IL VIAGGIO DI LĂO CÁN
“La siccità dura da anni ed uragani pericolosi possono scoppiare dovunque”
Ad est della prefettura di Dēngzhōu (1) nello Shāndōng c’è - secondo quanto si dice - un’alta collina chiamata il Monte Pénglai, su cui sorge uno splendido padiglione conosciuto come il Padiglione di Pénglai, che ha pareti dipinte con immagini di nuvole in movimento ed ornate di cortine di perle.
Di lassù, guardando verso occidente, voi potete vedere, immersa in una nebbiolina lattiginosa, una città in cui abitano migliaia di famiglie. (2)
Spesso, durante il pomeriggio, i cittadini salgono al padiglione, portando con sé un po’ del loro miglior vino, e vi si trattengono la notte per poter ammirare, all’alba del giorno seguente, lo spettacolo del sole che sorge dal mare.
Sembra che, un anno, tra i visitatori del padiglione ci fosse anche un certo Lăo Cán. Di cognome faceva Tiĕ (3), come nome personale si serviva di un nome inglese, ma era noto con il soprannome di Lăo Cán, cioè “il vecchio scorbutico” (4), che gli avevano affibbiato con riferimento alla storia del venerabile monaco Míng Lăn Cán. (5) Avevano cominciato a chiamarlo Lăo Cán perché era di tratto ruvido e scontroso, anche se in fondo gli volevano bene, e, a poco a poco, senza che nessuno se ne rendesse conto Lăo Cán era divenuto il suo soprannome, sebbene, a dire il vero, non fosse molto al di là dei trent’anni.
Tempo fa, abbordai alcuni suoi scritti e alcune sue poesie, ma poiché mi sembrarono difficili da digerire, non andai avanti nella lettura. Nessuno lo aveva mai voluto come insegnante e, poiché anche gli studenti lo ritenevano antiquato, non era mai riuscito a trovare un impiego.
Lăo Cán era originario del Jiāngnán.(6) Suo padre era un modesto funzionario ( di terzo o quarto grado), che, a causa del suo carattere rigido, si era sempre astenuto dal chiedere bustarelle ed era vissuto per un ventennio in condizioni di quasi indigenza, costretto a vendere i propri vestiti per tornare a casa con qualche soldo. Credete che gli rimanesse del denaro da dare al figlio?
Quest’ultimo non aveva quindi alcun patrimonio familiare da custodire né alcuna professione da esercitare.
Come è naturale, si trovò, a poco a poco, a fare i conti con due parole: “freddo” e “fame”.
Sembrava una situazione disperata, ma, per fortuna, a questo mondo si trova sempre una via d’uscita.
C’era un monaco taoista che andava in giro suonando dei campanellini e raccontando che uno sconosciuto gli aveva insegnato i metodi per curare qualsiasi malattia.
Il nostro Lăo Cán imparò dal monaco qualche formula magica e si mise a vagabondare agitando anche lui i campanellini. Curava la gente e si ingegnava così di far quadrare il pranzo con la cena. In questo modo, viaggiò in lungo e in largo per quasi vent’anni.
Una volta, gli capitò di trovarsi a Gŭqiānchéng (7) nello Shāndōng, dove un uomo di una famiglia importante, un certo Huáng Ruìhé, soffriva di una strana malattia. Il corpo gli si riempiva ogni anno di pustole purulente che degeneravano in piaghe. Se durante l’anno alcune di queste piaghe si chiudevano, altre se ne formavano l’anno seguente. Da gran tempo nessuno era mai stato in grado di curare questa malattia. L’eruzione cutanea avveniva sempre d’estate e raggiungeva il parossismo con l’equinozio d’autunno.
Quella primavera, quando Lăo Cán si trovò a passare di lì, il maggiordomo di casa Huáng gli chiese se potesse curare la malattia del suo padrone.
