnán. (3) La fonte dà vita ad un grande stagno che copre una superficie di 45 “mŭ” (4) e che comunica con il fiume tramite due bocche. Al centro dello stagno si vedono tre potenti zampilli, che sgorgano rumorosamente dal fondo e che si innalzano due o tre piedi sul livello dell’acqua. Secondo quanto ricorda la gente del posto, gli zampilli raggiungevano, un tempo, l’altezza di cinque o sei piedi, ma, persero vigore, per qualche sconosciuta ragione, dopo alcuni lavori di manutenzione effettuati nello stagno. Questi tre getti d’acqua hanno ciascuno un diametro più largo di quello di un secchio. A nord dello stagno si trova una sala chiamata il Padiglione di Lǚzǔ (5), di fronte alla quale, sotto un pergolato, quattro o cinque tavoli ed una dozzina di panche offrono ai visitatori la possibilità di sedersi a bere una tazza di tè.
Bevuto il suo tè, Lăo Cán lasciò la Fonte Zampillante passando attraverso la porta posteriore del parco e svoltò un paio di volte verso est, in direzione dell’Accademia della Sorgente del Filo d’Oro (6)
Entrandovi dal secondo cancello, ci si trova di fronte al pozzo a carrucola presso il quale dicono che si sarebbe fermato Chén Zūn. (7) Se si volta di nuovo verso ovest, varcata una pesante porta, si arriva alla Sala delle Farfalle. La facciata e la parte posteriore della sala sono circondati da acqua sorgiva. Dietro la sala sono piantati molti banani. Attraverso i numerosi strati di foglie si scorge ancora uno stralcio di cielo azzurro. Nell’angolo nord-occidentale, in mezzo al boschetto dei banani, c`è un piccolo stagno quadrato. A due metri di distanza sgorga la Sorgente del Filo d’Oro. La Sorgente del Filo d’Oro è la seconda di quattro fonti famose. Quali sono queste quattro sorgenti? La Fonte Zampillante, la Sorgente del Filo d’Oro, la Sorgente della Tigre Nera fuori della porta meridionale della città e la Sorgente delle Perle all'interno del palazzo del governatore.(8) Ecco le “quattro fonti famose”.
Secondo la leggenda, nella fonte testè menzionata è nascosto un filo d’oro. Lăo Cán scrutò a lungo la superficie dell’acqua senza scorgervi, non diciamo un filo d’oro, ma neppure un filo di ferro.
Fortunatamente, passò accanto alla fonte un uomo che aveva l’aspetto di un letterato e Lăo Cán gli domandò che cosa si intendesse con l’espressione “ filo d’oro”. L’uomo condusse Lăo Cán ad ovest dello stagno, si chinò, piegò la testa da un lato, guardò la superficie dell’acqua e disse: “Ecco! Sulla superficie dell’acqua c’è una linea tremolante che sembra una spirale. Io la vedo. Provate a guardare anche voi”.
Lăo Cán piegò anche lui la testa di lato e guardò.
“La vedo pure io. La vedo pure io. “esclamò dopo un momento” Come si spiega?”. Dopo qualche istante di riflessione osservò :“ Può darsi che due distinte vene d’acqua si scontrino nel sottosuolo e lottino fra di loro per emergere. La linea tremolante al di sopra dello stagno potrebbe essere l’acqua di una delle sorgenti che è spinta in alto dalla forza dell’altra”.
“Questa fonte è conosciuta da centinaia di anni ed è osservata da secoli.” continuò l ’uomo” Chissà se ci sono stati dei periodi in cui una delle due sorgenti è apparsa più forte o più debole dell’altra?”.
“MI sembra che la linea oscilli spesso da una parte o dall’altra “rilevò Lăo Cán” Ciò significa, a mio parere, che, sia da una parte sia dall’altra, il getto ha dei momenti di minore potenza.”
Il letterato concordò con questa conclusione. Poi salutò e proseguì per la sua strada.
Lăo Cán lasciò l’Accademia della Sorgente del Filo d’Oro e attraversò i quartieri occidentali della città, dirigendosi verso sud.
Procedendo verso est, dopo essere giunti all’angolo delle mura, si incontra sulla strada un grande mercato. Fuori della porta meridionale della città c’è un fossato piuttosto ampio, che è alimentato anch’esso da una sorgente. L’acqua è così limpida che si vede bene il fondo del fossato. Il fossato è pieno di alghe, lunghe più di un piede, che ondeggiano al flusso della corrente. È uno spettacolo bello da vedere.
Mentre camminava ed osservava il paesaggio, Lăo Cán notò, su lato meridionale del fossato, diverse vasche rettangolari. Molte donne, inginocchiate sui bordi delle vasche, battevano i panni sulle rocce che punteggiavano la riva. (9)
Veniva poi un grande stagno e, a sud dello stagno, si scorgevano alcune costruzioni con il tetto di paglia. Avvicinandosi, si capiva che erano delle case da tè. Lăo Cán entrò in una di esse e si si sedette di fronte ad una finestra sul lato settentrionale. Una cameriera accorse con una teiera in mano. La teiera appariva simile alle famose teiere di Yíxìng (10), ma in realtà era un’ imitazione , di produzione locale.
Lăo Cán domandò alla cameriera: “Mi è stato riferito che qui nei paraggi dovrebbe esserci una Sorgente della Tigre Nera. Saprebbe dirmi dov’è?”.
La cameriera gli rispose ridendo: “Signore! Se Lei si appoggia al davanzale della finestra e guarda fuori, vedrà proprio di fronte a sé la Sorgente della Tigre Nera. Non ci crede?”
Lăo Cán guardò fuori e vide in basso, proprio sotto la finestra, una testa di tigre in pietra, lunga circa due piedi e larga cinque o sei piedi. Dalla testa della tigre schizzava fuori con gran forza uno zampillo che attraversava da una riva all’altra un minuscolo stagno e formava un rigagnolo il quale, dopo aver compiuto un paio di giravolte, sfociava nel fossato della città.
Dopo essere rimasto seduto per qualche tempo ad osservare il lento tramonto del sole dietro le montagne, Lăo Cán pagò la consumazione e si incamminò, pian pianino, verso la porta meridionale della città.
Il giorno dopo, sentendosi in ottima forma, Lăo Cán prese i suoi campanellini e uscì per strada. Passando davanti al governatorato, lo sguardo gli cadde su una casa di medie dimensioni all’ingresso di un vicolo in direzione ovest. Sulla facciata meridionale della casa erano incollate, accanto alla porta, i caratteri “ Casa del signor Gāo". Sulla soglia stava in piedi un uomo dal viso lungo e magro, che indossava una giacca di seta imbottita, color marrone e porpora, e teneva in mano una lunga pipa ad acqua di origine straniera, in lega di rame, a due fornelli. Aveva l’aria triste.
Vedendo passare Lăo Cán lo chiamò: Signore! Signore! Venga qui. Lei sa come curare il mal di gola?”.
“Me ne intendo un pochino” rispose l’interpellato.
“Allora, per favore, mi segua in casa” disse l’uomo.
Sul lato occidentale della casa si susseguivano tre sale. Le pareti erano ornate di calligrafie e di dipinti di celebri autori contemporanei, opere per lo più eseguite a penna e inchiostro nero.
Al centro della casa c’era un salone, in cui si scorgeva un solo dipinto: il ritratto di una persona che cavalcava le nubi come Lièzĭ. (11) Il vento scompigliava il suo diadema e muoveva i panneggi del suo abito. Il dipinto era molto bello. Sopra di esso campeggiavano quattro caratteri scritti con grande eleganza: ”Tempeste e turbini di vento”.
I due uomini si sedettero nel salone e si presentarono. Il padrone di casa si faceva chiamare Shàoyīn (12), era originario del Jiāngsū ed era un alto funzionario del governatorato. (13) Egli spiegò a Lăo Cán che la sua concubina soffriva già da cinque giorni di una faringolaringite e che non riusciva più a mandar giù nemmeno una goccia d’acqua, e gli chiese se si potesse fare qualcosa.
“Prima di dare un parere, dovrei vedere la malata” gli rispose Lăo Cán.
Il signor Gāo chiamò allora una domestica, ordinandole di salire al piano superiore, nelle stanze delle donne, e di riferire alla malata che un medico stava per venire a visitarla”.
Attraversarono un’altra porta e salirono insieme agli appartamenti del piano superiore, che erano anch’essi costituiti da una “suite” di tre stanze e un salone centrale. Quando entrarono nel salone, un’anziana donna alzò la cortina che separava il locale dalla stanza della malata, posta ad occidente, e disse a Lăo Cán : “Prego: entri!”. Un ampio letto, completamente nascosto da un baldacchino di tessuto leggero a disegni floreali, con le tendine abbassate, era addossato alla parete occidentale della stanza, la testiera rivolta a nord. Dinanzi al letto erano sistemati un tavolino e due sgabelli.
Il signor Gāo invitò Lăo Cán a sedersi su uno degli sgabelli. (14) Una mano apparve fra le tendine del baldacchino e la vecchia sistemò sul bordo del letto alcuni libri per farle da sostegno. Dopo che Lăo Cán l’ebbe esaminata, la mano fu ritirata e l’altra mano spuntò dalle tendine.
Lăo Cán diagnosticò: “Il polso è lento e teso da entrambi i lati. Il calore è bloccato dal freddo e non riesce ad irradiarsi. Di conseguenza circola con difficoltà. (15). Se permettete, dovrei esaminare la gola."
Il signor Gāo sollevò con gesto deciso le tendine.
La ragazza, una fanciulla sui vent’anni, arrossì violentemente e si tirò indietro, molto imbarazzata.
Il signor Gāo la aiutò gentilmente a mettersi seduta sul letto in modo che la luce che entrava dalla finestra la illuminasse.
Lăo Cán si piegò sulla donna e vide che il gonfiore ai due lati della gola stava cominciando a ridursi e che la zona infiammata aveva assunto un color rosso pallido.
Constatato ciò, si rivolse al signor Gāo: “Non è una malattia molto grave. Giusto un’infiammazione provocata dalle medicine amare e fredde (16) che le sono state somministrate e che hanno impedito al calore di circolare per il corpo. Di solito, ciò provoca facilmente anche un sommovimento del fegato, che genera depressione. Per il momento le basterà prendere un paio di dosi di un medicinale che stimoli la sudorazione. Le faranno bene.”
