LA VIA DEL CIELO
La Via del Cielo scorre senza impedimenti; perciò l’Universo è perfetto. La Via del Sovrano scorre senza impedimenti; perciò l’Impero gli è sottomesso. La Via del Saggio scorre senza impedimenti; perciò il Mondo gli si conforma.
Chi comprende la Via del Cielo, chi ha familiarità con la Via del Saggio, chi conosce bene la Virtù del Sovrano è un uomo che vive con spontaneità, che è placido e silenzioso, come se fosse un povero di spirito.(1)
La placidità del sapiente non è ottusità, bensì acume, perché è una placidità che tutte le cose del mondo non sono sufficienti a turbare. Ecco da che cosa nasce la sua imperturbabilità!
L’acqua stagnante riflette la barba e le sopracciglia di chi ci si specchia. Essa è perfettamente immobile, eppure i più grandi artefici ne traggono ispirazione. Ora, se l’acqua su cui non si scorge alcuna increspatura è così limpida, come sarà limpido lo spirito umano! La mente imperturbabile del saggio è lo specchio del Cielo e della Terra, è ciò in cui si riflettono tutte le cose.
Coloro che sono sereni ed imperturbabili, calmi e placidi, silenziosi, indifferenti e restii ad agire, costoro intendono l’equilibrio del Cielo e della Terra e sanno come si giunge alla Via e alla Virtù. Così erano i Sovrani, i Monarchi, i Saggi che noi celebriamo. Essi si astenevano dall’agire ed erano perciò vuoti di interessi e di passioni, ma da questo vuoto nasceva la pienezza della comprensione e da questa pienezza nasceva la profondità del giudizio. (2) Essi erano vuoti e perciò erano placidi, ma questa placidità non era inerzia e ciò che da essa nasceva era coronato dal successo. (3) Essi erano placidi e perciò si astenevano dall’agire, delegando ad altri la gestione degli affari. Il non agire provocava in loro un senso di soddisfazione. Ora, dove c’è soddisfazione, non c’è posto per ansie e turbamenti e si vive a lungo.
Serenità ed imperturbabilità, calma e tranquillità, placidità ed astensione dall’agire sono la radice di tutte le cose.Quando ciò è chiaro ai governanti, i sovrani si chiamano Yáo; quando ciò è chiaro ai subordinati, i ministri si chiamano Shùn. (4 )
Se chi possiede queste doti occupa le posizioni supreme, avremo monarchi, sovrani, imperatori dotati di eccelsa Virtù; se, invece, occupa posti subordinati, avremo saggi dotati di poteri arcani (5) e re senza corona che ci mostreranno la Via. (6)
Se chi possiede queste doti si ritira dalla vita pubblica e trascorre il tempo a vagabondare senza meta e a meditare (7), avremo gli eremiti che vivono in riva ai fiumi o al mare, sulle cime dei monti o nel folto dei boschi; se, invece, si dedica alla vita attiva e porta il suo conforto al mondo, avremo uomini che acquisteranno grande fama per i loro meriti e che saranno i primi dell’Impero.(8)
Questi uomini, che sono saggi quando riflettono, quando si muovono diventano re. (9) Sono onorati senza che facciano nulla e, sebbene siano semplici e modesti, nessuno al mondo può competere con loro per eccellenza.
Coloro che vedono con chiarezza come operano il Cielo e la Terra (10), ne conoscono le origini e il principio (11) e, grazie a questa capacità, sono in armonia con il Cielo . Coloro che sanno come funziona il mondo, sono in armonia con gli uomini.
L’essere in armonia con gli uomini è chiamato “La Felicità Umana”; l’essere in armonia con il Cielo è chiamato “La Felicità Celeste”.
“Il mio Signore!” esclamò Zhuāngzĭ” Il mio Signore!
Egli stravolge tutte le cose senza essere malvagio e colma di favori infinite generazioni senza essere buono.(12) Precede la più remota antichità, eppure non è vecchio. Copre il cielo e sostiene la terra. Crea tutte le forme senza usare strumenti.
(13) Ecco che cos´è la Felicità Celeste!
Perciò si dice: ´Coloro che conoscono la Felicità Celeste seguono, nella loro vita, il cammino del Cielo e sanno che la morte è soltanto un cambiamento di stato.(14) Quando restano immobili si identificano con la qualità del principio passivo o Yīn, quando si muovono mostrano l’energia del principio attivo o Yáng.
Perciò chi conosce la Felicità Celeste non se la prende con il Cielo, non trova colpe negli uomini, non è stressato dall’esistenza, non è inquietato dagli spiriti.´
È per questo che si dice di lui:´ I suoi movimenti sono quelli del Cielo. La sua immobilità è quella della Terra. Tutto il suo essere è perfettamente equilibrato. Egli domina il mondo. I fantasmi dei suoi morti non vengono a tormentarlo; le loro anime non lo perseguitano.Tutto il suo essere è perfettamente equilibrato e il mondo intero gli obbedisce. Le parole che nascono dal suo animo imperturbabile e privo di passioni muovono il Cielo e la Terra e penetrano l’universo.
Ecco che cos`è la Felicità Celeste!
