Capitolo XXI
Cáo Cāo fa riscaldare il vino e parla di eroi
Guān Yǔ conquista una città e taglia la testa a Chē Zhòu
I. Dŏng Chéng e gli altri presenti domandarono a Mă Téng: “Sarebbe questo l’uomo a cui proponete di rivolgerci?”
“Visto che Liú Xuándé, il governatore di Yùzhōu, si trova ora qui, perché non potremmo rivolgerci a lui?” rispose Mă Téng.
“Sebbene sia lo zio dell’Imperatore” obiettò Chéng “ quest’uomo è attualmente molto vicino a Cáo Cāo. Pensate davvero che sia prudente contattarlo?”. (1)
“Ho notato che, avantieri, durante la caccia” osservò Téng “quando Cáo Cāo si fece avanti a raccogliere le congratulazioni, Yúncháng (2), il quale stava dietro Xuándé, sollevò la spada per colpirlo, ma fu trattenuto da uno sguardo del suo capo. A mio parere, Xuándé avrebbe ben voluto far fuori Cāo, ma si era reso conto che quest’ultimo aveva troppa gente intorno a sé, e perciò temette che il colpo non riuscisse. In pubblico non poteva comportarsi diversamente, (3) ma sono sicuro che la pensa come noi”.
“Non ci conviene fare le cose in fretta.” concluse allora Wú Shuò” Dobbiamo affrontare la questione con calma.” e, su queste parole, i convenuti si separarono.
II. Il giorno successivo, dopo che s’era fatta notte, Dóng Chéng, protetto dall’oscurità, si recò a casa di Xuándé, portando con sé il decreto imperiale. Il portinaio andò ad annunciarlo. Xuandé lo accolse e lo fece accomodare nel piccolo padiglione. Guān e Zhāng stavano in piedi ai fianchi del loro capo.
“Deve esserci un motivo importante perché il suocero di Sua Maestà venga a trovarmi in piena notte” esordì Xuándé.
“Ho temuto che, se fossi venuto da voi a cavallo, in pieno giorno, Cāo avrebbe potuto sospettare qualcosa.” gli rispose Chéng” Perciò ho preferito rendervi visita di notte.” ed aggiunse” L’altro giorno, durante la caccia, Yúncháng avrebbe voluto uccidere Cāo, ma voi, generale, gli avete fatto un cenno con la testa e lui ha desistito dal suo proposito .Perché avete fatto quel cenno?”.
Xuándé, non potendo negare l’evidenza, spiegò:” Mio fratello (4), vedendo che Cāo aveva gravemente mancato di rispetto all’Imperatore, era fuori di sé dalla rabbia e rischiava di passare ad atti violenti”.
Chéng si coprì il volto e pianse: “Perché un leale servitore dell’Impero come Yúncháng avrebbe dovuto trattenersi dalla violenza in un caso di questo genere?” (5)
Xuándé, il quale temeva di avere di fronte a sé un emissario di Cāo, venuto per metterlo alla prova, rispose, dissimulando il proprio pensiero:”Il primo ministro Cāo assicura il governo dell’Impero. Perché mai gli si dovrebbe usare violenza?”.
III. Chéng impallidì e si alzò in piedi di scatto. “Eccellenza!” esclamò” Voi siete lo zio del nostro Imperatore, perciò siate sincero quando parlate con me! Perché state menando il can per l’aia?”.
“L’ho fatto perché avevo paura che voi steste cercando di prendermi in trappola.” gli rispose Xuándé “Ecco perché ero così circospetto.”
Allora Dōng Chéng prese la cintura di giada con il decreto imperiale e invitò Xuándé ad osservarla con attenzione. Xuándé non riuscì a trattenere la tristezza e lo sdegno.
In seguito, Chéng gli mostrò la dichiarazione di lealtà all’Imperatore, su cui figuravano sei firme:
quella del comandante dei carristi e della cavalleria, Dōng Chéng;
quella del sottosegretario ai lavori pubblici, Wáng Zĭfú;
quella del colonnello Zhŏng Jí, comandante dei mercenari del Chángshuĭ;
quella del consigliere aulico Wú Shuò;
quella dell’illustre generale Wú Zĭlán;
quella del governatore di Xīliáng, Mă Téng.
“Poiché Sua Maestà vi ha ordinato di agire contro i malfattori, occorrerà obbedirgli con tutta la nostra dedizione (6).” osservò Xuándé, poi appose alla dichiarazione la sua firma: “Liú Bĕi, generale dell’ala sinistra”.
Chéng disse: “Ora dobbiamo trovare altre tre persone che condividano i nostri principi morali (7) per elaborare insieme un piano contro il brigante che governa l’Impero”.
“Si dovrà procedere con cautela” concluse Xuándé “senza lasciar trapelare il nostro segreto”.
Discussero fino al quinto turno di guardia (8), poi il visitatore prese congedo.
IV. Xuándé si astenne anche da progettare un attentato contro Cáo Cāo, e, per non destare sospetti sui suoi piani, seminò nell’orto di casa dei legumi, che innaffiava personalmente.
Guān e Zhāng gli domandarono: “Fratello, perché trascuri gli affari di stato e ti dedichi alle occupazioni proprie delle persone insignificanti?”.
“È questo che pensate?” rispose loro Xuándé. I due tacquero.
V. Un giorno, mentre Guān e Zhāng erano fuori, Xuándé, che stava lavorando nel suo orto, vide arrivare Xǔ Chŭ e Zhāng Liáo, accompagnati da più di una decina di persone. I due gli dissero: “Il Primo Ministro ci ha ordinato di invitare la Signoria Vostra a recarsi subito da lui”.
“C`è qualche questione urgente?” domandò Xuándé sorpreso.
“Non lo so” gli rispose Xǔ Chŭ “Io ho semplicemente avuto istruzioni di venire ad invitarvi”.
Xuándé dovette perciò accompagnare i due emissari fino alla residenza del Primo Ministro.
Cāo lo accolse ridendo e gli disse: “Stai facendo un gran bel lavoro a casa tua” (9).
Xuándé impallidì.
