CAPITOLO VII
Come abbiamo appena visto, parlando del signor Yú, Lǎo Cán e Shēn Dōngzào riconobbero che era una persona capace, ma deplorarono che l’ambizione di far carriera lo spingesse a comportarsi in modo irragionevole.
Dopo che entrambi ebbero sospirato, Shēn Dōngzào osservò:” È proprio così. Ieri vi ho detto che avevo una questione importante da sottoporvi. Ecco di che si tratta. Voi vi rendete conto che quel funzionario è estremamente crudele. Per mia sfortuna, mi trovo di nuovo a dipendere da lui. (1) Non riesco davvero ad immaginare di poter sopportare ciò che fa, ma opporsi al suo comportamento significherebbe opporsi alla legge. (2) Voi avete una grande esperienza. Siete preparato ad affrontare quelle che chiamiamo “le difficoltà e le avversità” e conoscete tutto sui sentimenti e sull’ipocrisia della gente. Ci sono senz’altro dei modelli di comportamento buoni anche per casi come questo. Non potreste insegnarmeli?”.
“È facile trovare una soluzione, se si conosce il problema.” gli rispose Lǎo Cán “Sua Eccellenza non si vergogna di chiedere consiglio ad una persona modesta come me (3), ma io vorrei prima sapere quale linea di condotta Lei intende tenere. Se vuole compiacere i superiori, lo faccia con energia e in modo plateale. In tal caso deve soltanto seguire il metodo del signor Yú, vale a dire considerare tutti dei delinquenti. (4) Se, invece si vuole ispirare alla massima espressa nelle tre parole “ autorità come genitori”(5) e cercare il bene del popolo, allora c’è anche la possibilità di vedere l’uomo persino in chi ha sbagliato. Se Lei svolge funzioni relativamente più elevate e dispone di un raggio d’azione leggermente più ampio, la cosa Le risulterà un po’più facile. Se il Suo potere è limitato ad una sola contea, la mancanza di punti d’appoggio e le difficoltà renderanno l’approccio un po’più complicato, ma non impossibile”.
“Naturalmente” rispose Dōngzào” il mio primo scopo è proteggere la gente e, se riuscirò a riportare la tranquillità in questa zona, anche se non sarò promosso, non morirò comunque né di fame né di freddo. Quanto al “cibo per i discendenti”, mangeranno secondo ciò che io avrò fatto.( 6) Ciò che mi inquieta enormemente è l’insufficienza dei mezzi a disposizione (7) Le squadre di sorveglianza finora create comprendono una cinquantina di membri, ma i furti e le rapine continuano senza sosta. Mancano i fondi e, di conseguenza,le squadre sono in difficoltà e molti rinunciano all’incarico. Ho l’impressione di essermi avventurato in un’impresa votata al fallimento e di trovarmi in una situazione in cui nulla si muove, ma posso ancora provare a fare qualcosa.Se non ci riuscirò, mi dovrò domandare per quale ragione avrò fallito.”“È chiaro che per un forza totale di cinquanta persone divise in piccole squadre state spendendo troppo” osservò Lăo Cán” Tenendo conto della scarsità di mezzi di cui mi avete parlato, quanti soldi potete ancora raccogliere, senza andare in rosso?”.
“Non più di mille monete d’argento. È poco.” gli rispose Dōngzào.
“C’è un modo per risolvere questo problema” disse Lăo Cán” Vostra Eccellenza si procuri per un anno milleduecento monete d’argento e mi lasci mano libera. Posso escogitare per voi un piano volto a garantire che non ci sia neppure una rapina nel vostro territorio e che, nell’eventualità che ci possa essere una rapina, se ne scoprano immediatamente gli autori. Vostra Eccellenza che cosa ne pensa?”.
“Se si potesse ottenere un simile risultato” gli rispose Dōngzào “vi sarei estremamente grato del vostro aiuto”.
“Non c`è neppure bisogno che io mi rechi sul posto” continuò Lăo Cán “Basta che io vi insegni una regola molto bella ed efficace”.
“Se non venite voi” obiettò Dōngzào “chi potrà applicare questa regola?”.
“Posso raccomandarvi una persona che è in grado di applicarla” gli rispose Lăo Cán.”Ma non dovrete trascurare questa persona. Se la trascurerete, se ne andrà via immediatamente e, dopo la sua partenza, il disastro sarà ancora più grave.
Colui che vi propongo si chiama Liú, ma è soprannominato Rénfǔ. È nativo del circondario di Píngyīn ed abita alle pendici del monte Táohuā nella parte sudoccidentale del circondario. Nella sua giovinezza, quando aveva quindici o sedici anni, andò ad imparare la boxe e la lotta con i bastoni presso il tempio di Shàolín (8) sul monte Sōngshān. Dopo aver studiato lì per un po’di tempo capì che la reputazione di quella scuola era immeritata e che l’insegnamento che vi era impartito non era eccezionale né tale da garantire il successo. Si mise perciò a vagare per il mondo durante quasi un decennio. Sul monte Éméi nel Sìchuān, incontrò un monaco particolarmente esperto di arti marziali. Lo pregò di diventare il suo maestro e imparò da lui le tecniche del “tàizǔ shénquán” (9) e dello “shǎozǔ shénquán” (10). Quando domandò al monaco dove avesse imparato queste tecniche, il monaco gli rispose che era stato allievo della scuola di Shàolín. Assai sorpreso. Rénfǔ gli disse: “ Sono stato a Shàolín quattro o cinque anni, e non ho imparato nessuna tecnica eccezionale. Da chi avete imparato voi, maestro?”.
“Queste sono le tecniche di boxe del tempio di Shàolín, ma non le ho imparate alla scuola del tempio, che le ha ormai dimenticata da lungo tempo" gli rispose il monaco”Le due tecniche che ti ho insegnato, il “tàizǔ shénquán” e lo “shǎozǔ shénquán”, sono state inventate, la prima da Bodhidharma (11) e la seconda da Shén Guāng (12). Quando furono inventate, si trattava di tecniche praticate soprattutto dai monaci per rafforzare il corpo e proteggere la propria vita.(13) Chi camminava da solo in montagna rischiava di incontrare leopardi, tigri o banditi. I monaci non portavano armi e quindi queste tecniche di boxe erano appositamente destinate alla loro difesa personale contro possibili minacce alla loro integrità fisica e alla loro vita. Inoltre, un corpo sano e robusto aiuta a sopportare meglio il freddo e la fame. Tu devi infatti capire che è difficile per chi si sposta in zone desertiche alla ricerca di persone che si distinguono per la pratica delle antiche virtù (14) far pieno conto sulla possibilità di trovare dovunque “vitto e alloggio”. Questa era la buona intenzione che spinse Bodhidharma e Shén Guāng ad insegnare le arti marziali. Inaspettatamente, le tecniche di lotta insegnate nella scuola di Shàolín diventarono in seguito famose e molti vennero di lontano ad impararle. Tuttavia, alcuni di coloro che le impararono se ne servirono per rapinare la gente, altri per fare violenza alle donne. La cosa suscitò grande scalpore. Perciò un vecchio abate, quattro o cinque generazioni or sono, mise da parte queste tecniche particolarmente efficaci e cessò di insegnarle, limitandosi ad utilizzare tecniche appariscenti ma inefficaci e prive di sostanza. Io ho imparato queste tecniche da un eremita che vive nella prefettura di Hànzhōng e, se mi eserciterò con impegno, potrò eguagliare Gān Fèngchí. (15)
Liú Rénfǔ visse tre anni nel Sìchuān e imparò tutto ciò che c’era da imparare sulle tecniche di lotta. Era quello il periodo in cui i “banditi del Guāndōng” provocavano disordini nel paese. (16)
Liú Rénfǔ lasciò il Sìchuān e militò per breve tempo prima nell’Esercito del Húnán (17) e poi nell’Esercito del fiume Huái. (18) Però l’Esercito del Húnán era inquadrato da ufficiali originari del Húnán e l’Esercito del fiume Huái era inquadrato da ufficiali originari dell’Ānhuí. Se provenivi da un’altra regione, ti davano sempre incarichi insignificanti, non ricevevi che modeste promozioni e nulla più, e non ti attribuivano mai posti di comando.Mentre le attività belliche si andavano gradualmente spegnendo, fu trasferito ad un posto amministrativo. Incurante di lasciare l’impiego, ritornò al villaggio natio, dove si guadagnò da vivere coltivando un po’di terra. Da allora, nei periodi in cui non è occupato con il lavoro, gira per le due provincie di Qí e di Yù. (19) Tutti coloro che praticano le arti marziali in quelle due provincie lo conoscono di fama, ma lui si rifiuta di far loro lezione. In effetti, soltanto se fosse assolutamente sicuro dell’affidabilità di una persona, accetterebbe di insegnarle qualche tecnica di pugilato o di combattimento con i bastoni, ma, a questo riguardo, è estremamente cauto. Nessuno di coloro che praticano le arti marziali nelle due provincie che ho menzionato può competere con lui e tutti lo rispettano. Se Vostra Eccellenza è disposto ad ingaggiarlo, mettendogli a disposizione cento tael (20) al mese, che sarà libero di utilizzare come meglio crede, a Liú Rénfǔ basterà probabilmente reclutare un gruppetto di dieci uomini, a ciascuno dei quali attribuirà uno stipendio di sei tael mensili. I quaranta tael mensili che gli rimarranno, dovrebbero essere sufficienti per coprire le altre spese. (21)
Ai fini del nostro progetto, occorre probabimente considerare le tre provincie del Hénán, dello Shāndōng e del Zhílì , nonché le regioni settentrionali del Jiāngsū e dell’ Ānhuī, come un unico territorio. In questo territorio operano due categorie di furfanti: i grandi rapinatori e i ladruncoli. I grandi rapinatori agiscono in bande organizzate che hanno le loro regole e sono guidate da capi. Molti di loro sono presumibilmente persone di una certa abilità. I ladruncoli, invece, li puoi trovare dappertutto e ad ogni momento. Sono gentaglia di mezza tacca, disoccupati troppo stupidi per cercarsi un lavoro. Rubano a caso, non hanno fiancheggiatori e non dispongono di armi. Dopo aver rubato, si ubriacano o vanno a giocare d’azzardo. Sono costoro quelli che commettono la maggior parte dei furti e delle rapine. Potrei dire, per esempio, che i nove decimi delle persone arrestate dal signor Yù sono costituiti per la metà da persone oneste e per l ’altra metà da ladruncoli. Quanto ai grandi rapinatori, che si tratti dei capibanda o dei loro collaboratori, non credo che il signor Yù ne abbia mai catturato uno. Con i grandi rapinatori, però, è facile trattare. Nella capitale non c`è bisogno di grandi scorte, quale che sia la somma da trasportare, anche cento o duecentomila lingotti. Bastano due guardie per garantire un trasferimento sicuro. Diciamoci la verità! Pensate davvero che, se cento o duecento briganti si riunissero per rubare somme così ingenti, che potrebbero fargli estremamente comodo, due soli uomini di scorta basterebbero per impedirglielo? Semplicemente, si mormora che i grandi rapinatori abbiano come regola di non far danno alle agenzie che forniscono il servizio di scorta. Così, ogniqualvolta un agente di scorta sale sul carro che trasporta i fondi, gli basta urlare una parola d'ordine convenuta per far sì che i briganti in agguato si limitino a salutarlo e si astengano dall’attaccare il trasporto.Gli è che le bande di rapinatori conoscono bene i nomi delle diverse agenzie di sicurezza e le agenzie di sicurezza, a loro volta, sanno perfettamente chi siano e dove operino le varie bande di rapinatori. Se gli emissari dei briganti incontrano gli agenti di scorta prima della partenza e le due parti si scambiano una parola d’ordine secreta, si può stare sicuri che il trasporto avverrà senza intoppi. In tali occasioni, i briganti ricevono due o trecento tael a titolo di rimborso per le “spese di viaggio”. (22) Se si vuole essere capibanda di rilievo, è imperativo sforzarsi di coltivare le relazioni sociali; è ciò che si chiama il saper vivere.
Come vi ho appena detto, Liú Rénfǔ è un personaggio molto conosciuto. Le agenzie di sicurezza della capitale lo hanno contattato parecchie volte, ma lui ha sempre rifiutato le loro offerte. Preferisce condurre una vita ritirata e fare il contadino. Se accetterà la vostra offerta, dovrete trattarlo come una persona importante. In pratica, sarà il capo di un servizio di sicurezza che voi istituirete a tutela del vostro territorio. Quando non avrà nulla da fare, si siederà al tavolino di una casa da tè o di un ristorante sulla strada e farà conoscenza con tutti coloro che passano, stringendo amicizia anche con taluni di quelli che bazzicano nel mondo della malavita. (23) Sa infatti con certezza che, a tavola o bevendo il tè, gli basterà incontrare qualche ospite occasionale, perché, in non più di dieci o quindici giorni, i capibanda nelle varie località siano informati di tutto ed ordinino subito di non disturbare la zona in cui lui si è stabilito. I quaranta tael di cui abbiamo parlato, che rimarranno disponibili ogni mese, saranno utilizzati in questa prospettiva.Per quanto riguarda i ladruncoli, non predisporrà alcun piano d’azione, ma agirà secondo le circostanze. Avrà degli informatori nei diversi quartieri e, prima che il derubato abbia presentato denuncia alle autorità, i suoi uomini avranno già catturato il ladro. Se un furto o una rapina saranno commessi fuori città, avrà lungo la strada degli amici che arresteranno senza clamore il responsabile. I ladri potranno essere catturati non importa dove scappino. Basterà quindi una piccola squadra di una decina di persone, anzi quattro o cinque, che siano immediatamente disponibili. Le altre cinque o sei serviranno per fare da scorta d’onore al palanchino (24), sbrigare commissioni, recapitare lettere e così via."
“Come avete detto, sarebbe un’eccellente soluzione” obiettò Dōngzào”ma questa persona rifiuta di collaborare con le agenzie che forniscono le scorte e temo che possa respingere anche un invito ufficiale da parte nostra. In questo caso, che cosa faremmo?”.
“È ovvio che respingerà un semplice invito.” osservò Lăo Cán “ Occorrerà formulare proposte precise e dettagliate e cercare di persuaderlo ponendo l’accento sul fatto che il suo intervento consentirà di salvare persone oneste ed innocenti. Vedrete che acconsentirà a venire. Inoltre è un mio grande amico e da me si lascerà certamente convincere. Quando avevo vent’anni, mi resi conto che l’Impero stava andando incontro ad un periodo di grande disordine, perciò prestavo attenzione a ciò che dicevano i generali e mi feci molti amici con cui parlavo di questioni militari. Durante gli anni in cui Liú Rénfǔ soggiornò nel Hénán divenimmo intimi amici e concordammo che, se il paese avesse avuto bisogno di noi, saremmo corsi tutti in suo aiuto. A quel tempo, avevo amici di tutti i generi, con cui si parlava di geografia, di produzione industriale, di arti marziali. Quell’uomo avrebbe potuto essere utile con la sua perizia nelle arti marziali. Più tardi ci rendemmo conto che, per reggere l’Impero, occorreva avere del talento e che tutti i nostri discorsi e i nostri studi non sarebbero serviti a questo scopo. Perciò, ciascuno di noi cercò di trovarsi un lavoro, giusto per sbarcare il lunario, e gettammo alle ortiche le grandi ambizioni. (25) Però, l’amicizia e la lealtà di un tempo non sono andate perdute. Se gli scrivo una lettera, sono sicuro che verrà.”
Dopo avere sentito queste parole, Dōngzào chinò la testa e ringraziò Lăo Cán dicendo: “ Non sono più riuscito a dormire serenamente una sola notte da quando sono stato chiamato a ricoprire ad interim questa carica. Ascoltare oggi i vostri propositi è stato per me come risvegliarmi da un incubo, come riprendermi da una malattia. Una vera benedizione! Ma chi dovremmo mandare a consegnare la lettera?”
“Dobbiamo senz’altro trovare un amico che si assuma questo incarico.” gli rispose Lăo Cán “Se gli manderete un semplice usciere, si sentirà tenuto in scarsa considerazione e rifiuterà di venire, ed anch’io sarò incolpato dell’insuccesso.”
“Sì, sì” annuì ripetutamente Dōngzào “Ho un mio parente che sarà qui domani. Potrei chiedere a lui di andare. Ma quando scriverete la lettera d’invito? Sarebbe meglio cercare di farlo il più presto possibile.”
“Domani starò a casa tutto il giorno.” disse Lăo Cán” Sto scrivendo al governatore Zhăng un lungo rapporto in cui descrivo dettagliatemente tutto ciò che ha fatto il signor Yú ed ho chiesto a Yáo Yúnwēn di inoltrarglielo. Penso di terminarlo nella giornata di domani. Non appena l’avrò finita, comincerò a scrivere la lettera per Liú Rénfǔ e dopodomani partirò. Ecco tutto il mio programma.”
“Dove andrete dopodomani?”gli domàndò Dōngzào.
“Mi recherò dapprima a Dōngchāng (26) a visitare la collezione di Liῡ Xiăohuì (27), perché vorrei vedere le calligrafie su tavola delle epoche Sóng e Yuán, poi ritornerò a Jìnán, dove intendo festeggiare il capodanno. Dove andrò dopo non lo so nemmeno io. Si è già fatto tardi, è l’ora di andare a dormire”.
Detto questo, si alzò in piedi.
Dōngzào chiamò un domestico e gli ordinò. “Prendi una lanterna e riaccompagna il signor Tiē nella sua stanza”.
Quando fu aperta la porta, cielo e terra apparvero dello stesso colore. La neve era caduta in ogni angolo ed aveva imbiancato tutto. Gli occhi erano abbagliati dal candore diffuso.
Sotto la scala s’era già depositata una coltre di neve alta sette od otto pollici, che rendeva impossibile attraversare il cortile.(28) Era sgombro solo il tratto che correva dal portone al corpo centrale della locanda, che era quello più frequentemente percorso e veniva quindi regolarmente spazzato. I sentieri che conducevano alle ali dell’edificio erano ormai invisibili, coperti da uno strato uniforme di neve. Dōngzào ordinò ai domestici di spalare rapidamente la neve per consentire a Lăo Cán di ritornare nella propria stanza. Al momento di rientrare in camera, Lăo Cán si accorse che non c’era più luce. Dōngzào gli fece mandare, dalla sua camera al primo piano, un candeliere e un paio di candele rosse. Accese le candele, Lăo Cán volle rimettersi a scrivere, ma il pennello e la pietra d’inchiostro (29) oppossero tale resistenza, che dovette rinunciare al suo proposito e andare a dormire.
Il mattino successivo, anche se la neve aveva ormai smesso di cadere, faceva ancora più freddo di prima. Lăo Cán si alzò e chiamò il padrone della locanda pregandolo di fargli portare cinque chili di carbone, poi fece preparare un grande braciere e mandò a comprare alcuni fogli di carta di gelso per rivestire le finestre. In breve la stanza cominciò a riscaldarsi e non era più gelida come il giorno prima. Lăo Cán fece sciogliere l’inchiostro, terminò con cura il rapporto che non era riuscito a finire il giorno precedente e sigillò la busta. Scrisse poi anche la lettera destinata a Liú Rénfǔ e la fece portare al piano superiore perché fosse consegnata a Dōngzào.
Dōngzào mise il rapporto in uno dei pacchi utilizzati per le spedizioni ufficiali (30) e lo inviò alla stazione di posta (31) perché fosse affidato a Yáo Yúnwēn. Ripose invece la lettera destinata a Liú Rénfǔ nel suo poggiatesta. (32)
Dōngzào invitò a pranzo Lăo Cán. Anche questo pasto fu servito nella sala da pranzo dell’appartamento. I due mangiarono insieme e stavano di nuovo conversando da un momento quando un domestico venne ad annunciare che il fratello minore del padrone era appena arrivato con i suoi assistenti, aveva preso alloggio nell’ala occidentale della locanda e si sarebbe presentato dopo essersi rinfrescato.
Trascorso qualche tempo si vide apparire sulla soglia un uomo che, dall’aspetto, sembrava di età un po’inferiore ai quarant’anni. Non portava la barba ed indossava una vecchia veste in seta di Nanchino che gli arrivava fino ai piedi, bordata di una doppia fodera di pelliccia color indaco. Sul vestito aveva gettato un lungo giaccone da cavallerizzo in pelle nera. I suoi stivaletti di velluto erano macchiati di fango.
L’uomo entrò rapidamente nella sala e, per prima cosa, si inchinò dinanzi a Dōngzào.
“Ecco il mio fratello minore” spiegò quest’ultimo “ Si chiama Zípíng”, poi, indicando Lăo Cán, disse al fratello” Ti presento il signor Tiē Bǔcán. (33)
Zípíng fece un passo avanti, si inchinò e disse a Lăo Cán: “Vi ammiro da molto tempo”.
“Hai già mangiato?” gli domandò Dōngzào.
“Sono appena arrivato” gli rispose Zípíng” Ho giusto avuto il tempo di rimettermi un po’ in sesto, ma non ho potuto mangiare”.
“Ho già dato istruzioni in cucina perché ti preparino il pranzo” gli disse Dōngzào.
“Non ce n’è bisogno” disse Zípíng “posso aspettare un quarto d’ora e mangiare con i miei assistenti. (34)
In quel momento un domestico salì a riferire che aveva già detto in cucina di mandare in tavola per il fratello del padrone ed i suoi assistenti.
Nello stesso tempo, un altro domestico scostò la tenda della porta ed entrò tenendo in mano alcuni grandi cartoncini di color rosso. (35)
Lăo Cán capì che erano gli assistenti che venivano a rendere omaggio a Dōngzào (36), così approfittò della circostanza e prese congedo.
La sera, dopo cena, Shēn Dōngzào invitò di nuovo Lăo Cán nel suo alloggio al piano superiore della locanda perché spegasse nei dettagli a Zípíng il cammino da seguire per raggiungere Liú Rénfǔ sulle pendici del monte Táohuā.
“Qual è la via più breve?” domandò Zípíng.
“Non so come ci si possa arrivare di qui.” gli rispose Lăo Cán “Negli scorsi anni ho seguito il corso del Fiume Giallo dal capoluogo della provincia fino alla contea di Píngyīn e di là sono andato in direzione sud-ovest per circa quindici chilometri giungendo così ai piedi del monte Táohuā. Non si può salire in carrozza, quindi è meglio portarsi dietro un asino. Se si trova un tratto pianeggiante, si può montare sull’asinello; nei punti più scoscesi, invece, conviene scendere e fare qualche passo a piedi. I sentieri principali che conducono in alto sono due. In un raggio di cinque o sei chilometri da Xīyù si trova un santuario dedicato a Guān. (37) I monaci taoisti di questo santuario sono spesso in contatto con Liú Rénfǔ. Se glielo domanderete, vi diranno dove potrete raggiungerlo. Tenete però presente che vi sono sulla montagna due santuari deicati a Guān, uno sul versante orientale ed un altro sul versante occidentale. Quello di cui sto parlando è il santuario situato sul versante occidentale.”
Shēn Zípíng ritenne esaurienti queste spiegazioni.
Dopo di ciò, ciascuno ritornò nella sua stanza a riposare.
Il giorno seguente, Lăo Cán , levatosi di buon mattino, andò a noleggiare un calesse, trainato da muli, e preparò i bagagli.
Dopo che Dōngzào si fu recato in prefettura a fare rapporto, Lăo Cán prese la pelliccia di volpe che Dōngzào gli aveva mandato la sera prima e la consegnò al padrone della locanda con un biglietto, dicendogli: “ Quando il signor Shēn ritornerà qui, gliela restituisca. Non gliela mandi adesso, perché non rischi di andare smarrita”.
Il padrone della locanda aprì in fretta un tiretto del guardaroba e ci infilò dentro la pelliccia, poi accompagnò Lăo Cán al calesse, che partì direttamente per Dōngchāng.