Tirò fuori dalla borsa un flacone di sciroppo e una siringa senz’ago ed iniettò un po’di liquido nella bocca della paziente.
Ritornato nel salone centrale, prescrisse alla malata un “decotto aromatizzato di mandarino”. ( Si tratta di una preparazione magistrale che contiene liquirizia naturale, campanula amara (17), semi di bardana, schizonepeta (18), pastinaca, menta piperita, magnolia kobushi (19), otto erbe profumate alla polvere di talco (20) e radici fresche di loto ( 21).)
Quando ebbe terminato di scrivere la ricetta, qualcuno fu subito inviato a comandare la preparazione in farmacia.
“Complimenti!” esclamò il signor Gāo e domandò: Quante volte al giorno occorre bere questo decotto?”.
“Per oggi saranno sufficienti due tazze.” gli rispose Lăo Cán” Domani ripasserò a vedere l’inferma.”
“Quanto le devo per il disturbo?” chiese il signor Găo.
“Sono soltanto un guaritore ambulante ” gli rispose Lăo Cán “ e non ho tariffe per le mie cure. È vero che mi sono occupato di questo malessere abbastanza serio della Sua concubina, ma mi basta una scodella di riso per mangiare e il rimborso delle spese di trasporto quando dovrò venire qui.”
“Se la mettiamo così , stia sicuro che, una volta che la malata sarà guarita, saprò come mostrarLe la mia riconoscenza.” replicò il signor Gāo” Intanto, mi dica dove sta qui in città, di modo che possa mandare qualcuno a chiamarLa, se ce ne sarà bisogno”.
“Sto alla Locanda dei Monaci Illustri sulla via principale” rispose Lăo Cán e si congedò.
Da quel momento, fu invitato a pranzo tutti i giorni.
Tuttavia, nel giro di tre o quattro giorni la malata migliorò notevolmente e ritornò quella di prima. Il signor Gāo ne fu così contento che ricompensò Lăo Cán con otto tael d’argento. Offrì poi un rinfresco nel Palazzo della Colonna Settentrionale e, facendo prova di una certa ostentazione, vi invitò i suoi colleghi del governatorato.
Chissà come, la voce si diffuse rapidamente e funzionari ed assistenti si affollavano all’entrata del ristorante. Gli ospiti arrivavano con i palanchini e a poco a poco si creò una grande confusione. (22)
Quel giorno, tra i commensali c’erano anche alcuni funzionari in attesa di promozione.
Una persona seduta in fondo al tavolo, a destra, osservò: “Yù Zuŏchén sarà nominato prefetto di Cáozhōu”. (23)
Un altro commensale, seduto alla sinistra di Lăo Cán, commentò: “Non ha ancora raggiunto un grado abbastanza elevato per essere promosso prefetto. Come potrebbero nominarlo a quel posto?”.
Intervenne allora il vicino di destra: “Sarà nominato prefetto perché ha affrontato con successo il problema del banditismo. In meno di un anno ha reso le strade totalmente sicure, cosa che il governatore della provincia (24) ha molto apprezzato. Qualcuno infatti gli ha raccontato che, passando per un villaggio della prefettura di Cáozhōu, aveva visto un grosso pacco di tessuto blu abbandonato in mezzo alla strada, senza che nessuno lo raccogliesse. Avendo chiesto agli abitanti del villaggio di chi fosse quel pacco e perché nessuno lo avesse spostato dal mezzo della strada, gli era stato risposto che il pacco era stato lasciato lì la notte precedente. “Perché non l’avete raccolto? Andate a prenderlo!” aveva suggerito lui. “Noi e le nostre famiglie abbiamo ancora voglia di vivere” avevano mormorato gli abitanti del villaggio, scuotendo la testa con un sorriso ironico. "Ecco come si può impedire che qualcuno si impossessi delle cose dimenticate per strada" ha concluso la persona che raccontava il fatto" e fare in modo che la gente di oggi sia onesta come lo erano gli antichi". Il governatore è stato molto contento del modo in cui Yù Zuŏchén fa regnare l’ordine a Cáozhōu e ha deciso di designarlo per la nomina a prefetto”.
L’uomo seduto alla sinistra di Lăo Cán replicò: ”Zuŏchén è una persona capace, ma è troppo crudele. In un anno ha messo in prigione o condannato a morte più di duemila persone. Vi sembra giusto?”
“È inevitabile che vi siano dei casi di ingiustizia.” gli rispose il vicino” Non saprei come dire, ma quanta gente non subisce, una volta o l’altra, un’ingiustizia?”.
“I funzionari ambiziosi conducono sempre una politica severa che possa attirar loro i consensi degli amanti dell’ordine.” osservò il commensale seduto a destra” Non ti ricordi più di quando facevi scuoiare la gente per diventare prefetto di Yănzhŏu? Non abbiamo sempre agito tutti in questo modo?”
“ I metodi di Zuŏchén sono veramente crudeli ” interloquì un altro”, ma occorre dire che la gente di Cáozhōu si merita ciò che le è capitato addosso. Durante l’anno in cui altri funzionari hanno amministrato provvisoriamente Cáozhōu non passava quasi giorno senza qualche aggressione o rapina. (25) Erano state create duecento “pattuglie”, ma non serviva a niente. Sembravano gatti incapaci di catturare i topi. Arrestavano i contadini o quei poveracci che erano costretti con la forza dai banditi a custodire i loro muli e i loro cavalli. Quanto ai veri briganti, ne trovavi forse un pugno tra centinaia di arrestati. Zuŏchén ha affrontato il problema con risolutezza e i briganti sono spariti. Ed ora, gli altri funzionari si vergognano davvero di non aver saputo combinare nulla di buono”.
L’uomo seduto sulla sinistra osservò: “A mio modesto parere, non si è ancora finito di ammazzare gente. Il nome di Zuŏchén continuerà a suscitare terrore per un bel momento e temo che vedremo anche in futuro crudeltà difficili da immaginare”.
Dopo che ebbe detto questo, tutti furono d’accordo che avevano bevuto abbastanza e che era il momento di passare al cibo.
Terminato il ricevimento, ognuno tornò a casa sua.
Il giorno seguente, nel pomeriggio, Lăo Cán, non avendo nulla da fare, rimase in albergo a riposarsi. Ad un tratto, mentre guardava fuori dalla finestra, vide fermarsi dinanzi alla porta della locanda una portantina da cui scese un uomo che domandò: “Il signor Tiĕ è in camera ?”.
Lăo Cán vide che si trattava di Gāo Shàoyīn e corse a salutarlo.
“Eccomi!” gli disse” Venga pure. La prego soltanto di volermi scusare perché La ricevo in un ambiente così modesto”.
“Vediamo un po’ come è questo posto!” lo interruppe Shàoyīn.
L’alloggio di Lăo Cán era costituito da due stanze comunicanti affacciate sul lato orientale della locanda. In quella posta a sud c’era una piattaforma di mattoni (26) su cui era disteso un materasso. In quella posta a nord, si scorgevano un tavolo quadrato e due sedie. Accanto alla parete occidentale erano piazzati due bauli in legno di bambù. Sul tavolo erano depositati alcuni libri, un piccolo calamaio, alcuni pennelli e una scatoletta con l’inchiostro rosso per il sigillo. (27)
Lăo Cán fece sedere l’ospite, il quale, lanciato uno sguardo distratto ad uno dei libri, lo guardò meglio ed apparve sorpreso.
“ Non è l’edizione di epoca Sòng del “Zhuăngzĭ” a cura di Zhāng Jūngfáng? (28) Dove l’ha trovata? È un’opera rarissima. È la prima volta che mi capita di vedere un libro così pregiato.”
“In famiglia possediamo da lunghissimo tempo alcuni vecchi libri in cattive condizioni che non hanno alcun valore venale” rispose Lăo Cán “Quando viaggio me li porto dietro soltanto per distrarmi e li leggo come se fossero dei romanzetti. (29) Non merita neppure parlarne."
Guardando ancora tra i libri depositati sul tavolo, il signor Gāo scoprì le “Venti poesie sul bere vino con Táo”(30) nella prima edizione curata da Màozi Jìn (31), la quale riproduceva esattamente la calligrafia di Sū Dōngpō.
Dopo aver espresso ripetutamente la propria ammirazione, il signor Gāo disse: “Signor Tiĕ, Lei proviene da una famiglia di letterati.(32) Perché non si dà da fare per conseguire fama e reputazione invece di perdersi nell'esercizio di un povero mestiere? Sebbene ricchezza e prestigio siano beni fuggevoli (33), possono comunque costituire una nobile aspirazione".
“Vostra Eccellenza mi adula parlando di “nobile aspirazione” rispose Lăo Cán”. Io non sono privo di ambizione, ma, da una parte, sono di temperamento un po’trascurato e negligente cosicché mi è difficile cogliere al balzo le occasioni di successo, dall’altra, ho sempre in mente il proverbio che dice: “ Chi troppo in alto sal cade sovente precipitevolissimevolmente”. Evitando di salire troppo in alto, spero di cadere in modo meno rovinoso.”
“Ieri sera, a cena” replicò Shàoyīn” il governatore diceva che ci sono molte persone capaci nella nostra prefettura e che occorre sforzarsi di reclutare per i nostri uffici tutti gli elementi più validi. Yáo Yúnwēng, che era seduto accanto a noi, ha osservato: ” In questo momento c`è qui in città una persona di talento a cui Vostra Eccellenza non ha pensato di proporre un incarico”. “Chi sarebbe?” ha subito chiesto il governatore. Yáo Yúnwēng gli ha allora spiegato che si trattava di una persona ragguardevole per formazione, comportamento, sensibilità, apertura mentale ed esperienza delle cose del mondo. Il governatore si è grattato la testa (34) ed ha immediatamente fatto scrivere una nota interna per i suoi collaboratori.
“Temo che non siano molti gli individui che rispondono a questa descrizione” ha obiettato uno dei commensali. ”Non si tratta di qualcuno che abbia presentato la propria candidatura ad un posto vacante né di una persona conosciuta e non sappiamo quale sia la sua reputazione. Dagli atti non risulta nulla”.
“Se è così, allora bisognerà attendere la prossima tornata di nomine” ha concluso il governatore.
