Lĭ Juān 李 娟, l’autrice della novella qui di seguito riportata, è nata nel 1979 a Wūsū 乌苏市 nella Prefettura Autonoma Kazaka di Ili (伊犁哈萨克自治州 “yīlí hāsàkè zìzhìzhōu“ ), situata nella parte settentrionale dello Xīnjiāng 新 疆 , da genitori originari del Sīchuān 四 川.
Di famiglia assai modesta (i genitori gestivano un negozietto di generi vari), dopo aver frequentato le scuole secondarie, non ha potuto proseguire gli studi e ha cominciato a lavorare a Űrűmqi (in cinese Wūlŭmùqí 乌鲁木齐), capoluogo dello Xīnjiāng.
La sua passione per la lettura e la scrittura le ha fatto scoprire la sua vocazione di scrittrice.
Un suo primo testo fu edito nel 1999.
Nel 2003 pubblicò la sua prima raccolta di novelle e brevi racconti, intitolata “Nove nevicate”(九篇 雪 “jiŭ piān xuĕ”).
Curò poi una rubrica in due riviste letterarie: “Weekend nel Sud” (南 方 周 末 “nánfāng zhōumò”) e “Antologia Letteraria” (文 汇 报 “wénhuìbào”)
Nel giugno del 2010 pubblicò una seconda raccolta di racconti intitolata “Gli angoli sperduti dell’Altai” (阿勒泰的角落 “ālètài de jiăoluò”) che contengono soprattutto descrizioni di luoghi e ritratti di personaggi caratteristici della regione.
Nel mese successivo fu stampato “Il mio Altai” (我 的阿勒泰 “wŏ de ālètài”), una raccolta che riprendeva alcuni dei testi pubblicati in precedenza e ve ne aggiungeva altri.
Una quarta raccolta di novelle, intitolata “Quando cammini di notte, per favore canta a voce alta” (走 夜 路 请 放 声 歌 唱 “zŏu yè lù qĭng fàng shēng gē chàng”) uscì nell’ottobre del 2011.
Nell’inverno del 2011, Lĭ Juān si lancia in un’avventura vagheggiata da lungo tempo: trascorrere alcuni mesi sulle montagne con una famiglia di pastori kazaki, condividendone la vita semplice e rude.
Frutto di questa esperienza è il libro “Pascoli invernali”( 冬牧场 “dōng mùchăng”), pubblicato nel giugno del 2012, rapidamente completato da una trilogia intitolata “Il cammino delle pecore” (羊 道 “yáng dào”), edita nell’agosto del 2012 e composta dai volumi:“Pascoli di primavera”(春牧场 “chūn mùchăng”),”Pascoli d’estate in alpeggio”( 深山夏牧场 “ shēn shān xià mùchăng”) e“Pascoli d’estate in zona prealpina”( 前山夏牧场 “qián shān xià mùchăng”).
Lĭ Juān, che vive attualmente a Kanas 喀纳斯 (“kānàsī”), nella parte settentrionale dello Xīnjiāng, gode oggi di una larga notorietà, anche se rimane, in un certo senso, una scrittrice marginale. I suoi temi attengono infatti alla vita di una regione come lo Xīnjiāng, periferica e lontana dai tumultuosi sviluppi della modernità . Nella regione stessa, Lī Juān porta poi la testimonianza di un’immigrata di lingua hàn, che si muove necessariamente all’esterno ( non si può dire “ai margini” perché decenni di intensa immigrazione hanno ormai quasi annullato la prevalenza numerica e la predominanza sociale della comunità autoctona) di una cultura tradizionale turcofona e musulmana ben diversa dalla cultura cinese.
