L’Antologia del Fiume Wăng
輞川集 wāng chuān jí
Raccolta di venti poesie
二十首·
PREFAZIONE DI WÁNG WÉI
“ Il mio ritiro è situato nella vallata del fiume Wăng. Gli angoli più suggestivi della vallata sono: la Conca di Mèng Chéng, la Cresta di Huàzĭ, la Capanna in Legno di Ginko, il Pendio di Jīnzhú, il Recinto dei Cervi, la Macchia delle Magnolie, il Boschetto dei Cornioli, il Sentiero delle Sofore, il Padiglione sul Lago, il Poggio Meridionale, il Laghetto del Mastino, il Torrente dei Salici, le Rapide dei Luán, la Fontana della Sabbia d’Oro, la Riva delle Rocce Bianche, il Poggio Settentrionale, il Padiglione tra i Bambù, il Terrapieno delle Magnolie, il Boschetto degli Alberi della Lacca, il Giardino delle Spezie ed altri ancora. Nei momenti di ozio, Péi Dí ed io abbiamo composto una serie di quartine su questi siti”.
餘别業在輞川山穀,其游止有孟城坳、華子岡、文杏館、斤竹嶺、鹿柴、木蘭柴、茱萸沜、宮槐陌、臨湖亭、南垞、欹湖、柳浪、欒家瀨、金屑泉、白石灘、北垞、竹里館、辛夷塢、漆園、椒園等,與裴迪閑暇,各賦絕句雲爾
1
LA CONCA DI MÈNG CHÉNG
孟城坳
mèng chéng ào
王維:新家孟城口,古木馀衰柳.來者複爲誰,空悲昔人有.
裴迪:結廬古城下,時登古城上.古城非疇昔今人自來往.
La Conca di Mèng Chéng (1)
Wáng Wéi
Ora ho una nuova casa nella conca di Mèng Chéng (2) , xīn jiā mèng chéng kóu 新 家 孟 城 口
ma quanta tristezza scorgo nel vecchio salice. gŭ mù yú āi liù 古 木 馀 衰 柳
Non sa quali persone vivranno qui in futuro lái zhĕ fù wéi shuì 來 者 複 為 誰
ma vanamente rimpiange (3) chi un tempo ci visse. kōng chóu xī rén yóu 空 悲 昔 人 有
Péi Dí
Han costruito una casa sotto il vecchio muro. (4) jié lú gǔ chéng xià 結 廬 古 城 下,
Quando tu t’arrampichi sull’antica muraglia, shí dēng gǔ chéng shàng 時 登 古 城 上。
i ruderi non appartengono più al passato. gǔ chéng fēi chóu xī 古 城 非 疇 昔
È un uomo d’oggi colui che ci cammina sopra. (5) jīn rén zì lái wǎng 今 人 自 來 往
NOTE
1) La prima poesia della raccolta ci dà la posizione esatta della villa che Wáng Wéi si è fatto costruire a Lántián 藍 田 sui monti Zhōngnán 終 南 山 , qualche decina di chilometri a sud di Cháng’ān 長 安 . La villa sorge nella valle del fiume Wăng 輞川 all’imboccatura di una conca chiamata Méng Chéng 孟城.
2) 孟城口 (“mèng chéng kóu”) è la “bocca” della conca di Mèng Chéng (·孟城坳 “ mèng chéng ào”).
3) La costruzione impersonale del verso cinese lascia aperta la strada a diverse ipotesi interpretative. Se non c`è dubbio sul fatto che la riflessione sulla fuggevolezza della vita umana (il poeta abita in un luogo dove altri hanno abitato prima di lui ed altri ancora abiteranno dopo di lui) è un tipico tema buddhista, non è ben specificato chi compia questa riflessione. Logicamente, è l’uomo che medita sul proprio destino, ma, poeticamente, è bello attribuire la tristezza e il vano rimpianto al vecchio salice, muto testimone dell’inesorabile trascorrere del tempo.
4) Il toponimo 孟 城 (“mèng chéng”) si riferiva ovviamente alla presenza sul luogo dove fu costruita la villa delle rovine di una vecchia muraglia ( 城 chéng”).
5) La quartina di Péi Dí può essere considerata una risposta alla poesia di Wáng Wéi, anche se si muove su un piano ben diverso. Il giovane poeta sembra dire al vecchio amico:” Non intristiamoci a meditare sul destino dell’uomo. Godiamoci la vita. Pensiamo al presente come se fosse immutabile, anche se l’esperienza ci dimostra il contrario”.
2
LA CRESTA DI HUÀZĬ
華子岡
huàzĭ gāng
王維:飛鳥去不窮,連山複秋色。上下華子岡,惆悵情何極。
裴迪:落日松風起,還家草露晞。雲光侵履蹟,山翠拂人衣。
La Cresta di Huāzĭ
Wáng Wéi
Un uccello vola nell’infinità del cielo. fēi niăo qù bù qióng 飛 鳥 去 不 窮
Le colline riprendono i colori d’autunno lián shān fù qiū sè 連 山 複 秋 色
Salendo sul pendio di Huàzĭ e scendendone (1) shàng xià huà zĭ gāng 上 下 華 子 岡
provo una sensazione d’intensa malinconia.(2) chóu chàng qíng hé jí 惆 悵 情 何 極
Péi Dí
Il sole sta tramontando, il vento soffia tra i pini. luò rì sōng fēng qī 落 日 松 風 起,
Torniamo a casa calpestando l’erba riarsa. huán jiā căo lù xī 還 家 草 露 晞
Raggi filtrano dalle nubi sulle nostre tracce yún guāng qīn lǚ jì 雲 光 侵 履 蹟
mentre il verde del bosco ci spazzola gli abiti.(3) shān cuì fú rén yī 山 翠 拂 人 衣
NOTE
1) L’espressione 上 下 (“shàng xià”) vale, letteralmente,”in alto e in basso”, “su e giù”,”da cima a fondo”.
2) Anche qui ritorna la concezione buddhista del carattere effimero delle cose. La contemplazione di un paesaggio autunnale facilita la riflessione sull’inconsistenza dei fenomeni mondani.
3) La seconda poesia mette, essa pure, in risalto la differenza di temperamento tra i due poeti. Mentre Wáng Wéi trae dall’osservazione del paesaggio lo spunto per una profonda riflessione, Péi Dí sembra invece più attento a fornirci un elegante quadretto di genere, ricco di notazioni impressionistiche: il sole che tramonta, il vento della sera che comincia a soffiare, l’erba quasi essiccata dal calore del giorno , alcuni raggi che attraversano la coltre di nubi, i rami degli alberi che sfiorano gli escursionisti avventuratisi nel folto del bosco.