A quel punto sono intervenuto io (35) e gli ho detto:” Conosco qualcuno che sarebbe immediatamente disponibile per effettuare una visita medica. Se invece volessimo proporgli un incarico pubblico, non so se sarebbe d’accordo o no. Bisognerebbe prima chiederglielo”.
“Molto bene” mi ha risposto il governatore” Domani vada a cercarlo e ritorni da me in sua compagnia”.
Ecco perché ora sono qui a parlare con Lei. Verrebbe con me, oggi, a vedere il governatore?
“Non ho nulla in contrario” rispose Lăo Cán “ Il solo problema è che per rendere visita al governatore dovrei disporre di un abito da cerimonia, ed io non ce l’ho. Potrei venire vestito come al solito?”
“Non c’è nessun problema” fece Shàoyīn “Venga pure vestito come al solito. Attenda un momento e ci andremo insieme. La farò aspettare nel mio ufficio. Il governatore scenderà giù nel pomeriggio e lo incontreremo in cancelleria”(36).
Ciò detto, fece chiamare un’altra portantina per Lăo Cán.
Indossando i suoi abiti di ogni giorno, Lăo Cán entrò con Gāo Shàoyīn nel palazzo del governatore. Questo palazzo era stato, in epoca Míng, la residenza del principe di Qí. e, come tanti altri edifici, veniva ancora chiamato con il vecchio nome. Penetrarono nella terza sala, detta l’”Atrio del Palazzo”, accanto alla quale stava l’ufficio di Gāo Shàoyīn, mentre, di fronte, si apriva la porta della cancelleria.
Lăo Cán non aveva ancora fatto in tempo a sedersi nell’ufficio di Gāo Shàoyīn che vide il governatore Zhāng uscire dalla porta della cancelleria. Era un uomo assai corpulento, ma di aspetto cordiale.
Non appena Gāo Shàoyīn lo vide, corse a salutarlo e gli mormorò alcune parole.
“Entrate prego! Entrate, prego!” disse ad alta voce il governatore.
Un funzionario si avvicinò a Lăo Cán e gli ripetè:“Il Signor Governatore invita il signor Tiĕ ad entrare in cancelleria”.
Lăo Cán si affrettò a presentarsi al governatore.
“La ammiro da tempo” gli disse quest'ultimo porgendogli la mano” La prego, entri e si accomodi.”
Un funzionario sollevò la morbida cortina di seta.
Entrando nella sala della cancelleria, Lăo Cán fece un profondo inchino. Il governatore lo invitò a accomodarsi sulla piattaforma in legno di mogano e fece sedere Shàoyīn di fronte a lui, poi prese uno sgabello quadrato e si sistemò in mezzo ai due.
“Ho sentito dire che il signor Lăo Cán è una persona molto colta e competente in economia. ”esordì il governatore” Nonostante le mie manchevolezze,Sua Maestà l’imperatore ha avuto la benevolenza di nominarmi governatore di questa provincia ed io mi sforzo di fare tutto il possibile per amministrarla bene.
I lavori di arginatura del fiume sollevano enormi problemi ed i funzionari che se ne occupano non sanno più cosa fare. Quando si sente parlare di una persona capace e ricca di talento, tutti vogliono invitarla per poter ascoltare i suoi suggerimenti e sfruttare le sue competenze. Se c’è qualcosa che si può vedere insieme e se Lei può darci qualche consiglio, gliene saremmo molto grati”.
“La stima generale di cui gode Vostra Eccellenza è fuori discussione.” rispose Lăo Cán “È soltanto a proposito dei lavori di sistemazione idrica che ho sentito dibattere. Ritengo che qualsiasi discorso debba prendere lo spunto dalle “tre strategie” di Jiă Ràng e dalla sua idea secondo cui “l’autorità non deve lottare con il fiume.”(37)
“È proprio così!” lo interruppe il governatore” Guardi come è largo il fiume nel Hénán e come è stretto qui da noi”. (38)
“Non sono ‘accordo” obiettò Lăo Cán” L’alveo del fiume è stretto e non può contenere le piene, anche se l’acqua esonda soltanto per una dozzina di giorni.
Negli altri periodi, la corrente non è molto forte e la sabbia si deposita facilmente.
Jiă Ràng scriveva bene, ma non aveva alcuna pratica dei lavori di sistemazione idrica.
Meno di un secolo dopo Jiă Ràng venne Wáng Jĭng (39), il quale, per controllare le piene del Fiume Giallo, si ispirò a Yǔ il Grande, che aveva “domato le grandi acque”. (40) La sua strategia, contraria a quella propugnata da Jiă Ràng, ebbe successo e, per oltre un millennio, il fiume non causò più danni. Come Vostra Eccellenza ben sa, Pān Jìxún (41), sotto i Míng, e Jìn Wénxiāng (42), sotto la presente dinastia, seguirono pressappoco questa linea e ne trassero grande fama.
“Quale era il metodo di Wáng Jĭng?” domandò il governatore.
“Il metodo di Wáng Jĭng” gli spiegò Lăo Cán” si ispirava al principio di "dividere il fiume in nove bracci che confluissero di nuovo in un solo corso prima di sfociare nell'oceano". (43) “Dividere” e “far riconfluire”, ecco i due termini fondamentali che devono essere ben compresi. Ci sono anche due frasi nel “Libro dei Hàn Posteriori”(44): “una chiusa ogni dieci lĭ" e “far sì che l’acqua possa defluire e refluire”.(45) Tutta questa problematica non può essere affrontata in modo superficiale. Potrei, se Lei me lo consente, preparare con calma una relazione sull’argomento e sottoporglieLa. Che cosa ne pensa?”.
Il governatore fu molto soddisfatto del colloquio con Lăo Cán e disse a Gāo Shàoyīn: “Faccia rimettere in ordine le tre stanze dello Studio occidentale affinché il signor Tiĕ ci si possa installare e possa fornirci la sua consulenza ogni volta che sia necessario".
Lăo Cán ringraziò il governatore della sua proposta, ma dichiarò che, prima di accettarla, avrebbe desiderato visitare un parente che abitava a Cáozhōu. Con l’occasione intendeva anche informarsi di che cosa la gente di Cáozhōu pensasse al riguardo di Yǔ Zuŏchén e accertare che tipo di persona fosse costui. (46) Al ritorno si sarebbe presentato al governatore per dargli una risposta.
Il governatore rimase piuttosto sconcertato dall’atteggiamento di Lăo Cán.
Quest’ultimo prese congedo ed uscì dalla sala in compagnia di Shàoyīn, poi i due si separarono.
Chi vuol sapere se Lăo Cán arrivò a Cáozhōu legga il prossimo capitolo.
Capitolo IV
Lăo Cán uscì dal palazzo del governatore e, dopo aver lasciato andare la portantina, passeggiò per le strade della città, fermandosi un po’di tempo in un negozio di antiquariato.
Quando, sul far della sera, ritornò alla locanda, il proprietario gli si precipitò incontro per congratularsi con lui.
Lăo Cán ne fu sorpreso.
“Ho saputo” gli spiegò il locandiere” che il signor segretario del governatore Le ha trasmesso un invito del suo superiore e che Lei è stato ricevuto a palazzo. Lei è davvero un uomo fortunato! Il signor Lĭ e il signor Zhāng, che alloggiano nelle camere più belle della locanda (47) e che sono venuti qui dalla capitale con lettere di presentazione, hanno chiesto invano udienza tre o quattro volte. Li ho incontrati per caso mentre rientravano. Manifestavano ad alta voce la loro delusione, imprecavano e sembrava che volessero gettar via i loro biglietti da visita. (48) Ed ecco, arriva uno come Lei e il governatore si affretta a riceverlo e manda il suo segretario in persona ad invitarlo e ad accompagnarlo all’udienza. Che onore! Non Le avrà mica proposto una nomina a tamburo battente? Come non congratularsi?”.
“Non c’è niente di vero in ciò che Le hanno raccontato e Lei non dovrebbe prestar fede a voci senza fondamento” gli rispose Lăo Cán “Ho semplicemente curato una persona in casa del signor Gāo, al quale ho detto casualmente che mi sarebbe piaciuto vedere la Fonte delle Perle all’interno del palazzo del governatore. Ieri (49) il signor Gāo era libero da impegni ed è venuto a prendermi per mostrarmi la fonte.Ecco come è nata la voce di un invito da parte del governatore.”
“Io so come stanno le cose” replicò il locandiere” Non mi prenda per i fondelli!. Prima, quando il signor Gāo è venuto qui ad invitarLa, il suo assistente mi ha raccontato che il governatore , passando davanti alla soglia dell’ufficio mentre stava andando a pranzo aveva detto al segretario: “Dopo pranzo, si ricordi di portare subito il mio invito al signor Lăo Cán. So che nel pomeriggio esce sempre a fare un giretto in città e temo di non riuscire a vederlo”.
“Non creda a questa storia” disse sorridendo Lăo Cán” Non c’è nulla di vero”.
“Non si preoccupi” fece il locandiere” Non intendo chiederLe dei soldi in prestito”. (50)
Proprio in quel momento, si sentì qualcuno che, dall’esterno, gridava: “Dov’è il padrone?”.
Il locandiere corse all’entrata e vide sulla soglia un uomo che indossava un berretto azzurro (51) ornato di una lunga piuma, stivali decorati con motivi a forma di felci (52), una tunica di color porpora, ed una giacca da equitazione in lana damascata (53), con una lanterna in una mano e due grandi biglietti da visita in carta rossa nell’altra.
L'uomo continuava ad urlare: “Dov’è il padrone?”.
“Eccomi! Sono qui!” disse il locandiere “Che cosa sta succedendo?”
L’uomo domandò: “Il signor Tiĕ alloggia qui da voi?”.
“Sì” rispose il locandiere” Ha una camera sul lato orientale. Vi accompagno da lui.”
Giunti alla camera, il locandiere indicò Lăo Cán all’uomo dicendo: “Ecco il signor Tiĕ!”.
