GUŌ MÒRUÒ 郭 沫 若
Guō Mòruò (1892-1978) fu un poeta impegnato e svolse un'intensa attività politica.
L'opera intitolata " Fènghuáng nièpán" 鳳 凰 涅 槃 ("La Rinascita delle Fenici") fa parte della raccolta "Nǚshén" 女 神 ("Le Dee"), pubblicata nel 1921.
Essa può venire affrontata sulla base di diverse chiavi di lettura.
Vi si può vedere, evidentemente, un'allegoria della Cina, che, dopo un lungo periodo di splendore, è precipitata nel baratro della decadenza e viene oppressa dagli altri paesi, ma che ritroverà presto le sua energia vitale ed il posto di rilievo che le spetta sulla scena internazionale.
La poesia può però anche essere intesa come espressione di una visione panteistica della natura, ispirata alla spiritualità indiana, che ci presenta un mondo in cui nulla muore e tutto risorge, perché ogni singolo essere si compenetra dell'universo e partecipa della sua immortalità.
LA RINASCITA DELLE FENICI (1) (Fènghuáng Nièpán) ( 鳳 凰 涅 槃 ) (2)
INTRODUZIONE
Viveva anticamente in Arabia un uccello magico chiamato Fenice. Quando raggiungeva l’età di cinquecento anni, innalzava una pira di legno profumato e vi si immolava. Dalle ceneri rinasceva poi a nuova vita, per non morire più. (3)
Questo uccello potrebbe ben corrispondere al Fènghuáng cinese, coppia inseparabile in cui il Fèng è il maschio e la Huáng è la femmina.
Nel Kŏng Yăn Tú 孔 演 圖 (4) , commentario del Saggio al Libro dei Mutamenti, si legge che “il Fènghuáng è l’essenza del fuoco e nasce sul monte Dānxué”. (5)
Il dizionario Guăngyă (6) afferma che, per quanto riguarda il Fènghuáng, il verso del maschio è “ti-ti”, mentre il verso della femmina è “zu-zu”.
PRELUDIO
La vigilia del Nuovo Anno si approssima e nel cielo,
andando, venendo , sfrecciano in coppia le Fenici.
Malinconico è il loro canto nell’allontanarsi.
Al ritorno hanno nel becco rametti aromatici.
Meta del loro volo è la cima del monte Dānxué.
Sulla pendice destra, una sterculia rinsecchita. (7)
Sulla pendice sinistra , una fonte inaridita.
Di fronte , sta l’infinita distesa dell’ Oceano.
Di dietro ,si stendono le oscure steppe infeconde.
In cima,un vento gelido sferza un cielo di ghiaccio.
Nell’oscurità del crepuscolo,
s’accumula il legno odorifero.
Ora il maschio è stanco di volare;
mancano le forze alla femmina.
L’ora della morte si avvicina.
Il maschio becca i ramoscelli profumati;
alte lingue di fiamma se ne sprigionano.
La femmina sventola le ali sulle fiamme;
spire di fumo fragrante se ne innalzano.
Il maschio becca senza riposo,
la femmina alimenta la fiamma.
Il fumo olezzante si perde sulla vetta,
avvolta, tutta, dal bagliore dell’incendio,
mentre, nell’oscurità sempre più densa,
arde la pira di legno profumato.
Il maschio è stanco di dare colpi di becco,
la femmina di soffiare aria sullefiamme.
L’ora della morte si avvicina.
Ahi! Ahi!
Ahimè, oh Fenici!
Ecco, il maschio comincia a danzare,
ora raccolto, ora disteso,
con la femmina che lo accompagna
intonando un solenne lamento.
Ed alla danza del maschio,
al canto della femmina,
gli uccelli, a frotte, scendon dal cielo
per assistere al rito di morte.
IL CANTO DEL MASCHIO
Ti-ti, ti-ti, ti-ti.
Ti-ti-,ti-ti, ti-ti.
Vasto è l’universo, spietato come il ferro.
Vasto è l’universo, nero come il catrame.
Vasto è l’universo;
il suo odore è nauseante
come l’odore del sangue.
Oh ,universo! Oh, universo!
Perché esisti?
Da dove vieni?
Dove t’ annidi?
Sei vuota sfera di definita grandezza
o magma informe che sfugge ad ogni misura? (8)
Sei vuota sfera di definita grandezza?
Di’ come nacque quell’etere che ti cinge,
se altri mondi sussistano ai tuoi confini.
Sei magma informe che sfugge ad ogni misura?
Di’ come nacque quello spazio che sta in te;
spiegami perché si scorge vita entro di te.
Quale è pertanto la tua verace natura?