Cāo lo prese per mano e lo condusse nell’orto, sul retro della residenza.”Non è facile coltivare l’orto come lo fai tu.” gli disse.
Xuándé si sentì sollevato e rispose sorridendo: “Non c`è nulla di meglio per passare il tempo”.
"Ho visto che le prugne sui rami sono ormai mature" disse Cāo " ed improvvisamente mi sono ricordato che, l'anno scorso, durante la spedizione contro Zhāng Xiū, non si trovavano sorgenti d'acqua lungo il cammino e tutti i soldati avevano sete. Allora mi venne un'idea e mostrai loro col frustino un pruneto che si stendeva dinanzi a noi. I soldati mi ascoltarono. Mangiarono le prugne e calmarono così la loro sete. (10) Oggi, alla vista di queste prugne, mi sono detto che era impossibile non far festa e che valeva la pena far riscaldare una bottiglia d'alcool. (11) Perciò ti ho invitato a trascorrere un momento d'allegria con me nel piccolo padiglione del mio giardino".
L'apprensione di Xuándé svanì. Egli seguì Cāo nel piccolo padiglione, dove era già stata portata una bottiglia di vino. Le prugne mature furono deposte su un piatto e si fece riscaldare l'alcool. I due si sedettero l'uno di fronte all'altro e bevvero tutti contenti.
VI. Erano già un po' alticci, quando il cielo cominciò a rannuvolarsi sempre di più e fu chiaro si stava avvicinando un temporale.
I domestici indicarono un ammasso di nuvole, alto nel cielo, che aveva assunto la forma di un drago. Cāo e Xuándé si appoggiarono alla ringhiera del padiglione per guardare.
"Conosci l'interpretazione dei diversi atteggiamenti e delle diverse forme in cui può presentarsi un drago?"domandò Cāo a Xuándé.
"Non sono molto esperto di tale materia" gli rispose quest'ultimo .
"Un drago può assumere qualsiasi atteggiamento e qualsiasi forma" gli spiegò Cāo "Può aumentare di volume o rimpicciolirsi. Può innalzarsi gloriosamente in cielo o nascondersi alla vista. Nel primo caso, genera le nubi e produce la nebbia; nel secondo, si nasconde in mezzo al mare e sa rendersi invisibile. Quando si leva in volo, può ascendere fino all'empireo; quando cala giù, può inabissarsi nel più profondo dell'oceano. Siamo al culmine della primavera (12) ed è questo il momento che il drago sceglie per le sue manifestazioni proprio come una persona che voglia realizzare le proprie ambizioni e dominare il mondo. Il drago, tra gli animali, è paragonabile all'eroe (13) tra gli uomini. Tu, generale, hai una grande esperienza della vita. Saprai certamente quali siano oggi gli uomini più eccellenti dell'Impero e io vorrei che tu me li indicassi."
VII. "Io sono un uomo di limitate capacità." si schermì Xuándé "Come potrei esprimere un giudizio così impegnativo?".
"Sei troppo modesto." gli disse Cāo.
"È vero che, grazie alla Vostra benevolenza, mi sono state conferite delle funzioni presso la Corte" ribattè Xuándé "ma ciò non significa che io sia realmente in grado di dire chi siano gli uomini più cospicui dell'Impero." (14)
"Forse non li conosci personalmente" insistette Cāo" ma ne avrai certamente sentito parlare."
"Uno di essi potrebbe essere Yuán Shū, che governa le regioni a sud del fiume Huái e che dispone di un forte esercito e di abbondanti risorse." azzardò Xuándé.
Cāo ridacchiò:" Yuán Shū è come un cadavere che marcisce in una tomba. Non mi ci vorrà molto a farlo fuori."
"Allora, Yuán Shāo. Proviene da una famiglia i cui membri esercitano da quattro generazioni i più alti incarichi
ed ha molti sostenitori in tutto l'Impero. È saldamente insediato a Jìzhōu ed ha al proprio servizio molti collaboratori di talento. È certamente un personaggio assai ragguardevole."
"È un fanfarone" tagliò corto Cāo" ma è anche un vigliacco. Ha grandi ambizioni, ma è incapace d'agire. Vorrebbe compiere grandi imprese, ma non è disposto ad affrontare i sacrifici necessari. Sa pianificare soltanto a breve termine e in vista di un piccolo vantaggio immediato. Non è di certo un grand'uomo".
"Ci sarebbe ancora Liú Biáo di Jìngzhōu, che tutti ritengono un perfetto gentiluomo e che gode di grandissima stima. È senz'altro un uomo di enorme valore."
"Non lo è." lo interruppe Cāo " Liú Biáo non è che apparenza. La sua fama è del tutto immeritata."
"Sūn Cè è un uomo di carattere e comanda su tutte le regioni del sud. Che ne pensate?".
"Sūn Cè sfrutta la reputazione guadagnata da suo padre Sūn Jiàn, ma, in realtà, non è una persona di grandi doti".
"Liú Zhāng di Yizhōu?"
"È apparentato alla famigiia imperiale, ma non è nulla di più che un esecutore d'ordini.(15) Come puoi pensare che sia un uomo di grande talento?
"Zhāng Xiù? Zhāng Lŭ? Hán Suì? Chi altri ancora?"
Cāo rise forte, battendo le mani: "Non vale neppure la pena di menzionare gente dappoco come costoro".
"Allora" concluse Xuándé" non saprei davvero chi indicare."
"I grandi uomini " riprese Cāo" sono coloro che nutrono le ambizioni più alte e che sanno elaborare i piani per realizzarle. I loro progetti contemplano qualsiasi eventualità e consentono loro di assoggettare il mondo".
"E, in concreto, chi sarebbero costoro?" domandò Xuándé.
Cāo puntò l'indice prima su Xuándé, poi su sé stesso: "I soli che posseggano le qualità di cui ho parlato siamo io e te".
VIII. Xuándé sussultò e lasciò cadere a terra il cucchiaio e le bacchette che teneva in mano. (16)
In quel preciso istante scoppiò il temporale. Si udi, vicinissimo, l'enorme fragore di un tuono, subito seguito da un rovescio di pioggia.