L’uomo si fece avanti, salutò prima di entrare nella stanza,poi, alzando la mano in cui teneva i fogli di carta rossa, disse, in tono rispettoso: “Signor Tiĕ, sono stato incaricato di recarLe questo biglietto del Signor Governatore, il quale si rammarica di non poterLa invitare questa sera a palazzo perché ha una cena all’Accademia. Ha però ordinato alle cucine di preparare sollecitamente tutti i piatti di un banchetto e di inviarli subito qui. Qualora Lei non desideri mangiare, il Signor Governatore La prega di scusarlo per questo suo gesto che voleva essere di cortesia”.
Detto ciò l’uomo si voltò indietro e ordinò: “Portate I piatti!”.
Due servitori che lo seguivano si fecero avanti con una grande scatola rettangolare e ne sollevarono il coperchio.
La scatola era divisa in tre scomparti: nel primo c’era una scodella di brodo; nel secondo,a sua volta diviso in scomparti minori, c’erano nidi di rondine, pinne di pescecane ed altre prelibatezze; nel terzo, arrosto di maiale, anatra e due piatti di stuzzichini”. (54)
Aperta la scatola, l’uomo domandò: “Dov ´è il locandiere?”.
Il locandiere stava lì accanto, con i camerieri della locanda ed alcuni clienti, a guardare sbalordito la scena.
Sentendosi interpellare, domandò premuroso: “Che c’è?”.
“Togliti dai piedi e fila in cucina!” gli intimò l’uomo. (55)
“Il Signor Governatore s´è disturbato troppo per me” s’affrettò a dire Lăo Cán “Sono confuso”, poi invitò il funzionario a sedersi e a bere con lui una tazza di tè. L’uomo declinò ripetutamente l’invito, ma Lăo Cán insistette e, alla fine, l’uomo entrò nella stanza e si sedette sulla prima seggiola. Lăo Cán lo pregò di accomodarsi sulla piattaforma riscaldata, ma l’uomo non ne volle sapere.
Lăo Cán prese la teiera, riempì una tazza e gliela porse.
Bevuto il tè, l’uomo si levò in fretta, ringraziò, salutò e disse: "Ascolti, signor Tiĕ! Il governatore ha ordinato di ripulire in fretta il cortile dello Studio Meridionale e La invita a prendere possesso dello Studio già domani o dopodomani. Se ci fosse qualche problema, Le basterà chiedere di Wǔ, il comandante della guardia del palazzo (56 ), e si provvederà.”
“Troppo onore!” mormorò Lăo Cán “Troppo onore!”.
Il funzionario, in piedi, ripetè il saluto dicendo: “Arrivederci. Ora devo tornare in ufficio. Mi dia per favore un suo biglietto da visita”.
Lăo Cán chiamò i servitori che avevano trasportato la scatola con i piatti e diede loro una mancia di quattrocento soldi (57), poi scrisse un biglietto di ringraziamento per il governatore e lo consegnò al funzionario.
Fatto ciò, accompagnò pian piano l’uomo al portone della locanda e lo guardò montare a cavallo ed andarsene.
Mentre Lăo Cán tornava indietro dal portone della locanda, il locandiere gli si fece incontro con un sorriso: "Lei continua a mentirmi. Non è forse Sua Eccellenza il Governatore che le invia questo banchetto? Ho sentito che il dignitario che è venuto a trovarLa è il generale (58) Wǔ, il comandante della guardia di palazzo. In questi ultimi due anni, il Governatore ha spesso fatto pervenire cibi e bevande ad ospiti della mia locanda, ma sono sempre state cose di ordinaria amministrazione, non è mai venuto un suo stretto collaboratore (59) a portar loro il pranzo. Qui è la prima volta che io vedo rendere un simile onore ad una persona."
"Non si preoccupi di sapere se è ordinaria amministrazione o no." gli rispose Lăo Cán "Non ha importanza. Mi sto solo domandando che cosa potrei fare di tutti questi piatti."
"Li offra ad un paio di buoni amici" suggerì il locandiere" oppur inviti stasera qualche persona rispettabile a consumarli domani, insieme a Lei, sulle rive del lago Dàmíng. Un dono del Governatore fa molta più impressione che un regalo comprato con i propri soldi".
Allora ”esclamò ridendo Lăo Cán “ se questi piatti sono più reputati di quelli che potrei acquistare io con i miei soldi, non c’è nessuno che voglia comprarli? Sono disposto a venderli per due monete d’oro, così potrei pagarLe la camera e il vitto.”
“Non se ne preoccupi” replicò il locandiere ”Non ho nessuna paura che Lei non mi paghi la camera e il vitto. Ci sarà certamente qualcuno che ci penserà al posto Suo. Se non mi crede, faccia la prova e vedrà che cosa succederà.”
“Sia come sia.” concluse Lăo Cán “ Avevo solo pensato che avrei potuto venderLe questi piatti. Non sento alcun bisogno di fare una bella scorpacciata in questo momento. È una cosa che mi incomoda abbastanza”.
Continuarono a parlare per un certo tempo, finché Lăo Cán non decise di invitare a cena tutti gli ospiti della locanda nel luminoso salone del primo piano.
Sebbene il signor Lĭ e il signor Zhāng fossero due persone molto presuntuose ed arroganti,quel giorno, vedendo che il governatore sembrava molto amico di Lăo Cán, cominciarono a pensare che fosse opportuno entrare in relazione con quest’ultimo per confidargli i loro progetti e farsi raccomandare da lui. Così quando Lăo Cán noleggiò il salone per invitare a cena gli ospiti della locanda, i due non mancarono di accettare l’invito, coscienti che non potevano non mostrarsi gentili con lui. Perciò, durante la cena, fecero a Lăo Cán tanti di quei complimenti da metterlo a disagio. È impossibile riferire quante cose gli dissero. Dopo aver ancora bevuto un momento, i commensali presero congedo.
Al momento di andarsene, Lĭ e Zhāng si avvicinarono di nuovo a Lăo Cán per ringraziarlo e, prima l’uno, poi l’altro, lo sommersero di complimenti che non finivano più.
“Le sarei molto grato, signor Tiĕ” disse, ad un certo punto, il signor Lĭ” se Lei mi aiutasse ad ottenere un incarico di viceprefetto. (60) Quest’anno potrei comprare un posto nell’amministrazione. (61) L’anno prossimo, a primavera, Lei potrebbe farmi inserire nella lista dei funzionari meritevoli (62) e procurarmi una promozione. Spingendo ancora, nell’autunno successivo, potrei ambire a governare il Jĭdōng Tàiwŭ Líndáo. (63) Se ci mettiamo d’accordo, è mia intenzione ricompensarLa adeguatamente”.
”Il mio amico Lĭ” spiegò il signor Zhāng è l’uomo più ricco di Tiānjīn. Se Lei, signor Tiĕ, terrà conto dei suoi desideri e ci raccomanderà (64), il signor Lĭ contribuirà alle spese dell’istituzione e Le farà volentieri un donativo. In breve tempo, Lei, signor Tiĕ, avrà fatto un bell’affare. Non è troppo tardi per pensarci su”.
“Grazie alla vostra benevolenza potrei finalmente far fortuna” rispose Lăo Cán “Il mio solo problema è che, almeno per il momento, non ho intenzione di accettare un incarico pubblico. (65) Magari ci ripenserò in futuro e ve lo farò sapere”.
I due insistettero ancora un po’ per persuaderlo, poi rientrarono nelle loro camere.
“Avrei desiderato trattenermi qui ancora un paio di giorni” pensò Lăo Cán “ma, visto come si stanno mettendo le cose, temo che dovrei affrontare solo inutili fastidi. Scappare è il migliore dei trentasei stratagemmi”. (66)
Quella stessa sera, scrisse una lettera a Gāo Shàoyīn pregandolo di ringraziare molto il governatore per la sua gentilezza, poi pagò la nota della locanda, noleggiò un calessino e lasciò la città.
Se si lascia Jĭnán uscendo dalla porta occidentale e ci si dirige verso nord, a circa 9 chilometri di distanza si incontra la città di Luòkŏu. Ai tempi in cui il Fiume Giallo non era ancora stato collegato con il Dàqīng (67), le settantadue sorgenti di Jĭnán si riversavano tutte nel fiume in questa località, che era molto prospera. Dopo la realizzazione del collegamento, il passaggio di imbarcazioni mercantili a Lòkŏu è grandemente diminuito, riducendosi ad un decimo o ad un quinto di ciò che era una volta.
Giunto a Lòukŏu, Lăo Cán noleggiò una piccola barca, spiegando che aveva intenzione di risalire il fiume fino a Dŏngjiākŏu nella prefettura di Cáozhōu. Versò un anticipo di duemila soldi (68) e il barcaiolo comprò un po’di legna da ardere. Per fortuna soffiava un vento di sud-est. Furono subito alzate le vele ed il vento spinse la barca.Verso il tramonto giunsero a Qíhé, dove gettarono l’ancora e trascorsero la notte. Il secondo giorno fecero tappa a Píngyīn, il terzo a Shòuzhāng ed il quarto arrivarono finalmente a Dŏngjiākŏu.
Lăo Cán dormì sulla barca. All’alba del giorno seguente, pagò il barcaiolo e fece portare i bagagli in un albergo di Dŏngjiākŏu.
Dato che Dŏngjiākŏu si trovava un tempo sulla strada che collegava la prefettura di Cáozhōu con la prefettura di Dàmíng, c’erano molti alberghi, i quali noleggiavano anche vetture. Quello in cui era alloggiato Lăo Cán si chiamava “Il Vecchio Magazzino di Dŏng Secondo”. Il proprietario aveva appena passato la sessantina ed era conosciuto come “Il vecchio Dŏng”. Lo aiutava un giovane di nome Wáng.
Lăo Cán doveva noleggiare una vettura per recarsi a Cáozhōu. Poiché, durante il viaggio, voleva informarsi dei metodi di governo di quel certo Yù, di cui s’è già detto, cominciò subito a svolgere qualche indagine.
Erano quasi le nove del mattino (69) e tutti gli altri clienti, anche quelli che si erano alzati tardi, erano già usciti. Il proprietario aveva pulito i locali, aveva fatto i conti e poi si era seduto accanto all’ingresso.
Lăo Cán si sedette anche lui su una panca presso l’entrata e domandò al vecchio Dŏng:” Mi è stato detto che le autorità della vostra prefettura sono molto efficienti nella lotta contro il banditismo.È vero?”
