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Il Grande e Onorato Maestro
Chi conosce la funzione del Cielo e conosce il ruolo dell’uomo ha raggiunto la perfezione. Conoscendo la funzione del Cielo, vive con il Cielo; conoscendo il ruolo dell’uomo usa la conoscenza che possiede per conseguire la conoscenza che non possiede.Vivere gli anni assegnati dal Cielo e non perire prematuramente è il culmine del sapere. Tuttavia c’è un aspetto negativo. Tale conoscenza attende ancora conferma, perché non è stata ancora comprovata. Come possiamo sapere che ciò che noi chiamiamo celeste non è umano? Come possiamo sapere che ciò che noi chiamiamo umano non è celeste? Se c’è il saggio, allora la conoscenza è saggezza.
Chi è il saggio? Gli antichi saggi non disprezzavano l’opinione delle minoranze, non cercavano di essere protagonisti, non elaboravano progetti. Così facendo, non avevano motivo di pentirsi se sbagliavano né si insuperbivano se avevano successo. In ragione della loro natura, potevano scalare senza paura le più alte montagne, guadare i fiumi senza bagnarsi, attraversare il fuoco senza scottarsi. Grazie alla loro saggezza potevano ascendere in alto e raggiungere la Via.
Gli antichi saggi non avevano incubi nel sonno, non erano inquieti quando erano svegli, non si preoccupavano della raffinatezza del cibo. Il loro respiro era calmo e profondo. Il respiro del saggio viene dai talloni. (1) Gli uomini ordinari invece respirano attraverso la gola. Basta vedere coloro che non riescono ad avere la meglio in una discussione: le parole escono loro dalla bocca come un rantolo. Quando passioni e desideri sono forti, debole è l’influenza del Cielo.
Gli antichi saggi non erano attaccati alla vita e non temevano la morte. Il nascere non li rallegrava, il morire non li amareggiava. Tranquilli venivano al mondo e tranquilli lo lasciavano.Non dimenticavano come erano venuti al mondo e non si curavano di come lo avrebbero lasciato. Accettavano la vita così come era e se ne rallegravano e, giunto il momento, ripartivano (2) senza temere la morte. Potremmo dire che non vi era in essi alcuna volontà di staccarsi dalla Via né alcuna intenzione di aiutare il Cielo. (3) Di questa fatta erano coloro che venivano chiamati “ I Saggi”. (4) Essendo tali, la loro mente era determinata, il loro atteggiamento era composto, il loro volto era sereno.(5) Il loro freddo era la frescura dell’autunno, il loro caldo era il tepore della primavera. (6) La loro gioia e la loro ansia si alternavano in modo naturale come le quattro stagioni. Tenevano in ogni circostanza il comportamento adatto e nessuno poteva dire che cosa avrebbero fatto. (7)
Perciò, il saggio può, con il suo esercito, distruggere un regno senza perdere l’amore degli uomini, può elargire benefici e vantaggi ad infinite generazioni senza amare la gente. (8) Chi cerca di compartire la gioia con gli esseri non è un saggio; chi manifesta affetto non possiede la virtù dell’umanità; chi regola la propria condotta sulla base del tempo più appropriato non è un uomo virtuoso; chi non sa considerare con lo stesso metro profitto e danno non è un uomo superiore; chi agisce per la fama, dimenticando se stesso, non è un sapiente; chi spreca se stesso in modo indecoroso non è un buon funzionario.(9) Uomini come Hú Bùxié (10), Wù Guāng (11), Bó Yí, Shū Qí (12), Jī Zĭ (13), Xŭ Yóu (14), Jì Tā (15) e Shēn Túdí (16) servirono gli altri cercando di fare ciò che conveniva agli altri e non ciò che conveniva a se stessi.
Gli antichi saggi sapevano giudicare senza parzialità. Erano coscienti delle proprie insufficienze senza degradarsi. Avevano caratteri forti, ma non erano rigidi e ostinati. Si mostravano superiori ma con umiltà. (17) Quando erano contenti manifestavano la loro gioia. Eccellevano come se non potessero fare altro. Vivevano nella società, ma procedevano per il proprio cammino. Avevano buoni rapporti con tutti, ma perseguivano la virtù. S’adattavano al mondo, ma cercavano la perfezione. Sapevano giudicare la buona amministrazione, ma non avevano ambizioni di governo. Erano costanti di carattere, ma prudenti nell’esprimersi. Tendevano ad isolarsi e non amavano i discorsi.(18)
Vedevano nelle leggi l’essenza dello Stato, nei riti il collante della società, nel sapere il metodo per agire tempestivamente, nella virtù la forza che aggrega la collettività. Ritenendo che la legge non potesse prescindere dalle sanzioni, applicavano le pene, ma senza crudeltà. (19) Ritenendo che i riti fossero il sostegno della società, si appoggiavano ad essi nel loro agire. Ritenendo che il sapere fosse la fonte di una corretta azione politica, ad esso ricorrevano nella gestione dello Stato. (20) Ritenendo che la virtù garantisse la coesione della società , si dicevano pronti ad arrampicarsi in alto con tutti coloro che avevano le gambe per farlo e la gente era pienamente convinta della serietà del loro comportamento.Perciò non mutavano il loro atteggiamento secondo che si trovassero di fronte al bene o al male. Nel bene e nel male vedevano due aspetti di una sola unità. Quando sottolineavano l’unità dell’universo seguivano l’insegnamento del Cielo, quando operavano distinzioni mostravano il loro lato umano. In essi il divino e l’umano si equilibravano. Ecco chi erano coloro che venivano definiti come “ veri uomini.” (21)
Il destino ha stabilito l’alternanza della morte e della vita proprio come il Cielo ha fissato il costante succedersi delle notti e dei giorni. Gli uomini non possono farci niente perché ciò è insito della natura di tutti gli esseri. Ci sono alcuni che considerano il Cielo come loro padre e che lo amano .Quanto più dovrebbero amare ciò che è ancor più alto. Ci sono uomini che considerano i loro sovrani come esseri superiori e che sono pronti a morire per loro. Quanto più dovrebbero onorare ciò che è ancor più vero. (22) Quando i torrenti si prosciugano, i pesci si addensano nelle pozze d’acqua che si vanno disseccando. Cercano di sopravvivere nella poca umidità che resta, di rinfrescarsi reciprocamente con la loro bava, ma come sarebbe meglio per loro se potessero, incuranti degli altri, nuotare liberamente nei fiumi e nei laghi. Così, quando gli uomini lodano Yáo e condannano Jié (23), non sarebbe meglio per loro dimenticarli entrambi e convertirsi alla Via?.
La terra (24) nutre il mio corpo. Trascorro la mia vita lavorandola. Su di essa trovo conforto nella vecchiaia, in essa trovo riposo dopo la morte, perché ciò che rende buona la mia vita, rende buona anche la mia morte. Se tu nascondi una barca in un anfratto di una collina e poi sommergi la collina sotto le acque di uno stagno, dirai di certo che la barca è al sicuro. Ma, all’improvviso, nel cuore della notte verrà un uomo robusto che si caricherà la barca sulle spalle e se ne andrà via, senza che nessuno, nell’oscurità, se ne accorga. Qualsiasi cosa tu nasconda, grande o piccola, per quanto buono sia il nascondiglio, ti sarà portata via. Ma se tu riuscissi a nascondere l’universo nell’universo in modo che non ci fosse altro luogo in cui farlo sparire, proveresti la grande emozione della permanenza delle cose. (25) La nascita dell’uomo è un’occasione di gioia. (26) Il suo corpo subisce ancora mille cambiamenti prima di raggiungere la perfezione. Non sono queste innumerevoli occasioni di rallegrarsi? Perciò il saggio si muove tra le cose che non periscono e che sopravvivono tutte quante. Per lui tutto è ugualmente positivo: nascita e morte, morire giovani e vivere a lungo (27). Se altri uomini lo imitano in questo atteggiamento, quanto più lo faranno in relazione a ciò da cui nasce l’universo e da cui ha origine ogni mutamento.