Xuándé si chinò a raccogliere gli oggetti che gli erano sfuggiti di mano, mormorando:"Che frastuono tremendo! Il fulmine deve proprio essere caduto nelle immediate vicinanze".
"Oh! Hai paura dei fulmini?" lo prese in giro Cāo.
"Persino il Saggio aveva paura dei fulmini e dei temporali.(17) Perché non dovrei averne paura anch'io?"si giustificò Xuándé. Riuscì così ad evitare che Cāo pensasse che- come in effetti era avvenuto- fossero state le sue parole a spaventarlo.
IX I posteri composero, con riferimento a questo episodio, la seguente poesia:
"Invitato nella tana della tigre
cercò di dissimulare l'ansietà,
ma quando Cāo parlò di grandi uomini
il suo cuore fu invaso dalla paura.
Un fragorosissimo scoppio di tuono
fornì una valida scusa al suo pallore.
Che abilità nel cogliere l'occasione!
Un uomo che finirà per prevalere!
X. Passato il temporale, si videro due uomini armati attraversare di corsa il giardino e precipitarsi verso il padiglione, scostando violentemente i domestici che cercavano di trattenerli.
Erano Guān Yŭ e Zhāng Fēi,
Quando l'improvviso e perentorio invito di Cāo era giunto a Xuándé, i due si trovavano fuori città per esercitarsi nel tiro con l'arco. Al loro ritorno erano stati informati che due funzionari, Xū Chū e Zhāng Liáo, si erano presentati a casa di Xuándé e lo avevano accompagnato dal Primo Ministro. Erano allora corsi alla residenza di Cāo, dove il portinaio gli aveva detto che il loro fratello di sangue si trovava nel giardino con il Pimo Ministro. Temendo il peggio, avevano fatto irruzione nella residenza.
XI. Nel vedere che Xuándé stava tranquillamente conversando con Cāo, mentre sorseggiava una coppa di vino, si fermarono accanto a lui e si misero sull'attenti con aria impacciata.
"A che cosa devo la vostra presenza?" domandò loro Cāo.
"Abbiamo sentito che Vostra Eccellenza aveva invitato il nostro fratello maggiore ad una festicciola ed abbiamo pensato di divertirvi con un'esibizione della "danza delle spade" (18)" risposero i due.
"Qui non siamo al banchetto di Hóngmén (19) " rispose Cāo " Non c’è nessuno che intenda comportarsi come Xiàng Zhuāng (20) e quindi non c’è nessuno che debba intervenire come Xiàng Bó.” (21)
Xuándé sorrise. (22)
Il padrone di casa diede ordine di versare del vino ai due emuli di Fán Kuái (23) per sciogliere il loro imbarazzo e, poco dopo, i tre ospiti presero congedo e tornarono a casa.
XII. Sulla via del ritorno, i tre discutevano dell’accaduto.
“Ci siamo veramente spaventati a morte” disse Guān Yŭ.
Yuándé raccontò delle bacchette che gli erano sfuggite di mano e spiegò agli amici, curiosi di sapere ciò che era successo, che si era dedicato al giardinaggio per convincere Cāo della sua assoluta innocuità e della sua totale mancanza di ambizione. “Tuttavia,” aggiunse” quando Cāo mi classificò, indicandomi col dito, tra le personalità più ragguardevoli dell’Impero, ebbi paura che nutrisse qualche sospetto. Per fortuna il tuono che scoppiò proprio in quel momento mi fornì la scusa di cui avevo bisogno”.
“Hai davvero mostrato molta prontezza di spirito” osservarono i suoi due amici.
XIII. Il giorno successivo, Cāo invitò di nuovo Xuándé ad un banchetto e, mentre i due stavano bevendo, si sparse la voce del ritorno di Mān Chóng, che era stato inviato ad informarsi sulle imprese di Yuán Shāo.
Cāo lo fece chiamare per interrogarlo.
Mān Chóng riferì che Yuán Shāo aveva già completamente debellato Gōngsūn Zàn.
“Come sono andate le cose?” lo interruppe Xuándé “Mi piacerebbe saperlo”.
“I due erano in guerra “spiegò Mān Chóng” e Gōngsūn Zàn stava avendo la peggio nella sua lotta contro Yuán Shāo. Si era perciò chiuso in un campo fortificato, circondato da robuste mura, ed aveva fatto erigere una torre alta trentatre metri (24), che aveva chiamato la torre di Yìyīng. Aveva depositato nella torre le sue riserve di viveri, corrispondenti a trecentomila sacchi di cereali (25), e vi aveva posto il suo quartier generale.
Le sue truppe andavano e venivano senza sosta, uscendo dal campo fortificato per andare a combattere e rientrandovi quando ritornavano da una battaglia.
Un giorno un distaccamento fu circondato dal nemico ed inviò un messaggero a Gōngsūn Zàn per chiedere aiuto. Gōngsūn Zàn pensò tra di sé ”Se mando qualcuno a trarli d’impaccio, tutti conteranno sul mio aiuto e nessuno si darà più da fare per cavarsela con i propri mezzi.” Perciò, non andò a soccorrere quei soldati, molti dei quali, delusi, disertarono e passarono al nemico, indebolendo così il suo esercito.
Gōngsūn Zan inviò allora richieste di soccorso alla capitale, ma i suoi messaggeri furono intercettati.(26)
Scrisse anche a Zhāng Yàn (27) per proporgli una manovra a tenaglia contro l’avversario comune, ma pure questo messaggio cadde nelle mani di Yuán Shāo, il quale, astutamente, qualche tempo dopo, fece accendere i fuochi che avrebbero dovuto indicare a Gōngsūn Zàn l’arrivo delle truppe di soccorso. Gōngsūn Zàn, ingannato, uscì all’attacco, cadde in un’imboscata, subì gravi perdite e si ritirò di nuovo tra le sue mura, dove venne assediato.
Il nemico scavò allora una galleria sotterranea sino ai piedi della torre in cui si era asserragliato e diede fuoco all’edificio, precludendogli qualsiasi via di scampo.
