L’Alba
剧本《日出》曹禺
I personaggi del dramma sono:
Chén Báilù - una giovane donna che vive al Grand Hotel XX, 23 anni.
Fāng Dáshēng – l’ ex "ragazzo" di Chén Báilù, 25 anni.
Zhāng George – un giovane che ha studiato all’estero, 31 anni.
Wáng Fúshēng – un cameriere dell'hotel.
Pan Yueting – dirigente della banca YY, 54 anni.
La signora Gú Bā, una donna danarosa, 44 anni.
Li Shiqing, contabile della Banca YY, 42 anni.
La signora Li - sua moglie, 34 anni.
Huang Lisan – aiuto contabile della Banca YY
Tre malviventi (cioè uomini malvagi) – un magnaccia
Hu Si, domestica, disoccupata, 27 anni.
“Cosetta”: una ragazzina appena arrivata in città, 15 o 16 anni.
(Altri personaggi compaiono in scena durante i tre atti successivi)
Tempo: L’azione si svolge all'inizio della primavera.
Il primo atto è ambientato in una lussuosa stanza del Grand’ Hotel XX alle cinque del mattino.
Il secondo atto si svolge nello stesso ambiente senza soluzione di continuità.
Il terzo atto si svolge in un bordello di basso rango, una settimana dopo, alla 11.30 della sera.
Il quarto atto si svolge nello stesso ambiente del terzo atto, alle quattro del mattino seguente
ATTO PRIMO.
Una lussuosa stanza del Grand Hotel XX.
…
Di fronte all’hotel, dinanzi alla finestra, sorge un altro edificio, cosicché, sebbene sia giorno e la finestra sia ampia, la camera è avvolta in una sorta di semioscurità. Salvo la poca luce che entra dalle persiane lasciate un po’socchiuse la mattina, la camera è in penombra tutta la giornata. I mobili e le suppellettili sono moderni, di forme irregolari, ruvidi e mal rifiniti. Attirano l’attenzione, ma non sono confortevoli.
Si sentono dei passi lenti avvicinarsi lungo il corridoio. La porta della stanza si schiude e si intravede una graziosa mano che preme l’interruttore del lampadario centrale. La stanza si illumina. Chén Báilù entra. Indossa un leggero abito da sera dai colori vivaci e brillanti. Si trascina dietro come una nuvola il giacchetto e due nastri rosa. I capelli corvini, in cui è infilato un fiore rosso, sono pettinati a riccioli che le cascano sugli occhi come ad una bambina. Gli occhi sono luminosi e attraenti, l’aspetto deciso. Ha sempre sulle labbra un sorrisetto di scherno, ma, di tanto in tanto, le appare in volto un’espressione di stanchezza e di disgusto, la stanchezza tipica di coloro che conducono una vita disordinata come la sua. Ama la vita e, al tempo stesso, la odia. L’esistenza per lei è diventata un’abitudine. Non conosce più la consolazione dei sentimenti sinceri. Questi anni di vita sfrenata l’hanno trasformata in una donna astuta e calcolatrice e non è rimasto spazio nel mondo per I suoi sogni d’amore di fanciulla. La vita è una realtà crudele e dura come il ferro. Una volta prese certe abitudini, è difficile sbarazzarsene e, anche se uno vorrebbe avere la libertà di sacrificarsi per l’amore (come dicono con esagerazione i film romantici), diventa arduo uscire dalla gabbia in cui ci si è rinchiusi.
Mentre si dirige con passo stanco verso il centro della stanza, si copre la bocca con l’indice e il medio della mano destra e sbadiglia.