3
LA CAPANNA IN LEGNO DI GINKO
文杏馆
wén xìng
王維:文杏裁爲梁,香茅結爲宇。不知棟里雲,去作人間雨。
裴迪:迢迢文杏館,躋攀日已屢。南嶺與北湖,前看複回顧。
La capanna in legno di ginko (1)
Wáng Wéi
Tronchi di ginko tagliati per fare da travi. wén xìng cái wèi liáng 文 杏 裁 为 梁
Stuoie di canne odorose servono da tetto. xiāng máo jié wèi yŭ 香 茅 结 为 宇
Chissà se una nuvola ,traversando il soffitto, bù zhī dòng lĭ yún 不 知 栋 里 云
non arriverà a portarci uno scroscio di pioggia. (2) qù zuò rén jiān yŭ 去 作人 间 雨
Péi Dí
La capanna di legno di ginko lassù in cima. tiáo tiáo wén xìng guǎn 迢 迢 文 杏 館
Tutto un giorno d’arrampicata per arrivarci. jī pān rì yǐ lǚ 躋 攀 日 已 屢
Panorama di montagne al sud e di laghi al nord. (3) nán lǐng yǔ běi hú 南 嶺 與 北 湖
Il mio sguardo scorre senza sosta avanti e indietro. qián hòu fù huí gù 前 後 復 回 顧
NOTE
1) La parola 文杏(“wénxìng”) è normalmente tradotta con “albicocco” o “mandorlo”, tale essendo il significato del carattere 杏“(xìng). In un commento cinese di questa poesia ho però letto 文 杏 即 銀 杏 (“wénxìng jí yínxìng”) vale a dire “wénxìng significa yínxìng”. “Yínxìng”(“mandorlo argentato”) è il termine con cui è designato il ginko (nome scientifico “Ginkgo Biloba”), perché i suoi frutti assomigliano a mandorle spruzzate di farina bianca. Il legno giallastro di questo albero è di bassa qualità, data la sua grana fine che lo rende piuttosto fragile, e non dovrebbe quindi essere usato nella costruzione di edifici.
2) Gli ultimi due versi richiamano la seconda poesia della raccolta di Guō Pú 郭璞 (276 d.C.-324 d. C.) intitolata “Viaggio con gli Immortali” ( 遊仙 “yóuxiān”), in cui la capanna di un eremita taoista è così descritta: “Le nuvole penetrano attraverso il soffitto, il vento passa dalle finestre e dalla porta”. (雲生梁棟間,風出窗戶裏 “yún shēng liáng dòng jiān fēng chŭ chuānghu lĭ”).
3) Il termine 南嶺(”nánlíng”) , vale a dire “I Picchi del Sud”, indica attualmente una catena montagnosa che separa la Cina Centrale dalla Cina Meridionale, attraversando il Guăngxī 廣 西 ,il Guăngdōng 廣 東 e il Húnán 湖 南 . La cima più elevata, la “Montagna del Gatto” (貓 儿 山 “māo’ér shān”), è alta 2.142 metri. Tali montagne non sono tuttavia certamente visibili da Lántián 藍 田 , che si trova molto più a nord, nella regione dello Shănxī 陝 西. Ritengo quindi che Péi Dí abbia qui usato termini generici per indicare il panorama che si vedeva dall’alto della collina su cui sorgeva la capanna in legno di ginko.
4
IL PENDIO DI JĪNZHÚ (1)
·斤竹嶺
jīnzhú lĭng
王維:檀欒映空曲,青翠漾漣漪。暗入商山路,樵人不可知。
裴迪:明流紆且直,綠筱密複深。一徑通山路,行歌望舊岑。
Il pendio di Jīnzhú
Wáng Wéi
Un labirinto di sandalo e di pioggia d’oro.(2) tán luán yàng kōng gū 檀 欒 映 空 曲
Un verde acceso che dilaga e tutto sommerge. qīng cuì yàng lián yī 青 翠 漾 漣 漪
Nel folto, un sentiero nascosto porta al Monte Shāng,(3) àn rù shāng shān lù 暗 入 商 山 路
ma nemmeno il boscaiolo saprebbe trovarlo.(4) qiáo rén bù kĕ zhī 樵 人 不 可 知
Péi Dí
Serpeggia giù per le balze(5) il limpido torrente. míng liú yū qiē zhí 明 流 紆 且 直
Verde, folto e profondo è il boschetto di bambù (6). lǚ xiăo mì fù shēn. 綠 筱 密 復 深
Un sentierino conduce alla strada dei monti . yī jìng tòng shān lù 一 徑 通 山 路
Cammino fischiettando e ammiro le antiche cime.(7) xíng gé wàng jiù cén 行 歌 望 舊 岑
NOTE
1)Il titolo “Il pendio di Jīnzhú” (斤竹嶺 “jīnzhú lĭng”) rimanda, in parte, ad una lirica di Xiè Língyùn 謝 靈 運 (385 d.C.-433 d.C.), considerato il fondatore della poesia paesaggistica (山 水 詩 “shānshuĭ shī”), intitolata: “Lungo il torrente Jīnzhú, attraversando la cresta della collina e seguendo la corrente”(從 斤 竹 澗 越嶺溪 行 “cóng jīnzhú jiàn yuè lĭng xī xíng).
2) Letteralmente “sandalo e koelreuteria brillano nei vuoti meandri”. Il “sandalo” ( 檀 "tán", nome scientifico “Santalum album”) e la “koelreuteria” ( 欒 "luán", nome scientifico “Koelreuteria paniculata”), così chiamata in onore del botanico tedesco Joseph Gottlieb Kölreuter, sono piante tropicali molto invasive. Il poeta dice che “brillano” poiché hanno fiori assai colorati, in particolare la “koelreuteria”, che produce infiorescenze di un giallo vivo. Ho inteso l’espressione 空 曲(“kōng gū”), vale a dire “curva vuota”, nel senso di un meandro senza uscita e l’ho quindi tradotta con “labirinto”. Ho usato “pioggia d’oro” invece di “koelreuteria”( dal termine inglese “goldenrain”comunemente usato per indicare questa pianta) per non dare alla traduzione il tono di un trattato di fitologia nonché per recuperare, indirettamente, l’idea di “brillio”,”luccichio”, che ho dovuto sacrificare per ragioni di metrica.
3) Troviamo qui un riferimento nascosto ai “Quattro Vecchi del Monte Shāng”(商 山 四 皓 “shāngshān sìhào”). Si narra che, ai tempi dell’imperatore Gāozŭ 高 祖 (206 a.C.-195 a.C), fondatore della dinastia Hàn 漢 朝 , quattro alti funzionari, disgustati dall’arroganza del sovrano, decisero di abbandonare i loro incarichi e di ritirarsi a vivere come eremiti sul monte Shāng. Quando Gāozù manifestò l’intenzione di modificare le regole della successione imperiale, diseredando il proprio primogenito a vantaggio di un altro figlio, l’imperatrice e i consiglieri di corte pregarono i quattro saggi di lasciare per un momento il loro eremitaggio e di presentarsi all’imperatore per convincerlo a non attuare tale proposito. Gāozù, colpito dalla loro fama di virtù e di saggezza, accettò di rinunciare al suo progetto. L’accenno, seppure implicito,a questa antica storia, lascia pensare che Wáng Wéi scorgesse qualche somiglianza tra il suo soggiorno a Lántián e il ritiro dei quattro saggi sul monte Shāng.
4) La poesia ha evidentemente un significato allegorico. Quando decise di farsi costruire una residenza di campagna a Lántián, Wáng Wéi usciva da un periodo nel quale gli erano stati affidati incarichi poco prestigiosi lontano dalla capitale e si domandava quindi se fosse preferibile riprendere servizio, rischiando tuttavia di trovarsi ancora una volta emarginato a causa degli intrighi di corte, oppure manifestare il proprio rifiuto di adattarsi alla corruzione dominante, ritirandosi in un dorato esilio nella sua nuova villa. Egli paragona il dilemma in cui si trova alla situazione di chi si sia smarrito in una fitta boscaglia e non trovi più il sentiero per uscirne. Da un lato, vorrebbe avere il coraggio di abbandonare ogni ambizione e di dedicarsi ad una vita di meditazione e di studio, dall’altro,è cosciente di avere tutte le qualità per essere utile allo Stato e per svolgere una brillante carriera che potrebbe portarlo alle più alte cariche di governo. Alla fine, Wáng Wéi ritornò a Cháng’ān e si vide attribuire, col passare del tempo, funzioni sempre più importanti.