Il viaggio fu scomodo e difficoltoso (38), ma, in capo a due o tre giorni, Lăo Cán arrivò a Dōngchāng e trovò alloggio in una stazione di posta. Dopo essersi sistemato per la notte, il mattino seguente, fatta colazione, andò in giro alla ricerca di una libreria. Cercò a lungo e, alla fine, trovò una piccola libreria con tre porte, divisa in due compartimenti, uno dei quali vendeva carta, inchiostro e pennelli, l’altro, libri. Si diresse verso il bancone e si sedette, domandando quali libri fossero in vendita.
“La nostra prefettura di Dōngchāng” gli rispose il libraio “ è una delle più rinomate per la sua vita letteraria. Le dieci contee che la compongono sono comunemente note come le “dieci belle immagini”.(39) Non c`è una sola di queste contee, la quale non sia piena di famiglie agiate che si dilettano di poesia.(40) Tutti i libri che circolano in queste contee passano attraverso la nostra modesta libreria. Sul retro della libreria, abbiamo un magazzino e una tipografia. Molti dei libri libri che vendiamo sono stampati nella nostra tipografia e non è quindi necessario andarli a cercare altrove. Come vi chiamate, nobile signore, e che cosa desiderate?”.
“Il mio cognome è Tiē” rispose Lăo Cán e sono qui per far visita ad un amico. Avete qualche libro antico?”
“Sì, certamente!” disse il libraio “Che cosa vorreste vedere? Ne abbiamo molti di libri, qui”(41). Si voltò e, indicando con il dito, alcuni fogli di carta bianca che spuntavano da sopra gli scaffali (42), disse: “Guardate! Ecco il “Prontuario della Sala dell’Amministrazione Suprema” (43)
Ecco il primo, il secondo e il terzo volume delle “Letture della Sala del Tempio”.(44)
Ed ecco, ancora più antichi, gli “Appunti di scuola per il saggio in otto parti” (45)
Si tratta di opere molto impegnative. Se preferite qualcosa di più vario, abbiamo l’”Interpretazione combinata delle antiche liriche Táng” (46) e le “Trecento poesie Táng”(47) o, se vogliamo andare ancora più indietro, “L’interpretazione della prosa antica”. (48)
C’è anche un libro rarissimo intitolato “L’Essenza dell’Enciclopedia dello Spirito Umano e dei Principî Generali’”(49). A chi riesce a capire qualcosa di questo libro, tanto di cappello!”
“Non mi interessa nessuno di questi libri” rispose sorridendo Lăo Cán.
“Ne abbiamo altri! Ne abbiamo altri! (50)” ribattè il libraio. Ecco laggiù “I tre elementi essenziali da tenere presenti nella costruzione di una casa” (51),”Le istruzioni per evocare gli spiriti” (52), “Gli oroscopi di Zípíng” (53). Poi abbiamo opere delle scuole filosofiche anteriori all’epoca Qín. (54) La nostra modesta libreria è piena di libri. È superfluo ricordare che Jìnán, il capoluogo della provincia, è una grande città (55), ma nella zona a nord del Fiume Giallo noi siamo la libreria più importante. Nelle altre città non ci sono librerie specializzate e, nella maggior parte dei casi, sono le drogherie che hanno un angolo riservato alla vendita dei libri. (56) Tutti i “Tre”, “Cento”, “Mille” e “Mille” venduti nelle scuole in un raggio di cento-centocinquanta chilometri provengono dalla nostra libreria: ne vendiamo decine di migliaia di copie all’anno.”
“Non ho mai visto questo “Tre Cento Mille e Mille”. Che razza di libro è? Come fate a venderne tante migliaia di copie?” finse di stupirsi Lăo Cán.
“Non prendetemi in giro!” protestò il libraio” Voi mi sembrate una persona colta. Non potete non sapere che con “Tre” si indica comunemente il “Classico dei tre caratteri”(57), con “Cento” si designano “I cento cognomi delle famiglie”(58 )e con “Mille” ci si riferisce al “Classico dei Mille Caratteri” (59). Il secondo “Mille”è un’abbreviazione per “Le poesie di mille famiglie”.(60) Quest’ultimo libro tira poco: qualche centinaio di copie all’anno, ma degli altri tre ne vendiamo moltissimi esemplari.
“Non c’è nessuno che compra i “Quattro Libri”(61) o i “Cinque Classici” (62)?” domandò Lăo Cán.
“Come sarebbe a dire?” gli rispose il libraio” Abbiamo in negozio i “Quattro libri”, il “Libro delle Odi”, il “Libro dei Documenti” e il “Libro dei Mutamenti”. Se desiderate il “Libro dei Riti” o “La Cronaca di Zuǒ”(63), possiamo comandarli a Jǐnán. Chi sono gli amici cui siete venuto a rendere visita?”.
“Si tratta della famiglia di Liǔ Xiăohuì” rispose Lăo Cán “Un tempo, il vecchio capofamiglia lavorava da noi come direttore dei trasporti fluviali. (64) So che aveva fatto stampare un libro, intitolato “Biblioteca" (65), nel quale sono riprodotti ”scritti sulla lavagna” (66) delle epoche Sòng e Yuán. Vorrei poterlo ammirare. Non sapete dirmi se ci sia modo di vederlo?”.
“I Liǔ sono la famiglia più cospicua della città.” rispose il libraio “Come è possibile che non lo sappiate? Però Li Xiăohuì e il vecchio signor Liǔ sono morti ormai da parecchio tempo. L'attuale capofamiglia è il figlio del vecchio signor Liǔ, che si chiama Liǔ Fèngyí ed è il responsabile degli esami provinciali. (67) Ho sentito dire che la famiglia Liǔ possiede un gran numero di libri, che tiene imballati in grandi casse. Queste casse- che ho paura siano parecchie centinaia- sono tutte ammucchiate in uno stanzone e non c’è mai nessuno che chieda di vedere quei libri. Il fratello minore (68) del signor Liǔ è un erudito e viene spesso da noi per fare un po’ di conversazione. Una volta gli ho detto: “Tutti quei libri che avete in casa devono essere un vero tesoro. Se ne potrebbe parlare per ore ”.
“Non li ho mai visti” mi ha confessato.
“Li conservate in questo modo e non avete paura dei tarli?” ho replicato io.
Mentre il libraio parlava, si vide un uomo affacciarsi sulla soglia ed entrare.
L'uomo tirò per una manica Lăo Cán e gli disse: " Ritornate subito alla locanda. Ci sono dei funzionari della contea di Cáozhōu che vogliono sentirvi. Venite presto!".
Lăo Cán gli rispose: " Di`loro di attendere. Verrò fra un attimo."
"È da un po' di tempo che vi cerco per strada." replicò l'uomo" Il mio padrone è molto preoccupato, perciò dovreste venire subito. Ritornate alla locanda"
"Va bene" disse Lăo Cán "Visto che m'hai trovato, è giusto che tu mi chieda di fare in fretta. Puoi andare".
Quando il domestico se ne fu andato, il libraio aspettò che fosse lontano, poi chiese precipitosamente e a bassa voce a Lăo Cán: "Quanto valgono i bagagli che avete lasciato alla locanda? Avete qualche amico fidato in questa città?".
"I miei bagagli non valgono molto" gli rispose Lăo Cán" e non ho qui alcun amico fidato. Perché mi fate questa domanda?".
"Il capo della polizia di Cáozhōu è attualmente un certo signor Yù, con il quale è meglio non aver nulla a che fare. Non importa che voi siate colpevole di qualche reato o non lo siate, se gli viene il ghiribizzo, vi fa chiudere in una gabbia. Poiché i funzionari che vi cercano vengono da Cáozhōu, purtroppo non è possibile sapere chi ha dato ordine di cercarvi. Con tutta probabilità vogliono farvi del male, perciò vi consiglio di scappare subito. Non preoccupatevi dei bagagli: è meglio rinunciare a cose di valore che rischiare la vita."
"Non abbiate paura" gli rispose Lăo Cán" Credete davvero che possa trattarmi come un bandito? Io mi sento assolutamente tranquillo".
Detto questo, salutò e uscì dalla libreria.
Per strada stava arrivando una carrozzella. Metà del sedile era occupata da bagagli; nell'altra metà sedeva un uomo. Lăo Cán gettò un rapido sguardo e riconobbe il passeggero." Non è il mio amico, il signor Jìn il secondo, che viaggia su quella carrozzella?" esclamò e si parò in fretta dinanzi alla vettura.
L'uomo saltò giù dalla carrozzella, lo squadrò con attenzione e disse: "Oh, che sorpresa! Voi non siete il mio amico, il signor Tiè? Com è che vi trovate qui e che cosa ci siete venuto a fare?"".
Dopo che Lăo Cán ebbe raccontato al signor Jìn tutta la storia, gli propose: " Dovreste fare una sosta per riposarvi. Perché non venite alla locanda dove alloggio e non vi ci fermate un momento a chiacchierare? Da dove venite? Dove state andando?".
"Vedete che ora è?" domandò l'uomo "Oggi ho già fatto una sosta per riposarmi e devo ancora percorrere un bel tratto di strada. Sto ritornando dal Zhílì (69) e sono diretto verso sud. Ho delle questioni familiari da sbrigare ed ho fretta di rientrare a casa. Mi dispiace, ma non posso fermarmi."
"Dal momento che mi dite questo" gli rispose Lăo Cán " non cercherò di trattenervi. Vi prego soltanto di voler attendere un attimo. Vorrei inviare una lettera al mio amico Liú e vi sarei grato se gliela portaste."
Ciò detto, entrò nel negozio accanto alla libreria, che vendeva carta, pennelli ed inchiostro e comprò un pennello, qualche foglio di carta e una busta. Si fece prestare dal commesso la pietra che serviva da calamaio (70) e scrisse rapidamente una lettera, che consegnò al signor Jìn.
Con un inchino, gli disse: "Mi dispiace che ci siamo potuti intrattenere per così poco tempo. Quando vedrete gli amici dello Shāndōng portate a tutti loro i miei saluti".
Il signor Jìn prese la lettera e risalì sulla carrozzella.
Lăo Cán, da parte sua, ritornò alla locanda.
Qualora desideriate sapere se i funzionari di Cáozhōu arrestarono Lăo Cán, leggete il prossimo capitolo.
NOTA
1) Nel romanzo non è precisato in che cosa consista questo rapporto di dipendenza. Visto che Shēn Dōngzào, in quanto governatore di una contea, è un funzionario di grado piuttosto elevato, sembrerebbe da escludere un rapporto di subordinazione gerarchica. È possibile che si tratti di un caso di competenze concorrenti: il signor Yú può essere competente, in materia di polizia, per lo stesso territorio che è sottoposto, amministrativamente, a Shēn Dōngzào.
2) Si usa il termine 良法 (“liáng fă”) per definire la “legge giusta” cioè la legge che difende i diritti e la libertà delle persone, previene la tirannia, punisce i crimini e mantiene la giustizia. Il suo contrario è la “legge ingiusta ( 恶法 ”è fā”). Non bisogna però dimenticare che le nozioni di “legge giusta” e di “legge ingiusta” sono spesso influenzate da diverse interpretazioni politiche. Come rappresentante dell’autorità costituita, Shēn Dōngzào non può evidentemente vedere nelle leggi altro che “leggi giuste”.
3) Lǎo Cán cita qui un passaggio dei “Dialoghi” di Confucio ( cap. V, par.15):” Zĭ Gōng voleva sapere perché Kŏng Wén Zĭ fosse stato chiamato “Wén”, cioè “il sapiente”.
“ Perché era intelligente ed amava studiare” gli spiegò il Maestro” e non si vergognava di chiedere consiglio anche ai propri subordinati. Ecco perché lo chiamavano “il sapiente” "
4) Ho interpretato la frase 逼民為盜 (“ bī mín wéi dào”), letteralmente “costringere le persone a comportarsi da banditi”, nel senso che un’autorità iniqua impone norme talmente oppressive e vessatorie da renderne impossibile il rispetto, cosicché tutti i cittadini si trasformano inevitabilmente in delinquenti.
5) Il termine 父母官 (“fù mǔ guăn”) era il termine con cui, nei tempi più antichi, si designavano le autorità. Il senso dell’espressione è chiaro: i governanti devono essere come dei genitori per il popolo, cioè amarlo e proteggerlo come padre e madre amano e proteggono i propri figli.
6) Dōngzào si riferisce qui alla credenza popolare secondo cui il destino non permetterà ai discendenti di una persona che si sia arricchita con cattive azioni di beneficiare di una ricchezza male acquisita. Egli risponde dunque alla domanda di Lǎo Cán affermando che intende risolvere i veri problemi e non far carriera con metodi iniqui.
7) Il termine 缺分 (”quē fēn”) indica “mancanza di strumenti”, “inefficienza delle strutture”.
8) Il tempio di Shàolín (少林寺 “shaòlín sì “) è un importante monastero buddhista situato sul versante settentrionale del monte Sōngshān 嵩山 nel Hénán 河南. Fondato nel 496 d.C., questo monastero è considerato il luogo d’origine del buddhismo Chán 禪. Esso è altresì famoso per lo studio e l’insegnamento delle arti marziali (武 wǔ), in particolare del pugilato, che va sotto il nome di Shàolínquán 少林拳..
9) Il “tàizǔ shénquán” 太祖神拳, letteralmente “la boxe divina del Grande Antenato”, è la più importante delle arti marziali praticate a Shàolín. Per Grande Antenato s'intende abitualmente l’imperatore Tàizǔ 宋太祖, fondatore della dinastia Sòng 宋朝, ma, nel presente contesto potrebbe invece trattarsi di Bhodidharma, il fondatore del buddhismo Chán 禪.
10) Lo “shǎozǔ shénquán” 少祖神拳, letteralmente “la boxe divina del Piccolo Antenato”, è una variante meno conosciuta dell’arte marziale del pugilato. Il termine "PIccolo Antenato" potrebbe riferirsi a Shénguāng, il successore di Bhodidharma.
11) Bodhidarma (in cinese 菩提達摩 “pùtídámó", forma abbreviata: 達摩 “dámó”), nato intorno al 483 d.C., morto nel 540 d.C., fu un monaco buddhista di origine indiana ritenuto il fondatore del buddhismo Chán 禪. Secondo alcune leggende, sarebbe anche l’inventore dello stile di combattimento detto Shàolínquán 少林拳..
12) Dàzǔ Huìkĕ 大祖慧可(487 d.C.-593 d.C.), conosciuto come Shénguāng 神光, fu il successore di Bodhidharma ed il secondo patriarca del buddhismo Chán 禪.
13) In base al contesto ho interpretato la frase 精神可以悠久 “jīngshén kěyǐ yōujiǔ “, letteralmente “(affinché) lo spirito possa durare a lungo”, nel senso che le tecniche di difesa personale servivano a proteggere la vita dei monaci.
14) il termine 高人古德 “gāo rén gŭ dé” designa gli “uomini ragguardevoli che praticano le antiche virtù”. Poiché le “antiche virtù” erano sintetizzate dalla rinuncia al mondo, gli “uomini ragguardevoli” che le praticavano erano gli asceti e gli eremiti che si ritiravano a vivere in solitudine in mezzo ai deserti o sulla cima delle montagne.
15) Gān Fèngchí 甘鳳池, originario di Nanchino 南京, fu un famoso specialista di arti marziali all’epoca della dinastia Qīng 清朝. Avendo violato il divieto imposto ai cittadini di etnia Hàn di riunirsi in gruppi per praticare le arti marziali, fu considerato ribelle alla dinastia Manciù e dovette nascondersi per non essere arrestato. Secondo un suo biografo, potè ritornare alla sua città natale soltanto in tarda età.
16) Il termine dispregiativo “banditi del Guāndōng” 粵匪 (“yuè fěi”) fu usato, sino alla caduta della dinastia Qīng, per designare i ribelli che avevano creato l’effimero Regno Celeste della Pace Suprema (太平天国 “tài píng tiān guó”), che durò dal 1851 al 1864.
17) L’Esercito del Húnán, conosciuto anche come l’Armata Xiáng (湘軍 “xiāng jūn), fu uno degli eserciti regionali creati in varie province dai notabili locali, partendo dalle milizie esistenti nei villaggi, per opporsi alla ribellione dei Tàipíng . Organizzato nel 1852 da Zēng Guófān 曾国藩, esso non faceva parte dell’esercito regolare e rispondeva unicamente all’autorità del proprio comandante. Raggiunse nel 1860 una forza di 360.000 uomini.
18) L’Esercito del Fiume Huái ( 淮軍 “huái jūn”), detto anche l’Armata dell’Ānhuī, creato da Lĭ Hóngzhāng 李鴻章 e forte di circa 25.000 uomini, ricevette il battesimo del fuoco a Shànghăi nel 1861. In seguito avanzò verso ovest, vincendo numerose battaglie e riconquistando vasti territori occupati dai ribelli.
19) Qi 齊 era uno dei numerosi regni esistenti all’epoca della dinastia Zhōu 周 朝 ( 1046 a.C. - 221 a.C.). Occupava all’inizio le parti settentrionali dello Shāndōng, ma si espanse in seguito verso sud e verso ovest.
Yù 豫 è un altro dei nove antichi regni del periodo Zhōu. Comprendeva l’intero territorio dell’attuale Hénán 河南 e la parte settentrionale del Hébĕi 河北.
L’uso di termini geografici arcaici è un vezzo molto diffuso tra gli scrittori cinesi anteriori alla rivoluzione del 1911.
20) Il 兩 “liǎng”, conosciuto a livello internazionale come “tael” (parola di origine malese), era un’unità di misura del peso corrispondente a circa un’oncia (36-38 grammi). Non esistendo, sotto la dinastia Qīng una zecca statale, la moneta in circolazione era sostanzialmente costituita da lingotti d’argento di produzione privata del peso di 50, 10, 5 o 1 tael. In un passo precedente, viene usato il termine 金 “jīn” (“metallo”, “moneta”) che ha lo stesso significato. La discordanza tra gli importi menzionati nei due passi potrebbe essere dovuta a una disattenzione dell’autore.
21) Il testo cinese menziona soltanto le “spese per le bevande”( 酒水之資 ” jiǔshuǐ zhī zī”), ma mi sembra evidente che ci troviamo di fronte ad un caso in cui si cita una parte per il tutto.
22) Probabilmente qualcuno dei briganti accompagna il trasporto per assicurare che non vi siano “assalti alla diligenza” ed il “pizzo” viene elegantemente presentato come un rimborso delle spese di viaggio. La somma di duecento o trecento tael, qui indicata, sembra riferirsi a trasporti di modesta importanza, perché in relazione ad un trasporto di centomila o duecentomila tael apparirebbe insignificante.
23) Il termine 江湖 (“jiāng hú”), letteralmente “fiumi e laghi”, presenta numerose sfumature di significato. Una di queste si riferisce a gruppi sociali marginali che sfuggivano al controllo delle autorità e che svolgevano spesso attività non consentite dalla legge.
24) Come abbiamo visto Lăo Cán raccomanda di trattare con tutti gli onori la persona che sarà incaricata di lottare contro i briganti.Si può quindi immaginare che gli verrà messo a disposizione un palanchino, l’equivalente dell’attuale “auto blu”.
25) L’espressione idiomatica cinese “lanciare qualcosa nel Grande Mare Orientale” ( 東洋大海 “dōng yáng dà hǎi”), cioè nell’Oceano, corrisponde a “buttare a mare”, “gettare alle ortiche”, “rinunciare”.
26) Dōngchāngfῡ 東昌府 è un distretto della città di Liáochéng 聊城 nello Shāndōng 山東.
27) La famiglia Liǔ 柳 qui menzionata è in realtà la famiglia Yáng 杨 e la casa cui si riferisce l’autore è il “Padiglione del Mare e della Sorgente” (海源阁 “hǎiyuán gé”") fatto costruire nel 1840 da Yáng Yǐzēng 杨以增. Questo padiglione contiene una ricchissima collezione di libri e di calligrafie risalenti alle dinastie Sòng 宋朝 e Yuán 元朝.
28) Si deve supporre che le camere di Lăo Cán e di Dōngzào non si trovassero sullo stesso lato del cortile della locanda e che non ci fossero porticati o corridoi interni. Dōngzào era alloggiato verosimilmente nel corpo principale dell’edificio, Lăo Cán in una delle ali.
29) Come si è già visto in precedenza, il gran freddo fa sì che il pennello geli e che l’inchiostro non riesca a liquefarsi.
30) Il termine “mă fēng” 馬封, designava le buste o i pacchi in cui era contenuta la corrispondenza ufficiale scambiata per via postale tra i vari uffici amministrativi. Il mezzo di trasporto usuale utilizzato dai corrieri a quell’epoca era il cavallo.
31) Il termine “yìzhàn” 驛站 indicava le “stazioni di posta” che, come risulta chiaramente dall’etimologia, erano in origine i posti in cui si effettuava il cambio dei cavalli.
32) Come si è già visto (cfr. Rubrica “Pittura e altre arti”, voce “I poggiatesta di porcellana”) i poggiatesta erano scatolette rettangolari di porcellana che servivano per sostenere la testa durante il sonno. Erano anche utilizzati per riporvi scritti od oggetti importanti in modo che non rischiassero di essere rubati o di andare smarriti. Il fatto che Dōngzào riponga la lettera nel poggiatesta testimonia l’importanza che le attribuisce.
33) Come si è già detto Tiē è il cognome di Lăo Cán, mentre Bǔcán è il suo 號 “hào”, cioè il nome con cui è abitualmente chiamato.
34) Il testo cinese usa l’espressione 老夫子 ”lăo fῡzí”, letteralmente “vecchio maestro”, antico titolo onorifico, che veniva spesso usato per rivolgersi ai letterati o per parlare di loro. Nel contesto, il termine sembra riferirsi agli “assistenti” di Zípíng, che era manifestamente un funzionario di rango abbastanza elevato e che doveva quindi essere coadiuvato da uno staff di letterati.
35) L’autore sembra qui riferirsi ai grandi cartoncini di color rosso che svolgevano un tempo le funzioni di biglietti da visita.
36) Il termine 東家 “dōngjiā”, letteralmente “chi abita sul lato orientale (di una casa)”, era anticamente usato per indicare il “padrone di casa”, il “maestro”, il “capo”. Nel presente contesto, esso si riferisce chiaramente a Dōngzào, il quale è la persona più importante tra coloro che alloggiano nella locanda.
37) Guān Yǔ 關羽, famoso generale dell’epoca dei Tre Regni, fu divinizzato, dopo la sua morte, come dio della guerra, e gli furono dedicati numerosi santuari.
38) Così va interpretata la frase cinese 無非是風餐露宿 (“wúfēi shì fēngcān lùsù”), letteralmente “null’altro che viaggiare in condizioni scomode e dormire all’addiaccio”. Occorre ricordare che si era d’inverno e che le locande, che erano in genere stazioni di posta, non offrivano, come s’è visto, grandi comodità.
39) Il termine 十美图 ”shí měi tú”, cioè “dieci belle immagini”, richiama alla mente le serie pittoriche che illustravano i paesaggi più affascinanti di una regione. Qui sembra piuttosto doversi intendere come riferito a luoghi che eccellevano per la cultura e la sensibilità letteraria dei loro abitanti.
40) L’espressione 弦歌 “xiángē” significa letteralmente “cantare canzoni accompagnandosi con uno strumento a corda”. Metaforicamente, ha poi assunto il significato di avere una buona educazione letteraria e di dilettarsi di poesia”.
41) Il libraio suggerisce a Lăo Cán tre tipi di libri. Sono menzionati, anzitutto, quelli che servivano alla preparazione degli esami imperiali, da lui definiti “studio impegnativo della Sala del Tempio” (目耕齋正經學問 “mù gēng zhāi zhèngjīng xuéwèn”). Vengono poi le opere relative alla poesia e alla prosa letteraria , indicate come “letteratura di vario genere”(雜學 “záxué”). Da ultimo, un saggio filosofico, presentato con una buona dose di ironia: “Chi riesce a capirlo è un genio”( 這書看得懂的,可就了不得了 ”zhè shū kàn dé dǒng de, kě jiù liǎo bùdéle”).