“C’è una cura efficacissima” gli rispose Lăo Cán”, ma voi dovrete seguire fedelmente le mie istruzioni. Questa volta proverò ad usare i piccoli trucchi che conosco e a sperimentare i miei metodi. Se le piaghe non si formeranno più, allora non ci saranno problemi. Basterà che continuiate a seguire i vecchi trattamenti anche se doveste ripeterli cento volte. I metodi di cura delle altre malattie ci sono stati tramandati dal Divino Agricoltore e dall’Imperatore Giallo. È soltanto questo particolare trattamento che fu scoperto da Yŭ il Grande. Esso fu, più tardi recepito, sotto la dinastia Táng, da Wáng Jĭng (8), ma, in seguito, se ne perse la memoria. Per caso, oggi, queste conoscenze sono giunte fino a me”.
Così la famiglia Huáng affidò a Lăo Cán la cura del malato. Curiosamente, quell’anno, sebbene ci fosse una piccola eruzione cutanea, non si formarono piaghe e la famiglia ne fu molto soddisfatta.
Passò l’equinozio d’autunno senza che la malattia di manifestasse.
Per la gioia di essere sfuggito alle piaghe, cosa che non accadeva più da oltre dieci anni, il signor Huáng fece venire una troupe d’artisti e organizzò uno spettacolo di ringraziamento che durò tre giorni. Nell’atrio fiorito, sul lato occidentale della casa, fu creato un giardino di rocce e di crisantemi. Si fece festa, si banchettò, c’era chiasso e grande allegria.
Il giorno del banchetto, dopo aver pranzato, Lăo Cán si sentì un po’assonnato perché aveva bevuto due coppe di vino. Così si diresse verso la stanza che gli era stata assegnata e si sdraiò sul letto. Chiuse gli occhi e cadde in una sorta di dormiveglia. (9)
Dall’esterno entrarono nella stanza due persone. Erano Wén Zhāngbó e Dé Huìshēng, i suoi migliori amici.
“La giornata è ancor lunga” gli dissero “Che cosa fai qui chiuso in casa?”
Lăo Cán si levò rapidamente a sedere sul letto e rispose:” Son due giorni che sto qui a festeggiare . È faticoso passare il tempo a mangiare e a bere”.
“Stiamo andando a Dēngzhōu” gli spiegarono gli amici “ad ammirare il paesaggio che si vede dal padiglione di Pénglái ed abbiamo pensato specialmente a te. Abbiamo preso a nolo un calessino. Prepara i bagagli, per favore, e vieni con noi”.
Lăo Cán non aveva molti bagagli. Portava con sé soltanto qualche libro e un paio di bauletti, che furono rapidamente raccolti e caricati sul calessino.
In un attimo arrivarono a Dēngzhōu e trovarono due stanze libere in una locanda ai piedi del Padiglione di Pénglái. Rimasero a gustare la vista della città in mezzo al mare, uno stupendo miraggio.
Il giorno seguente Lăo Cán disse agli amici: ”Tutti affermano che lo spettacolo dell’alba è favoloso. Perché non passiamo la notte qui e non aspettiamo il sorgere del sole?”.
I due gli risposero: “Hai avuto una bella idea, amico. Rimarremo anche noi qui con te”.
Sebbene all’equinozio d’autunno notte e giorno siano di pari durata, si ha l’impressione che la notte sia breve e che l’alba sorga in mezzo alla nebbia.
I nostri attesero l’alba, stappando due bottiglie di vino e facendo onore alle provviste che avevano portato con sé. Mentre mangiavano, bevevano e conversavano, l’oriente si illuminava a poco a poco, in un crescendo impercettibile. In realtà, l’alba era ancora lontana.
Dopo che ebbero parlato un poco, Dé propose:” È quasi ora. Perché non saliamo in cima al padiglione per attendere l’alba?”.
“C`è un forte vento” osservò Wén” e la finestra in alto è troppo esposta. Qui fa caldo, ma lassù temo di prendere freddo. Per salire sarebbe meglio coprirci un po’di più”.
Tutti furono d’accordo, e ciascuno portò con sé un cannocchiale e delle coperte.