La Felicità Celeste forma la mente del saggio per il nutrimento del mondo´. “(15)
Ecco la forza dei Sovrani e dei Monarchi: facevano del Cielo e della Terra la loro origine, della Via e della Virtù il loro Signore, del non agire la loro norma di condotta. Astenendosi dall’agire ponevano il mondo al proprio servizio senza esaurire le proprie capacità, mentre, se avessero agito, si sarebbero posti al servizio del mondo senza riuscire a soddisfarne i bisogni.(16) È per questo che gli uomini dei tempi antichi onoravano l’inazione.
Quando i superiori si astengono dall’agire e gli inferiori si astengono dall’agire, gli uni e gli altri possiedono la stessa virtù e non resterà nessuno ad obbedire.
Quando gli inferiori agiscono ed anche i superiori agiscono, gli uni e gli altri seguono la stessa via e non resterà nessuno a comandare.
Il principio inderogabile è che i superiori si astengano dall’agire e, in questo modo, pongano il mondo al proprio servizio e che gli inferiori agiscano e si pongano, in questo modo, al servizio del mondo. (17)
Per questa ragione gli antichi Monarchi, pur sapendo tutto del Cielo e della Terra, non pensavano che toccasse loro occuparsene (18); pur distinguendo bene tutte le cose, non ritenevano di doverne discutere; pur dominando tutto il mondo, non si lasciavano tentare dall’azione.
L’Universo si evolve senza che il Cielo operi. La natura fiorisce senza che la terra la nutra. (19) I Sovrani e i Monarchi non agivano eppure l’Impero era ben governato. Perciò si dice che nulla è più divino del Cielo, che nulla è più ricco della Terra e che nessuno è più grande dei mitici Sovrani e degli antichi Monarchi. Si dice anche che le doti di quei Sovrani e di quei Monarchi corrispondevano alle qualità del Cielo e della Terra. È in questo modo che essi traevano profitto dal Cielo e dalla Terra, indirizzavano tutte le cose nel loro cammino e dirigevano le varie categorie di persone nella loro condotta.
L’idea appartiene ai superiori; la sua esecuzione agli inferiori. Fornire le direttive spetta ai sovrani; curarne l’applicazione concreta spetta ai ministri.
Il valore non si mostra schierando l’esercito (20) o manovrando le varie truppe. (21) La guida non si esercita concedendo premi o infliggendo punizioni, accordando vantaggi o imponendo svantaggi, applicando pene. (22) Il governo non consiste nel compiere cerimonie, nel redigere norme di legge, nel regolare pesi e misure (23), nel tenere conti, né in altri dettagli di questo genere. La musica non equivale a suonare campane e tamburi, esibire pennacchi o sventolare bandiere. I pianti ed i lamenti, le manifestazioni di afflizione, le cinture di canapa (24), gli abiti da lutto non sono gli elementi più significativi del cordoglio.
Si tratta, in ogni caso, di aspetti secondari, che, per trovare realizzazione, devono essere progettati da un intelletto vivace, ispirati da una mente agile. Anche gli Antichi li conoscevano, ma non accordavano loro la preminenza.
Il sovrano precede ed il ministro segue. Il padre precede ed il figlio segue. Il fratello maggiore precede ed il fratello minore segue. L’uomo precede e la donna segue. Il marito precede e la moglie segue.
La precedenza del superiore e la susseguenza dell’inferiore imitano l’esempio del Cielo e della Terra, modello a cui si ispirarono i Saggi.
La superiorità del Cielo e l’inferiorità della Terra corrispondono alla sacralità e all’intelligenza che sono proprî a ciascuno dei due.(25)
Allo stesso modo, nel susseguirsi delle quattro stagioni, la primavera e l’estate precedono l’autunno e l’inverno.
Tutte le cose, nella loro trasformazione e nel loro sviluppo, hanno un proprio modo di nascere e di crescere, di giungere alla maturità, di declinare e di perire, in obbedienza al flusso costante del mutamento.
Se il Cielo e la Terra, pur essendo entrambi di natura divina, sono considerari l’uno superiore all’altra, cosicché il primo ha la precedenza e la seconda lo segue, quanto più questa regola di comportamento deve essere seguita dagli uomini! Nel tempio ancestrale si venerano gli antenati; a corte si onorano gli alti dignitari; nel villaggio si rispettano gli anziani (26); nella condotta degli affari ci si conforma ai consigli dei saggi. Questo è l’ordine delle cose che si ispira alla perfezione della Via.(27) Se parliamo della Via e non rispettiamo quest’ordine, contravveniamo alla Via. Se parliamo della Via e non la seguiamo, come pensiamo di farla nostra?