La strada della sorgente in mezzo al deserto
Tanto tempo fa il sentiero di Osman era il solo cammino che portava alla sorgente nascosta nel deserto. Cent’anni fa questo Osman era un famosissimo capobanda dell’Altai, che fu soprannominato "Il Re dei Kazaki".(1)
Prima ancora, in quelle distese sconfinate, tutti i sentieri esistenti passavano ai margini del deserto di Gobi. Erano sentieri frammentati, sconnessi, che, salendo e scendendo per una infinità di creste e di avvallamenti, collegavano le remote oasi delle montagne dell’Altai con i pascoli e le montagne innevate delle regioni meridionali. Nessuno poteva attraversare il deserto che si trovava in mezzo. Non c’era acqua né erba. I cavalli sarebbero crepati di fame e gli uomini di sete. Era un luogo di morte e di desolazione. Gli unici che sapevano dove trovare una pozza d’acqua erano le gazzelle e i cavalli selvatici che vivevano nel deserto, ma non erano capaci di parlare, anche se il segreto di quell’acqua nascosta traspariva nei loro occhi lucidi e diafani.
Quando nacque la storia della sorgente che colava al centro del deserto? Fu all’inizio soltanto una voce che circolava piano piano e di nascosto tra i pastori. Si mormorava che proprio in mezzo al deserto di Gobi, nel suo angolo più arido e desolato, da una fonte misteriosa e nascosta, sgorgasse miracolosamente l’acqua. L’acqua colava da una fenditura nella roccia . Cadendo incessantemente, goccia dopo goccia, giorno e notte, sul terreno sottostante, essa aveva creato una pozza di fresco nell’arsura del deserto. In quel quieto recesso s’era formato un praticello d’erba verde, erano cresciuti alcuni vigorosi cespugli, un rigagnolo serpeggiava brillando in mezzo alle zolle erbose e i bordi dello stagno erano ricoperti di musco. Era sorta, lì nel deserto, in modo duraturo, una minuscola oasi e c’era addirittura qualcuno che raccontava di averla vista con i propri occhi. Era un uomo che s’era perduto nel deserto e che, per parecchi giorni e parecchie notti, non aveva più trovato una goccia d’acqua. Già si rendeva conto che i suoi pensieri si facevano vaghi e confusi e che la morte si stava avvicinando quando i suoi passi l’avevano condotto tra l’erba umida intorno alla sorgente nascosta. L’emozione era stata tale che era subito scoppiato in singhiozzi e, singhiozzando, s’era dissetato a quella fonte d’acqua chiara e pura mentre le lacrime gli scorrevano sul volto.
Ogni pastore che si inoltrava nel deserto alla ricerca di una pecora smarrita era sempre convinto che la sorgente misteriosa fosse vicinissima, magari proprio dietro quella duna, uguale a tutte le altre, che si ergeva dinanzi a lui. Allora, raccoglieva il proprio gregge e, sopportando fame e sete, si arrampicava su un’altura dopo l’altra nella distesa di sabbia per scrutare l’orizzonte. Scorgeva solo la vuota immensità del deserto, ma continuava ad essere persuaso che la sorgente segreta era lì da qualche parte.
La sorgente nascosta era come un nume tutelare che vegliava sulla regione. Quell’acqua, cadendo goccia a goccia da un’altezza e da una distanza senza paragone, pulsando, goccia su goccia, al medesimo ritmo di tutti gli esseri che vivevano nel deserto, era diventata una pura, meravigliosa leggenda che impregnava senza sosta, goccia dopo goccia, quelle esistenze dure e silenziose.
Ma la guerra e il disordine devastarono il paese, senza risparmiarne un solo angolo, ed il luogo in cui sgorgava la fonte- un segreto che generazioni di pastori si erano tramandate sussurrandolo appena da bocca a orecchio – fu finalmente scoperto. La sua posizione esatta, lontano, tra le infinite distese sabbiose del deserto di Gobi, fu annotata. Il focoso stallone di Osman, lanciato al galoppo sull’incerto sentiero che conduceva alla fonte, puntò diritto su di essa. In quegli anni in cui i fuochi della guerra ardevano incessantemente e il denso fumo degli incendi si spandeva in tutte le direzioni, le redini in una mano, la spada nell’altra, innumerevoli volte Osman trovò rifugio in quest’oasi segreta, da dove, dopo essersi dissetato e rifocillato, ripartiva verso il nord o verso il sud, in cerca di sempre nuove battaglie. Fu il secreto inafferrabile della fonte misteriosa a creare il fantasma di questo “Re dei Kazaki”(2), che appariva e spariva a volontà? A quel tempo, c’era da credere che, al di fuori dei sentieri conosciuti, esistesse anche un altro sentiero che permetteva ad un uomo di muoversi a proprio agio nell’immensità del deserto. Si formò così la leggenda di Osman, che era anche la leggenda della sorgente nascosta.