42) La menzione di “fogli di carta bianca” lascia pensare che i libri di epoca più antica non fossero rilegati.
43) L’espressione崇辨堂墨選 ”chóng biàn táng mò xuǎn”, che può essere tradotta come “Prontuario per la Sala dell’Amministrazione Suprema”, designa un manuale utilizzato per la preparazione agli esami imperiali. Il termine 墨選 “mò xuǎn” (letteralmente “selezione di inchiostri”, cioè “raccolta di testi”) indica infatti un’antologia dei “saggi in otto parti” (八股文 ”bāgǔwén”),che costituivano una delle prove più importanti di tali esami. Antologie di questo tipo ebbero grande diffusione sotto le dinastie Míng 明朝. e Qīng 清朝. Anche i due libri citati successivamente facevano parte di questi manuali, che potrebbero essere definiti, con una certa approssimazione, i “bignami” dell’epoca.
44) Le “Letture della sala del tempio“ (目耕齋集 “mù gēng zhāi jì”) furono composte da Shěn Shūméi 沈叔眉 nei primi anni della dinastia Qīng 清朝. Il termine 目耕齋 corrisponde infatti al termine 齋堂 (“ zhāi táng”), che designa la sala in cui i monaci buddhisti si riuniscono per cantare i sutra.
45) Gli “Appunti di scuola per il saggio in otto parti” (八銘塾鈔 “bā míng shú chāo”) furono composti da Wú Xiăngzhèng 吳想政.
46) “L’interpretazione combinata delle antiche liriche Táng"( 古唐詩合解 “gǔ tángshī hé jiě“) è un'antologia in sedici volumi, pubblicata da Wáng Yáoqú 王堯衢 nel 1732.
47) Pubblicata nel 1763, la raccolta intitolata “Trecento poesie dell’epoca Táng”(唐 詩 三 百 首 “tángshī sānbăi shŏu”), opera del letterato Sūn Zhū 孫 洙 (1722-1778), noto anche come “L’eremita di Héngtáng”(衡 塘 退 士 “héngtáng tuìshì”), è la più conosciuta tra le antologie della poesia Táng. Ritenendo insoddisfacente l’antologia “Poesie di mille maestri”(千 家 詩 “qiān jiā shī”), compilata da Liú Kèzhuāng 劉 克 莊 sotto la dinastia Sòng 宋朝 , Sūn selezionò circa trecento composizioni dell’epoca Táng da lui ritenute particolarmente valide per popolarità e per valore educativo.
48) “L’interpretazione della prosa antica” (古文釋義 “gǔwén shìyì”), un’ opera di Lín Yùnmíng 林雲銘 (1628–97) della dinastia Qīng 清朝, pubblicata nel 1682, contiene un totale di 147 saggi, che vanno dal periodo anteriore alla dinastia Qín 秦朝 fino alla dinastia Míng 明 朝.
49) L”Essenza dell’Enciclopedia dello Spirito Umano e dei Principî Generali” ( 性理精義 “xìng lǐ jīngyì”) è un’opera in venti volumi, compilata nel 1715, per ordine imperiale, da un gruppo di studiosi sotto la guida di Lī Guāngdì 李光地 (1642-1718). Essa si proponeva di riprendere e di semplificare una compilazione filosofica dell’epoca Míng 明朝, intitolata “L’Enciclopedia dello Spirito Umano e dei Principî Generali”, mantenendone lo schema e arricchendola di note e di spiegazioni.
L’”Enciclopedia dello Spirito Umano e dei Principî Generali”( 性理大全 “xìng lǐ dàquán”) fu compilata, per ordine imperiale, tra il 1414 e il 1415, da un gruppo di studiosi sotto la guida di Hú Guǎng 胡廣 (1369-1418). I suoi settanta volumi contengono citazioni tratte dagli scritti di 120 filosofi neo-confuciani vissuti all’epoca della dinastia Sòng 宋 朝.
50) Il dialogo tra Lăo Cán e il libraio tende presto a trasformarsi in una scenetta comica. Il libraio, che già dall’aspetto del visitatore ha ritenuto di trovarsi di fronte ad un intellettuale, gli propone dapprima alcuni libri che trattano di argomenti “elevati” (politica, letteratura, filosofia), ma quando Lăo Cán gli dichiara di non essere interessato a tali opere, cambia instantaneamente di registro e comincia ad offrirgli libri che affrontano temi assai più “popolari” ( geomanzia, astrologia, oroscopi) per finire con i testi di base dell’insegnamento scolastico. Lăo Cán, piccato, si finge allora ancor più rozzo di quanto non lo creda il libraio, costringendo quest’ultimo a spiegargli le cose più banali.
51) Il libro intitolato “I tre elementi essenziali da tener presenti nella costruzione di una casa (陽宅三要 ” yángzhái sān yào”) è un trattato di geomanzia ( 風水 “fēngshŭi”) scritto da Zhào Jiǔfēng 趙九峯, autore di cui non si conoscono i dati biografici, ma che fu attivo sotto la dinastia Qīng 清朝 durante il XVIII° secolo.
52) Non ho trovato su Internet il titolo “鬼撮腳 “guǐ cuō jiǎo”, che sembra avere a che fare con l'evocazione o con la cattura degli spiriti, ma il cui significato non è molto chiaro-. L’espressione si incontra unicamente nella frase大六壬:苗公射覆鬼撮腳 (“dà liùrén :“miáo gōng shè fù guǐ cuō jiǎo”), che rimanda al metodo detto dei “Sei grandi rén”), un metodo di divinazione basato sul calendario astrologico cinese. Il termine 壬 (“rén”) designa il nono dei dieci tronchi celesti, che appare sei volte nell’ambito di un ciclo sessagesimale.
53) Lo “Zípíng dell’abisso marino” (淵海子平 “yuānhăi zípíng”) è un trattato concernente gli oroscopi e la numerologia, compilato da Xú Dàshēng 徐大升all’epoca della dinastia Sòng 宋 朝 sulla base dei metodi di predizione del futuro di Xú Zípíng 徐子平, detto il “Maestro del Mare Orientale”( 東海先師 “dōnghǎi xiānshī “). Le ricerche effettuate su Internet non hanno permesso di accertare se il titolo 淵子平 (“yuān zípíng”) che figura nel “Viaggio di Lăo Cán” si riferisca ad un altro libro sullo stesso argomento o sia semplicemente una citazione incompleta del titolo del libro soprammenzionato.
54) Il termine 百家 (“băi jiā”), vale a dire “le cento scuole” si riferisce alle numerose scuole di pensiero sorte nel Periodo delle Primavere e degli Autunni (春秋时代 ”chūnqiū zhànguó shídài “), che durò dal 771 a.C. al 476 a.C, e nel successivo Periodo degli Stati Combattenti (战国时代 ”zhànguó shídài “), che durò dal 475 a.C. al 221 a.C.
55) Il libraio menziona Jǐnán 濟南per sottolineare che la sua libreria non intende ovviamente mettersi in concorrenza con quelle del capoluogo dello Shāndōng 山東, ma è comunque la più importante nell’ambito della prefettura di Dōngchāng 東昌.
56) Come si vede, le drogherie e i magazzini per la vendita dei prodotti alimentari avevano all’epoca un angolo riservato alla vendita dei libri. I “reparti libri” degli odierni supermercati non sono dunque una novità.
57) Il “Classico dei tre caratteri” ( 三字經 “sān zì jīng”), opera di Wáng Yīnglín 王應麟 (1223–1296), è stato, fin dalla metà del XIII° secolo, il libro scolastico più conosciuto e più studiato in Cina. Esso veniva infatti usato per insegnare ai bambini i caratteri della scrittura cinese. Si chiama così perché è composto da una lunghissima serie di versi rimati di tre caratteri ciascuno.
58) ”I cento cognomi”(百家姓” băi jiāxíng”) è il titolo di una raccolta di 411 cognomi, successivamente ampliata a 504, che sarebbe stata compilata nei primi anni della dinastia dei Sòng settentrionali 北宋朝. Anche questo libro è stato ampiamente utilizzato, nel corso dei secoli, per insegnare ai bambini i carateri della scrittura cinese.
59) Il “Classico dei mille caratteri” (千字文 “qiān zì wén”) è un poema didattico composto da 250 versi di quattro caratteri, nessuno dei quali viene mai ripetuto. Questa particolarità lo rendeva particolarmente utile per l’insegnamento della scrittura. Esso svolgeva, allo stesso tempo, le funzioni di un “sussidiario” per la formazione degli scolari, perché i suoi versi fornivano una serie di informazioni sulla natura, sulla storia, sulla geografia, sulla struttura politica del paese e sulle regole di condotta da rispettare nell’ambito della società. Secondo la leggenda fu commissionato allo studioso Zhōu Xìngsì 周兴嗣 dall’ l’imperatore Wǔdì 武帝 (periodo di regno 502 d.C.-549 d.C.) della dinastia Liang 梁朝, il quale voleva un testo letterario per insegnare il cinese al proprio erede.
60) L’antologia intitolata “Le poesie di mille famiglie”( 千家诗 “qiānjiāshī”) è una combinazione di due raccolte: la "Riedizione delle poesie di mille famiglie" ( 重订千家诗 “chóng dìng qiānjiāshī “) di Xiè Fāngdé 谢枋得 della dinastia Sòng 宋 朝 (“in versi settenari”) e le "Poesie di mille famiglie in versi quinari”( “五言千家诗 “wŭ yán qiānjiāshī") selezionate da Wáng Xiāng 王相 della Dinastia Qīng 清朝. L’espressione “di mille famiglie” va evidentemente intesa significare “di tutti i tipi”, “di ogni genere”.La maggior parte delle poesie selezionate sono poesie famose delle dinastie Táng e Sòng, facili da imparare e da capire. I loro temi riflettono la realtà sociale, ciò che spiega la loro ampia diffusione.
61) I “Quattro Libri” (四書”sì shū”), testi fondamentali della dottrina confuciana, sono: “Il Grande Studio”( 大學 ”dàxué”) , “Il Giusto Mezzo” ( 中庸 ”zhōngyōng), “I Dialoghi” di Confucio ( 論語 ”lúnyǔ) e il “Mencio (孟子 “mèng zĭ”) .
62) I “Cinque Classici” ( 五經”wǔjīng”) ,opere fondamentali dell'antica letteratura cinese, sono:
“Il LIbro dei Mutamenti ( 易經经 ”yìjīng”)
“Il Libro delle Odi” (詩經 ”shījīng “)
“Il Libro dei Documenti(書經 “shūjīng”).
“Il “Libro dei Riti” ( 禮記 “lǐjì”)
“Gli Annali delle Primavere e degli Autunni” (春秋 “chūnqiū”).
63) La “Cronaca di Zuǒ” 左傳 (“zuǒzhuán”) è generalmente ritenuta un commento agli “Annali delle Primavere e degli Autunni”, anche se alcuni studiosi la considerano un testo di origine autonoma.
64) Il termine 漕臺 “cáo tái” indicava il responsabile del traffico fluviale, cioè il funzionario che si occupava in particolare del raccolto, della consegna e dell’immagazzinamento dei cereali, nonché del loro trasporto attraverso la rete di fiumi e di canali che attraversavano il paese.
65) Il termine 納書楹 (“nàshῡyíng””) appare di ardua interpretazione. Se i caratteri 納書 (“nàshῡ”) possono essere intesi abbastanza facilmente nel senso di “accogliere, prendere, depositare libri”, il carattere 楹, al quale i dizionari attribuiscono il significato di “pilastro”, ”colonna” oppure quello di “distico” sembra difficile da conciliare con gli altri due. Possiamo però immaginare di trovarci di fronte ad una metonimia, figura retorica in cui si indica la parte per il tutto, cosicché le parole “pilastri” o “colonne” servirebbero a designare gli edifici adibiti a “biblioteche” o “librerie”, i cui ingressi sono normalmente fiancheggiati da un paio di pilastri o di colonne.
(Si spiegherebbe allora, in modo analogo, l’attribuzione a questo carattere del significato di “distico”, giacché i due pilastri o le due colonne a fianco di una porta erano abitualmente ornati da due striscie recanti ciascuna un verso).
Mi è perciò sembrato plausibile attribuire all’intera espressione il significato di “biblioteca”.
Questa conclusione sembra confermata dal titolo di una raccolta di melodie compilata nel XVIII° secolo, che si legge 納書楹曲譜 ” nà shū yíng qǔpǔ” e che può essere tradotto come “elenco di melodie tratte da testi conservati nelle biblioteche”.
66) Il termine 板書 (“bǎnshū) , letteralmente “parole scritte sulla lavagna”, indica ciò che il maestro scrive sulla lavagna per spiegare o sintetizzare ciò che sta insegnando. Queste note vengono spesso copiate dagli studenti nei loro quaderni di appunti, che, ad esempio nelle università, vengono talora pubblicati con il nome di “dispense universitarie”. Questo fenomeno si verificava in Cina già ai tempi delle dinastie Sòng e Yuán. Gli “scritti sulla lavagna” risalenti a tali epoche suscitavano evidentemente molto interesse negli eruditi degli inizi del XX° secolo.
67) Con il termine 兩榜 (“liǎng bǎng”), cioè “ le due liste”o “le due classifiche”, si indicavano gli esami imperiali, che permettevano di conseguire il diploma di “studioso provetto” ( 進士 “jìnshì”), e gli esami provinciali, che permettevano di conseguire il diploma di “studioso raccomandato”, cioè ritenuto adatto a svolgere funzioni pubbliche ( 舉人” jǔrén”).
68) Compaiono nel dialogo tra Lǎo Cán e il libraio alcuni termini relativi alle relazioni familiari:
老大爺 (“lǎodàyé“) designa il “vecchio capofamiglia”, il “nonno”;
大人 (“dà rén”) designa il “capofamiglia”;
少爺 (shǎoyé”) designa il “giovane padrone”, il “figlio primogenito”
三爺 (“sānyè”) designa il “fratello minore” o il “genero”.
(69) ll nome "Zhílì" 直隸 significa "direttamente governato" e indicava le regioni direttamente governate dall'Imperatore. La provincia di Zhílì fu costituita per la prima volta durante la dinastia Míng, allorché la capitale della Cina si trovava a Nanchino, e comprendeva alcune regioni situate intorno a quella città. Nel 1403, dopo il trasferimento della capitale a Pechino, fu creata una provincia nota come Zhilì del Nord, composta da parti delle moderne province di Héběi, Hénán, Shāndōng, e dalle città di Pechino e di Tientsin.
(70) La pietra concava per contenere l'inchiostro (砚台 "yàntái") è, insieme con il pennello, la carta e la barretta d'inchiostro uno dei "quattro tesori del letterato", cioè uno degli strumenti essenziali per scrivere e per praticare l'arte della calligrafia.
Capitolo VIII
Abbiamo raccontato che Lǎo Cán rimase molto stupito quando un domestico venne a dirgli che dei funzionari della prefettura di Cáozhōu lo stavano cercando. "È mai possibile" si domandava "che il signor Yù mi tratti davvero come un bandito?".
Mentre entrava nel cortile della locanda, vide che un uomo con un pacco in mano gli si faceva incontro. L'uomo lo salutò, depose il pacco su una sedia, poi estrasse di tasca una busta, gliela consegnò a mani giunte (1) e gli disse:"Sua Eccellenza Shēn vi manda i suoi saluti".
Lǎo Cán prese la lettera e le diede un'occhiata. Capì subito che Shēn Dōngzào, rientrato in albergo, aveva visto che la pelliccia di volpe da lui inviata in dono gli era stata riportata indietro e se ne era rattristato, pensando che Lǎo Cán non avesse accettato il regalo perché riteneva la pelliccia di volpe troppo appariscente (2). Aveva perciò scelto, in un negozio di abbigliamento, un completo in pelle di montone ed aveva affidato ad un messaggero la tunica e la giacchetta insieme con un biglietto in cui dichiarava che si sarebbe offeso se Lǎo Cán avesse rifiutato il regalo anche questa volta,
Dopo aver letto il biglietto, Lǎo Cán sorrise e domandò al messaggero: "Siete un funzionario della prefettura di Cáozhōu?"
"Sono un funzionario della contea di Chéngwǔ, nella prefettura di Cáozhōu" gli rispose l'uomo.
Lǎo Cán capì allora che il domestico della locanda aveva dimenticato qualcosa nel riferirgli la qualifica di chi lo cercava.(3) Scrisse due parole di ringraziamento e diede un paio di tael di mancia al messaggero.
Rimase in città ancora due giorni, ma dovette constatare che gli antichi libri della famiglia Liǔ erano effettivamente nascosti in grandi casse e non erano accessibili non soltanto agli estranei, ma nemmeno agli stessi membri della famiglia. Deluso, prese il pennello e scrisse sulla parete della camera i seguenti versi:
"Cāngwěi (4) ,Wáng Zhì, Yìyún (5) e Jīngshĕ (6),
quattro collezioni di libri
trasferite insieme a Dōngchāng,
nascoste in una biblioteca (7),
cibo ai pesciolini d’argento." (8)
Quando ebbe finito di scrivere, sospirò più volte e si mise a letto.
Lasciamolo riposare un istante e parliamo ora di ciò che aveva fatto nel frattempo Shēn Dōngzào.
Costui s'era recato in prefettura a presentare il suo rapporto ed aveva visto il signor Yù, il quale non aveva fatto altro che esortarlo a mostrarsi particolarmente severo per contrastare il disordine dei tempi. Shēn Dōngzào si era limitato a pronunciare qualche frase di circostanza e non aveva osato aggiungere altro. Poi, dopo aver bevuto il tè con il signor Yù, era tornato alla locanda.
Quando il padrone della locanda gli consegnò, a mani giunte, il biglietto di Lǎo Cán e la pelliccia di volpe, Dōngzào
diede un'occhiata al biglietto e si accigliò.
Shēn Zìpíng, che gli stava accanto, gli domandò: " Che cosa c'è che non va, fratello?".
Dōngzào, dopo aver spiegato al fratello come, avendo visto che Lǎo Cán indossava sempre abiti di cotone, gli avesse offerto una pelliccia di volpe e come ne fosse nata una discussione, concluse: "Vedi! Mi sembra un po' troppo scortese, da parte sua, avermi mandato indietro questa pelliccia prima di partire".
"Tu sei un po' permaloso, fratello" osservò Zìpíng " Io credo che abbia rifiutato il tuo regalo per due ragioni. In primo luogo, perché gli è parso che la pelliccia fosse un dono troppo importante e che non fosse giusto accettarla. In secondo luogo, perché, anche se l'avesse accettata non gli sarebbe servita a niente. Che senso avrebbe portare un abito bordato di pelliccia sotto una giacchetta di cotone. (10) Se vuoi veramente dimostrargli la tua amicizia, chiedi a qualcuno di procurarti un completo in pelle di montone: tunica e giacchetta, con i risvolti in cotone o in popeline. (11) Vedrai che lo accetterà certamente. Mi sembra una persona semplice e schietta. Che cosa ne pensi, fratello?".
"Hai proprio ragione" gli rispose Dōngzào "Incarica qualcuno di fare come mi hai consigliato".
Mentre guardava il fratello maggiore Shēn Dōng che si preparava a tornare alla sua contea, Shēn Zìpíng fece comprare un completo in pelle di montone e mandò qualcuno a consegnarlo a Lǎo Cán, poi si procurò un calesse e partì per Píngyīn. Giunto a Píngyīn, caricò i bagagli su due carrettini e continuò il viaggio a cavallo. Gli bastò una mattina per arrivare ai piedi del monte Táohuā, ma lì si rese conto che con il cavallo non sarebbe potuto andare oltre. Non c’era altro da fare che fermarsi. Per fortuna, alle pendici della montagna c’era un villaggio con una piccola locanda. Noleggiò un asino da un abitante del villaggio e rimandò indietro il cavallo. Dopo essersi fermato a mangiare qualcosa, si diresse verso la montagna. Subito fuori dal villaggio, vide dinanzi a sè il greto sabbioso di un torrente. Il greto era largo più di cinquecento metri, ma c’era solo un sottile filo d’acqua che scorreva nel mezzo, attraversato da una passerella d’assi lunga pochi metri. La superficie del torrente, era ghiacciata, ma da sotto la coltre di ghiaccio proveniva il rumore dell’acqua che scorreva gorgogliando, un rumore simile a quello causato dall’oscillazione di un ciondolo di giada. Zìpíng capì che era il suono prodotto dai pezzetti di ghiaccio trasportati dalla corrente che urtavano la superficie ghiacciata.
Superato il greto sabbioso, si raggiungeva la vallata orientale e si vedeva la montagna stendersi da sud verso nord con una serie di ondulazioni nel mezzo. Sebbene di lì non fosse ancora possibile rendersene conto, si era giunti presso il punto di intersezione di due sole, grandi vallate, a sinistra e a destra, costituite da due lunghe creste di colline e di picchi. Dalla cima centrale scorrevano giù due grossi ruscelli: quello di destra si chiamava Dōngyù e quello di sinistra si chiamava Xīyù. Poco più`avanti le loro acque si mescolavano e formavano un torrente che girava tre volte, a destra e a sinistra, prima di uscire dalla vallata. Subito dopo l'uscita , si incontrava il greto sabbioso che Zìpíng aveva attraversato.
Zìpíng affrontò il valico di montagna e, levando la testa, vide, non molto lontano, un ripido pendio, che si ergeva di fronte a lui come uno schermo, cosparso di rocce, alberi e cespugli. Era nevicato molto: le rocce apparivano verdastre, la neve bianca, i rami degli alberi avevano un colore giallastro, qua e là boschetti di pini e di cipressi formavano macchie verdi, come chiazze di musco su un dipinto. In sella al suo asino, Zìpíng ammirava il paesaggio e si sentiva così felice, che gli veniva voglia di gettar giù un paio di versi per descrivere la scena.
Proprio mentre era perso nella contemplazione del paesaggio, ebbe appena il tempo di percepire il suono della campanella appesa al collo dell’asino che sentì le ginocchia piegarsi ed il suo corpo perdere l’equilibrio e rotolare giù verso il torrente che scorreva a fondovalle. Per fortuna, il torrente, che, in quel punto, si trovava proprio accanto alla strada, era impetuoso, ma non molto profondo. Inoltre, s’erano formati sulle sue rive due spessi strati di neve, in cima ai quali s’era creata una sottile crosta di ghiaccio. Zìpíng cadde in basso come se stesse rotolando giù da un materasso a molle, spezzando la crosta di ghiaccio sul suo passaggio, ma, dopo un breve tratto, si fermò contro una grossa roccia senza riportare ferite. Si rialzò rapidamente, appoggiandosi alla roccia, senza accorgersi che i suoi piedi erano sprofondati nella neve per più di trenta centimetri. Guardò l'asino che era rimasto in alto sul bordo del sentiero: l’animale si impennava con le zampe anteriori, ma non riusciva a muovere le zampe posteriori, profondamente invischiate nella neve. Allora chiamò subito le persone che lo accompagnavano e guardò avanti e indietro per accertarsi dove fossero i carretti con i bagagli, ma dei carretti non c'era traccia.
Quale poteva esserne il motivo? Poiché non c’era molta gente che percorresse quel sentiero di montagna, lo strato di neve che lo ricopriva, pur essendo un po’meno spesso di quello che si era accumulato sui bordi, era ancora profondo venti o venticinque centimetri. L’asino era riuscito ad avanzare, passo dopo passo, senza troppa fatica e Zìpíng, affascinato dallo spettacolo della montagna ricoperta di neve, non si era preoccupato di controllare che i carretti lo seguissero, ma i carretti, come era ovvio, potevano andare avanti soltanto se le ruote aderivano al terreno ed incontravano quindi una particolare resistenza da parte della neve.Sebbene una persona li tirasse e un’altra li spingesse procedevano dunque a rilento ed erano già rimasti indietro di qualche centinaio di metri rispetto all'asino.