Così Gōngsūn Zàn uccise la moglie ed i figli e si impiccò. I loro corpi bruciarono nell’incendio della torre.
Ora, Yuán Shāo, che ha integrato nel proprio esercito i resti delle truppe sconfitte, è diventato ancora più forte.
Suo fratello Yuán Shǔ, che governa le regioni a sud del fiume Huái, è diventato cosí arrogante e crudele che il popolo gli si è rivoltato contro.
Yuán Shǔ si è allora dichiarato disposto a cedere a Yuán Shào il titolo imperiale che si era arrogato qualche tempo fa, ma Yuán Shào ha preteso che gli fosse consegnato anche il Gran Sigillo imperiale. (28) Yuán Shǔ ha deciso di consegnarglielo di persona e si sta muovendo dalla zona del fiume Huái verso le regioni a nord del Fiume Giallo.
Se lui e il fratello riuscissero a congiungere le loro forze, potrebbero diventare pericolosi”.
XIV. Nell'apprendere che Gōngsūn Zàn era morto, Xuándé provò grande amarezza, perché ricordava con quanta benevolenza il defunto lo aveva un tempo aiutato nella sua carriera.(29) Era inoltre assai preoccupato, non sapendo che fine avesse fatto Zhào Zílóng.(30)
Pensando tra di sé che non gli si sarebbe mai presentata un’occasione migliore di allontanarsi dalla capitale, si alzò e disse a Căo: “ Se Shù muove incontro a Shào, dovrà certamente attraversare Xúzhōu. Prepariamo una spedizione per intercettarlo a metà strada e potremo catturarlo”.
“Domani, sottoponi questa proposta all’Imperatore ed io ti fornirò i soldati necessari” gli rispose Cāo.
XV. Il giorno seguente Xuándé si presentò in udienza dinanzi all’Imperatore e Cāo gli diede il comando di cinquantamila uomini, tra fanti e cavalieri, ponendo ai suoi ordini i generali Zhῡ Líng e Lù Zhāo.
Quando Xuándé prese congedo da lui, l’Imperatore si mostrò commosso.
Non appena tornato a casa, Xuándé organizzò immediatamente la partenza: fece mettere in ordine il suo equipaggiamento militare, diede disposizione di sellare i cavalli e si appese al collo il suo sigillo da generale. (31)
Dōng Chéng uscì di città con lui e lo accompagnò per dieci “lĭ” fino alla prima stazione di posta.(32)
“Non preoccupatevi!” gli disse Xuándé” Questa mia iniziativa contribuirà certamente alla realizzazione dei nostri piani”.
“Tenete sempre presente il nostro impegno e non deludete le aspettative dell’Imperatore!” gli raccomandò Dōng Chéng.
Dopo che i due si furono salutati, Guān e Zhāng domandarono subito a Xuándé: “Fratello, perché sei partito così in fretta per questa spedizione?”.
Xuándé rispose loro: “ Mi sentivo come un uccello chiuso in gabbia, come un pesce impigliato nella rete del pescatore. Con questa spedizione, il pesce si rituffa in acqua e l’uccello si libra di nuovo nell’azzurro del cielo. Ora sono sfuggito alle gabbie e alle reti”.
Detto ciò, ordinò a Zhῡ Líng e Lù Zhāo di far marciare le truppe più rapidamente.
Nel frattempo Guō Jiă e Chéng Yù, che erano stati impegnati in un giro di ispezione delle tesorerie e dei magazzini di viveri, ritornarono alla capitale ed appresero che Cāo aveva inviato Xuándé a Xùzhōu.
Sconcertati, gli domandarono perché avesse affidato a Liú Bèi il comando di un corpo di truppe.
“L’ho mandato ad intercettare Shù” rispose loro Cāo.
“Un tempo, quando Liú Bèi era governatore di Yùzhōu, vi avevo consigliato di metterlo a morte, ma voi non avete voluto darmi retta.” disse allora Chéng Yù “Ora gli avete addirittura affidato un corpo di truppe. È come lasciare che il drago si immerga nell’oceano o che la tigre fugga sulle montagne. Come farete a controllarlo in futuro?”.
Guō Jiă, che condivideva in pieno l’opinione di Chéng Yù, aggiunse:” Anche se non volevate ucciderlo, non avreste dovuto lasciarlo andar via. Come dice il proverbio:’Indulgenza di un giorno, affanni di secoli’ Dovete ammettere che è vero!”.
Cāo riconobbe che queste osservazioni erano giuste ed ordinò a Xǔ Chǔ di prendere con sé cinquecento uomini e di raggiungere Liú Bèi per dirgli di tornare indietro.
Xǔ Chǔ obbedì e si mise in cammino.
XVI. Mentre Xuándé stava marciando di buon passo, vide improvvisamente una nuvola di polvere che si levava alle sue spalle.
Chiamati Guān e Zhāng disse loro: “Sono certamente i soldati di Cāo che ci inseguono”, poi, fatti sostare ed accampare i soldati, diede ordine ai suoi aiutanti di piazzarsi armati ai due lati dell’accampamento.
Xǔ Chǔ si avvicinò e, vedendo i soldati schierati, smontò da cavallo ed entrò nell’accampamento per parlare con Xuándé.
“Qual buon vento vi porta?” gli domandò quest’ultimo.
“Il Primo Ministro mi ha mandato a pregarvi di ritornare da lui, perché ha altre questioni da discutere con voi”.
“Ormai sono in campagna” rispose Xuándé “ ed è troppo tardi per un contrordine. Ho preso congedo dall’Imperatore ed il Primo Ministro mi ha impartito le sue disposizioni. Non c’è più nulla da discutere. Potete ritornare alla capitale e riferire la mia risposta al Primo Ministro”.
Xǔ Chǔ pensò: “Il Primo Ministro è sempre stato in buoni rapporti con Liú Bèi e, in questa occasione, non mi ha specificamente ordinato di fermarlo con la forza. Mi limiterò perciò a prendere atto della risposta e ad aspettare altri ordini”.
Così Xǔ Chǔ prese congedo da Xuándé e riportò indietro le sue truppe.