Negli anni della mia prima infanzia, le statali 216 e 217 non erano ancora state tracciate e non c’era nessuna linea di autobus che collegasse Fùyùn a Űrűmqi. (3) Chi voleva recarsi a Űrűmqi era obbligato a chiedere un passaggio su uno di quei grandi camion che trasportavano pietre o legname lungo le numerose piste di montagna che facevano un largo giro intorno al deserto di Gobi e doveva essere pronto a sobbarcarsi ad alcuni giorni di sobbalzi e di scossoni.
Non riuscirò mai a dimenticare le notti trascorse per strada in quelle misere locande, a scordare quegli alberghetti isolati che sorgevano in mezzo ad immense distese desertiche bianche come neve (4), quelle casette diroccate, dai muri di fango, quel cielo stellato che brillava e risplendeva su quanto era rimasto dei tetti.
Ogni volta che un adulto mi faceva scendere dal camion e mi faceva fare una passeggiatina, ero colta da una strana eccitazione, come se intuissi che un giorno sarei andata a vivere per sempre in quei luoghi, anche se devo dire che, fino ad oggi, il cammino della mia vita non si è ancora fissato.
Quel tratto di strada senza fine, conosciuto come la “via orientale”, era percorribile soltanto d’estate. D’inverno era bloccato dalle grandi nevicate che cadevano sulle montagne e per raggiungere Űrűmqi non c’era altro cammino che quello che passava accanto alla sorgente nascosta.
Il fatto che il loro percorso li portasse nei pressi della sorgente nascosta era senza dubbio una gioia per i camionisti. Non aveva importanza che ci arrivassero all’alba o al tramonto; si fermavano sempre a passarci la notte. Andavano a prendere l’acqua per lavarsi e accendevano fuochi per far bollire il tè e cuocere il cibo. Dopo la sorgente, per il resto del viaggio, avrebbero ritrovato giorni e notti di interminabile, ininterrotta desolazione.
Più tardi una coppia di Cinesi dell’interno (5) venuta ad installarsi nello Xīnjiāng (6) giunse fino alla sorgente. Vi montarono una tenda ed aprirono un piccolo, semplicissimo punto di ristoro. La frutta e i legumi, il riso e l’olio per cucinare, tutto vi era portato dai camionisti di passaggio, per i quali quel chiosco rappresentava un vero e proprio paradiso terrestre.
Tutto sommato, l’esistenza della coppia non era facile. Non soltanto conducevano una vita dura, ma c’era una cosa ancor più difficile da sopportare: la solitudine. Spesso, per parecchi giorni di fila, non si vedeva un solo camion percorrere la pista polverosa che conduceva all’oasi. Di tanto in tanto, l’uomo saliva su un camion di passaggio e spariva per un po’di tempo
Accaddero in seguito molte cose...Dapprima, la donna scappò via con un giovane camionista. L’uomo non attese il suo ritorno, ma se ne andò anche lui in gran fretta e così la sorgente nascosta ritrovò il profondo silenzio e l’abbandono di una volta. Dopo non so quanto tempo, ci fu un nuovo sviluppo della storia. La donna e il suo giovane camionista ritornarono sul posto, piantarono una nuova tenda e scavarono, sotto di essa, uno stanzone che servisse da dormitorio. La locanda fu riaperta. Nei pressi della sorgente allevarono e lasciarono razzolare alcune galline e il modesto menu si arricchì di qualche uovo e di un po`di carne di pollo. Inoltre, i camionisti non erano più costretti a dormire nelle strette e scomode cuccette dei loro camion.Nella locanda c’era ormai un letto su cui riposare anche se si trattava soltanto di un lungo tavolaccio sistemato nello stanzone sotterraneo.(7)
A volte un gran numero di persone si ritrovavano improvvisamente tutte insieme alla sorgente, come se si fossero messe d’accordo prima. In quelle occasioni, le panche piazzate dinanzi ai tavoli non erano sufficienti per tutti e molti erano costretti a mangiare accovacciati sul pavimento. Poiché il numero di giacigli per la notte era ancor più scarso, la locandiera cedeva il proprio letto, accostava insieme diversi tavoli o, addirittura, stendeva per terra tappeti di feltro e teli di plastica. Tutta la casa era piena di un groviglio di corpi addormentati, distesi in disordine in ogni angolo.