Per questo motivo gli Antichi, che ben sapevano che cosa fosse la perfezione della Via, cercavano in primo luogo di conoscere il Cielo e soltanto dopo si dedicavano alla Via e alla Virtù. Quando avevano ben chiaro che cosa fossero la Via e la Virtù, cominciavano ad esercitare la benevolenza e la giustizia. Dopo che si erano impratichiti della benevolenza e della giustizia, passavano a distinguere le funzioni (28) e, una volta individuate le diverse funzioni, ne fissavano il nome e le caratteristiche (29) Ciò fatto, attribuvano le funzioni a persone incaricate di svolgerle. Nominati i funzionari, ne valutavano la condotta, accertando se avessero adempiuto bene o male ai loro compiti. Sulla base di questo accertamento, concedevano ricompense ed infliggevano punizioni. Grazie al sistema dei premi e delle punizioni, i più capaci e i meno capaci comprendevano quali fossero i loro rispettivi ruoli. I migliori raggiungevano posizioni corrispondenti alla loro eccellenza ed i meno dotati occupavano posti adatti alla loro mediocrità. (30) I più abili e i meno abili svolgevano con impegno le rispettive funzioni. (31) Le diverse capacità erano correttamente utilizzate. Ogni funzionario svolgeva effettivamente i compiti indicati nella descrizione del suo impiego.(32)
In questo modo gli inferiori servivano i superiori ed i superiori avevano cura degli inferiori. In questo modo gli Antichi amministravano la collettività e coltivavano il proprio carattere.
Essi sapevano che non avevano bisogno di pianificare, ma che dovevano invece cercare di essere in armonia con Cielo. Questo sistema era la perfezione del governo ed era chiamato “Il Supremo Equilibrio”(33)
Perciò si legge nel Libro: “Ci sono le diverse funzioni e i nomi con cui vengono designate”. (34) Gli Antichi ne erano coscienti, ma non davano a questo fatto un’importanza predominante. Essi partivano dalla Perfezione della Via ed era soltanto dopo quattro tappe che si occupavano “delle funzioni e dei loro nomi” ed era soltanto dopo otto tappe che mettevano in piedi un sistema ”di ricompense e di punizioni”. Se si fossero occupati in primo luogo delle funzioni e dei loro nomi, avrebbero mostrato di non conoscere le fondamenta del governo; se avessero messo in piedi per prima cosa un sistema di ricompense e di punizioni, avrebbero mostrato di non conoscere i rudimenti del governo. Coloro che parlano senza conoscere la Via e che teorizzano opponendosi alla Via sono unicamente atti ad essere governati. Come potrebbero mai governare?
Il parlare per prima cosa “delle funzioni e dei loro nomi”, “delle ricompense e delle punizioni” mostra soltanto che chi parla conosce gli strumenti del governo, ma ne ignora il metodo, prova soltanto che può essere usato come esecutore nell’amministrazione dell’Impero, ma che non è capace di svolgere una funzione di guida. Un simile individuo è, come si dice, un sofista, un uomo di mentalità ristretta.
Gli Antichi conoscevano le cerimonie e le leggi, la contabilità, la regolamentazione dei pesi e delle misure, ma per loro questi erano gli strumenti con cui gli inferiori servivano i loro superiori, non erano gli strumenti con cui i Monarchi reggevano l’Impero.
Una volta Shùn domandò a Yáo:”Come fa Vostra Maestà ad aver cura del popolo?”. (35)
Yáo gli rispose: “Non sono superbo con i bisognosi, non trascuro i poveri, piango i defunti, ho affetto per i giovani e ho compassione delle vedove”.
“Davvero ammirevole!” osservò Shùn “Ma in ciò non vedo Grandezza”.
“Che cosa dovrei dunque fare?” gli domandò a sua volta Yáo.
Shùn gli rispose: “Un sovrano che possiede la Virtù del Cielo regna senza alcuno sforzo, così come il Sole e la luna risplendono, così come le quattro stagioni si susseguono l’una dopo l’altra. Il suo operato è naturale come l’alternarsi del giorno e della notte, come il movimento delle nubi che portano la pioggia."
“Non avevo capito ed ho sbagliato” riconobbe Yáo” Tu miri ad essere in armonia con il Cielo, mentre io ho cercato di essere in armonia con gli uomini.” (36)
Il Cielo e la Terra erano tenuti in grande considerazione a quei tempi e l’Imperatore Giallo, Yáo, Shùn, erano accomunati dalla loro venerazione.
Perciò, che cosa facevano gli antichi Sovrani?
Si limitavano a seguire la Via del Cielo e della Terra.
Confucio (37) si diresse verso occidente per depositare alcuni suoi scritti (38) presso gli archivi della corte imperiale.
Zĭ Lù gli disse: “Ho sentito dire che il responsabile degli archivi era un certo Lăo Dān (39), il quale si è dimesso dall’incarico e si è ritirato in casa sua. Se voi, Maestro, desiderate depositare questi scritti negli archivi, perché non andate a trovarlo e non chiedete il suo aiuto?”.
Confucio accettò il consiglio e andò a trovare Lăo Dān, che gli negò il proprio appoggio.
Allora Confucio tirò fuori (40) i “Libri delle Primavere e degli Autunni” (41) e cominciò a leggerli per convincerlo.
Lăo Dān tuttavia lo interruppe:“Tutto ciò non vuol dir niente. Riassumimi il messaggio di questi libri”.
“Questi libri “ gli spiegò Confucio” esaltano l’umanità e la giustizia”.
“Pensi che queste virtù costituiscano l’essenza della natura umana?” gli chiese Lăo Dān.