Zìpíng, immerso fin sopra i ginocchi nella neve, non poteva muoversi. Dovette quindi far buon viso alla cattiva sorte ed aspettare con rassegnazione l’arrivo dei carretti, che giunsero solo dopo un bel momento. (12) Tutti si misero allora a cercare una soluzione, ma quello che stava in basso non poteva salire su fino al sentiero e quelli che stavano sul sentiero non potevano scendere perché il pendio era troppo ripido. Dopo aver riflettuto a lungo, decisero di staccare da un carretto due delle corde che servivano a legare i bagagli, di annodarle insieme a formare una corda più lunga e di calarne un capo verso Zìpíng, che se la cinse intorno alla vita. Fatto ciò, quattro o cinque persone, dal sentiero, afferrarono insieme l’altro capo della corda e riuscirono a tirarlo su. Dopo che i domestici lo ebbero aiutato a spazzar via la neve dagli abiti, Zìpíng si fece riportare l’asino, montò di nuovo in sella ed andò avanti con circospezione.
Sebbene il sentiero non fosse molto stretto era tutto un saliscendi e il selciato diventava estremamente scivoloso quando, a causa del gran freddo, la coltre di neve si trasformava in ghiaccio. Pur essendo partito all’una del pomeriggio e pur avendo marciato sino alle quattro, Zìpíng aveva percorso meno di cinque chilometri. Allora cominciò a pensare: "Il capo del villaggio mi ha detto che Shānjí distava solo sette chilometri e mezzo, ma ho camminato per tre ore e sono appena a metà strada. Il sole tramonta presto d’ inverno e, per di più, la vallata è incassata in mezzo ad alte montagne che nascondono rapidamente il sole e favoriscono il veloce propagarsi dell’oscurità”. Mentre cavalcava e faceva al tempo stesso queste riflessioni, prima ancora che se ne rendesse conto, era già diventato.buio.
Scese di sella e, tenendo in mano le redini, si mise a discutere con il carrettiere: "Guarda, si è già fatto buio ed abbiamo ancora più o meno tre chilometri da percorrere. Il sentiero è malagevole e i carretti avanzano a rilento. Che cosa si può fare? ".
“Non c`è niente da fare” gli rispose il carrettiere.”Per fortuna, oggi siamo al 13 del mese e la luna è spuntata presto. In qualunque caso, dobbiamo arrivare a Shānjí. Non ci sono briganti su questo sperduto sentiero di montagna, perciò anche se facciamo tardi, non dobbiamo averne paura”.
“Anche se ci fossero i briganti” replicò Zìpíng: " non ne avrei paura, perché ho pochi bagagli e non mi importerebbe molto se me li rubassero. Ciò che mi fa veramente paura sono le bestie feroci: gli sciacalli, le tigri e i leopardi. Si sta facendo notte. Se dovessimo imbatterci in uno di questi animali, potremmo vedercela brutta".
Il carrettiere lo rassicurò: “Su queste montagne non vivono molte tigri. Una Tigre Sacra (13) le controlla ed esse non fanno del male a nessuno. Per contro, ci sono parecchi lupi, ma, se li sentiremo avvicinarsi, basterà che ci armiamo tutti di un bastone e non dovremo aver paura di loro” .
Dopo questa conversazione, giunsero dinanzi al letto di un torrentello impetuoso che si gettava nel torrente più grande formando una piccola cascata. Anche se si era d’inverno e il torrentello era asciutto, il burrone che esso aveva scavato era profondo più di sei metri e largo altrettanto. In alto c’era il ripido pendio della montagna, in basso il pendio altrettanto ripido che scendeva a fondovalle, e sembrava non esserci alcun passaggio.
Quando Zìpíng scorse questo ostacolo, fu colto dal panico. Tirò immediatamente le redini e attese che arrivassero i carretti.
“Non posso crederci!” esclamò “Abbiamo sbagliato strada e siamo finiti in un vicolo cieco.”
Il carrettiere fermò i carretti, trasse un profondo respiro e osservò: “No! Abbiamo preso la strada giusta. C’è un solo sentiero e quindi non possiamo esserci sbagliati. Vediamo che cosa si può fare.”
Fece qualche decina di passi, poi tornò indietro e disse a Zìpíng: “ C’è un passaggio, ma non è facile da affrontare. Dovrai smontare dall’asino e andare avanti a piedi”.
Zìpíng smontò di sella, prese l'asino per le redini e seguì il carrettiere per andare a vedere. Scoprì così che, dietro una grande roccia, era stato costruito qualcosa di simile a un ponte di pietra. Tuttavia, questo ponte era costituito da due soli pilastri isolati, larghi ciascuno appena una quarantina di centimetri e abbastanza distanti l’'uno dall'altro. Per di più, il piccolo spiazzo in cima ai pilastri era ricoperto da uno strato di ghiaccio, che lo rendeva scivoloso.
"Che spavento!” esclamò Zìpíng” Come farò ad attraversare questo ponte? Se scivolo, sono morto!. Non ho davvero il coraggio di tentare l’avventura.”
Il carrettiere e i suoi aiutanti lo guardarono e gli dissero: "Non c’è ragione di inquietarsi. Possiamo attraversare il ponte senza rischiare nulla. Per fortuna, portiamo tutti scarpe con le suole in fibre di giunco (14), che aderiscono perfettamente a qualsiasi superficie, e non dobbiamo avere nessun timore.”
Uno degli uomini esclamò: " Fatemi provare!” e attraversò il ponte gridando: "Il passaggio è facile! Il passaggio è facile!”, poi ritornò subito indietro e disse: "Però i carretti non possono passare. Dovremo metterci in quattro per sollevarli e trasportarli al di là del ponte l’uno dopo l’altro”.
“ I carretti potete sollevarli a braccia, “osservò Zìpíng “ma io non mi sento di tentare il passaggio. E con l'asino come farete?”
Allora non c’è che una soluzione.” gli rispose il carrettiere” Basta che voi vi sdraiate come se voleste mettervi a dormire. Due di noi vi prendono per le spalle, due per i piedi, e vi portiamo dall’altra parte. Che ne dite?”
“Non posso crederci.” sbottò Zìpíng “Siete impazziti?”
A questo punto, un altro degli aiutanti propose: “ Prendiamo semplicemente una corda e leghiamovela intorno alla vita. Uno dei ragazzi vi precederà, tenendo in mano un capo della corda, e un secondo vi seguirà tenendo in mano l’altro capo. Assicurato ad una corda, vi sentirete più sicuro e le gambe non vi tremeranno più”.
"Questa mi sembra una proposta ragionevole” ammise Zìpíng.
Così , dapprima gli uomini aiutarono Zìpíng ad attraversare il ponte, poi trasportarono al di là del ponte i due carretti. L’asino invece si impuntò e rifiutò di andare avanti. Mentre un uomo lo bastonava, un altro lo spingeva, finché non riuscirono a farlo passare.
Quando tutto fu terminato, le ombre degli alberi si allungavano sul terreno alla luce della luna, che splendeva brilante nel cielo.
Improvvisamente, la luce della luna illuminò la figura di un animale che correva sul pendio occidentale del vallone. Quando l’animale giunse sulla cima, si udì un ruggito. Guardò in basso come se cercasse qualcosa e, in attimo raggiunse il bordo del ruscello. Si udì un altro ruggito. I viaggiatori si sentirono raggelare e furono colti dal terrore. Erano scossi da tremiti convulsi, con gli occhi puntati sulla tigre. Quest’ultima, raggiunto il ruscello, si fermò. I suoi occhi, in cui si rifletteva il chiarore della luna, brillavano. Il suo sguardo non era fisso sull’asino, ma sugli uomini. Ruggì ancora una volta, contrasse il corpo e si preparò a balzare in avanti. Non c’era vento sulla montagna, ma un sibilo percorreva le cime degli alberi, mentre le ultime foglie cadevano a terra. Il freddo intenso colpiva duramente i volti degli uomini, che erano in preda al panico più completo.
Passò parecchio tempo senza che accadesse nulla. Della tigre non c'era più traccia. Il carrettiere, che si era rifugiato su un albero, fu il più coraggioso. Dopo esser sceso giù, gridò agli altri : "Venite fuori! La tigre si è allontanata”. Aspettò che tutti uscissero dai loro nascondigli, uno dopo l'altro, e poi andò a tirar fuori Zìpíng da una fenditura della roccia nella quale si era rintanato.
Zìpíng, stordito dalla paura, sembrava aver perso la parola e soltanto dopo un po’ di tempo riuscì a chiedere: "Siamo vivi o morti?"
“La tigre se n’è andata” gli rispose il carrettiere.
“Per dove se n’è andata?” domandò Zìpíng ”Non ha fatto del male a nessuno?”.
Il carrettiere, che si era rifugiato sull’albero, gli spiegò” L’ho vista balzare dalla riva del ruscello e sfrecciare per aria come se fosse un uccello. Ha sorvolato la cima degli alberi ed è atterrata sul pendio una ventina di metri più in alto.(15) Una volta a terra, ha raggiunto rapidamente la cresta del pendio e s’è diretta verso oriente con un ultimo ruggito”.
Fu solo all’udire queste parole che Zìpíng riprese animo e disse: “Mi sento ancora le gambe molli. Come farò ad alzarmi?”
“Ma siete già in piedi” obiettarono tutti.
Zìpíng abbassò lo sguardo e si rese conto che non era più rannicchiato per terra. “Ho davvero perso il controllo del mio corpo” disse con un sorriso.
Allora gli altri lo presero sottobraccio e lo aiutarono a camminare, finché, dopo una decina di passi, non fu di nuovo in grado di muoversi da solo.
Zìpíng sospirò e disse: “Non sono morto nelle fauci della tigre, ma se, per caso, dovessimo trovare un altro ponte come quello di questa sera non sarei più in grado di attraversarlo. Ho fame, ho freddo e rischio di morire congelato.”
Ciò detto, si avvicinò all’alberello, presso il quale si era accucciato l’asino, terrorizzato dal ruggito della tigre.
Gli uomini che lo accompagnavano tirarono su l’asino, poi aiutarono Zìpíng a montare in sella e tutti si rimisero lentamente in marcia.
Dopo aver girato intorno ad uno spuntone di roccia, scorsero improvvisamente delle luci dinanzi a sé e riconobbero alcune case.
“Evviva! Evviva!” gridarono tutti insieme ” Avanti! Siamo arrivati alla città”.
Non solo le persone si misero a marciare con maggior lena, ma anche l’asino non si mostrò più pauroso e restio come prima.
Giunsero in breve all’altezza delle luci e si accorsero che non si trattava della città, ma di un piccolo agglomerato di case, che davano l’illusione di un grosso centro abitato perché, a causa della conformazione accidentata del terreno, sembravano formare diverse file di abitazioni.
A questo punto, decisero di non andare oltre, ma di bussare ad una porta e di chiedere ospitalità. Non c’era in effetti nient’altro da fare.
Si avvicinarono ad una costruzione circondata da un muro di pietra a pelle di tigre (16) all’interno della quale sembravano esserci una dozzina di casette. (17) Il carrettiere si fece avanti e bussò piu volte alla porta. Venne ad aprire un vecchio dalla barba grigia e dai capelli grigi con una lucerna in mano. Accese una candela e domandò: “Che cosa volete?”.
Zìpíng si fece subito avanti e, con voce calma ed amabile (18), raccontò l’intera storia concludendo: “So che qui non c’è una locanda, perciò devo fare come gli altri e chiedervi anch’io ospitalità.”
“Attendete un istante.” gli rispose il vecchio” Vado a riferire alla nostra signorina”.
Ciò detto, rientrò senza chiudere la porta.
Zìpíng lo guardò sorpreso e si domandò: “Non c`è un capofamiglia in questa casa? Perché deve andare a chiedere alla signorina? Com è possibile che il capofamiglia sia una ragazza?”, poi cominciò a riflettere:” Mi sto sbagliando. Non può essere vero. Questa casa deve essere diretta da una donna molto anziana e il vecchio deve essere un suo nipote. Come molti fanno, ha usato il termine “signorina” per indicare la zia. È logico, Non può essere che così”.
All’improvviso, il vecchio ritornò, accompagnato da un uomo di mezza età con una lucerna accesa in mano, e si rivolse a ZÌpíng: “La prego. Venga con me.”
La casa in cui ZÌpíng fu invitato ad entrare era una di cinque abitazioni situate di fronte alla porta che si apriva nel muro. Una scalinata di più di dieci gradini saliva alla porta della casa, che stava proprio nel mezzo della facciata.
L’uomo di mezza età, con la lucerna accesa in mano, si affiancò a ZÌpíng per fargli luce. ”Fermati un momento qui in cortile.” disse ZÌpíng al carrettiere” Aspetta che io entri e veda qual è la situazione. Poi ti richiamerò."
Quando Zìpíng ebbe salito la scalinata, il vecchio si fermò all'ingresso e gli disse: " A nord di questo complesso c’è un leggero declivio. Dìca ai suoi di spingere i carretti e di tirare l’asino su per quel pendio”.
Risultò allora che c’era una porta anche sul lato occidentale del muro.
Una volta che tutti furono entrati nella casa, videro che c’erano tre ampie stanze separate, una su ciascuno dei lati. I viaggiatori si sistemarono a gruppi di cinque in ciascuna stanza, prendendo posto sulle stufe-letto (19) che ne occupavano la parte rivolta a settentrione, lasciando l’asino e i carretti nella parte rivolta a sud.(20)
In seguito, il vecchio domandò a Zìpíng quale fosse il suo nome e lo invitò a seguirlo.
Percorsero un corridoio che portava ad una scalinata, la quale conduceva ad un piccolo spiazzo pianeggiante fiorito ed alberato. Lo spettacolo offerto da questo giardino al chiaro di luna era affascinante e si percepivano, di tanto in tanto, profumi delicati che rinfrescavano l’anima.
Di lì procedendo verso settentrione si incontravano tre padiglioni di studio con la facciata rivolta a sud, affiancati da chiostri le cui colonne erano state ricavate da tronchi d’abete privati della loro corteccia.
Quando Zìpíng vi entrò si rese conto che dal soffitto pendevano quattro lanterne di carta sistemate, con estrema abilità, in un’intelaiatura di listelli di bambù.
Due dei padiglioni erano aperti verso l’esterno, mentre il terzo, che era stato circondato di pareti in modo da dargli l’apparenza di una casetta, era fronteggiato da tavoli e sedie disposti in modo assai armonioso. L’ingresso era coperto da una cortina di seta bruna.
Avvicinatosi alla porta, il vecchio disse ad alta voce: "Signorina, l’ospite di nome Shén è qui”.
La cortina fu sollevata ed apparve una ragazza di diciotto o diciannove anni.
Indossava un abito di stoffa, due sopravesti color indaco, una giacchetta blu ed aveva un aspetto dignitoso, sereno, luminoso ed elegante.
Vedendosi ricevuto con cortesia, Zìpíng congiunse subito le mani in segno di saluto.
“Prego si accomodi!” gli disse la ragazza, poi, rivolgendosi al vecchio, ordinò:”Corri subito a preparar cena. Il nostro ospite ha fame”.
Il vecchio si ritirò.
“Quale è il Suo nome, signore,” domandò la ragazza “ e quale motivo La conduce dalle nostre parti?”.
“Mio fratello maggiore mi ha mandato qui a cercare Liú Rénfǔ.” rispose Zìpíng.
“Il signor Liú abitava un tempo ad est del nostro villaggio” gli spiegò la ragazza, ma ora s’è trasferito nella Valle dei Cipressi”.
“Dove sta la Valle dei Cipressi?” le domandò Zìpíng.
“Verso occidente.” gli rispose la ragazza” A più di quindici chilometri di distanza da dove abitiamo noi. La strada è ancor più sperduta ed ancor più difficile da percorrere di quella per la quale siete venuti. Mio padre tornò a casa dall’ufficio avantieri e ci avvisò che oggi sarebbe arrivato di lontano un visitatore che sembrava un po’spaventato dal viaggio che stava per intraprendere. Ci raccomandò di ritardare il momento di andare a letto e di prepararci ad accoglierlo con un po’di cibo e di vino.”. Poi aggiunse:”Non si offenda se la nostra accoglienza non è all’altezza di un ospite così distinto come Lei”.
Zìpíng si stupì nel sentire quelle parole.
“Su queste montagne sperdute, non ci sono uffici governativi.” si mise a riflettere” Come si può andare in ufficio e ritornare dall’ufficio? Come è possibile che l’altro ieri qui si sapesse già del mio prossimo arrivo? Perché questa ragazza ha un’aspetto così raffinato? Le sue maniere sono, come dicevano gli antichi " l'eleganza nascosta in mezzo ai boschi?” (21)
Riuscirà Zìpíng a scoprire il mistero di questa donna?
Aspetta di leggere il prossimo capitolo e lo saprai.
NOTE
1) L’etichetta cinese prevede che una lettera o un regalo devono essere consegnati a mani giunte in segno di rispetto per chi li riceve.
2) Come s’è già visto, Lǎo Cán aveva in effetti dichiarato che una tunica ornata da una pelliccia di volpe sarebbe stato un capo di vestiario troppo appariscente per un guaritore ambulante. Occorre inoltre considerare che la tunica veniva abitualmente indossata sotto una giacchetta. L’accostamento di una pelliccia di volpe e di una giacchetta di cotone sarebbe apparso stonato ed avrebbe testimoniato in chi avesse indossato insieme tali capi mancanza di gusto e mancanza di mezzi.
3) L'equivoco che inquieta Lǎo Cán nasce dal fatto che il proprietario della locanda si riferisce erroneamente al messaggero di Shén Dōngzào come ad "un funzionario della prefettura di Cáozhōu" anziché come ad " un funzionario della contea di Chéngwǔ, nella prefettura di Cáozhōu".
4) Jì Zhènyí 季振宜 (1630-?), conosciuto come Căngwĕi 滄葦, fu un letterato che visse sotto la dinastia Qīng 清朝. Molto ricco ed appassionato bibliofilo, collezionò un gran numero di edizioni rare delle epoche Sòng 宋朝 e Yuán 元朝 .
5) 藝芸書舍 (yì yún shū shě “) era il nome della biblioteca di Wāng Shìzhōng 汪士)鐘 (1786-?) a Chăngzhǒu 長洲, all’epoca della dinastia Qīng. Wāng era un appassionato bibliofilo e spese grandi somme per collezionare libri rari delle epoche Sòng e Yuán.
6) Il termine 精舍 (“jīng shĕ”) si riferiva in origine a una scuola in cui veniva insegnata la dottrina confuciana. In seguito assunse il significato più vasto di luogo di studio, biblioteca.
7) Si fa qui riferimento al Padiglione Hăiyuán 海源閣,che sorge nella residenza della famiglia Yáng 楊 a Liáochéng 聊城, nella provincia dello Shāndōng 山東. ( Dōngchāng 东昌 è uno dei distretti che formano la città). ll Padiglione Hăiyuán è una delle quattro principali biblioteche create sotto la dinastia Qīng e una delle biblioteche private più famose della storia cinese . Fatto costruire nel 1840 da Yáng Yīzēng 楊以增, è stato attentamente custodito da quattro generazioni della famiglia Yáng. Fra le collezioni in esso conservate figurano più di 100 libri rari delle dinastie Sòng e Yuán.
(8) Il termine 嫏嬛 ("lánghuãn") designa, nelle leggende cinesi, il luogo in cui l'Imperatore Celeste conserva i suoi libri. Poiché il termine in sé sembra riferirsi alle concubine, esso istituisce una sorta di parallelismo tra l’amore per le donne e l’amore altrettanto appassionato che alcuni riservano ai libri. Col passare del tempo ha assunto il significato più generico di biblioteca.
(9) Il termine 蠹魚 ("dùyú") designa gli insetti noti come “pesciolino d’argento” (nome scientifico: “lepisma saccharina") o "pesciolino d’argento coda lunga" (“ctenolepisma lungicaudata”), che si nutrono tra l’altro d’amido e cellulosa ed attaccano quindi spesso la carta e le rilegature dei libri.
(10) Il termine 馬褂 (“măguà”), cioè” giacca da equitazione”, designa un tipo di giacca particolarmente popolare sotto la dinastia Qīng. Lunga fino alla vita, con cinque bottoni a disco sul davanti, maniche leggermente corte ed ampie, veniva indossata sopra la tradizionale tunica detta “chángshān” 長衫. Se la tunica era di seta, bordata di pelliccia, anche la giacca doveva essere di seta e bordata di pelliccia. L'accostamento di indumenti di seta e di cotone era evidentemente stonato e dimostrava in modo palese mancanza di gusto e mancanza di mezzi.
(11) Il termine 繭綢 ("jiǎn chóu") indica la popeline, un tessuto leggero di lana o di cotone.
(12) L’espressione cinese 半頓飯工夫 (“bàndùnfàngōngfu”), letteralmente “nel tempo necessario a consumare la metà di un pasto”, è piuttosto vaga. Si può ragionevolmente pensare che si riferisca ad un periodo di tempo compreso tra mezz’ora e un’ora.
(13) Il termine 神虎 ("shén hǔ"), letteralmente "tigre sacra", "tigre divina", sembrerebbe riferirsi ad una divinità che controlla le tigri e che impedisce loro di attaccare gli uomini.
(14) Le suole in fibre vegetali avevano evidentemente un effetto antiscivolo.
(15) Il “zhàng” 丈 è un’antica unità di misura della lunghezza pari a a 3,33metri. Il carrettiere riferisce che la tigre, dopo aver sorvolato la cima degli alberi, è atterrata ad una distanza di 7 od 8 “zhàng” (circa 23-27 metri). Se ne dovrebbe dedurre, se il carrettiere non esagera, che le tigri sono in grado di compiere balzi di oltre 30 metri.
(16) Il “muro a pelle di tigre”( 虎皮墙 “hǔ pí qiáng”) è un tipo di muro proprio dell'antica architettura cinese, costruito con pietre grezze di forma irregolare, unite fra loro da giunti grigi.
(17) La descrizione della costruzione ricorda una forma di abitazione tipica di alcune zone rurali (cfr. ,alla rubrica “Pittura e altre arti”, la voce “Le case fortezza del Fújiàn”.)
(18) La voce calma ed amabile ha, nel contesto, una rilevante importanza psicologica. Il vecchio non deve spaventarsi per l’arrivo in piena notte di un gruppo di uomini che sono soltanto normali viaggiatori, civili ed educati.
(19) Il termine ”kàng” 炕, che ho tradotto con “stufa-letto”, indica una piattaforma, costituita tradizionalmente da mattoni o da piastrelle di terracotta, sotto la quale viene canalizzato il calore prodotto da una stufa. Essa fornisce uno spazio costantemente tiepido sul quale si possono svolgere le attività quotidiane e serve altresì da letto per la notte. Quando copre la superficie di un’intera stanza, questa piattaforma è chiamata "dìkàng" 地炕. È in uso soprattutto nelle regioni settentrionali della Cina, dove il clima è molto rigido durante l’inverno.
(20) Poiché il testo parla di tre ampi locali, ne ho dedotto, anche se la descrizione non è chiarissima, che gli ospiti siano almeno una decina e che si sistemino nelle diverse stanze in gruppi di cinque. Mi è sembrato in effetti che il seguito di un funzionario di un certo livello, specialmente in occasione di un viaggio piuttosto difficoltoso, non potesse essere costituita soltanto da quattro accompagnatori.
(21) Il termine 林下風範 (“lín xià fēng fàn”), letteralmente “comportamento modello sotto gli alberi” equivale a 林下風氣 (“lín xià fēng qì”), letteralmente “comportamento elegante sotto gli alberi”, che compare per la prima volta nella “Nuova raccolta di aneddoti del mondo ( 世説新語·賢媛 “shì shuō xīnyǔ·xián yuàn”) di Liú Yìqìng 劉義慶 (403 d,C.- 444 d.C.). Questo termine si riferiva all’amicizia tra i Sette Saggi 七賢, un gruppo di letterati delle dinastie Wèi 魏 e Jìn 晉, le cui riunioni calme e dignitose avvenivano in un boschetto di bambù. Successivamente venne utilizzato per indicare un comportamento elegante e tranquillo, in particolare le maniere composte e raffinate di una donna.