5) Ho così tradotto l’espressione 紆且直(“yū qiĕ zhí”), letteralmente “contorto e verticale”.
6) La parola 筱(“xiăo) è tradotta dai dizionari con “bambù nano”. Una ricerca più dettagliata ha rivelato che il carattere 筱 appare oggi, nel linguaggio scientifico, come componente del termine ”xiăo zhú shŭ”( 筱竹属) che designa il Thamnocalamus Munro, un genere di bambù che non supera normalmente un paio di metri d’altezza e che tende a formare cespugli. La specie più importante è il Thamnocalamus spathiflorus. È talvolta confuso con la Fargesia, detta anche “bambù freccia” (箭 竹 “jiànzhú”), con la quale presenta molte somiglianze.
7) È inutile cercare qui allegorie e significati reconditi. Mentre nelle poesie di Wáng Wéi c’è spesso uno spunto che amplia il discorso richiamando altri temi, Péi Dí si limita per lo più ad una accurata e gradevole descrizione del paesaggio.
5
Il RECINTO DEI CERVI
鹿 柴
lù zhài
王維:空山不見人,但聞人語響。返景入深林,複照青苔上。
裴迪:日夕見寒山,便爲獨往客。不知深林事,但有麏麚蹟。
Il Recinto dei Cervi (1)
Wáng Wéi
Sulla montagna deserta (2) non si vede nessuno, kōng shān bù jiàn rén 空 山 不 見 人
eppure si sentono risonare voci umane. dàn wén rén yǔ xiǎng 但 聞 人 語 響.
Un raggio di luce penetra nel folto del bosco (3) fǎn jǐng rù shēn lín 返 景 入 深 林,
e rimbalza in alto dal verde tappeto di musco.(4) fù zhào qīng tái shàng 復 照 青 苔 上
Péi Dí
Dall’alba al tramonto la montagna appare fredda rì xī jiàn hán shān 日 夕 見 寒 山
a chi ci vive solitario, partiti gli ospiti. biàn wéi dú wăng kè 便 為 獨 往 客
Chi può mai sapere che accade nel folto del bosco bù zhī shēn lín shì 不 知 深 林 事
anche se vi sono le tracce lasciate dai cervi?.(5) dàn yŏu jūn jiā jì 但 有 麇 麚 迹
NOTE
1) L’espressione “Recinto dei Cervi”( 鹿 柴 “lù zhài”) è troppo simile all’espressione “Parco dei Cervi “( 鹿 园 “lù yuán”) per non destare il dubbio che la poesia, lungi dall’essere una semplice descrizione di paesaggio, abbia anche un significato filosofico e religioso.
Il “Parco dei Cervi” ( “mṛgadāva” मृगदावः, pronunciato “mrigadava”in sanscrito, “migadāya” मिगदाय in pali) situato a Sārnāth presso Benares, nello Stato indiano dell’Uttar Pradesh, è infatti uno dei quattro luoghi santi del Buddhismo. Fu in questo parco che il Buddha tenne il suo primo sermone, in cui illustrò i fondamenti della sua dottrina.
L’origine del “Parco dei Cervi” è legata ad un’antica leggenda: Il re di Benares, appassionato consumatore di selvaggina, aveva fatto chiudere in una riserva un branco di cervi ed ogni giorno inviava i suoi cacciatori ad abbattere un animale per la sua mensa. Una volta, una giovane cerva gravida implorò il capobranco, Nigrodha, di salvarla e quest’ultimo offrì sé stesso ai cacciatori in sostituzione della vittima designata. Un così nobile esempio di generosità commosse il re, il quale dispose che, da allora in poi, i cervi potessero vivere indisturbati nella riserva.
La leggenda fu ripresa dalla tradizione buddhista che, nel Nigrodha Miga Jātaka ( निग्रोध मिग जातक “La Storia del Cervo Nigrodha”), trasforma il re dei cervi in un Bodhisattva. Il ricordo del mito permane nel nome attuale della località in cui si trova il “Parco dei Cervi”, Sārnāth सारनाथ, che deriva da “Sāranganāth” सारगनाथ, vale a dire “Il Signore dei Cervi”.
Senza addentrarci in lunghe discussioni sul significato da attribuire al titolo della poesia, possiamo comunque osservare che, anche qualora , nel caso specifico, il nome “Recinto dei Cervi” non avesse in origine alcun legame con la dottrina buddhista, un’ovvia associazione di idee ha condotto il poeta a manifestare in questa, più ancora che in altre poesie, la concezione buddhista che era alla base del suo pensiero.
2) Molti commentatori attribuiscono particolare rilievo alla frequenza con cui il termine 空 (“kōng” “vuoto”) ricorre nella poesia di Wáng Wéi. Detto termine, che appare ben 94 volte nei versi del poeta, rimanderebbe infatti alla nozione di śūnyatā” शून्यता, che, nella dottrina buddhista, esprime essenzialmente l’idea della “vacuità” delle cose, cioè dell’inesistenza di una realtà sostanziale.
3) Alcuni commentatori vedono un secondo riferimento al Buddhismo nell’espressione “făn jĭng” 返 景 ( all’inizio del terzo verso) che traducono come “ i raggi del sole che tramonta”, secondo un’accezione di questo termine che già figura nel “ Classico dei Monti e dei Mari” (山 海 經 “shān hăi jĭng”), opera risalente al 4° secolo a.C. La luce del crepuscolo che penetra nella penombra del bosco potrebbe infatti rappresentare l’”illuminazione” che sopraggiunge improvvisa dopo una lunga meditazione. Essa proviene da ponente perché lì si trova, secondo l’insegnamento del Buddhismo della Terra Pura ( 淨 土 宗 “jìngtŭzōng” ) , Sukhāvatī सुखावती, il Paradiso Occidentale, dove risiede il Buddha Amithāba अमिताभ, in cinese Āmítuó fó 阿 弥 陀 佛.
4) Il quarto verso della poesia è abitualmente tradotto “la luce risplende di nuovo sul verde musco”, intendendosi il carattere 上 “shang” come preposizione, pronunciata perciò con il quarto tono (“shàng”).
Il Prof. Peter Boodberg sostiene tuttavia, con un’argomentazione che riporterò qui per sommi capi, un diversa interpretazione.
Il carattere 上 (shang)- egli afferma- può essere pronunciato anche in terzo tono (“shăng”) nel qual caso assume il significato di “salire” o di “alzare”.
Se si tiene conto della rima, che per i poeti dell’epoca Táng era qualcosa di estremamente importante, la quartina doveva rimare in base allo schema ABAB, vale a dire il secondo verso doveva rimare con il quarto, cosa che non risultava possibile con toni diversi (xiăng-shàng”).La rima doveva quindi necessariamente essere “xiăng-shăng”, ciò che ci obbliga ad attribuire a 上 in questo contesto il significato di salire. ( Il discorso è evidentemente svolto con riferimento alle pronunce accertate durante l’epoca Táng, non essendo in moltissimi casi più valido sulla base delle pronunce attuali come risulta chiaramente dalla mancanza di rima tra il primo ed il terzo verso (“rén-lín”).