Andando su per la scala che saliva a zig-zag sul retro dell’edificio, giunsero in cima al padiglione, e, sedutisi ad un tavolo che stava accanto alla finestra, guardarono verso est.
Videro, sul mare, una successione infinita di onde biancheggianti, simili a montagne, ed individuarono diversi punti di riferimento: volgendo lo sguardo verso nord-est, a Qīngyān, la più vicina era l’isola di Chángshān (10), più lontano si scorgevano le isole di Dàzhú e di Dàhēi.(11)
Il padiglione sembrava tremare sotto le raffiche di vento. Le nuvole si stavano gradualmente accumulando ed un nuvolone scuro si spostava dal nord verso il centro, schiacciando le nubi che vi si trovavano e che si addensavano sempre più ad est, come se non fosse rimasto loro altro spazio per muoversi.
All’improvviso il cielo si colorò di vermiglio.
“Caro Cán” esclamò Huìshēng ” temo che, questa mattina non potrai ammirare il sorgere del sole”
“Non importa” gli rispose Cán. ”Lo spettacolo del vento e del mare è già una grande emozione per me, anche se non potrò ammirare l’alba. Questa gita non mi ha deluso”.
Zhāng guardava con il cannocchiale. “Ecco” disse” un nuvolone nero che si avvicina da est, apparendo e scomparendo con il movimento delle onde. Mi sembra di scorgere anche una nave”.
Allora anche gli altri afferrarono i loro cannocchiali per vedere meglio.
Dopo aver scrutato il mare ancora un momento, Zhāng esclamò: “È vero. Guardate! Vedete quella piccola linea bianca là dove il mare si confonde con il cielo. Non è uno scafo?”.
Guardarono tutti con attenzione. La nave proseguì la sua navigazione e sparì alla vista.
Huìshēng ,che continuava a scrutare le onde con il suo cannocchiale, ad un certo punto esclamò :”Ah! Guardate! C’è una giunca là, proprio in mezzo a quei cavalloni. Non vi sembra che sia in difficoltà?”
“Dove?” fecero gli altri.
“Laggiù a destra. Viene da nord-est. Accanto a quel cavallone, vicino all’isola di Chángshān. Si sta avvicinando”
Gli altri due aggiustarono i loro cannocchiali ed esclamarono:” Ah! È veramente in difficoltà, ma per fortuna sta venendo verso la riva. Le ci vorranno ancora dieci o quindici miglia per arrivare in porto.”.
Ci volle poco più di un’ora perché la giunca si avvicinasse.
I tre la osservavano dall’alto con i loro cannocchiali.
Era un’imbarcazione di ventitre o ventiquattro piedi di lunghezza, che doveva essere stata fin dall’origine un grosso veliero. Il padrone della giunca stava in alto e reggeva il timone, aiutato da quattro persone che, più in basso, avevano il compito di far girare la grossa pala di legno.
C’erano, distribuiti tra poppa e prua, sei alberi, con sei vecchie vele, più due nuovi alberi, dotati l’uno di una velatura nuova e l’altro di una velatura quasi nuova. La giunca aveva quindi otto alberi.
Lo scafo era pesante e si poteva presumere che la stiva fosse piena di merci.
Sul ponte si vedeva un gran numero di uomini e di donne, ma non c’erano ripari né barriere frangivento- proprio come sulle carrozze di terza classe della linea ferroviaria Tiānjīn- Pechino-. Il vento del nord soffiava sulle onde e gli spruzzi ricadevano sui passeggeri, bagnati e infreddoliti, affamati e impauriti. Tutti coloro che erano sulla nave avevano un aspetto infelice.
Alcuni marinai erano impegnati a manovrare le otto vele. Molti altri marinai si scorgevano a prua e sul ponte dell’imbarcazione.