CAPITOLO VII
Come abbiamo appena visto, parlando del signor Yú, Lǎo Cán e Shēn Dōngzào riconobbero che era una persona capace, ma deplorarono che l’ambizione di far carriera lo spingesse a comportarsi in modo irragionevole.
Dopo che entrambi ebbero sospirato, Shēn Dōngzào osservò:” È proprio così. Ieri vi ho detto che avevo una questione importante da sottoporvi. Ecco di che si tratta. Voi vi rendete conto che quel funzionario è estremamente crudele. Per mia sfortuna, mi trovo di nuovo a dipendere da lui. (1) Non riesco davvero ad immaginare di poter sopportare ciò che fa, ma opporsi al suo comportamento significherebbe opporsi alla legge. (2) Voi avete una grande esperienza. Siete preparato ad affrontare quelle che chiamiamo “le difficoltà e le avversità” e conoscete tutto sui sentimenti e sull’ipocrisia della gente. Ci sono senz’altro dei modelli di comportamento buoni anche per casi come questo. Non potreste insegnarmeli?”.
“È facile trovare una soluzione, se si conosce il problema.” gli rispose Lǎo Cán “Sua Eccellenza non si vergogna di chiedere consiglio ad una persona modesta come me (3), ma io vorrei prima sapere quale linea di condotta Lei intende tenere. Se vuole compiacere i superiori, lo faccia con energia e in modo plateale. In tal caso deve soltanto seguire il metodo del signor Yú, vale a dire considerare tutti dei delinquenti. (4) Se, invece si vuole ispirare alla massima espressa nelle tre parole “ autorità come genitori”(5) e cercare il bene del popolo, allora c’è anche la possibilità di vedere l’uomo persino in chi ha sbagliato. Se Lei svolge funzioni relativamente più elevate e dispone di un raggio d’azione leggermente più ampio, la cosa Le risulterà un po’più facile. Se il Suo potere è limitato ad una sola contea, la mancanza di punti d’appoggio e le difficoltà renderanno l’approccio un po’più complicato, ma non impossibile”.
“Naturalmente” rispose Dōngzào” il mio primo scopo è proteggere la gente e, se riuscirò a riportare la tranquillità in questa zona, anche se non sarò promosso, non morirò comunque né di fame né di freddo. Quanto al “cibo per i discendenti”, mangeranno secondo ciò che io avrò fatto.( 6) Ciò che mi inquieta enormemente è l’insufficienza dei mezzi a disposizione (7) Le squadre di sorveglianza finora create comprendono una cinquantina di membri, ma i furti e le rapine continuano senza sosta. Mancano i fondi e, di conseguenza,le squadre sono in difficoltà e molti rinunciano all’incarico. Ho l’impressione di essermi avventurato in un’impresa votata al fallimento e di trovarmi in una situazione in cui nulla si muove, ma posso ancora provare a fare qualcosa.Se non ci riuscirò, mi dovrò domandare per quale ragione avrò fallito.”“È chiaro che per un forza totale di cinquanta persone divise in piccole squadre state spendendo troppo” osservò Lăo Cán” Tenendo conto della scarsità di mezzi di cui mi avete parlato, quanti soldi potete ancora raccogliere, senza andare in rosso?”.
“Non più di mille monete d’argento. È poco.” gli rispose Dōngzào.
“C’è un modo per risolvere questo problema” disse Lăo Cán” Vostra Eccellenza si procuri per un anno milleduecento monete d’argento e mi lasci mano libera. Posso escogitare per voi un piano volto a garantire che non ci sia neppure una rapina nel vostro territorio e che, nell’eventualità che ci possa essere una rapina, se ne scoprano immediatamente gli autori. Vostra Eccellenza che cosa ne pensa?”.
“Se si potesse ottenere un simile risultato” gli rispose Dōngzào “vi sarei estremamente grato del vostro aiuto”.
“Non c`è neppure bisogno che io mi rechi sul posto” continuò Lăo Cán “Basta che io vi insegni una regola molto bella ed efficace”.
“Se non venite voi” obiettò Dōngzào “chi potrà applicare questa regola?”.
“Posso raccomandarvi una persona che è in grado di applicarla” gli rispose Lăo Cán.”Ma non dovrete trascurare questa persona. Se la trascurerete, se ne andrà via immediatamente e, dopo la sua partenza, il disastro sarà ancora più grave.
Colui che vi propongo si chiama Liú, ma è soprannominato Rénfǔ. È nativo del circondario di Píngyīn ed abita alle pendici del monte Táohuā nella parte sudoccidentale del circondario. Nella sua giovinezza, quando aveva quindici o sedici anni, andò ad imparare la boxe e la lotta con i bastoni presso il tempio di Shàolín (8) sul monte Sōngshān. Dopo aver studiato lì per un po’di tempo capì che la reputazione di quella scuola era immeritata e che l’insegnamento che vi era impartito non era eccezionale né tale da garantire il successo. Si mise perciò a vagare per il mondo durante quasi un decennio. Sul monte Éméi nel Sìchuān, incontrò un monaco particolarmente esperto di arti marziali. Lo pregò di diventare il suo maestro e imparò da lui le tecniche del “tàizǔ shénquán” (9) e dello “shǎozǔ shénquán” (10). Quando domandò al monaco dove avesse imparato queste tecniche, il monaco gli rispose che era stato allievo della scuola di Shàolín. Assai sorpreso. Rénfǔ gli disse: “ Sono stato a Shàolín quattro o cinque anni, e non ho imparato nessuna tecnica eccezionale. Da chi avete imparato voi, maestro?”.
“Queste sono le tecniche di boxe del tempio di Shàolín, ma non le ho imparate alla scuola del tempio, che le ha ormai dimenticata da lungo tempo" gli rispose il monaco”Le due tecniche che ti ho insegnato, il “tàizǔ shénquán” e lo “shǎozǔ shénquán”, sono state inventate, la prima da Bodhidharma (11) e la seconda da Shén Guāng (12). Quando furono inventate, si trattava di tecniche praticate soprattutto dai monaci per rafforzare il corpo e proteggere la propria vita.(13) Chi camminava da solo in montagna rischiava di incontrare leopardi, tigri o banditi. I monaci non portavano armi e quindi queste tecniche di boxe erano appositamente destinate alla loro difesa personale contro possibili minacce alla loro integrità fisica e alla loro vita. Inoltre, un corpo sano e robusto aiuta a sopportare meglio il freddo e la fame. Tu devi infatti capire che è difficile per chi si sposta in zone desertiche alla ricerca di persone che si distinguono per la pratica delle antiche virtù (14) far pieno conto sulla possibilità di trovare dovunque “vitto e alloggio”. Questa era la buona intenzione che spinse Bodhidharma e Shén Guāng ad insegnare le arti marziali. Inaspettatamente, le tecniche di lotta insegnate nella scuola di Shàolín diventarono in seguito famose e molti vennero di lontano ad impararle. Tuttavia, alcuni di coloro che le impararono se ne servirono per rapinare la gente, altri per fare violenza alle donne. La cosa suscitò grande scalpore. Perciò un vecchio abate, quattro o cinque generazioni or sono, mise da parte queste tecniche particolarmente efficaci e cessò di insegnarle, limitandosi ad utilizzare tecniche appariscenti ma inefficaci e prive di sostanza. Io ho imparato queste tecniche da un eremita che vive nella prefettura di Hànzhōng e, se mi eserciterò con impegno, potrò eguagliare Gān Fèngchí. (15)
Liú Rénfǔ visse tre anni nel Sìchuān e imparò tutto ciò che c’era da imparare sulle tecniche di lotta. Era quello il periodo in cui i “banditi del Guāndōng” provocavano disordini nel paese. (16)
Liú Rénfǔ lasciò il Sìchuān e militò per breve tempo prima nell’Esercito del Húnán (17) e poi nell’Esercito del fiume Huái. (18) Però l’Esercito del Húnán era inquadrato da ufficiali originari del Húnán e l’Esercito del fiume Huái era inquadrato da ufficiali originari dell’Ānhuí. Se provenivi da un’altra regione, ti davano sempre incarichi insignificanti, non ricevevi che modeste promozioni e nulla più, e non ti attribuivano mai posti di comando.Mentre le attività belliche si andavano gradualmente spegnendo, fu trasferito ad un posto amministrativo. Incurante di lasciare l’impiego, ritornò al villaggio natio, dove si guadagnò da vivere coltivando un po’di terra. Da allora, nei periodi in cui non è occupato con il lavoro, gira per le due provincie di Qí e di Yù. (19) Tutti coloro che praticano le arti marziali in quelle due provincie lo conoscono di fama, ma lui si rifiuta di far loro lezione. In effetti, soltanto se fosse assolutamente sicuro dell’affidabilità di una persona, accetterebbe di insegnarle qualche tecnica di pugilato o di combattimento con i bastoni, ma, a questo riguardo, è estremamente cauto. Nessuno di coloro che praticano le arti marziali nelle due provincie che ho menzionato può competere con lui e tutti lo rispettano. Se Vostra Eccellenza è disposto ad ingaggiarlo, mettendogli a disposizione cento tael (20) al mese, che sarà libero di utilizzare come meglio crede, a Liú Rénfǔ basterà probabilmente reclutare un gruppetto di dieci uomini, a ciascuno dei quali attribuirà uno stipendio di sei tael mensili. I quaranta tael mensili che gli rimarranno, dovrebbero essere sufficienti per coprire le altre spese. (21)
Ai fini del nostro progetto, occorre probabimente considerare le tre provincie del Hénán, dello Shāndōng e del Zhílì , nonché le regioni settentrionali del Jiāngsū e dell’ Ānhuī, come un unico territorio. In questo territorio operano due categorie di furfanti: i grandi rapinatori e i ladruncoli. I grandi rapinatori agiscono in bande organizzate che hanno le loro regole e sono guidate da capi. Molti di loro sono presumibilmente persone di una certa abilità. I ladruncoli, invece, li puoi trovare dappertutto e ad ogni momento. Sono gentaglia di mezza tacca, disoccupati troppo stupidi per cercarsi un lavoro. Rubano a caso, non hanno fiancheggiatori e non dispongono di armi. Dopo aver rubato, si ubriacano o vanno a giocare d’azzardo. Sono costoro quelli che commettono la maggior parte dei furti e delle rapine. Potrei dire, per esempio, che i nove decimi delle persone arrestate dal signor Yù sono costituiti per la metà da persone oneste e per l ’altra metà da ladruncoli. Quanto ai grandi rapinatori, che si tratti dei capibanda o dei loro collaboratori, non credo che il signor Yù ne abbia mai catturato uno. Con i grandi rapinatori, però, è facile trattare. Nella capitale non c`è bisogno di grandi scorte, quale che sia la somma da trasportare, anche cento o duecentomila lingotti. Bastano due guardie per garantire un trasferimento sicuro. Diciamoci la verità! Pensate davvero che, se cento o duecento briganti si riunissero per rubare somme così ingenti, che potrebbero fargli estremamente comodo, due soli uomini di scorta basterebbero per impedirglielo? Semplicemente, si mormora che i grandi rapinatori abbiano come regola di non far danno alle agenzie che forniscono il servizio di scorta. Così, ogniqualvolta un agente di scorta sale sul carro che trasporta i fondi, gli basta urlare una parola d'ordine convenuta per far sì che i briganti in agguato si limitino a salutarlo e si astengano dall’attaccare il trasporto.Gli è che le bande di rapinatori conoscono bene i nomi delle diverse agenzie di sicurezza e le agenzie di sicurezza, a loro volta, sanno perfettamente chi siano e dove operino le varie bande di rapinatori. Se gli emissari dei briganti incontrano gli agenti di scorta prima della partenza e le due parti si scambiano una parola d’ordine secreta, si può stare sicuri che il trasporto avverrà senza intoppi. In tali occasioni, i briganti ricevono due o trecento tael a titolo di rimborso per le “spese di viaggio”. (22) Se si vuole essere capibanda di rilievo, è imperativo sforzarsi di coltivare le relazioni sociali; è ciò che si chiama il saper vivere.
Come vi ho appena detto, Liú Rénfǔ è un personaggio molto conosciuto. Le agenzie di sicurezza della capitale lo hanno contattato parecchie volte, ma lui ha sempre rifiutato le loro offerte. Preferisce condurre una vita ritirata e fare il contadino. Se accetterà la vostra offerta, dovrete trattarlo come una persona importante. In pratica, sarà il capo di un servizio di sicurezza che voi istituirete a tutela del vostro territorio. Quando non avrà nulla da fare, si siederà al tavolino di una casa da tè o di un ristorante sulla strada e farà conoscenza con tutti coloro che passano, stringendo amicizia anche con taluni di quelli che bazzicano nel mondo della malavita. (23) Sa infatti con certezza che, a tavola o bevendo il tè, gli basterà incontrare qualche ospite occasionale, perché, in non più di dieci o quindici giorni, i capibanda nelle varie località siano informati di tutto ed ordinino subito di non disturbare la zona in cui lui si è stabilito. I quaranta tael di cui abbiamo parlato, che rimarranno disponibili ogni mese, saranno utilizzati in questa prospettiva.Per quanto riguarda i ladruncoli, non predisporrà alcun piano d’azione, ma agirà secondo le circostanze. Avrà degli informatori nei diversi quartieri e, prima che il derubato abbia presentato denuncia alle autorità, i suoi uomini avranno già catturato il ladro. Se un furto o una rapina saranno commessi fuori città, avrà lungo la strada degli amici che arresteranno senza clamore il responsabile. I ladri potranno essere catturati non importa dove scappino. Basterà quindi una piccola squadra di una decina di persone, anzi quattro o cinque, che siano immediatamente disponibili. Le altre cinque o sei serviranno per fare da scorta d’onore al palanchino (24), sbrigare commissioni, recapitare lettere e così via."
“Come avete detto, sarebbe un’eccellente soluzione” obiettò Dōngzào”ma questa persona rifiuta di collaborare con le agenzie che forniscono le scorte e temo che possa respingere anche un invito ufficiale da parte nostra. In questo caso, che cosa faremmo?”.
“È ovvio che respingerà un semplice invito.” osservò Lăo Cán “ Occorrerà formulare proposte precise e dettagliate e cercare di persuaderlo ponendo l’accento sul fatto che il suo intervento consentirà di salvare persone oneste ed innocenti. Vedrete che acconsentirà a venire. Inoltre è un mio grande amico e da me si lascerà certamente convincere. Quando avevo vent’anni, mi resi conto che l’Impero stava andando incontro ad un periodo di grande disordine, perciò prestavo attenzione a ciò che dicevano i generali e mi feci molti amici con cui parlavo di questioni militari. Durante gli anni in cui Liú Rénfǔ soggiornò nel Hénán divenimmo intimi amici e concordammo che, se il paese avesse avuto bisogno di noi, saremmo corsi tutti in suo aiuto. A quel tempo, avevo amici di tutti i generi, con cui si parlava di geografia, di produzione industriale, di arti marziali. Quell’uomo avrebbe potuto essere utile con la sua perizia nelle arti marziali. Più tardi ci rendemmo conto che, per reggere l’Impero, occorreva avere del talento e che tutti i nostri discorsi e i nostri studi non sarebbero serviti a questo scopo. Perciò, ciascuno di noi cercò di trovarsi un lavoro, giusto per sbarcare il lunario, e gettammo alle ortiche le grandi ambizioni. (25) Però, l’amicizia e la lealtà di un tempo non sono andate perdute. Se gli scrivo una lettera, sono sicuro che verrà.”
Dopo avere sentito queste parole, Dōngzào chinò la testa e ringraziò Lăo Cán dicendo: “ Non sono più riuscito a dormire serenamente una sola notte da quando sono stato chiamato a ricoprire ad interim questa carica. Ascoltare oggi i vostri propositi è stato per me come risvegliarmi da un incubo, come riprendermi da una malattia. Una vera benedizione! Ma chi dovremmo mandare a consegnare la lettera?”
“Dobbiamo senz’altro trovare un amico che si assuma questo incarico.” gli rispose Lăo Cán “Se gli manderete un semplice usciere, si sentirà tenuto in scarsa considerazione e rifiuterà di venire, ed anch’io sarò incolpato dell’insuccesso.”
“Sì, sì” annuì ripetutamente Dōngzào “Ho un mio parente che sarà qui domani. Potrei chiedere a lui di andare. Ma quando scriverete la lettera d’invito? Sarebbe meglio cercare di farlo il più presto possibile.”
“Domani starò a casa tutto il giorno.” disse Lăo Cán” Sto scrivendo al governatore Zhăng un lungo rapporto in cui descrivo dettagliatemente tutto ciò che ha fatto il signor Yú ed ho chiesto a Yáo Yúnwēn di inoltrarglielo. Penso di terminarlo nella giornata di domani. Non appena l’avrò finita, comincerò a scrivere la lettera per Liú Rénfǔ e dopodomani partirò. Ecco tutto il mio programma.”
“Dove andrete dopodomani?”gli domàndò Dōngzào.
“Mi recherò dapprima a Dōngchāng (26) a visitare la collezione di Liῡ Xiăohuì (27), perché vorrei vedere le calligrafie su tavola delle epoche Sóng e Yuán, poi ritornerò a Jìnán, dove intendo festeggiare il capodanno. Dove andrò dopo non lo so nemmeno io. Si è già fatto tardi, è l’ora di andare a dormire”.
Detto questo, si alzò in piedi.
Dōngzào chiamò un domestico e gli ordinò. “Prendi una lanterna e riaccompagna il signor Tiē nella sua stanza”.
Quando fu aperta la porta, cielo e terra apparvero dello stesso colore. La neve era caduta in ogni angolo ed aveva imbiancato tutto. Gli occhi erano abbagliati dal candore diffuso.
Sotto la scala s’era già depositata una coltre di neve alta sette od otto pollici, che rendeva impossibile attraversare il cortile.(28) Era sgombro solo il tratto che correva dal portone al corpo centrale della locanda, che era quello più frequentemente percorso e veniva quindi regolarmente spazzato. I sentieri che conducevano alle ali dell’edificio erano ormai invisibili, coperti da uno strato uniforme di neve. Dōngzào ordinò ai domestici di spalare rapidamente la neve per consentire a Lăo Cán di ritornare nella propria stanza. Al momento di rientrare in camera, Lăo Cán si accorse che non c’era più luce. Dōngzào gli fece mandare, dalla sua camera al primo piano, un candeliere e un paio di candele rosse. Accese le candele, Lăo Cán volle rimettersi a scrivere, ma il pennello e la pietra d’inchiostro (29) oppossero tale resistenza, che dovette rinunciare al suo proposito e andare a dormire.
Il mattino successivo, anche se la neve aveva ormai smesso di cadere, faceva ancora più freddo di prima. Lăo Cán si alzò e chiamò il padrone della locanda pregandolo di fargli portare cinque chili di carbone, poi fece preparare un grande braciere e mandò a comprare alcuni fogli di carta di gelso per rivestire le finestre. In breve la stanza cominciò a riscaldarsi e non era più gelida come il giorno prima. Lăo Cán fece sciogliere l’inchiostro, terminò con cura il rapporto che non era riuscito a finire il giorno precedente e sigillò la busta. Scrisse poi anche la lettera destinata a Liú Rénfǔ e la fece portare al piano superiore perché fosse consegnata a Dōngzào.
Dōngzào mise il rapporto in uno dei pacchi utilizzati per le spedizioni ufficiali (30) e lo inviò alla stazione di posta (31) perché fosse affidato a Yáo Yúnwēn. Ripose invece la lettera destinata a Liú Rénfǔ nel suo poggiatesta. (32)
Dōngzào invitò a pranzo Lăo Cán. Anche questo pasto fu servito nella sala da pranzo dell’appartamento. I due mangiarono insieme e stavano di nuovo conversando da un momento quando un domestico venne ad annunciare che il fratello minore del padrone era appena arrivato con i suoi assistenti, aveva preso alloggio nell’ala occidentale della locanda e si sarebbe presentato dopo essersi rinfrescato.
Trascorso qualche tempo si vide apparire sulla soglia un uomo che, dall’aspetto, sembrava di età un po’inferiore ai quarant’anni. Non portava la barba ed indossava una vecchia veste in seta di Nanchino che gli arrivava fino ai piedi, bordata di una doppia fodera di pelliccia color indaco. Sul vestito aveva gettato un lungo giaccone da cavallerizzo in pelle nera. I suoi stivaletti di velluto erano macchiati di fango.
L’uomo entrò rapidamente nella sala e, per prima cosa, si inchinò dinanzi a Dōngzào.
“Ecco il mio fratello minore” spiegò quest’ultimo “ Si chiama Zípíng”, poi, indicando Lăo Cán, disse al fratello” Ti presento il signor Tiē Bǔcán. (33)
Zípíng fece un passo avanti, si inchinò e disse a Lăo Cán: “Vi ammiro da molto tempo”.
“Hai già mangiato?” gli domandò Dōngzào.
“Sono appena arrivato” gli rispose Zípíng” Ho giusto avuto il tempo di rimettermi un po’ in sesto, ma non ho potuto mangiare”.
“Ho già dato istruzioni in cucina perché ti preparino il pranzo” gli disse Dōngzào.
“Non ce n’è bisogno” disse Zípíng “posso aspettare un quarto d’ora e mangiare con i miei assistenti. (34)
In quel momento un domestico salì a riferire che aveva già detto in cucina di mandare in tavola per il fratello del padrone ed i suoi assistenti.
Nello stesso tempo, un altro domestico scostò la tenda della porta ed entrò tenendo in mano alcuni grandi cartoncini di color rosso. (35)
Lăo Cán capì che erano gli assistenti che venivano a rendere omaggio a Dōngzào (36), così approfittò della circostanza e prese congedo.
La sera, dopo cena, Shēn Dōngzào invitò di nuovo Lăo Cán nel suo alloggio al piano superiore della locanda perché spegasse nei dettagli a Zípíng il cammino da seguire per raggiungere Liú Rénfǔ sulle pendici del monte Táohuā.
“Qual è la via più breve?” domandò Zípíng.
“Non so come ci si possa arrivare di qui.” gli rispose Lăo Cán “Negli scorsi anni ho seguito il corso del Fiume Giallo dal capoluogo della provincia fino alla contea di Píngyīn e di là sono andato in direzione sud-ovest per circa quindici chilometri giungendo così ai piedi del monte Táohuā. Non si può salire in carrozza, quindi è meglio portarsi dietro un asino. Se si trova un tratto pianeggiante, si può montare sull’asinello; nei punti più scoscesi, invece, conviene scendere e fare qualche passo a piedi. I sentieri principali che conducono in alto sono due. In un raggio di cinque o sei chilometri da Xīyù si trova un santuario dedicato a Guān. (37) I monaci taoisti di questo santuario sono spesso in contatto con Liú Rénfǔ. Se glielo domanderete, vi diranno dove potrete raggiungerlo. Tenete però presente che vi sono sulla montagna due santuari deicati a Guān, uno sul versante orientale ed un altro sul versante occidentale. Quello di cui sto parlando è il santuario situato sul versante occidentale.”
Shēn Zípíng ritenne esaurienti queste spiegazioni.
Dopo di ciò, ciascuno ritornò nella sua stanza a riposare.
Il giorno seguente, Lăo Cán , levatosi di buon mattino, andò a noleggiare un calesse, trainato da muli, e preparò i bagagli.
Dopo che Dōngzào si fu recato in prefettura a fare rapporto, Lăo Cán prese la pelliccia di volpe che Dōngzào gli aveva mandato la sera prima e la consegnò al padrone della locanda con un biglietto, dicendogli: “ Quando il signor Shēn ritornerà qui, gliela restituisca. Non gliela mandi adesso, perché non rischi di andare smarrita”.
Il padrone della locanda aprì in fretta un tiretto del guardaroba e ci infilò dentro la pelliccia, poi accompagnò Lăo Cán al calesse, che partì direttamente per Dōngchāng.