Nella primavera di quell’anno fu ufficialmente istituita una linea di autobus che collegava Űrűmqi a Fùyùn con una corsa settimanale. Poiché l’autobus faceva tappa alla sorgente nascosta, i viaggiatori scendevano per mangiare e per riposarsi. L’attività della coppia non era mai stata così prospera e la sorgente nascosta non era mai stata così animata. I due decisero perciò di ingrandire il loro locale.
Considerato che, durante l’estate, gli autobus riprendevano il percorso delle montagne orientali, lasciando la sorgente tranquilla e silenziosa, i due decisero di approfittare di quel periodo di calma per costruire alcuni nuovi edifici. Scavarono la pozza d’acqua che stava sotto la fonte e la trasformarono in una profonda vasca, partendo dalla quale tracciarono poi un canaletto che giungeva sino alla porta della locanda.
Il filo d’acqua che colava dalla roccia era assai esile ed essi dovettero aspettare pazientemente tutta l’estate perché, a poco a poco, la vasca si riempisse. Allora mescolarono l’acqua con del fango e fabbricarono dei mattoni .Una volta che i mattoni furono seccati al sole, tirarono su rapidamente i muri. Poi si procurarono un carro, trainato da un cavallo, e con esso andarono a prendere, ad alcune centinaia di chilometri di distanza, il legname che doveva servire per le travi e per le perline dei soffitti. Infine provvidero a ricoprire i tetti con un impasto di erba secca e d'argilla molto densa.
Sudarono e faticarono bestialmente tutta l’estate, ma alla fine la casa era pronta. Fabbricarono nuovi tavoli ed aggiunsero un paio di letti in più. Poi si sedettero ad aspettare l’inverno e l’arrivo del primo autobus che si sarebbe fermato clacsonando dinanzi alla soglia. Aspettavano il momento in cui, all’improvviso, la porta di bambù si sarebbe allegramente spalancata ed il chiasso dei viaggiatori avrebbe di nuovo animato la sorgente nascosta.
Stanno ancora aspettando!
Lo stesso anno in cui essi ampliarono la loro locanda, fu inaugurata una nuova strada statale che attraversava il deserto di Gobi con un percorso diverso e la pista che passava accanto alla sorgente nascosta fu abbandonata.
Quel tratto di strada che serpeggiava lungo le montagne, che saliva per gli accidentati pendii del deserto di Gobi, che aveva attraversato primavere ed estati, caldi e geli, che aveva visto antiche passioni ed antiche tristezze, il lento e inesorabile trascorrere del tempo, avvenimenti grandiosi e fatti terrificanti...quel tratto di strada impervio, zigzagante, fu completamente abbandonato. Lo si può ancora vedere snodarsi in mezzo al deserto, vuoto e desolato coi suoi ricordi di fame e di sete infinita. I solchi scavati dalle ruote dei veicoli in anni lontani sono rimasti impressi sulla sua superficie come il ricordo di un sogno, spettacolo più malinconico di quello delle zone in cui non è mai passato l’uomo.
