Il “Dialogo del Cavallo Bianco” (白 馬 論 “bái mă lùn”) di Gōngsūn Lóng 公 孫 龍 , filosofo della Scuola dei Nomi 名 家 (“míng jiā”), è chiaramente uno dei testi che costituiscono l’oggetto dell’ironia di Zhuāngzĭ 莊 子 quando accusa Huìzĭ 惠 子 di sprecare il proprio tempo cianciando di “durezza” (堅 “jiān”) e di “bianchezza (白 “bái”)(Zhuāngzĭ 莊 子 Cap.V “Il segno della perfetta virtù” ( 子 德 符 “dé chōng fú”). (1)
Si tratta infatti di un’esercitazione di logica, in particolare di logica del linguaggio, che poteva sembrare frivola ed inutile a chi, come i pensatori taoisti, rifletteva sull’origine e sulla natura dell’universo.
L’apparente ambiguità del testo deriva dal fatto che l’antica lingua cinese non distingue tra il “particolare” e l’”universale”, nel caso specifico tra il singolo cavallo e il concetto di cavallo. (2) Quando, in una conversazione, uno degli interlocutori ragiona sulla base degli “universali”, mentre l’altro non va al di là degli oggetti concreti, poiché entrambi usano gli stessi termini, i malintesi risultano inevitabili.
Il paradosso che costituisce il tema del dialogo 白 馬 非 馬 (“bái mă fēi mă” “un cavallo bianco non è un cavallo”) non è più tale se si separa nettamente il piano della logica dal piano della realtà. I personaggi del dialogo ammettono infatti senza difficoltà che, nel mondo reale, i cavalli bianchi sono cavalli come tutti gli altri. Sul piano concettuale, invece, le due nozioni non possono coincidere perché il concetto di “bianco” amplia il concetto di “cavallo”. Si può osservare , in proposito, che ciò non avviene necessariamente con qualsiasi altro concetto che indichi una qualità di un soggetto. Ad esempio, i concetti di “animale”, ”mammifero”, “quadrupede” sono già insiti nel concetto di “cavallo”, cosicché non farà nessuna differenza chiedere un “cavallo” oppure chiedere “un cavallo, animale mammifero quadrupede”. Ipoteticamente, la stessa cosa accadrebbe se tutti i cavalli fossero bianchi. In questo caso, la “bianchezza” sarebbe già insita nel concetto di “cavallo” e si otterrebbe esattamente lo stesso tipo di animale sia che si chiedesse “un cavallo bianco” sia che si chiedesse semplicemente “un cavallo”.
L’accumulazione di concetti, sul piano del linguaggio, porta ad una pluralità sostanziale di concetti solo quando il concetto che si aggiunge non è già compreso nel concetto precedente.
La richiesta di “un cavallo mammifero, quadrupede, erbivoro” potrà dunque essere soddisfatta fornendo qualsiasi “cavallo”, mentre la richiesta di “un cavallo bianco, giovane, addestrato” potrà essere soddisfatta soltanto fornendo un “cavallo” che possieda addizionalmente ciascuno dei requisiti sopra indicati.
UN CAVALLO BIANCO NON È UN CAVALLO
A: “È possibile che un cavallo bianco non sia un cavallo?”.
B: “È possibile.”
A: “Come può essere?”
B. “Il concetto di cavallo si riferisce alla forma. Il concetto di bianchezza si riferisce al colore. Ciò che designa il colore non può designare la forma. Di conseguenza un cavallo bianco non è un cavallo.”
A. “Non si può affermare che un cavallo non è un cavallo. Come potrebbe ciò di cui non si può affermare che non è un cavallo non essere un cavallo? Se un cavallo bianco è un cavallo, come può il fatto di essere bianco implicare che non sia un cavallo? (3)
B: “Se si cerca un cavallo, qualsiasi colore, ad esempio fulvo o nero (4), può andar bene, ma se si cerca un cavallo bianco, un cavallo fulvo o un cavallo nero non possono andar bene. Se, invece, l’idea di ‘cavallo’ coincidesse con quella di ‘cavallo bianco’, si cercherebbe la stessa cosa. Se così fosse, non vi sarebbe differenza tra il concetto di “bianchezza” e il concetto di “cavallo”. Ma, se si cerca la stessa cosa, come è possibile che un cavallo fulvo o un cavallo nero ora possano andar bene, ora possano non andar bene? È chiaro che andar bene e non andar bene si escludono reciprocamente. Di conseguenza, un cavallo fulvo o un cavallo nero sono la stessa cosa di un cavallo bianco e possono andar bene se ci si riferisce al concetto di ’cavallo’, ma non possono andar bene se ci si riferisce al concetto di ‘cavallo bianco’. Dunque è chiaro che un cavallo bianco non è un cavallo”.