“Ne sono convinto” rispose Confucio “ Chi è privo di umanità, non può essere un uomo di valore. Chi trascura la giustizia è un aborto di uomo. L’umanità e la giustizia sono l’essenza della nostra natura”.
“Che cosa intendi per umanità e giustizia?” gli domandò allora Lăo Dān.
“Umanità e giustizia significano” spiegò Confucio”provare in sé simpatia per tutte le cose, amare tutti gli uomini (42), rigettare l’egoismo”.
“Ah!” esclamò Lăo Dān “ A questo riguardo ci sarebbe qualcosa da ridire. L’amore universale è un concetto molto vago e il rigetto dell’ egoismo equivale ad essere egoisti. (43) Se tu, Maestro, vuoi prenderti cura del mondo, non trascurare la forza che lo guida! (44) Pensa al Cielo e alla Terra che non mutano mai, pensa al sole e alla luna che conservano eternamente il loro splendore, pensa alle stelle che perseguono costantemente le loro orbite!. Pensa ai pesci, alle bestie, agli uccelli, che continuano a riunirsi in banchi, in mandrie, in stormi! Pensa agli alberi che crescono incessantemente! Imita l’energia che li anima! Imita il loro comportamento! Segui la Via e affrettati alla meta! Ecco che vi sei già giunto. Perché continui ad urlare ad alta voce “umanità e giustizia”, come se stessi suonando il tamburo, come se fossi alla ricerca di un figlio smarrito? Ah, Maestro! Tu non fai che portare disordine nella natura umana.”
Shì Chéngqĭ (45) andò a trovare Lăozĭ e gli disse: ”Avevo sentito celebrare, Maestro, la vostra saggezza e sono venuto a vedervi, senza spaventarmi delle difficoltà del viaggio. Durante il lungo cammino (46), mi sono venuti i calli ai piedi, ma non ho voluto fermarmi ed ora che sono giunto da voi, mi accorgo che non siete un saggio. Non siete generoso perché avete cacciato di casa vostra sorella minore che aveva lasciato qualche avanzo di cibo ai topi, mentre voi conservate e riponete nella dispensa qualsiasi resto, anche minimo, di alimenti crudi o cotti.”
Lăozĭ rimase indifferente e non reagì al rimprovero.
Il giorno seguente Shì Chénqĭ ritornò a vedere Lăozĭ e gli disse: “ Ieri vi ho rimproverato, ma oggi, non so perché, sento che sto cambiando idea”.
Lăozĭ gli rispose: “Ritengo irrilevante che mi si consideri una persona intelligente, un sapiente, un santo, un saggio. Ieri, avresti potuto benissimo definirmi “un bue” o “un asino”(47) e la cosa non mi avrebbe fatto alcun effetto. Non essere definito in un certo modo sarebbe una disgrazia soltanto se le definizioni della gente corrispondessero ad una realtà effettiva. Ne sono fermamente convinto. Non lo dico per questo caso specifico”.
Shí Chénqī si ritirò come per andarsene, fece qualche passo, poi si voltò e tornò indietro chiedendo: “Che devo fare per coltivarmi?”.
“Tu non sei una persona equilibrata” gli rispose Lăozĭ “Hai gli occhi spiritati, la fronte sfuggente (48), la voce irosa, l’aspetto arrogante. Sembri un cavallo irrequieto, che sta calmo soltanto perché è trattenuto dal morso, altrimenti salterebbe e scalpiterebbe. Sei teso come un arco pronto a scoccare le sue frecce. Esamini e giudichi con puntiglio ogni cosa. Cerchi di apparire saggio, ma ti manca il sapere. Tutto ciò mostra che non si può fare affidamento su di te. Se uno ti incontrasse nei pressi della frontiera, ti prenderebbe per un brigante”.
Il Maestro disse: “La Via compenetra senza esaurirsi le cose più grandi e si manifesta anche nelle cose più insignificanti, perciò la ritroviamo, compiuta e perfetta, nell’universo intero. Onnipresente! Immensamente profonda! La rappresentazione della sua forza nelle virtù dell’umanità e della giustizia non riesce a fornire un’ idea del suo divino operare. Soltanto l’uomo che ha raggiunto la perfezione (49) è in grado di comprenderla! Costui si deve prendere cura del mondo. Non è forse un grande compito? Eppure non basta a metterlo in difficoltà. Egli tiene in mano le redini dell’Impero (50), ma riesce a rimanerne distaccato. (51) Sa discriminare tra il vero e il falso e non è mosso da alcuna ambizione né da alcun interesse personale. Intuisce la vera natura delle cose ed è quindi in grado di concentrarsi su ciò che è fondamentale. Perciò è estraneo al Cielo ed alla Terra ed indifferente al mondo (52), cosicché il suo spirito è libero da qualsiasi costrizione. Quest’uomo ha davvero compreso la Via e si conforma alla sua essenza: ricaccia indietro l’umanità e la giustizia (53) ed attribuisce modesta importanza alle cerimonie e alla musica, eppure è un uomo perfetto, il cui giudizio coglie esattamente la realtà dell’universo."