Inoltre, in molte forme verbali, come 照 “zhào” “risplendere”, la preposizione può essere considerata implicita nel verbo, cosicché già la forma 照 青 苔 “zhào qīn tái” significa “risplendere sul verde musco”.
Di conseguenza, il verso va letto come segue: “ la luce risplende di nuovo salendo dal verde musco”.
Possiamo quindi immaginarci il poeta raccolto in meditazione nella penombra del bosco che, verso il tramonto, solleva lo sguardo, sorpreso da un’improvviso chiarore, e segue con gli occhi, dal basso in alto, i raggi luminosi che sembrano salire verso il cielo.
5) Anche nella poesia di Péi Dí 裴迪 si può scorgere una meditazione filosofica sul senso dell’esistenza umana. L’immagine contenuta nei due ultimi versi ha forse ispirato a Sū Dōngpō 蘇 東 坡 la poesia intitolata “Ripensando al passato con Zĭyóu nel tempio di Miănchí ( .和子由澠池懷 舊 “hé zĭyóu miănchí huái jiù”) in cui si legge:
Che cos`è in fondo la vita degli uomini? 人 生 到 處 知 何 似 rén shēng dào chŭ zhī hé sì
È come uno stormo di oche selvatiche
che si posi un attimo sulla neve soffice. 應 似 飛 鴻 踏 雪泥 yīng sì fēi hóng tā xué ní
Lasciano sopra la neve tracce confuse. 泥上 偶 然 留 指 爪 ní shàng oŭ rán liú zhĭ zhuăma
Chi saprebbe dire dove sono volate?. 鴻飛 那 復 計 東 西 hóng fēi nă fùjì dōng xī
6
LA MACCHIA DELLE MAGNOLIE
木蘭柴
mùlán chái
王維:秋山斂馀照, 飛鳥逐前侶。 彩翠時分明夕嵐無處所。
裴迪:蒼蒼落日時,鳥聲亂溪水。緣溪路轉深,幽興何時已。
La macchia delle magnolie
Wáng Wéi
La luce dell’autunno si raccoglie sui monti.(1) qiū shān lián yú zhào 秋 山 斂 馀 照
Su nel cielo, voli d’uccelli che si inseguono.(2) fēi niăo zhú qián lǚ 飛 鳥 逐 前 侶
Brilla per un momento il verde di prati e boschi (3) căi cuì shí fén míng 彩 翠 時 分 明
prima che sopraggiunga la foschia della sera.(4) xī lán wú chù suŏ 夕 嵐 無 處 所
Péi Dí
Nel blu profondo dell’ora in cui tramonta il sole cāng cāng luò rì shí 蒼 蒼 落 日 時
canti d’uccelli coprono il brusio del torrente.(5) niǎo shēng luàn xī shuǐ 鳥 聲 亂 溪 水
Il sentiero della riva si perde nel bosco. yuán xī lù zhuǎn shēn 緣 溪 路 轉 深
È già vicina la serenità della notte?(6) yōu xīng hé shí yǐ 幽 興 何 時 已
NOTE
1) Letteralmente: “I monti d’autunno raccolgono quanto resta di luce”. È l’ora del tramonto in un giorno d’autunno.
2) Letteralmente: “Uccelli in volo inseguono i compagni che stan loro davanti”.La scena ricorda i versi del “Passero Solitario” di Leopardi:
“Gli altri augelli contenti, a gara insieme,
per lo libero ciel fan mille giri”.
3) Il termine 彩 (“căi”) indica “colore” o “varietà di colori”. Ho quindi inteso l’espressione 彩 翠 (“căi cuì”) come “varietà di colori verdi”, “diverse tonalità di verde” e l’ho tradotta con “il verde di prati e boschi”. Il poeta ha colto l’attimo suggestivo in cui gli ultimi raggi del sole morente illuminano il paesaggio.
4) 嵐(“lán”) è la nebbia che si diffonde sulle montagne e sulle colline al calar del sole. L’espressione 夕 嵐 無 處 所 (“xī lán wú chù suŏ”), letteralmente “non c’è posto per la foschia della sera”, è di difficile interpretazione. L’ho intesa nel senso che soltanto dopo il crepuscolo la nebbia potrà risalire dal fondovalle e ricoprire i pendii. Sarebbe forse possibile trovare anche a questi versi un senso più profondo, ma non mi sembra opportuno appesantire la lettura con la continua ricerca di allegorie.
5) Letteralmente:”Canti d’uccelli si confondono con l’acqua del torrente”. Il termine 亂 (“luán”) indica "confusione”, ”disordine”, ”ribellione”, ”mescolanza caotica”.Mi è parso ragionevole immaginare che l '”acqua del torrente” significhi più esattamente il “rumore dell’acqua che scorre” e che il poeta intenda descrivere come i trilli disordinati degli uccelli nell’ora del tramonto si sovrappongano al tranquillo mormorio della corrente.
6) I dizionari attribuiscono al termine 幽 (“yōu”) due distinti significati: “oscuro” e “calmo”.Con un po’ di audacia li ho accomunati nell’espressione “la serenità della notte”.
7
IL BOSCHETTO DEI CORNIOLI
茱萸沜
zhū yú pàn
王維:結實紅且綠,複如花更開。山中儻留客,置此芙蓉杯。
裴迪:飄香亂椒桂,布葉間檀欒。雲日雖回照,森沉猶自寒。
Wáng Wéi
Nella stagione dei frutti sono rossi e verdi. jié shí hóng qié lǜ 結 實 紅 且 綠
Si direbbe che avvenga una nuova fioritura. fù rú huā gèng kāi 復 如 花 更 開
Se un ospite s’attarda lassù sulla collina, shān zhōng tăng liú kè 山 中 儻 留 客
offritegli una coppa di succo di corniolo.(1) zhì cĭ zhū yú bēi 置 此 芙 蓉 杯
Péi Dí
Fluttua nell’aria un intenso profumo di spezie. piāo xiāng luàn jiāo guì 飄 香 亂 椒 桂
Sandalo e saponaria spuntano tra il fogliame.(2) bù yè jiān tán luán 布 葉 間 檀 欒
Anche se il sole riappare in mezzo alle nuvole yún rì suī huí zhào 雲 日 雖 回 照
nel folto del bosco si continua a sentir freddo. sēn chén yóu zì hán 森 沉 猶 自 寒
NOTE
1) I cornioli (芙 蓉“zhūyú”) erano associati all’idea di salute e di longevità. Era d’uso bere un liquore fatto con le bacche di corniolo il nono giorno del nono mese lunare detto anche il Doppio Nove (重 九 “chóng jiŭ”) per prevenire le possibili conseguenze dannose dell’eccesso di energia da cui, secondo il “Libro dei Mutamenti” (易 經“yì jīng”), tale giorno era caratterizzato.
2) L’espressione 檀 欒(“tán luán”) indica specificamente il sandalo e la kolreuteria, piante che emanano un intenso profumo. Essa ha però assunto, col passare del tempo, il significato generico di piante aromatiche e viene usata anche come aggettivo nel senso di “profumato”. Mi sono perciò concesso una piccola “licenza poetica” traducendo 欒 (“luán”) con “saponaria”, pianta diversa dalla “kolreuteria”, ma caratterizzata anche’essa da un odore assai pronunciato.