Flusso vivificante o meccanismo inerte? (9)
Alzo la fronte ed interrogo il cielo,
ma il cielo, fosse anche benevolo,
è alto e lontano e non ne sa nulla.
Chino la fronte ed interrogo la terra,
ma la terra è morta, non respira più.
Tendo la testa ed interrogo il mare,
ma la risposta del mare è un gemito.
Ahimè!Ahimè!
Questo mondo tetro e fangoso spegnerebbe
il fulgore di una spada tempestata di diamanti.
Oh, universo! Oh, universo!
Lascia che io ti insulti con tutte le mie forze.
Tu, sordido mattatoio imbrattato di sangue.
Tu, oscura prigione piena di dolore e di pianto.
Tu, cimitero in cui ululano schiere di spettri.
Tu, inferno in cui ballano masnade di demoni.
Dimmi perché esisti.
Noi voliamo verso l’occidente;
e l’occidente è un mattatoio.
Noi voliamo verso l’oriente;
e l’oriente è una prigione.
Noi voliamo verso il meridione;
e il meridione è un cimitero.
Noi voliamo verso il settentrione;
e il settentrione è un inferno.
Per chi vive in un mondo come questo
unico maestro è il pianto dell’oceano.
IL CANTO DELLA FEMMINA
Zu-zu, zu-zu,zu-zu.
Zu-zu-zu-zu-zu-zu.
Cinquecento anni di lacrime, colati giù come una cascata.
Cinquecento anni di lacrime,consumati come una candela. (10)
Un flusso ininterrotto di lacrime,
Uno sporco che non si può lavar via,
Una fiamma di passione che non si può spegnere,
Un senso di vergogna che non si può cancellare.
Questa vita fluttuante ed incerta
ci condurrà alla pace ed al riposo?
Ah, questa nostra vita fluttuante e incerta
è come una barca sperduta nell’oceano.
Una distesa infinita d’acqua sulla destra,
una distesa infinita d’acqua alla sinistra.
Non si vede, guardando avanti, alcun faro.
Non si scorge, voltandosi, alcuna spiaggia.
La vela è lacera, l’albero è spezzato,
sparsi in acqua i remi, fuori uso il timone.
Il pilota siede , esausto, sul ponte,
mormora frasi senza senso e geme.
Rotolano intorno le ondate rabbiose.
Ah, questa nostra vita fluttuante e incerta
appare come un incubo in una notte nera.
Sonno dinanzi a noi,
sonno dietro di noi.
Arriviamo come un soffio di vento
e andiamo via come un filo di fumo.
Come il vento arriviamo
e come il fumo andiamo.
Emergiamo dal sonno;
nel sonno ripiombiamo.
Non siamo che fugace voluta di fumo
nel breve intervallo di un perpetuo sonno.
Ahimè! Ahimè!
Che senso ha tutto ciò?
Che senso ha?
Follia! Follia! Follia!
Null’altro che sofferenza e dolore,
angoscia, desolazione e rovina.
Un sudario che ci avvolge come cadaveri,
uno scheletro che tiene insieme a forza.
Ahimè!Ahimè!
Dov’è la freschezza della gioventù?
Dov’è la dolcezza della gioventù?
Dov’è lo splendore della gioventù?
Dov’è l’allegria della gioventù?
Via! Via! Via!
Tutto se n’è andato via.
Tutto deve andare via.
Ora anch’io devo andarmene.
Anche tu devi andartene.
Null’altro che sofferenza e dolore,
angoscia, desolazione e rovina.
Ahi!
Già risplendono alte e dense le fiamme,
l’aria è greve d’un intenso profumo.
È venuta l’ora,
l’ora della morte.
Il tutto fuori di noi,
Il tutto dentro di noi.
Addio! Addio!
CORO DEGLI UCCELLI (11)
L’Aquila delle Montagne
Ha! Ha! O Fenici!
Che vi è giovato, fra tutti gli uccelli,
distinguervi per nobiltà d’animo?
Avete forse evitato la fine ?
Avete forse scansato la morte?
A me spetta ora il dominio dei cieli.
Il Pavone
Ha! Ha! O Fenici!
Che vi è giovato, fra tutti gli uccelli,
distinguervi per nobiltà d’animo?
Avete forse evitato la fine ?
Avete forse scansato la morte?
Ammirate ora le mie splendide piume.
Il Gufo
Ha! Ha! O Fenici!
Che vi è giovato, fra tutti gli uccelli,
distinguervi per nobiltà d’animo?
Avete forse evitato la fine ?
Avete forse scansato la morte?
È gustoso ora l’odor di carne di topo.