La gente crede che la Via sia ben spiegata nei libri, ma i libri non sono che parole e le parole sono utili soltanto quando servono a trasmettere un’idea. Può accadere che la cosa da cui l’idea deriva non sia descrivibile con parole, eppure gli uomini scrivono libri perché ritengono che le parole possano riuscire a descriverla. Cercano di spiegarla, ma, semplicemente, non sono in grado di farlo, poiché ciò che vogliono spiegare non può essere spiegato. Perciò noi guardiamo e ciò che possiamo vedere sono soltanto forme e colori, ascoltiamo e ciò che possiamo sentire sono soltanto parole e suoni. Ahinoi! Come si può pensare che forme e colori, parole e suoni siano sufficienti a spiegarci la vera natura della Via? È chiaro che non sono sufficienti. Dice bene il proverbio: “Chi sa non parla e chi parla non sa”. Come potrebbero mai gli uomini conoscere la realtà della Via? (54)
Seduto in cima alla scalinata del palazzo, il duca Huán (55) leggeva un libro. In basso, nel cortile, il carradore Biàn fabbricava una ruota.
Messi un momento da parte martello e scalpello, Biàn salì i gradini e si rivolse al duca: “Posso domandare a Vostra Eccellenza che cosa sta leggendo?”.
“ Gli scritti dei saggi” gli rispose il duca.
“Sono ancora vivi questi saggi?”.
“No, sono morti da tempo”.
“Allora ciò che Vostra Eccellenza sta leggendo non è che un povero rimasuglio della sapienza di quegli antichi saggi”. (56)
“Tu, un carradore,” sbottò il duca irritato” pensi di poter dare un giudizio sul libro che io sto leggendo? Spiegami perché credi di poterlo fare. Se ci riesci, bene. Altrimenti, ti farò giustiziare”.
Il carradore rispose: “Cercherò di spiegarmi prendendo esempio dalla mia professione. Quando fabbrico una ruota, se do martellate leggere, non mi affatico, ma il lavoro non viene bene. Se picchio con forza, spendo molta energia, ma i vari pezzi della ruota non si incastrano perfettamente l’uno nell’altro. (57) Riesco a realizzare ciò che avevo in mente se i miei gesti non sono né troppo delicati né troppo violenti. Però non saprei spiegare come arrivo a questo equilibrio; agisco per intùito più che seguendo regole precise. Non sono in grado di trasmettere quest’intùito a mio figlio né mio figlio può impararlo da me. È per questo che, a settant’anni suonati, continuo a fare il carradore. Lo stesso vale per gli antichi saggi. Anche essi non erano in grado di trasmettere ad altri ciò che intuivano. Ed ora sono morti e sepolti.Ecco la ragione per cui affermo che Vostra Eccellenza sta leggendo soltanto un povero rimasuglio della loro sapienza”.(58)
NOTE
1) Abbiamo qui il ritratto del saggio secondo il Taoismo. Il saggio non sgomita per mettersi in mostra, per farsi applaudire dalle folle, per far prevalere dappertutto la propria opinione. La sua modestia e la sua riservatezza inducono addirittura molti a ritenerlo una persona di scarse doti intellettuali. È soltanto nei tempi lunghi che tutti si renderanno conto delle sue eccezionali qualità.
Alcuni aspetti di questo ritratto si adattano bene anche a Confucio, sebbene quest’ultimo non abbia mai avuto niente a che fare con il Taoismo.
2) L’ “astensione dall’agire”, che va intesa come rinuncia a
condurre una politica troppo “volontaristica” e“decisionale” , consente di rimanere estranei alle contese di parte e di conservare una visione obiettiva delle cose. Ciò assicura un’esattezza di valutazione e una profondità di giudizio che, a loro volta, permettono di effettuare con piena cognizione di causa le scelte che appaiono fondamentali per il bene dello Stato.
3) Questa frase ha in sostanza stesso significato della precedente, anche se espresso in forma diversa.
L’indifferenza alle passioni genera la serenità che è il miglior stato d’animo in cui ci si possa trovare quando occorre prendere delle decisioni. Le decisioni prese da una persona il cui animo è sereno e privo di ogni turbamento sono ovviamente le più razionali e quindi quelle che hanno le maggiori probabilità di successo.
4) Yáo 堯e Shùn 舜sono due imperatori mitici, celebri per la loro saggezza. Shùn fu ministro di Yáo, il, quale, ammirandone le straordinarie doti intellettuali e morali , lo nominò suo erede al governo dell’Impero.
5) La perfetta comprensione dell’universo da parte del saggio induce la gente a vedere in lui una figura misteriosa e dotata di poteri arcani. Si spiega quindi la formazione di leggende che attribuivano ai saggi l’immortalità, l ’onniscienza, l’ubiquità, la capacità di volare e altre doti fuori del comune.
6) Le doti del saggio gli consentono di consigliare sempre per il meglio il sovrano e quindi di svolgere non di rado le funzioni di un vero e proprio “re senza corona”.
“Re senza corona”( 素王 “súwáng”) è, per esempio, uno degli appellativi con cui è spesso designato Confucio.