Ritornato alla capitale, riferì le parole di Xuándé a Căo, che ancora esitava sulla condotta da seguire.
“Questo rifiuto di tornare indietro è una chiara manifestazione di inimicizia” gli dissero Guō Jiă e Chéng Yù.
“Tuttavia” obiettò Cāo” due dei miei generali, Zhῡ Líng e Lù Zhāo, sono ancora con lui. Ritengo perciò che non oserà compiere atti ostili nei miei confronti. Inoltre, sono io che l’ho mandato in missione. Non posso sconfessare me stesso.”
Così Xuándé non fu inseguito.
I posteri composero, in onore di Xuándé, la seguente poesia:
“Raccolti i soldati, nutriti i cavalli.
partì in fretta, fedele all’Imperatore.
Dopo aver spezzato la gabbia di ferro
per sfuggire alle tigri e alle pantere,
si liberò dalle catene dorate,
si innalzò in cielo come un drago del fiume.”
XVII. Non appena Mă Téng seppe che Liú Bèi si era allontanato dalla capitale, prese a pretesto di doversi occupare di nuovo di alcuni affari urgenti e partì per Xīliángzhōu.
Quando Xuándé arrivò a Xúzhōu, il governatore della città, Chē Zhòu, uscì a salutarlo. Terminato il ricevimento ufficiale di benvenuto, anche Sῡn Qián, Mí Zhú e tutti gli altri andarono a rendergli visita.
In seguito Xuándé ritornò a casa sua per ritrovare la famiglia e, contemporaneamente, mandò in giro degli esploratori a scoprire che cosa stesse facendo Yuán Shù.
Gli fu riferito che, a causa dei suoi numerosi eccessi, Yuán Shù era stato abbandonato da Léi Báo e Chén Lán, che erano ritornati sulle montagne del Sōngshān. Il suo potere e la sua influenza si erano molto ridotti, cosicché aveva deciso di rinunciare alla dignità imperiale in favore di suo fratello Yuán Shào, che gli aveva ordinato di raggiungerlo. Shù aveva raccolto le truppe che gli restavano e, dopo aver preso con sé le insegne imperiali che ornavano il suo palazzo, si era messo in marcia verso Xúzhōu.
XVIII. Quando Yuán Shù si avvicinò a Xúzhōu, Xuándé gli sbarrò la strada con i suoi cinquantamila soldati, posti agli ordini di quattro generali: Guān Yǔ, Zhāng Fēi, Zhū Líng e Lù Zhāo. Yuán Shù mandò avanti Jì Líng con l’ordine di aprirsi un varco. Senza nemmeno dire una parola, Zhāng Fēi si gettò su Jì Líng. Dopo che si furono scambiati meno di una decina di fendenti, Zhāng Fēi, con un grande urlo, colpì a morte Jì Líng e lo disarcionò. I soldati sconfitti si diedero alla fuga.
Venne allora avanti Yuán Shù con il grosso delle sue truppe.
Xuándé schierò il suo esercito e si piazzò al centro. Zhū Líng e Lù Zhāo comandavano l’ala destra, Guān Yǔ e Zhāng Fēi l’ala sinistra.
Xuándé, che, come abbiamo visto, comandava il centro dello schieramento, si fece incontro a Shù sotto la bandiera della porta (33) e lo apostrofò ad alta voce: “ Un decreto imperiale mi ha ordinato di venirti a prendere, o perfido ribelle. Arrenditi e sfuggirai alla punizione!”.
“Come osi insultarmi tu che, da ragazzo, fabbricavi sandali ed intrecciavi stuoie di paglia?” (34) replicò Shù e diede ai suoi l’ordine di andare all’assalto.
Xuándé ordinò alle truppe che costituivano il centro del suo schieramento di fingere una ritirata così che le sue ali si chiusero sui soldati di Shu che incalzavano i fuggiaschi e ne fecero strage. (35) I corpi dei soldati uccisi coprivano il campo di battaglia, il sangue scorreva a fiumi. L’esercito di Shù si disperse; un numero incalcolabile di uomini fu massacrato.
Léi Báo e Chén Lán, scesi dal Sōngshān per depredare le casse e saccheggiare i depositi di viveri, sbarrarono a Yuán Shù la via della ritirata verso Shòuchūn e lo, costrinsero a fermarsi a Jiāntíng, dove si barricò con poco più di un migliaio di uomini, tutti vecchi ed esausti. (36)
Si era nel pieno dell’estate, le scorte di viveri stavano venendo a mancare ed erano rimasti soltanto trenta carri di grano. Le razioni di cibo furono allora riservate ai soldati e molti dei loro familiari, ridotti alla fame, morirono di stenti (37)
XIX. Yuán Shù non riusciva a digerire i rozzi cibi di cui si nutrivano i soldati.
Un giorno chiese al suo cuoco di procurargli dell’acqua di miele per calmare la sete.
“Potrei mescolare l’acqua con del sangue ” gli rispose il cuoco” ma il miele, dove lo trovo?”.
Shù si sedette sul letto, lanciò un urlo terribile, cadde a terra, vomitò sangue e morì. Correva il sesto mese del quarto anno dell’era Jiàn’ān. (38)
I posteri composero al riguardo il seguente poema:
"Verso la fine della dinastia Hàn
c’era dappertutto strepito d’armi.
In preda a una dissennata ambizione
Yuán Shù si comportò da presuntuoso.
Dimentico dei suoi progenitori,
generazioni d’alti dignitari,
tentò di conquistare per sé solo
la più alta dignità dell’Impero,
facendo valere con arroganza
il possesso del sigillo supremo,
sostenendo in maniera stravagante
d’aver ricevuto segni dal Cielo.
Ahimè! Malato a morte invocò invano
un bicchier d’acqua mescolata al miele.
Solo ed abbandonato nel suo letto,
lasciò la vita vomitando sangue."
