CAPITOLI LXXI-LXXXI
LXXI
Sapere di non essere sapienti è un gran bene.
Ignorare d’essere ignoranti è un grave difetto. (1)
Solo chi sa di avere un difetto
può riuscire a liberarsene.
Il saggio non ha difetti
perché quando ha un difetto
è ben cosciente di averlo
e solo chi sa d’avere un difetto
può riuscire a liberarsene.
NOTA
(1) Troviamo la stessa osservazione, più o meno nello stesso periodo, in
bocca ad un filosofo greco: “Costui crede di sapere, ma non sa; io invece
non so, ma neppure credo di sapere. Ed è proprio questa piccola differenza che mi fa sembrare più sapiente, perché so di non sapere.”(Platone, “Apologia di Socrate”, 21 b).
LXXII
Il popolo che non rispetta l’autorità
cadrà sotto il potere della tirannia.
Non disprezzate il paese in cui abitate,
non svilite la patria che vi ha dato la vita.
Non disprezzateli
affinché essi non vi disprezzino.
Il saggio conosce sé stesso e non si mette in mostra.
Il saggio ha cura di sé stesso e non cerca gli onori.
Il saggio sa che occorre ora scegliere ora scartare.
LXXIII
Chi per coraggio intende temerarietà perisce.
Chi per coraggio intende prudenza sopravvive.
La prudenza è utile, la temerarietà è dannosa.
Chi può sapere perché il Cielo manda i disastri?
Il saggio sa che la Via del Cielo è non combattere
ed è per questa ragione che avrà il sopravvento.
Il saggio non fa domande, eppure gli si risponde.
Il saggio non chiama, eppure la gente accorre a lui.
Sembra tardo eppure sa congegnare ottimi piani.
La rete del Cielo ha le maglie larghe
eppure nulla riesce a sfuggirle.
LXXIV
Se gli uomini non temessero di morire
a che servirebbe la pena di morte?
Se, come è naturale, la gente ha paura della morte,
è ben possibile minacciare d’arresto e di esecuzione
colui che compie un crimine,
ma chi oserà poi attuare tale minaccia?
Uccidere un uomo al posto del Gran Giustiziere
è come lavorare il legno al posto del falegname.
Ora, chi ruba il mestiere al falegname
finisce spesso per farsi male alle mani. (1)
NOTA
(1) Lăo Zĭ si pone, in questo capitolo, il problema della pena di morte, che affronta con un ragionamento ampiamente condivisibile.
Egli ammette ( contrariamente a quanto molti sostengono oggi) che, in
generale, la pena di morte ha un effetto deterrente e potrebbe dunque essere utile per garantire l’ordine e la sicurezza nella società.
Ciò detto, egli si domanda tuttavia se esista una legittimazione per
così dire filosofica della pena di morte alla luce della concezione del mondo fatta propria dal pensiero taoista e giunge, dopo profonda riflessione, ad una risposta negativa.
Il corso della vita dell’uomo, come la durata dell’esistenza di tutte
le cose, è determinato dalla natura.Applicando la pena di morte, l’uomo
sostituisce le proprie leggi alle leggi della natura ed altera così il
funzionamento del creato.
LXXV
Il popolo ha fame
perché chi lo comanda lo opprime di tasse.
Ecco perché il popolo ha fame.
Il popolo è difficile da governare
perché chi lo comanda interferisce troppo.
Ecco perché il popolo è difficile da governare.
La gente comune muore con facilità
perché i governanti vogliono vivere intensamente.
Ecco perché la gente comune muore con facilità. (1)
Chi sa distaccarsi dall’agitazione dell’esistenza
è più saggio di chi apprezza troppo la vita. (2)
NOTE
(1) Lo schema secondo cui è costruita questa strofa è identico a quello utilizzato per le prime due strofe, il che mi induce a pensare che anche
il suo significato debba essere analogo a quello delle precedenti, nonostante il fatto che, nelle prime due strofe, si incontri l’espressione 其 上 “qí shàng” ( “i loro superiori”, “quelli che stan loro sopra”, “le autorità”) mentre, nella terza, si riscontra solo il termine其 “qí” (”essi” ). Supponendo che anche nella terza strofa questo 其 debba in realtà leggersi 其 上 , l’interpretazione del testo diventerebbe molto più chiara: i
cittadini muoiono “facilmente” (輕 “qīng”) perché i governanti “cercano l’intensità della vita” ( 求 生 之 厚 “qiú shēng zhī hòu”), sia riducendo alla fame i sudditi con tasse eccessive per pagarsi lussi, comodità e divertimenti, sia facendoli morire in guerra per soddisfare le proprie ambizioni di potenza e di predominio.
Se, invece, il termine 其 si intende riferito al popolo, l’unica interpretazione
compatibile con la dottrina taoista è quella secondo cui la gente comune muore “facilmente” perché è troppo attaccata ai piaceri della vita e vede nella morte la fine di tutte le cose, mentre il saggio sa di essere “immortale” perché capisce che, anche dopo la conclusione della sua esistenza individuale, continuerà a vivere nell’universo, di cui fa parte.
(2) Ritroviamo in questo capitolo alcuni degli insegnamenti
fondamentali della dottrina taoista che si possono riassumere nell’invito a
seguire i dettami della natura, mantenendo sempre un certo distacco dalla vita e rinunciando all’illusione che le proprie azioni possano influire in modo rilevante sul corso dell’esistenza.
Le diverse interpretazioni che si possono dare di questa strofa non
divergono molto quanto al loro significato.
