Capitolo VII
La Rivoluzione
Il quarto anno dell’era Xuāntóng (1), il nono mese, la prima ora del quattordicesimo giorno (2) – quello stesso giorno in cui Ā Q avrebbe poi venduto una borsa a Zhào Báiyăn -, una quarantina di minuti dopo la mezzanotte (3), una grossa barca coperta attraccò al pontile della famiglia Zhào.
Poiché la barca arrivò a notte fonda, gli abitanti del villaggio dormivano saporitamente e nessuno se ne accorse, ma, quando ripartì, era quasi l’alba ed un mucchio di persone la videro. La gente si informò ed infine si venne a sapere che la barca apparteneva a sua eccellenza il diplomato provinciale. (4)
Il mistero di quella barca provocò grande agitazione a Wéizhuāng. Non era ancora mezzogiorno e tutti erano già eccitatissimi. I Zhào naturalmente non dicevano una parola sulla faccenda, ma nelle case da tè e nelle osterie tutti raccontavano che i rivoluzionari stavano per occupare la città e che sua eccellenza il diplomato provinciale si era rifugiato nel villaggio per sfuggire al pericolo. L’unica di parere diverso era la signora Zōu, secondo la quale il diplomato provinciale avrebbe soltanto voluto depositare a Wéizhuāng alcuni vecchi bauli, che il signor Zhào aveva invece rimandati indietro. Infatti, visto che il diplomato provinciale ed il giovane diplomato Zhào non avevano mai provato alcuna simpatia l’uno per l’altro, non si capiva quale ragione potesse indurli a diventare amici per “soffrire insieme nei momenti difficili”. (5) Dal momento che la signora Zōu era anche una vicina della famiglia Zhào, si pensò che fosse meglio informata degli altri e che perciò, molto probabilmente, avesse ragione.
Ciononostante, si diffuse rapidamente la voce che il diplomato provinciale, pur non essendo venuto di persona, aveva inviato una lunga lettera, nella quale rispolverava per l’occasione una lontana parentela con la famiglia Zhào, e che il signor Zhào, dopo averci pensato su un momento e dopo aver concluso che, tutto sommato, non sembrava esserci un gran rischio, aveva preso le casse e le aveva fatte nascondere sotto il letto di sua moglie. Quanto ai rivoluzionari, qualcuno raccontava che erano entrati in città durante la notte, indossando elmetti bianchi ed armature bianche in segno di lutto per l’imperatore Chóngzhèn. (6)
Ā Q sapeva ovviamente che esistevano dei rivoluzionari, tanto più che
quello stesso anno ne aveva visto decapitare alcuni sotto i propri occhi, ma li detestava e se ne era sempre tenuto lontano (7) perché erano gente che professava idee di origine sconosciuta e che fomentava rivolte che avrebbero potuto turbare la serenità della sua esistenza. Chi avrebbe mai immaginato che sarebbero riusciti a spaventare un diplomato provinciale famoso in un raggio di cinquanta miglia all’intorno? Pensando a ciò, Ā Q non riuscì a sottrarsi ad una sorta di esaltazione (8), a cui si aggiungeva il maligno piacere di vedere il panico diffondersi tra gli uomini e le donne di Wéizhūang.
“La rivoluzione non è poi una brutta cosa.” pensava “ Sarà la fine per
tutti questi figli di papà......Quanto li odio! Quanto li detesto! Voglio diventare anch’io un rivoluzionario ”.
Negli ultimi tempi Ā Q si era trovato in difficoltà ed aveva, in generale, buone ragioni di non essere contento. Si aggiunga che quel dì, verso
mezzogiorno, aveva bevuto due bicchieri a stomaco vuoto. Perciò, mentre camminava riflettendo su ciò che succedeva, continuava ad avere la sensazione di passeggiare sulle nuvole e, d’improvviso, senza sapere come, si sentì trasformato in un rivoluzionario e gli parve di tenere in pugno tutti gli abitanti del villaggio.
Eccitato da questo pensiero, non poté trattenersi dall’urlare a squarciagola: “Ribellione! Ribellione!”.
