BÁI JŪYÌ 白 居 易
Bai Juyi 白 居 易 nacque nel 772 d. C. a Tàiyuán 太 原 nello Shānxī 山 西 , ma trascorse l’infanzia a Xīnzhèng 新 郑 ( contea di Zhèngzhou 郑 州 ) nel Hénán 河 南 , dove il padre, che era un piccolo funzonario, era stato trasferito.
Il suo nome di cortesia era Lètiān 樂 天, che significa “allegro e fortunato”. Come poeta assunse poi lo pseudonimo di Xiāngshān Jūshì 香山居士 (“L’Eremita delle Montagne Profumate ”), dal nome della località in cui si ritirò nell’833 d.C..
Nonostante le modeste condizioni economiche della famiglia, Bái Jūyì ebbe un’ottima educazione letteraria. Si racconta che componesse poesie già all’età di cinque anni e che all’età di nove anni padroneggiasse completamente le regole della versificazione.
Verso i dieci anni fu affidato dal padre, che era stato nuovamente trasferito, questa volta nel lontano Jiānsū 江 蘇 , ad uno zio che viveva a Xiàguī 下邽, un villaggio sul fiume Wèi 渭 河, nei pressi della capitale Chang’An 長 安. Il villaggio di Xiàguī, che corrisponde all’odierna città di Xiàjí 下 吉, presso Wèinán 渭南 nello Shānxi 陕 西 ,era probabilmente il luogo d’origine della famiglia Bái, giacchè sappiamo che il poeta vi trascorse in seguito i periodi di lutto per la perdita dei genitori e che vi abitavano altri membri della sua famiglia.
A causa di problemi familiari e difficoltà finanziarie, poté presentarsi solo nell’800 d.C. all’esame nazionale per l’accesso alla funzione pubblica, ma lo superò brillantemente al primo tentativo. Conseguito l’ambitissimo titolo di “jìnshì” 進 士 , iniziò la propria carriera presso la biblioteca del palazzo imperiale, dove incontrò un altro giovane letterato Yuán Zhĕn 元 稹, con il quale strinse una lunga ed affettuosa amicizia che divenne famosa nella storia della letteratura cinese.
Alla morte del padre, nell’804 d.C., si ritirò nella sua casa di Xiàguī per trascorrervi il tradizionale periodo di lutto.
Ritornato a Cháng’Ān, nell’806 d.C. fu nominato “xiănwēi ”顯 尉( magistrato locale con compiti amministrativi e potere di giurisdizione) nel villaggio di Zhōuzhī 周 至, non lontano dalla capitale. Fu qui che compose la poesia intitolata “Osservando i mietitori” ( 觀 刈 麥 “guān yì mài”), nella quale descrive le dure condizioni di vita dei contadini.
Dopo essere stato nominato correttore al segretariato del trono, Bái Jūyì divenne nell’807 d.C. membro della prestigiosa accademia Hànlín 翰 林 院 (“La foresta dei pennelli”) e poi “censore della sinistra”(左 拾 遺 “zuōshíyí”), carica che occupò dall’808 d.C. all’815 d.C, salvo un’interruzione nel triennio 811 d.C.-814 d.C, quando, in seguito alla morte della madre, si ritirò una seconda volta nel villaggio di Xiàguī, conformandosi ad una rigorosa interpretazione dei riti che prevedevano tre anni di lutto. Ufficialmente spettava al censore “ricordare” all’Imperatore le sue eventuali “dimenticanze” invitandolo a porvi rimedio. Poiché tuttavia le “dimenticanze” dell’Imperatore potevano essere intenzionali e motivate da considerazioni di natura politica, il censore aveva interesse ad essere estremamente circospetto e prudente nell’esercizio delle sue funzioni. Basti ricordare, a questo riguardo, l’infortunio in cui incorse Dú Fŭ, che, avendo preso troppo sul serio il suo incarico di censore, finì per essere allontanato dalla capitale.
Ritornato a Cháng’Ān nell’inverno dell’814 d.C., Bái Jūyì fu nominato assistente del tutore del principe ereditario. Questo incarico, relativamente modesto, non gli impedì di farsi molti nemici sia perché presentò alcuni memoriali nei quali consigliava di porre fine ad una spedizione contro i Tartari, da lui considerata troppo lunga ed infruttuosa, sia perché scrisse parecchie poesie in cui fustigava l’avidità e la corruzione degli alti funzionari.