XX. Morto Yuán Shù, suo nipote Yuán Yìn prese la bara del defunto e si rifugiò con moglie e figli a Lǔjiāng, dove il governatore della città, Xú Qiú, li fece uccidere tutti. Xú Qiú si impadronì del sigillo imperiale di giada e si recò alla capitale per consegnarlo a Cáo Cāo, il quale, a titolo di ringraziamento, lo nominò prefetto di Gāolíng.
Da quel momento, il sigillo di giada rimase in possesso di Cāo.
XXI. Quando seppe della morte di Yuán Shù, Xuándé preparò un rapporto per l’Imperatore e lo trasmise a Cāo. Poi, rinviò alla capitale i due generali che Cāo aveva posto alle sue dipendenze, Zhū Líng e Lù Zhāo, ma trattenne le loro truppe per difendere Xúzhōu. Fece anche un giro per la città esortando la gente a ritornare alle sue normali occupazioni
XXII. Cāo fu molto irritato nel vedere i due generali di ritorno alla capitale senza i loro soldati e voleva metterli a morte, ma Xún Yù lo dissuase dal farlo ricordandogli che Liú Bèi era in una posizione di forza e che i due non avevano avuto altra scelta che obbedirgli. Così Zhū Líng e Lù Zhāo furono perdonati. Xún Yù consigliò però a Cāo di ordinare di nascosto a Chē Zhòu, il governatore di Xúzhōu, di uccidere Liú Bèi.
XXIII. Cāo seguì il suggerimento ed inviò un ordine segreto a Chē Zhòu, il quale si confidò subito con Chén Dēng per chiedergli consiglio.
Chén Dēng osservò: “È una cosa facile da realizzare. Liú Bèi è andato fuori città a reclutare soldati, ma ritornerà presto.Basterà che voi ordiniate ai vostri uomini di mettersi in agguato dietro l’angolo del barbacane (38) per bloccare il suo cavallo quando arriverà ed assalirlo. Io disporrò, per sicurezza, degli arcieri sulle mura e sarà fatta. (39) Zhòu accettò il suggerimento.
Quando Chén Dēng tornò a casa ne parlò con suo padre Chén Guī, che gli consigliò di andare subito ad avvertire Xuándé dell’agguato ordito contro di lui. Dēng obbedì e corse immediatamente fuori città ad avvertire Xuándé. Incontrò dapprima Zhāng e Guān, ai quali raccontò tutta la storia. Xuandé veniva appresso, ad una certa distanza.
XXVI. Quando Zhāng Fēi seppe dell’imboscata, voleva subito andare all’attacco, ma Guān Yǔ propose un altro piano. “Se li attacchiamo direttamente” egli disse” saremo senza dubbio sconfitti perché ci aspettano nascosti dietro le mura del barbacane. Io invece ho un’idea per uccidere Chē Zhòu: ci presenteremo di notte dinanzi alle mura di Xúzhōu fingendo di essere dei soldati di Cáo Cāo, lo attireremo fuori sotto pretesto di dovergli parlare e, quando sarà uscito dalla città, lo assaliremo e lo uccideremo.”
Zhāng Fēi fu d’accordo. I soldati che erano ai loro ordini avevano ancora alcune bandiere di Cáo Cāo ed indossavano uniformi ed armature simili a quelle dei soldati di quest’ultimo.
Quella stessa notte, al terzo turno di guardia, si avvicinarono alla porta della città e chiamarono le sentinelle. Le sentinelle domandarono chi fossero ed essi risposero che erano soldati del primo ministro Cāo inviati in missione dalla capitale sotto il comando del generale Zhāng Wényuăn. (40)
La cosa fu riferita a Chē Zhòu, che mandò in fretta a chiamare Chén Dēng per chiedere il suo parere.
“Se non li faccio entrare” gli disse “ si potrà dubitare della mia lealtà, ma, se vado loro incontro uscendo dalla città, potrei cadere vittima di un tranello”.
Perciò salì sulle mura e rispose a quelli che stavano fuori:”Nel buio della notte è difficile distinguere chi siete. Ci vedremo domani mattina”.
“Se Liù Bèi verrà a sapere che siamo bloccati qui fuori, ci attaccherà. “replicarono quelli “ Aprite subito la porta e fateci entrare!”.
XXV. Chē Zhòu esitava ancora, ma quelli di fuori continuavano ad urlare di aprire la porta.
Alla fine Chē Zhòu indossò l’armatura e, montato a cavallo, uscì dalla città alla testa di un migliaio di cavalieri. Mentre attraversava il ponte levatoio, urlava “Dov’è il generale Wényuăn?”. Ad un tratto, si accesero delle torce tutt’intorno ed egli riconobbe Guān Yǔ che galoppava verso di lui con la spada sguainata urlando: “Farabutto! Come osi complottare per uccidere mio fratello?”.
Chē Zhòu era troppo spaventato per riuscire a difendersi e, dopo un breve scambio di colpì, voltò il cavallo e tentò di fuggire verso la porta della città, ma ,quando raggiunse il ponte levatoio, gli arcieri di Chén Dēng lo bersagliarono con le loro frecce , per cui fu costretto a cambiare direzione e a fuggire lungo le mura, inseguito da vicino da Guān Yǔ. Quest’ultimo sollevò la spada e lo colpì a morte.
Chē Zhòu cadde a terra e Guān Yǔ, dopo avergli tagliato la testa, tornò indietro urlando: "Ho ammazzato il traditore! Chi si arrende non ha nulla da temere!”
I soldati lasciarono cadere le lance e si arresero.
La calma ritornò tra i militari e tra i civili.
XXVI. Guān Yǔ mostrò a Xuándé la testa di Chē Zhòu e gli raccontò la storia del complotto.
Xuándé ne rimase scosso e disse: “Che cosa potremo fare, se Cáo Cāo muoverà contro di noi?”
“Se ci attaccherà, lo affronteremo!” rispose Guān Yǔ, ma Xuándé era estremamente turbato.
Quando entrò in città, i notabili e il popolo si inginocchiarono dinanzi a lui per dargli il benvenuto.
Xuándé si recò in prefettura a cercare Zhāng Fēi, che aveva già sterminato tutta la famiglia di Chē Zhōu.