Questa cosa è la Via. (28) La Via è qualcosa che sente ed esiste, ma che non agisce né ha forma. Può essere trasmessa, ma non può essere ricevuta. (29) Può essere compresa, ma non può essere vista. Ha in sé stessa il suo fondamento e la sua ragione di esistere. (30) Esiste saldamente dai tempi più antichi, prima che nascessero il cielo e la terra. Da essa nacquero le divinità e i mitici sovrani , da essa ebbero origine il cielo e la terra. Sta al di sopra del punto più alto dell’universo, ma non si può considerare eccelsa; sta al di sotto del punto più basso del mondo, ma non si può considerare profonda. Esisteva prima del cielo e della terra , ma non si può considerare vecchia. Esiste dalle ere più remote, ma non si può considerare antica. (31 )
Xī Wéi (32)(33) seguì la Via per modellare cielo e terra. Fúxī (34) seguì la Via e penetrò il mistero dell’origine della vita. (35) È seguendo la Via che l’Orsa Maggiore (36) per tutta l’eternità non è mai uscita dalla sua orbita. Il sole e la luna hanno seguito la Via e fin dalla più remota antichità non hanno mai cessato di risplendere. È seguendo la Via che Kān Huái si insediò sui monti Kūnlūn. (37) È seguendo la Via che Féng Yí nuota nel grande fiume. (38) Jián Wŭ seguì la Via e prese dimora sul monte Tái. (39) Huáng Dì seguì la Via e ascese al Cielo. (40) Zhuāngxū seguì la Via e dimorò in un palazzo misterioso. (41) Yú Qiáng seguì la Via ed abitò il Polo Settentrionale. (42) È grazie alla Via che la Regina Madre dell’Occidente siede sul monte Shăshuăng. (43) Nessuno sa quando essa sia nata, nessuno sa quando essa perirà. (44) Péng Zŭ seguì la Via e visse dall’epoca dell’Imperatore Shùn all’epoca dei Cinque Egemoni. (45) Fù Yuè seguì la Via e divenne primo ministro di Wŭ Dīng, il quale diventò rapidamente signore di tutto l’Impero. (46) Quando morì, Fù Yuè ascese alla Via Lattea Orientale (47) e divenne una stella situata tra il Sagittario e lo Scorpione. (48)
Nánbózĭ domandò a Nǚyŭ come facesse a conservare un aspetto così giovanile pur essendo anziano.
Nǚyŭ gli rispose: “Mi conformo alla Via”.
“Si può studiare la Via?” gli chiese allora Nánbózĭ.
“No!” gli rispose Nǚyŭ “Tu non sei un uomo che possa riuscirci. Bŭliángyĭ, lui sì, aveva le doti del saggio, ma non possedeva la Via, mentre io possedevo la Via, pur non avendo le doti del saggio. Desideravo tuttavia istruirlo pensando che le sue numerose qualità ne facessero già un uomo saggio e che, se così non era, fosse comunque facile insegnare la Via a chi già ne possedeva le potenzialità. (49) Perciò decisi di provare ad insegnargli la Via. Dopo tre giorni era già in grado di non interessarsi più alle cure del mondo. Conseguito questo risultato, continuai a istruirlo e dopo sette giorni fu capace di fare astrazione dalle cose materiali. Continuai ancora ad istruirlo e, dopo nove giorni, pervenne a considerare la propria vita come qualcosa che gli fosse estraneo. A questo punto , gli si schiarì la vista come alla luce dell’alba e fu in grado di percepire con chiarezza l’unità del creato. Percepita l’unità del creato, intuì che non vi è alcuna distinzione tra passato e presente e, acquisito questo concetto, capì che non vi è alcuna differenza tra la vita e la morte, che ciò che estingue la vita non è morte e che ciò che genera la vita non è vita.(50) Non è la Via qualcosa che crea tutto ciò che esiste, che ne ha cura, che lo accoglie, che lo distrugge ma che pure lo reca a perfezione? Il suo nome è “Quiete in mezzo ai contrasti” perché è attraverso le contrapposizioni che l’essere raggiunge la completezza. (51)
Allora Nánbózĭ gli domandò: “Non è stato difficile per te imparare da solo tutte queste cose?”.
“Le ho imparate” gli rispose Nǜyŭ “ dal figlio di Fù Mò, che le aveva imparate dal nipote di Luò Sòng, che le aveva a sua volta apprese da Zhān Míng, che le aveva apprese da Niè Xŭ, il quale le aveva apprese da Xū Yì, che le aveva apprese da Yú Ōu, che le aveva ascoltate da Xuán Míng, che le aveva ascoltate da Cān Liáo, al quale le aveva insegnate Yí Shí. (52)
Quattro uomini, Zĭ Sì, Zĭ Yŭ, Zĭ Lí e Zĭ Lái stavano conversando tra di loro.
Ad un tratto, uno di essi osservò: “ E se, nell’uomo, il nulla rappresentasse la testa, la vita costituisse la spina dorsale e la morte costituisse l’osso sacro? Se ci fosse qualcuno che sapesse in qual modo la vita e la morte, l’essere e il non essere operano nell’uomo, vorrei davvero farmelo amico.”
I quattro si guardarono e risero, ma nessuno di loro si rese conto del senso profondo della domanda.
I quattro continuarono a vedersi e divennero amici.
Poco tempo dopo, Zĭ Yŭ cadde malato e Zĭ Sì andò a trovarlo.
Il malato esclamò:” È davvero straordinario che colui il quale ha creato il mondo abbia creato un individuo deforme come me”.
Era infatti gobbo e storpio; aveva gli intestini nel torace e il mento gli toccava l’ombelico; le spalle erano più alte della testa, che era coperta di bernoccoli; respirava a fatica e in modo affannoso, eppure il suo spirito era quieto e rilassato.
Una volta si era avvicinato zoppicando ad un pozzo e vi ci si era specchiato. “Che cosa straordinaria” aveva esclamato” che il Creatore mi abbia fatto così deforme!”.
Zĭ Sì gli domandò: “La tua condizione ti rende triste?”
“Perché la possibilità di morire dovrebbe rattristarmi? gli rispose il malato” Se il mio braccio sinistro si trasformasse in un gallo, io canterei sul fare dell’alba (53); se il mio braccio destro si trasformasse in un arco, andrei in cerca di piccioni. (54) Se il mio sedere si trasformasse in un carro e il mio spirito in un cavallo, io mi farei condurre da questo cavallo e non lo cambierei per il traino dell’Imperatore. (55) Inoltre, c’è un tempo per realizzare le cose e un tempo per sottomettersi alla necessità di perire. Se noi ci conformiamo con calma e obbedienza a ciò che ogni tempo richiede, non possiamo provare né gioia né dolore. Questo è ciò che gli antichi chiamavano “sciogliere la corda” a cui è appesa la vita. Ma è una cosa che non possiamo fare noi stessi, il mondo ci tiene legati con i suoi nodi.(56) Infine è noto da tempo immemorabile che le creature non possono opporsi ai voleri del Cielo. Perché dunque dovrei rattristarmi del mio destino?”.
Poco tempo dopo anche Zĭ Lái cadde gravemente malato e rantolava, in punto di morte, circondato dalla moglie e dai figli in lacrime.
Zĭ Lí, che era andato a chiedere sue notizie, intimò alla famiglia di uscire dalla stanza per non disturbare il morente nel momento del trapasso .(57)
Poi, appoggiandosi allo stipite della porta, disse a Zĭ Lái: ”Quant’è grande il Creatore dell’Universo! Che cosa farà di te ora? Dove ti farà andare? Ti trasformerà nel fegato di un topo o nella zampina di un insetto?”.
Gli rispose Zĭ Lái: “ Quando i genitori dicono a loro figlio: "Va’ verso nord o verso sud, verso est o verso ovest”, il figlio obbedisce senza discutere. Ora, per un uomo, lo yīn e lo yáng (58) sono ben più importanti di quanto non siano i suoi genitori. Se hanno stabilito che devo morire ed io cerco di oppormi alla loro decisione, mi mostrerò ostinato e ribelle e sarò in colpa. La terra nutre il mio corpo e mi fornisce gli strumenti per vivere. Mi offre conforto nella mia tarda età e rifugio dopo la morte. Ciò che fa che la mia vita sia un bene, farà si che anche la mia morte sia un bene. Immaginiamo un grande fabbro che fonde i metalli. Che cosa penserebbe se un metallo saltasse su e gli dicesse:”Voglio che tu mi trasformi nella spada Mòyé!”. (59) .Penserebbe di certo che quel metallo è un po’ squinternato. Allo stesso modo, se chi è giunto alla fine della sua vita si mettesse a dire: “Voglio rinascere uomo e soltanto uomo”, il Creatore penserebbe certamente che è uscito di senno. (60) Se ci rendiamo conto del fatto che il cielo e la terra sono una grande forgia e che il Creatore è un grande fabbro, non c’è sorte cui egli ci destini che non vada bene per noi .La nostra fine è come cadere in un sonno da cui sarà piacevole risvegliarsi “.(61)
Tre amici, Zĭ Sānghù, Mèng Zĭfăn e Zĭ Qínzhāng conversavano tra di loro.
Uno di essi si domandò: “Sarà mai possibile stare insieme senza essere insieme, agire insieme senza mettersi insieme? Sarà mai possibile ascendere al cielo e vagare tra le nuvole, penetrare nell’infinito e scordarsi di essere vissuti, senza che ciò abbia mai fine?”(62).
I tre si guardarono in faccia è risero, senza cogliere il senso profondo della domanda.
Continuarono così nella loro amicizia, ma, dopo qualche tempo, Zĭ Sānghù morì.
Prima che fosse seppellito, Confucio, che aveva avuto notizia della sua morte, inviò Zĭ Gōng a casa del defunto per chiedere se potesse essere di qualche aiuto nelle circostanze.
Uno degli amici superstiti aveva composto una canzone e l’altro lo accompagnava con la cetra mentre cantava:
“Oh, Zĭ Shānghù, tu sei arrivato alla meta! Oh, Zĭ Sānghù, tu sei arrivato alla meta! Tu hai già raggiunto la Verità, mentre noi, ahimè, siamo ancora uomini.” (63)
Zĭ Gōng si avvicinò e domandò loro:“ Vi sembra che cantare e suonare in presenza di un cadavere sia un comportamento conforme al rispetto dovuto ai defunti ?”. (64)
I due si guardarono ridendo, poi gli risposero: “Tu che ne sai dei riti funebri?”.