Il 3 luglio 815 d.C., durante un periodo di grave instabilità politica, il primo ministro Wŭ Yuánhéng 武 元 衡 cadde vittima di un attentato.
Bái Yūjì si affrettò allora ad inviare all’imperatore un memoriale sui provvedimenti urgenti da adottare per far fronte alla situazione, senza attendere che ministri e censori avessero espresso il loro parere. Questa grave violazione del protocollo gli fu immediatamente addebitata.
Paradossalmente, proprio contro di lui, fervente confuciano, che aveva osservato con estremo rigore il periodo di lutto per la morte dei genitori, gli avversari tirarono fuori anche il ridicolo pretesto della mancanza di rispetto filiale. Fra le varie poesie scritte in quel periodo da Bái Jūyì, ce ne’erano infatti due che recavano i titoli “Elogio dei fiori” e “Il nuovo pozzo”. Poiché sembrava che la madre del poeta fosse morta per annegamento dopo essere scivolata in una roggia mentre coglieva dei fiori, scrivendo tali poesie Bái Jūyì avrebbe dimostrato di essere insensibile al tragico destino di sua madre..
Per punizione, Bái Jūyì fu trasferito nella lontana città di Jiŭjiāng 九 江 sul fiume Xúnyáng 旬 陽 nel nord dello Jiāngxī 江 西 con il grado di sottoprefetto (“sīmă”司 馬). Di questo periodo ci resta il famoso componimento “ Pípá Xíng” 琵 琶 行 (“Il canto del liuto”), in cui esprime la sua sofferenza per l’esilio ed il suo rimpianto per la capitale.
Fu richiamato a corte nell’819 d.C. e nominato vicesegretario di seconda classe.
Agli inizi dell’820 a.C.morì l’imperatore Xiànzōng 唐 宪 宗e gli succedette il figlio Mùzōng 唐 穆 宗, che si dimostrò tuttavia inetto e non riuscì a contenere gli abusi dei governatori militari regionali, contro cui si era battuto con successo suo padre.
I frequenti memoriali con cui Bái Jūyì richiamò il nuovo imperatore a compiere la propria missione furono male accolti e causarono, nell’821 d.C., un nuovo allontanamento del poeta dalla capitale.
Questa volta, però, si può dire che Bái Jūyì cadde in piedi perché fu nominato governatore dell’importante città di Hángzhōu 杭 州 , situata allo sbocco del Grande Canale ( 大 運 河 ”dà yùnhé”) nella suggestiva cornice del Lago Occidentale (西 湖 “xīhú”). Nel periodo in cui amministrò Hángzhōu, fece erigere, per garantire ai contadini della regione una riserva d’acqua utile alle loro coltivazioni, una diga che fungeva anche da strada rialzata per l’attraversamento del lago, conosciuta come “La diga del governatore Bái”( “Báigōng Dī” 白 公 堤 ). Tale diga oggi non esiste più, anche se un’altra strada panoramica, la “Diga di Báisha”( 白 沙 堤 ”Báishā Dī ) sembra essere stata chiamata così in onore di Bái Jūyì.
Scaduto il mandato, nell’824 d.C.,ricevette l’incarico di Tutore Imperiale, che era piuttosto una sinecura, e si stabilì nei dintorni di Luòyáng 洛 陽 , metropoli di un milione di abitanti, che era stata un tempo la capitale dell’Impero e che aveva la reputazione di esserne ancora il più vivace centro culturale.
Dall’825 d.C. all’827 d.C, Bái Jūyì svolse le funzioni di governatore di Sūzhōu 蘇 州, una bella città situata sulle rive del lago Tàihú 太 湖, dove condusse per quialche tempo vita allegra e spensierata, ma poi si ammalò e dovette prendersi un periodo di riposo.
Ritornato nella capitale, ricoprì in seguito alcuni incarichi ufficiali, prima di essere nominato, nell’829 d.C. , governatore di Luòyáng, la “capitale orientale”, capoluogo della provincia di Hénán 河 南 .
A Hénán gli nacque il primo figlio maschio, che però morì nel primo anno di vita.
