Zhèng Tián 鄭 畋 , nato nel secondo decennio del nono secolo d.C. (alcune fonti menzionano come anno di nascita l’821 d.C, altre l’825 d.C) in una famiglia originaria di Xinyáng 滎 楊 (oggi Zhèngzhou 郑 州 nel Hénán 河 南), è più conosciuto come uomo politico che come poeta.
Il bisnonno Zhèng Shăolín 鄭 少 鄰 era stato funzionario di prefettura.
Il nonno Zhèng Mù 鄭 穆 non era andato oltre le funzioni di magistrato locale.
Il padre Zhèng Yà 鄭 亞 fu , invece, un collaboratore del cancelliere Lĭ Déyù 李 德 裕 e raggiunse il grado di consigliere imperiale.
In una famiglia di eminenti letterati, nella quale sembrava consuetudine che ci fosse, per ogni generazione, un diplomato nazionale, Zhèng Tián non deluse le aspettative e conseguì il diploma di “jìnshì” 進 士 all’età di soli 17 anni.
Ebbe il suo primo impiego negli uffici del governatore militare di Xuānwŭ 宣 武 , con sede nell’attuale Kāifēng 開 封 (Hénán 河 南 ).
A 21 anni fu nominato magistrato della contea di Wèinán 渭 南 nello Shănxi 陝 西 , ma prima che potesse entrare in funzione, nell’847 d.C., il padre, la cui posizione era stata indebolita dal declino politico del suo protettore Lĭ Déyù, fu trasferito nella lontana prefettura di GuÌzhōu 桂 州 (oggi Guìlín 桂 林 nel Guăngxī 广 西 ) e Zhèng Tián dovette seguirlo.
Per oltre un decennio non ricoprì cariche pubbliche.
Fu solo durante l’era Xiántōng 咸 通 (860 d.C.-874 d.C.),dopo l’ascesa al trono dell’imperatore Yìzōng 唐 懿 宗 , che Liú Zhān 劉 瞻 , governatore militare del Hédong 河 東, lo invitò a far parte del proprio seguito.
Dopo aver svolto una serie di incarichi minori, Zhèng Tián assunse finalmente funzioni più importanti quando Liú Zhān fu nominato cancelliere.
Nell’869 d.C. divenne membro dell’Accademia Hánlín (翰 林 學 士 “hànlín xuéshì”) e sovrintendente presso il Ministero delle finanze. (戶 部 郎 中 “húbùlángzhōng”).
In breve tempo, grazie alle sue notevoli capacità, fu nominato viceministro delle finanze (戶 部 侍 郎 “húbùshìláng”) e presidente dell’Accademia Hànlín (翰 林 學 士 承旨 “hànlín xuéshì chéngzhĭ”).
Nell’870 d.C. Liú Zhān cadde in disgrazia. Zhèng, che gli era rimasto fedele, fu allontanato dalla Corte e trasferito nella lontana prefettura di Wú 梧 州 nel Guăngxī 广 西.
Dopo la morte dell’imperatore Yìzōng, nell’873 d.C., Zhèng riacquistò a poco a poco il favore imperiale ed infine fu richiamato nella capitale, dove ricevette la nomina a consigliere dell’ufficio legislativo (右 散 騎 常 侍 “yòu sănqí chángshì”).
Nell’874 d.C. fu nominato ministro della Funzione Pubblica (吏 部 侍 郎 “lìbùshìláng”), riprese la presidenza dell’accademia Hànlín e ricevette il titolo di “tóng zhōnghū ménxià pingzhāngzhì” 同 中 書 門 下 平 章 事 , con cui gli venivano attribuite di fatto le funzioni di cancelliere dell’impero.
Nell’878 d.C., in seguito a contrasti sorti nell’ambito del governo, fu destituito dall’imperatore Xīzōng 唐 僖 宗 e inviato a Luòyáng 洛 陽.
Richiamato, poco tempo dopo, a Cháng’Ān, fu nominato,l’anno successivo, governatore militare della regione di Fèngxiáng 鳳 翔 nello Shănxī 陝 西 .
Negli anni 880-881 d.C. si oppose con notevole successo agli attacchi del capo ribelle Huáng Cháo 黃 巢, le cui truppe avevano conquistato Cháng’Ān 長 安 , costringendo l’imperatore ad abbandonare la capitale.
Nell’882 d.C. l’imperatore chiamò Zhèng a Chéngdū 成 都 nel Sìchuān 四 川 , dove aveva provvisoriamente trasferito la propria corte, lo nominò di nuovo cancelliere e gli affidò la responsabilità dell’esercito.