8
Il SENTIERO DELLE SOFORE
茱萸沜
gōng huái mò
王維:仄徑蔭宮槐,幽陰多綠苔。應門但迎掃,畏有山僧來。
裴迪:門前宮槐陌,是向欹湖道。秋來山雨多,落葉無人掃。
Il Sentiero delle Sofore
Wáng Wéi
Un sentierino obliquo all’ombra delle sofore, (1) zè jìng yīn gōng huái 仄 徑 蔭 宮 槐
quieto, nascosto, ricoperto di verde musco. yōu yīn duō lǜ tái 幽 陰 多 綠 苔
Mentre m’apron la porta, s’affannano a spazzare. yìng mén dàn yíng sǎo 應 門 但 迎 掃
Temono ch’io sia l’eremita della montagna.(2) wèi yǒu shān sēng lái 畏 有 山 僧 來
Péi Dí
A sud della porta (3), il sentiero delle sofore mén nán gōng huái mò 門 南 宮 槐 陌
è la strada che conduce al Lago del Mastino. shì xiàng yì hú dào 是 向 欹 湖 道
Sono frequenti, sui monti, le piogge d’autunno. qiū lái shāng yŭ duō 秋 來 山 雨 多
Cadono le foglie, ma nessuno le spazza via. luò yè wú rén săo 落 葉 無 人掃
NOTE
1) Il termine 宮 槐 (“gōng huái”), letteralmente “le sofore del palazzo”, con cui il poeta designa gli alberi di sofora (nome scientifico: “Styphnolobium japonicum”) non ha, nel caso specifico, nulla a che vedere con la presenza di un palazzo.La sofora viene indicata con tale appellativo perché è un albero che, fin dai tempi più antichi, ornava i cortili dei palazzi degli alti dignitari.Si legge nei “Riti dei Zhōu”( 周裡 “zhōu lĭ”), parte dedicata agli “Uffici dell’Autunno” (秋 官 司 寇 “qiūguān sīkòu”), paragrafo 75, con riferimento al cerimoniale delle udienze imperiali:”Di fronte ci sono tre alberi di sofora. Là stanno in piedi i tre principali ministri. Dietro di loro s’affollano i governatori delle province” (面三槐,三公位焉,州長眾庶在其後 ).
2) La scenetta non manca di un certa ironia.Un sentierino sghembo, nascosto tra gli alberi, dove non passa mai anima viva tant’è vero che è ricoperto di musco. Una casa solitaria, mal tenuta, dove nessuno si preoccupa di spazzare via le foglie che cadono dai rami e si accumulano dinanzi all’entrata. Bussano alla porta, cosa che non accadeva da anni, ed è il panico. Chi può essere? Il pensiero corre all’unica persona che abita nei paraggi, l’eremita della montagna, il vecchio monaco che gode reputazione di saggezza e di santità , ed è subito un affaccendarsi affannoso per fare un po’ di pulizia, per ricevere con un minimo di decoro il visitatore di riguardo.È con un sospiro di sollievo che, quando fanno entrare l’inaspettato ospite, si accorgono che non è colui che credevano. La morale della favola è probabilmente la relatività della fama e del prestigio: Wáng Wéi che, nella capitale, è un poeta famoso e un funzionario d’alto rango, in mezzo alle montagne ed ai boschi, dove nessuno lo conosce, ridiventa un perfetto sconosciuto e viene accolto con deferenza soltanto perché è scambiato per un altro.
3) Nell’antica Cina gli alberi di sofora erano usualmente piantati sul lato meridionale della casa di fronte alla porta principale. Si veda, al riguardo “La storia del governatore di Nánkē ( 南柯太守传 ”Nánkē Tàishǒu Zhuàn “ di Lĭ Gōngzuŏ 李 公佐 , nel cui primo paragrafo si legge:
“...Dinanzi al lato meridionale della casa, sorgeva un grande e vecchio albero di sofora, dal tronco massiccio e dai rami assai folti, la cui chioma faceva ombra per un largo spazio Nei giorni di festa Chúnyú e molti suoi valenti compagni si riunivano a bere sotto di esso. ...”.
9
IL PADIGLIONE SUL LAGO
臨湖亭
lín hú tíng
王維:輕舸迎上客,悠悠湖上來。當軒對尊酒,四面芙蓉開。
裴迪:當軒彌滉漾,孤月正裴回。穀口猿聲發,風傳入戶來。
Il Padiglione sul Lago
Wáng Wéi
L’ospite di riguardo giunge su una barchetta qíng gé yíng shàng kè 輕 舸 迎 上 客
che naviga lentamente sulle onde del lago. yōu yōu hú shàng lái 悠 悠 湖 上 來
Ancora sulla terrazza libiamo una coppa.(1) dāng xuān duì zūn jiŭ 當 軒 對 尊 酒
Tutt’intorno stanno sbocciando i fiori di loto. sì miàn fú róng kāi 四 面 芙 蓉 開
Péi Dí
S’infrangono sulla terrazza le onde montanti. dāng xuān mí huàng yàng 當 軒 彌 滉 漾
Proprio ora appare in cielo la luna solitaria. gū yuè zhèng péi huí 孤 月 正 裴 回
Dalle gravine echeggiano strida di scimmie. gǔ kǒu yuán shēng fā 穀 口 猿 聲 發
Spifferi di vento penetrano dalla porta.(2) fēng chuán rù hù lái 風 傳 入 戶 來
NOTE
1) L’uso del termine 尊 (“zūn”) che indica un vaso di bronzo, di forma rotonda o quadrata, già in uso all’epoca della dinastia Shàng 商 朝 per contenere il vino destinato alle libazioni, fa pensare che l’ospite di riguardo sia stato accolto con una piccola cerimonia o che, almeno nella poesia,.Wáng Wéi abbia voluto dare all’arrivo dell’ospite un tono di solennità impiegando un’espressione ricercata.
2) Mentre Wáng Wéi ha descritto una scena di grande serenità, Péi Dí preferisce un quadro molto più agitato: egli ci mostra il padiglione sulla riva del lago in una notte di tempesta.
10
Il POGGIO MERIDIONALE
南垞
nán chá
王維:輕舟南垞去,北垞淼難即。隔浦望人家,遙遙不相識
裴迪:孤舟信一泊,南垞湖水岸。落日下崦嵫,清波殊淼漫。
Il Poggio Meridionale
Wáng Wéi
Ardua per la barchetta la lunga traversata qīng zhōu nán chá qù 輕 舟 南 垞去
dal poggio meridionale alla collina del nord. (1) bĕi chá miāo nán jī 北 垞 淼 難 即
Dall’altra riva scorgo i membri della mia famiglia, (2) gé pŭ wàng rén jiā 隔 浦 望 人 家
ma sono troppo lontani per riconoscerli.(3) yáo yáo bù xiāng shí 遙 遙 不 相 識
Péi Dí
Una barchetta solitaria va ad ancorarsi (4) gū zhōu xīn yī pō 孤 舟 信 一 泊
sulla riva del lago, di fronte al poggio del sud. nán chá hú shuĭ àn 南 垞 湖 水 岸
Il sole cadente si nasconde sotto lo Yānzī.(5) luò rì xià yān zī 落 日 下 崦 嵫
La cresta delle chiare onde si perde lontano.(6) qīng bō shū miăo màn 清 波 殊 淼 漫
NOTE
1) La poesia prende il titolo dal poggio meridionale, punto di partenza della escursione che conduce Wáng Wéi sulla riva opposta del lago.
2) Il termine 人 家 (“rén jiā”) indica in generale i familiari.