Il vecchio Dŏng rispose sospirando:” Il signor Yù è un funzionario onesto ed ha fatto il possibile per combattere il banditismo, ma è un po’ troppo crudele.(70) È vero che, quando arrivò qui, c’erano dei banditi contro cui si doveva fare qualcosa, ma in seguito i banditi sono diventati la sua ossessione e il signor Yù si è trasformato inconsapevolmente in un loro strumento".
“Perché dite questo?” gli domandò Lăo Cán.
Il vecchio Dŏng gli rispose:
”Nell’angolo sudoccidentale della nostra prefettura c’è un villaggio chiamato Yújiātun, dove vivono più di duecento famiglie.In questo villaggio abitava un uomo agiato, di nome Yú Cháodòng, che aveva due figli ed una figlia. I due figli erano ormai sposati ed avevano avuto a loro volta dei figli ed anche la figlia si era sposata ed aveva lasciato la casa paterna.La famiglia viveva una vita tranquilla, ma improvvisamente fu colpita da un disastro. Nell’autunno dello scorso anno subì un furto con scasso. Non era gran cosa (in realtà erano stati rubati soltanto dei vestiti e qualche gioiello per un valore abbastanza modesto), ma il furto fu comunque denunciato. Il signor Yù si diede da fare e riuscì ad arrestare due dei ladri, che erano dei domestici, presso i quali fu ritrovata parte della refurtiva, che consisteva soltanto in qualche vestito. Da tempo, i ladri erano braccati e non sapevano più dove nascondersi.
È possibile che, a causa di questo arresto, la banda dei criminali abbia giurato vendetta nei confronti della famiglia di Yú Cháodòng.
Nella primavera di quest’anno, i ladri svaligiarono una casa nel capoluogo della prefettura. Il signor Yù reagì con rapidità e risolutezza, ma, per qualche giorno, non riuscì a trovare nessuno dei responsabili. Poco più tardi, una notte, ci fu un’altra effrazione e, dopo la rapina, i banditi diedero ostentamente fuoco alla casa dei derubati. Potete pensare che il signor Yù non li avrebbe inseguiti? Ovviamente riunì una squadra di guardie a cavallo per correr loro dietro.
I banditi lasciarono la città con il bottino, agitando le torce e brandendo fucili e pistole. Chi avrebbe mai osato farsi avanti a fermarli?
Uscirono dalla porta orientale e si videro le loro torce allontanarsi più di cinque chilometri verso nord prima di sparire.
Al comando del suo drappello, il signor Yù si precipitò sulla strada, dove la guardia municipale e il vigile notturno gli fecero un rapporto dettagliato di ciò che era accaduto.
Il drappello si lanciò subito fuori dalla città e, dopo un po’ di tempo, cominciò a scorgere, in lontananza, le torce dei banditi. L’inseguimento durò per dieci o quindici chilometri, poi, all’improvviso, si videro delle fiammate e si sentirono due o tre colpi d’arma da fuoco.
Quando il signor Yù udì gli spari, come avrebbe potuto non infuriarsi? Era un uomo coraggioso ed aveva con sé venti o trenta cavalieri armati di fucile. Di che cosa avrebbe dovuto aver paura? Continuò l’inseguimento, nonostante le fucilate.
Verso l’alba, proprio dinanzi al villaggio di Yújiātún sembrò che I banditi stessero per essere raggiunti.
Il signor Yù attraversò al galoppo il villaggio e continuò l’inseguimento, ma non sentì più alcuno sparo né vide più alcuna torcia.
“È inutile andare avanti.” pensò allora” Devono essersi nascosti nel villaggio”.
Ritornò indietro e smontò da cavallo nella strada principale del villaggio di fronte ad una cappella dedicata a Guāndì (71), poi ordinò ad otto uomini di appostarsi, due per ogni uscita del villaggio, a nord, a sud, ad est e ad ovest, in modo che nessuno potesse allontanarsi. In seguito fece venire la guardia municipale e la gente del villaggio. (72)
Si stava già facendo giorno.
Accompagnato dalle sue guardie, il signor Yù, andando da nord verso sud, cominciò a perquisire ogni singola casa. Dopo una lunga ricerca non era ancora stata trovata alcuna traccia dei banditi. Allora passò a perquisire tutte le case nella direzione che andava da est verso ovest e, alla fine, trovò, in casa di Yú Cháodòng tre fucili da caccia (73), alcuni coltelli e più di una decina di appuntiti pali di bambù. (74)
Il signor Yù si infuriò e disse che i banditi dovevano abitare in quella casa.
Seduto nel salone, chiamò la guardia municipale e gli domandò: “Di chi è questa casa?”
“Questa casa appartiene alla famiglia Yú.” Gli rispose la guardia municipale” Il padrone di casa si chiama Yú Cháodòng ed ha due figli. Il primo si chiama Yú Xuéshī ed il secondo Yú Xuélĭ. Sono entrambi diplomati.”(75)
Il signor Yù ordinò che il padre e i due figli fossero immediatamente condotti dinanzi a lui.
Non pensate che un povero abitante di un villaggio, quando vede un alto funzionario della prefettura in preda ad un accesso di furore, non abbia tutte le ragioni di essere terrorizzato? I tre caddero in ginocchio, tremando come foglie, incapaci di dire una sola parola.
Il signor Yù disse loro: “Avete davvero una bella faccia tosta! Dove avete nascosto i banditi?”.
Il vecchio padrone di casa era troppo terrorizzato per poter parlare.
A rispondere fu il secondo figlio, che aveva studiato in città per due anni e che, avendo un po’ di più di esperienza del mondo, aveva anche un po’ più di coraggio. Sempre rimanendo in ginocchio, raddrizzò il busto, e rispose: “La nostra famiglia è sempre stata una famiglia di onesti cittadini e non abbiamo mai avuto alcun rapporto con i banditi. Come avremmo mai potuto avere l’audacia di dar loro rifugio?”.
“Se non siete dei banditi” replicò il signor Yù “da dove provengono le armi che abbiamo trovato in casa vostra?”.
“Dopo il furto che subimmo l’anno scorso” rispose Xuelĭ “, poiché temevamo altri furti, abbiamo fatto comprare alcuni pali di bambù appuntiti ed abbiamo chiesto ai nostri contadini ed ai nostri braccianti di fare, a turno, la guardia alla casa. I banditi, però dispongono di armi da fuoco e, siccome non c`è nella zona nessun negozio che venda queste armi e nessuno d’altronde oserebbe comprarle, ci siamo fatti dare dai cacciatori un paio di fucili da caccia e, la notte, spariamo ogni tanto due colpi per spaventare i banditi”.
“Fandonie!” urlò il signor Yù “ I cittadini onesti non hanno bisogno di essere armati. Dovete necessariamente essere dei banditi.”
Si voltò ed ordinò alle guardie “Venite qui!”.
“Agli ordini” risposero all’unisono le guardie.
“Mettete delle sentinelle alla porta principale e alla porta di servizio e perquisite a fondo la casa “ordinò loro il signor Yù.
Le guardie perquisirono accuratamente tutta la casa cominciando dalle stanze di soggiorno.(76) Furono svuotati con accanimento tutti i bauli e tutti gli armadi e qualche gioiellino non privo di valore finì nelle tasche delle guardie, ma non fu trovato nulla di compromettente. Continuando le ricerche, nell’angolo nord-occidentale della casa fu scoperto, in un ripostiglio dove erano accatastasti due mucchi di attrezzi agricoli in cattivo stato, un involto che conteneva sette od otto vestiti, tre o quattro dei quali erano ancora di seta antica. (77) Le guardie portarono l’involto nel salone e dissero al signor Yù: “L’abbiamo trovato in una stanza sul retro, tra un mucchio di ciarpame. Non sembrano i vestiti che si indossano in questa casa. Per favore, dia un’occhiata”.
Il signor Yù guardò gli abiti aggrottando le sopracciglia e stringendo gli occhi, poi disse:”Mi sembra di aver visto questi abiti in casa della famiglia che è stata derubata avantieri nel capoluogo.Per il momento riportiamoli in prefettura. Faremo poi un controllo sulla base della denuncia che ci è stata presentata”.
Indicando i vestiti, domandò alla famiglia Yú: “Da dove vengono questi abiti?”. Padre e figli si guardarono peplessi e non seppero cosa rispondere. Soltanto Xuélĭ mormorò: “ Non sappiamo davvero come siano finiti qui”.
Il signor Yù si alzò e ordinò:” Dodici cavalieri rimangano qui. Insieme con la guardia municipale,scorteranno il padre e i figli in città per l’udienza.”. Detto questo, uscì. Si fece portare il cavallo, balzò in sella e ricondusse in città il resto del drappello.
Padre e figli si abbracciarono e piansero con tutta la famiglia.I dodici cavalieri dissero: “Abbiamo galoppato tutta la notte ed abbiamo fame. Vorremmo mangiare qualcosa in fretta e partire il più presto possibile. Conoscete il carattere di quelli che comandano? Se si arriva tardi, sono guai.”
Anche la guardia municipale tornò, tutta agitata, a spiegare che bisognava prepararsi a partire e chiese alla famiglia Yù di approntare alcuni carri, su cui salirono tutti. Due giorni dopo, erano in città.
La moglie di Xuélĭ, una ragazza della città, figlia del laureato Wú, vedendo che il marito, il suocero e il cognato erano stati tutti arrestati, decise che non doveva abbandonarli. Si rivolse alla cognata e le disse:” Tutti e tre i nostri congiunti sono stati arrestati e in città non c’è nessuno che li assista. Degli affari di casa potresti occuparti tu. Io vorrei correre in città per chiedere consiglio a mio padre. Sei d’accordo?”.
“Sono pienamente d’accordo con te.” le rispose la cognata “Stavo proprio pensando anch’io che in città non c’è nessuno che possa aiutarli. I maggiorenti del villaggio sono tutti vecchi contadini e quei pochi che hanno accompagnato i nostri in città sono completamente spaesati e non saranno di alcuna utilità.”
Dopo questa conversazione, la signora Wú preparò i bagagli, fece apprestare una coppia di calessini veloci e partì per la città.
Giunta dinanzi a suo padre, Háo Táo si mise a singhiozzare.Era lo stesso giorno in cui il marito, il suocero e il cognato stavano per arrivare in città, ma li aveva preceduti di più di cinque chilometri.