Il suo rigore e la sua stretta osservanza delle disposizioni in vigore, gli procurarono l’inimicizia di alcuni cortigiani che avrebbero voluto essere indebitamente favoriti nelle loro carriere. Così, quando i Táng ripresero il sopravvento sui ribelli, e l’imperatore si apprestava a ritornare a Cháng’An, qualcuno gli presentò un memorandum in cui gli si chiedeva di non farsi accompagnare da Zhèng. Quest’ultimo offrì le proprie dimissioni, che vennero accettate.
Nominato consigliere onorario, cadde malato e, per ristabilirsi, si recò presso il figlio Zhèng Níngjì 鄭 凝 積, che era prefetto di Péng 彭 州 nella regione di Chéngdū 成 都 .
Morì poco dopo, nell’883 d.C.
Come poeta non conseguì grande fama.
Soltanto sedici delle sue liriche sono giunte sino a noi.
La poesia che segue sembra affrontare il celebre tema della storia d’amore tra l’imperatore Xuánzōng 唐 玄 宗 e la bella Yáng Guìfēi 楊 貴 妃 in una prospettiva molto meno romantica di quella in cui la vede, per esempio, Bái Jūyì 白 居 易 nella sua famosa “Canzone dell’Eterno Rimpianto”長 恨 歌 (“cháng hèn gē”).
Di fronte all’ammutinamento della guardia imperiale, che reclama la morte di Yáng Guìfēi, Xuánzōng, ben cosciente del rischio concreto di terminare con ignominia il proprio regno, come accadde all’imperatore Chén Shūbăo 陳 叔 寶 della dinastia Chén 陳 朝 , che, abbandonato da tutti, fu scovato dai ribelli in fondo ad un pozzo dove si era rifugiato con due concubine, preferisce conservare la lealtà dei soldati ed abbandona l’amata alla sua triste sorte.
Anche la lirica dell’epoca Táng poteva, talvolta, essere crudelmente realistica.
Sul pendio di Măwéi (1)
Quando voltò il cavallo, lei non c’era più. (2)
Si può dimenticare un amore eterno? (3) (4)
In fondo fu l’atto d’un sovrano saggio (5)
Meglio non finire nel pozzo di Jĭngyáng. (6)(7)
馬 巍 坡 mă wéi pō
玄 宗 回 馬 楊 妃 死 xuán zōng huí mă yáng fēi sì
雲 雨 難 忘 日 夜 新 yún yŭ nán wàng rì yè xīn
終 是 聖 明 天 子 事 zhōng shì shèng míng tiān zĭ shì
景 楊 宮 井 又 何 人 jĭng yáng gōng jĭng yòu hé rén
NOTE
1) La stazione di posta di Măwéi (馬 嵬 驛 “măwéi yì”) a Xiányáng 咸 陽 nello Shănxi 陝 西 fu la prima località in cui l’imperatore Xuánzōng fece tappa dopo aver abbandonato, con il suo seguito, la capitale Cháng’Ān 長 安 per sfuggire alle truppe ribelli di Ān Lùshān 安 祿 山. Il 15 luglio del 756 d.C., al momento di riprendere il cammino, i soldati della guardia imperiale si ammutinarono ed imposero all’imperatore di mettere a morte la sua concubina preferita Yáng Guìfēi, ai cui intrighi attribuivano lo scoppio della rivolta.
2) “Xuanzōng volta il cavallo, Yángfēi muore” (玄 宗 回 楊 妃 死 “xuángzōng huí mă yángfēi sĭ”).
L’indeterminatezza tipica della poesia classica cinese consente all’interprete di privilegiare l’uno o l’altro momento della storia.
Se traduciamo “Xuánzōng voltò il cavallo, Yángfēi morì”, poniamo l’accento sull’istante in cui l’imperatore decide di proseguire il viaggio ed abbandona l’infelice concubina al suo destino.
Se traduciamo ”quando Xuánzōng voltò il cavallo, Yángfēi era morta”, cogliamo l’attimo successivo: l’imperatore straziato dall’angoscia, volta il cavallo. Forse vorrebbe tornare indietro, ma ormai è troppo tardi. L’eunuco Gāo Lìshì 高 力 士 ha già strangolato la concubina.
Se infine traduciamo “Xuánzōng ritorna a cavallo (sul luogo in cui) Yángfēi morì”, descriviamo la scena che avvenne molti mesi dopo, nella primavera del 757 d.C., quando Xuánzōng, ritornando a Cháng’Ān dal Sìchuān, dove si era rifugiato, sostò a Măwéi. È l’episodio raccontato da Bái Jūyì nella famosa “Canzone dell’Eterno Rimpianto”:
“... il cielo ruotava, la terra girava, ed il Figlio del Drago risalì sulla carrozza.
Quando ripassò per il luogo fatale, esitava incerto, non poteva allontanarsene.