3) L’indeterminatezza tipica dell’antica lirica cinese permette anche altre letture, lievemente diverse, di questa poesia. Mi sono attenuto qui all’interpretazione più comune.
4) Letteralmente :”si affida ad un ancoraggio” (信 一 泊 “xīn yī pō “). È questa la lezione che figura nella “Raccolta completa della Poesia Táng” ( 全 唐 詩 “quàn táng shī”). Su Internet, ho trovato una variante: “è spinta dal vento ad ancorarsi”( 信 風 泊“xīn fēng pō”).
5) Lo Yānzī 崦 嵫 è un monte del Gānsù 甘 肅 . Secondo la mitologia cinese vi è su di esso una grotta nella quale, ogni sera, dopo il tramonto, si nasconde il sole.
6) Nell’originale cinese l’immagine è molto più suggestiva: “ Le chiare onde sono decapitate nelle acque senza confini”.
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IL LAGO DEL MASTINO (1)
· 欹湖
yī hú
王維:吹簫凌極浦,日暮送夫君。湖上一回首,青山卷白雲。
裴迪:空闊湖水廣,青熒天色同。 艤舟一長嘯,四面來清風。
Il Lago del Mastino
Wáng Wéi
Il flauto echeggia sino alla riva più lontana.(2) chuī xiāo líng jí pū 吹 簫 凌 極 浦
Al crepuscolo prendo congedo dall’amico. rì mù sòng fū jūn 日 暮 送 夫 君
Quando sono sul lago volgo indietro la testa. hú shàng yī huí shŏu 湖 上 一 回 首
Bianche nubi s’arricciano sulle verdi montagne.(3) qīng shān juăn bái yún 青 山 卷 白 雲
Péi Dí
Ampia e deserta la vasta distesa del lago. kōng kuò hú shuĭ guăng 空 闊 湖 水 廣
Dello stesso brillante azzurro il color del cielo. qing yìng tiān sè tóng 青 熒 天 色 同
Apparecchiata la barca (4), emetto un lungo fischio (5) yĭ zhōu yī cháng xiào 艤 舟 一 長 嘯
ed una fresca brezza soffia da tutti i lati.(6) sì miàn lái qīng fēng 四 面 來 清 風
NOTE
1) Ho tradotto con “mastino” il termine 欹“yī”, che indica genericamente un cane dal carattere aggressivo, senza riferimento ad una razza specifica.
2) La lettura di alcune osservazioni di Joseph Needham nel suo libro“Science and Civilisation in China”, (Cambridge University Press, Sixth Printing, 2004), Volume 4 “Physics and Physical Technology”, Part I “Physics”, che tratta degli sviluppi della scienza in Cina a partire dai primi antichissimi tentativi di comprensione dei fenomeni naturali, mi ha indotto a pensare che, in questo verso, Wáng Wéi alluda alla pratica di suonare il flauto per “suscitare” una brezza propizia alla navigazione.
Un certo numero di antichi testi sembra infatti stabilire un legame tra le “otto fonti di suono” (八 音 “bā yīn”) della tradizione musicale cinese e le “otto direzioni del vento” (八 風 “bā fēng”).
Nel “Commento di Zuŏ agli Annali delle Primavere e degli Autunni” (左 傳春 秋 ”zuŏzhuàn chūnqiū”), opera del 4° secolo a.C., si trova la seguente affermazione:”Si danza al ritmo degli otto suoni e soffiano gli otto venti” ( 夫舞所以節八音,而行八風 “fú wŭ suŏyĭ jiè bā yīn ér xíng bā fēng”).
Nelle “Memorie della Musica” (樂 記 “yuè jì”), forse un frammento o un compendio del “Classico della Musica” (樂 經 “ yuè jīng”) , giunto a noi come diciannovesimo capitolo del “Libro dei Riti” (禮 記 “lĭjì”), si legge che “ gli otto venti seguono il ritmo e non sono traditori “(八風從律而不奸 ”bā fēng cóng lǜ ér bù jiān”).
Il Needham osserva che sembra dedursi da tali passi la credenza che “ i venti delle otto direzioni fossero ‘evocati” ciascuno da una specifica danza magica, introdotta da una nota di uno strumento fabbricato con materiale corrispondente ad una delle otto fonti di suono" (cfr op.cit., pag. 186: “The winds of the eight directions were summoned each by its appropriate magical dance, led off by a note from an instrument made from one of the eight sources of sound”).
Le otto fonti di suono (八 音 “bā yīn”) erano: il metallo ( 金 “jīn”), la pietra (石 “shí”), la seta (絲 “sī”), il bambù (竹 “zhú”), la zucca (匏 “páo”), l’argilla (土 “tú”), il cuoio (革 “gé”), il legno (木 “mù”).
Il suono del flauto di canne di bambù doveva quindi “evocare” uno degli “otto venti”.
Nei “Dialoghi di Confucio commentati, con l’aggiunta di ulteriori commenti” (論 語注 疏 “lùnyŭ zhùshū”) di Xíng Bíng 邢昺 (931 d.C.-1010 d.C.) si legge, al capitolo intitolato “Le otto file di danzatori”( 八 佾”bā yì”), che “quando s’ode il suono del bambù, soffia il vento chiamato Míngshù”.( 震音竹、其風明庶 “zhèn yīn zhú qí fēng míng ´shù”). Il termine “míngshù” 明庶 designa il vento che soffia dall’oriente all’inizio della primavera.
3) Il termine 卷 (”juăn”) vale “srotolarsi” o “arricciarsi” e rende bene il continuo movimento delle nuvole sopra le montagne.
4) I dizionari attribuiscono al termine 艤(“yĭ”) il senso di “manovrare per attraccare”, “prepararsi ad attraccare”. Tuttavia, considerato il contesto, si deve ritenere che, almeno nella poesia antica, il termine potesse anche significare “manovrare per salpare”, “prepararsi a salpare”.
5) L’espressione “un lungo fischio”( 一 長 嘯 ”yī cháng xiào”), che in italiano risulta assolutamente anodina, è in cinese particolarmente ricca di significato.
Per comprenderla bene occorre risalire molto indietro nel tempo, almeno fino ad un passo del secondo capitolo del Zhuāngzĭ 莊 子, intitolato “Una cosa vale l’altra” (齊物論 “qí wù lùn”), in cui è riportato il seguente dialogo tra due saggi:
“ Zĭqí spiegò: “Il respiro della massa terrestre è chiamato vento. Talvolta non soffia, ma, se soffia, si sente uscire da innumerevoli aperture un suono rabbioso. Non ne hai mai udito il sibilo prolungato? Prendi lo spettacolo impressionante di una foresta di montagna: le fessure e le cavità che trovi nei suoi maestosi alberi, dai tronchi larghi centinaia di spanne, sono per loro come il naso, la bocca, le orecchie, ora fusiformi , ora tonde come un mortaio o come un pozzo, ora paragonabili a una pozzanghera. I suoni che ne escono sono simili a uno scroscio di pioggia, a un mormorìo, a un urlo, a un gorgoglìo, a un grido, a un ruggito, a un ululato, a uno stridulo lamento. Essi sono dapprima leggeri, ma poi si intensificano, sempre in armonia tra di loro. La mite brezza genera una tenue melodia, il soffio impetuoso produce una musica possente. Quando le raffiche di vento si allontanano, tutte le cavità rimangono vuote. Non hai mai visto le fronde stormire, le foglie vibrare?”
