Capitolo XXI
Cáo Cāo fa riscaldare il vino e parla di eroi
Guān Yǔ conquista una città e taglia la testa a Chē Zhòu
I. Dŏng Chéng e gli altri presenti domandarono a Mă Téng: “Sarebbe questo l’uomo a cui proponete di rivolgerci?”
“Visto che Liú Xuándé, il governatore di Yùzhōu, si trova attualmente qui, perché non potremmo rivolgerci a lui?” rispose Mă Téng.
“Sebbene sia lo zio dell’Imperatore” obiettò Chéng “ quest’uomo è attualmente molto vicino a Cáo Cāo. Pensate davvero che sia prudente contattarlo?”.(1)
“Ho notato che, avantieri, durante la caccia” osservò Téng “quando Cáo Cāo si fece avanti a raccogliere le congratulazioni, Yúncháng (2), il quale stava dietro Xuándé, sollevò la spada per colpirlo, ma fu trattenuto da uno sguardo del suo capo. A mio parere, Xuándé avrebbe ben voluto far fuori Cāo, ma si era reso conto che quest’ultimo aveva troppa gente intorno a sé, e perciò temette che il colpo non riuscisse. In pubblico non poteva comportarsi diversamente (3) ma sono sicuro che la pensa come noi”.
“Non ci conviene fare le cose in fretta.” concluse allora Wú Shuò” Dobbiamo affrontare la questione con calma.” e, su queste parole, i convenuti si separarono.
II. Il giorno successivo, dopo che s’era fatta notte, Dóng Chéng, protetto dall’oscurità, si recò a casa di Xuándé, portando con sé il decreto imperiale. Il portinaio andò ad annunciarlo. Xuandé lo accolse e lo fece accomodare nel piccolo padiglione. Guān e Zhāng stavano in piedi ai fianchi del loro capo.
“Deve esserci un motivo importante perché il suocero di Sua Maestà venga a trovarmi in piena notte” esordì Xuándé.
“Ho temuto che, se fossi venuto da voi a cavallo, in pieno giorno, Cāo avrebbe potuto sospettare qualcosa.” gli rispose Chéng” Perciò ho preferito rendervi visita di notte.” ed aggiunse” L’altro giorno, durante la caccia, Yúncháng avrebbe voluto uccidere Cāo, ma voi, generale, gli avete fatto un cenno con la testa e lui ha desistito dal suo proposito .Perché avete fatto quel cenno?”.
Xuándé, non potendo negare l’evidenza, spiegò:” Mio fratello (4), vedendo che Cāo aveva gravemente mancato di rispetto all’Imperatore, era fuori di sé dalla rabbia e rischiava di passare ad atti violenti”.
Chéng si coprì il volto e pianse: “Perché un leale servitore dell’Impero come Yúncháng avrebbe dovuto trattenersi dalla violenza in un caso di questo genere?”(5)
Xuándé, il quale temeva di avere di fronte a sé un emissario di Cāo, venuto per metterlo alla prova, rispose, dissimulando il proprio pensiero:”Il primo ministro Cāo assicura il governo dell’Impero. Perché mai gli si dovrebbe usare violenza?”.
III. Chéng impallidì e si alzò in piedi di scatto. “Eccellenza!” esclamò” Voi siete lo zio del nostro Imperatore, perciò siate sincero quando parlate con me! Perché state menando il can per l’aia?”.
“L’ho fatto perché avevo paura che voi steste cercando di prendermi in trappola.” gli rispose Xuándé “Ecco perché ero così circospetto.”
Allora Dōng Chéng prese la cintura di giada con il decreto imperiale e invitò Xuándé ad osservarla con attenzione. Xuándé non riuscì a trattenere la tristezza e lo sdegno.
In seguito, Chéng gli mostrò la dichiarazione di lealtà all’Imperatore, su cui figuravano sei firme:
quella del comandante dei carristi e della cavalleria, Dōng Chéng;
quella del sottosegretario ai lavori pubblici, Wáng Zĭfú;
quella del colonnello Zhŏng Jí, comandante dei mercenari del Chángshuĭ;
quella del consigliere aulico Wú Shuò;
quella dell’illustre generale Wú Zĭlán;
quella del governatore di Xīliáng, Mă Téng.
“Poiché SuaMaestà vi ha ordinato di agire contro i malfattori, occorrerà obbedirgli con tutta la nostra dedizione (6).” osservò Xuandé, poi appose alla dichiarazione la sua firma: “Liú Bĕi, generale dell’ala sinistra”.
