CAPITOLO VII
Come abbiamo appena visto, parlando del signor Yú, Lǎo Cán e Shēn Dōngzào riconobbero che era una persona capace, ma deplorarono che l’ambizione di far carriera lo spingesse a comportarsi in modo irragionevole.
Dopo che entrambi ebbero sospirato, Shēn Dōngzào osservò:” È proprio così. Ieri vi ho detto che avevo una questione importante da sottoporvi. Ecco di che si tratta. Voi vi rendete conto che quel funzionario è estremamente crudele. Per mia sfortuna, mi trovo di nuovo a dipendere da lui. (1) Non riesco davvero ad immaginare di poter sopportare ciò che fa, ma opporsi al suo comportamento significherebbe opporsi alla legge. (2) Voi avete una grande esperienza. Siete preparato ad affrontare quelle che chiamiamo “le difficoltà e le avversità” e conoscete tutto sui sentimenti e sull’ipocrisia della gente. Ci sono senz’altro dei modelli di comportamento buoni anche per casi come questo. Non potreste insegnarmeli?”.
“È facile trovare una soluzione, se si conosce il problema.” gli rispose Lǎo Cán “Sua Eccellenza non si vergogna di chiedere consiglio ad una persona modesta come me (3), ma io vorrei prima sapere quale linea di condotta Lei intende tenere. Se vuole compiacere i superiori, lo faccia con energia e in modo plateale. In tal caso deve soltanto seguire il metodo del signor Yú, vale a dire considerare tutti dei delinquenti. (4) Se, invece si vuole ispirare alla massima espressa nelle tre parole “ autorità come genitori”(5) e cercare il bene del popolo, allora c’è anche la possibilità di vedere l’uomo persino in chi ha sbagliato. Se Lei svolge funzioni relativamente più elevate e dispone di un raggio d’azione leggermente più ampio, la cosa Le risulterà un po’più facile. Se il Suo potere è limitato ad una sola contea, la mancanza di punti d’appoggio e le difficoltà renderanno l’approccio un po’più complicato, ma non impossibile”.
“Naturalmente” rispose Dōngzào” il mio primo scopo è proteggere la gente e, se riuscirò a riportare la tranquillità in questa zona, anche se non sarò promosso, non morirò comunque né di fame né di freddo. Quanto al “cibo per i discendenti”, mangeranno secondo ciò che io avrò fatto.( 6) Ciò che mi inquieta enormemente è l’insufficienza dei mezzi a disposizione (7) Le squadre di sorveglianza finora create comprendono una cinquantina di membri, ma i furti e le rapine continuano senza sosta.
(segue)
NOTA
1) Nel romanzo non è precisato in che cosa consista questo rapporto di dipendenza. Visto che Shēn Dōngzào, in quanto governatore di una contea, è un funzionario di grado piuttosto elevato, sembrerebbe da escludere un rapporto di subordinazione gerarchica. È possibile che si tratti di un caso di competenze concorrenti: il signor Yú può essere competente, in materia di polizia, per lo stesso territorio che è sottoposto, amministrativamente, a Shēn Dōngzào.
2) Si usa il termine 良法 (“liáng fă”) per definire la “legge giusta” cioè la legge che difende i diritti e la libertà delle persone, previene la tirannia, punisce i crimini e mantiene la giustizia. Il suo contrario è la “legge ingiusta ( 恶法 ”è fā”). Non bisogna però dimenticare che le nozioni di “legge giusta” e di “legge ingiusta” sono spesso influenzate da diverse interpretazioni politiche. Come rappresentante dell’autorità costituita, Shēn Dōngzào non può evidentemente vedere nelle leggi altro che “leggi giuste”.
3) Lǎo Cán cita qui un passaggio dei “Dialoghi” di Confucio ( cap. V, par.15):” Zĭ Gōng voleva sapere perché Kŏng Wén Zĭ fosse stato chiamato “Wén”, cioè “il sapiente”.
“ Perché era intelligente ed amava studiare” gli spiegò il Maestro” e non si vergognava di chiedere consiglio anche ai propri subordinati. Ecco perché lo chiamavano “il sapiente” "
4) Ho interpretato la frase 逼民為盜 (“ bī mín wéi dào”), letteralmente “costringere le persone a comportarsi da banditi”, nel senso che un’autorità iniqua impone norme talmente oppressive e vessatorie da renderne impossibile il rispetto, cosicché tutti i cittadini si trasformano inevitabilmente in delinquenti.
5) Il termine 父母官 (“fù mǔ guăn”) era il termine con cui, nei tempi più antichi, si designavano le autorità. Il senso dell’espressione è chiaro: i governanti devono essere come dei genitori per il popolo, cioè amarlo e proteggerlo come padre e madre amano e proteggono i propri figli.
6) Dōngzào si riferisce qui alla credenza popolare secondo cui il destino non permetterà ai discendenti di una persona che si sia arricchita con cattive azioni di beneficiare di una ricchezza male acquisita. Egli risponde dunque alla domanda di Lǎo Cán affermando che intende risolvere i veri problemi e non far carriera con metodi iniqui.
7) Il termine 缺分 (”quē fēn”) indica “mancanza di strumenti”, “inefficienza delle strutture”.