Zĭyóu osservò: “ La musica della terra è dunque quella che proviene da tutte le sue cavità, così come la musica dell’uomo è quella che proviene dalle canne di bambù. “.
Partendo da queste osservazioni, il pensiero cinese andò elaborando l’idea di un parallelismo tra i suoni della natura e i suoni emessi dall’uomo sia attraverso la voce (canti o fischi), sia attraverso gli strumenti musicali, in particolare il flauto. Si formò così la credenza che suoni di origine umana, ma simili ai suoni prodotti da taluni fenomeni naturali, potessero “evocare” tali fenomeni. Ad esempio, un suono prolungato simile al soffio del vento avrebbe potuto far spirare il vento.
In tale ordine di idee, venne attribuita particolare importanza al fischio. Sūn Déng 孫 登, (230 d.C.-260 d.C.), un saggio eremita del periodo dei Tre Regni (三 國 “sānguó”), avrebbe conosciuto e praticato dodici tipi di fischi, ciascuno dei quali avrebbe prodotto specifici effetti nel mondo naturale. Tale numero fu ripreso in un’opera dell’epoca Táng intitolata “L’arte del fischio” (“嘯旨”xiàozhī”), in cui si legge: ”Esistono dodici diversi modi di fischiare”.( 凡十二嘯之變態極矣 ”fàn shí ‘èr xiào zhī biàntài jì yĭ”).
Uno di questi modi è il 長 嘯 (“cháng xiào”) del quale il “Grande Dizionario della Lingua Cinese” (汉 语 大 词 典 “hàn yŭ dà cídiăn”) dà le seguenti definizioni: 1) “urlare a gran voce, emettere un suono acuto e prolungato” (大声呼叫,发出高而长的声音 “dà shēng hūjiào,fā chū gāo ér cháng de shēng yīn”) 2) “protrudere le labbra emettendo un suono lungo e chiaro che giunge molto lontano”(撮口发出悠长清越的声音 " cuō kóu fā chū yōu qīng yuè de shēng yīn").
Il “cháng xiào”, che, sotto certi aspetti, può essere considerato come un esercizio di yoga, fu particolarmente studiato e praticato dai saggi taoisti nel periodo dei Hàn Orientali 東 漢 朝 (25 d.C.-220 d.C.) e, successivamente, sotto la dinastia Jìn 晉 朝 (265 d.C-420 d.C.).
Si riteneva che un esperto di questa tecnica fosse in grado di comunicare con gli animali, di entrare in contatto con gli spiriti e di controllare i fenomeni meteorologici, ad esempio il soffio del vento.
Nel “Libro dei Hàn Posteriori” (後 漢 書 “hóu hàn shū”), Volume 82 ”Biografie degli Alchimisti(術 列 傳“shùliè zhuàn”),Parte Seconda, “Biografia di Xú Dēng” (徐登傳 ), si narra che “una volta Zhào Bĭng 趙 柄 doveva attraversare un fiume, ma il traghettatore non volle farlo salire sulla sua barca. Allora Zhào Bĭng srotolò una coperta e ci si sedette sopra. Poi, con un lungo fischio, chiamò il vento (長肅呼風 “cháng xiào hū fēng), che lo trasportò al di là del fiume”.
Il termine 長肅“cháng xiào” è frequentemente usato anche nella poesia dell’epoca Táng 唐 朝.
Particolarmente calzante appare un esempio tratto da Lĭ Bái 李 白 che, nella prima delle “Sei poesie dedicate ad un’escursione sul monte Tài” ( 游泰山六首 ”yóu tài shān liù shoŭ”) scrive:”Alle porte del Cielo emetto un lungo fischio ed un chiaro vento giunge da diecimila lĭ di distanza” ( 天 門 一 長 嘯 ,萬 里 清 風 來 ” ”tiān mén yī cháng xiào wàn lĭ qīng fēng lái”).
La traduzione esatta di questo termine che ha un significato ben preciso è “fischiare” e non “canticchiare”, come si trova in molte traduzioni.
6) L’immagine è molto poetica, ma lascia un po’ perplessi. Se la brezza soffia dai quattro lati ( 四 面 “sì miàn”), in quale direzione sarà spinta la barchetta?
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Il TORRENTE DEI SALICI (1)
柳浪
liŭ làng
王維:分行接綺樹,倒影入清漪。不學禦溝上,春風傷别離。
裴迪:映池同一色,逐吹散如絲。結陰既得地,何謝陶家時。
Il Torrente dei Salici
Wáng Wéi
Folte file di bei salici, uno accanto all’altro, fēn háng jiē qĭ liŭ 分 行 接 綺 樹
si riflettono nelle chiare onde del ruscello. dào yĭng rù qīng yī 倒 影 入 清 漪
La scena è diversa (2) sul fossato del palazzo. (3) bù xué yù gōu shàng 不 學 禦 溝 上
Nell’aria di primavera si soffre per l’addio.(4) chŭn fēng shāng bié lí 春 風 傷 别 離
Péi Dí
I riflessi nello stagno han lo stesso colore, yìng chí tòng yī sè 映 池 同 一 色
aggrovigliati come filamenti di seta. hù chuī sàn rú sī 逐 吹 散 如 絲
Sul terreno cominciano ad addensarsi le ombre. jié yīn jì dé dí 結 陰 既 得 地
Ringraziamo il Maestro Táo per questo momento!(5) hé xiè táo jiā shí 何 謝 陶 家 時
NOTE
1) L’espressione 柳浪“liŭ làng” significa letteralmente l’”onda dei salici”. Il titolo della poesia gioca sul fatto che i filari di alberi, riflettendosi nel torrente, sembrano quasi creare un “fiume di salici”.
2) Il termine 學 (“xué”), che di regola significa “studiare”, può anche avere il senso di “imitare”, ”copiare”. Si può quindi intendere che la scena che si svolge sul torrente dei salici “non imita” le scene che si svolgono “sul fossato” dinanzi al palazzo imperiale.
3) Il termine 禦 溝(“yù gōu”) che significa “fossato difensivo” non è qui accompagnato da alcuna specificazione. Si deve perciò ritenere che esso si riferisca al “fossato” per antonomasia, quello del palazzo imperiale.
4) Il poeta contrappone il quieto ruscello nelle cui acque si rispecchiano serenamente filari di salici al fossato del palazzo imperiale che possiamo immaginare fiancheggiato da imponenti muraglie, sorvegliato da uomini in armi. Ma la contrapposizione non si limita a questo. Se le rive del ruscello sono un luogo di pace, di tranquillità, di riposo, le rive del fossato sono invece un luogo di grande tensione psicologica, d’ansia e di sofferenza. Lì infatti prendono congedo dai colleghi i dignitari caduti in disgrazia, che vengono spesso inviati ad amministrare remote province, perdendo così ogni contatto con la “grande politica” e con la vita brillante della capitale. Neppure la brezza di primavera riesce ad alleviare la loro tristezza, come doveva ben sapere Wáng Wéi, il quale fu allontanato anche lui dalla Corte un paio di volte.
5) Péi Dí ricorda che coloro i quali hanno l’occasione di ammirare un tramonto sulle rive di uno stagno dovrebbero ringraziare Táo Qiān 陶 謙 (365 d.C.-427 d.C.), che mostrò come fosse possibile rinunciare alle ambizioni della carriera e ai tormenti della politica per condurre una vita modesta e ritirata e godere della bellezza della natura.