La nuova strada è dritta come una lama di coltello e taglia esattamente in mezzo il deserto di Gobi. Se si segue questa strada, il viaggio dura soltanto un paio di giorni. Sembra di volare sul terreno e non si fanno più soste. Delicatamente e senza scosse il baricentro del mondo si è spostato, sul suo asse indescrivibile e imperscrutabile, verso l’altro lato dell’abisso. (8)
L’antica storia della sorgente nascosta è così giunta alla fine? Le gocce d’acqua che continuano a cadere silenziose, una dopo l’altra, in quella fonte remota hanno ancora qualcosa da dirci? Non succederà mai che una strada passi di nuovo in quei paraggi? Nessuno sentirà di nuovo il bisogno di alleviare le fatiche del viaggio e gli affanni della vita andando a barattarli con quel briciolo di frescura che essa offre? Possiamo davvero considerare definitivamente acquisito tutto ciò di cui oggi disponiamo?
Talvolta, quando viaggio da sola nel deserto, la mia mente si mette a divagare e, senza rendermene conto, mi ritrovo sulla vecchia pista che conduce alla sorgente nascosta. Come sono vivide le tracce della strada nel deserto! Mi sembra di udire chiaramente la voce della donna. Lei e il suo compagno non sanno dove andare, non sanno dove potranno trovare un tetto. E lei, risolutamente, gli dice: “Andiamo alla fonte che sgorga nel deserto!” e, mentre lo dice, si avvia, con le lacrime agli occhi. (9)
NOTE
1) Osman Bātūr 烏斯滿·巴圖爾 (1899-1951) guidò la resistenza dei Kazaki dello Xīnjiāng 新疆 contro la dominazione cinese. Catturato a Hāmì 哈密 nello Xīnjiāng Orientale, fu decapitato a Űrűmqi ( in cinese Wūlŭmùqí 乌鲁木齐) il 29 aprile 1951. Nell’edizione originale del racconto l’autrice lo definiva semplicemente un “capobanda”, ma, nelle edizioni successive, in seguito alle proteste dei Kazaki, che lo considerano un eroe nazionale (il titolo “bātūr” che gli venne attribuito dal popolo significa, in lingua kazaka, “eroe”), lo menziona anche con il soprannome di “Re dei Kazaki”.
2) I Kazaki, popolazione musulmana turcofona, costituiscono attuamente una delle 52 minoranze etniche ufficialmente riconosciute in Cina.
3) Fùyùn 富蕴( in lingua uigura: Koktakay) è una contea situata nella parte settentrionale dello Xīnjāng, sotto l’amministrazione della prefettura dell’Altai 阿勒泰地区 (“ālètài dìqū”). Űrűmqi è il capoluogo della Regione Autonoma dello Xīnjiāng e si trova più a sud. Tra Fùyùn e Űrűmqi si stende una parte del deserto di Gobi.
4) Il termine 盐碱滩( “yánjiăn tān”), vale a dire “il deserto alcalino”, ci ricorda che nella zona esistevano grandi laghi salati, i quali essiccandosi hanno lasciato enormi distese di depositi alcalini.
5) L’autrice intende qui per “interno” la Cina propriamente detta.
6) Lo Xīnjiāng 新疆, abitato in maggioranza da popolazioni musulmane, costituisce dal 1955 una regione autonoma della Repubblica Popolare Cinese.
7) Il termine 通铺 (“tōngpū”) indica un lungo tavolaccio ricoperto da un sottile materasso sul quale più persone possono dormire l’una accanto all’altra.
8) Il senso della frase è chiaro. La formulazione, che mal si concilia con lo stile semplice e dimesso del racconto, mi fa pensare ad una citazione colta, forse da qualche antica opera filosofica.
9) La chiusa sembrerebbe giustificare i critici malevoli che accusano Lĭ Juān di essere spesso sentimentale e oleografica. Bisogna però riconoscere che, a parte la scena finale, il racconto è condotto con vigore in un linguaggio asciutto e concreto.