Zĭ Gōng ritornò da Confucio e gli riferì l’accaduto. “Che razza di persone sono mai costoro?”esclamò” Non avevano fatto alcun preparativo per i funerali, non mostravano alcun rispetto per il defunto, cantavano in presenza del cadavere e si comportavano come se non fosse successo nulla. Con che razza di individui ho avuto a che fare?”.
Confucio gli rispose (65): “ È gente che non tiene alcun conto dei riti e delle consuetudini che noi rispettiamo. (66) Al riguardo, le nostre pratiche sono opposte alle loro e perciò ho sbagliato nell’inviarti a porgere loro le mie condoglianze. Inoltre, pongono l'uomo sullo stesso piano del Creatore del mondo e vedono nel cielo e nella terra un solo principio vitale. (67 ) Considerano la vita un accidente di scarsissimo rilievo, quasi fosse un foruncolo della pelle, e nella morte non vedono altro che la maturazione del foruncolo e la dispersione del pus che esso contiene. Come potrebbero, con queste idee, distinguere la vita dalla morte, ritenere che esista un "prima" e un "dopo"? (68)
Prendono sostanze diverse e sostengono che da queste è formato il corpo umano, prestando poca attenzione al fegato e alle viscere, agli occhi e alle orecchie, giacché per loro il mondo è un incessante aIternarsi di inizio e di fine, senza un chiaro criterio di separazione. (69) Vagano liberi (70) al di fuori della polvere di questo mondo (71) e si dilettano nel principio del “non agire”. (72) Perché mai costoro dovrebbero prendersi la briga di praticare stupidamente le cerimonie della gente comune o essere turbati da ciò che possono vedere o sentire gli altri?"
“Se così è, Maestro, “ gli domandò allora Zĭ Gōng ”perché praticate i riti?
”“Perché questo è il mio destino” rispose Confucio” Tuttavia, posso condividere con te le conclusioni cui sono giunto” (73)
“Posso chiedere quali sono queste conclusioni?” domandò Zĭ Gōng.
Confucio gli rispose:”Il pesce nasce e si sviluppa nell’acqua; l’uomo nasce e si sviluppa nella Via. Poiché il pesce è creato per vivere nell’acqua, si immerge negli stagni e vi trova nutrimento. Poiché l’uomo è creato per vivere nella Via, non si occupi delle cose del mondo e vivrà serenamente. È per questo che si dice: ‘ Il pesce dimentica sé e gli altri nei fiumi e nei laghi; l’uomo dimentica sé e gli altri nella pratica della Via”.
“Posso ancora chiedere” domandò Zĭ Gōng chi è l’uomo saggio?”. (74)
“L’uomo saggio” gli rispose Confucio” è colui che non si conforma agli altri uomini, ma ai voleri del Cielo. È per questo che si dice: ' Chi è piccolo tra gli uomini è grande nel Cielo; chi è grande tra gli uomini è piccolo nel Cielo'”.
Yán Huí domandò a Zhòng Ní (75): “Quando morì la madre di Mèngsūn Cái, mentre tutti piangevano, il figlio non versò una lacrima , né, in fondo al cuore, provò sofferenza, né, durante le cerimonie funebri, mostrò di essere addolorato. Nonostante tutto ciò, nel regno di Lú ritennero che si fosse comportato correttamente. Com’è possibile considerare corretto un comportamento che in realtà non lo è? Mi sembra una cosa piuttosto strana.”
Zhòng Ní gli rispose: “Mèngsūn Cái è stato perfettamente conseguente alle proprie idee. Sebbene egli volesse, essendo avanzato nel sapere, ridurre al minimo i riti funebri, non poté farlo, ma almeno si astenne dalle manifestazioni esteriori di dolore. (76) Mèngsūn Cái non separa la vita dalla morte, non si cura di distinguere tra passato e futuro. È cosciente del fatto che le cose mutano sempre ed aspetta il cambiamento senza sapere come sarà. Per di più, chi potrà mai dire che un mutamento che stava per avvenire non è avvenuto o che un mutamento che non doveva avvenire è già avvenuto? Tu ed io non potremmo essere immersi in un sogno dal quale non abbiamo ancora cominciato a destarci? Considera inoltre che, nonostante le apparenze del dolore, Mèngsūn Cái non sentiva, nel suo intimo, di aver subito alcuna perdita, perché la morte non lo affligge più del lasciare, all’alba, un rifugio in cui si è passata la notte. Egli è uno che si è risvegliato dal sogno, ma siccome è costume della gente celebrare i riti funebri, li ha celebrati anche lui. Ecco la spiegazione del suo comportamento. (77) Inoltre, come possiamo sapere che cosa è veramente ciò che noi chiamiamo "noi stessi"? Potresti immaginare che sei un uccello e che sfrecci alto nel cielo oppure che sei un pesce e che ti immergi negli abissi marini, ma non saresti in grado di sapere se ciò che vedi è la realtà o è semplicemente un sogno. (78) Chi ha raggiunto la felicità non la manifesta col riso, chi esprime col riso la propria gioia non è ancora in armonia con la natura. (79) Chi è in armonia con l’ordine della natura e non ha cura dei cambiamenti, costui penetra l’arcana unità del Cielo.
Xŭ Yóu(80) domandò a Yì Érzĭ, il quale era andato a trovarlo: “Che beneficio hai tratto dagli insegnamenti di Yáo?”.
“Yáo mi ha insegnato a coltivare l’umanità e la giustizia e a distinguere il bene dal male.”gli rispose Yì Érzĭ.
“Allora” replicò Xŭ Yóu” che cosa sei venuto a cercare da me? Visto che Yáo t’ha già marchiato la fronte con l’umanità e la giustizia e t’ha già tagliato il naso con la distinzione tra il bene e il male, come potrai ancora camminare libero e a tuo agio sulla via dei mutamenti?”. (81)
”Sarà certo molto difficile” ammise Yì Érzĭ “ma vorrei almeno camminare ai suoi margini”.
“Non è possibile!” ribattè Xŭ Yóu” I ciechi non possono ammirare la bellezza di un volto, degli occhi, delle sopracciglia, né possono rendersi conto di quanto siano sgargianti l’azzurro e il giallo dei motivi ricamati sugli abiti da cerimonia.” (82)
“Eppure” insistette Yì Érzĭ” Wú Zhuāng dimenticò la sua bellezza, Jù Liáng la sua forza e Huáng Dì (83) la sua saggezza e tutti si lasciarono plasmare sotto i colpi di martello. (84) Come fai a sapere che il Creatore non cancellerà il marchio che m’è stato impresso sulla fronte e non mi ridarà il naso che m’è stato tagliato, affinché io, di nuovo integro nelle mie membra, possa seguire le lezioni di un maestro?”
“Ah! È vero !Come potrei saperlo?, “riconobbe Xŭ Yóu” Ti insegnerò i rudimenti della dottrina. Oh, il mio Maestro! Oh, il mio Maestro! Egli fa a pezzi le creature, ma non pratica la giustizia! (85) Concede la sua grazia a infinite generazioni, ma non esercita la benevolenza! Esiste dai tempi più remoti, ma non è antico. Sovrasta il cielo, sostiene la terra, crea e modella il corpo dell’uomo, ma non è un abile artigiano. Ecco colui in cui io mi appago .”
Yán Huí disse: “Sto facendo progressi”.
“Che cosa intendi dire?” gli domandò Zhòng Ní.
“Non penso più all’umanità e alla giustizia”.
“Va bene, ma non basta”.
In seguito, si incontrarono di nuovo e Yán Huí disse a Zhòng Ní: “Sto facendo progressi”.
“Che cosa intendi dire?” gli domandò Zhòng Ní.
“Non penso più ai riti e alla musica”.
“Va bene, ma non basta ancora”.
Passò ancora qualche giorno e Yán Huí disse a Zhòng Ní:”Sto facendo progressi”.
“Che cosa intendi dire?”
“ Sto seduto e non penso più a nulla”. (86)
Zhòng Ní atteggiò il volto a gravità e domandò: “Che cosa intendi esattamente quando dici ’Sto seduto e non penso più a nulla’”?.
“Mi sciolgo dal corpo e riduco al minimo le mie percezioni, abbandono la mia forma materiale e dico addio a ciò che so. Così divento tutt’uno con colui che tutto pervade.(87) Ecco che cosa intendo quando dico ‘Sto seduto e non penso più a nulla’’.‘
Allora, Zhòng Ní esclamò : "Ormai identificato con lo spirito dell’universo, tu ti disinteressi delle cose del mondo. (88). Permeato dalla trasformazione, sei al di fuori delle contingenze temporali. Hai raggiunto la virtù. Sono io ora che ti chiedo di accogliermi come tuo discepolo”.