I passanti lo guardarono atterriti. Ā Q non aveva mai visto prima sguardi così umili, che facessero così pietà, e ne provò di nuovo un godimento,
non diverso da quello che si prova quando si beve un bicchiere d’acqua
ghiacciata in un giorno di canicola. Continuò quindi a marciare tutto tronfio schiamazzando: “ Bene, bene.....prenderò tutto quel che vorrò...mi divertirò con chi mi piacerà...trallerallera trallerallà....mi pento di ciò che ho fatto...mentre ero ubriaco, senza volerlo, ho sbudellato il mio caro fratello Zhèng...quanto me ne dispiace...ha, ha, ha, ha...trarrelallera trarrelallà...ti spaccherò la testa con la mia mazza ferrata." (9)
Quando arrivò all’altezza di casa Zhào, il vecchio signor Zhào e suo figlio erano dinanzi al portone e stavano proprio discutendo della rivoluzione
con due loro parenti, ma Ā Q non li vide, perché aveva la testa girata
dall’altra parte, e gli passò accanto cantando.
“Trarrelallera trarrerallà...”.
“Signor Q...” sussurrò il signor Zhào con voce esitante.
“Tàtàtàtà “ continuò a sbraitare Ā Q, il quale non riusciva nemmeno ad
immaginare che qualcuno potesse rivolgersi a lui in questo modo,
ed andò avanti, convinto che stessero chiamando qualcun altro. “ Trarrelallera trarrelallà...tàtàtàtà...”.
“Signor Q”.
“Mi pento d’aver sbudellato...”.
“Ā Q” dovette infine esclamare ad alta voce il diplomato distrettuale.
Solo a questo punto Ā Q si fermò.
“Che cosa c’è”chiese, con la testa piegata da un lato.
“ Q...caro amico...ora...” il signor Zhào faticava di nuovo a trovare
le parole” ...ora... diventeremo ricchi...non è vero?”.
“Ricchi? Naturalmente. Ora potrò prendermi tutto ciò di cui avrò
voglia”.
“Ā...,mi scusi,...Signor Q, gente modesta come siamo noi, per di più
suoi vecchi amici, non avrà nulla da temere, non è vero?” domandò inquieto Zhào Báiyăn, che si preoccupava delle intenzioni dei rivoluzionari.
“Amici modesti?” replicò Ā Q” Avete certamente più soldi in tasca di
quanti ne ho io” e si allontanò.
Gli altri rimasero ammutoliti e sconcertati. Il signor Zhào e suo figlio, rientrati in casa, continuarono a discutere degli avvenimenti fino a tarda sera. Zhào Báiyán, non appena si ritrovò a casa sua, si tolse di tasca il portamonete e lo diede alla moglie perché lo nascondesse in fondo ad un baule.
Per un po’di tempo Ā Q continuò a sentirsi euforico, come se stesse volando, ma, quando fu di ritorno al Tempio degli Dei Tutelari,la sbornia gli era ormai passata. Quella sera, il vecchio custode si mostrò insolitamente gentile e gli offrì del tè. Ā Q si fece dare anche due tortelli di riso e, dopo averli divorati, chiese ancora al vecchio un candeliere ed un mozzicone di candela. L’accese e rimase solo, sdraiato nella sua stanzetta. Si sentiva indicibilmente fresco e di buon umore, mentre la fiammella danzava e baluginava come nella notte della Festa delle Lanterne e la sua fantasia saltellava allo stesso modo.
“Una rivolta? Che divertimento! Ecco che arriverà una colonna di rivoluzionari, tutti con elmetto bianco e corazza bianca, armati di scimitarre, di mazzafrusti, d’ogni tipo d’”artiglieria” straniera, di spadoni a doppia lama ed a tre punte, di falci, ramponi ed alabarde e marcerà sul tempio degli dei tutelari. Urleranno a gran voce:’Ā Q . Vieni con noi! Vieni con noi!’ ed io andrò con loro...
Allora mi faranno proprio ridere quei poveracci dei miei compaesani, uomini e donne, che si inginocchieranno davanti a me implorando: ‘Ā Q, risparmiaci’.
I primi a morire saranno D lo smilzo ed il vecchio Zhào, poi verrà il diplomato distrettuale ed infine lo scimiottatore dei diavoli stranieri...Potrei risparmiare qualcuno? Potrei farlo, ma non ne ho più voglia.(10)
Quanto alle cose...andrò subito ad aprire i forzieri: soldi e gioielli, monete estere, preziose sete straniere...Farò immediatamente portare al tempio degli dei tutelari il lettone in stile Níng del diplomato distrettuale (11)... inoltre ci farò portare i tavoli e le sedie dei Qián e forse avrò anche occasione di usarli...Ma non alzerò un dito per trasportarli: ordinerò a D lo smilzo di caricarseli sulle spalle e dovrà mostrarsi servizievole e contento di farmi questo piacere se non vorrà prendersi un pugno in faccia.