Il viaggio fu scomodo e difficoltoso (38), ma, in capo a due o tre giorni, Lăo Cán arrivò a Dōngchāng e trovò alloggio in una stazione di posta. Dopo essersi sistemato per la notte, il mattino seguente, fatta colazione, andò in giro alla ricerca di una libreria. Cercò a lungo e, alla fine, trovò una piccola libreria con tre porte, divisa in due compartimenti, uno dei quali vendeva carta, inchiostro e pennelli, l’altro, libri. Si diresse verso il bancone e si sedette, domandando quali libri fossero in vendita.
“La nostra prefettura di Dōngchāng” gli rispose il libraio “ è una delle più rinomate per la sua vita letteraria. Le dieci contee che la compongono sono comunemente note come le “dieci belle immagini”.(39) Non c`è una sola di queste contee, la quale non sia piena di famiglie agiate che si dilettano di poesia.(40) Tutti i libri che circolano in queste contee passano attraverso la nostra modesta libreria. Sul retro della libreria, abbiamo un magazzino e una tipografia. Molti dei libri libri che vendiamo sono stampati nella nostra tipografia e non è quindi necessario andarli a cercare altrove. Come vi chiamate, nobile signore, e che cosa desiderate?”.
“Il mio cognome è Tiē” rispose Lăo Cán e sono qui per far visita ad un amico. Avete qualche libro antico?”
“Sì, certamente!” disse il libraio “Che cosa vorreste vedere? Ne abbiamo molti di libri, qui”(41). Si voltò e, indicando con il dito, alcuni fogli di carta bianca che spuntavano da sopra gli scaffali (42), disse: “Guardate! Ecco il “Prontuario della Sala dell’Amministrazione Suprema” (43)
Ecco il primo, il secondo e il terzo volume delle “Letture della Sala del Tempio”.(44)
Ed ecco, ancora più antichi, gli “Appunti di scuola per il saggio in otto parti” (45)
Si tratta di opere molto impegnative. Se preferite qualcosa di più vario, abbiamo l’”Interpretazione combinata delle antiche liriche Táng” (46) e le “Trecento poesie Táng”(47) o, se vogliamo andare ancora più indietro, “L’interpretazione della prosa antica”. (48)
C’è anche un libro rarissimo intitolato “L’Essenza dell’Enciclopedia dello Spirito Umano e dei Principî Generali’”(49). A chi riesce a capire qualcosa di questo libro, tanto di cappello!”
“Non mi interessa nessuno di questi libri” rispose sorridendo Lăo Cán.
“Ne abbiamo altri! Ne abbiamo altri! (50)” ribattè il libraio. Ecco laggiù “I tre elementi essenziali da tenere presenti nella costruzione di una casa” (51),”Le istruzioni per evocare gli spiriti” (52), “Gli oroscopi di Zípíng” (53). Poi abbiamo opere delle scuole filosofiche anteriori all’epoca Qín. (54) La nostra modesta libreria è piena di libri. È superfluo ricordare che Jìnán, il capoluogo della provincia, è una grande città (55), ma nella zona a nord del Fiume Giallo noi siamo la libreria più importante. Nelle altre città non ci sono librerie specializzate e, nella maggior parte dei casi, sono le drogherie che hanno un angolo riservato alla vendita dei libri. (56) Tutti i “Tre”, “Cento”, “Mille” e “Mille” venduti nelle scuole in un raggio di cento-centocinquanta chilometri provengono dalla nostra libreria: ne vendiamo decine di migliaia di copie all’anno.”
“Non ho mai visto questo “Tre Cento Mille e Mille”. Che razza di libro è? Come fate a venderne tante migliaia di copie?” finse di stupirsi Lăo Cán.
“Non prendetemi in giro!” protestò il libraio” Voi mi sembrate una persona colta. Non potete non sapere che con “Tre” si indica comunemente il “Classico dei tre caratteri”(57), con “Cento” si designano “I cento cognomi delle famiglie”(58 )e con “Mille” ci si riferisce al “Classico dei Mille Caratteri” (59). Il secondo “Mille”è un’abbreviazione per “Le poesie di mille famiglie”.(60) Quest’ultimo libro tira poco: qualche centinaio di copie all’anno, ma degli altri tre ne vendiamo moltissimi esemplari.
“Non c’è nessuno che compra i “Quattro Libri”(61) o i “Cinque Classici” (62)?” domandò Lăo Cán.
“Come sarebbe a dire?” gli rispose il libraio” Abbiamo in negozio i “Quattro libri”, il “Libro delle Odi”, il “Libro dei Documenti” e il “Libro dei Mutamenti”. Se desiderate il “Libro dei Riti” o “La Cronaca di Zuǒ”(63), possiamo comandarli a Jǐnán. Chi sono gli amici cui siete venuto a rendere visita?”.
“Si tratta della famiglia di Liǔ Xiăohuì” rispose Lăo Cán “Un tempo, il vecchio capofamiglia lavorava da noi come direttore dei trasporti fluviali. (64) So che aveva fatto stampare un libro, intitolato “Biblioteca" (65), nel quale sono riprodotti ”scritti sulla lavagna” (66) delle epoche Sòng e Yuán. Vorrei poterlo ammirare. Non sapete dirmi se ci sia modo di vederlo?”.
“I Liǔ sono la famiglia più cospicua della città.” rispose il libraio “Come è possibile che non lo sappiate? Però Li Xiăohuì e il vecchio signor Liǔ sono morti ormai da parecchio tempo. L'attuale capofamiglia è il figlio del vecchio signor Liǔ, che si chiama Liǔ Fèngyí ed è il responsabile degli esami provinciali. (67) Ho sentito dire che la famiglia Liǔ possiede un gran numero di libri, che tiene imballati in grandi casse. Queste casse- che ho paura siano parecchie centinaia- sono tutte ammucchiate in uno stanzone e non c’è mai nessuno che chieda di vedere quei libri. Il fratello minore (68) del signor Liǔ è un erudito e viene spesso da noi per fare un po’ di conversazione. Una volta gli ho detto: “Tutti quei libri che avete in casa devono essere un vero tesoro. Se ne potrebbe parlare per ore ”.
“Non li ho mai visti” mi ha confessato.
“Li conservate in questo modo e non avete paura dei tarli?” ho replicato io.
Mentre il libraio parlava, si vide un uomo affacciarsi sulla soglia ed entrare.
L'uomo tirò per una manica Lăo Cán e gli disse: " Ritornate subito alla locanda. Ci sono dei funzionari della contea di Cáozhōu che vogliono sentirvi. Venite presto!".
Lăo Cán gli rispose: " Di`loro di attendere. Verrò fra un attimo."
"È da un po' di tempo che vi cerco per strada." replicò l'uomo" Il mio padrone è molto preoccupato, perciò dovreste venire subito. Ritornate alla locanda"
"Va bene" disse Lăo Cán "Visto che m'hai trovato, è giusto che tu mi chieda di fare in fretta. Puoi andare".
Quando il domestico se ne fu andato, il libraio aspettò che fosse lontano, poi chiese precipitosamente e a bassa voce a Lăo Cán: "Quanto valgono i bagagli che avete lasciato alla locanda? Avete qualche amico fidato in questa città?".
"I miei bagagli non valgono molto" gli rispose Lăo Cán" e non ho qui alcun amico fidato. Perché mi fate questa domanda?".
"Il capo della polizia di Cáozhōu è attualmente un certo signor Yù, con il quale è meglio non aver nulla a che fare. Non importa che voi siate colpevole di qualche reato o non lo siate, se gli viene il ghiribizzo, vi fa chiudere in una gabbia. Poiché i funzionari che vi cercano vengono da Cáozhōu, purtroppo non è possibile sapere chi ha dato ordine di cercarvi. Con tutta probabilità vogliono farvi del male, perciò vi consiglio di scappare subito. Non preoccupatevi dei bagagli: è meglio rinunciare a cose di valore che rischiare la vita."
"Non abbiate paura" gli rispose Lăo Cán" Credete davvero che possa trattarmi come un bandito? Io mi sento assolutamente tranquillo".
Detto questo, salutò e uscì dalla libreria.
Per strada stava arrivando una carrozzella. Metà del sedile era occupata da bagagli; nell'altra metà sedeva un uomo. Lăo Cán gettò un rapido sguardo e riconobbe il passeggero." Non è il mio amico, il signor Jìn il secondo, che viaggia su quella carrozzella?" esclamò e si parò in fretta dinanzi alla vettura.
L'uomo saltò giù dalla carrozzella, lo squadrò con attenzione e disse: "Oh, che sorpresa! Voi non siete il mio amico, il signor Tiè? Com è che vi trovate qui e che cosa ci siete venuto a fare?"".
Dopo che Lăo Cán ebbe raccontato al signor Jìn tutta la storia, gli propose: " Dovreste fare una sosta per riposarvi. Perché non venite alla locanda dove alloggio e non vi ci fermate un momento a chiacchierare? Da dove venite? Dove state andando?".
"Vedete che ora è?" domandò l'uomo "Oggi ho già fatto una sosta per riposarmi e devo ancora percorrere un bel tratto di strada. Sto ritornando dal Zhílì (69) e sono diretto verso sud. Ho delle questioni familiari da sbrigare ed ho fretta di rientrare a casa. Mi dispiace, ma non posso fermarmi."
"Dal momento che mi dite questo" gli rispose Lăo Cán " non cercherò di trattenervi. Vi prego soltanto di voler attendere un attimo. Vorrei inviare una lettera al mio amico Liú e vi sarei grato se gliela portaste."
Ciò detto, entrò nel negozio accanto alla libreria, che vendeva carta, pennelli ed inchiostro e comprò un pennello, qualche foglio di carta e una busta. Si fece prestare dal commesso la pietra che serviva da calamaio (70) e scrisse rapidamente una lettera, che consegnò al signor Jìn.
Con un inchino, gli disse: "Mi dispiace che ci siamo potuti intrattenere per così poco tempo. Quando vedrete gli amici dello Shāndōng portate a tutti loro i miei saluti".
Il signor Jìn prese la lettera e risalì sulla carrozzella.
Lăo Cán, da parte sua, ritornò alla locanda.
Qualora desideriate sapere se i funzionari di Cáozhōu arrestarono Lăo Cán, leggete il prossimo capitolo.
NOTA
1) Nel romanzo non è precisato in che cosa consista questo rapporto di dipendenza. Visto che Shēn Dōngzào, in quanto governatore di una contea, è un funzionario di grado piuttosto elevato, sembrerebbe da escludere un rapporto di subordinazione gerarchica. È possibile che si tratti di un caso di competenze concorrenti: il signor Yú può essere competente, in materia di polizia, per lo stesso territorio che è sottoposto, amministrativamente, a Shēn Dōngzào.
2) Si usa il termine 良法 (“liáng fă”) per definire la “legge giusta” cioè la legge che difende i diritti e la libertà delle persone, previene la tirannia, punisce i crimini e mantiene la giustizia. Il suo contrario è la “legge ingiusta ( 恶法 ”è fā”). Non bisogna però dimenticare che le nozioni di “legge giusta” e di “legge ingiusta” sono spesso influenzate da diverse interpretazioni politiche. Come rappresentante dell’autorità costituita, Shēn Dōngzào non può evidentemente vedere nelle leggi altro che “leggi giuste”.
3) Lǎo Cán cita qui un passaggio dei “Dialoghi” di Confucio ( cap. V, par.15):” Zĭ Gōng voleva sapere perché Kŏng Wén Zĭ fosse stato chiamato “Wén”, cioè “il sapiente”.
“ Perché era intelligente ed amava studiare” gli spiegò il Maestro” e non si vergognava di chiedere consiglio anche ai propri subordinati. Ecco perché lo chiamavano “il sapiente” "
4) Ho interpretato la frase 逼民為盜 (“ bī mín wéi dào”), letteralmente “costringere le persone a comportarsi da banditi”, nel senso che un’autorità iniqua impone norme talmente oppressive e vessatorie da renderne impossibile il rispetto, cosicché tutti i cittadini si trasformano inevitabilmente in delinquenti.
5) Il termine 父母官 (“fù mǔ guăn”) era il termine con cui, nei tempi più antichi, si designavano le autorità. Il senso dell’espressione è chiaro: i governanti devono essere come dei genitori per il popolo, cioè amarlo e proteggerlo come padre e madre amano e proteggono i propri figli.
6) Dōngzào si riferisce qui alla credenza popolare secondo cui il destino non permetterà ai discendenti di una persona che si sia arricchita con cattive azioni di beneficiare di una ricchezza male acquisita. Egli risponde dunque alla domanda di Lǎo Cán affermando che intende risolvere i veri problemi e non far carriera con metodi iniqui.
7) Il termine 缺分 (”quē fēn”) indica “mancanza di strumenti”, “inefficienza delle strutture”.
8) Il tempio di Shàolín (少林寺 “shaòlín sì “) è un importante monastero buddhista situato sul versante settentrionale del monte Sōngshān 嵩山 nel Hénán 河南. Fondato nel 496 d.C., questo monastero è considerato il luogo d’origine del buddhismo Chán 禪. Esso è altresì famoso per lo studio e l’insegnamento delle arti marziali (武 wǔ), in particolare del pugilato, che va sotto il nome di Shàolínquán 少林拳..
9) Il “tàizǔ shénquán” 太祖神拳, letteralmente “la boxe divina del Grande Antenato”, è la più importante delle arti marziali praticate a Shàolín. Per Grande Antenato s'intende abitualmente l’imperatore Tàizǔ 宋太祖, fondatore della dinastia Sòng 宋朝, ma, nel presente contesto potrebbe invece trattarsi di Bhodidharma, il fondatore del buddhismo Chán 禪.
10) Lo “shǎozǔ shénquán” 少祖神拳, letteralmente “la boxe divina del Piccolo Antenato”, è una variante meno conosciuta dell’arte marziale del pugilato. Il termine "PIccolo Antenato" potrebbe riferirsi a Shénguāng, il successore di Bhodidharma.
11) Bodhidarma (in cinese 菩提達摩 “pùtídámó", forma abbreviata: 達摩 “dámó”), nato intorno al 483 d.C., morto nel 540 d.C., fu un monaco buddhista di origine indiana ritenuto il fondatore del buddhismo Chán 禪. Secondo alcune leggende, sarebbe anche l’inventore dello stile di combattimento detto Shàolínquán 少林拳..
12) Dàzǔ Huìkĕ 大祖慧可(487 d.C.-593 d.C.), conosciuto come Shénguāng 神光, fu il successore di Bodhidharma ed il secondo patriarca del buddhismo Chán 禪.
13) In base al contesto ho interpretato la frase 精神可以悠久 “jīngshén kěyǐ yōujiǔ “, letteralmente “(affinché) lo spirito possa durare a lungo”, nel senso che le tecniche di difesa personale servivano a proteggere la vita dei monaci.
14) il termine 高人古德 “gāo rén gŭ dé” designa gli “uomini ragguardevoli che praticano le antiche virtù”. Poiché le “antiche virtù” erano sintetizzate dalla rinuncia al mondo, gli “uomini ragguardevoli” che le praticavano erano gli asceti e gli eremiti che si ritiravano a vivere in solitudine in mezzo ai deserti o sulla cima delle montagne.
15) Gān Fèngchí 甘鳳池, originario di Nanchino 南京, fu un famoso specialista di arti marziali all’epoca della dinastia Qīng 清朝. Avendo violato il divieto imposto ai cittadini di etnia Hàn di riunirsi in gruppi per praticare le arti marziali, fu considerato ribelle alla dinastia Manciù e dovette nascondersi per non essere arrestato. Secondo un suo biografo, potè ritornare alla sua città natale soltanto in tarda età.
16) Il termine dispregiativo “banditi del Guāndōng” 粵匪 (“yuè fěi”) fu usato, sino alla caduta della dinastia Qīng, per designare i ribelli che avevano creato l’effimero Regno Celeste della Pace Suprema (太平天国 “tài píng tiān guó”), che durò dal 1851 al 1864.
17) L’Esercito del Húnán, conosciuto anche come l’Armata Xiáng (湘軍 “xiāng jūn), fu uno degli eserciti regionali creati in varie province dai notabili locali, partendo dalle milizie esistenti nei villaggi, per opporsi alla ribellione dei Tàipíng . Organizzato nel 1852 da Zēng Guófān 曾国藩, esso non faceva parte dell’esercito regolare e rispondeva unicamente all’autorità del proprio comandante. Raggiunse nel 1860 una forza di 360.000 uomini.
18) L’Esercito del Fiume Huái ( 淮軍 “huái jūn”), detto anche l’Armata dell’Ānhuī, creato da Lĭ Hóngzhāng 李鴻章 e forte di circa 25.000 uomini, ricevette il battesimo del fuoco a Shànghăi nel 1861. In seguito avanzò verso ovest, vincendo numerose battaglie e riconquistando vasti territori occupati dai ribelli.
19) Qi 齊 era uno dei numerosi regni esistenti all’epoca della dinastia Zhōu 周 朝 ( 1046 a.C. - 221 a.C.). Occupava all’inizio le parti settentrionali dello Shāndōng, ma si espanse in seguito verso sud e verso ovest.
Yù 豫 è un altro dei nove antichi regni del periodo Zhōu. Comprendeva l’intero territorio dell’attuale Hénán 河南 e la parte settentrionale del Hébĕi 河北.
L’uso di termini geografici arcaici è un vezzo molto diffuso tra gli scrittori cinesi anteriori alla rivoluzione del 1911.
20) Il 兩 “liǎng”, conosciuto a livello internazionale come “tael” (parola di origine malese), era un’unità di misura del peso corrispondente a circa un’oncia (36-38 grammi). Non esistendo, sotto la dinastia Qīng una zecca statale, la moneta in circolazione era sostanzialmente costituita da lingotti d’argento di produzione privata del peso di 50, 10, 5 o 1 tael. In un passo precedente, viene usato il termine 金 “jīn” (“metallo”, “moneta”) che ha lo stesso significato. La discordanza tra gli importi menzionati nei due passi potrebbe essere dovuta a una disattenzione dell’autore.
21) Il testo cinese menziona soltanto le “spese per le bevande”( 酒水之資 ” jiǔshuǐ zhī zī”), ma mi sembra evidente che ci troviamo di fronte ad un caso in cui si cita una parte per il tutto.
22) Probabilmente qualcuno dei briganti accompagna il trasporto per assicurare che non vi siano “assalti alla diligenza” ed il “pizzo” viene elegantemente presentato come un rimborso delle spese di viaggio. La somma di duecento o trecento tael, qui indicata, sembra riferirsi a trasporti di modesta importanza, perché in relazione ad un trasporto di centomila o duecentomila tael apparirebbe insignificante.
23) Il termine 江湖 (“jiāng hú”), letteralmente “fiumi e laghi”, presenta numerose sfumature di significato. Una di queste si riferisce a gruppi sociali marginali che sfuggivano al controllo delle autorità e che svolgevano spesso attività non consentite dalla legge.
24) Come abbiamo visto Lăo Cán raccomanda di trattare con tutti gli onori la persona che sarà incaricata di lottare contro i briganti.Si può quindi immaginare che gli verrà messo a disposizione un palanchino, l’equivalente dell’attuale “auto blu”.
25) L’espressione idiomatica cinese “lanciare qualcosa nel Grande Mare Orientale” ( 東洋大海 “dōng yáng dà hǎi”), cioè nell’Oceano, corrisponde a “buttare a mare”, “gettare alle ortiche”, “rinunciare”.
26) Dōngchāngfῡ 東昌府 è un distretto della città di Liáochéng 聊城 nello Shāndōng 山東.
27) La famiglia Liǔ 柳 qui menzionata è in realtà la famiglia Yáng 杨 e la casa cui si riferisce l’autore è il “Padiglione del Mare e della Sorgente” (海源阁 “hǎiyuán gé”") fatto costruire nel 1840 da Yáng Yǐzēng 杨以增. Questo padiglione contiene una ricchissima collezione di libri e di calligrafie risalenti alle dinastie Sòng 宋朝 e Yuán 元朝.
28) Si deve supporre che le camere di Lăo Cán e di Dōngzào non si trovassero sullo stesso lato del cortile della locanda e che non ci fossero porticati o corridoi interni. Dōngzào era alloggiato verosimilmente nel corpo principale dell’edificio, Lăo Cán in una delle ali.
29) Come si è già visto in precedenza, il gran freddo fa sì che il pennello geli e che l’inchiostro non riesca a liquefarsi.
30) Il termine “mă fēng” 馬封, designava le buste o i pacchi in cui era contenuta la corrispondenza ufficiale scambiata per via postale tra i vari uffici amministrativi. Il mezzo di trasporto usuale utilizzato dai corrieri a quell’epoca era il cavallo.
31) Il termine “yìzhàn” 驛站 indicava le “stazioni di posta” che, come risulta chiaramente dall’etimologia, erano in origine i posti in cui si effettuava il cambio dei cavalli.
32) Come si è già visto (cfr. Rubrica “Pittura e altre arti”, voce “I poggiatesta di porcellana”) i poggiatesta erano scatolette rettangolari di porcellana che servivano per sostenere la testa durante il sonno. Erano anche utilizzati per riporvi scritti od oggetti importanti in modo che non rischiassero di essere rubati o di andare smarriti. Il fatto che Dōngzào riponga la lettera nel poggiatesta testimonia l’importanza che le attribuisce.
33) Come si è già detto Tiē è il cognome di Lăo Cán, mentre Bǔcán è il suo 號 “hào”, cioè il nome con cui è abitualmente chiamato.
34) Il testo cinese usa l’espressione 老夫子 ”lăo fῡzí”, letteralmente “vecchio maestro”, antico titolo onorifico, che veniva spesso usato per rivolgersi ai letterati o per parlare di loro. Nel contesto, il termine sembra riferirsi agli “assistenti” di Zípíng, che era manifestamente un funzionario di rango abbastanza elevato e che doveva quindi essere coadiuvato da uno staff di letterati.
35) L’autore sembra qui riferirsi ai grandi cartoncini di color rosso che svolgevano un tempo le funzioni di biglietti da visita.
36) Il termine 東家 “dōngjiā”, letteralmente “chi abita sul lato orientale (di una casa)”, era anticamente usato per indicare il “padrone di casa”, il “maestro”, il “capo”. Nel presente contesto, esso si riferisce chiaramente a Dōngzào, il quale è la persona più importante tra coloro che alloggiano nella locanda.
37) Guān Yǔ 關羽, famoso generale dell’epoca dei Tre Regni, fu divinizzato, dopo la sua morte, come dio della guerra, e gli furono dedicati numerosi santuari.
38) Così va interpretata la frase cinese 無非是風餐露宿 (“wúfēi shì fēngcān lùsù”), letteralmente “null’altro che viaggiare in condizioni scomode e dormire all’addiaccio”. Occorre ricordare che si era d’inverno e che le locande, che erano in genere stazioni di posta, non offrivano, come s’è visto, grandi comodità.
39) Il termine 十美图 ”shí měi tú”, cioè “dieci belle immagini”, richiama alla mente le serie pittoriche che illustravano i paesaggi più affascinanti di una regione. Qui sembra piuttosto doversi intendere come riferito a luoghi che eccellevano per la cultura e la sensibilità letteraria dei loro abitanti.
40) L’espressione 弦歌 “xiángē” significa letteralmente “cantare canzoni accompagnandosi con uno strumento a corda”. Metaforicamente, ha poi assunto il significato di avere una buona educazione letteraria e di dilettarsi di poesia”.
41) Il libraio suggerisce a Lăo Cán tre tipi di libri. Sono menzionati, anzitutto, quelli che servivano alla preparazione degli esami imperiali, da lui definiti “studio impegnativo della Sala del Tempio” (目耕齋正經學問 “mù gēng zhāi zhèngjīng xuéwèn”). Vengono poi le opere relative alla poesia e alla prosa letteraria , indicate come “letteratura di vario genere”(雜學 “záxué”). Da ultimo, un saggio filosofico, presentato con una buona dose di ironia: “Chi riesce a capirlo è un genio”( 這書看得懂的,可就了不得了 ”zhè shū kàn dé dǒng de, kě jiù liǎo bùdéle”).