Zĭ Yŭ e Zĭ Sāng erano amici. Una volta che pioveva a dirotto da una decina di giorni, Zĭ Yú si disse: “Temo che Zĭ Sāng possa essere malato o trovarsi in difficoltà”. Perciò, avvolto in un pacchetto un po’ di riso, si recò da Zĭ Sāng per portarglielo. Quando giunse sulla soglia della casa di Zĭ Sāng, sentì provenire dall’interno della dimora suoni che ora sembravano un canto ora un lamento. Si udiva la musica di una cetra accompagnata da queste parole: “O Padre! O madre! O Cielo! O uomini!”. La voce era spezzata e le parole erano pronunciate in modo affannoso. Zĭ Yŭ entrò in casa e domandò a Zĭ Sāng: “Perché il tuo canto è così triste?”.Zĭ Sāng gli rispose: “ Mi stavo domandando perché sono giunto a questa estremità e non sono riuscito a darmene una ragione. È possibile che i miei genitori abbiano voluto per me una vita di miseria? Il cielo si stende su tutti senza parzialità per alcuno, la terra sostiene tutti senza preferenze. È mai possibile che cielo e terra abbiano voluto proprio me così miserabile? Ho cercato di capire chi abbia voluto tutto ciò e non ci sono riuscito. Tuttavia, eccomi nella povertà più totale, non è vero? Questo è il mio destino. (89)
NOTE
1) Alcuni commentatori ritengono di poter cogliere in questa espressione la prova di una profonda consonanza tra il pensiero taoista e l’antica saggezza indiana. Essi identificano infatti la pratica del “respiro che viene dai talloni” con il Śīrṣāsana शीर्षासन (da Śīrṣa शीर्ष “testa” e Āsana आसन “posizione”) o “posizione sulla testa”, una delle “posizioni capovolte” dello haṭhayoga हठयोग, che favorisce l’afflusso di sangue al cervello.
2) Il carattere 復 (“fù”) significa ritornare. Ho usato il termine generico “ripartire” anziché “ritornare” per non dover specificare ciò che il testo cinese non specifica.
3) Zhuāngzĭ critica qui la presunzione umana che fa credere agli uomini di poter influenzare con la loro azione il corso degli eventi decisi dal Cielo ,cioè di poter aiutare il Cielo( 助 天 “zhù tiān”).
4) Il testo cinese reca l’espressione 真 人 (“zhēn rén” “vero uomo”) che indica chi si perfeziona nella virtù seguendo la Via e consegue pertanto l’immortalità.
5) Ho interpretato l’espressione 其 顙 頯 (“qí săng kuí” “loro fronte, zigomi”) come un’espressione idiomatica intesa a significare che il volto degli antichi saggi era largo e aperto. Si tratta, evidentemente di un’ applicazione della fisiognomica. La fronte larga è abitualmente considerata segno di saggezza (cfr.ad es. quanto scrive Pomponio Gaurico nel suo trattato “De sculptura”,pubblicato a Firenze nel 1504: ”La fronte quadrata, che ha lunghezza quanto l’altezza, è indice evidentissimo di prudenza, saggezza, intelligenza, animo splendido”.
6) Con questa suggestiva immagine Zhuāngzĭ sottolinea che gli antichi saggi rifuggivano da qualsiasi eccesso.
7) La frase 而 莫 知 其 極 ( “yŭ mò zhī qí jì” “nessuno conosceva i loro limiti”cioè “ nessuno sapeva fin dove sarebbero arrivati”) non va certo intesa nel senso che i saggi si comportassero in modo abnorme , bensì nel senso che essi non si attenevano alle regole umane, ma si lasciavano sempre guidare dalle leggi della natura. Poteva perciò accadere che la loro azione risultasse incompatibile con le aspettative della gente o con il senso comune, senza perciò apparire meno giustificata.
8) L’azione del saggio prescinde dai sentimenti. Si vedano in proposito i primi versi del capitolo V del Dào Dé Jīng 道 德 經 ﹕
“L’universo non prova pietà.Per lui tutte le cose sono come fantocci di paglia.
Il saggio è indifferente.Anche per lui gli uomini non sono che burattini.”.
9) Troviamo qui elencati tutti i nomi con cui Zhuāngzĭ definisce chi segue la Via: 聖 人 (“sèng rén” “uomo saggio”), 仁 人 (“rén rén” “uomo compassionevole”), 賢 人 (“xián rén” “uomo virtuoso”), 君 子 (“jūn zĭ” “gentiluomo”), 士 (“shì” “sapiente”), 役 人 (“yì rén””funzionario capace”).
10) Hú Bùxié 狐 不 偕 visse all’epoca dell’imperatore Yáo 堯 , il quale regnò, secondo la tradizione, dal 2356 a.C. al 2255 a.C. Quando Yáo gli espose la propria intenzione di cedergli il trono rifiutò con decisione la proposta e, per non essere più tentato di accettarla, si gettò in un fiume.
11) Wù Guāng 務 光 visse negli ultimi anni della dinastia Xià 夏 朝 . Ritiratosi in un eremo suonava il qín 琴 e si nutriva di erbe. Lontano da qualsiasi preoccupazione mondana, si rifiutò di partecipare alla rivolta condotta da Chéng Tāng 成 汤 contro Jié 桀, l’ultimo sovrano dei Xià, che regnò, secondo la tradizione, dal 1728 a.C. al 1675 a.C. Dopo aver vinto e ucciso Jié, Tāng offrì a Wù Guāng il trono imperiale, ma quest’ultimo respinse l'offerta e, seguendo l’antico esempio di Hú Bùxié, si suicidò per non cedere all’ambizione.
12) Bó Yí 伯 夷. e Shū Qí 叔 齊 sono due personaggi semileggendari vissuti verso la fine della dinastia Shāng 商 朝 (prima metà dell’XI° secolo a.C.). Erano rispettivamente il primogenito ed il terzo figlio del re di un piccolo Stato vassallo dei Shāng, il Regno di Gūzhú 孤 竹 國. Quando il padre, morendo, lasciò il regno a Shū Qí, trascurando il primogenito, quest’ultimo, anziché difendere con la forza i propri diritti, andò volontariamente in esilio. Shū Qí, commosso dal comportamento del fratello, abbandonò il trono e lo raggiunse. Avendo avuto notizia delle buone qualità del re Wén di Zhōu 周 文 王i due si misero in cammino per recarsi presso di lui, ma quando giunsero alla corte dei Zhōu , scoprirono che il re Wén era morto e che il suo figlio e successore Wŭ 周 武 王, senza nemmeno rispettare il lutto per il padre, stava già preparando una rivolta contro la dinastia Shāng, di cui anche i Zhōu erano vassalli. I due fratelli protestarono contro questa iniziativa, che, a loro parere, contrastava sia con la pietà filiale sia con il dovere di lealtà dei vassalli nei confronti dei loro sovrani, ma non furono ascoltati, anzi per poco non furono uccisi. Delusi ed amareggiati decisero di abbandonare il mondo e di ritirarsi sulle pendici del monte Shoŭyáng 首 陽 山,dove, poco tempo dopo, morirono di denutrizione e di stenti. La tradizione ne conservò il ricordo, esaltandoli come esempi di bontà , di umiltà e di lealtà.
13) Jīzĭ 箕 子 , zio di Zhòu 紂 (1075 a.C.-1046 a.C.), ultimo re della dinastia Shàng 商 朝 , fu imprigionato per aver criticato gli abusi del nipote. Si salvò dal supplizio fingendosi matto.
14) Xŭ Yóu 許 由 fu un eremita che visse ai tempi dell’imperatore Yáo. Si racconta che, quando Yáo propose di cedergli il trono, Xŭ Yóu rispose di “non aver bisogno di nulla in questo mondo” e corse subito a lavarsi le orecchie, sporcate da una proposta così sconveniente.
15) Jì Tā 紀 他 aveva persuaso Tāng ad offrire l’Impero a Wù Guāng. Dopo la morte di quest’ultimo, temendo che la stessa offerta fosse fatta a lui, si gettò nel fiume e morì annegato.
16) Shēn Túdí 申 徒 狄 , avendo sentito che Wù Guāng e Jì Tā si erano uccisi per non essere costretti ad accettare il trono, si gettò nel fiume ed annegò. Si deve pensare che fosse anche lui un saggio, riverito e stimato, e che il suo gesto fosse motivato dalla paura di vedersi offrire a sua volta il trono.
La storia di Wù Guāng, Jì Tā e Shēn Túdí figura nel capitolo 26 del Zhuāngzĭ, intitolato “Le cose che vengono dall’esterno” (外 物 “wái wù”). Al paragrafo 12 di questo capitolo si legge infatti: “Quando Yáo volle offrire il trono a Xŭ Yóu, questi fuggì via. Quando Tāng propose l’Impero a Wù Guāng, questi ne fu contrariato. Quando Jì Tā udì ciò, condusse i suoi discepoli al fiume Kuăn e , lanciatosi nella corrente, morì annegato. I nobili presero il lutto per tre anni. Anche Shēn Túdí si lasciò annegare”.
17) Il testo cinese recita: 張 乎 其 虛 而 不 華 也 (“zhāng hū qí xū ér bù huá yĕ”), letteralmente: “estremo il loro vuoto, ma senza splendore”. I commentatori interpretano la frase nel senso che gli antichi saggi sapevano svuotare il loro animo di tutte le preoccupazioni mondane, ma non se ne gloriavano.