La sorella minore di Zhào Sī Chén è proprio brutta. La figlia della signora Zōu? Sarà da prendere in considerazione solo tra un paio d’anni. La moglie dello scimiottatore dei diavoli stranieri? Una che dorme con un tipo simile, puh!, non deve di certo essere granché. La moglie del diplomato distrettuale? Ha delle cicatrici sulle palpebre....Zia Wú poi, non so nemmeno dove sia finita...Peccato che abbia dei piedi così grandi. " (12)
Ā Q non riuscì a terminare il ragionamento, perché fu colto dal sonno e cominciò a russare. La candela non si era ancora consumata e la sua luce tremula illuminava la bocca spalancata del nostro eroe.
“Oh! Oh!” esclamò Ā Q, destandosi di soprassalto, e, sollevata la testa, girò intorno uno sguardo spaventato, ma, quando vide la candela accesa, si rimise giù e si riaddormentò.
Il mattino dopo, Ā Q si svegliò piuttosto tardi e, quando uscì in strada, notò che nulla era cambiato rispetto al giorno precedente.
Aveva ancora fame, ma non sapeva da dove cominciare. Improvvisamente gli venne un pensiero e, camminando piano piano, si ritrovò, quasi senza rendersene conto, dinanzi al Convento della Serena Meditazione.
Il convento era tranquillo come lo aveva visto in primavera, con il suo muro imbiancato ed il suo portone laccato di nero.
Dopo aver esitato un attimo, bussò. All’interno si sentì abbaiare. Ā Q raccolse in gran fretta da terra qualche pezzo di mattone, poi battè di nuovo , con maggiore energia, usando ciò che aveva in mano, finché la lacca nera del portone cominciò a scrostarsi. Allora udì che qualcuno stava venendo ad aprire.
A gambe larghe, stringendo bene in mano i suoi pezzi di mattone, Ā Q si preparò rapidamente a fronteggiare l’assalto del cagnaccio nero, ma quando il portone del convento si aprì non ne balzò fuori alcun cagnaccio ringhioso. C’era solo la vecchia monaca.
“Ancora tu? Che cosa vuoi?” gli chiese, sobbalzando di stupore.
“ C’è la rivoluzione..Non lo sai?.” le rispose Ā Q tenendosi sul vago.
“ La rivoluzione! La rivoluzione! È già passata di qui la rivoluzione! Che volete da noi con la vostra rivoluzione?” borbottò la vecchia monaca.
“Che cosa?” esclamò Ā Q tutto sorpreso.
“Non lo sapevi? I tuoi rivoluzionari sono già venuti a farci visita.”
“Chi erano?” Le domandò Ā Q ancor più stupito.”
“Il diplomato distrettuale e quello che imita i diavoli stranieri!”
Ā Q, che era lontanissimo dal pensare ad una cosa del genere, ne fu tutto frastornato.(13) La vecchia monaca notò il suo sconcerto e ne approfittò per chiudere rapidamente la porta. Ā Q provò a spingere. Senza alcun risultato. Bussò ancora, ma nessuno venne più a rispondere.
Il fatto era successo quella stessa mattina. Zhào, il diplomato distrettuale, non appena ricevuta la notizia che, durante la notte, i rivoluzionari avevano occupato la città capoluogo, si era attorcigliato il codino intorno alla testa (14) e s’era recato immediatamente da Qián, l’imitatore dei diavoli stranieri, con il quale non era mai stato in buoni rapporti. Poiché “tutti hanno la possibilità di rinnovarsi” (15), i due avevano intavolato una conversazione assai cordiale ed avendo scoperto di condividere gli stessi sentimenti e le stesse idee erano subito diventati amici ed avevano deciso insieme di aderire alla rivoluzione.
Dopo aver ben riflettuto, era venuto loro in mente che nel Convento della Serena Meditazione era esposta una tavoletta votiva recante l’iscrizione “Lunga, lunghissima vita all’Imperatore”, che andava rimossa senza indugio, e si erano subito precipitati al convento a compiere il loro dovere di rivoluzionari.