Il Piccione
Ha! Ha! Oh, Fenici!
Che vi è giovato, fra tutti gli uccelli,
distinguervi per nobiltà d’animo?
Avete forse evitato la fine?
Avete forse scansato la morte?
Com’è lieta ora la nostra mite tribù.
Il Pappagallo
Ha! Ha! O Fenici!
Che vi è giovato, fra tutti gli uccelli,
distinguervi per nobiltà d’animo?
Avete forse evitato la fine?
Avete forse scansato la morte?
Si valuti ora la nostra eloquenza.
La Gru Bianca
Ha! Ha! O Fenici!
Che vi è giovato, fra tutti gli uccelli,
distinguervi per nobiltà d’animo?
Avete forse evitato la fine?
Avete forse scansato la morte?
S’ammiri ora il nostro degno incedere.
INNI PER LA RESURREZIONE DELLE FENICI
CANTO DEL GALLO
Spunta l’alba,
Spunta l’alba.
Rinasce l’estinto splendore.
Arriva la primavera!
Arriva la primavera!
Rinasce l’estinto splendore.
Ritorna la vita!
Ritorna la vita!
La Fenice risorge.
DUETTO DELLE FENICI
Rinascita.
Rinascita.
L’uno è risorto nel tutto,
il tutto è risorto nell’uno.
Noi siamo il tutto
ed il tutto è noi. (12)
Tu sei in me, io sono in te.
Io sono te, tu sei me.
Il Fèng è fuoco.
La Huáng è fuoco. (13)
Spicchiamo il volo! Spicchiamo il volo!
Cantiamo di gioia! Cantiamo di gioia!
Splendenti, ringiovaniti,
magnifici, profumati.
Olezza l’uno nel tutto, olezza il tutto nell’uno.
Tu sei profumato ed io lo sono.
Profumato il mondo, profumato il fuoco.
Fuoco sei tu e fuoco son io.
Fuoco è il mondo e fuoco è il fuoco.
Spicchiamo il volo! Spicchiamo il volo!
Cantiamo di gioia! Cantiamo di gioia!
Amorosi, appassionati,
felici ed in armonia.
L’uno è in armonia nel tutto e il tutto è in armonia nell’uno.
In armonia son io, in armonia sei tu.
In armonia è il mondo, in armonia è il fuoco.
Fuoco sei tu e fuoco son io.
Fuoco è il mondo e fuoco è il fuoco.
Spicchiamo il volo! Spicchiamo il volo!
Cantiamo di gioia! Cantiamo di gioia!
Forti, liberi, impavidi,
destinati a lunga vita.
Lunga vita all’uno nel tutto.
Lunga vita al tutto nell’uno.
Longevità per te, longevità per me.
Perenne è il mondo, perenne è il fuoco.
Spicchiamo il volo! Spicchiamo il volo!
Cantiamo di gioia! Cantiamo di gioia!
Cantiamo di gioia. Spicchiamo il volo.
Spicchiamo il volo. Cantiamo di gioia.
L’uno nel tutto canta di gioia, canta di gioia il tutto nell’uno.
Sei tu che canti di gioia? Son io che canto di gioia?
È il mondo che canta di gioia? (14) È il fuoco che canta di gioia?
È la gioia che canta di gioia.
È il canto di gioia che canta di gioia.
È tutto un solo canto di gioia.
È tutto un solo canto di gioia.
Un canto di gioia!
Un canto di gioia!
Un canto di gioia!
20 gennaio 1920 Prima stesura
3 gennaio 1928 Versione riveduta e corretta
NOTE
1) Il Fènghuáng 鳳 凰 , uccello leggendario della mitologia cinese, presenta alcune caratteristiche che permettono una comparazione con l’Araba Fenice della mitologia classica.
I due hanno in comune il legame con la luce e con il fuoco, la benevolenza verso gli uomini e la dolcezza del canto.
Tuttavia, la Fenice muore e risorge ( e fu perciò usata dai cristiani dei primi secoli della nostra era come allegoria del Cristo), mentre il Fènghuáng è immortale fin dall’origine.
Il Fènghuáng vive sempre in coppia. In Cina esso era il simbolo dell’imperatrice, inferiore, tra gli animali mitici, solo al Drago, simbolo dell’imperatore.
2) Ho tradotto con “rinascita “ il termine “nièpán” 涅 槃, che è la traduzione cinese del sanscrito “nirvāna”. Mi sembra che, nel presente contesto, questa equiparazione possa essere accettata. Un’analisi approfondita della portata del termine “nirvāna” esula dalle mie intenzioni e dalle mie competenze.