18) L’estrema concisione del testo cinese e i termini, talora arcaici, in esso utilizzati rendono inevitabile una grande varietà di interpretazioni. Ciascuna delle traduzioni che ho consultato differisce dalle altre. Mi sono perciò sentito autorizzato a tradurre con una certà libertà. Vedendo che ogni frase era scandita dalle particelle enfatiche 乎 (“hū”), a metà del periodo, e 也 (“yĕ”), alla fine del periodo, ho pensato che l’autore volesse contrapporre le due parti della frase, come per sottolineare che i saggi dei tempi antichi avevano in sé qualità in un certo modo contrastanti. Questa lettura potrebbe trovare giustificazione nelle frasi successive, da cui si ricava che gli opposti si compongono nell’unità del cosmo.
19) Poiché le leggi dell’epoca erano particolarmente severe, la pena sancita per la loro violazione era quasi sempre la morte. È per questo che il testo cinese usa il carattere 殺 (“shā” “uccidere”).
20) La menzione dell’importanza dei riti e del sapere nella società civile ci ricorda inevitabilmente l’insegnamento di Confucio.
21) Ho interpretato le ultime frasi secondo gli spunti forniti dalla dottrina taoista. Gli antichi saggi seguivano perfettamente l’insegnamento del Cielo quando enunciavano il principio della “coincidentia oppositorum”, osservando che nell’unità dell’universo non esistono distinzioni. D’altra parte, poiché vivevano nella realtà concreta, che non può fare a meno di giudizi di valore, essi si adattavano anche a formulare tali giudizi, mostrando, nel far questo, il loro lato umano.
22) I termini cinese sono rispettivamente 卓 (“zhuō” “eccelso”) e 真 (“zhēn” “vero”). Si può presumere che l’autore intenda qui riferirsi alla Via.
23) Yáo 堯 , vissuto, secondo la tradizione, fra il 2356 a.C. e il 2225 a.C., è uno dei primi leggendari sovrani della Cina, famoso per la sua saggezza. Jié 桀 , che avrebbe regnato, secondo la tradizione, dal 1728 a.C al 1675 a.C., fu l’ultimo imperatore della dinastia Xià 夏 朝 ed è ricordato come un tiranno sanguinario.
24) Il termine 大 塊 (“dà kuài), vale a dire “la grande zolla”, indica la terra, la natura, il mondo.
25) Noi abbiamo l’impressione che gli uomini muoiano e che le cose periscano perché la nostra visione del mondo è limitata. Se riuscissimo ad abbracciare col pensiero l’essenza dell’universo, capiremmo che, come dice il proverbio, “in natura nulla si crea e nulla si distrugge”.
26) Non solo la nascita, ma tutti gli innumerevoli cambiamenti che caratterizzano lo sviluppo fisico e intellettuale dell’uomo sono occasioni di gioia. In questa linea di ragionamento è logico che si inserisca un’ulteriore riflessione: se la vita umana viene considerata nel suo complesso, non si potrà ignorare che ne fanno parte, a pieno titolo, anche sofferenze, malattie e morte.Il saggio, che si conforma spontaneamente alle leggi della natura, sa accettare con animo sereno ed equilibrato, tutti gli aspetti della vita.
27)La dottrina taoista vede la saggezza nella spontanea accettazione di tutto ciò che è deciso dalla natura. In questo senso, essa rinuncia a classificare i fenomeni secondo i parametri del “bene” e del male”, del “giusto” e dell’”ingiusto”, del “positivo” e del “negativo”, di “ciò che dà gioia” e di “ciò che dà dolore”. La nascita e la morte, una lunga vita o una scomparsa prematura non vanno giudicate in maniera diversa. Ogni fenomeno naturale è, di per sé un “bene”, un avvenimento “giusto”, un fatto “positivo”e, anche qualora non possa essere accolto con gioia, va sempre accettato con la serenità del saggio.
28) Comincia qui una descrizione della Via, che riecheggia quelle che troviamo nel Dào Dé Jīng 道 德 經. Il problema che si pone con ogni descrizione della Via è quello chiaramente enunciato nel primo verso del Dào Dé Jīng: la Via è indescrivibile (道 可 道 非 常 道 “dào kĕ dào fēi cháng dào”).
29) Un’altra possibile traduzione di questa frase è: “Può essere insegnata, ma non può essere appresa”. Azzardo un’interpretazione: la Via non è un fenomeno che noi possiamo conoscere studiandone gli elementi costitutivi, non è un’arte o un mestiere che noi possiamo padroneggiare imparandone le regole. Il saggio comprende la Via non perché la studia, ma perché vi si conforma naturamente. Egli può “insegnare” la Via nel senso che il suo comportamento è modello ed ammaestramento per chi lo osserva, ma l‘”intelligenza” della Via non può derivare dalla semplice imitazione dei comportamenti del saggio. Essa può essere raggiunta soltanto mediante una spontanea comprensione delle leggi dell’universo.
30) Molte delle riflessioni relative alla Via non suonano inusitate ad un orecchio occidentale. Una cosa che “ha in sé stessa il suo fondamento e la sua ragione di esistere” non può infatti non ricordarci la “causa prima” o “causa incausata” della filosofia tomistica.
31) Poiché la Via esprime la totalità dell’universo, essa è il punto in cui si realizza la coincidenza degli opposti: è al tempo stesso infinitamente alta e infinitamente bassa, infinitamente antica e infinitamente nuova.
Ho usato deliberatamente il termine “coincidenza degli opposti” perché “coincidentia oppositorum” è l’espressione con cui Nikolaus von Kues (Nicola Cusano) (1401-1464), cardinale, teologo e filosofo tedesco, si riferisce a Dio, nel quale tutti gli opposti coincidono, in quanto, essendo Egli infinito, è al di là del principio di identità e di non contraddizione.
Troviamo una formulazione poetica dello stesso concetto nella Divina Commedia, Canto XXXIII ,in cui la preghiera di San Bernardo alla Vergine comincia con parole che richiamano anch’esse la coincidenza degli opposti:
“Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio ...”.
32) Comincia qui un lungo elenco di divinità, semidei, personaggi mitici, astri e costellazioni il cui essere ed operare si conforma alla Via. L’interesse di questo elenco è limitato perché esso intende semplicemente ribadire, moltiplicando gli esempi, che tutto l’universo (spiriti, uomini e cose) segue la Via. Mi è parso tuttavia necessario, per una migliore comprensione del testo, fornire qualche informazione su ciascuno dei personaggi citati.
33) Secondo una leggenda, quattro mitici sovrani ( 四 氏 “shì shì”) di epoca antichissima parteciparono alla creazione del mondo. Si tratta di Yŏucháo shì有巢氏 , Suírèn shì 燧人氏 , Fúxī shì 伏羲氏 e Shénnóng shì 神農氏. Mentre i primi due avrebbero regnato per decine di migliaia di anni in epoche imprecisate, con riferimento agli ultimi due la tradizione ci fornisce date apparentemente precise: 2852 a.C.-2737 a.C. per il regno di Fúxī , 2737 a.C-2699 a.C. per il regno di Shénnóng. L’appellativo 氏 attribuito a Xī Wéi 豨韋 lascerebbe pensare ad un quinto leggendario sovrano accomunato ai quattro precitati o ad un diverso nome di uno di questi, ma non vi sono nelle fonti elementi che possano suffragare l’una o l’altra ipotesi. Gli “Annali Unificati del Grande Impero Míng” (一統志 “dà míng yītǒng zhì “) notano soltanto che “Xīwéi è anche il nome di un antico imperatore”(又豨韋氏,古帝王號 “yòu xī wéi shì, gǔ dìwáng hào”).
34) Fúxī 伏犧氏, che avrebbe regnato, secondo la tradizione, dal 2852 a.C. al 2737 a.C., è un sovrano mitico, cui si attribuisce la creazione dell’umanità. È altresi ricordato come inventore della caccia, della pesca, della scrittura e della cottura del cibo. Secondo alcuni storici, all’origine, Fúxī sarebbe stato il nome di una divinità che avrebbe insegnato agli antichi Cinesi l’arte di addomesticare gli animali selvatici.
35) L’espressione 襲氣母(“xī qì mŭ”), letteralmente “affrontare la madre dell’energia vitale”, può essere intesa nel senso che Fúxī penetrò il mistero dell’origine della vita e poté così diventare il progenitore dell’umanità.
36) Wéi Dóu 維 斗 è una denominazione usata nelle antiche fonti per indicare l’Orsa Maggiore.
37) Lù Démíng 陸德明 (556 d.C.-630 d.C.), nella sua opera intitolata “Spiegazione testuale dei classici” (经典释文 “jīngdiăn shìwén”) scrive: “Sīmă racconta che Kān Huái è il nome di una divinità che aveva volto di uomo e corpo di animale .( 司马 云: 堪坏 神名,人面兽形 ”Sīmǎ yún: Kān huài shén míng, rén miàn shòu xíng”.).