Chén Báilù ( fa due passi, poi torna indietro): Entra! (getta via la borsetta di pelle e si appoggia con la mano allo schienale del divano che sta al centro della stanza, poi, aggrottando le sopracciglia, si sfila le scarpette dai tacchi argentati e, trattenendo il respiro, si accarezza I piedi magri. Ah! È davvero bello tornare a casa e sdraiarsi comodamente sul morbido divano! Oh! All’improvviso s’accorge che la persona che la seguiva non è entrata nella stanza. S’infila di nuovo le scarpe, si alza e si gira, con una gamba ancora mezza distesa sul divano. Guarda sorridendo verso la porta) Ehi! Perché non entri? (un uomo entra nella stanza. È un giovane di circa 27 anni, non bello, accigliato, vestito in modo dimesso. Guarda il disordine che c`è nella stanza con uno sguardo che non si capisce se sia di stanchezza o di disapprovazione e si ferma sulla soglia senza dire una parola, ma la ragazza ha frainteso il senso di quello sguardo e lo fissa negli occhi, sospettosa) Entra, dunque! Di che cosa hai paura?
Fāng Dáshēng (in tono piuttosto freddo): Non ho paura di niente!
Chén ( guardandosi intorno con intenzione): Chi lo sa? (fissandolo) Verosimilmente non c’è nessuno in questa stanza!
Fāng ( con disgusto): Ne ho davvero basta! C` è troppa gente che gira qui dentro.
Chén: (gli risponde duramente, perché il suo atteggiamento la rende infelice) Ce l’hai con qualcuno? Ormai vivi qui e sei ancora a disagio con la gente?
Fāng (la fissa negli occhi, annusandosi di nuovo intorno): È da anni che tu vivi in questo posto!
Chén (in tono provocatorio): Perché? Non è un bel posto?
Fāng (a bassa voce): Ah! (non osando dire chiaramente il suo pensiero): Sì! Sì! È un bel posto…
Chén (ridendo e guardando il ragazzo che appare impacciato): Perché non ti togli il soprabito?
Fāng (irrigidendosi di colpo): Eh…eh…eh…Il soprabito? (sembra non capire di che cosa si stia parlando) Ah sì! In effetti, non me lo sono tolto.
Si toglie il soprabito.
Chén ( ride forte, guardandolo con ironia):Ho visto che non ti sei tolto il soprabito. Perché sei così timido? Non hai l’abitudine di togliertelo da solo?
Fāng (non trova la risposta e rimane un po’imbarazzato): Forse…forse perché non sono abituato ad uscire di casa. (di colpo) Uhm … non è un po’fredda questa stanza?
Chén: Fredda? Non mi sembra davvero. Io ho caldo!
Fāng (cercando di distogliere da sé l’attenzione della ragazza): Vedi…probabilmente non hai chiuso la finestra.
Chén: No! (si avvicina alla finestra e sposta le tendine, mettendo in evidenza la linea elegante del telaio) Vedi che è ben chiusa? (guardando la finestra appare improvvisamente sorpresa) Oh, questa! Corri presto a vedere!
Fāng (senza sapere perché corre verso la finestra): Che c’è?
Chén (sfregando con la mano il vetro della finestra): Guarda! È gelata! È gelata!
Fāng (del tutto sconcertato): È la brina che volevi farmi vedere? Tu, davvero… (lei ne è colpita, è un po’arrabbiata, anche se lui non ha completato la frase, ma ha solo scosso la testa)
Chén (curiosa): Perché c` è ancora la brina se sta arrivando la primavera?
Fāng (pensando tra sé che non c`è niente da fare, che è proprio una bambina): Sì, in effetti è strano.
Chén (ridendo di gioia): Come mi piace la brina! Ricordo che mi piaceva già da bambina. Guarda quanta brina!
Che bello! Che bello! (puntando improvvisamente il dito contro la finestra, come una bambina). Guarda! Guarda!
Questo non sembra a me?
Fāng (allungando la testa per vedere meglio): Che cosa dici? Che cos`è?
Chén (insiste puntando il dito): Sto parlando di questa macchia di brina sulla finestra. Qui! (l’uomo non capisce bene dove deve guardare) No, non lì! Guarda qui! Non sono un paio d’occhi questi? Ed ecco il naso e la bocca…
Questi sono i capelli (batte le mani) Guarda questi capelli, sono proprio i miei.