通往滴水泉的路
李娟
早些时候,通往滴水泉的路只有"乌斯曼小道"。乌斯曼是一百年前那个鼎鼎有名的阿尔泰匪头,一度被称为 "哈萨克王"。
而更早的一些时候,在这片茫茫戈壁上,所有的道路都只沿其边缘远远绕过。那些路断断续续地,虚弱地进行在群山褶皱之中,遥遥连接着阿尔泰的绿洲和南方的草原雪山。没有人能从这片荒原的腹心通过。没有水,没有草,马饥人渴。这是一块死亡之地。唯一知道水源的,只有那些奔跑在沙漠间的鹅喉羚与野马,但它们不能开口说出一句话来。它们因为深藏着水的气息而生有晶莹深邃的眼睛。
大约就在那个时候,就有滴水泉的传说了吧?那时,只在牧民之间,寂静而神秘地流传着一种说法:在戈壁滩最最干涸的腹心地带,在那里的某个角落,深深地掩藏着一眼奇迹般的泉水。水从石头缝里渗出,一滴一滴掉进地面上的水洼中,夜以继日,寒暑不息。那里有着一小片青翠静谧的草地,有几丛茂盛的灌木。水流在草丛间闪烁,浅浅的沼泽边生满苔藓。那是一片狭小而坚定的沙漠绿洲--有人声称亲眼目睹过那幕情景。当时他身处迷途,几天几夜滴水未进,已是意识昏茫,濒临死亡。然而就在那时,他一脚踩入滴水泉四周潮湿的草丛中,顿时感激得痛哭起来。他在那里痛饮清冽的甘泉,泪流满面。
每一个牧民在荒野深处寻找丢失羊羔的时候,都坚信滴水泉就在附近。也许就在前方那座寻常的沙丘背面?他四面呼喊,又饥又渴地走过一座又一座沙漠中的高地,垫足遥望。野地茫茫,空无一物。但他仍然坚信着滴水泉。
滴水泉如同这片大地上的神明。它的水,一滴一滴从无比高远之处落下,一滴一滴敲打着存在于这里的一切生命痕迹的脉搏,一滴一滴无边无际地渗入苦寂的现实生活与美好纯真的传说。
然而战乱使大地上不再存在安静的角落。滴水泉最终还是从牧民世代口耳相传的秘密中现身了。它的确切位置在戈壁滩平凡的遥远之处被圈点了出来。乌斯曼的烈马走出了一条忽明忽暗的道路,笔直地戳向滴水泉。那些烽火连天、浓烟四起的年月里,乌斯曼一手持匕首一手握马缰,无数次孤身前往这隐蔽狭小的绿洲,补充给养,休养生息。然后北上南下,穿梭战事。滴水泉的隐秘在无形间造就了这个"哈萨克王"的神出鬼没吗?在当时,除了戈壁边缘的官道以外,居然还有一条路也能使人在荒原上来去自如--这是乌斯曼的传奇,也是滴水泉的传奇。
在我很小很小的时候,还没有现在的216及217国道线,从富蕴县到乌鲁木齐,也没有开通班车。要到乌鲁木齐的话,只能搭乘运送矿石或木材的大卡车,沿东北面的群山一带远远绕过戈壁滩。一路上得颠簸好几天。我永远忘不了途中投宿的那些夜晚,那些孤独地停留在空旷雪白的盐碱滩上的旅店,低矮的、破破烂烂的土坯房,还有房顶上空辉煌灿烂的星空。
一次又一次,我被大人抱下车厢,被牵着往那里走去。心中涌动着奇异的激动,似乎知道自己从此就要在这个地方永远生活下去了。然而,我的命运直到今天仍没有停止。
那条被称为"东线"的漫长道路,只在夏天畅通。到了冬天,山区大雪封路,去乌鲁木齐只能走通过滴水泉的那条路。
司机们路过滴水泉,无疑是一件快乐的事情。无论当时天色早晚,都会停下来歇一宿。打水洗漱,升火烧茶泡干粮。等过了滴水泉,剩下的路程又将是几天几夜无边无际的荒凉。
后来,有一对夫妻从内地来到新疆,经历种种辗转后来到了滴水泉。他俩在泉水边扎起一顶帐篷,开了一家简陋的小饭馆。所需的菜蔬粮油全都由过往的司机捎送。这样一个小店对于司机们来说,简直天堂一般。于是,在往返这片戈壁滩的漫长旅途中,总算能过上一天"人过的日子"了。