Tutti i commentatori concordano più o meno sulla prima parte “夫 唯 不 以 生 為 者 “ (“fū wéi bù yĭ shēng wéi zhĕ”) che si riferisce, in sostanza,
a colui che rinuncia ad agire e che sa quindi mantenere un certo distacco dalla vita e dalle sue passioni.
La seconda parte”是 賢 於 貴 生” (“shì xián yú guì shēng”) è letta da alcuni in questo modo: “ è più saggio di colui che apprezza la vita”, da altri nel modo seguente: “eccelle nel valutare la vita”, cioè sa dare alla vita il suo giusto valore.
LXXVI
I neonati sono morbidi e soffici.
I defunti sono rigidi e duri.
Erbe e piante sono tenere e flessibili
quando sono in vita,
ma quando muoiono
si induriscono e si rinsecchiscono.
Per questo rigidità e secchezza sono segno di morte,
flessibilità e morbidezza sono invece segno di vita.
Perciò le armi che non sono flessibili si spezzano
e l’albero che non si piega è abbattuto dal vento.
Chi è forte e rigido viene gettato a terra.
Chi è morbido e cedevole viene portato in alto.
LXXVII
La Via del Cielo opera come un arco che venga teso.
In un arco che viene teso
le due corna sono tirate verso il basso
mentre l’impugnatura è tenuta in alto.
Così, chi ha troppo verrà privato di ciò che ha,
chi non ha abbastanza riceverà in abbondanza.
La Via del Cielo è prendere a coloro che hanno troppo
e dare a coloro che invece non hanno a sufficienza.
La via dell’uomo è ben diversa.
L’uomo toglie a chi ha poco
per dare a chi ha già troppo.
Chi è capace di rinunciare al superfluo per offrirlo agli altri?
Solo colui che segue la Via.
Il saggio fa il bene e non esige compenso.
Acquista meriti e non li reclama.
Non ha ambizioni
e detesta gli onori. (1)
NOTE
(1) Vediamo in questo capitolo come sia impossibile incasellare
l’autore ( o gli autori) del Dào Dé Jīng in uno degli orientamenti politici
attuali. Se la sua avversione ai cambiamenti ce lo può far apparire talvolta
come un conservatore, la sua ostilità al progresso tecnico come una sorta di “luddista”, la sua opposizione allo statalismo come un liberale, l’esigenza di equità e di ridistribuzione delle risorse economiche qui enunciata ce lo presenta infine anche come un “socialista”o un “cristiano
sociale”.
LXXVIII
Non c’è nulla al mondo
che sia più morbido e cedevole dell’acqua,
eppure non c’è nessun oggetto
nemmeno il più solido e compatto
che sappia resistere ai suoi attacchi
perché essa è inalterabile.
Tutti sanno
che il debole prevale sul forte,
che il morbido prevale sul duro,
eppure nessuno sa fare tesoro
di questa osservazione.
Il saggio dice:
Solo chi ha sopportato le miserie del regno
può amministrarne le ricchezze.
Solo chi ha sopportato le calamità del regno
può diventare il signore dell’Impero.
Chi dice la verità è ritenuto bugiardo.
LXXIX
Quando si compongono grandi dissapori
ne rimane sempre qualche piccolo residuo.
Come si può allora giungere alla vera pace?
Il saggio non esige niente da nessuno
come quello dei contraenti che è tenuto a dare.
Infatti colui che è virtuoso dà
e chi non è virtuoso domanda.
La Via del Cielo ignora amicizie e parentele.
Essa assiste sempre gli uomini virtuosi.
LXXX
Se governassi un piccolo regno con pochi abitanti,
farei in modo che la gente non usasse strumenti capaci di moltiplicare
il lavoro dell’uomo,
farei in modo che la gente tenesse alla propria vita e non emigrasse in
terre lontane.
Se ci fossero imbarcazioni e veicoli, farei in modo che nessuno li
utilizzasse.
Se ci fossero armi ed armature farei in modo che nessuno se ne
equipaggiasse.
Farei in modo che il popolo ritornasse a contare facendo i nodi sulle
corde.
Farei in modo che trovasse piacevole il suo cibo ed eleganti i suoi
indumenti,
soddisfacenti le sue abitazioni e commendevoli i suoi usi
ed i suoi costumi.
Anche se i villaggi degli Stati confinanti fossero così vicini ai
nostri villaggi
da permetterci di sentire le galline che chiocciano ed i cani che
abbaiano
i miei sudditi dovrebbero invecchiare e morire senza mai averli
visitati. (1)
NOTA
1) L'ideale di una vita semplice naturale propugnato dalla dottrina taoista può facilmente essere visto come l’elogio di una società chiusa ed immobile, che rifiuta qualsiasi sviluppo, politico, sociale, intellettuale, tecnico od economico che sia. È però opportuno
ricordare che i miti del “paradiso terrestre”, dell’”età dell’oro” e
del “buon selvaggio” sono sempre
stati un elemento fondamentale anche della coscienza religiosa,
filosofica e letteraria della nostra civiltà.
LXXXI
I discorsi sinceri non sono piacevoli,
i discorsi piacevoli non sono sinceri.
L’uomo virtuoso non è un buon parlatore,
il buon parlatore non è un uomo virtuoso.
Il vero saggio non è un erudito,
l’erudito non è un vero saggio.
Il saggio non ha bisogno di accumulare ricchezze
perché
più è ciò fa per gli altri, più è ciò che è fatto per lui,
più è ciò che dà agli altri, più è ciò che riceve per sé.
Come la Via del Cielo è tagliente, eppure non ferisce,
così la Via del Saggio consiste nell’operare senza ambizioni.
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