Bĕi Dăo 北 島 (1) è uno dei più significativi esponenti della poesia contemporanea ed ha fatto parte, per un certo periodo, di un gruppo di poeti che venivano chiamati “朦 朧 詩 人 ” ( “ménglóng shīrén”,“i poeti brumosi”)
Abbordare le loro opere è certamente impresa più difficile che non affrontare la poesia classica. In poeti come Lĭ Bái, Dù Fŭ, Bái Jūyì, Hán Yù, etc. i concetti sono sempre molto chiari e le eventuali difficoltà di interpretazione derivano da aspetti relativamente secondari quali il lirismo, che li porta spesso, nell’esprimere i sentimenti, a coltivare una certa vaghezza, che prescinde dal nostro bisogno, tipicamente europeo, di precisare sempre”chi, come, quando” o l’erudizione, che li induce non di rado ad inserire nelle loro opere citazioni, ora palesi, ora dissimulate, di autori, di miti, di fatti storici, per i quali non sempre disponiamo dei termini di riferimento o siamo in grado di accedervi senza problemi.
La traduzione di un poeta come Bĕi Dăo è invece pura questione di sensibilità soggettiva ed il cercare di fornire una spiegazione motivata delle proprie scelte interpretative non avrebbe alcun senso. Ciascuno deve, a mio parere, interpretarlo come lo sente.
Per questo faccio seguire alla mia traduzione il testo originale in caratteri cinesi ed in pīnyīn.
Le poche note che figurano in calce mirano soltanto ad indicare quali considerazioni mi abbiano guidato nella traduzione di alcuni termini.
IL TEMPO ED IL CAMMINO
Come canzoni di barcaioli (2)
ombre scure attraversano
l’antico verde.
Un aquilone dondola
alla sinistra del sole
attendendo
il solito temporale.(3)
Un altro capitolo comincia,
simile ad un tiretto spalancato,
privo di sogni,
tutte le sue crepe stracolme
di un soffio amoroso.
I semafori segnalano
la biforcazione del tempo e del cammino.
Come un barattolo di pittura
questa metafora
impregna i nostri abiti.
È la musica dell’ouverture
ed è il colore del finale.(4)
NOTE
(1) Pseudonimo di Zhào Zhènkāi 趙 振 開, nato a Pechino il 2 agosto 1949.
(2) “Chuán gē”船 歌 è letteralmente la “canzone della barca”. Si può pensare che Bĕi Dăo intenda qui riferirsi ai canti dei barcaioli, simili probabilmente per il loro ritmo ripetitivo e cantilenante alle “barcarole” dei gondolieri.
(3) “Pīzhŭn de bàofēnglei ” 批 准 的 暴 風 雷 è “il temporale autorizzato”. Mi son permesso di ritenere che il termine burocratico possa implicare l’idea di “solito”,”consueto”, in base al principio secondo cui “tutto ciò che è regolarmente autorizzato” è qualcosa di frequente e normale, ma si tratta di una lettura puramente personale.
Colgo l'occasione per osservare che un altro degli aspetti in relazione ai quali la poesia cinese classica si distingue dalla poesia moderna è - se così vogliamo dire - la "congruenza degli attributi". Nella lirica dell'epoca Táng, ad esempio, il nesso logico tra il sostantivo e l'aggettivo che lo accompagna è sempre evidente, mentre ciò spesso non accade nelle poesie del ventesimo secolo. Analoge considerazioni valgono per la poesia occidentale. Nella poesia classica- greca e latina e nella poesia medioevale è rarissimo trovare aggettivi impiegati al di fuori del loro significato usuale, salvo il caso di talune figure retoriche, in cui, tuttavia, il senso della frase appare immediatamente chiaro ( si veda, ad es., il verso dantesco "io venni in loco d'ogni luce muto", Inferno, V-28). Lo stesso non si può dire di molta lirica moderna. Ricordo, a questo riguardo, nella "Oda a salvador Dalí" di Federico Garcia Lorca, il verso: "Oh Salvador Dalí de voz aceitunada" ("Oh Salvador Dalí dalla voce olivastra"), È un verso suggestivo, ma indefinito, che si presta a diverse interpretazioni.
(4) I due ultimi versi si leggono così: “Suono dell’apertura, colore della conclusione”.Anche qui l’accostamento all’ouverture ed al finale di un’opera è semplicemente una mia interpretazione.