7) I caratteri 閒 (“xián”) e 游 (“yóu”) significano letteralmente “stare in ozio” e “vagare”. Per “ozio” si intende l”otium” dei Romani, cioè il tempo libero da impegni destinato all’introspezione e alla meditazione. Anche il termine “vagare” va inteso in senso positivo: il saggio, svincolato da compiti che lo costringano a non allontanarsi da una determinata sede si muove liberamente acquistando con i suoi viaggi sempre nuova esperienza e sempre maggior coscienza del funzionamento del mondo.
8) Senza nessuno sforzo da parte loro, i saggi saranno spontaneamente riconosciuti dalla gente come le persone più ragguardevoli che esistano nell’Impero.
9) La dottrina taoista non va interpretata come un insegnamento che imponga l’inerzia assoluta condannando qualsiasi tipo di azione. Sono condannabili le azioni che potremmo definire “volontaristiche”, cioè quelle con cui gli uomini cercano di coartare le leggi della natura; sono invece commendevoli, quelle che si limitano ad assecondare il corso naturale delle cose. Il termine 動 (“dòng”), che significa “muoversi”,”agire”, va inteso di conseguenza.
10) Ad indicare la forza intrinseca che muove il Cielo e la Terra viene qui usato il termine “virtù”( 德 “dé”), un po’ come nell’antica lingua italiana si usava il termine “virtù motrice” per designare la forza che imprimeva il movimento ad un oggetto.
11) Le espressioni “La Grande Radice”( 大本 “dà bèn”) e “La Grande Origine”( 大宗 “dà zōng”) indicano il principio e il fondamento dell’Universo. Chi riesce a percepire con chiarezza le leggi della natura è in armonia con il Creato.
12) Si confronti il Dào Dé Jīng 道德經, capitolo V: “L’Universo non prova pietà. Per lui tutte le cose sono come fantocci di paglia”.
13) Troviamo qui la contrapposizione, propria della dottrina taoista, tra la Natura che crea tutte le cose seguendo una evoluzione spontanea e l’Uomo che modifica la funzione degli oggetti alterandone brutalmente la forma mediante l’uso di una infinità di strumenti.
14) L’espressione 物化(“wùhuà”) significa letteralmente “il mutamento delle cose”. Nella dottrina taoista, l’immortalità non è il prolungamento indefinito dell’esistenza individuale, bensì il ritorno all’esistenza indistinta ed eterna dell’universo.
15) Il termine 蓄 (“xù”) ha progressivamente assunto, partendo dall’idea originaria di “accumulare provviste”, i significati di “allevare”, “far crescere”,”proteggere”. L’uomo che conosce le leggi della natura nutre, educa e protegge il mondo con la sua saggezza.
16) La contrapposizione è tra “utilizzare il mondo”( 用天下” yòng tiānxià”) e “fare il servizio del mondo”( 為天下用 “wéi tiānxià yòng”), tra “sovrabbondare”( 有餘 “yǒu yú”) e “non essere sufficiente” (不足”bù zú”).
17) I governanti devono fissare i “grandi princìpi” della politica, le “linee direttive” dell’azione di governo, la “costituzione” dell’Impero, i ministri e funzionari devono trasfondere tali princìpi e tali direttive in atti concreti. Questo schema corrisponde in linea di massima alla distinzione tra “potere legislativo” e “potere esecutivo” che sarà, qualche millennio più tardi, enunciata da Montesquieu.
Osservazioni analoghe sono d’altronde formulate anche da Confucio, il quale osserva, nei suoi Dialoghi, che il buon governante deve aver sempre presenti gli obiettivi generali da perseguire, senza perdersi nello studio dei dettagli.
18) Ritroviamo qui un principio fondamentale della dottrina taoista: l’uomo più saggio è quello che lascia che la natura faccia il suo corso e non tenta di interferire.
19) All’osservazione degli antichi sfuggivano i modi in cui si formano gli elementi del regno minerale e i modi in cui le piante traggono dalla terra il loro nutrimento, giacché tutto ciò è stato investigato e spiegato in maniera scientifica soltanto di recente. La frase intende comunque dire che non spetta agli uomini intromettersi nello svolgimento dei fenomeni naturali.
20) L’espressione 三軍 (“sān jūn”) designava anticamente l’esercito in quanto composto da tre “armate”: l’avanguardia, il centro e la retroguardia.
21) Il termine五兵 (“wŭ bīng”), letteralmente “le cinque armi”, può indicare le truppe in generale oppure le truppe distinte secondo il loro tipo di armamento (cfr. “Armi” nella terminologia militare italiana).
22) Il testo cinese menziona le “cinque pene” ( 五刑“wŭ xīng”), che erano: marchio a fuoco, taglio del naso, taglio di uno o di entrambi I piedi, castrazione, esecuzione capitale.
23) Ho interpretato il termine 度(“dù”), che significa“ misura”,”dimensione”, nel senso
di "regolare i pesi e le misure", "fissare le unità di misura".
24) La “cintura di canapa” (絰 “dié”) veniva indossata sugli abiti di lutto per esprimere afflizione.