3) Il tema della resurrezione della Fenice, trattato da Guō Mòruò in questa poesia, è totalmente sconosciuto alla mitologia cinese.
4) Il “Chūn qiū yăn kŏng tú” 春 秋 演 孔 圖 (“La carta disegnata da Confucio nel Periodo delle Primavere e degli Autunni”) è un testo del periodo Hàn 漢 朝 appartenente alla categoria dei chènwĕi 讖 緯 , testi apocrifi , attribuiti a Confucio o ad altri personaggi famosi dell’antichità, che miravano,con la menzione di presunte antiche profezie, a perseguire un fine politico, rafforzando l’idea della legittimità della dinastia regnante. Fatte le debite distinzioni, si potrebbe stabilire un parallelo con analoghi procedimenti usati da Virgilio nell’Eneide.
5) Lo “Shān Hăi Jīng”山 海 經 (“Classico dei Monti e dei Mari”), opera di divulgazione mitologica e geografica menzionata già nel IV° secolo a.C., afferma nel suo primo capitolo, intitolato “Nánshān Jīng” 南 山 經 (“Libro delle Montagne del Sud”), che “la Fenice vive sul Monte Dānxué 丹 穴 ”.
6) Il Guăngyă廣 雅 è un antico dizionario pubblicato da Zhāng Yī 張 揖 nel Periodo dei Tre Regni (3° secolo d.C.). Esso fu concepito come supplemento ad un precedente dizionario, l’ Ĕryă 爾 雅 , che risaliva al 3° secolo a.C.
7) La sterculia ( nome scientifico: “sterculia platanifolia”, nome cinese:“wútóng”梧 桐 ), comunemente conosciuta come “castagno tropicale”, è caratterizzata dall’odore sgradevole dei suoi frutti. Era secondo il mito l’albero su cui nidificavano le Fenici.
8) L’idea dell’infinità dell’universo, oggi non più contestata, ha faticato ad affermarsi. Ancora all’epoca di Copernico, l’universo veniva concepito come un’entità chiusa e misurabile.
9) Il contrasto tra “flusso vivificante” (有 生 命 “yŏushēngmìng”) e “meccanismo inerte” (無 生 命 “wúshēngmìng”) esprime il contrasto tra le dottrine che vedono nell’evoluzione della natura l’influenza di un soffio vitale (“immanente o trascendente”) e quelle che vi vedono l’azione di forze puramente meccaniche.
10) Cinquecento anni erano, secondo la mitologia greca, la durata della vita della Fenice.
11) Gli uccelli possono manifestamente essere visti come un’allegoria delle Nazioni Occidentali, in primo luogo la Gran Bretagna, che approfittano della decadenza della Cina per conquistare la supremazia politico-militare e per imporre ai Cinesi la propria religione, las propria filosofia, la propria estetica, i propri costumi , cioè, in generale, il proprio modo di vivere e di pensare.
12) La conclusione della poesia sembra esprimere una concezione panteistica della vita, che appare alquanto estranea alla tradizione cinese. Bisogna però ricordare che Guō Mòruò subì molto l’influenza del poeta e pensatore indiano Rabindranath Tagore, che menziona con rispetto nella propria opera. L’identificazione del soggetto con tutta la realtà non può non ricordare quel famoso passo del Bhagavad Gita in cui il dio Krishna si identifica successivamente con tutti gli esseri e con tutte le cose del mondo nella loro espressione più perfetta .
13) L’identificazione del Fènghuáng con il fuoco risale, come ricorda Guō Mòruò nell’introduzione, al commento apocrifo dell’Yī Jīng (“Il Libro dei Mutamenti”) che fu attribuito a Confucio.
14) Il testo cinese contiene qui ed in altri versi delle strofe conclusive il pronome “tā”他 che, grammaticalmente, significa “egli”, “esso”. Mi pare evidente che tale pronome assuma, in questo contesto, un significato simbolico. Esso indica , a mio parere non solamente “un terzo”, ma “il terzo” per antonomasia, cioè “tutti i terzi”, “tutti gli altri”, “tutte le persone e le cose”, la ” natura”, in definitiva”il mondo”.
Se, come s’è visto, l’uno si identifica col tutto ed il tutto si identifica coll’uno, allora il singolo si identifica con l’insieme, il soggetto si identifica con l’oggetto, ciascuno si identifica con ciascuno e tutto si identifica con tutto.
Vien quindi a cadere qualsiasi barriera che permetta di percepire l’”io” come qualcosa di distinto rispetto al “tu”, al “lui”, agli “altri”, alle “cose”, alla “natura”, all’”universo”, alla stessa “divinità”, che diventa qualcosa di immanente di cui ciascuno di noi è compartecipe.