Wáng Wéi 王 維 compose “Il Canto della Sorgente dei Peschi"(桃 源 行, “táo yuán xíng”) sulla base del famoso racconto di Tào Yuānmíng 陶 淵 明 (365 - 427 d.C.) intitolato “La Sorgente dei Fiori di Pesco”( 桃 花 源, táo huā yuán).
Il Canto della Sorgente dei Peschi
桃 源 行 táo yuán xíng
La barchetta scivola sul fiume. Fra i monti
il pescatore si gode la primavera.
Tra due rive stracolme di peschi fioriti (1)
si cela, ben nascosto, un antico passaggio.
Mentre ammira gli alberi dai vivi colori,
il pescatore si distrae e, senza notarlo,
s’allontana sempre più dai posti abitati,
finché giunge alla fonte di un verde ruscello
e , tutt’intorno a sé , non vede più nessuno.
Scorgendo nel fianco del monte una caverna,
vi si inoltra e s’avventura in un cunicolo
che poi s’allarga e sbuca su un vasto pianoro
cinto all’orizzonte da nuvole ed alberi.
Più vicino, ora vede case in gran numero,
disseminate tra fiori e macchie di bambù.
Incontra per via raccoglitori di legna.
Si presentano. Hanno nomi antichi, desueti.(2)
I loro abiti eran di moda ai tempi dei Qín.(3)
Vivono qui, raccolti alla fonte del Wŭlíng, (4)
in campi e fattorie che sembrano irreali,
tranquilli nelle loro pacifiche case,
sotto l’ombra dei pini, al chiaro della luna. (5)
Si risvegliano all’alba quando spunta il sole,
al canto dei galli, all’abbaiare dei cani. (6)
Non appena tra essi si sparge la notizia
che è arrivato un ospite dal mondo di fuori,
tutti gareggiano per poterlo invitare,
per domandargli da quale città provenga.
" Questa mattina ancora spazzavo i petali
da vicoli e straducole del mio villaggio.
Poi ho risalito la corrente e, pescando
e cogliendo legna, la sera son giunto qui”. (7)
“Ci rifugiammo un tempo in questa vallata,
lontani dal mondo e dalla società umana,
e,qui giunti, divenimmo come immortali, (8)
non ritornammo più dond’eravamo venuti.
Da allora, ignoriamo l’esistenza del mondo
ed il mondo non sa che esiste questa valle.
Vede solo montagne coperte di nubi,
senza sospettare una simile realtà,
così difficile da sentire e scoprire.”
Il pescatore è tormentato dalla voglia
di vedere ancora una volta il suo paese. (9)
Esce dalla grotta, ignorando monti e fiumi.
Saluta la famiglia e le porge l’addio.
Vuole partire, vuole andare via per sempre.
Ma non sta forse confondendo quel cammino
che egli stesso afferma di avere percorso?
Come è mai possibile che picchi e burroni
oggi non abbiano più il loro aspetto di ieri?
Ricorda che entrò in un anfratto della roccia,
ma quanti i meandri dell’azzurro ruscello
prima di giungere al bosco delle nuvole?
In ogni luogo è tornata la primavera.
Sul fiume è tutto un turbinio di petali.
Chi distingue più la fonte degli immortali?
Quale uomo sarà capace di ritrovarla?
NOTE
(1) Nella mitologia cinese la pesca è un frutto che simboleggia l’immortalità.
2) Questo verso (in originale: 憔 客 初 傳 漢 姓 名 “qiáo kè chū chuán hàn xìng míng”, letteralmente: “raccogliere legna ospite primo diffondere Hàn cognome nome”) è stato interpretato in vari modi. L’interpretazione più diffusa è quella secondo cui i primi abitanti incontrati dal pescatore sono raccoglitori di legna 憔 客 che gli si presentano con nomi e cognomi dell’epoca Hàn. Questa interpretazione implica tuttavia che ci si riferisca ai primissimi anni della dinastia Hàn, che regnò per oltre quattro secoli dal 206 a.C. al 220 d.C., altrimenti non si capirebbe come gli abitanti del villaggio nascosto possano ancora portare abiti della foggia in uso sotto la precedente dinastia Qín (220 a.C- 206 a.C.). Potrebbe però essere considerata valida anche un’altra interpretazione prospettata da Armand Robin in “Poésie non traduite”(Gallimard, 1958): è il pescatore che pronuncia per la prima volta nella vallata nascosta un nome ed un cognome dell’epoca Hàn. In questo caso, il pescatore sarebbe anche un raccoglitore di legna. A sostegno di questa tesi si possono menzionare alcune fonti antiche che citano la pesca e la raccolta di legna secca, come attività effettuate contestualmente, in genere, dagli anziani. Wáng Sēngrú 王 僧 孺 (465 d.C-522 d.C), nel suo scritto intitolato 答 江 琰 书 (Dá Jiāng Yăn Shū,“Risposta alla lettera di Jiāng Yăn”) osserva ad esempio quanto segue: “I vecchi non lavorano più nelle risaie, ma pescano e raccolgono sterpi”. Analogamente Liú Wēi 刘 威 dell’epoca Táng 唐 nota nella sua poesia intitolata “ Navigando sul Lago Orientale presso i giardini di Huángchùshì” ( 全 唐 诗 Quán Táng Shī, 562.15): “I raccoglitori di sterpi emergono dalla pioggia sulla montagna. Le barche dei pescatori scivolano sull’acqua spinte dalla brezza nascente”. Una terza possibilità sarebbe considerare il termine Hàn come riferimento generico all’etnia predominante in Cina ed intendere il verso nel senso che gli abitanti del villaggio nascosto sono manifestamente cinesi, pur portando abiti di una foggia che il pescatore non ha mai visto.