CAPITOLO VII
Come abbiamo appena visto, parlando del signor Yú, Lǎo Cán e Shēn Dōngzào riconobbero che era una persona capace, ma deplorarono che l’ambizione di far carriera lo spingesse a comportarsi in modo irragionevole.
Dopo che entrambi ebbero sospirato, Shēn Dōngzào osservò:” È proprio così. Ieri vi ho detto che avevo una questione importante da sottoporvi. Ecco di che si tratta. Voi vi rendete conto che quel funzionario è estremamente crudele. Per mia sfortuna, mi trovo di nuovo a dipendere da lui. (1) Non riesco davvero ad immaginare di poter sopportare ciò che fa, ma opporsi al suo comportamento significherebbe opporsi alla legge. (2) Voi avete una grande esperienza. Siete preparato ad affrontare quelle che chiamiamo “le difficoltà e le avversità” e conoscete tutto sui sentimenti e sull’ipocrisia della gente. Ci sono senz’altro dei modelli di comportamento buoni anche per casi come questo. Non potreste insegnarmeli?”.
“È facile trovare una soluzione, se si conosce il problema.” gli rispose Lǎo Cán “Sua Eccellenza non si vergogna di chiedere consiglio ad una persona modesta come me (3), ma io vorrei prima sapere quale linea di condotta Lei intende tenere. Se vuole compiacere i superiori, lo faccia con energia e in modo plateale. In tal caso deve soltanto seguire il metodo del signor Yú, vale a dire considerare tutti dei delinquenti. (4) Se, invece si vuole ispirare alla massima espressa nelle tre parole “ autorità come genitori”(5) e cercare il bene del popolo, allora c’è anche la possibilità di vedere l’uomo persino in chi ha sbagliato. Se Lei svolge funzioni relativamente più elevate e dispone di un raggio d’azione leggermente più ampio, la cosa Le risulterà un po’più facile. Se il Suo potere è limitato ad una sola contea, la mancanza di punti d’appoggio e le difficoltà renderanno l’approccio un po’più complicato, ma non impossibile”.
“Naturalmente” rispose Dōngzào” il mio primo scopo è proteggere la gente e, se riuscirò a riportare la tranquillità in questa zona, anche se non sarò promosso, non morirò comunque né di fame né di freddo. Quanto al “cibo per i discendenti”, mangeranno secondo ciò che io avrò fatto.( 6) Ciò che mi inquieta enormemente è l’insufficienza dei mezzi a disposizione (7) Le squadre di sorveglianza finora create comprendono una cinquantina di membri, ma i furti e le rapine continuano senza sosta.
(segue)
NOTA
1) Nel romanzo non è precisato in che cosa consista questo rapporto di dipendenza. Visto che Shēn Dōngzào, in quanto governatore di una contea, è un funzionario di grado piuttosto elevato, sembrerebbe da escludere un rapporto di subordinazione gerarchica. È possibile che si tratti di un caso di competenze concorrenti: il signor Yú può essere competente, in materia di polizia, per lo stesso territorio che è sottoposto, amministrativamente, a Shēn Dōngzào.
2) Si usa il termine 良法 (“liáng fă”) per definire la “legge giusta” cioè la legge che difende i diritti e la libertà delle persone, previene la tirannia, punisce i crimini e mantiene la giustizia. Il suo contrario è la “legge ingiusta ( 恶法 ”è fā”). Non bisogna però dimenticare che le nozioni di “legge giusta” e di “legge ingiusta” sono spesso influenzate da diverse interpretazioni politiche. Come rappresentante dell’autorità costituita, Shēn Dōngzào non può evidentemente vedere nelle leggi altro che “leggi giuste”.
3) Lǎo Cán cita qui un passaggio dei “Dialoghi” di Confucio ( cap. V, par.15):” Zĭ Gōng voleva sapere perché Kŏng Wén Zĭ fosse stato chiamato “Wén”, cioè “il sapiente”.
“ Perché era intelligente ed amava studiare” gli spiegò il Maestro” e non si vergognava di chiedere consiglio anche ai propri subordinati. Ecco perché lo chiamavano “il sapiente” "
4) Ho interpretato la frase 逼民為盜 (“ bī mín wéi dào”), letteralmente “costringere le persone a comportarsi da banditi”, nel senso che un’autorità iniqua impone norme talmente oppressive e vessatorie da renderne impossibile il rispetto, cosicché tutti i cittadini si trasformano inevitabilmente in delinquenti.
5) Il termine 父母官 (“fù mǔ guăn”) era il termine con cui, nei tempi più antichi, si designavano le autorità. Il senso dell’espressione è chiaro: i governanti devono essere come dei genitori per il popolo, cioè amarlo e proteggerlo come padre e madre amano e proteggono i propri figli.
6) Dōngzào si riferisce qui alla credenza popolare secondo cui il destino non permetterà ai discendenti di una persona che si sia arricchita con cattive azioni di beneficiare di una ricchezza male acquisita. Egli risponde dunque alla domanda di Lǎo Cán affermando che intende risolvere i veri problemi e non far carriera con metodi iniqui.
7) Il termine 缺分 (”quē fēn”) indica “mancanza di strumenti”, “inefficienza delle strutture”.