A: “Se in un cavallo il fatto di avere un colore implica che non è più un cavallo, dopo aver constatato che non esistono in nessun luogo cavalli senza colore, occorrerà concluderne che al mondo non esistono cavalli?”.
B: “È certo che i cavalli hanno un colore. Perciò esistono i cavalli bianchi. Se i cavalli non avessero un colore, se esistessero solo i “cavalli” e basta, da dove salterebbero fuori i cavalli bianchi? Perché,allora, un cavallo bianco non è un cavallo?. Il concetto di ‘cavallo bianco’ si compone di due concetti: ‘cavallo’e ‘bianchezza’.Un “cavallo bianco” è un “ cavallo” ed , in più, è “bianco”. La ’bianchezza’ e la ‘nerezza’ danno forse origine ad un cavallo? Ecco perché ho detto che il cavallo bianco non è un cavallo. (5)
A:.”Un cavallo rimane un cavallo anche senza la bianchezza e il color bianco rimane il color bianco anche se non lo accostiamo ad un cavallo. È solo unendo il cavallo e il bianco che otteniamo ciò che si chiama un cavallo bianco.Ciò significa creare un nome mescolando cose dissimili e non è lecito. Perciò, secondo me, non è possibile affermare che un cavallo bianco non è un cavallo.”(6)
B: “Se ammettiamo che un cavallo bianco è un cavallo, si può dire che non c’è differenza tra un cavallo bianco e un cavallo fulvo ?”.(7)
A: “No. Non si può”.
B:”Però, se diciamo che un cavallo è diverso da un cavallo fulvo, affermiamo che c’è una differenza tra un cavallo fulvo e un cavallo, cioè che un cavallo fulvo non è un cavallo. Ma, come è possibile negare che un cavallo fulvo sia un cavallo e, al tempo stesso, affermare che un cavallo bianco è un cavallo? Sarebbe come far volare gli uccelli nell’acqua dello stagno o depositare la bara in un luogo e il sarcofago in un altro. Sarebbe un’affermazione contraddittoria ed un discorso illogico".
A:"Si può dire che un cavallo bianco è un cavallo, perché si astrae dall’idea di bianco. Se non si astraesse dall’idea di bianco, non si potrebbe dirlo. Perciò noi diciamo che c’è un cavallo quando pensiamo semplicemente al cavallo. Seguendo il tuo ragionamento invece non potremmo dire che un cavallo è un cavallo.
B:" Il concetto di “bianchezza” non indica l’oggetto che è bianco e si può dimenticare. Il concetto di “cavallo bianco” ci dice invece che cosa è bianco. L’oggetto che è bianco è indicato da un termine diverso da “bianco. Il concetto di “cavallo” non include né esclude i colori. Perciò esso può includere i cavalli fulvi e i cavalli neri. Il concetto di “cavallo bianco” include un colore e ne esclude altri. I cavalli fulvi e i cavalli neri ne sono esclusi e solo i cavalli bianchi possono rientrarvi. Ciò che include una cosa non è eguale a ciò che la esclude. Perciò confermo quanto ho detto: “Un cavallo bianco non è un cavallo”.
NOTE
(1) L’oggetto dell’ironia di Zhuāngzĭ è il Gōngsūn Lóngzĭ 公 孫 龍 子 , opera filosofica attribuita a Gōngsūn Lóng 公 孫 龍 (325 a.C.-250 d.C.), della quale ci sono giunti soltanto alcuni capitoli. Il testo a cui Zhuāngzĭ sembra specificamente riferirsi è il sesto capitolo, intitolato “Dialogo del duro e del bianco” (堅 百 論 “jiān bái lùn ”), nel quale, sulla falsariga del “Dialogo del cavallo bianco” (白 馬 論 “bái mă lùn”), si dimostra che “una roccia dura” non può essere “una roccia bianca”.
(2) Il concetto di “bianchezza”, ad esempio, può essere espresso dal semplice 白 (“bái”), che significa sia “bianco”sia “essere bianco”, oppure , in modo un po’più chiaro, da 白 者 (“bái zhĕ”), che significa “ciò che è bianco”, “il fatto d’essere bianco”.
(3) L’interlocutore A ignora completamente il ragionamento sulla base dei concetti. Di conseguenza, si stupisce che l’interlocutore B, pur partendo dalla constatazione di fatto che un cavallo bianco è un cavallo, possa concludere, sul piano della logica, che un cavallo bianco non è un cavallo.