25) Il significato dei termini 神(“shēn”) e 明(“míng”) è molto ampio. Nel primo va ravvisato il carattere divino del Cielo e della Terra, nel secondo ciò che si potrebbe chiamare l”intelligenza creatrice”.
26) Il testo cinese reca il termine 齒 (chĭ), cioè “dentatura”, che è spesso usato in senso metaforico per significare “età”, ”anzianità”.
27) L’espressione 大道 (“dà dào”), letteralmente “la gran Via”, designa la perfetta adesione all’insegnamento taoista .
28) il termine 守(“shŏu”) significava, all’inizio, “dovere” e quindi “funzione”. I caratteri che lo formano (“un pollice” sotto un “tetto”) indicano le azioni che devono essere compiute in una casa, cioè le funzioni che spettano a ciascuno prima nell’ambito ristretto dell’organizzazione familiare, poi, ampliando l’orizzonte, negli ambiti sempre più vasti della comunità sociale.
29) I termini 形 (“xíng”), cioè“forma, e 名 (“míng”), cioè nome, sottolineano come, una volta individuata una specifica funzione, occorra definirne chiaramente la natura e darle un nome.
30) Una società in cui “ciascuno occupa il posto che gli spetta in base alle sue qualità ed ai suoi meriti” era già un’utopia anche ai tempi di Zhuāngzĭ, il quale prudentemente ne colloca l’esistenza in epoche antichissime e leggendarie.
31) Viene qui esposta, con qualche millennio di anticipo, la moderna teoria del “livello di competenza”. In una amministrazione efficiente e perfettamente ordinata nessuno dovrebbe mai trovarsi ad essere sottoimpiegato o, viceversa, ad assumere responsabilità superiori alle sue conoscenze ed alle sue capacità. La corrispondenza tra i compiti affidati ad una persona e la sua attitudine a svolgerli non solo genera una maggiore efficienza, ma influisce positivamente anche sulla psiche dell’interessato che non risentirà né frustrazioni né stress.
32) Per usare una terminologia moderna si dirà che c’era una perfetta corrispondenza tra la “job description” e la competenza del funzionario.
33) Il termine太平(“tài píng”), che significa “supremo equilibrio”, ”suprema stabilità”, “ grande pace”, esprime l’ideale di uno Stato in cui tutto funziona alla perfezione ed in cui viene perciò meno qualsiasi attrito e qualsiasi tensione.
34) Il “Libro” è il Dào Dé Jīng 道德經, nel quale si riconosce in effetti che gli uomini hanno la necessità di distinguere le cose e di dare loro dei nomi, sebbene si affermi, nello stesso tempo, che ciò non dovrebber impedir loro di cogliere la sostanziale unità dell’universo. L’espressione qui riportata non è però una citazione letterale.
35) L’espressione 用心 (“yòng xīn”) significa “essere diligente”, “essere attento”, “aver cura”. Shùn domanda a Yáo in che modo quest’ultimo svolga le sue funzioni di governo.
36) Yáo non sembra ancora aver raggiunto il sommo della saggezza, che non consiste soltanto, come lui credeva, nell’essere in sintonia con gli uomini e nel saper dunque governare bene, ma anche nell’essere in sintonia con il Cielo e saper dunque governare conformemente alla volontà divina. Si tratta della distinzione che viene effettuata, all’inizio di questo capitolo, tra “Felicità Umana” e “Felicità Celeste”.
37) Confucio non fa mai una bella figura nel Zhuāngzĭ. Qui lo vediamo mentre prega invano Lăozĭ di aiutarlo ad ottenere un riconoscimento ufficiale della propria dottrina.
38) Sotto la dinastia dei Zhōu Orientali 東周 la capitale imperiale fu dapprima Wángchéng 王城 (dal 771 a.C. al 510 a.C.) ed in seguito Chéngzhōu 成周. Entrambe le città erano situate nel Hénán 河南, cioè ad occidente del ducato di Lŭ 魯, patria di Confucio, che occupava una parte dell’attuale Shāndōng 山東.
39) Lăo Dān 老聃 è uno dei nomi con cui è conosciuto Lăozĭ 老子, il fondatore del Taoismo. Secondo una tradizione riportata da Sīmă Qiān 司馬遷 nelle sue “Memorie Storiche”( 史記 “shĭjì”), Sezione “Biografie” ( 列傳 “lièzhuàn”), cap.63 “Biografie di Lăozĭ e di Hánfēi” (老子韓非列傳 “lǎozi hánfēi lièzhuàn “), Lăozĭ sarebbe stato uno dei responsabili degli archivi imperiali nel periodo in cui visse Confucio. Si legge infatti al paragrafo 1 di tale capitolo quanto segue: “ fu archivista della biblioteca imperiale ai tempi della dinastia Zhōu” (周守藏室之史也 “zhōushǒu cángshì zhī shǐ yě”).
40) Il termine 翻 (“fàn”) esprime originariamente l’idea del movimento di un oggetto lungo e flessibile che oscilla nell’aria. Poiché, prima dell’invenzione della carta, i testi erano scritti su listelli di bambù legati l’uno all’altro mediante cordicelle e raccolti in un piccolo fascio, la loro lettura richiedeva che il fascio fosse completamente srotolato e lasciato pendere dinanzi agli occhi della persona che leggeva.