La vecchia monaca portinaia aveva cercato di fermarli e quelli, per dirla in breve, non avevano esitato a prenderla a pugni ed a darle parecchie bastonate in testa.
Dopo che se ne erano andati via, la vecchia monaca era corsa a dare un’occhiata al tempio. La tavoletta votiva in onore dell’imperatore era stata gettata per terra e fatta a pezzi, Però era anche sparito un antico incensiere dell’epoca Xuāndé (16), che stava davanti alla statua della Gran Madre Guānyīn. (17)
Tutto ciò Ā Q venne a saperlo solo più tardi e rimpianse molto di aver dormito mentre si svolgevano quegli eventi, ma gli dispiacque anche, profondamente, che non fossero venuti a chiamarlo.
Camminando, pensava:” Forse non sanno ancora che anch’io sono passato alla rivoluzione.”
NOTE
1) Xuāntŏng 宣 統 è il “niánhào” 年 號 (nome dell’era) dell’imperatore Pŭyí 溥 儀 (1908-1912). Il nome dell’era indicava un imperatore durante un determinato periodo del suo regno. Molti imperatori ebbero quindi diversi niánhào, ma a partire dalla dinastia Míng 明 朝 invalse la consuetudine di adottare un solo niánhào per tutta la durata di un regno. Il niánhào era, all’origine, un motto od uno slogan scelto al momento dell’ascensione al trono per caratterizzare il “programma” del nuovo imperatore. L’espressione “xuāntŏng”, ad esempio, può essere interpretata come “proclamare l’unità” o “chiamare a raccolta”.
2) La data qui indicata corrisponde, nel calendario occidentale, al 4 novembre 1911, giorno in cui i rivoluzionari, insorti contro la dinastia Qīng 清 朝, occuparono Shàoxìng 紹 興 , la città natale di Lŭ Xùn 鲁 迅. Sebbene la storia di A Q si svolga in un villaggio immaginario, molti riferimenti che figurano nel racconto
riguardano ovviamente la regione in cui viveva Lŭ Xùn.
3) Il testo originale reca “al quarto tocco ( 四 點 “sì diăn”) del terzo turno di guardia ( 三 更 “sān gèng”). Tradizionalmente, la notte era suddivisa in cinque “turni di guardia” (更 “gèng”), il terzo dei quali andava dalle 11 all’una. Ogni “turno di guardia” era poi diviso in “tocchi”( 點 “diăn”) della durata di 24 minuti ciascuno.
4) Il testo cinese reca l’espressione老 爺 (“lāoyé”, “nonno”) abitualmente usata ad indicare persone autorevoli per età e saggezza.
(5) L’autore cita qui un passo che figura nel capitolo 41 越 王 勾 踐 世 家 (“Yuè wáng Gōujiàn shìjiā”,“Casata del re Goujian di Yuè”),paragrafo 13, dei 史 記 ( “shĭjì”,“Annali Storici”) di Sīmă Qián 司 馬 遷 e che è poi divenuto, con qualche lieve modifica, un proverbio: “只 可 共 患 难 不 可 同 安 樂 (“zhī kĕ gòng huàn nàn, bù kĕ tóng ān lé”), vale a dire: “ Si può solo soffrire insieme, ma non ci si può rallegrare insieme”.
(6) Chóngzhèn 崇 禎, l’ultimo imperatore della dinastia Míng明 朝, regnò dal 1627 al 1644. Si suicidò per sfuggire ai contadini ribelli che, sotto il comando di Lĭ Zìchéng 李自成, stavano entrando in Pechino. I rivoltosi furono poi sconfitti dagli invasori Manciù, che fondarono la dinastia Qīng 清 朝. Per opporsi ad una dinastia di origine straniera come erano i Qīng, i rivoluzionari puntavano evidentemente sul nazionalismo esaltando ilricordo dell’ultima dinastia autoctona. La voce che essi vestissero di bianco in segno di lutto per l’imperatore Chóngzhèn era però un semplice frutto dell’immaginazione popolare.