Fāng (cercando con attenzione, ma senza successo, di scoprire ciò che Chén gli indica): Vedo…uhm… non mi sembra che ci sia una gran somiglianza.
Chén (senza riflettere, ostinata e insistente come un bambino): Che cosa dici? Uguale! Uguale! Uguale! Te lo dico io: è proprio uguale!
Fāng (riluttante): Va bene! Diciamo che sembra a te… sembra a te…ti somiglia molto.
Chén (soddisfatta): Ebbene! Non te l’avevo detto io? (scopre di nuovo qualcos’altro) Guarda! Guarda qui questa testa! Sembra la tua. Sembri proprio tu.
Fāng (indicandosi col dito): Secondo te dovrei essere io?
Chén (stupita della domanda): Ma certo! È naturale! Sei proprio tu!
Fāng (strabuzzando gli occhi come uno che ci vede male): E dove sarei?
Chén: Qui! Qui! Guarda bene qui!
Fāng ( guarda a lungo, si gratta la faccia perplesso, non riesce a scorgere nessuna somiglianza): Io…io non riesco a vedere una grande somiglianza.Chén (delusa): Che bel tipo che sei! Imbranato come sempre! Non c` è proprio niente da fare!
Fāng: Davvero? (si mette improvvisamente a ridere) Oggi t’ho vista in sogno. Eri proprio così, eri proprio così.
Chén: Che cosa stai dicendo?
Fāng (allegro): Dico che ti ho vista ancora bambina proprio come eri una volta.
Chén: Tu…tu dici? (sussurrando) Sono mai stata bambina? (sembra riflettere, aggrotta le sopracciglia, sente un brivido di freddo, come se una mano ghiacciata le carezzasse la schiena)
Fāng: Che succede? A che stai pensando?
Chén (si era eccitata per un attimo come per un soffio di vento, ma, d’un tratto, il suo viso assume un aspetto molto più vecchio. Delle rughe si disegnano sulla sua fronte. Non c’è più traccia dell’eccitazione di qualche secondo prima. Sembra davvero invecchiata) Ero davvero così Dáshēng? Sono mai stata una bambina?
Fāng (capisce il suo stato d’animo e cerca di farle coraggio): Se solo fossi disposta a seguirmi, potresti ancora ritrovare la tua adolescenza e decidere liberamente della tua vita.
Chén (scuotendo la testa, come una persona che ha già vissuto a lungo): Eh? Dove sarebbe questa libertà?
Fāng: Che dici? Tu … ( Si interrompe, rendendosi conto che non è opportuno mettersi a dare consigli. Tira fuori un fazzoletto, come se volesse soffiarsi il naso. Volge gli occhi altrove, guardandosi intorno)
Chén (ritornando al suo solito atteggiamento di indifferenza): Che cosa stai guardando?
Fāng (ride, posando il cappello): Non sto guardando nulla. La tua camera è molto…molto … (fa per indicare col dito il disordine che gli sta intorno, ma di nuovo si trattiene e finalmente trova un’espressione neutra, che gli permette di dissimulare il suo pensiero) … molto interessante.
Chén (senza curarsi di comprendere ciò che Fāng intendesse dire): To’! Che cosa ci vedi di interessante? (tira su da terra un cuscino e lo posa sul divano. Con noncuranza spinge delicatamente col piede una bottiglia sotto il divano) È da tempo che vivo qui. (presa da una sensazione di sonnolenza, involontariamente sbadiglia. Fāng ne è contagiato e sbadiglia pure lui. La ragazza gli sorride. Fāng prende l’aria di un bambino imbronciato, …) Sei stanco?
Fāng: No, va bene.
Chén: Hai sonno?
Fāng: No, sono sveglio
Chén: Vuoi andare a dormire?
Fāng: No, non mi sento stanco. Finché tu sarai qui sola con tutta questa gente che viene a ballare con te, preferisco restare qui con te.