42) La menzione di “fogli di carta bianca” lascia pensare che i libri di epoca più antica non fossero rilegati.
43) L’espressione崇辨堂墨選 ”chóng biàn táng mò xuǎn”, che può essere tradotta come “Prontuario per la Sala dell’Amministrazione Suprema”, designa un manuale utilizzato per la preparazione agli esami imperiali. Il termine 墨選 “mò xuǎn” (letteralmente “selezione di inchiostri”, cioè “raccolta di testi”) indica infatti un’antologia dei “saggi in otto parti” (八股文 ”bāgǔwén”),che costituivano una delle prove più importanti di tali esami. Antologie di questo tipo ebbero grande diffusione sotto le dinastie Míng 明朝. e Qīng 清朝. Anche i due libri citati successivamente facevano parte di questi manuali, che potrebbero essere definiti, con una certa approssimazione, i “bignami” dell’epoca.
44) Le “Letture della sala del tempio“ (目耕齋集 “mù gēng zhāi jì”) furono composte da Shěn Shūméi 沈叔眉 nei primi anni della dinastia Qīng 清朝. Il termine 目耕齋 corrisponde infatti al termine 齋堂 (“ zhāi táng”), che designa la sala in cui i monaci buddhisti si riuniscono per cantare i sutra.
45) Gli “Appunti di scuola per il saggio in otto parti” (八銘塾鈔 “bā míng shú chāo”) furono composti da Wú Xiăngzhèng 吳想政.
46) “L’interpretazione combinata delle antiche liriche Táng"( 古唐詩合解 “gǔ tángshī hé jiě“) è un'antologia in sedici volumi, pubblicata da Wáng Yáoqú 王堯衢 nel 1732.
47) Pubblicata nel 1763, la raccolta intitolata “Trecento poesie dell’epoca Táng”(唐 詩 三 百 首 “tángshī sānbăi shŏu”), opera del letterato Sūn Zhū 孫 洙 (1722-1778), noto anche come “L’eremita di Héngtáng”(衡 塘 退 士 “héngtáng tuìshì”), è la più conosciuta tra le antologie della poesia Táng. Ritenendo insoddisfacente l’antologia “Poesie di mille maestri”(千 家 詩 “qiān jiā shī”), compilata da Liú Kèzhuāng 劉 克 莊 sotto la dinastia Sòng 宋朝 , Sūn selezionò circa trecento composizioni dell’epoca Táng da lui ritenute particolarmente valide per popolarità e per valore educativo.
48) “L’interpretazione della prosa antica” (古文釋義 “gǔwén shìyì”), un’ opera di Lín Yùnmíng 林雲銘 (1628–97) della dinastia Qīng 清朝, pubblicata nel 1682, contiene un totale di 147 saggi, che vanno dal periodo anteriore alla dinastia Qín 秦朝 fino alla dinastia Míng 明 朝.
49) L”Essenza dell’Enciclopedia dello Spirito Umano e dei Principî Generali” ( 性理精義 “xìng lǐ jīngyì”) è un’opera in venti volumi, compilata nel 1715, per ordine imperiale, da un gruppo di studiosi sotto la guida di Lī Guāngdì 李光地 (1642-1718). Essa si proponeva di riprendere e di semplificare una compilazione filosofica dell’epoca Míng 明朝, intitolata “L’Enciclopedia dello Spirito Umano e dei Principî Generali”, mantenendone lo schema e arricchendola di note e di spiegazioni.
L’”Enciclopedia dello Spirito Umano e dei Principî Generali”( 性理大全 “xìng lǐ dàquán”) fu compilata, per ordine imperiale, tra il 1414 e il 1415, da un gruppo di studiosi sotto la guida di Hú Guǎng 胡廣 (1369-1418). I suoi settanta volumi contengono citazioni tratte dagli scritti di 120 filosofi neo-confuciani vissuti all’epoca della dinastia Sòng 宋 朝.
50) Il dialogo tra Lăo Cán e il libraio tende presto a trasformarsi in una scenetta comica. Il libraio, che già dall’aspetto del visitatore ha ritenuto di trovarsi di fronte ad un intellettuale, gli propone dapprima alcuni libri che trattano di argomenti “elevati” (politica, letteratura, filosofia), ma quando Lăo Cán gli dichiara di non essere interessato a tali opere, cambia instantaneamente di registro e comincia ad offrirgli libri che affrontano temi assai più “popolari” ( geomanzia, astrologia, oroscopi) per finire con i testi di base dell’insegnamento scolastico. Lăo Cán, piccato, si finge allora ancor più rozzo di quanto non lo creda il libraio, costringendo quest’ultimo a spiegargli le cose più banali.
51) Il libro intitolato “I tre elementi essenziali da tener presenti nella costruzione di una casa (陽宅三要 ” yángzhái sān yào”) è un trattato di geomanzia ( 風水 “fēngshŭi”) scritto da Zhào Jiǔfēng 趙九峯, autore di cui non si conoscono i dati biografici, ma che fu attivo sotto la dinastia Qīng 清朝 durante il XVIII° secolo.
52) Non ho trovato su Internet il titolo “鬼撮腳 “guǐ cuō jiǎo”, che sembra avere a che fare con l'evocazione o con la cattura degli spiriti, ma il cui significato non è molto chiaro-. L’espressione si incontra unicamente nella frase大六壬:苗公射覆鬼撮腳 (“dà liùrén :“miáo gōng shè fù guǐ cuō jiǎo”), che rimanda al metodo detto dei “Sei grandi rén”), un metodo di divinazione basato sul calendario astrologico cinese. Il termine 壬 (“rén”) designa il nono dei dieci tronchi celesti, che appare sei volte nell’ambito di un ciclo sessagesimale.
53) Lo “Zípíng dell’abisso marino” (淵海子平 “yuānhăi zípíng”) è un trattato concernente gli oroscopi e la numerologia, compilato da Xú Dàshēng 徐大升all’epoca della dinastia Sòng 宋 朝 sulla base dei metodi di predizione del futuro di Xú Zípíng 徐子平, detto il “Maestro del Mare Orientale”( 東海先師 “dōnghǎi xiānshī “). Le ricerche effettuate su Internet non hanno permesso di accertare se il titolo 淵子平 (“yuān zípíng”) che figura nel “Viaggio di Lăo Cán” si riferisca ad un altro libro sullo stesso argomento o sia semplicemente una citazione incompleta del titolo del libro soprammenzionato.
54) Il termine 百家 (“băi jiā”), vale a dire “le cento scuole” si riferisce alle numerose scuole di pensiero sorte nel Periodo delle Primavere e degli Autunni (春秋时代 ”chūnqiū zhànguó shídài “), che durò dal 771 a.C. al 476 a.C, e nel successivo Periodo degli Stati Combattenti (战国时代 ”zhànguó shídài “), che durò dal 475 a.C. al 221 a.C.
55) Il libraio menziona Jǐnán 濟南per sottolineare che la sua libreria non intende ovviamente mettersi in concorrenza con quelle del capoluogo dello Shāndōng 山東, ma è comunque la più importante nell’ambito della prefettura di Dōngchāng 東昌.
56) Come si vede, le drogherie e i magazzini per la vendita dei prodotti alimentari avevano all’epoca un angolo riservato alla vendita dei libri. I “reparti libri” degli odierni supermercati non sono dunque una novità.
57) Il “Classico dei tre caratteri” ( 三字經 “sān zì jīng”), opera di Wáng Yīnglín 王應麟 (1223–1296), è stato, fin dalla metà del XIII° secolo, il libro scolastico più conosciuto e più studiato in Cina. Esso veniva infatti usato per insegnare ai bambini i caratteri della scrittura cinese. Si chiama così perché è composto da una lunghissima serie di versi rimati di tre caratteri ciascuno.
58) ”I cento cognomi”(百家姓” băi jiāxíng”) è il titolo di una raccolta di 411 cognomi, successivamente ampliata a 504, che sarebbe stata compilata nei primi anni della dinastia dei Sòng settentrionali 北宋朝. Anche questo libro è stato ampiamente utilizzato, nel corso dei secoli, per insegnare ai bambini i carateri della scrittura cinese.
59) Il “Classico dei mille caratteri” (千字文 “qiān zì wén”) è un poema didattico composto da 250 versi di quattro caratteri, nessuno dei quali viene mai ripetuto. Questa particolarità lo rendeva particolarmente utile per l’insegnamento della scrittura. Esso svolgeva, allo stesso tempo, le funzioni di un “sussidiario” per la formazione degli scolari, perché i suoi versi fornivano una serie di informazioni sulla natura, sulla storia, sulla geografia, sulla struttura politica del paese e sulle regole di condotta da rispettare nell’ambito della società. Secondo la leggenda fu commissionato allo studioso Zhōu Xìngsì 周兴嗣 dall’ l’imperatore Wǔdì 武帝 (periodo di regno 502 d.C.-549 d.C.) della dinastia Liang 梁朝, il quale voleva un testo letterario per insegnare il cinese al proprio erede.
60) L’antologia intitolata “Le poesie di mille famiglie”( 千家诗 “qiānjiāshī”) è una combinazione di due raccolte: la "Riedizione delle poesie di mille famiglie" ( 重订千家诗 “chóng dìng qiānjiāshī “) di Xiè Fāngdé 谢枋得 della dinastia Sòng 宋 朝 (“in versi settenari”) e le "Poesie di mille famiglie in versi quinari”( “五言千家诗 “wŭ yán qiānjiāshī") selezionate da Wáng Xiāng 王相 della Dinastia Qīng 清朝. L’espressione “di mille famiglie” va evidentemente intesa significare “di tutti i tipi”, “di ogni genere”.La maggior parte delle poesie selezionate sono poesie famose delle dinastie Táng e Sòng, facili da imparare e da capire. I loro temi riflettono la realtà sociale, ciò che spiega la loro ampia diffusione.
61) I “Quattro Libri” (四書”sì shū”), testi fondamentali della dottrina confuciana, sono: “Il Grande Studio”( 大學 ”dàxué”) , “Il Giusto Mezzo” ( 中庸 ”zhōngyōng), “I Dialoghi” di Confucio ( 論語 ”lúnyǔ) e il “Mencio (孟子 “mèng zĭ”) .
62) I “Cinque Classici” ( 五經”wǔjīng”) ,opere fondamentali dell'antica letteratura cinese, sono:
“Il LIbro dei Mutamenti ( 易經经 ”yìjīng”)
“Il Libro delle Odi” (詩經 ”shījīng “)
“Il Libro dei Documenti(書經 “shūjīng”).
“Il “Libro dei Riti” ( 禮記 “lǐjì”)
“Gli Annali delle Primavere e degli Autunni” (春秋 “chūnqiū”).
63) La “Cronaca di Zuǒ” 左傳 (“zuǒzhuán”) è generalmente ritenuta un commento agli “Annali delle Primavere e degli Autunni”, anche se alcuni studiosi la considerano un testo di origine autonoma.
64) Il termine 漕臺 “cáo tái” indicava il responsabile del traffico fluviale, cioè il funzionario che si occupava in particolare del raccolto, della consegna e dell’immagazzinamento dei cereali, nonché del loro trasporto attraverso la rete di fiumi e di canali che attraversavano il paese.
65) Il termine 納書楹 (“nàshῡyíng””) appare di ardua interpretazione. Se i caratteri 納書 (“nàshῡ”) possono essere intesi abbastanza facilmente nel senso di “accogliere, prendere, depositare libri”, il carattere 楹, al quale i dizionari attribuiscono il significato di “pilastro”, ”colonna” oppure quello di “distico” sembra difficile da conciliare con gli altri due. Possiamo però immaginare di trovarci di fronte ad una metonimia, figura retorica in cui si indica la parte per il tutto, cosicché le parole “pilastri” o “colonne” servirebbero a designare gli edifici adibiti a “biblioteche” o “librerie”, i cui ingressi sono normalmente fiancheggiati da un paio di pilastri o di colonne.
(Si spiegherebbe allora, in modo analogo, l’attribuzione a questo carattere del significato di “distico”, giacché i due pilastri o le due colonne a fianco di una porta erano abitualmente ornati da due striscie recanti ciascuna un verso).
Mi è perciò sembrato plausibile attribuire all’intera espressione il significato di “biblioteca”.
Questa conclusione sembra confermata dal titolo di una raccolta di melodie compilata nel XVIII° secolo, che si legge 納書楹曲譜 ” nà shū yíng qǔpǔ” e che può essere tradotto come “elenco di melodie tratte da testi conservati nelle biblioteche”.
66) Il termine 板書 (“bǎnshū) , letteralmente “parole scritte sulla lavagna”, indica ciò che il maestro scrive sulla lavagna per spiegare o sintetizzare ciò che sta insegnando. Queste note vengono spesso copiate dagli studenti nei loro quaderni di appunti, che, ad esempio nelle università, vengono talora pubblicati con il nome di “dispense universitarie”. Questo fenomeno si verificava in Cina già ai tempi delle dinastie Sòng e Yuán. Gli “scritti sulla lavagna” risalenti a tali epoche suscitavano evidentemente molto interesse negli eruditi degli inizi del XX° secolo.
67) Con il termine 兩榜 (“liǎng bǎng”), cioè “ le due liste”o “le due classifiche”, si indicavano gli esami imperiali, che permettevano di conseguire il diploma di “studioso provetto” ( 進士 “jìnshì”), e gli esami provinciali, che permettevano di conseguire il diploma di “studioso raccomandato”, cioè ritenuto adatto a svolgere funzioni pubbliche ( 舉人” jǔrén”).
68) Compaiono nel dialogo tra Lǎo Cán e il libraio alcuni termini relativi alle relazioni familiari:
老大爺 (“lǎodàyé“) designa il “vecchio capofamiglia”, il “nonno”;
大人 (“dà rén”) designa il “capofamiglia”;
少爺 (shǎoyé”) designa il “giovane padrone”, il “figlio primogenito”
三爺 (“sānyè”) designa il “fratello minore” o il “genero”.
(69) ll nome "Zhílì" 直隸 significa "direttamente governato" e indicava le regioni direttamente governate dall'Imperatore. La provincia di Zhílì fu costituita per la prima volta durante la dinastia Míng, allorché la capitale della Cina si trovava a Nanchino, e comprendeva alcune regioni situate intorno a quella città. Nel 1403, dopo il trasferimento della capitale a Pechino, fu creata una provincia nota come Zhilì del Nord, composta da parti delle moderne province di Héběi, Hénán, Shāndōng, e dalle città di Pechino e di Tientsin.
(70) La pietra concava per contenere l'inchiostro (砚台 "yàntái") è, insieme con il pennello, la carta e la barretta d'inchiostro uno dei "quattro tesori del letterato", cioè uno degli strumenti essenziali per scrivere e per praticare l'arte della calligrafia.
Capitolo VIII
Abbiamo raccontato che Lǎo Cán rimase molto stupito quando un domestico venne a dirgli che dei funzionari della prefettura di Cáozhōu lo stavano cercando. "È mai possibile" si domandava "che il signor Yù mi tratti davvero come un bandito?".
Mentre entrava nel cortile della locanda, vide che un uomo con un pacco in mano gli si faceva incontro. L'uomo lo salutò, depose il pacco su una sedia, poi estrasse di tasca una busta, gliela consegnò a mani giunte (1) e gli disse:"Sua Eccellenza Shēn vi manda i suoi saluti".
Lǎo Cán prese la lettera e le diede un'occhiata. Capì subito che Shēn Dōngzào, rientrato in albergo, aveva visto che la pelliccia di volpe da lui inviata in dono gli era stata riportata indietro e se ne era rattristato, pensando che Lǎo Cán non avesse accettato il regalo perché riteneva la pelliccia di volpe troppo appariscente (2). Aveva perciò scelto, in un negozio di abbigliamento, un completo in pelle di montone ed aveva affidato ad un messaggero la tunica e la giacchetta insieme con un biglietto in cui dichiarava che si sarebbe offeso se Lǎo Cán avesse rifiutato il regalo anche questa volta,
Dopo aver letto il biglietto, Lǎo Cán sorrise e domandò al messaggero: "Siete un funzionario della prefettura di Cáozhōu?"
"Sono un funzionario della contea di Chéngwǔ, nella prefettura di Cáozhōu" gli rispose l'uomo.
Lǎo Cán capì allora che il domestico della locanda aveva dimenticato qualcosa nel riferirgli la qualifica di chi lo cercava.(3) Scrisse due parole di ringraziamento e diede un paio di tael di mancia al messaggero.
Rimase in città ancora due giorni, ma dovette constatare che gli antichi libri della famiglia Liǔ erano effettivamente nascosti in grandi casse e non erano accessibili non soltanto agli estranei, ma nemmeno agli stessi membri della famiglia. Deluso, prese il pennello e scrisse sulla parete della camera i seguenti versi:
"Cāngwěi (4) ,Wáng Zhì, Yìyún (5) e Jīngshĕ (6),
quattro collezioni di libri
trasferite insieme a Dōngchāng,
nascoste in una biblioteca (7),
cibo ai pesciolini d’argento." (8)
Quando ebbe finito di scrivere, sospirò più volte e si mise a letto.
Lasciamolo riposare un istante e parliamo ora di ciò che aveva fatto nel frattempo Shēn Dōngzào.
Costui s'era recato in prefettura a presentare il suo rapporto ed aveva visto il signor Yù, il quale non aveva fatto altro che esortarlo a mostrarsi particolarmente severo per contrastare il disordine dei tempi. Shēn Dōngzào si era limitato a pronunciare qualche frase di circostanza e non aveva osato aggiungere altro. Poi, dopo aver bevuto il tè con il signor Yù, era tornato alla locanda.
Quando il padrone della locanda gli consegnò, a mani giunte, il biglietto di Lǎo Cán e la pelliccia di volpe, Dōngzào
diede un'occhiata al biglietto e si accigliò.
Shēn Zìpíng, che gli stava accanto, gli domandò: " Che cosa c'è che non va, fratello?".
Dōngzào, dopo aver spiegato al fratello come, avendo visto che Lǎo Cán indossava sempre abiti di cotone, gli avesse offerto una pelliccia di volpe e come ne fosse nata una discussione, concluse: "Vedi! Mi sembra un po' troppo scortese, da parte sua, avermi mandato indietro questa pelliccia prima di partire".
"Tu sei un po' permaloso, fratello" osservò Zìpíng " Io credo che abbia rifiutato il tuo regalo per due ragioni. In primo luogo, perché gli è parso che la pelliccia fosse un dono troppo importante e che non fosse giusto accettarla. In secondo luogo, perché, anche se l'avesse accettata non gli sarebbe servita a niente. Che senso avrebbe portare un abito bordato di pelliccia sotto una giacchetta di cotone. (10) Se vuoi veramente dimostrargli la tua amicizia, chiedi a qualcuno di procurarti un completo in pelle di montone: tunica e giacchetta, con i risvolti in cotone o in popeline. (11) Vedrai che lo accetterà certamente. Mi sembra una persona semplice e schietta. Che cosa ne pensi, fratello?".
"Hai proprio ragione" gli rispose Dōngzào "Incarica qualcuno di fare come mi hai consigliato".
Mentre guardava il fratello maggiore Shēn Dōng che si preparava a tornare alla sua contea, Shēn Zìpíng fece comprare un completo in pelle di montone e mandò qualcuno a consegnarlo a Lǎo Cán, poi si procurò un calesse e partì per Píngyīn. Giunto a Píngyīn, caricò i bagagli su due carrettini e continuò il viaggio a cavallo. Gli bastò una mattina per arrivare ai piedi del monte Táohuā, ma lì si rese conto che con il cavallo non sarebbe potuto andare oltre. Non c’era altro da fare che fermarsi. Per fortuna, alle pendici della montagna c’era un villaggio con una piccola locanda. Noleggiò un asino da un abitante del villaggio e rimandò indietro il cavallo. Dopo essersi fermato a mangiare qualcosa, si diresse verso la montagna. Subito fuori dal villaggio, vide dinanzi a sè il greto sabbioso di un torrente. Il greto era largo più di cinquecento metri, ma c’era solo un sottile filo d’acqua che scorreva nel mezzo, attraversato da una passerella d’assi lunga pochi metri. La superficie del torrente, era ghiacciata, ma da sotto la coltre di ghiaccio proveniva il rumore dell’acqua che scorreva gorgogliando, un rumore simile a quello causato dall’oscillazione di un ciondolo di giada. Zìpíng capì che era il suono prodotto dai pezzetti di ghiaccio trasportati dalla corrente che urtavano la superficie ghiacciata.
Superato il greto sabbioso, si raggiungeva la vallata orientale e si vedeva la montagna stendersi da sud verso nord con una serie di ondulazioni nel mezzo. Sebbene di lì non fosse ancora possibile rendersene conto, si era giunti presso il punto di intersezione di due sole, grandi vallate, a sinistra e a destra, costituite da due lunghe creste di colline e di picchi. Dalla cima centrale scorrevano giù due grossi ruscelli: quello di destra si chiamava Dōngyù e quello di sinistra si chiamava Xīyù. Poco più`avanti le loro acque si mescolavano e formavano un torrente che girava tre volte, a destra e a sinistra, prima di uscire dalla vallata. Subito dopo l'uscita , si incontrava il greto sabbioso che Zìpíng aveva attraversato.
Zìpíng affrontò il valico di montagna e, levando la testa, vide, non molto lontano, un ripido pendio, che si ergeva di fronte a lui come uno schermo, cosparso di rocce, alberi e cespugli. Era nevicato molto: le rocce apparivano verdastre, la neve bianca, i rami degli alberi avevano un colore giallastro, qua e là boschetti di pini e di cipressi formavano macchie verdi, come chiazze di musco su un dipinto. In sella al suo asino, Zìpíng ammirava il paesaggio e si sentiva così felice, che gli veniva voglia di gettar giù un paio di versi per descrivere la scena.
Proprio mentre era perso nella contemplazione del paesaggio, ebbe appena il tempo di percepire il suono della campanella appesa al collo dell’asino che sentì le ginocchia piegarsi ed il suo corpo perdere l’equilibrio e rotolare giù verso il torrente che scorreva a fondovalle. Per fortuna, il torrente, che, in quel punto, si trovava proprio accanto alla strada, era impetuoso, ma non molto profondo. Inoltre, s’erano formati sulle sue rive due spessi strati di neve, in cima ai quali s’era creata una sottile crosta di ghiaccio. Zìpíng cadde in basso come se stesse rotolando giù da un materasso a molle, spezzando la crosta di ghiaccio sul suo passaggio, ma, dopo un breve tratto, si fermò contro una grossa roccia senza riportare ferite. Si rialzò rapidamente, appoggiandosi alla roccia, senza accorgersi che i suoi piedi erano sprofondati nella neve per più di trenta centimetri. Guardò l'asino che era rimasto in alto sul bordo del sentiero: l’animale si impennava con le zampe anteriori, ma non riusciva a muovere le zampe posteriori, profondamente invischiate nella neve. Allora chiamò subito le persone che lo accompagnavano e guardò avanti e indietro per accertarsi dove fossero i carretti con i bagagli, ma dei carretti non c'era traccia.
Quale poteva esserne il motivo? Poiché non c’era molta gente che percorresse quel sentiero di montagna, lo strato di neve che lo ricopriva, pur essendo un po’meno spesso di quello che si era accumulato sui bordi, era ancora profondo venti o venticinque centimetri. L’asino era riuscito ad avanzare, passo dopo passo, senza troppa fatica e Zìpíng, affascinato dallo spettacolo della montagna ricoperta di neve, non si era preoccupato di controllare che i carretti lo seguissero, ma i carretti, come era ovvio, potevano andare avanti soltanto se le ruote aderivano al terreno ed incontravano quindi una particolare resistenza da parte della neve.Sebbene una persona li tirasse e un’altra li spingesse procedevano dunque a rilento ed erano già rimasti indietro di qualche centinaio di metri rispetto all'asino.