38) Féng Yí 馮夷 era uno dei molti nomi con cui era conosciuto Hé Bó 河 伯 , il “Signore del Fiume”, la divinità che personificava il Fiume Giallo 黃 河, detto anche il “Grande Fiume” 大川. Nelle antiche fonti è descritto come una figura con volto umano e corpo di pesce. Ancora durante il periodo degli Stati Combattenti v’era l’uso di compiere sacrifici umani per invocare la sua clemenza ed evitare le inondazioni, offrendogli ogni anno come sposa una fanciulla vergine che veniva gettata nella vorticosa corrente del fiume. Questa pratica fu improvvisamente modificata, nel V° secolo a. C, da Xīmén Bào 西 門 豹, il quale, nominato magistrato a Yè 鄴 , decise che l’arrivo della promessa sposa doveva essere annunciato al Signore del Fiume da una delegazione di notabili e fece gettare in acqua, invece della fanciulla, gli sciamani e i funzionari locali che avevano ordinato il sacrificio. In seguito progettò e fece costruire un sistema di dighe che si rivelarono molto più efficaci contro le inondazioni di quanto non fossero stati i sacrifici umani.
39) Jiān Wú 肩 吾 è probabilmente un eremita che si stabilì sul Monte Tài 泰 山 e che venne più tardi considerato come una divinità della montagna sacra. È citato in numerosi passi dello Zhuāngzĭ 莊 子, ad esempio nel settimo capitolo, intitolato “Come dovrebbero comportarsi gli imperatori e i sovrani (應 帝 王 “yìng dì wáng”), dove, al paragrafo 2, è presentato come un amico di Jiē Yŭ 接 與 , il “matto di Chŭ” (楚 狂 “chŭ kuáng”).
40) Huáng Dì 黃 帝 avrebbe regnato dal 2698 a.C. al 2598 a.C. Secondo la tradizione sarebbe stato un personaggio storico cui la posterità avrebbe conferito tratti divini. Secondo gli storiografi odierni sarebbe invece stato una divinità tribale, cui sarebbero in seguito stati conferiti tratti umani per farne il progenitore del popolo Hàn.
41) Zhuāngxū 顓 頊, nipote (o bisnipote) di Huáng Dì avrebbe regnato dal 2514 a.C. al 2435 a.C. Alcune fonti lo identificano con la divinità della Stella Polare, il che potrebbe giustificare il riferimento alla sua residenza in un “palazzo misterioso” (玄宮 “xuán gōng”).
42) Yú Qiáng 禺 強, nipote di Huáng Dì, fu venerato come divinità dei mari polari e dei venti settentrionali.
43) La “Regina Madre dell’Occidente” 西 王 母 (“xī wáng mŭ”) è una delle più antiche divinità cinesi. È considerata dispensatrice di longevità e di prosperità. Sebbene le fonti archeologiche dimostrino che è anteriore al Taoismo, è generalmente associata a questa dottrina, che ha per essa una particolare venerazione.
44) Il fatto che questa frase segua immediatamente la menzione della Regina Madre dell’Occidente può lasciar pensare che si riferisca a quest’ultima e che intenda mettere in rilievo come, grazie alla Via, la Regina Madre dell’Occidente abbia conseguito l’immortalità. La frase può però anche intendersi come riferita alla stessa Via, che non ha avuto inizio e che non avrà mai fine.
45) Péng Zū 彭 祖, letteralmente l’”antenato Péng”, è un personaggio leggendario che sarebbe vissuto, secondo la tradizione dominante, per oltre ottocento anni, dal 1900 circa a.C. al 1066 a.C.
I termini di riferimento indicati nello Zhuāngzĭ (il regno dell’imperatore Shùn 舜 帝 , detto anche Yŏu Yú Shì 有 虞 氏 , che sarebbe morto nel 2240 a.C. e l’epoca dei Cinque Egemoni, detti 五 霸 (“wŭ bā”) o 五 伯 (“wŭ bó”), che arriverebbe sino al VII° secolo a.C.) sono tuttavia diversi e potrebbero derivare da un’altra tradizione oppure essere usati senza pretese di precisione “storica”per indicare un lunghissimo periodo di tempo.
46) Fù Yuè 傅 說servì, come primo ministro, il re Wŭ Dīng 武 丁 , della dinastia Shāng 商 朝 , che, secondo la cronologia tradizionale avrebbe regnato dal 1324 a.C. al 1266 a.C. Wŭ Dīng è il primo sovrano cinese la cui esistenza sia comprovata da reperti archeologici. In effetti, alcune iscrizioni oracolari scoperte nel 1889 ad Ānyáng安 陽 riportano il suo nome. Le ricerce storiche moderne propongono per il suo regno date un po’diverse: 1250 circa a.C.-1192 a.C.
47) Il termine東 維 (“dōng wéi”) indica il settore orientale della Via Lattea.
48) Il nome di Fù Yuè 傅 說 fu dato ad una stella situata fra la Casa del Setaccio 箕 宿 (“jīxiú”) e la Casa della Coda 浘 宿(“wéixiú”) , che sono rispettivamente la sesta e la settima casa nella lista delle ventotto case dell’astronomia cinese ( 二十八宿 ”èrshíbā xiú”). Sono situate entrambe nel settore del Drago Azzurro dell’Est 東 方 青 龍 , che corrisponde alla primavera.
In termini di astronomia occidentale Fù Yuè è la stella chiamata G scorpii, la Casa del Setaccio corrisponde alla costellazione del Sagittario e la Casa della Coda corrisponde alla costellazione dello Scorpione.
49) Si opera qui una distinzione tra l’uomo che possiede i “talenti del saggio” (聖 人 之 才 “shèng rén zhī cái “) e l’uomo che comprende la “Via del saggio”( 聖 人 之 道 “shèng rén zhī dào”). Entrambi sono “saggi”( 聖 人 “shèng rén”), ma solo colui che riesce a far propria la Via perviene, evidentemente, al grado supremo di saggezza. La Via non può essere acquisita con lo studio (abbiamo visto prima che essa non può essere “ricevuta”, cioè insegnata da qualcun altro), ma deve essere conseguita con un’adesione spontanea e naturale. Si può probabilmente vedere in questa distinzione un riflesso del diverso atteggiamento che avevano in proposito la dottrina taoista e la dottrina confuciana. Per i seguaci di Confucio si giungeva alla saggezza attraverso il rispetto dei riti e delle tradizioni, lo studio e l’impegno civile. Totalmente diverso era invece l’atteggiamento dei Taoisti per i quali il cammino verso la saggezza passava, in primo luogo, attraverso la rinuncia alle attività del mondo.
50) Il cammino verso la Via si divide in sette tappe. La prima si compie con la rinuncia agli interessi mondani ( 外 天 下 “wài tiān xià”). La seconda si completa con l’astinenza dalle attività più semplici ed elementari (外 物 “wài wù"). Con la terza si acquista la capacità di estraniarsi dalla propria vita e dal proprio corpo (外 生 “wài shēng”). Con la quarta si raggiunge una chiara percezione della realtà cosmica (朝 徹 “zhāo chè”) e con la quinta si diventa consapevoli dell’unità del creato (見 獨 “jiān dú”)“. Nella sesta tappa si prende coscienza del fatto che la vita è un flusso continuo in cui non esistono, né presente né passato (無 古 今 “wú gŭ jīn”). La tappa conclusiva porta al raggiungimento della saggezza suprema, stato in cui il saggio non distingue più tra la vita e la morte e s’identifica perciò con l’universo per il quale non esiste né bene né male, né gioia né dolore, né principio né fine, né vita né morte. (不 死 不 生 “bù sĭ bù shēng”).
51) Temo di diventare monotono con la mia fissazione di scoprire ad ogni passo punti di convergenza tra il pensiero cinese e la filosofia europea, ma non posso evitare di notare che questa frase ha un suono piuttosto “hegeliano”.
52) Troviamo qui usato un procedimento molto diffuso nelle antiche culture per dare autorità ad un’affermazione o ad una narrazione facendola risalire, attraverso una catena ininterrotta di passaggi, ad una persona famosa per la sua dottrina o per le sue imprese o dimostrandone, attraverso la stessa serie di passaggi, l’origine antichissima e venerabile.
Questo procedimento è, per esempio, tipico delle aḥādīth أحاديث, i detti o gli atti attribuiti al profeta Maometto, che costituiscono la Sunna سُنَّة , la seconda fonte del diritto islamico dopo il Corano. Per poter far parte della Sunna, una ḥadīth حديث deve sempre essere accompagnata dall’isnād إِسْنَاد , una lista ininterrotta di testimoni affidabili che risalga indietro nel tempo fino ad una persona che abbia conosciuto personalmente il Profeta.
Malgrado accurate ricerche su Internet non sono riuscito a trovare in fonti diverse dal Zhuāngzĭ alcuna notizia che riguardi i personaggi citati in questo paragrafo. Si può presumere che si tratti di leggendari eremiti la cui serie, coprendo parecchie centinaia d’anni o meglio ( visto che si ha a che fare con individui longevi come Matusalemme e i più antichi patriarchi biblici) parecchie migliaia d’anni, conferisce alle parole di Nǚyŭ l’autorevolezza di un insegnamento impartito “ab immemorabili”.