Chén: Perché non ti diverti con noi?
Fāng (con freddezza): Te l’ho già detto! Non so ballare ed in più non ho nessuna voglia di dimenarmi come un ossesso.
Chén (con un riso un po’forzato): Hai ragione, è proprio roba da matti! Eppure io faccio tutti i giorni questa vita da matti. (si odono di lontano voci sguaiate di donne che ridacchiano e lanciano gridolini. Si sente una voce che chiama) Senti? Le prostitute stanno facendo chiasso.
Fāng: Strano. Questo non mi sembra un quartiere di prostitute.
Chén: C’è un mercato nelle vicinanze. (guarda l’orologio e solleva di scatto la testa) Sai che ora è?
Fāng (pensandoci su): Devono essere più o meno le cinque e mezzo. Sarà quasi l’alba. Quando ero in quella sala da ballo guardavo ogni cinque minuti l’orologio appeso alla parete.
Chén (in tono di scherno): Non riuscivi proprio a resistere?
Fāng (con franchezza): Sai che vivo in campagna da molto tempo ormai. Non riesco più a sopportare tutto questo trambusto.
Chén (lisciandosi I capelli): Ed ora?
Fāng: Ora mi sento più calmo. Dal momento che non c` è nessun altro qui, vorrei parlarti. Solo poche parole.
Chén: Ma … (si sdraia di nuovo sul divano, nascondendo uno sbadiglio con la mano) ormai è l’alba (all’improvviso) ehi, perché non ti siedi?
Fāng:: (impacciato) Ma tu…tu non ti sei seduta.
Chén: (scoppia a ridere, scoprendo la metà dei suoi denti bianchissimi) Si vede che sei proprio un topo di biblioteca, un tizio che arriva dalla campagna…un amico che viene a trovarmi non ha bisogno di aspettare che io mi sieda (gli si avvicina e lo spinge gentilmente verso il sofà) dai siediti! (dirigendosi verso il tavolino delle bevande accanto alla parete) Ho sete. Lasciami bere un sorso d’acqua e poi vengo da te (si versa un bicchier d’acqua, prende un pacchetto di sigarette) Fumi?
Fāng (guardandola fissamente): Te l’ho già detto che non fumo.
Chén (sfottendolo benevolmente): Poveretto…sei proprio una persona come si deve (si accende destramente una sigaretta, tirando fuori un accendino azzurro)
Fāng (osservando la ragazza far uscire con abilità volute di fumo dalla bocca, non può fare a meno di osservare con tristezza e compassione): Non riesco proprio a crederlo, Zhùjūn. Sei davvero cambiata.
Chén (mettendo giù la sigaretta): Con che nome mi stai chiamando?
Fāng (sorpreso): Con il tuo nome. Non vuoi che ti chiami con il tuo nome?
Chén (ricordandosi): È da anni, mi sembra, che nessuno mi ha più chiamato con questo nome. Dàshēng, tu…chiamami di nuovo così!
Fāng (con sguardo affettuoso e commosso): Oh! Zhùjūn…
Chén (assaporando le parole del ragazzo): Mi suona dolce e amaro nello stesso tempo…Chiamami di nuovo così!
Fāng():O Zhùjūn! Tu non sai che cosa io provo nel cuore (bloccandosi di scatto) Non c´è davvero nessuno qui?
Chén: No, non c’è nessuno. Certo che non c’è nessuno.
Fāng (tristemente): Dal modo in cui mi guardi, vedo che non capisci che cosa io sento, che non sai che cosa ho nel cuore. Oh….
(Un uomo esce barcollando dalla porta della stanza da letto, sulla destra, in abito da sera, con il colletto slacciato e il papillon che gli pende dalla fronte. È tutto tremolante. Una manica dello smoking non è infilata nel braccio e penzola avanti e indietro. I due si voltano contemporaneamente, ma l’uomo non si turba e rimane ostinatamente piantato dinanzi alla porta. Se ne sta appoggiato al bordo della porta, il volto contorto come una zucca matura, paonazzo, con ciuffi di capelli scarmigliati. Un paio d’occhiali con la montatura di platino sono appesi sulla punta del naso. Rotea gli occhi e si guarda nello specchio. Respira rumorosamente, come se stesse russando.)