然而这对夫妻,他们在那样的地方讨生活,不只是辛苦,更多的怕是寂寞吧?常常一连好几天,门口的土路上也不会经过一辆车。男的也常常会搭乘某辆路过的车离开一段时间。
再后来,多多少少发生了一些事情,那个女人跟着一个年轻的司机走了。那个男人也没有等待,不久后也走了。滴水泉又恢复了深沉的寂静。
不知又过去了多长时间,又发生了怎样的周折,那个女人和那个司机再次出现在滴水泉。帐篷又重新支了起来,还挖了个能住人的地坑,上面盖有屋顶。于是饭馆重新开张了。泉水边还放养了几只鸡,简陋的餐桌上出现了鸡蛋和鸡肉。
在这里,司机们晚上也不用睡在狭窄的驾驶室里了。新的小饭馆还提供住宿的地方,虽然只是地窝子里的一面大通铺。
总会有一些时刻,大家都约定好了似的,突然间会有很多人同时光临滴水泉。那时,饭桌前的板凳都不够用了,吃饭时大家黑压压蹲了一屋子。睡觉的地方更是不够用。女主人便把自己的床铺让出来,又把饭桌拼起来,还在地面上铺上塑料布和毡子。一屋子横七竖八躺满熟睡的身体。
就在那一年春天,从乌鲁木齐到富蕴县的班车正式开通,每星期对发一趟。班车经过滴水泉时,整车的旅客同样会下车进食、休息。两人的生意前所未有地兴隆,滴水泉也前所未有地喧哗。于是俩人决定把店面扩大。
整个夏天里,当车辆改道穿行在东线的群山中时,滴水泉是悄寂无声的。两个人决定利用这段时间盖几间新房子。
他们把泉水下的水坑挖成深深的池子,又挖了引水渠一直通向店铺门口。
泉水很小,他们用了一整个夏天的时间耐心地等待水池一次次蓄满,用这些水和泥巴、打土坯。土坯晾干后,土墙很快砌起。他们又赶着马车,从几百公里外拉来木头,架了檩子搭好椽木。最后在屋顶铺了干草和厚厚的房泥。
就这样累死累活干了一整个夏天,房子起来了,新的饭桌也打制好了,新床也添了两个。他们坐下来等待冬天,等待第一辆车辆在门口鸣笛刹车,等待门帘突然被猛地掀开,等待人间的喧哗再一次点燃滴水泉。
但是,他们一直等到现在。
就在他们盖好房子的那一年,新公路在戈壁滩另一端建成通车了。通往滴水泉的路,被抛弃了。
那些所有的,沿着群山边缘,沿着戈壁滩起伏不定的地势,沿着春夏寒暑,沿着古老的激情,沿着古老的悲伤,沿着漫漫时光,沿着深沉的畏惧与威严……而崎岖蜿蜒至此的道路,都被抛弃了。它们空荡荡地敞开在荒野之中,饥渴不已。久远年代前留下的车辙梦一般印在上面。这些路,比从不曾有人经过的大地还要荒凉。
新的道路如锋利的刀口,笔直地切割在戈壁腹心。走这条路,只需一两天就可以到达目的地。一切都在上面飞速地经过,不做稍刻的停留。世界的重心沿无可名状也无可厚非的轴心平滑微妙地转移到了另一面的深渊。
滴水泉的故事结束了吗?滴水泉那些一滴一滴仍在远方静静滴落的水珠,还有意义可被赋予吗?从此再也不需要有一条路通向它了吗?再也不需要艰难的跋涉和挣扎的生活来换取它的一点点滋润了吗?如今我们所得到的一切,全都是理所当然的吗?
还有两个人,至今仍留在那片小小的绿洲上。仍然还在泉水边日以继夜打土坯。并在等待土坯晾干的时间里,冲着天空仰起年轻的微笑的面孔。只有他们仍然还在无边无际的等待之中,美梦丝毫不受惊扰。当我在这片荒野里独自走着走着,不知不觉又走上了通往滴水泉的旧道。野地里,路的痕迹如此清晰。不由得清楚地听到那个女人的声音。当她和她的情人无处可去、无可容身时,她勇敢地对他说:"我们去滴水泉吧!"边说边为此流下泪水。