La giunca, pur essendo una grossa imbarcazione, lunga ventitre o ventiquattro piedi, sembrava aver subito molte avarie. A sinistra, un pezzo di murata lungo circa tre piedi era stato distrutto e le onde si riversavano sul ponte. Sempre sul lato sinistro, si era aperta un’altra falla, lunga circa un piede, attraverso cui l’acqua invadeva a poco a poco il ponte. Dappertutto si notavano dei danni.
I marinai che manovravano le vele, lo facevano senza mostrare alcun coordinamento tra di loro. Era come se ciascuna delle vele appartenesse ad una imbarcazione diversa.
Altri marinai si agitavano come pazzi tra i gruppi di uomini e di donne. Guardandoli meglio con il cannocchiale, ci si accorgeva che stavano cercando di portar via ai passeggeri le loro provviste e i loro abiti.
Zhāng Bó, vedendo tutto ciò, non potè fare a meno di urlare: “Maledetti! Basta guardare per capire che la giunca sta per arenarsi. I marinai non sanno più come dirigerla e la stanno mandando verso la costa, ma nel frattempo si danno da fare per depredare quei poveri passeggeri. Che rabbia!”.
“Non prendertela, caro Zhāng” gi rispose Huìshēng. La giunca è ormai a tre o quattro miglia dalla costa. Quando saranno qui sotto, saliremo a bordo e consiglieremo loro che cosa debbono fare”.
Mentre parlava, si accorse all’improvviso che, sulla giunca, alcune persone erano state colpite e gettate in mare. L’imbarcazione invertì la rotta e si diresse di nuovo ad est, verso il largo.”
Zhāng Bó balzò in piedi urlando: “Una così bella nave! Un così gran numero di passeggeri! Tutto in rovina per colpa di marinai senza scrupoli! Non lo possiamo tollerare!”.
Riflettè un momento, poi disse: “Ai piedi della collina sono ormeggiate delle barche da pesca. Perché non andiamo all’abbordaggio della giunca per eliminare i delinquenti che la pilotano e sostituirli con altri marinai? Salveremmo la vita dei passeggeri e ne trarremmo merito e soddisfazione.”
“Si potrebbe fare “ gli rispose Huìshēng “ e credo che non ci metteremmo molto tempo. Domandiamo il parere del nostro amico Cán”.
Lăo Cán rise e disse a Zhāng Bó: “Caro Zhāng, la tua è una bella idea, ma hai presente quanti siamo?”.
“Irresoluto anche tu.” gli rispose Zhāng Bó con rabbia” In questo momento saremmo in tre a lanciarci in questa impresa di salvataggio. Più i pescatori che ci porteranno fino alla giunca”.
Lăo Cán osservò: “Tieni conto del fatto che sulla giunca ci sono almeno duecento marinai. E noi tre dovremmo eliminarli tutti? Ho paura che riusciremo soltanto a farci ammazzare senza ottenere alcun risultato.”
Zhāng Bó ci pensò su un attimo, poi esclamò:” Ma allora, che cosa dovremmo fare. Lasciar morire quei poveri disgraziati di passeggeri senza muovere un dito?”.
Lăo Cán gli rispose: “Non credo che ci sia stato un errore del pilota. La giunca si trova in difficoltà per due semplici ragioni. Di solito quelli che navigano sull’oceano, si mettono in viaggio soltanto nei giorni tranquilli, quando non soffia troppo vento e il mare è calmo. Non si aspettavano di incappare in un uragano oggi; è per questo che si trovano nei guai. È chiaro che non avevano un piano per affrontare la tempesta. Infatti, nei giorni di sole, basta seguire i vecchi metodi di navigazione. Si guarda il sole, la luna e le stelle e non è difficile capire approssimativamente dove sta il nord e dove sta il sud. Si naviga, come si dice, “con l’aiuto del cielo”. Ma quando il cielo è coperto di nuvole, come accade in questo momento, vengono a mancare tutti i punti di riferimento. Vorrebbero tenere la rotta, ma non sanno più da che parte è il sud-est e da che parte è il nord-ovest. Così si allontanano sempre di più dal giusto cammino. Ti consiglierei, caro Zhāng, di noleggiare una barca da pesca e di andar loro dietro. La loro giunca è pesante, noi prenderemo una barca leggera. Non dovremmo faticare a raggiungerli. Una volta che li avremo raggiunti forniremo al pilota una bussola in modo che possa navigare nella giusta direzione e poi gli spiegheremo quale differenza c’è tra il navigare con il mare calmo e il navigare in mezzo alla tempesta. Seguiranno senz’altro i nostri consigli. Perché non dovrebbero farlo?. Corriamo subito alla riva!”