“Abbiamo ucciso uno dei migliori collaboratori di Cáo Cāo” esclamò Xuándé “Come faremo a cavarcela?”.
“Non preoccupatevi!” lo consolò Chén Dēng “Mi è venuta un’idea”.
Aveva progettato un piano non soltanto per sfuggire ad un grave pericolo, ma anche per evitare il rischio di un conflitto.
Se volete sapere di che si trattava, potrete leggerlo nel prossimo capitolo.
NOTE
1) La familiarità di Liú Bĕi con Cáo Cāo non era sfuggita ai dignitari della Corte imperiale, che sollevavano quindi qualche dubbio sulla sua affidabilità.
2) Yúncháng 雲長 è il nome di cortesia di Guān Yŭ 關羽.
3) L’espressione 公試 “gōng shì” significa letteralemente”esame pubblico”. Essa viene qui usata per indicare che il comportamento di una persona in pubblico può essere condizionato da vari fattori e non corrisponde necessariamente ale sue intime convinzioni.
4) Si narra nel primo capitolo del romanzo, che Liú Bĕi, Guān Yŭ e Zhāng Fēi si erano impegnati, con un giuramento di sangue, a considerarsi come fratelli e a comportarsi sempre come tali.
5) Non v’era dubbio che Cāo si fosse reso colpevole,nei confronti dell’Imperatore, di una grave mancanza di rispetto, che meritava di essere punita con la morte. Chéng osserva qui che nessuno avrebbe trovato nulla da ridire se Guān Yŭ avesse punito, di propria iniziativa, la sfrontatezza di Cāo.
6) Il testo cinese recita “bèi găn bùxiáo quăn mă zhī láo”( 備敢不效犬馬之勞), letteralmente “fare il lavoro dei cani e dei cavalli”. Si tratta di un’espressione idiomatica che indica la disponibilità dei pubblici funzionari ad impegnarsi fino in fondo in difesa dell’Imperatore così come cavalli e cani corrono fino allo spasimo quando il loro padrone glielo ordina.
7) Il termine 十義 (“shí yí”) designa i dieci princìpi morali che devono reggere la società secondo la dottrina confuciana:
nei rapporti tra genitori e figli: amore paterno e pietà filiale;
nei rapporti tra fratelli: affetto da parte del fratello maggiore e rispetto da parte del fratello minore;
nei rapporti tra coniugi: correttezza del marito e obbedienza della moglie;
nei rapporti tra amici: disponibilità del più anziano e riverenza del più giovane;
nei rapporti di governo: benevolenza del sovrano e lealtà del ministro.
Era palese che Cáo Cāo aveva contravvenuto quantomeno all’ultimo di questi princìpi.
8) La notte era divisa in sei “turni di guardia”, il primo dei quali cominciava al tramonto. Il quinto “turno di guardia” cominciava perciò intorno alle tre di notte.
9) Come si vede, la prudenza di Liú Bĕi non era affatto fuori luogo. Cāo disponeva di spie che lo tenevano informato di tutte le attività dei cortigiani e degli alti funzionari.
10) Secondo il testo cinese, Cāo si limitò a mostrare le prugne ai soldati e la sola vista dei frutti bastò a far venire loro l’acquolina in bocca. Ho tradotto la frase in modo diverso (“i soldati mangiarono le prugne”) perché un tale rispetto della proprietà privata da parte di un esercito in marcia e di un generale senza scrupoli come Cāo mi sembra altamente inverosimile.
11) Era uso, nell’antica Cina, riscaldare leggermente le bevande alcooliche prima di consumarle.
12) L’espressione 春深 (“chῡn shēng”), letteralmente la “profondità della primavera”, indica il momento culminante della stagione, la “piena primavera”.
13) Il termine 英雄 (“yīngxióng=eroe) è qui inteso nel senso di “uomo importante”, “personalità eminente”.
14) Liú Bèi cerca di sminuire a propria importanza e di sottolineare la propria inferiorità per non suscitare in Cāo la pericolosa impressione di trovarsi di fronte ad un possibile rivale.
15) L’espressione戶之犬耳 (“hù zhì quăn ĕr”), letteralmente “le orecchie del cane di casa” è usata per indicare un buon esecutore di ordini, una persona che, come un cane fedele, sa sorvegliare la casa, ma non è capace di far altro.
16) La menzione del cucchiaio e delle bacchette ci lascia pensare che fosse stato preparato un piccolo rinfresco.
17) I “Dialoghi” di Confucio ( cap. X, par. 25) attestano che il Maestro “assumeva un atteggiamento grave quando si udiva il fragore di un tuono o si scatenava un violento temporale”. I fenomeni naturali, specie se imprevedibili (tuoni, fulmini, temporali, etc.) erano infatti considerati, come avveniva anche presso i Greci ed i Romani, manifestazioni delle divinità e dovevano essere accolti con gravità e rispetto. Liú Bèi travisa deliberatamente il senso del comportamento di Confucio per far credere a Cāo che la sua paura era stata cagionata dall’improvviso fragore del tuono e non dalle parole dello stesso Cāo.
18) La “danza delle spade” 劍舞 (“jiàn wǔ”), danza di origine guerresca, divenne col tempo un intrattenimento tipico di tutte le feste importanti. Essa viene addotta da Guān Yǔe e Zhāng Fēi come giustificazione, assai poco plausibile, della loro irruzione nella residenza di Cāo.
19) Nel 206 a.C. dopo la caduta della dinastia Qín 秦朝, il re egemone Xiàng Yǔ 項羽 invitò il suo rivale Liú Bāng 劉邦 ad un banchetto nel villaggio di Hóngmén 鴻門 con la segreta intenzione di farlo uccidere a tradimento durante la festa.
20) Durante il banchetto, il cugino di Xiàng Yǔ, Xiàng Zhuāng 項莊, fingendo di eseguire la “danza delle spade”, cercò di avvicinarsi a Liú Bāng per ucciderlo, ma fu ostacolato dallo zio di Xiàng Yǔ, Xiàng Bó 項纏.