Profondamente turbato anche dalla morte dell’amico Yuán Zhèn, avvenuta nell’831 d.C., l’anno seguente, Bái Juyì, adducendo ragioni di salute, si ritirò da tutti gli incarichi pubblici effettivi, anche se mantenne alcune cariche onorarie, che, probabilmente, gli servivano a garantirsi un certo reddito.
Fece riparare una parte diroccata del Monastero delle Montagne Profumate ( 香 山 廟 “xiāngshānmiào”) a Lóngmén 龍 門 nei pressi di Luòyáng 洛 陽, trasformandola in una confortevole villa, e vi si trasferì. Ivi condusse, per parecchio tempo, vita tranquilla e serena e formò, con alcuni amici, un cenacolo letterario e filosofico: il gruppo dei “nove vecchi di Xiāngshān” (香 山 九 老 “xiāngshān jiŭ lăo”).
Nell’839 d.C., fu vittima di una paresi della gamba destra e dovette tenere il letto per parecchi mesi. .
Tuttavia, nell’841 d. C. accettò di ricoprire, forse in modo puramente nominale, l’incarico di direttore del Ministero della guerra.
Trascorse gli ultimi anni di vita a curare l’edizione definitiva della sua “opera omnia”, della quale fece dono ai più importanti monasteri di cui era stato ospite.
Morì a Luoyang nell’846 d.C.
La sua opera è caratterizzata dall’uso di un lessico semplice e chiaro che ne ha favorito la diffusione e che ne facilita altresì la traduzione. A questo proposito, un aneddoto racconta che fosse sua abitudine leggere in anteprima le proprie poesie ad una vecchia domestica analfabeta e modificare tutti i passaggi che costei non riusciva a comprendere.
Egli sosteneva che la poesia deve essere intesa come una missione umana e sociale e per questo descrisse, tra l’altro, la vita travagliata del popolo, le deportazioni, le angherie ed i soprusi a cui era sottoposto. Si veda, per esempio, “La ballata del vecchio carbonaio” ( 賣 炭 翁 “mài tàn wēng”) , sulla triste vicenda del povero carbonaio a cui i funzionari imperiali sequestrano il carretto di carbone che era andato a vendere in città. Sotto questo aspetto, la sua opera presenta notevoli analogie con quella di un altro famoso poeta della generazione precedente, Dú Fŭ. Sempre per rendere più facile la comprensione delle sue poesie egli predilesse la forma del verso libero basato sulle vecchie ballate popolari, che chiamò “nuova poesia popolare”( “xīn yuè fŭ” 新 樂 府).
Trattò tuttavia anche altri temi quali l’amore e la natura. Il suo componimento più noto è “La canzone dell’eterno rimpianto” ( “cháng hén gē” 長 恨 歌 ) in cui celebra il tragico amore tra l’imperatore Xuánzōng 玄 宗 e la bellissima Yáng Guìfēi 楊 貴 妃
Bái Jūyì fece pervenire nell’815 d.C. tutte le opere da lui composte fino a quel momento all’amico Yuán Zhèn, che ne curò la pubblicazione.
Nei secoli successivi Bài Jūyì acquistò un’enorme fama soprattutto in Giappone, dove ebbe numerosissimi imitatori, tra cui il celebre letterato Sugawara no Michizane 菅原 の 道真. In Giappone, egli fu conosciuto sotto il nome di Haku Rakuten 白 楽 天 ( traduzione giapponese di Bái Létiān 白 樂 天 ) e la sua figura acquistò un’aura quasi mitica, diventando , per così dire, il simbolo dell’influenza predominante della poesia cinese sullo sviluppo della giovane poesia giapponese.
Bái Jūyì assunse dunque i connotati dell’avversario da battere quando il Giappone cominciò a sentire il bisogno di limitare gli influssi cinesi e di rivalorizzare la cultura autoctona. È emblematico, a questo riguardo, il “nō” 能 di Zeami ( 世阿弥 元清 Zeami Motokiyo c.1363-c.1443) intitolato “Haku Rakuten” (白 楽 天), in cui Bái Jūyì, sbarcato in Giappone per diffondervi la poesia cinese, incontra sulla spiaggia due pescatori, uno dei quali, che si rivela poi essere Sumiyoshi no Kami 住吉の神, il dio della poesia, lo vince in una gara poetica e lo costringe a ritornare in Cina.