“Hai parlato bene, caro Cán” esclamò Huìshēng “Affrettiamoci a fare come hai detto. Altrimenti i passeggeri della nave correranno un grandissimo pericolo”.
Detto ciò, i tre uscirono dal padiglione , dopo aver ordinato ai domestici di custodire i bagagli, e scesero il pendio della collina senza portare con sé altro che una bussola di precisione, un sestante e qualche altro strumento di navigazione.
Ai piedi della collina c’era un ormeggio per le barche da pesca. Ne noleggiarono una che sembrava veloce, issarono le vele e si misero all’inseguimento della giunca.
Per fortuna il vento soffiava dal nord, cosicché potevano bordeggiare da est a ovest, il che facilitava la loro navigazione.
Si avvicinarono rapidamente alla giunca, continuando ad osservare con il cannocchiale ciò che accadeva sul ponte.
Quando furono a portata di voce, a poco più di dieci passi dalla giunca, poterono sentire ciò che stavano dicendo a bordo.
Da un gruppo di persone raccolte intorno al pilota si alzava una voce che diceva:” Tutti voi avete pagato per questo viaggio ed avete caricato le vostre merci su questa giunca. Ora, sta andando tutto in rovina a causa dei marinai. Siete sulla nave con tutta la vostra famiglia. Avete proprio voglia di morire in mezzo alla tempesta? Non volete cercare una via di salvezza, disgraziati?”.
Tutti rimasero muti di fronte a questo sfogo. Alcuni si accostarono a colui che parlava e dissero: “Ciò che stai dicendo è proprio ciò che volevamo sentire. Ti siamo grati di averci posti di fronte alla realtà, anche se le tue parole ci coprono di vergogna. Ma spiegaci che cosa si può fare”.
La voce rispose:” Sapete bene che in un momento come questo i soldi non servono a nulla. Facciamo una colletta. Bando all’avarizia! Sacrifichiamoci per trovare qualcuno che si batta per noi. anche a costo di far scorrere il sangue. Guadagniamoci la libertà e la salvezza! Siete d’accordo?”(12)
Tutti batterono le mani e manifestarono il loro assenso.
Zhāng Bó, sentendo ciò che dicevano le persone a bordo, si rivolse ai suoi compagni:” A che cosa serve la violenza? Sapevo che sarebbe finita così. Non saremmo dovuti venire fin qui.”
Huìshēng gli rispose: “Ammainiamo qualcuna delle nostre vele. Non abbiamo bisogno di stare al loro fianco. Seguiamoli da vicino e vediamo che cosa succede. Se le cose si metteranno bene, potremo tornare a riva.”
“Facciamo come dici tu, Huì” assentì Lăo Cán” A mio modesto parere quel tizio non è uno capace di agire concretamente. Sta solo tirando fuori qualche bella parola per spillare soldi alla brava gente”.
I tre ammainarono il fiocco e seguirono lentamente la giunca. (13)
Videro che la gente raccoglieva soldi e li dava all’uomo che aveva parlato . Quest’ultimo prese i soldi e poi, repentinamente, si ritirò in un angolo isolato ed elevato dove non fosse facile raggiungerlo. Di lì, ergendosi in tutta la sua statura, si mise ad urlare: ”Vigliacchi! Smidollati! Perché non correte a colpire il pilota? Uccidiamo i marinai ad uno ad uno!”