21) Xiàng Bó, che desiderava un accordo tra il nipote e Liú Báng, quando vide che Xiàng Zhuāng, con il pretesto della “danza delle spade”, cercava di avvicinarsi a Liú Bāng per colpirlo, intervenne anche lui nella danza, interponendosi tra Xiàng Zhuāng e l’ospite.
22) L’intervento dei suoi due amici ha liberato da una situazione di grave pericolo Liú Bèi, che ora può sorridere sollevato.
23) Il generale Fán Kuài 樊噲 aveva accompagnato Liú Bāng al banchetto ed attendeva al di fuori della tenda in cui si svolgeva la festa. Avvertito di ciò che stava succedendo, irruppe nella tenda completamente armato, interruppe la danza delle spade e rimproverò Yàng Yǔ per la sua intenzione di uccidere Liú Bāng. Yàng Yǔ ammirò il so coraggio e gli offrì da bere e da mangiare. Poco più tardi, Liú Bāng, accampando la scusa di dover soddisfare un bisogno corporale, uscì dalla tenda in compagnia di Fán Kuài, e fuggì. I due amici di Liú Bèi vengono qui scherzosamente equiparati a Fán Kuài.
24) Il “zhàng” 丈 era un’unità di misura della lunghezza pari a 3,33 metri. La torre era quindi alta circa 33 metri.
25) Il testo cinese reca la cifra 300.000 (三十萬 “sānshí wàn”) senza precisare se si tratta di sacchi o di carri di grano. Le provviste non dovevano essere enormi, perché l’ esercito di Gōngsῡn Zàn si trovò presto a corto di viveri.
26) La richiesta d'aiuto inviata alla capitale lascia pensare che Gōngsῡn Zàn riconoscesse l'autorità imperiale, mentre Yuán Shào cercava invece di rendersi indipendente dal governo centrale ed ambiva lui stesso al titolo di Imperatore.
27) Zhāng Yàn 張燕, il capo dei Banditi delle Montagne Nere (黑山賊 “hēishān zé”), riuscì ad assumere il controllo di un vasto territorio nel periodo dei disordini che condussero alla caduta della dinastia Hàn. Nel 199 d.C. cercò invano di portare aiuto a Gōngsῡn Zàn, con cui si era alleato. Nel 205 d.C. si sottomise a Cáo Cāo, che gli concesse un feudo.
28) Il Sigillo di Giada (玉璽 “yùxĭ”), simbolo della dignità imperiale, era caduto nelle mani del generale Sῡn Jiān 孫堅, quando le sue forze avevano occupato nel 190 d.C. la capitale Luóyáng 洛陽, che era stata abbandonata da Dōng Zhuò 董卓. Il figlio di Sῡn Jiān, Sῡn Cè 孫策, lo aveva successivamente ceduto a Yuán Shú 袁術 in cambio di un contingente di truppe da utilizzare nelle sue campagne militari. Il possesso del sigillo aveva stimolato l’ambizione di Yuán Shú, che si era proclamato Imperatore. Attaccato da Cáo Cāo 曹操, Yuán Shú aveva chiesto aiuto al fratello Yuán Shào 袁紹, promettendo di consegnarli il sigillo. Dopo la sconfitta di Yuán Shú, il Sigillo di Giada cadde in possesso di Cáo Cāo.
29) Dal 189 d.C. al 194 d.C. Liú Bèi fu al servizio di Gōngsῡn Zàn, che lo stimava molto e che gli affidò il governo del mandamento di Píngyuán 平原.
30) 趙雲 Zhào Yún (nome di cortesia: Zhào Zìlóng 趙子龍), collaboratore di Gōngsῡn Zàn, sopravvisse alla sconfitta di quest’ultimo e passò successivamente al servizio di Liú Bèi, del quale era diventato amico mentre entrambi facevano parte dell’esercito di Gōngsῡn Zàn. Morì nel 229 d.C.
(31) L’apposizione del sigillo sui documenti teneva luogo di firma. Liú Bèi disponeva ovviamente di numerosi sigilli, fra cui uno relativo alle sue funzioni militari.
32) Il termine 長亭 (“chángtíng”) designava le stazioni di posta, situate lungo le strade ad una distanza di circa cinque chilometri (十里 “shí lĭ”) l’una dall’altra. La prima stazione di posta fuori di una città era spesso il luogo in cui si salutavano coloro che partivano per un viaggio.
33) Gli accampamenti dei soldati avevano una porta principale su cui sventolava il vessillo del comandante. Liú Bèi aveva evidentemente fatto schierare il proprio esercito di fronte all’accampamento.
34) Yuán Shù ricorda qui con disprezzo che Liù Bèi era cresciuto in una famiglia di assai modeste condizioni economiche e che, per sopravvivere, aveva dovuto adattarsi a compiere anche lavori manuali.
35) Liù Béi applica qui uno stratagemma classico dell’arte militare, lo stesso che garantì ad Annibale la grande vittoria di Canne.
36) Il termine “vecchi” è forse usato per indicare che erano rimasti con Yuán Shù soltanto i soldati più anziani, i quali non avevano più la forza di andarsene e di cercare di salvarsi per proprio conto. Le razioni di cibo furono allora riservate ai soldati e molti dei loro familiari, ridotti alla fame, morirono di sfinimento.
37) A quei tempi, i soldati erano spesso accompagnati in guerra dai loro familiari.
38) L’era “Jiàn’ān” 建安, cioè “l’era del conseguimento della pace” durò dal 196 a.C. al 220 d.C. Il suo quarto anno corrisponde all’anno 199 del calendario cristiano.
39) Il “wèng chéng” 甕城 (“barbacane” nella terminologia militare europea) è una piccola fortificazione eretta di fronte alla porta di una città per evitare che il nemico possa assalire direttamente la porta stessa.
40) Il piano è ben congegnato. Nel caso in cui gli assalitori non riuscissero ad ucciderlo, Liú Bèi potrà essere colpito con le frecce dagli arcieri appostati sulle mura.
41) Zhāng Wényuăn 張 文遠 era il nome di cortesia di Zhāng Liáo 張遼 (169 d.C.-222 d.C.), generale al servizio di Cáo Cāo.