Piangendo, la signora Wú raccontò al padre la disgrazia che era accaduta.
Il laureato Wú ascoltò tremando le sue parole, poi esclamò in preda ad una grande agitazione: “ Siamo incappati in una cattiva stella e le cose rischiano di andare nel peggiore dei modi. Corro subito a vedere che cosa si può fare”.
Indossò in fretta gli abiti da cerimonia e chiese udienza in prefettura. Il capo degli uscieri, a cui si era rivolto, tornò indietro e gli disse: “Il signor Yù è occupato in questo momento con una causa di furto e rapina e non può ricevere nessuno, di chiunque si tratti”.
Il laureato Wú era sempre stato in ottimi rapporti con il giudice penale del distretto (78), perciò corse da lui e gli raccontò tutte le ingiustizie che stavano succedendo.
“Purtroppo il caso è nelle mani di altri” gli rispose il giudice “ e, pertanto,non c`è alcuna possibilità di intervenire. Però, questo signore (79) non ha mai rispettato le regole. Se tu.riuscissi a farmi assegnare la causa non ci sarebbero problemi; in caso contrario, temo che non si possa far nulla”.
Il laureato Wú si inchinò più volte con deferenza e prese congedo. Uscito dall’ufficio del giudice, si affrettò verso la porta orientale della città,dove attese l’arrivo del consuocero e dei suoi figli.Non era ancora trascorso il tempo necessario per bere una tazza di tè quando arrivarono i carri scortati dai cavalieri. Il laureato Wú si fece avanti e vide che i tre prigionieri erano terrei in volto. Yú Cháodòng lo guardò in faccia ed ebbe soltanto la forza di dire “Salvami, consuocero!”, prima di scoppiare in un pianto dirotto.
Mentre il laureato Wú stava per dire qualcosa, gli uomini della scorta sbottarono: “Sua Eccellenza sta aspettando in aula da lungo tempo. Ci ha già sollecitati quattro o cinque volte ad affrettarci. Forza! Muoviamoci!” I conducenti dei carri non osarono fermarsi. Il laureato Wú seguì il corteo, dicendo:”Non abbiate paura, parenti miei! Nonostante tutte le difficoltà (80), troverò una via d’uscita. La troverò certamente”.
Nel frattempo erano giunti alla soglia della prefettura. Si videro allora uscire in strada parecchi uomini che incitarono le guardie a far presto: “Su! Portateli in aula!”. Contemporaneamente si fecero avanti alcuni gendarmi che incatenarono gli arrestati e li condussero via.
Non appena gli arrestati furono fatti inginocchiare dinanzi a lui, il signor Yù prese l’atto d’accusa e domandò loro: “Avete ancora qualcosa da dichiarare?”.
Padre e figli risposero che erano innocenti.
Non avevano ancora finito di dirlo che un urlo terrificante rimbombò per tutta la sala delle udienze: “Siete stati presi con il bottino nascosto in casa e sareste innocenti? Fateli rialzare e portateli via!".
I gendarmi che stavano intorno ai condannati si precipitarono su di essi e li trascinarono via.
Chi vuol sapere come andò a finire, legga il prossimo capitolo.
NOTE
1.La banca Rìshēngchāng 日昇昌, fondata nel 1823, fu il primo istituto di credito cinese. Le sue agenzie effettuavano operazioni di cambio e rimesse di denaro, accettavano depositi e concedevano prestiti. L’edificio in cui aveva la sua sede centrale, a Píngyao 平遥 nello Shānxī 山西, è oggi un museo.
2. Era chiamato “măguà” 馬褂, cioè” giacca da equitazione”, un tipo di giacca particolarmente popolare sotto la dinastia Qīng. Lunga fino alla vita, con cinque bottoni a disco sul davanti, maniche leggermente corte ed ampie, veniva indossata sopra la tradizionale tunica detta “chángshān” 長衫.
3. La Fonte Zampillante( 趵突泉 “bàotūquán”), , già menzionata negli “Annali delle Primavere e degli Autunni” (“春秋 “chūnqiū”) fu definita dall’imperatore Qiánlóng 乾隆帝 “la prima sorgente del mondo”( 天下第一泉 “tiān xià dì yīquán”).
4. Il “mŭ” 畝 è una misura di superficie che equivale a circa 666 metri quadri. Quarantacinque “mŭ” corrispondono quindi più o meno a 30.000 metri quadri.
5. “Il Padiglione di Lǚzǔ (呂祖殿“lǚzǔ diàn”) è un edificio a forma di tempio che contiene una statua di Lǚ Dòngbīn 呂洞賓, un antico saggio venerato dai Taoisti, conosciuto anche con il nome di Lǚzǔ.
6. La Sorgente del Filo d’Oro (“金线泉 “jīnxiàn quán”) è un’altra famosa fonte che si trova nel parco della Fonte Zampillante.
7. Chén Zūn 陳遵, conosciuto anche con il nome di Mèng Gōng 孟公, visse negli anni a cavallo tra il 1° secolo a.C. e il 1° secolo d.C. Originario di Dùlíng 杜陵, nei pressi di Xī’Ān 西安, svolse funzioni di magistrato e di comandante militare durante il regno dell’usurpatore Wáng Măng 王莽. Ebbe fama di grande bevitore.
8. Lo “yámén” 衙門 era l’edificio che ospitava la residenza e gli uffici degli alti funzionari governativi e dei magistrati in Cina. Il termine “fŭtái 撫臺 designava, sotto la dinastia Qīng, il governatore di una provincia.
9. Le vasche scavate in riva al fiume sono manifestamente i lavatoi pubblici. Le rocce in riva al fiume svolgono la funzione delle lastre di pietra su cui le donne sbattono i panni.
10. Le teiere d’argilla viola (紫砂壶 “zǐshā hú”) fabbricate nella città di Yíxìng 宜兴 sono le più famose e ricercate di tutta la Cina.
11. È qui citato il primo capitolo del Zhuāngzĭ 莊子, intitolato “ Cammino libero e facile” (逍遙遊 “xiāoyáo yóu”), in cui, al paragrafo 3, si afferma che “Lièzĭ cavalcava i venti” (列子御風 “ lièzǐ yùfēng”)
Nulla, o quasi nulla, si trova nelle fonti storiche a proposito di Liè Yŭkòu 列 圄 寇 o Maestro Liè 列子, un filosofo che sarebbe vissuto nel 4° secolo a C., al quale viene attribuito il “Lièzĭ” 列子 , uno dei libri canonici del Taoismo. Il fatto che tutti gli antichi esemplari del Lièzĭ pervenuti sino a noi derivino da una copia che l’erudito Zhāng Zhàn 張 湛 ( (fiorito intorno al 370 d.C.) dichiarò di aver ricevuto dal proprio nonno ha fatto sorgere il sospetto che il libro sia stato redatto in epoca assai più tarda di quanto ritiene la tradizione. Ciò ha indotto gli stessi studiosi cinesi a pensare che la figura di Lièzĭ fosse un’invenzione del Zhuāngzī, che è praticamente il testo più antico a citarlo, sebbene questa ipotesi sia stata respinta nel XVIII° secolo dai dotti compilatori del catalogo della biblioteca di Qiánlóng 乾隆帝.
12. Il padrone di casa si chiama Gāo, ma il suo “hào”号, cioè lo pseudonimo sotto cui è generalmente conosciuto, è Shào Yīn.
13. L’autore usa qui il termine “fŭyuàn” 撫院, che si riferiva, un tempo, ai governatori delle città e ai loro uffici.
14. L’originale cinese chiarisce che si tratta dello sgabello posto sul lato occidentale. Il continuo riferimento ai punti cardinali per indicare la posizione di una casa, di una stanza, di un letto, di una sedia sconcerta un po’ i lettori occidentali, non abituati a questo tipo di precisazioni “geografiche”. Bisogna però considerare il frequente significato simbolico di tali dettagli. I letti vengono ad esempio piazzati con la testiera a settentrione, perché chi vi si sdraia abbia la testa rivolta verso il meridione, dove il sole rifulge nel suo massimo splendore.
15. Il calore e il freddo sono due elementi tenuti in particolare considerazione dalla medicina tradizionale cinese. In condizioni di equilibrio, il calore si irradia verso l’esterno (come la luce), influenzando, tramite la circolazione, tutte le parti del corpo.
16.La medicina tradizionale cinese si fonda sull’idea dell’interazione tra 陰 “yīn” e 陽 “ yáng” ed identifica la salute con l’equilibrio tra il caldo (elemento “yáng”) ed il freddo (“elemento “yīn”). La malattia risulta da uno squilibrio tra questi due elementi , che deve essere eliminato con la somministrazione di una medicina che apporti al corpo la necessaria dose dell’elemento deficitario.Una“malattia calda” ( 熱 病 "rèbìng”), caratterizzata da sintomi quali la febbre e la sete, va perciò curata con un’”erba medicinale di natura fredda” (寒 葯 ”hányào”). ” Le “quattro nature” o “quattro energie” (四 氣 “sìqì”) sono le seguenti: 寒 (”hán”,“freddo”), 涼 (“liáng”, “fresco”), 溫 (“wēn”, “tiepido”)e 熱 (“rè”,”caldo”).
17. Il termine (苦桔梗 “kǔjié gěng”) designa le radici del Platycodon grandiflorus, pianta erbacea perenne della specie delle Campanulacee, usate, nella medicina tradizionale cinese, come sedativo per la tosse e come espettorante in caso di raffreddore, tosse, mal di gola e tonsillite.
18. Il termine (荊芥 “jīngjiè”) designa la Schizonepeta, pianta della famiglia delle Lamiacee, detta anche ”erba gatta giapponese”, usata nella medicina tradizionale per combattere raffreddori, mal di testa e mal di gola.
19.Il termine (辛夷 “xīnyí”) designa la Magnolia kobushi, originaria del Giappone e della Corea. La corteccia, le bacche e i fiori di tale pianta sono usati nella medicina tradizionale per curare diversi tipi di malattie.
20. La medicina tradizionale attribuisce alla polvere di talco (飛滑石 “fēi huáshí“) diluita in un decotto di erbe medicinali efficacia diuretica e antipiretica.
21. Si ritiene che le radici fresche di loto (鮮荷梗 ”xiānhé gěng “) riducano i gonfiori dovuti, secondo la medicina tradizionale, all’accumulazione di calore nel corpo.