L’uomo si fa avanti e sussurra con aria di mistero: Ssss! Si rimette a posto gli occhiali ed indica, barcollando, qualcosa.
Chén (senza respiro per la sorpresa): Georgy!
George (facendosi avanti con aria misteriosa e agitando le mani): Ssss!
( Mentre i due tacciono stupefatti, George si avvicina a Fāng Dàshēng e gli sussurra: Dimmi, che cos’hai nel cuore? (puntandogli il dito sul petto) Che cosa dici che hai nel cuore? Che cosa? (poi si rivolge alla donna in tono confidenziale) Báilù, chi è quest’uomo?
Fāng (seccato e a disagio): Zhùjūn! (indicando George) Chi è costui? Chi è questo tipo?
George (perplesso): Zhùjūn? Ti sbagli: la signorina si chiama Báilù. È la persona più carina che ci sia qui ed appartiene a me. O almeno, è la persona che io ammiro di più…
Chén (protestando risolutamente): Che cosa stai dicendo? Sei proprio ubriaco.
George (accennando a se stesso): Ubriaco! Io? Non sono affatto ubriaco. (puntando il dito sulla ragazza, che appare malferma sulle gambe) Tu…tu sei ubriaca.
(indica di nuovo Fāng) E anche tu sei ubriaco! (Fāng fissa in volto Báilù, poi gira la testa con sguardo severo, ma George continua a puntare il dito su di lui): “Guardati! Guarda che faccia hai! Hai proprio l’aria da ubriaco. Pah!
(Solleva le palme delle mani e le gira verso l’esterno con gesto arrogante): Non posso guardarti.
Chén (che, a questo punto, non regge più): Che fai qui?
Fāng (con durezza): Sì! Che cosa stai facendo qui? ( George lo guarda con due occhi sbarrati)
George (con voce da ubriaco): Beh! Mi sento stanco e sto andando a dormire. (un barlume di coscienza sembra fargli comprendere la stranezza della situazione) Oh! Perché siete qui anche voi?
Chén (fissandolo preoccupata): Questa è la mia suite, mi sembra naturale che io sia qui.
George (incredulo) La tua suite? (con la voce querula di un bambino sospettoso che comincia in tono alto e finisce in un sussurro) Davvero?
Chén (insistente): Che intendi dire? Non ti sei accorto che sei appena uscito dalla mia camera da letto?
George (sempre incredulo): Uscito dalla tua camera da letto? Non è vero…. No! Non sono uscito: … (scuote la testa) No! (si tocca la fronte) Lasciatemi pensare un momento, ragazzi. (assume un’aria ispirata come se stesse pensando al Paradiso)
Chén (guardandolo senza sapere se deve ridere o piangere): Ah! Il signorino ha ancora bisogno di riflettere!
George (muovendo le mani con le palme rivolte verso il basso): Piano! Piano! Aspettate! Non abbiate fretta! Lasciate che ci pensi piano, piano. (A poco a poco gli ritorna in testa confusamente come è arrivato all’Hotel, è entrato nella camera di Chén Báilù, ha visto il comodo letto, si è messo a gettar via le cose, a svestirsi e si è placidamente addormentato. Le labbra gli tremolano come se volesse parlare senza riuscirci, mentre fa dei gesti per aiutarsi a ricordare. Ci pensa su un momento, poi mormora) Avevo bevuto e la testa aveva cominciato a girarmi. Ho bevuto ancora e mi girava, mi girava, mi girava sempre di più…poi…sono venuto qui (tace un momento, non riesce più a ricordare) ah! Ho preso l’ascensore ... ah sì! (si batte la mano sulla fronte tutto contento) sì! Sono entrato in questa camera…no, non proprio…Sono andato più avanti, mi sono svestito e mi sono gettato sul letto, con la schiena in alto e la testa sul cuscino. Mi sentivo stanco e mi sono semplicemente … (si dà uno schiaffetto e riprende con voce normale) Oh, mamma mia! È proprio vero! Che cosa ci facevo nella tua stanza da letto?
