COME MATTEO RICCI DIVENNE LÌ MĂDÒU ( 利 瑪 竇 )
Matteo Ricci nacque a Macerata, nei pressi di Ancona, il 6 ottobre 1552. Il padre, di famiglia aristocratica, fu, per qualche tempo, governatore della città, che apparteneva allora agli Stati Pontifici; la madre era nota per la sua profonda religiosità. Dopo aver ricevuto una prima educazione privata nella casa paterna, il giovane seguì gli studi classici, a partire dal 1561, nel Collegio dei Gesuiti di Macerata. Nel 1568 fu inviato dai genitori a Roma, dove si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza. Il 15 giugno 1571 chiese di entrare a far parte della Compagnia di Gesù e fu accolto, come
novizio, nel Collegio di Sant'Andrea al Quirinale.
Dal 1572 al 1576 Matteo Ricci studiò matematica e fisica al Collegio Romano, assistendo ai corsi del celebre Cristoforo Clavio.
Essendosi offerto volontario per svolgere attività missionaria nell'Estremo Oriente, salpò nel maggio 1577 per il Portogallo, dove studiò durante qualche mese all'Università di Coimbra mentre attendeva l'occasione di imbarcarsi su una nave diretta alle Indie.
Partito il 24 marzo 1578 da Lisbona, sbarcò il 13 settembre a Goa, sulle coste occidentali dell'India, dove completò la propria formazione religiosa presso il Collegio di San Paolo, fondato da Francesco Saverio.
Fu ordinato sacerdote nel 1580 a Cochin, nel Malabar, località in cui era stato inviato a trascorrere un periodo di convalescenza dopo una malattia.
Successivamente, insegnò nel Collegio di San Paolo a Goa fino al mese d'aprile del 1582, quando fu trasferito a Macao, centro commerciale portoghese situato sulla costa meridionale della Cina.
Al suo arrivo, nell'agosto del 1582, incontrò Padre Alessandro Valignano, che stava proprio allora organizzando una missione in Cina.
Già Francesco Saverio, uno dei primi compagni di Ignazio di Loyola, il fondatore dei Gesuiti, aveva cercato di svolgere attività missionaria in Cina, ma i suoi sforzi erano risultati vani, ed egli era morto nel 1552 sull'isola di Shàngchuān 上 川 島, senza neppure essere riuscito a penetrare nella Cina continentale.
Dopo la morte di Francesco Saverio, nessun ulteriore tentativo di evangelizzazione era stato realizzato durante molti anni. Nel frattempo, i Gesuiti avevano profondamente modificato la loro strategia missionaria, adottando un approccio molto più rispettoso delle tradizioni e delle culture nazionali.
In ogni caso, fu solo con la nomina di Alessandro Valignano a "visitatore", cioè a supervisore ufficiale delle missioni gesuitiche in Estremo Oriente, che fu ripresa l'idea di cristianizzare la Cina.
Nel corso del suo soggiorno a Macao, Ricci cominciò a studiare la lingua cinese.
Nel settembre 1583 Matteo Ricci ed un suo confratello, Michele Ruggieri, travestiti da monaci buddhisti, raggiunsero Zhàoqìng 肇 慶 nel Guăngdōng 廣 東. Essi procedettero con molta cautela ed in un primo momento si astennero da qualsiasi opera di proselitismo, accontentandosi di attirare l'attenzione delle persone più colte con orologi, mappe, dipinti e libri europei e di risvegliarne l'interesse con la propria vasta erudizione.
Durante il loro soggiorno a Zhàoqìng, Ricci e Ruggieri lavorarono alla creazione di un dizionario portoghese-cinese, il Pú Hàn Cí Diăn ( 葡 漢 辭 典 ). Il manoscritto di quest'opera, che costituisce il primo tentativo conosciuto di translitterare i caratteri cinesi nell'alfabeto latino e di tradurne il significato in una lingua europea, andò purtroppo smarrito negli Archivi della Compagnia di Gesù a Roma e fu ritrovato soltanto nel 1934. Esso fu infine pubblicato nel 2001.
Nel novembre del 1588 Ruggieri ritornò in Italia, lasciando al più giovane confratello l'intera responsabilità della missione in Cina.