(4) Il testo cinese reca i termini 黃 馬 (“huáng mă”) e 黑 馬 (“héi mă”), letteralmente “cavallo giallo” e “cavallo nero”. Il cavallo giallo potrebbe essere un sauro, cioè un cavallo dal manto marrone più o meno chiaro, con sfumature rossicce. Ho perciò tradotto “cavallo fulvo”.
(5) L’interlocutore B svolge qui un argomento puramente logico. Il concetto di “bianco” o di “nero” non inerisce in quanto tale al concetto di “cavallo”. Il semplice riferimento ad un colore non richiama in alcun modo l’idea di un cavallo, ma può applicarsi a qualsiasi oggetto o a qualsiasi animale. Un “cavallo bianco” è dunque qualcosa di più di un “cavallo” e, di conseguenza, “non è un cavallo”.
(6) L’interlocutore A si muove invece sul piano della realtà materiale. Una volta stabilito che un determinato animale è un cavallo, non è possibile sostenere che l’aggiunta di una qualità non essenziale per la natura di un cavallo ( colore, età, altezza, etc.) fa sì che l’animale in questione non sia più un cavallo.
(7) L’interlocutore B finge di accettare la tesi di A per metterlo in difficoltà. Se un cavallo bianco è un cavallo- egli argomenta- e un cavallo fulvo è un cavallo, allora non v’è differenza tra un cavallo bianco e un cavallo fulvo. L’interlocutore A si affretta evidentemente a negare tale conclusione. B gli ricorda a questo punto che, se un cavallo bianco è un cavallo, un cavallo fulvo è esso pure un cavallo, e diventa quindi assurdo negare che vi sia una differenza tra i due “cavalli”. Muovendosi sul piano della logica, B spiazza regolarmente A, che ragiona su un piano puramente concreto.
(8) Nell’ultima parte del dialogo l’interlocutore B dimostra come due proposizioni opposte ( “un cavallo bianco è un cavallo” e “un cavallo bianco non è un cavallo”) possano essere vere contemporaneamente. È inevitabile qui pensare a Carneade, il filosofo greco che , inviato come ambasciatore a Roma, dimostrò in due successivi discorsi dinanzi al Senato, sulla base degli stessi fatti, la prima volta, che i Romani erano giusti e leali, la seconda volta, che erano ingiusti e perfidi. I Romani si scandalizzarono di questo paradosso, come l’interlocutore A del dialogo sembra scandalizzarsi del paradosso del cavallo bianco che non è un cavallo.
白馬非馬
A 白馬非馬」,可乎?
B 曰:可。
A 曰:何哉?
B 曰:馬者,所以命形也;白者,所以命色也。命色者非名形也。故曰:「白馬非馬」。
A..曰:有白馬不可謂無馬也。不可謂無馬者,非馬也?有白馬為有馬,白之,非馬何也?
B 曰:求馬,黃、黑馬皆可致;求白馬,黃、黑馬不可致。是白馬乃馬也,是所求一也。所求一者,白者不異馬也,所求不異,如黃、黑馬有可有不可,何也?可與不可,其相非明。如黃、黑馬一也,而可以應有馬,而不可以應有白馬,是白馬之非馬,審矣!
A 曰:以馬之有色為非馬,天下非有無色之馬。天下無馬可乎?
B 曰:馬固有色,故有白馬。使馬無色,有馬如已耳,安取白馬?故白馬非馬也。白馬者,馬與白也。
黑與白,馬也?故曰白馬非馬業。
A 曰:馬未與白為馬,白未與馬為白。合馬與白,複名白馬。是相與以不相與為名,未可。故曰:白馬非馬未可。
B 曰:以「有白馬為有馬」,謂有白馬為有黃馬,可乎?
A 曰:未可。
B 曰:以「有馬為異有黃馬」,是異黃馬與馬也;異黃馬與馬,是以黃為非馬。以黃馬為非馬,而以白馬為有馬,此飛者入池而棺槨異處,此天下之悖言辭也。
A 曰:有白馬,不可謂無馬者,離白之謂也。不1離者有白馬不可謂有馬也。故所以為有馬者,獨以馬為有馬耳,非有白馬為有馬。故其為有馬也,不可以謂馬馬也.
B 曰:白者不定所白,忘之而可也。白馬者,言白定所白也。定所白者,非白也。馬者,無去取于色,故黃、黑皆所以應。白馬者,有去取于色,黃、黑馬皆所以色去,故唯白馬獨可以應耳。無去者非有去也;故曰:「白馬非馬」。