(7) Per sottolineare la profonda avversione che Ā Q nutre nei confronti dei rivoluzionari l’autore ricorre ad un’espressione usata dal filosofo Zhū Xī 朱 熹 (1130 d.C-1200 d.C) nel suo commento al Mengzĭ (孟 子) : 深 惡 而 痛 絕 (“shēng wù ér tòng jué) vale a dire “ detestava intensamente ed aborriva”. Spiegando il paragrafo
83 del Jìn Xīn Xià 盡 心 下 , l’ultimo volume del Mèngzĭ, in cui si discute il significato di un dialogo di Confucio, Zhū Xī afferma infatti che il Maestro detestava intensamente ed aborriva la “brava gente del villaggio”, cioè i conformisti che si ritenevano virtuosi per il solo fatto di rispettare le esigenze abbastanza ridotte della morale corrente.
(8) L’autore usa qui il termine 神 往 (“shén wăng”,“trasporto divino”) che designa l’estasi mistica, l’incantamento, lo stato di trance. Considerata la modestia del personaggio di Ā Q, ho preferito rendere questo termine con “esaltazione”.
(9) Per spaventare i compaesani Ā Q prende a prestito dal repertorio dell’opera popolare le frasi più truculente e terrificanti.
(10) Ā Q non ha ovviamente la minima idea di che cosa sia la rivoluzione. Egli la immagina come qualcosa di mezzo tra una sommossa popolare ed una scorreria di briganti, con immancabile sequela di massacri, stupri e saccheggi, nei quali chi si sarà schierato con i rivoluzionari potrà soddisfare i suoi peggiori istinti. Le “imprese” di alcuni sedicenti rivoluzionari mostreranno subito che, sotto certi aspetti, non ha del tutto torto.
(11) Il mobilio in stile Níng era il mobilio tradizionale fabbricato nella regione di Níngbō 宁 波 all’epoca della dinastia Qīng .清 朝. Si trattava di mobili laccati ed intarsiati, con decorazioni che riproducevano leggende popolari, fatti storici, scene di vita quotidiana, località famose,paesaggi, flora e fauna.
(12) Per i Cinesi un piede femminile minuscolo era un elemento di forte attrazione erotica. Le fanciulle di buona famiglia venivano perciò sottoposte fin dalla più giovane età a crudeli pratiche destinate a bloccare la crescita naturale dei piedi. Le donne del popolo,che dovevano essere salde sulle gambe per poter lavorare nei campi o svolgere altri gravosi lavori, avevano piedi di dimensioni normali, ma erano considerate molto meno attraenti.
(13) Nella sua rozza semplicità Ā Q non può capacitarsi del fatto che siano proprio i notabili del villaggio ed i privilegiati a guidare la rivoluzione. Evidentemente non ha mai letto “il Gattopardo” e la famosa frase di Tancredi : Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
(14) Poiché la prudenza non è mai troppa, Zhào, il diplomato distrettuale, non si taglia il codino, ma lo attorciglia semplicemente sulla sommità del capo. In caso di necessità, il codino sarebbe così di nuovo immediatamente disponibile.
(15) È qui citato un passo dello Shūjīng 書 經 (“Libro dei Documenti”) , e precisamente un passo del capitolo intitolato Yìn Zhēng 胤 征 (“La spedizione punitiva del marchese di Yìn”) che riporta l’esortazione rivolta dal marchese di Yìn 胤 候 ai suoi soldati prima di mettersi in marcia per combattere alcuni feudatari ribelli. Il generale promette di sterminare i capi ribelli, ma è disposto a risparmiare i loro seguaci, che ritiene meno colpevoli. Costoro avranno la possibilità di pentirsi e di tornare sulla retta via ( 舊 染 污 俗 咸 與 維 新 “jiù rán wū sú xiàn yŭ wéi xīn” “tutti coloro che sono stati per lungo tempo corrotti e sporcati dai vizi (dei loro capi) avranno la possibilità di rinnovarsi”).
(16) L’era Xuāndé 宣 德 (1426 d.C- 1435 d.C.) corrisponde al regno dell’imperatore Xuānzōng della dinastia Míng 明 宣 宗 .
(17) Il bodhisattva della compassione Avalokiteśvara è venerato in Cina sotto sembianze femminili con il nome di Guānyīn ( “colei che ode i lamenti del mondo”). Ho reso con Gran Madre il titolo 娘 娘 “niáng niáng” che viene spesso attribuito a Guānyīn.
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