41) Il testo cinese reca l’espressione “I dodici libri”( 十二經“shí èr jīng), che è attualmente usata per indicare i dodici classici del Confucianesimo, nei quali tuttavia rientrano anche testi di epoca più tarda. Nel presente contesto l’espressione deve quindi riguardare scritti attribuibili a Confucio. Potrebbe trattarsi degli “Annali delle Primavere e degli Autunni” (春秋 “ chŭn qiù “), opera storica di cui Confucio è ritenuto autore. In questo caso, si parlerebbe di “dodici” libri perché l’opera registra, in forma estremamente schematica, le vicende dei dodici duchi di Lŭ che regnarono nel Periodo delle Primavere e degli Autunni (771 a.C.-4765 a.C.)
42) Confucio sembra qui far propria l’idea dell’amore universale (兼愛 “jiān’ài”), che è però un concetto sviluppato più dal Mohismo che dal Confucianesimo. Va osservato che gli aneddoti raccontati nel Zhuāngzĭ sono spesso poco affidabili dal punto di vista dell’esattezza storica.
43) Come si spiega questo paradosso? Mi sembra che, alla luce della dottrina taoista, cercare di far prevalere la propria visione delle cose, anche se ispirata ai princìpi dell’amore, dell’umanità e della giustizia, sulle leggi della natura significhi voler imporre all’universo il proprio modo di pensare, e costituisca dunque il massimo dell’egoismo.
44) Il testo cinese reca il termine 牧(“mù”), che significa, letteralmente “pastore”,”mandriano” e, metaforicamente, “guida”,”sovrano”( si pensi ad Omero che chiamava il re “ποιμὴν λαῶν “, “pastore di popoli”). Con questo termine il Zhuāngzĭ intende evidentemente riferirsi al Cielo e alla Via, le forze che reggono l’universo.
45) Shí Chéngqĭ, non nominato in altre fonti, sembra essere un personaggio di fantasia.
46) Il testo cinese reca l’espressione 百舍 (“băi shĕ”) vale a dire “cento tappe”.
47) “Asino” mi è parso rendere meglio, in italiano, il senso spregiativo del termine, che, nel testo cinese, è “cavallo” ( 馬 “mă”).
48) Ho tradotto in questo modo l’espressione cinese 顙 頯 然 (“sǎng kuí rán”), letteralmente “fronte come gli zigomi”. La fronte ampia era comunemente interpretata come simbolo di saggezza, la fronte sfuggente denotava invece scarsa capacità di giudizio.
49) Il termine cinese 至人(“zhì rén”) designa, nella dottrina taoista, “l’uomo che è arrivato (alla meta”), cioè il saggio.
50) L’espressione 奮柄 (“fèn bīng”) , letteramente “tenere il manico ( di un’ascia, di una zappa…), equivale alle nostre espressioni “tenere il timone”,”tenere le redini”.
51) Con le parole 不與之偕 (bù yǔ zhī xié) si intende esprimere l’idea di “non stare insieme”, di “non essere legati”, cioè, nel caso specifico, la capacità di esercitare il potere mantenendosene sempre distaccati.
52) Questa espressione iperbolica intende descrivere l’atteggiamento mentale di colui che è riuscito a conseguire l’imperturbabilità suprema, il distacco assoluto dal mondo e da tutte le sue passioni.
53) Questa frase, presa da sola, è senza dubbio sconcertante. Per comprenderla bene occorre inquadrarla, come s’è già detto più volte, nel sistema generale della filosofia taoista.
54) Si può qui ricordare l’incipit del Dào Dé Jīng 道德經 :”La via che si può descrivere non è la Via”( 道可道,非常道 “ dào kě dào, fēi cháng dào”) e l’arguta osservazione di Bái Jŭyì 白 居 易, il quale si domandava se fosse veramente necessario scrivere un libro per tentare di spiegare ciò che si sapeva di non poter spiegare.
55) Risulta da altre fonti che il protagonista dell’aneddoto è il duca Huán di Qí 齊桓公, il quale regnò dal 685 a.C. al 643 a.C.
56) Ho tradotto con “povero rimasuglio” l’espressione 糟魄(“zāo pò”).
Il termine 糟 (“zào”) indica la feccia di una bevanda alcoolica. Il termine 魄(“pò”) designa quella parte dell’anima umana che, secondo le antiche credenze, rimaneva nel corpo al momento della morte, a differenza della parte detta 魂 (“hún”), che invece lo abbandonava.
57) Ho interpretato in questo modo l’espressione 不入 (“bù rù”), letteralmente “non entrano”.
58) Questo aneddoto ha fornito lo spunto a profonde riflessioni, sulle quali non è qui il caso di soffermarci. Si può comunque ricordare che, secondo la dottrina taoista,la Via è qualcosa che si può vivere, ma che non si può insegnare.Esiste una grande differenza tra “comprendere” e “sapere”. Noi “comprendiamo” grazie ai libri e all’insegnamento dei maestri come una cosa funziona, ma in verità non lo “sapremo” mai finché non lo avremo sperimentato noi stessi.