Zìpíng, immerso fin sopra i ginocchi nella neve, non poteva muoversi. Dovette quindi far buon viso alla cattiva sorte ed aspettare con rassegnazione l’arrivo dei carretti, che giunsero solo dopo un bel momento. (12) Tutti si misero allora a cercare una soluzione, ma quello che stava in basso non poteva salire su fino al sentiero e quelli che stavano sul sentiero non potevano scendere perché il pendio era troppo ripido. Dopo aver riflettuto a lungo, decisero di staccare da un carretto due delle corde che servivano a legare i bagagli, di annodarle insieme a formare una corda più lunga e di calarne un capo verso Zìpíng, che se la cinse intorno alla vita. Fatto ciò, quattro o cinque persone, dal sentiero, afferrarono insieme l’altro capo della corda e riuscirono a tirarlo su. Dopo che i domestici lo ebbero aiutato a spazzar via la neve dagli abiti, Zìpíng si fece riportare l’asino, montò di nuovo in sella ed andò avanti con circospezione.
Sebbene il sentiero non fosse molto stretto era tutto un saliscendi e il selciato diventava estremamente scivoloso quando, a causa del gran freddo, la coltre di neve si trasformava in ghiaccio. Pur essendo partito all’una del pomeriggio e pur avendo marciato sino alle quattro, Zìpíng aveva percorso meno di cinque chilometri. Allora cominciò a pensare: "Il capo del villaggio mi ha detto che Shānjí distava solo sette chilometri e mezzo, ma ho camminato per tre ore e sono appena a metà strada. Il sole tramonta presto d’ inverno e, per di più, la vallata è incassata in mezzo ad alte montagne che nascondono rapidamente il sole e favoriscono il veloce propagarsi dell’oscurità”. Mentre cavalcava e faceva al tempo stesso queste riflessioni, prima ancora che se ne rendesse conto, era già diventato.buio.
Scese di sella e, tenendo in mano le redini, si mise a discutere con il carrettiere: "Guarda, si è già fatto buio ed abbiamo ancora più o meno tre chilometri da percorrere. Il sentiero è malagevole e i carretti avanzano a rilento. Che cosa si può fare? ".
“Non c`è niente da fare” gli rispose il carrettiere.”Per fortuna, oggi siamo al 13 del mese e la luna è spuntata presto. In qualunque caso, dobbiamo arrivare a Shānjí. Non ci sono briganti su questo sperduto sentiero di montagna, perciò anche se facciamo tardi, non dobbiamo averne paura”.
“Anche se ci fossero i briganti” replicò Zìpíng: " non ne avrei paura, perché ho pochi bagagli e non mi importerebbe molto se me li rubassero. Ciò che mi fa veramente paura sono le bestie feroci: gli sciacalli, le tigri e i leopardi. Si sta facendo notte. Se dovessimo imbatterci in uno di questi animali, potremmo vedercela brutta".
Il carrettiere lo rassicurò: “Su queste montagne non vivono molte tigri. Una Tigre Sacra (13) le controlla ed esse non fanno del male a nessuno. Per contro, ci sono parecchi lupi, ma, se li sentiremo avvicinarsi, basterà che ci armiamo tutti di un bastone e non dovremo aver paura di loro” .
Dopo questa conversazione, giunsero dinanzi al letto di un torrentello impetuoso che si gettava nel torrente più grande formando una piccola cascata. Anche se si era d’inverno e il torrentello era asciutto, il burrone che esso aveva scavato era profondo più di sei metri e largo altrettanto. In alto c’era il ripido pendio della montagna, in basso il pendio altrettanto ripido che scendeva a fondovalle, e sembrava non esserci alcun passaggio.
Quando Zìpíng scorse questo ostacolo, fu colto dal panico. Tirò immediatamente le redini e attese che arrivassero i carretti.
“Non posso crederci!” esclamò “Abbiamo sbagliato strada e siamo finiti in un vicolo cieco.”
Il carrettiere fermò i carretti, trasse un profondo respiro e osservò: “No! Abbiamo preso la strada giusta. C’è un solo sentiero e quindi non possiamo esserci sbagliati. Vediamo che cosa si può fare.”
Fece qualche decina di passi, poi tornò indietro e disse a Zìpíng: “ C’è un passaggio, ma non è facile da affrontare. Dovrai smontare dall’asino e andare avanti a piedi”.
Zìpíng smontò di sella, prese l'asino per le redini e seguì il carrettiere per andare a vedere. Scoprì così che, dietro una grande roccia, era stato costruito qualcosa di simile a un ponte di pietra. Tuttavia, questo ponte era costituito da due soli pilastri isolati, larghi ciascuno appena una quarantina di centimetri e abbastanza distanti l’'uno dall'altro. Per di più, il piccolo spiazzo in cima ai pilastri era ricoperto da uno strato di ghiaccio, che lo rendeva scivoloso.
"Che spavento!” esclamò Zìpíng” Come farò ad attraversare questo ponte? Se scivolo, sono morto!. Non ho davvero il coraggio di tentare l’avventura.”
Il carrettiere e i suoi aiutanti lo guardarono e gli dissero: "Non c’è ragione di inquietarsi. Possiamo attraversare il ponte senza rischiare nulla. Per fortuna, portiamo tutti scarpe con le suole in fibre di giunco (14), che aderiscono perfettamente a qualsiasi superficie, e non dobbiamo avere nessun timore.”
Uno degli uomini esclamò: " Fatemi provare!” e attraversò il ponte gridando: "Il passaggio è facile! Il passaggio è facile!”, poi ritornò subito indietro e disse: "Però i carretti non possono passare. Dovremo metterci in quattro per sollevarli e trasportarli al di là del ponte l’uno dopo l’altro”.
“ I carretti potete sollevarli a braccia, “osservò Zìpíng “ma io non mi sento di tentare il passaggio. E con l'asino come farete?”
Allora non c’è che una soluzione.” gli rispose il carrettiere” Basta che voi vi sdraiate come se voleste mettervi a dormire. Due di noi vi prendono per le spalle, due per i piedi, e vi portiamo dall’altra parte. Che ne dite?”
“Non posso crederci.” sbottò Zìpíng “Siete impazziti?”
A questo punto, un altro degli aiutanti propose: “ Prendiamo semplicemente una corda e leghiamovela intorno alla vita. Uno dei ragazzi vi precederà, tenendo in mano un capo della corda, e un secondo vi seguirà tenendo in mano l’altro capo. Assicurato ad una corda, vi sentirete più sicuro e le gambe non vi tremeranno più”.
"Questa mi sembra una proposta ragionevole” ammise Zìpíng.
Così , dapprima gli uomini aiutarono Zìpíng ad attraversare il ponte, poi trasportarono al di là del ponte i due carretti. L’asino invece si impuntò e rifiutò di andare avanti. Mentre un uomo lo bastonava, un altro lo spingeva, finché non riuscirono a farlo passare.
Quando tutto fu terminato, le ombre degli alberi si allungavano sul terreno alla luce della luna, che splendeva brilante nel cielo.
Improvvisamente, la luce della luna illuminò la figura di un animale che correva sul pendio occidentale del vallone. Quando l’animale giunse sulla cima, si udì un ruggito. Guardò in basso come se cercasse qualcosa e, in attimo raggiunse il bordo del ruscello. Si udì un altro ruggito. I viaggiatori si sentirono raggelare e furono colti dal terrore. Erano scossi da tremiti convulsi, con gli occhi puntati sulla tigre. Quest’ultima, raggiunto il ruscello, si fermò. I suoi occhi, in cui si rifletteva il chiarore della luna, brillavano. Il suo sguardo non era fisso sull’asino, ma sugli uomini. Ruggì ancora una volta, contrasse il corpo e si preparò a balzare in avanti. Non c’era vento sulla montagna, ma un sibilo percorreva le cime degli alberi, mentre le ultime foglie cadevano a terra. Il freddo intenso colpiva duramente i volti degli uomini, che erano in preda al panico più completo.
Passò parecchio tempo senza che accadesse nulla. Della tigre non c'era più traccia. Il carrettiere, che si era rifugiato su un albero, fu il più coraggioso. Dopo esser sceso giù, gridò agli altri : "Venite fuori! La tigre si è allontanata”. Aspettò che tutti uscissero dai loro nascondigli, uno dopo l'altro, e poi andò a tirar fuori Zìpíng da una fenditura della roccia nella quale si era rintanato.
Zìpíng, stordito dalla paura, sembrava aver perso la parola e soltanto dopo un po’ di tempo riuscì a chiedere: "Siamo vivi o morti?"
“La tigre se n’è andata” gli rispose il carrettiere.
“Per dove se n’è andata?” domandò Zìpíng ”Non ha fatto del male a nessuno?”.
Il carrettiere, che si era rifugiato sull’albero, gli spiegò” L’ho vista balzare dalla riva del ruscello e sfrecciare per aria come se fosse un uccello. Ha sorvolato la cima degli alberi ed è atterrata sul pendio una ventina di metri più in alto.(15) Una volta a terra, ha raggiunto rapidamente la cresta del pendio e s’è diretta verso oriente con un ultimo ruggito”.
Fu solo all’udire queste parole che Zìpíng riprese animo e disse: “Mi sento ancora le gambe molli. Come farò ad alzarmi?”
“Ma siete già in piedi” obiettarono tutti.
Zìpíng abbassò lo sguardo e si rese conto che non era più rannicchiato per terra. “Ho davvero perso il controllo del mio corpo” disse con un sorriso.
Allora gli altri lo presero sottobraccio e lo aiutarono a camminare, finché, dopo una decina di passi, non fu di nuovo in grado di muoversi da solo.
Zìpíng sospirò e disse: “Non sono morto nelle fauci della tigre, ma se, per caso, dovessimo trovare un altro ponte come quello di questa sera non sarei più in grado di attraversarlo. Ho fame, ho freddo e rischio di morire congelato.”
Ciò detto, si avvicinò all’alberello, presso il quale si era accucciato l’asino, terrorizzato dal ruggito della tigre.
Gli uomini che lo accompagnavano tirarono su l’asino, poi aiutarono Zìpíng a montare in sella e tutti si rimisero lentamente in marcia.
Dopo aver girato intorno ad uno spuntone di roccia, scorsero improvvisamente delle luci dinanzi a sé e riconobbero alcune case.
“Evviva! Evviva!” gridarono tutti insieme ” Avanti! Siamo arrivati alla città”.
Non solo le persone si misero a marciare con maggior lena, ma anche l’asino non si mostrò più pauroso e restio come prima.
Giunsero in breve all’altezza delle luci e si accorsero che non si trattava della città, ma di un piccolo agglomerato di case, che davano l’illusione di un grosso centro abitato perché, a causa della conformazione accidentata del terreno, sembravano formare diverse file di abitazioni.
A questo punto, decisero di non andare oltre, ma di bussare ad una porta e di chiedere ospitalità. Non c’era in effetti nient’altro da fare.
Si avvicinarono ad una costruzione circondata da un muro di pietra a pelle di tigre (16) all’interno della quale sembravano esserci una dozzina di casette. (17) Il carrettiere si fece avanti e bussò piu volte alla porta. Venne ad aprire un vecchio dalla barba grigia e dai capelli grigi con una lucerna in mano. Accese una candela e domandò: “Che cosa volete?”.
Zìpíng si fece subito avanti e, con voce calma ed amabile (18), raccontò l’intera storia concludendo: “So che qui non c’è una locanda, perciò devo fare come gli altri e chiedervi anch’io ospitalità.”
“Attendete un istante.” gli rispose il vecchio” Vado a riferire alla nostra signorina”.
Ciò detto, rientrò senza chiudere la porta.
Zìpíng lo guardò sorpreso e si domandò: “Non c`è un capofamiglia in questa casa? Perché deve andare a chiedere alla signorina? Com è possibile che il capofamiglia sia una ragazza?”, poi cominciò a riflettere:” Mi sto sbagliando. Non può essere vero. Questa casa deve essere diretta da una donna molto anziana e il vecchio deve essere un suo nipote. Come molti fanno, ha usato il termine “signorina” per indicare la zia. È logico, Non può essere che così”.
All’improvviso, il vecchio ritornò, accompagnato da un uomo di mezza età con una lucerna accesa in mano, e si rivolse a ZÌpíng: “La prego. Venga con me.”
La casa in cui ZÌpíng fu invitato ad entrare era una di cinque abitazioni situate di fronte alla porta che si apriva nel muro. Una scalinata di più di dieci gradini saliva alla porta della casa, che stava proprio nel mezzo della facciata.
L’uomo di mezza età, con la lucerna accesa in mano, si affiancò a ZÌpíng per fargli luce. ”Fermati un momento qui in cortile.” disse ZÌpíng al carrettiere” Aspetta che io entri e veda qual è la situazione. Poi ti richiamerò."
Quando Zìpíng ebbe salito la scalinata, il vecchio si fermò all'ingresso e gli disse: " A nord di questo complesso c’è un leggero declivio. Dìca ai suoi di spingere i carretti e di tirare l’asino su per quel pendio”.
Risultò allora che c’era una porta anche sul lato occidentale del muro.
Una volta che tutti furono entrati nella casa, videro che c’erano tre ampie stanze separate, una su ciascuno dei lati. I viaggiatori si sistemarono a gruppi di cinque in ciascuna stanza, prendendo posto sulle stufe-letto (19) che ne occupavano la parte rivolta a settentrione, lasciando l’asino e i carretti nella parte rivolta a sud.(20)
In seguito, il vecchio domandò a Zìpíng quale fosse il suo nome e lo invitò a seguirlo.
Percorsero un corridoio che portava ad una scalinata, la quale conduceva ad un piccolo spiazzo pianeggiante fiorito ed alberato. Lo spettacolo offerto da questo giardino al chiaro di luna era affascinante e si percepivano, di tanto in tanto, profumi delicati che rinfrescavano l’anima.
Di lì procedendo verso settentrione si incontravano tre padiglioni di studio con la facciata rivolta a sud, affiancati da chiostri le cui colonne erano state ricavate da tronchi d’abete privati della loro corteccia.
Quando Zìpíng vi entrò si rese conto che dal soffitto pendevano quattro lanterne di carta sistemate, con estrema abilità, in un’intelaiatura di listelli di bambù.
Due dei padiglioni erano aperti verso l’esterno, mentre il terzo, che era stato circondato di pareti in modo da dargli l’apparenza di una casetta, era fronteggiato da tavoli e sedie disposti in modo assai armonioso. L’ingresso era coperto da una cortina di seta bruna.
Avvicinatosi alla porta, il vecchio disse ad alta voce: "Signorina, l’ospite di nome Shén è qui”.
La cortina fu sollevata ed apparve una ragazza di diciotto o diciannove anni.
Indossava un abito di stoffa, due sopravesti color indaco, una giacchetta blu ed aveva un aspetto dignitoso, sereno, luminoso ed elegante.
Vedendosi ricevuto con cortesia, Zìpíng congiunse subito le mani in segno di saluto.
“Prego si accomodi!” gli disse la ragazza, poi, rivolgendosi al vecchio, ordinò:”Corri subito a preparar cena. Il nostro ospite ha fame”.
Il vecchio si ritirò.
“Quale è il Suo nome, signore,” domandò la ragazza “ e quale motivo La conduce dalle nostre parti?”.
“Mio fratello maggiore mi ha mandato qui a cercare Liú Rénfǔ.” rispose Zìpíng.
“Il signor Liú abitava un tempo ad est del nostro villaggio” gli spiegò la ragazza, ma ora s’è trasferito nella Valle dei Cipressi”.
“Dove sta la Valle dei Cipressi?” le domandò Zìpíng.
“Verso occidente.” gli rispose la ragazza” A più di quindici chilometri di distanza da dove abitiamo noi. La strada è ancor più sperduta ed ancor più difficile da percorrere di quella per la quale siete venuti. Mio padre tornò a casa dall’ufficio avantieri e ci avvisò che oggi sarebbe arrivato di lontano un visitatore che sembrava un po’spaventato dal viaggio che stava per intraprendere. Ci raccomandò di ritardare il momento di andare a letto e di prepararci ad accoglierlo con un po’di cibo e di vino.”. Poi aggiunse:”Non si offenda se la nostra accoglienza non è all’altezza di un ospite così distinto come Lei”.
Zìpíng si stupì nel sentire quelle parole.
“Su queste montagne sperdute, non ci sono uffici governativi.” si mise a riflettere” Come si può andare in ufficio e ritornare dall’ufficio? Come è possibile che l’altro ieri qui si sapesse già del mio prossimo arrivo? Perché questa ragazza ha un’aspetto così raffinato? Le sue maniere sono, come dicevano gli antichi " l'eleganza nascosta in mezzo ai boschi?” (21)
Riuscirà Zìpíng a scoprire il mistero di questa donna?
Aspetta di leggere il prossimo capitolo e lo saprai.
NOTE
1) L’etichetta cinese prevede che una lettera o un regalo devono essere consegnati a mani giunte in segno di rispetto per chi li riceve.
2) Come s’è già visto, Lǎo Cán aveva in effetti dichiarato che una tunica ornata da una pelliccia di volpe sarebbe stato un capo di vestiario troppo appariscente per un guaritore ambulante. Occorre inoltre considerare che la tunica veniva abitualmente indossata sotto una giacchetta. L’accostamento di una pelliccia di volpe e di una giacchetta di cotone sarebbe apparso stonato ed avrebbe testimoniato in chi avesse indossato insieme tali capi mancanza di gusto e mancanza di mezzi.
3) L'equivoco che inquieta Lǎo Cán nasce dal fatto che il proprietario della locanda si riferisce erroneamente al messaggero di Shén Dōngzào come ad "un funzionario della prefettura di Cáozhōu" anziché come ad " un funzionario della contea di Chéngwǔ, nella prefettura di Cáozhōu".
4) Jì Zhènyí 季振宜 (1630-?), conosciuto come Căngwĕi 滄葦, fu un letterato che visse sotto la dinastia Qīng 清朝. Molto ricco ed appassionato bibliofilo, collezionò un gran numero di edizioni rare delle epoche Sòng 宋朝 e Yuán 元朝 .
5) 藝芸書舍 (yì yún shū shě “) era il nome della biblioteca di Wāng Shìzhōng 汪士)鐘 (1786-?) a Chăngzhǒu 長洲, all’epoca della dinastia Qīng. Wāng era un appassionato bibliofilo e spese grandi somme per collezionare libri rari delle epoche Sòng e Yuán.
6) Il termine 精舍 (“jīng shĕ”) si riferiva in origine a una scuola in cui veniva insegnata la dottrina confuciana. In seguito assunse il significato più vasto di luogo di studio, biblioteca.
7) Si fa qui riferimento al Padiglione Hăiyuán 海源閣,che sorge nella residenza della famiglia Yáng 楊 a Liáochéng 聊城, nella provincia dello Shāndōng 山東. ( Dōngchāng 东昌 è uno dei distretti che formano la città). ll Padiglione Hăiyuán è una delle quattro principali biblioteche create sotto la dinastia Qīng e una delle biblioteche private più famose della storia cinese . Fatto costruire nel 1840 da Yáng Yīzēng 楊以增, è stato attentamente custodito da quattro generazioni della famiglia Yáng. Fra le collezioni in esso conservate figurano più di 100 libri rari delle dinastie Sòng e Yuán.
(8) Il termine 嫏嬛 ("lánghuãn") designa, nelle leggende cinesi, il luogo in cui l'Imperatore Celeste conserva i suoi libri. Poiché il termine in sé sembra riferirsi alle concubine, esso istituisce una sorta di parallelismo tra l’amore per le donne e l’amore altrettanto appassionato che alcuni riservano ai libri. Col passare del tempo ha assunto il significato più generico di biblioteca.
(9) Il termine 蠹魚 ("dùyú") designa gli insetti noti come “pesciolino d’argento” (nome scientifico: “lepisma saccharina") o "pesciolino d’argento coda lunga" (“ctenolepisma lungicaudata”), che si nutrono tra l’altro d’amido e cellulosa ed attaccano quindi spesso la carta e le rilegature dei libri.
(10) Il termine 馬褂 (“măguà”), cioè” giacca da equitazione”, designa un tipo di giacca particolarmente popolare sotto la dinastia Qīng. Lunga fino alla vita, con cinque bottoni a disco sul davanti, maniche leggermente corte ed ampie, veniva indossata sopra la tradizionale tunica detta “chángshān” 長衫. Se la tunica era di seta, bordata di pelliccia, anche la giacca doveva essere di seta e bordata di pelliccia. L'accostamento di indumenti di seta e di cotone era evidentemente stonato e dimostrava in modo palese mancanza di gusto e mancanza di mezzi.
(11) Il termine 繭綢 ("jiǎn chóu") indica la popeline, un tessuto leggero di lana o di cotone.
(12) L’espressione cinese 半頓飯工夫 (“bàndùnfàngōngfu”), letteralmente “nel tempo necessario a consumare la metà di un pasto”, è piuttosto vaga. Si può ragionevolmente pensare che si riferisca ad un periodo di tempo compreso tra mezz’ora e un’ora.
(13) Il termine 神虎 ("shén hǔ"), letteralmente "tigre sacra", "tigre divina", sembrerebbe riferirsi ad una divinità che controlla le tigri e che impedisce loro di attaccare gli uomini.
(14) Le suole in fibre vegetali avevano evidentemente un effetto antiscivolo.
(15) Il “zhàng” 丈 è un’antica unità di misura della lunghezza pari a a 3,33metri. Il carrettiere riferisce che la tigre, dopo aver sorvolato la cima degli alberi, è atterrata ad una distanza di 7 od 8 “zhàng” (circa 23-27 metri). Se ne dovrebbe dedurre, se il carrettiere non esagera, che le tigri sono in grado di compiere balzi di oltre 30 metri.
(16) Il “muro a pelle di tigre”( 虎皮墙 “hǔ pí qiáng”) è un tipo di muro proprio dell'antica architettura cinese, costruito con pietre grezze di forma irregolare, unite fra loro da giunti grigi.
(17) La descrizione della costruzione ricorda una forma di abitazione tipica di alcune zone rurali (cfr. ,alla rubrica “Pittura e altre arti”, la voce “Le case fortezza del Fújiàn”.)
(18) La voce calma ed amabile ha, nel contesto, una rilevante importanza psicologica. Il vecchio non deve spaventarsi per l’arrivo in piena notte di un gruppo di uomini che sono soltanto normali viaggiatori, civili ed educati.
(19) Il termine ”kàng” 炕, che ho tradotto con “stufa-letto”, indica una piattaforma, costituita tradizionalmente da mattoni o da piastrelle di terracotta, sotto la quale viene canalizzato il calore prodotto da una stufa. Essa fornisce uno spazio costantemente tiepido sul quale si possono svolgere le attività quotidiane e serve altresì da letto per la notte. Quando copre la superficie di un’intera stanza, questa piattaforma è chiamata "dìkàng" 地炕. È in uso soprattutto nelle regioni settentrionali della Cina, dove il clima è molto rigido durante l’inverno.
(20) Poiché il testo parla di tre ampi locali, ne ho dedotto, anche se la descrizione non è chiarissima, che gli ospiti siano almeno una decina e che si sistemino nelle diverse stanze in gruppi di cinque. Mi è sembrato in effetti che il seguito di un funzionario di un certo livello, specialmente in occasione di un viaggio piuttosto difficoltoso, non potesse essere costituita soltanto da quattro accompagnatori.
(21) Il termine 林下風範 (“lín xià fēng fàn”), letteralmente “comportamento modello sotto gli alberi” equivale a 林下風氣 (“lín xià fēng qì”), letteralmente “comportamento elegante sotto gli alberi”, che compare per la prima volta nella “Nuova raccolta di aneddoti del mondo ( 世説新語·賢媛 “shì shuō xīnyǔ·xián yuàn”) di Liú Yìqìng 劉義慶 (403 d,C.- 444 d.C.). Questo termine si riferiva all’amicizia tra i Sette Saggi 七賢, un gruppo di letterati delle dinastie Wèi 魏 e Jìn 晉, le cui riunioni calme e dignitose avvenivano in un boschetto di bambù. Successivamente venne utilizzato per indicare un comportamento elegante e tranquillo, in particolare le maniere composte e raffinate di una donna.