Sebbene parecchi disapprovassero, alcuni giovani esaltati diedero segno di volersi gettare sul pilota intenzionati ad ucciderlo e a buttare a mare i marinai che prima avevano gettato in acqua i passeggeri.
L’arruffapopolo, dal suo rifugio sicuro, continuava a gridare: “Mettetevi tutti insieme! Se vi precipitate loro addosso in massa, credete che possano resistervi?”.
Si alzavano però anche le voci di molti passeggeri, soprattutto di persone anziane e ricche di esperienza. “Non muovetevi! ”dicevano ai giovani” Se date retta a quell’individuo, la nave si capovolgerà e sarà la rovina per tutti .Non possiamo assolutamente correre questo rischio.”
Sentendo ciò, Huìshēng disse a Zhāng Bó: “Ecco! L’eroe si è preso i soldi ed ora manda gli altri a farsi sbudellare”.
“Per fortuna c’è ancora qualche persona anziana e sperimentata che ragiona” osservò Lăo Cán “Altrimenti la giunca avrebbe già fatto naufragio”.(14)
Issarono di nuovo il fiocco ed in un attimo furono nuovamente di fianco alla giunca.
Lanciarono le funi con i grappini alle murate, montarono a bordo e si diressero verso il quadrato di poppa. Attirarono a gran voce l’attenzione dei marinai, e, tirati fuori la bussola, il sestante e gli altri strumenti di navigazione, glieli mostrarono.
Quando il pilota vide quegli oggetti chiese cortesemente: “Come si possono usare? Quale vantaggio possiamo trarne?”.
Mentre discutevano, uno dei marinai si mise a sbraitare: “Padrone! Padrone! Non farti ingannare da costoro! Usano oggetti di origine straniera. Sono certamente dei traditori inviati dai diavoli forestieri. Sono dei Cristiani! Hanno già venduto la nostra giunca ai diavoli forestieri ed ora fanno ricorso a questi trucchi per impadronirsene. Leghiamoli e poi uccidiamoli! Risolviamo subito il problema! Se i diavoli forestieri hanno già pagato, cercheranno di venire a prendere la giunca”.
La folla fu scossa da tali urla. Persino l’eroe, che parlava dal suo rifugio, si mise a gridare: “Uccidete i traditori che hanno venduto la giunca agli stranieri!”.
Il pilota non sapeva più che cosa fare. Uno dei copiloti, lo zio del proprietario, disse ai tre”: “So che siete venuti animati da buone intenzioni, ma la rabbia della gente è difficile da controllare. Vi consiglio di andarvene al più presto.”
I tre,. affranti, saltarono di nuovo in fretta sulla loro barca ,ma la gente era furiosa, e, vedendoli scappare, cominciò a gettar loro addosso i pezzi d’albero e i frammenti di murata che erano stati spezzati e divelti dalle onde.
Come poteva una piccola barca da pesca resistere alla furia di centinaia di persone?
In men che non si dica, la barca fu fatta a pezzi e affondò?
Che cosa ne fu dei nostri tre amici? Lo sapremo leggendo il prossimo capitolo. (15)
NOTE
1) Dēngzhōu 登州 è il nome con cui era conosciuta l’attuale città di Pénglái 蓬萊, che appartiene alla prefettura di Yāntái 烟台, situata nella parte nord-occidentale della penisola dello Shāndōng 山東.
2) Il tratto di mare situato dinanzi a Pénglái 蓬萊 è famoso per il fenomeno della “fata morgana”, che vi si verifica di frequente, soprattutto nei mesi di maggio e di giugno.
3) Tiĕ 鐵 è il nome di cortesia dell’autore del “Viaggio di Lăo Cán”(老残游记 “lǎocán yóu jì”) Liú È 刘鹗, che inserì nel libro anche elementi autobiografici.