53) Letteralmente “cercherei le ore notturne” ( 求 時 夜 “qiú shí yè”). La frase esprime in modo fantasioso la disponibilità di Zĭ Yŭ ad accettare serenamente qualsiasi cosa il destino gli riservi. Il Legge e lo Wilhelm, nelle loro traduzioni, la interpretano così “Se il mio braccio destro si trasformasse in un gallo, canterei le ore al terminare della notte”.Nell’uso letterario, infatti, l’espressione 時 夜 (“shí yè”), partendo dall’idea di “tempo notturno”, è poi passata ad indicare le ore della notte, segnalate dal canto del gallo, per designare infine l’animale stesso.
54) Ricordiamo, a questo riguardo, una frase che abbiamo trovato nel paragrafo 12 del capitolo 2, intitolato “Una cosa vale l’altra” (齊 物 論 “qí wù lùn”): “Vedi un uovo e vuoi subito sentire il canto del gallo, vedi un arco e cerchi subito il piccione arrosto”.
55) Il termine 駕 ("jià") designava ufficialmente la carrozza imperiale.
56) Si potrebbe qui scorgere un'allusione al fatto che la dottrina taoista, predicando la piena e incondizionata accettazioni delle leggi naturali, escludeva per l'uomo la possibilità di influire sulla durata della propria vita o di quella degli altri, ad es. mediante il suicidio o l'applicazione della pena di morte.
57) Il testo cinese reca l’espressione 無 怛 化 (“wú dà huà”), letteralmente: “Non disturbate il cambiamento!”. Zĭ Lí sceglie deliberatamente un termine adatto a sottolineare che per la dottrina taoista anche la morte è soltanto un cambio di condizione, un mutamento come infiniti altri. Ciò che , visto in una prospettiva individuale, è un evento devastante, definitivo, irreparabile, diventa, visto nella prospettiva globale del continuo sviluppo dell’universo, un fatto naturale e accettabile.
58) Lo yīn e lo yáng sono qui ricordati come i princìpi che regolano il funzionamento dell’universo. Essi esprimono la legge naturale alla quale il saggio deve piegarsi di buon grado.
59) Secondo un’antica storia, riportata negli “Annali delle Primavere e degli Autunni relativi ai regni di Wú e di Yuè” (吳越春秋 “wú yué chūnqiū”), il terribile re Hélú 闔 盧 di Wú (514 a.C.-496 a.C.) aveva ordinato al fabbro Gān Jàng 干 將 di forgiarli, entro tre mesi, due spade di una tempra eccezionale. Nonostante tutti i suoi sforzi, Gān Jàng non era tuttavia riuscito a produrre nella sua fornace l’enorme calore indispensabile per il particolare procedimento di fusione che occorreva nel caso specifico e vedeva con terrore approssimarsi la scadenza del termine. Sua moglie, Mòyé 莫邪, comprese la sua angoscia e si gettò essa stessa nel fuoco per portare la fiamma al calor bianco e consentire così al marito di compiere la propria opera. Gān Jàng potè così forgiare due spade straordinarie, ad una delle quali diede il nome della moglie, Mòyé.
60) Questo passo sembra affermare in modo abbastanza esplicito un’idea di reincarnazione in altri esseri che non risulta presente nelle più antiche formulazioni della dottrina taoista. Occorre però ricordare che già nel 3° secolo a.C. cominciava a sentirsi in Cina qualche influenza di religioni, tra cui il Buddhismo, che avevano elaborato un preciso sistema di credenze relative alla reincarnazione.
61) Il dizionario cinese on line “zh.wiktionary” menziona, tra i vari significati dell’espressione 蘧 然(“jù rán”), anche il seguente: 驚喜的樣子 (“jīngxī de yàngzĭ”), cioè “l’apparenza di una piacevole sorpresa”.
62) L’espressione cinese 無所 終 窮 (“wú suŏ zhŏng qióng”) vale letteralmente: “senza che ci sia in sostanza fine né limite”. Il termine 窮 (“qióng”), usato abitualmente nel senso di “povero”, aveva in origine il senso di “esausto”, “esaurito”, “incapace di andare oltre”,“prossimo alla fine”, come dimostra il termine 窮盡 (“qióng jìn”), che significa appunto “limite”, “fine”.
63) Era tipica della dottrina taoista l’idea che la morte rappresentasse il ritorno dell’uomo all’unità del creato e quindi il raggiungimento della verità.
64) Zĭ Gōng, discepolo di Confucio, si distingueva per il suo carattere violento ed impulsivo. Appare perciò naturale il suo atteggiamento piuttosto brusco nei confronti degli amici del defunto.
65) Il Confucio che ci viene presentato in questo passo del Zhuāngzĭ non ha molto in comune con quello che conosciamo attraverso i “Dialoghi” e gli altri testi canonici della tradizione confuciana. Le affermazioni che gli sono qui attribuite ce lo mostrano infatti come qualcuno che sembra riconoscere, seppure controvoglia, la validità della dottrina taoista. Se non abbiamo a che fare con un convertito, poco ci manca. Risulta perciò particolarmente arduo cogliere l’esatta intonazione e il senso preciso di questo paragrafo che anche i traduttori più noti hanno inteso in modo alquanto diverso l’uno dall’altro.
66) Il termine (“fāng”) ha in cinese un’ampia gamma di significati, tra cui “legge”, ”ragione”, ”metodo”, “regola”, ”via”,”conoscenza”, “principio morale”.
L’espressione 彼 遊 方 之 外 者 也 ,而 丘 遊 方 之 內也 (“bĭ yóu fāng zhī wài zhĕ yĕ, ér qiū yóu fāng zhī nèi zhĕ yé), letteralmente ”quelli sono coloro che si muovono al di fuori del fāng, Confucio è colui che si muove all’interno del fāng”, può quindi essere tradotta in modo abbastanza corretto attribuendo alla parola “fāng” uno qualsiasi dei significati sopra ricordati. Ciascuna di tali traduzioni tiene infatti conto di quella che è la distinzione essenziale: i Taoisti rigettano le norme che organizzano e disciplinano la società, mentre Confucio le onora e le rispetta. L’ideale del saggio confuciano è l’inserimento armonioso nella struttura sociale, lo studio, l’impegno civile; l’ideale del saggio taoista è la meditazione, l’isolamento, il ritiro dal mondo. Le opposte dottrine possono essere riassunte in due parole chiave: 內 (“nèi”), cioè “dentro (il mondo)” per i Confuciani e 外 ( “wài”), cioè “fuori (dal mondo) per i Taoisti.
È interessante constatare che la contrapposizione di cui sopra sembra estendersi anche al campo filofosico. Confucio si occupa soltanto dell’etica, è sostanzialmente un moralista interessato a definire la posizione e i doveri dell’individuo nell’ambito delle strutture sociali. I Dialoghi ( cap.7, paragrafo 21) ci ricordano, a questo riguardo che ”il Maestro non parlava mai di prodigi, di atti di violenza, di ribellioni e di esseri sovrannaturali”. I Taoisti sono invece attratti dalla metafisica: essi si interrogano infatti costantemente sull’origine del mondo e sul destino dell’uomo.
67) La parola 造 物 (“zào wù”), vale a dire il “ Creatore”, non figura nei “Dialoghi” di Confucio, il quale non si occupò mai specificamente di religione, né menzionò mai in modo chiaro l’esistenza di una divinità suprema che avrebbe creato l’universo. Le fonti disponibili non consentono dunque di configurare la contrapposizione tra confucianesimo e taoismo nei termini in cui la riporta questo passo.
68) Il gesuita e sinologo francese Léon Wieger (1856-1933), nella sua traduzione del 1913, intitolata “L’Oeuvre de Tchoang-tzeu”, così rende questa frase: “Par suite, pour eux pas de mort et de vie, de passé et de futur, dans le sens usuel de ces mots”.
69) Il Wieger (op.cit.) ci fornisce una dettagliata spiegazione, più che una traduzione, di questo paragrafo: “Selon eux, la matière de leur corps a servi, et servira successivement, à quantité d’êtres différents. Peu importent leurs viscères et leurs organes, à des gens qui croient à une succession continue de commencements et de fins.”
70) La comprensione di questo paragrafo è resa più difficile dall’ambiguità di taluni termini. Ad es.l’espressione 彷徨 (“pánghuáng”) può assumere un valore diverso se la si intende come “muoversi in lungo e in largo” oppure come “ vagare senza meta” o “essere indecisi”. Allo stesso modo, l’avverbio 茫 然 (“máng rán”), che qui ricorre nella grafia arcaica 芒 然 , può significare sia “senza limiti”, sia “senza direzione”, sia “confusamente”. È chiaro che il senso del discorso può variare notevolmente secondo la traduzione che viene scelta. Trattandosi di un testo taoista, sono partito dalla premessa che anche nelle affermazioni attribuite a Confucio occorra vedere una valutazione positiva della dottrina taoista.