(3) Contrariamente alla poesia di Wáng Wéi, in cui mancano precisi riferimenti cronologici, il racconto di Táo Yuānmíng al quale la poesia di Wáng Wéi si ispira lega chiaramente la nascita del villaggio agli anni della dinastia Qín 秦 (220 a.C-206 a.C.) e l’avventura del pescatore all’eraTàiyuán 太 元 (376 d.C- 396 d.C) della dinastia dei Jìn Orientali ( 東 晉 Dōng Jìn ).
(4 )L’antica Wŭlíng 武 陵 è oggi un quartiere della città di Chángdé 常 德 nella provincia di Húnán. 湖 南
(5) L’ombra dei pini ed il chiaro di luna sono spesso simbolo di allontanamento dalle cure del mondo nel perseguimento dell’ideale taoista. Si veda in proposito la poesia composta da poeta Lǐ Bái 李 白 , seguace della dottrina taoista, in ricordo di Mèng Hào Rán 孟 浩 然.
(6) Il canto del gallo e l’abbaiare del cane come unici rumori che scandiscono l’esistenza nel villaggio rappresentano un altro “topos” tipico degli scritti d’ispirazione taoista. La dottrina taoista predicava infatti il ritorno ad una vita semplice e schietta, lontana dal mondo e ispirata invece ai ritmi perenni della natura. Si veda in proposito questo passo dal capitolo LXXX del Dào Dé Jīng 道 德 經 , che sembra teorizzare l’idea stessa della separazione dal mondo
“Anche se i villaggi degli Stati confinanti fossero così vicini ai nostri
da permetterci di sentire i galli che cantano ed i cani che abbaiano
i miei sudditi dovrebbero invecchiare e morire senza averli visitati.”
(7) I due versi 平 明 閭 巷 掃 花 開 薄 暮 漁 樵 乘 水 入 (“ píng míng lü´ xiàng săo huā kāi / bò mù yú qiáo chéng shŭi rù”) vengono di solito tradotti: “La mattina spazzano ipetali dalle viuzze del villaggio, la sera pescatori e raccoglitori di legna si ritrovano sul fiume”.Ho seguito qui, invece,la traduzione suggerita da Armand Robin, il quale in “Poésie non traduite” , li immagina come parte di un dialogo che si instaura fra il pescatore e gli abitanti del villaggio curiosi di sapere come sia giunto fin lì. Il pescatore racconta che è arrivato al villaggio risalendo il fiume per pescare e raccogliere sterpi sulle rive, come già si potrebbe intuire dal verso di cui alla nota n.2, qualora esso fosse inteso nel senso che il raccoglitore di legna ivi menzionato è il pescatore stesso. Se si accoglie questa interpretazione, il racconto del pescatore appare del tutto logico” Questa mattina, spazzavo ancora le stradine del mio villaggio. La sera, pescando e raccogliendo legna, ho risalito la corrente e sono giunto qui”. Si osservi come tutte le attività menzionate: spazzare le viuzze intorno a casa, pescare e raccogliere sterpi siano attività che si adattano ad una persona già un po’anziana.
8) L’influenza taoista appare manifesta nella presentazione degli abitanti del villaggio come eremiti che hanno scoperto il segreto dell’immortalità. Questo aspetto mancava completamente nel racconto di Táo Yuānmíng.
(9) La nostalgia del villaggio è l’allegoria dei pensieri terreni da cui l’uomo non mai riesce a liberarsi completamente. Ciò risulta con assoluta evidenza dall’espressione “chén xīn” ( 塵 心 “cuore di polvere”) che indica le preoccupazioni mondane. Il desiderio di rivedere ancora una volta la famiglia prima di ritirarsi definitivamente dal mondo farà smarrire al pescatore la via del paese incantato.