4) Lăo Cán è un soprannome composto da due termini: “lăo” 老 (vecchio”) e “cán” 残 (“scontroso”). Lăo è un termine colloquiale che non si riferisce necessariamente ad una persona di età avanzata, potendosi applicare anche a chi sia semplicemente più anziano del parlante o assuma atteggiamenti da vecchio. Cán è un termine che può avere diverse sfumature di significato. Nel presente caso mi è sembrato corretto attribuirgli il significato di “scorbutico”,”scontroso”, indifferente”,”distaccato”.
5) Míngzàn di Nányuè 南嶽明瓚, detto anche Lăn Cán 懶殘,fu un maestro della setta Chán 禪師 vissuto nell’8° secolo d.C.
In una sua breve biografia, contenuta nelle “Vite dei monaci eminenti” ( 高僧傳 “gāosēng zhuàn”) figura il seguente aneddoto:
”Lăn Cán viveva da eremita in una grotta sul monte Héng, cioè sul Nányuè. L’imperatore Dézōng sentì parlare di lui e gli spedì un messaggero per invitarlo a Corte. Giunto alla grotta, l’inviato trovò l’eremita seduto per terra e, dopo avergli riferito il messaggio del Figlio del Cielo, gli disse: “Dovreste alzarvi in piedi per mostrare la vostra gratitudine verso Sua Maestà”.
Cán, che, in quel momento stava alimentando un focherello di sterco di vacca, tirò fuori da una padella una radice cotta e cominciò ad addentarla, senza rispondere Poiché era inverno ed aveva un raffreddore, del muco gli colava sul mento.
Il messaggero si mise a ridere ed esclamò: “Potrei suggerire al reverendo monaco di pulirsi il viso?”.
“Perché dovrei prendermi questo fastidio per un uomo che non è diverso da tutti gli altri?” replicò il monaco e si guardò bene dall’alzarsi.
Ritornato alla capitale, il messaggero riferì il fatto all’Imperatore che fu colmo d’ammirazione e di stupore.”
6) Il Jiāngnán 江南 è una regione situata a sud del Fiume Azzurro non lontano da Shànghăi.
7) Gŭqiānchéng 古千乘, letteralmente “La vecchia Qiānchéng,” è situata ad una dozzina di chilometri dalla contea di Gāoyuàn 高苑 nello Shāndōng 山东.
8) Wáng Jĭng 王景 (889 d.C.-963 d.C.) fu un uomo politico attivo negli anni intorno alla fine della dinastia Táng.
9) I narratori tradizionali ricorrono all’espediente del dormiveglia per introdurre nel loro racconto qualche episodio avventuroso senza che si sappia bene se ciò che accade sia sogno o realtà. Si veda, a questo riguardo, “La storia del governatore di Nánkē" (南柯太守传 ”nánkē tàishōu zhuàn”).
10) L’isola di Chāngshān 长山岛 fa parte dell’arcipelago delle Isole Chángdăo 长岛
, situato di fronte a Pénglái.
11) Dàzhú 大竹 e Dàhēi 大黑 sono altre due isole appartenenti all’arcipelago delle Isole Chángdăo.
12) Mi sembra che la proposta qui formulata sia quella di raccogliere soldi tra i passeggeri per pagare qualche giovane ardimentoso che affronti i marinai e si impadronisca della nave, se necessario anche con la forza.
13) Non essendo un esperto di navigazione a vela, ho fatto del mio meglio per rendere chiara la descrizione delle varie manovre. Mi scuso per le più che probabili imprecisioni terminologiche.
14) Tutti i commentatori concordano nel ritenere che la descrizione della giunca in mezzo all’uragano sia una allegoria della situazione politica disperata in cui versava la Cina durante gli ultimi anni della dinastia Qīng. Non si può fare a meno di pensare alla famosa invettiva dantesca:
«Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!».
15) Troviamo qui un altro schema tipico non solo dei romanzi tradizionali cinesi, ma di tutti i “feuilletons” e, oggi, delle serie televisive. Il capitolo del libro o la puntata dello sceneggiato si chiude in una situazione di grande “suspense”, stimolando così la curiosità del lettore o dello spettatore, che viene invogliato a non mancare il seguito.