71) “Polvere e spazzatura”( 塵垢 “chén góu ) è una delle espressioni tipiche con cui i Taoisti definiscono le preoccupazioni mondane, da cui il saggio deve tenersi quanto più possibile lontano.
72) La regola del “non agire” (無 為 "wú wéi”) è, come si sa, il principio fondamentale della dottrina taoista, ampiamente illustrato nel Dào Dé Jīng 道 德 經 .
73) L’interpretazione più risoluta, che sembra passar sopra a qualsiasi dubbio, è anche qui quella del Wieger: “Parce que le Ciel m’a condamné à cette besogne massacrante , dit Confucius. Je dis ainsi, mais au fond, comme toi, je n’y crois plus."
74) Il termine cinese 奇 人 (“qírén”), vale a dire “uomo straordinario”, può essere inteso sia nel senso di “uomo dotato di qualità eccezionali” sia nel senso di “persona eccentrica”. Nel presente contesto si tratta ovviamente del primo senso.
75) Yán Huí 顏 回 era il discepolo prediletto di Confucio, che è qui chiamato con il suo nome di cortesia: Zhòng Ní 仲 尼 .
76) La frase cinese è molto concisa: 唯 簡 之而不得,夫已 有所簡 矣 (“wéi jiăn zhī ér bù dé, fū yĭ yŏu suŏ jiăn yĭ”), vale a dire: “sebbene volesse semplificare non potè, ma già ci fu una semplificazione”. La maggioranza dei commentatori interpreta questa frase nel senso che Mèngsūn Cái, convinto taoista, avrebbe voluto astenersi da qualsiasi rito funebre, ma, non potendo farlo per ragioni di rispetto umano, rinunciò alle manifestazioni personali di dolore, che facevano anch’esse parte dei costumi tradizionali. Il Wieger, ad. es., così traduce: “Il ne pouvait pas s’abstenir des cérémonies extérieures ( ça aurait trop choqué le vulgaire), mais il s’abstient des sentiments intérieurs du vulgaire, qu’il ne partage pas”.
77) Ancora una volta è il Wieger a darci la spiegazione più dettagliata: “Cela étant, il se borna strictement au rite extérieur. Ainsi, il ne choqua, ni le public, ni ses convictions”.
78) Ritroviamo qui, espresso con immagini diverse, lo stesso pensiero che abbiamo già incontrato nella storia di Zhuāngzĭ e della farfalla ( cap.2 del Zhuāngzĭ 莊 子, ultimo paragrafo). Chi può dire che la vita non sia semplicemente un sogno e, se lo è, si potrà mai sapere se è Zhuāngzĭ che sogna di essere una farfalla o se è la farfalla che sogna di essere Zhuāngzĭ? Di fronte a questa totale mancanza di certezze, l'unico atteggiamento che si addice al saggio è accettare con serenità tutto ciò che il destino può riservargli.
79) La frase cinese, che suona letteralmente "produrre gioia non è produrre il riso, produrre il riso non è porre ordine nelle cose" (造 適 不 及 笑 獻 笑 不 及 排 " zào shì bù jí xiào,xiàn xiào bù jí pái”), ha suscitato una grande varietà di interpretazioni. Abbastanza convincente mi è parsa quella del Wilhelm in "Das wahre Buch vom südlichen Blütenland":
"Wem der große Schritt gelungen, dessen Freude tut sich nicht mehr äußerlich kund; wer seine Freude noch äußerlich zeigt, der ist nicht durchgedrungen zu jenen Ordnungen",
alla quale ho ispirato la mia traduzione.
Da questa osservazione sembra potersi dedurre , in senso più generale, che chi ha compreso l'ordine della natura non sente più il bisogno di manifestare né gioia né dolore.
80) L’eremita Xŭ Yóu 許 由 avrebbe, secondo la leggenda, rifiutato l’offerta del trono imperiale fattagli dall’imperatore Yáo, il quale avrebbe regnato, se si presta fede alla tradizione, dal 2357 a.C. al 2225 a.C, e si sarebbe nascosto sul monte Jīshan 箕 山. Quando, più tardi, lo stesso Yáo gli propose di diventare governatore di Jŭzhōu 九 洲, si lavò le orecchie con l’acqua del fiume Yĭng 潁 川, ritenendole insozzate da ciò che aveva sentito. Fu perciò chiamato “l’eremita del fiume Yĭng”( 潁 水 隱 士 ”yĭng shuĭ yĭn shì”).
81) La frase va intesa in senso allegorico. L’insegnamento confuciano ( qui attribuito al mitico imperatore Yáo), che incita a coltivare le virtù, a praticare il bene e a fuggire il male, viene considerato da Zhuāngzĭ un ostacolo alla ricerca della verità. Come i criminali, che portano impresso sulla fronte il marchio d’infamia o che sono stati condannati per punizione al taglio del naso, delle orecchie, delle mani o dei piedi, sono esclusi dalla vita della società civile, così i seguaci di Confucio, impastoiati nella rigida dicotomia dalla loro visione etica, non sono più in grado di cogliere la realtà unitaria dell’universo.
82) Gli abiti da cerimonia erano ornati di motivi ricamati a vivaci colori (黼 黻“fŭfú”), tra cui era molto frequente quello delle asce, simbolo del potere imperiale.
83) Huáng Dì 黃帝, l’”Imperatore Giallo”, regnò, secondo la tradizione, dal 2698 a.C. al 2598 a.C. Degli altri due personaggi citati nella stessa frase non si sa nulla.
84) Nel paragrafo 6 di questo stesso capitolo, Zhuāngzĭ ha già paragonato il Creatore a un fabbro che modella il mondo a proprio insindacabile arbitrio e che quindi può, se lo desidera, cambiare anche ciò che gli uomini ritengono immutabile.
85) Il Creatore (o il destino) può imporre agli uomini sofferenze terribili come le pene applicate da un giudice severissimo che condanna i criminali a gravi mutilazioni, ma queste sofferenze non sono collegate ad una colpa e non hanno quindi nulla a che fare con l'idea della giustizia.
86) È qui menzionata la tecnica di meditazione detta “zuòwàng” 坐 忘 (“sedere e obliare”), così definita da Livia Kohn in un articolo scritto nel 2008 per “The encyclopedia of taoism” (pagg.1308-1309):”a state of deep trance or intense absorption, during which no trace of ego-identity is felt and only the underlying cosmic current of the Dao is perceived as real” (“uno stato di profondo trance o di intenso assorbimento durante il quale si perde qualsiasi nozione della propria identità individuale e si percepisce come reale soltanto la soggiacente corrente cosmica del Dao”.) Questa tecnica fu elaborata negli ultimi secoli dell’epoca conosciuta come il Periodo degli Stati Combattenti 戰 國 時 代 (475 a.C.-221 a.C.).
Un’esperienza analoga è descritta nel capitolo 2, primo paragrafo, del Zhuāngzĭ:
“Piegato sul suo tavolinetto Nánguō Zĭqí fissava il vuoto e respirava appena, assorto come se fosse in trance.“Che sta succedendo?” esclamò, di fronte a lui, il discepolo Yànchéng Zĭyóu “ Può il corpo diventare come un albero secco e la mente come cenere inerte? Non ho mai visto il Maestro piegato sul suo tavolinetto come lo vedo ora”.“Fai bene, Yàn , a porti questa domanda” gli rispose Zĭqí. “Hai capito che proprio ora stavo uscendo da me stesso? Tu hai già sentito la musica dell’uomo, ma ti sfugge la musica della terra e, se per caso hai ascoltato la musica della terra, non hai mai udito la musica del cielo.”
87) Il termine 通 (tōng”) rende l’idea di “condurre a”, “passare attraverso”, “mettere in comunicazione”. L’espressione 大通 (“dà tōng”) è stata tradotta dal Legge (1891) con “the great pervader” (“colui che tutto pervade”), dal Giles (1926) con “the infinite” ("l'infinito”), dal Watson (1968) con “the great thoroughfare” (“la grande via che passa attraverso il mondo”), dal Graham (1981) con “the universal thoroughfare” (“la via universale che attraversa il mondo”) e da Wang Rongpei (1999) con “the Tao”. Attraverso il trance e l’abbandono di sé, la meditazione conduce il saggio a confondersi con lo spirito dell’universo. Una diversa lettura, fondata sulla versione di questo passo contenuta nel Huáinánzĭ 淮 南 子, che reca “huàtōng” 化 通 invece di “dàtong” 大 通, ha indotto il Mair (1994) a tradurre “the transformational thoroughfare” (“la via che passa attraverso il cambiamento”).
88) L’espressione 不 好 (bù hào”) o 無 好( “wú hào”) può avere , secondo i dizionari, il significato di “non amare”, “disinteressarsi”. Nel presente contesto è chiaro che si tratta, conformemente alla dottrina taoista, di totale disinteresse per le cose del mondo.
89) L’ultimo paragrafo del capitolo 6 ribadisce il principio fondamentale della dottrina taoista: bene e male, fortuna e disgrazia, non dipendono da cause razionali, ma sono imputabili unicamente al destino, che il saggio accetta con serenità ed equilibrio, accogliendo con gioia gli avvenimenti felici e con rassegnazione gli eventi tristi, ma inevitabili della vita.