L'anno successivo, il nuovo viceré della regione del Guăndōng-Guănxī 廣 東 廣 西, ostile alla presenza di stranieri, ordinò ai missionari europei di lasciare Zhàoqìng. Ricci, dopo essere stato costretto a vendere a basso prezzo i beni della missione, fu tuttavia autorizzato a rimanere in Cina ed a stabilirsi nella città di Sháoguān 韶 關. Qui fece amicizia con un insigne letterato della scuola confuciana Qú Tàisù 瞿 太 素.
A Sháoguān Ricci fece costruire una chiesa ispirata in parte a modelli architettonici cinesi.
Fu inoltre durante il soggiorno in questa città che egli abbandonò gli abiti da bonzo e cominciò ad indossare il costume caratteristico dei letterati confuciani, che godevano di maggior prestigio.
Matteo Ricci era convinto che il suo piano di evangelizzazione della Cina potesse avere successo soltanto se egli fosse stato in grado di avvicinare l'Imperatore e di convincerlo della bontà della fede cristiana. Per poter fare ciò, era tuttavia indispensabile raggiungere Pechino.
Un'occasione favorevole gli si presentò nel 1595, quando un alto funzionario diretto alla capitale accettò di prenderlo al proprio seguito, ma, giunti a Nanchino 南 京 ( Nánjīng ), i viaggiatori vennero a sapere che Toyotomi Hideyoshi aveva appena attaccato la Corea, Stato vassallo dell'Impero Míng, il quale aveva subito inviato truppe in soccorso dell'alleato. Nell'atmosfera di sospetto creata dalla guerra, gli stranieri potevano facilmente essere scambiati per spie del nemico. Ricci capì che non era prudente proseguire il viaggio e ritornò indietro, stabilendosi a Nánchāng 南 昌. nel Guăngxī 廣 西., dove rimase dal 1595 al 1597. Là, accedendo alla richiesta di un principe della casa imperiale di cui era divenuto amico, compose la sua prima opera in lingua cinese: "Jiā Yŏu Lùn ( 夾 友 論 ) ovvero "Dell'amicizia".
Nel 1597 il Visitatore Padre Alessandro Valignano lo nominò Superiore della Missione Cattolica in Cina.
Un secondo tentativo di raggiungere Pechino ebbe luogo nel 1598. Un alto funzionario del Ministero dei Riti Wáng Hónghùi 王 弘 誨 aveva infatti pregato Ricci di accompagnarlo fino alla capitale per aiutarlo nella preparazione del calendario. Anche questa volta, tuttavia, il persistere del conflitto con i Giapponesi in Corea e della conseguente diffidenza nei confronti degli stranieri, obbligarono il gesuita a ritornare indietro, dopo aver invano atteso per due mesi, alle porte di Pechino, l'autorizzazione ad entrare in città.
Matteo Ricci si stabilì allora a Nanchino, dove si impegnò principalmente nella divulgazione delle conoscenze astronomiche e geografiche. Egli stesso ricorda, nei suoi diari, che le spiegazioni chiare e logiche da lui fornite ai sapienti cinesi su queste materie furono così apprezzate che da allora in poi essi smisero di chiamarlo "barbaro" come usavano fare con tutti gli stranieri.
Nel 1601 Ricci si diresse ancora una volta verso Pechino, accompagnato da due confratelli, uno dei quali era lo Spagnolo Diego Pantoja.
L'eunuco Mă Táng 馬 堂, volendo impadronirsi dei regali che i missionari portavano all'imperatore Wànlì 萬 歷, tentò di farli imprigionare, ma, alla fine, lo stesso Wànlì, cui era già giunta l'eco della fama conseguita da Ricci, intervenne personalmente perché fosse concessa ai gesuiti l'autorizzazione di presentarsi alla Corte e di consegnare i loro doni.
Ciò avvenne in un'udienza svoltasi il 25 gennaio 1601, durante la quale numerose delegazioni di inviati stranieri, fra cui i missionari, furono ammesse a presentare i loro omaggi all'Imperatore, rappresentato simbolicamente dal trono "vuoto". Del resto, durante tutta la durata della sua residenza a Pechino, Ricci non ebbe mai occasione di vedere personalmente l'Imperatore.
L'arrivo di Matteo Ricci a Pechino è ricordato nei Míng Shí Lù 明 實 錄 ("Annuali autentici della Dinastia Míng").