Chén (in tono serio): Georgy, tu questa sera sei fuori di testa.
George (mettendosi un dito di fronte alle labbra, con un’aria da star di Hollywood): Zitta! Se te lo dico io puoi stare tranquilla: non sono ubriaco. Semplicemente mi sono addormentato sul tuo letto e mi sembra anche di avere un po’bevuto sul tuo letto… (a voce alta) Oh, come sto male! Ho di nuovo voglia di vomitare… (ha un conato di vomito) Oh … pardon, Mademoiselle Mi scusi, Signorina ( fa un passo e si gira di nuovo) La prego di scusarmi, Signore…pardon, Monsieur ( fa due passi pieni di imbarazzo, si gira indietro e solleva le braccia come in confidenza. Alla fine saluta i due che lo guardano esterrefatti, porge loro la mano e fa loro un inchino. Venite, voi due.
Goodnight! Good night! My lady and gentleman! Oh, oh, good bye, au revoir, Madame et Monsieur. ..I…I...I..shall …I shall…( non resiste più. Corre verso la porta, scosso da irresistibili conati di vomito. Appena chiusa la porta, si sente che sta vomitando nel corridoio. Qualcuno sembra corrergli in aiuto ed il rumore si allontana)
(Chén Báilù guarda Fāng Dàshēng e si siede attonita)
Fāng ( con un’espressione di grande disgusto): Che bella roba!
Chén (facendogli cenno di tacere): Questa è l’élite del posto. Hai visto che spettacolo!
Fāng: C’è veramente da divertirsi. Che razza di tipo! Io mi domando perché tu ti metti con certa gente. Chi è? Perché ha dei rapporti così stretti con te?
Chén (si accende una sigaretta e si siede): Immaginati che è il meglio che si trova sulla piazza. Ha studiato all’estero, dove racconta di aver ottenuto qualcosa come un dottorato. Si fa chiamare con un nome straniero: George. All’estero era George Zhāng, qui da noi è Zhāng George. Tornato in Cina, sembra che sia stato nominato capo divisione da qualche parte. Ha un sacco di soldi in tasca.
Fāng (le si avvicina): Ma tu come hai conosciuto questo bel tipo? Come è possibile che tu non capisca che è un buono a nulla?
Chén (inalando il fumo): Non te l’ho detto? Ha dei soldi.
Fāng: Allora se uno ha dei soldi, tu sei disposta…
Chén (completa la frase): Se uno ha dei soldi, può fare la mia conoscenza. Una volta che ballavo, mi ha fatto un po’ di corte.
Fāng (capisce che la donna che ha di fronte a sé non è più quella che lui pensava): Allora, non c’è da stupirsi che ti tratti in questo modo. (china la testa)
Chén: Sei veramente un ragazzo di campagna. Sei troppo serio. Se prestassi più attenzione a queste cose, capiresti che cos’è la vita? Qui sono tutti così, perché tu hai una mente così ristretta? Va bene, va bene…no. Ragazzo mio, dimmi di che cosa mi vuoi parlare.
Fāng (come se si riscuotesse da una profonda meditazione): Che cosa ti stavo dicendo?
Chén: Hai una cattiva memoria. (con vivacità) Mi stavi dicendo che cosa avevi nel tuo cuore. Poi è arrivato il signor Zhāng.
Fāng (esita, sospira): Sì … ”nel mio cuore”, “nel mio cuore”. Io sono uno fatto così. Forse Zhùjūn, (con sincerità) tu non capisci che cosa c’è davvero nel mio cuore …( smette di parlare sentendo il cigolio della porta che si apre). Forse il signor Zhāng è già di ritorno.