22. Troviamo in questi due paragrafi numerose espressioni idiomatiche.
La prima (一個傳十,十個傳百 “yī gè chuán shí, shí gè chuán bǎi”), letteralmente “uno lo passa a dieci e dieci lo passano a cento”, indica la rapidità con cui può diffondersi una notizia, una voce o un pettegolezzo.
La seconda (官幕 “guān mù”) letteralmente “funzionari e cortine” designa tradizionalmente i funzionari ed i loro assistenti, che sono attaccati ai primi “come delle tende”.
La terza ( 日不暇給 “rì bùxiá jǐ “), letteralmente “tutto il giorno non basta per occuparsene”, intende descrivere una situazione di affollamento o di confusione in cui lo spettatore non riesce più a rendersi conto di tutto ciò che sta succedendo.
23. Cáozhōu 曹州 è un’antica città dello Shāndōng 山东 che oggi costituisce una parte della città di Hézé 菏泽.
24. Il testo cinese usa il termine 宮保 (“gōngbăo”), che, sotto le dinastie Míng e Qīng,, si riferiva all’alto dignitario cui era affidato il compito di sovrintendere all’educazione e alla formazione politica del principe ereditario. Tuttavia, negli ultimi anni della dinastia Qīng, il titolo di “gōngbăo” fu attribuito a numerosi alti personaggi indipendentemente dall’effettivo esercizio delle funzioni ad esso collegate. Nel caso di specie, la persona di cui si parla è, come risulterà dal seguito della storia, il governatore dello Shāndōng. Ho quindi usato fin dall'inizio la parola "governatore".
25. Il termine 署 (“shū”) può anche significare “svolgere una funzione a titolo interinale in caso di posto vacante”. Si può quindi ipotizzare che il termine “fratelli” sia qui utilizzato per riferirsi ai “colleghi” di Yù Zuŏchén, cioè agli altri funzionari che hanno svolto provvisoriamente la funzione di prefetto di Cáozhōu.
26. Il termine ”kàng” 炕, che si potrebbe tradurre con “stufa-letto”, indica una piattaforma, costituita tradizionalmente da mattoni o da piastrelle di terracotta, sotto la quale viene canalizzato il calore prodotto da una stufa. Essa fornisce uno spazio costantemente tiepido sul quale si possono svolgere le attività quotidiane e serve altresì da letto per la notte. Quando copre la superficie di un’intera stanza, questa piattaforma è chiamata "dìkàng" 地炕. È in uso soprattutto nelle regioni settentrionali della Cina, dove il clima è molto rigido durante l’inverno.
27. Un tempo, in Cina, ciascuno disponeva di un sigillo personale che accompagnava e spesso rimpiazzava la firma. L’inchiostro usato per i sigilli era di colore rosso.
28. Zhāng Jūngfáng 張君房, vissuto sotto la dinastia dei Sòng settentrionali, fu un noto erudito, che compilò, tra l’altro, un’enciclopedia della dottrina taoista intitolata” I Sette Fogli della Cassetta tra le Nuvole” (“雲笈七籤 “yún jí qī qiān”).
29. Nella tradizione cinese il romanzo compare molto tardi ed è uno dei generi meno quotati. Paragonare un’opera letteraria ad un romanzo equivaleva a negarle qualsiasi importanza.
30. Sū Dōngpō 蘇東坡 scrisse nel 1099 d-C., durante un periodo di confino a Huángzhōu 黄州, “Venti poesie sul bere vino con Táo” (和陶飲酒二十首 “hé táo yǐnjiǔ èrshí shǒu”), che si ispiravano alla raccolta intitolata “Bere vino” (饮酒 “ yǐnjiǔ “) di Táo Yuānmíng” 陶渊明.
31. Màozi Jìn 毛子晉 (1599-1659), famoso bibliofilo, raccolse una collezione di più di 84.000 volumi. Tra questi spiccavano numerosi testi a stampa delle epoche Sòng e Yuán, dei quali curò anche raffinate riedizioni.
32. Con l’espressione “kē dì shìjiā” 科第世家, letteralmente” generazioni di esami imperiali”, il signor Gāo intende sottolineare che la famiglia di Lăo Cán appartiene da tempo immemorabile alla cerchia dei funzionari e dei letterati.
33. Viene qui citato Confucio (Dialoghi 7.16): “Il Maestro affermò: “Si può essere felici anche con una manciata di riso per cibo, un sorso d’acqua per bevanda ed il braccio piegato per cuscino. Le ricchezze e gli onori ottenuti ingiustamente non mi sembrano altro che nuvole spinte via dal vento.”
34. L’espressione “zhuā ěr náo sāi” 抓耳撓腮, letteralmente “grattarsi le orecchie e le guance” è una frase idiomatica che descrive uno stato di ansietà e di imbarazzo oppure anche uno stato di gioia e di soddisfazione, che non si riesce ad esprimere in altro modo. Nel caso di specie è difficile dire se il governatore è imbarazzato per essersi lasciato sfuggire un collaboratore di talento oppure è felice di poterlo recuperare.
35. Il signor Gāo designa qui se stesso con il termine “xiōngdì” 兄弟, che significa letteralmente “fratello” Mi pare tuttavia che la parola “fratello” voglia in questo caso significare “io il vostro sincero amico”, mentre in numerosi altri casi ( ad esempio quando viene riferito ai commensali del banchetto offerto ai funzionari del governatorato) deve piuttosto essere inteso nel senso di “confratelli”, cioé “colleghi d’ufficio”.
36. Ho attribuito al termine ”qiānyāfáng” 簽押房, letteralmente “la sala delle firme”, il significato di “cancelleria”.
37. Ai tempi dell’imperatore Āi 哀 dei Hàn Occidentali 西漢, che regnò dal 7 a.C. all’1 a.C., fu condotta in seno all’amministrazione un’indagine conoscitiva volta ad accertare quale fosse il modo migliore di prevenire le inondazioni causate dalle piene del Fiume Giallo.
Un funzionario di nome Jiă`Ràng 賈讓 presentò una relazione in cui esaminava tre possibili “strategie”:
-la prima e, a suo parere, la migliore consisteva nel deviare verso nord il corso del fiume, spingendolo a crearsi un nuovo alveo più ampio e quindi più atto ad assorbire le piene. Questa “strategia” avrebbe comportato l’evacuazione di numerosi villaggi, ma i costi dell’operazione sarebbero comunque risultati inferiori a quelli che comportavano i continui lavori di rafforzamento degli argini del fiume;
-la seconda consisteva nello scavare un canale di deflusso che avrebbe favorito l’irrigazione dei campi nella regione di Jìzhōu ed avrebbe attenuato l’impeto delle piene;
-la terza e, a suo parere, la peggiore consisteva nel rafforzare gli argini già esistenti e nell’aumentarne l’altezza. Questa soluzione, assai costosa, non sarebbe stata sufficiente a garantire un’efficace difesa dalle inondazioni.
La frase “l’autorità non deve lottare con il fiume”, va quindi interpretata nel senso che è preferibile accompagnare la corrente del fiume in una direzione in cui faccia meno danni piuttosto che cercare di bloccarla con la forza mediante argini e dighe.
Le proposte di Jiă Ràng non trovarono mai applicazione, ma mostrano con quanta serietà e con quanto impegno venisse affrontato, già quei tempi, il problema del controllo dei fiumi.
38. Il governatore ci appare qui come un sostenitore delle tesi di Jiă Ràng in quanto sembra preferire il rischio di un’inondazione di proporzioni limitate agli enormi costi legati al rafforzamento del sistema già esistente di argini e dighe.
39. Nel 69 d.C. Wáng Jĭng 王景 (circa 30 d.C - circa 85 d.C.) fu incaricato dall’imperatore Míng 明, della dinastia dei Hàn Orientali 東漢, di dirigere i lavori di sistemazione idrica del bacino del Fiume Giallo
40. Yŭ il Grande 大禹, mitico sovrano del terzo millennio a.C., fu, secondo la tradizione, il primo ad allestire un sistema di dighe e di bacini per il controllo delle acque fluviali.
Troviamo nel “Mencio” (孟子 ”mèngzǐ” ), seconda parte del capitolo intitolato "Il duca Wén di Téng" ( 滕文公下 “téng wén gōng xià”), paragrafo 5, la frase : “Un tempo Yǔ domò le grandi acque e diede ordine al paese”( 昔者禹抑洪水而天下平 “xī zhě yǔ yì hóng shuǐ ér tiānxià píng).
41. Pān Jìxún 潘季馴 (1521-1595) fu magistrato delle acque per 27 anni sotto la dinastia Míng 明朝. Impostò il controllo del fiume su un ampio sistema di dighe e su una rigorosa manutenzione dell’alveo. I principi da lui enunciati furono applicati sino alla fine del regime imperiale in Cina.
42. Jìn Fŭzhuàn 靳辅撰 (1633-1692), conosciuto con il nome postumo di Jìn Wénxiāng 靳文襄, fu magistrato delle acque sotto i Qīng.
43. Nel “Libro dei Documenti” (尚書 “shàng shū”), al capitolo intitolato “Il Tributo di Yŭ” (禹貢 “yŭ gòng”), paragrafo 17, si legge:”… a nord di Dàlù il fiume fu diviso in nove bracci, che confluivano di nuovo in un solo corso prima di sfociare nell’oceano(“…至于大陸;又北,播為九河,同為逆河,入于海 “zhìyú dàlù; yòu běi, bō wèi jiǔ hé, tóng wèi nì hé, rù yúhǎi”).
44. Le due frasi citate figurano nel “Libro degli Hàn Posteriori” ( 後漢書 “hòu hàn shū”), al capitolo 76, intitolato “Biografie di buoni funzionari” (循吏列傳 “xúnlì lièzhuàn”), il cui paragrafo 3 è dedicato a Wáng Jĭng 王景.
45. Le chiuse servivano a far defluire le acque del fiume in canali di diversione quando la piena era al suo culmine ed a farle refluire quando la piena era passata.
46. Il motivo di questa indagine sarà forse precisato nei capitoli successivi.
47. Il termine “shàngfáng” 上房 designa, nella casa tradizionale cinese, la stanza principale, che si apre sul cortile interno e guarda verso sud. Con riferimento agli alberghi, esso designa le stanze più lussuose, dove alloggiano i clienti pìù ragguardevoli.