I missionari ottennero dall'Imperatore un terreno per costruirvi la loro residenza ed una chiesa nonché un sussidio per il loro mantenimento.
Quando morì, il 10 maggio 1610, Matteo Ricci era ormai un personaggio molto noto in Cina ed ai gesuiti fu concessa, con editto imperiale, l'autorizzazione di erigergli un monumento funebre nel quartiere di Zhàlán 柵 欄.
I suoi sforzi per attirare e convertire gli intellettuali cinesi lo posero in contatto con personalità eccezionali quali Xŭ GuāngqĬ 徐 光 啟, LĬ Zhīzăo 李 之 藻 e Yáng Tíngyún 楊 廷 筠, che furono in seguito ricordati come " i tre pilastri del cattolicesimo in Cina" e che lo aiutarono specialmente nella sua attività letteraria, la quale comprende circa venti opere che spaziano dagli opuscoli religiosi ai manuali scientifici, dai trattati filosofici alle raccolte di curiosità locali. Un altro dei suoi amici fu Féng Yīngjīng 馮 應 京, autore di un'enciclopedia.
L'opera più famosa di Ricci è la Kŭnyŭ Wànguó Quántú 梱 與 萬 國 全 圖 (" La grande mappa di tutti i paesi del mondo"), stampata nel 1602, la prima mappa cinese a prendere in considerazione il continente americano, se si eccettuano presumibilmente due precedenti mappe disegnate dallo stesso Ricci nel 1584 e nel 1600, che sono andate perdute. Molto conosciuto è anche il trattato intitolato Tiān Zhŭ Shí Lù 天 主 實 錄 ("Un autentico discorso su Dio"), nel quale è esposto un assai controverso tentativo di realizzare una sorta di sincretismo tra il Cristianesimo ed il
Confucianesimo.
Altri lavori sono la traduzione in lingua cinese di preghiere e dottrine cristiane ( il Pater Noster, l' Ave Maria, il Credo, i Dieci Comandamenti), di trattati matematici, di studi filosofici.
I Diari di Ricci, scritti in italiano, vennero ritrovati nel suo ufficio dopo la sua morte e furono tradotti in latino dal Padre Nicolas Trigaut, che li pubblicò nel 1615 ad Augusta (Augsburg) sotto il titolo "De Christiana expeditione ad Sinas suscepta ab Societate Jesus". Con la pubblicazione di questi diari furono diffuse per la prima volta in tutta l'Europa informazioni precise e corrette sulla Cina. Curiosamente, il manoscritto originale, in italiano, fu pubblicato soltanto all'inizio del XX° secolo dal Padre Pietro Tacchi Venturi S.J. sotto il titolo "Commentarj della Cina", come parte del libro "Opere storiche del Padre Matteo Ricci S.J.", 2 vol., Macerata, 1911 e 1913.
Il metodo ricciano dell'"accomodamento culturale" fu la ragione del grande successo dell'apostolato cattolico in Cina. Più tardi, tuttavia, il rifiuto del Papa di consentire che i convertiti cinesi praticassero il "culto degli antenati" portò alla cosiddetta "questione dei riti", che inflisse un colpo disastroso all'attività dei missionari nel Celeste Impero.
Ricci è attualmente conosciuto in Cina con il nome cinese che egli stesso si era attribuito: Lì Mădòu 利 瑪 竇.
La sua tomba nel cimitero gesuita di Zhàlán 柵 欄 ( che si trova ora nel parco del Collegio Amministrativo di Pechino) fu danneggiata dai Boxers nel 1900, ma la stele che la sovrasta fu rimessa a posto dopo la fine della ribellione. Durante la Rivoluzione Culturale, alcune Guardie Rosse scavarono nel terreno una fossa in cui nascosero le pietre tombali di Ricci e di altri missionari gesuiti. Tuttavia, alla fine del 1978, la politica del governo cinese cominciò lentamente a mutare e poco tempo dopo Dèng Xiăopíng 邓 小 平 ordinò di restaurare l'antico cimitero. La stele del Padre Ricci fu la prima ad essere ricollocata al suo posto.
Oggi Matteo Ricci è ricordato tanto dai Cinesi quanto dagli Europei come un eccezionale mediatore culturale, il cui agire fu caratterizzato da una straordinaria forza di volontà e da una incredibile apertura mentale.
(G.G. 3 agosto 2012)