La fa cercare sul pendio di Măwéi, in mezzo al fango, tra i cumuli di polvere,
ma non riescono più a ritrovare il volto di giada, la dimora della morte è vuota.”
Un indizio in favore di quest’ultima lettura potrebbe essere l’espressione “huí mă” 回 馬 (“voltare il cavallo ”ritornare a cavallo”) che il lettore al corrente della vicenda completerà spontaneamente trasformandola in “huí mă wéi” 回 馬 嵬 (“ritornare a Măwéi).
3) “Nuvole e pioggia” (雲 雨 “yún yŭ” ) è l’espressione tradizionalmente usata per indicare la passione amorosa. Essa si ispira ad una leggenda narrata dal poeta Sòng Yù 宋 玉 (3° secolo a.C.) nel Gāotáng Fù 高 唐 賦. Un re di Chŭ 楚 國 sognò, una volta, nei pressi di Gāotáng, di trascorrere la notte con una meravigliosa fanciulla. Quando, sempre in sogno, vide spuntare l’alba, le domandò chi fosse. La fanciulla gli rispose: “Sono la fata del Wūshān ( 巫 山 神 女 “wūshān shénnǚ) ed ora devo andare, perché il mattino dirigo le nuvole e la sera regolo la pioggia (旦 為 朝 雲 暮 為 行 雨 “dàn wéi cháo yún, mù wéi xíng yǚ”). Ma, se tu mi aspetterai qui ogni giorno, potremo rivederci.” Il re Xiān 先 , al quale Sòng Yù raccontò in seguito la storia, ne fu talmente affascinato che chiese al poeta come avrebbe dovuto fare per incontrare anche lui la misteriosa bella.
4) Ci si pone qui l’inevitabile domanda: “Come ha potuto Xuánzōng lasciar morire Yáng Guìfēi, dimenticando una passione che sembrava travolgente ed inestinguibile?”.
È una questione su cui Bái Jūyì preferisce sorvolare, sottolineando, romanticamente, che la passione dell’imperatore resta immutata anche dopo la morte dell’amata :
“...Così l'amore del divino sovrano, mattina e sera, non subiva alcun cambiamento.
Dal suo padiglione di viaggio egli contemplava il volto afflitto della luna,
e, nella pioggia della sera, i rintocchi delle campane gli trafiggevano il cuore.
....nei fiori di loto scorgeva il suo volto, nei rami di salice vedeva le sue ciglia.Quando li guardava, che cos'altro avrebbe potuto fare che non fosse piangere?...”.
Zhèng Tián invece risponde alla domanda, ma la sua risposta è realistica : l’imperatore ha rinunciato a sacrificarsi per la sua bella ed ha pensato, molto più saggiamente, a salvare la propria vita ed il proprio potere.
5)” In fondo fu l’atto d’un sovrano saggio e prudente” (終 是 聖 明 天 子 事 “zhōng shì shèng míng tiān zĭ shì”.) Il raziocinio – si potrebbe addirittura dire la ragion di stato - ha prevalso sul sentimento.
6) “Chi vorrebbe finire di nuovo nel pozzo del palazzo di Jĭngyáng?”. (景 陽 宮 井 又 何 人 “jĭng yáng gōng jĭng yòu hé rén”).
L’esempio storico che, secondo il poeta, indusse Xuánzóng a sbarazzarsi di Yáng Guìfēi è quello dell’ultimo imperatore della dinastia Chén 陳 朝 , Chén Shūbăo 陳 叔 寶 (553 d.C - 604 d.C.). Costui, poco interessato al governo dell’impero, si lasciava guidare dall’ambiziosa concubina Zhāng Lìhuá 張 麗 華 , i cui intrighi provocarono disordine nell’amministrazione dello stato. Nel 589 d.C. Chén Shūbăo, attaccato dalle truppe dei Suí 隋 朝 , non fu in grado di difendersi e, abbandonato da tutti, si nascose in fondo ad un pozzo disseccato del suo palazzo di Jĭngyáng 景 陽 宮con le concubine Zhāng 張 e Kòng 孔 . Scoperto fu fatto prigioniero e condotto a Dàxìng 大 興, la capitale dei Sui, mentre Zhāng, ritenuta responsabile delle sue azioni riprovevoli, veniva giustiziata. Le analogie con la storia di Xuánzōng e di Yáng Guìfēi sono evidenti.
7) Il palazzo di Jĭngyáng 景 陽 宮 era la residenza dell’imperatore a Jiànkāng 健 康 capitale della dinastia Chén 陳 朝 . I resti delle mura di Jiànkāng si possono ancora vedere nell’area dell’attuale città di Nanchino 南 京 .