Chéng disse: “Ora dobbiamo trovare altre tre persone che condividano i nostri principi morali (7) per elaborare insieme un piano contro il brigante che governa l’Impero”.
“Si dovrà procedere con cautela” concluse Xuándé “senza lasciar trapelare il nostro segreto”.
Discussero fino al quinto turno di guardia (8), poi il visitatore prese congedo.
IV. Xuándé si astenne anche da progettare un attentato contro Cáo Cāo, e, per non destare sospetti sui suoi piani, seminò nell’orto di casa dei legumi, che innaffiava personalmente.
Guān e Zhāng gli domandarono: “Fratello, perché trascuri gli affari di stato e ti dedichi alle occupazioni delle persone insignificanti?”.
“È questo che pensate?” rispose loro Xuándé. I due tacquero.
V. Un giorno, mentre Guān e Zhāng erano fuori, Xuándé, che stava lavorando nel suo orto, vide arrivare Xǔ Chŭ e Zhāng Liáo, accompagnati da più di una decina di persone. I due gli dissero: “Il Primo Ministro ci ha ordinato di invitare la Signoria Vostra a recarsi subito da lui”.
“C`è qualche questione urgente?” domandò Xuándé sorpreso.
“Non lo so” gli rispose Xǔ Chŭ “Io ho semplicemente avuto istruzioni di venire ad invitarvi”.
Xuándé dovette perciò accompagnare i due emissari fino alla residenza del Primo Ministro.
Cāo lo accolse ridendo e gli disse: “Stai facendo un gran bel lavoro a casa tua” (9).
Xuándé impallidì.
Cāo lo prese per mano e lo condusse nell’orto, sul retro della residenza.”Non è facile coltivare l’orto come lo fai tu.” gli disse.
Xuándé si sentì sollevato e rispose sorridendo: “Non c`è nulla di meglio per passare il tempo”.
NOTA
1) La familiarità di Liú Bĕi con Cáo Cāo non era sfuggita ai dignitari della Corte imperiale, che sollevavano quindi qualche dubbio sulla sua affidabilità.
2) Yúncháng 雲長 è il nome di cortesia di Guān Yŭ 關羽.
3) L’espressione 公試 “gōng shì” significa letteralemente”esame pubblico”. Essa viene qui usata per indicare che il comportamento di una persona in pubblico può essere condizionato da vari fattori e non corrisponde necessariamente ale sue intime convinzioni.
4) Si narra nel primo capitolo del romanzo, che Liú Bĕi, Guān Yŭ e Zhāng Fēi si erano impegnati, con un giuramento di sangue, a considerarsi come fratelli e a comportarsi sempre come tali.
5) Non v’era dubbio che Cāo si fosse reso colpevole,nei confronti dell’Imperatore, di una grave mancanza di rispetto, che meritava di essere punita con la morte. Chéng osserva qui che nessuno avrebbe trovato nulla da ridire se Guān Yŭ avesse punito, di propria iniziativa, la sfrontatezza di Cāo.
6) Il testo cinese recita “bèi găn bùxiáo quăn mă zhī láo”( 備敢不效犬馬之勞), letteralmente “fare il lavoro dei cani e dei cavalli”. Si tratta di un’espressione idiomatica che indica la disponibilità dei pubblici funzionari ad impegnarsi fino in fondo in difesa dell’Imperatore così come cavalli e cani corrono fino allo spasimo quando il loro padrone glielo ordina.
7) Il termine 十義 (“shí yí”) designa i dieci princìpi morali che devono reggere la società secondo la dottrina confuciana:
nei rapporti tra genitori e figli: amore paterno e pietà filiale;
nei rapporti tra fratelli: affetto da parte del fratello maggiore e rispetto da parte del fratello minore;
nei rapporti tra coniugi: correttezza del marito e obbedienza della moglie;
nei rapporti tra amici: disponibilità del più anziano e riverenza del più giovane;
nei rapporti di governo: benevolenza del sovrano e lealtà del ministro.
Era palese che Cáo Cāo aveva contravvenuto quantomeno all’ultimo di questi princìpi.
8) La notte era divisa in sei “turni di guardia”, il primo dei quali cominciava al tramonto. Il quinto “turno di guardia” cominciava perciò intorno alle tre di notte.
9) Come si vede, la prudenza di Liú Bĕi non era affatto fuori luogo. Cāo disponeva di spie che lo tenevano informato di tutte le attività dei cortigiani e degli alti funzionari.