48. Il visitatore che, dopo aver presentato il suo biglietto da visita , non si vedeva accordare un’ udienza, era evidentemente una persona tenuta in scarsa considerazione.
49. Abbiamo appena letto che Lăo Cán sta rientrando dall’udienza del governatore. Il termine “ieri” sembra quindi una svista dell’autore.
50. La prima cosa che doveva temere una persona nominata ad un posto importante erano evidentemente le richieste di favori o di aiuto. Il locandiere sia affretta ad assicurare Lăo Cán che non intende importunarlo con richieste di questo tipo.
51. Sotto la dinastia Qīng il colore dell'abito non era determinante per indicare il grado di un dignitario, come invece accadeva sotto le dinastie precedenti. All’epoca dei Sòng, per esempio. i colori verde e azzurro erano riservati ai ranghi più bassi: i funzionari del settimo grado indossavano un abito di color verde ed i funzionari di nono grado un abito di color azzurro.La dinastia Qīng privilegiò invece altri criteri di distinzione, ad es. gli animali raffigurati sulla “placca di mandarino”, ciascuno dei quali indicava un determinato grado.
52. La “tigre che gratta il suolo”( 抓地虎 “ zhuā dì hŭ”) è il nome con cui è conosciuta una felce, il “Botrychium strictum”, usata a fini farmaceutici nella medicina tradizionale cinese. Ho pensato che gli stivali con “la tigre che gratta il suolo” potessero essere stivali ornati con motivi a forma di felce, ma non ne sono sicuro.
53. Il termine cinese 哈喇 (“hāla”) sembra essere un’abbreviazione della parola russa каламя́нка(“ kalamjánka”), che designa un tessuto di lana e di cotone, lucido come il raso, conosciuto con il nome di “calamanco” in inglese, “calamande” in francese e “calamaco” in spagnolo. Quando vi sono stampati disegni decorativi, ad es.motivi floreali, esso prende il nome di “lana damascata”.
54. La parola “diănxīn” 點心 ( in Occidente si usa generalmente il termine cantonese “dim sum”) designa un insieme di specialità a vapore tipiche, in origine, della cucina cantonese.
55. Liú È mette in evidenza gli atteggiamenti ben diversi del funzionario nei confronti di Lăo Cán, da una parte, e del locandiere, dall’altra. Al primo si rivolge infatti in tono rispettoso e con i dovuti titoli di cortesia, al secondo riserva soltanto urla ed ordini perentori.
56. Il termine 巡捕房 “xúnbūfáng” indicava il commissariato di polizia, ad es. all’interno delle concessioni straniere. L’ho qui inteso nel senso di “corpo di guardia del palazzo”.
57. Il termine 錢 (“qián”“moneta”) indica qui le monetine di rame usate per i piccoli acquisti, le mance, etc. A causa del loro infimo valore erano abitualmente raccolte in coroncine di 100, 500 o 1000 pezzi tenuti insieme da un filo che passava attraverso il foro circolare presente in ogni pezzo.
58. Il termine參將 (“cān jiāng”) designava, sotto la dinastia Qīng, un ufficiale superiore, di terzo o quarto grado, a cui era di regola affidato il comando di un battaglione dell’Armata Verde, cioè della parte dell’esercito costituita da soldati di etnia Hàn.
59. ll termine 戈什 (“gē shí”), di origine manciù, significava in origine “guardia del corpo”, “assistente”, e può quindi essere inteso, in senso più lato, come “stretto collaboratore”.
60. Il termine 同知 (”tóngzhī”) designava un viceprefetto, funzionario di quinto grado.
61. Sotto la dinastia Qīng, la nomina a funzionario avveniva su raccomandazione da parte di persone qualificate. Era però anche possibile, come accadeva un tempo pure in Europa, comprare la carica mediante un’elargizione in denaro. Questo sistema, detto”juān” 捐, cioè “donazione, permetteva di rinsanguare le casse dello Stato in periodi di difficoltà finanziaria. I due sistemi finivano non di rado per essere applicati insieme giacché anche per comprare una carica era necessario essere ben raccomandati. La procedura di nomina si chiamava “guò bān” 過班.
62. Il signor Lĭ si riferisce alla consuetudine dei governatori di sottoporre ogni anno all’amministrazione centrale una lista di funzionari meritevoli da prendere in considerazione per una promozione.Questa procedura era detta “dà àn” 大案, vale a dire “la grande pratica”.
63. Il Jĭdōng Tàiwŭ Lín dào.( 濟東泰武臨道 ”jì dōng tài wǔ lín dào”) era una circoscrizione amministrativa composta dalle prefetture di Jĭnán 濟南, Dōngchāng 東昌, Tài'ān 泰安, Wǔdìng 武定 e Línqīng 臨清. Fu soppressa nel 1913.
64. Si parla qui di due raccomandazioni. Quella richiesta dal signor Zhāng non è menzionata, forse perché legata a quella del signor Lĭ. La cosa è comunque irrilevante per la trama del romanzo.
65. Il termine “chūshān” 出山, letteralmente “lasciare le montagne”, “scendere dalle montagne”, significa “lasciare la vita privata ed accettare un incarico pubblico”. L’origine dell’espressione va ricercata nel fatto che, spesso, i saggi, rinunciando all’azione politica, si ritiravano sulle montagne per condurvi vita eremitica. Quando uno di essi accettava l’invito di un principe ad assumere di nuovo un incarico di governo, si diceva perciò che “lasciava le montagne”.
66. “I trentasei stratagemmi” (三十六計 “sānshíliù jì”) è un’opera attribuita al generale Tán Dàoji 檀道濟 del IV° secolo d.C., ma composta, probabilmente, sotto la dinastia Míng, che espone , in forma concisa, una serie, di astuzie guerresche.
Riporto qui di seguito l’esposizione del trentaseiesimo stratagemma:
“Se non c’è altra soluzione, ritiratevi.
(走為上策, “zǒu wéi shàng cè)
Quando appare chiaro che si va verso la sconfitta, ritiratevi e cercate di riorganizzarvi. Allorché uno sta perdendo rimangono soltanto tre possibilità: arrendersi, cercare un accordo o ritirarsi. Arrendersi significa accettare una completa sconfitta, cercare un accordo equivale ad una mezza sconfitta, ritirarsi, invece, non è una sconfitta. Finché non si è stati sconfitti, si può ancora fare qualcosa”.
La saggezza popolare ha tratto da questo testo il proverbio: “Scappare è il migliore dei trentasei stratagemmi” (三十六計,走為上計 “sānshíliù jì, zǒu wéi shàng jì).
67. Il fiume Dàqīng 大清河 scorre più a nord del Fiume Giallo 黃河. La realizzazione di un collegamento tra i due fiumi a monte di Luòkŏu 雒口 deviò tutto il traffico fluviale diretto verso le ricche regioni del Nord con gravi conseguenze economiche per la città.
68. Letteralmente “due stringhe di soldi”.Le monetine del valore più basso , che erano munite di un foro nel quale si faceva passare una stringa, venivano infatti abitualmente raccolte in collane di mille pezzi.
69. Il termine 辰 (“chén”) indicava un tempo, nella suddivisione delle ore della giornata, il periodo che va dalle 7 alle 9 antimeridiane.
70. L’espressione idiomatica “lá shŏu” 辣手 significa letteralmente “mani che scottano”. Una persona con le mani che scottano è un individuo crudele.
71. Guāndì 關帝 non è altri che Guān Yŭ 關羽 (160 d.C.- 219 d.C.), celebre generale del periodo dei Tre Regni, che fu in seguito venerato come una divinità della guerra.
72. Sotto la dinastia Qīng, il termine “dìbăo” 地保 indicava il funzionario incaricato di mantenere l’ordine nelle piccole comunità rurali, in pratica una specie di guardia municipale.
73. I “tŭqiāng” 土槍, letteralmente “fucili del paese”, erano fucili da caccia di fabbricazione artigianale con canne in acciaio fuso (o ferro battuto) e manici in legno. Non erano rigati e generalmente avevano una canna più lunga. La loro precisione lasciava piuttosto a desiderare. Erano prodotti nelle zone in cui non era possibile procurarsi armi da fuoco di produzione industriale.
74. Un palo di bambù appuntito può formare una specie di rozza lancia. I pali di bambù erano, insieme con i coltellacci e le falci, le armi principali dei contadini ribelli che spesso si sollevarono contro le autorità all'epoca della governo imperiale.
75. Erano designati con il termine “jiàn shēng” 監生, abbreviazione dell’espressione "guózǐ jiànshēng yuán de jiǎnchēng” 監生是國子監生員的簡稱, vale a dire” studenti del Collegio Imperiale”, coloro che studiavano al Collegio Imperiale o che erano qualificati a frequentarne i corsi. Tale “status” era certificato da un diploma, che poteva tuttavia esser ottenuto anche tramite il pagamento di un adeguato contributo finanziario.
76. Sono indicati con il termine “shàngfáng” 上房 il salone e le stanze migliori della casa, che abitualmente guardano a sud e si aprono su un cortile interno.
77.Gli abiti di seta suscitano immediatamente dei sospetti perché sono gli abiti che indossano i notabili, mentre i contadini, anche se agiati, portano vestiti di lana o di cotone, di fattura molto semplice.
78) Erano designati con il termine “xínmíng shīyé” 刑名師爺, letteralmente” assistente o consigliere in materia penale”, i funzionari della prefettura che si occupavano dei casi criminali. Rientrava nei loro compiti investigare, istruire la causa e giudicare. Per semplicità ho tradotto il termine con “giudice”.
79) Il termine “dōng jiā” 東家, letteralmente “chi abita nella parte orientale (di una casa”), designa una persona autorevole, un dignitario, un funzionario importante. In questo caso, si può tradurre, a mio parere, anche con “signore “, non senza attribuire al termine una leggera venatura ironica.
80) L’espressione “tāng lĭ huŏ lĭ” 湯裡火裡 (“nella zuppa, nel fuoco”) sembra corrispondere alla frase idiomatica “dǎo huǒ fù tāng” 蹈火赴汤”(“arrivare alla zuppa camminando attraverso il fuoco”), che significa affrontare rischi e pericoli per raggiungere il risultato voluto.