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LE RAPIDE DEI LUÁN (1)
欒家瀨
luán jiā lài
王維:颯颯秋雨中,淺淺石溜瀉。跳波自相濺,白鷺驚複下。
裴迪:瀨聲喧極浦,沿涉向南津。泛泛鷗鳧渡,時時欲近人
Le Rapide dei Luán
Wáng Wéi
Autunno. Scrosci di pioggia. Sibili di vento. (2) sà sà qiū yǔ zhōng 颯 颯 秋 雨 中
Impetuosa l’acqua scivola sopra le rocce. (3) jiān jiān shí liū xiè 淺 淺 石 溜 瀉
Le onde s’incalzano, si urtano, si frangono. tiào bō zì xiāng jiàn 跳 波 自 相 濺
Una garzetta ha paura. Vola via. Ritorna. (4)(5) bái lù jīng fù xià 白 鷺 驚 複 下
Péi Dí
Di lontano s’ode il fragore delle rapide lái shēng xuān jí pŭ 瀨 聲 喧 極 浦
mentre cammino nell’acqua verso il guado del sud (6) yán shè xiàng nán jīn 沿 涉 向 南 津
I gabbiani e le anatre, in perpetuo movimento, fàn fàn ōu fú dù 泛 泛 鷗 鳧 渡
talvolta vorrebbero avvicinarsi agli uomini. (7) shí shí yú jìn rén 時 時 欲 近 人
NOTE
1) Le rapide prendevano evidentemente il nome da una famiglia chiamata Luán che abitava nei paraggi.
2) 颯 颯 (“sá sá”) è una voce onomatopeica che rende il sibilo del vento.
3) L’uso del termine 淺 (“jiān”) che significa “superficiale”,”poco profondo”, ci testimonia con quanta attenzione Wáng Wéi osservi il paesaggio. Le improvvise e violente pioggie autunnali hanno gonfiato il rio che scorre ora molto al di sopra del suo livello consueto.Le acque fluiscono rapide, ma poco profonde, sulla superficie dei larghi massi che segnano il corso del torrente.
4) Quando un’ondata si infrange su una roccia con particolare fragore, le garzette, che stanno pescando nelle zone di acqua bassa, si spaventano e per un attimo si alzano in volo, ma subito ritornano alla loro attività.
5) Si può leggere questa poesia al primo livello e limitarsi ad osservare con quale maestria, con quale precisione e con quanta cura dei dettagli Wáng Wéi descriva la scena autunnale.
Si può però anche andar oltre e ricercarne il significato allegorico.
È ciò che fanno molti commentatori i quali vedono nel rapido volar via e nell’altrettanto pronto ritorno della garzetta un’allusione al carattere ciclico dell’esistenza, uno dei concetti fondamentali della dottrina buddhista. Secondo il Buddhismo, infatti, l’esistenza è un infinito ripetersi di nascite, vite, morti e rinascite ( designato con il termine sanscrito” saṃsāra संसार “), che può essere interrotto soltanto dal conseguimento del “nirvāṇa ”(“ निर्वाण”), cioè dal raggiungimento di uno stato di “consapevolezza suprema”.
Altri giungono addirittura a scorgere nella garzetta una metafora dell’uomo che si integra, coscientemente, nella natura. (cfr. Li-Ling Hsiao e Ashley Mc Gee “White Egret as the Ideal Man. Wang Wei’s Metaphor for the Perfect Conflation with Nature” in “Southeast Review of Asian Studies", Volume 36 (2014):141-145).
6) I dettagli della poesia lasciano pensare che Péi Dí attraversi il torrente a valle, dove esso scorre più calmo permettendo a gabbiani ed anatre di nuotare tranquillamente tra una sponda e l’altra sebbene si senta sempre, in lontananza, il frastuono delle rapide.
7) Anche Péi Dí è un attento osservatore della natura e descrive con grande accuratezza e vivacità la scena che gli si presenta dinanzi agli occhi. Tuttavia, mentre le descrizioni di Wáng Wéi nascondono spesso un significato più profondo, le descrizioni di Péi Dí sono il più delle volte fine a se stesse.
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LA FONTANA DELLA SABBIA D’ORO
金屑泉
jīn xiè quán
La Fontana della Sabbia d’Oro (1)
王維:日飲金屑泉,少當千馀歲。翠鳳翊文螭,羽節朝玉帝。
裴迪:縈渟澹不流,金碧如可拾。迎晨含素華,獨往事朝汲。
Wáng Wéi
Bevi ogni giorno alla fonte della sabbia d’oro! rì yǐn jīn xiè quán 日 飲 金 屑 泉
Una piccola goccia vale più di mille anni.(2) shǎo dāng qiān yú suì 少 當 千 馀 歲
Con azzurre fenici (3) e draghi multicolori (4). cuì fèng yì wén chī 翠 鳳 翊 文 螭
è una festa di piume (5) di fronte al Sovrano di Giada (6). yǔ jié zhāo yù dì 羽 節 朝 玉 帝
Péi Dí
Una striscia d’acqua immobile, senza corrente, yíng tíng dàn bù liú 縈 渟 澹 不 流
come se dovessi pescarci oro e verde giada. jīn bì rú hé shí 金 碧 如 可 拾
Saluto con gioia il bianco splendore dell’alba. yíng chén hán sù huá 迎 晨 含 素 華
Solo, vado ad attingere l’acqua del mattino. dú wăng shì zhāo jí 獨 往 事 朝 汲
NOTE
1) In questa poesia Wáng Wéi menziona un tema tipico del Taoismo, la ricerca dell’immortalità. La cosa non deve stupire, anche se sappiamo che il poeta era un convinto buddhista. Nella società dell’epoca Táng, caratterizzata da una larga apertura e da una grande tolleranza religiosa e filosofica ( soltanto più tardi, nel IX° secolo d.C., vi fu una persecuzione dei buddhisti, di cui si temeva l’eccessiva influenza), appariva normale che le persone colte prestassero attenzione, senza pregiudizi, a tutte le correnti di pensiero.
2) La dottrina taoista si interessò fin dai tempi più antichi alla possibilità di prolungare la vita umana, se non addirittura di raggiungere l’immortalità. Questo risultato poteva essere ottenuto, secondo le credenze taoiste, mediante l’ingestione di talune sostanze quali l’oro o il cinabro. Abbeverarsi ad una sorgente di sabbie aurifere equivaleva quindi a una cura di giovinezza. La “Fontana della Sabbia d’Oro” ci ricorda “La Fonte della Giovinezza”, la mitica sorgente dispensatrice di salute e di longevità, presente anche nelle più remote tradizioni culturali europee.
3) Le “fenici azzurre”(翠 鳳 “cuì fèng”) sono legate alla “Regina Madre dell’Occidente” ( 西 王 母 “xīwángmŭ”), un’antichissima divinità cinese, che, nella tradizione taoista, è diventata la dea dell’immortalità. Nel terzo volume dei suoi “Ricordi di opere andate perdute”(拾 遺 記 “shíyíjì”), l’erudito Wáng Jiā 王嘉, vissuto nel IV° secolo d.C., scrive che “la Regina Madre dell’Occidente viaggia su una carrozza trainata da fenici azzurre, a cui aprono la strada tigri e leopardi dai vivi colori”.( 西王母乘翠凤之辇而来,前导以文虎、文豹”。 “xīwángmŭ chéng cuì fèng zhī niăn ér lái, qiàndào yĭ wén hŭ, wén bào”).
4) La “Regina Madre dell’Occidente” è scortata 翊 (“yì”)“da “draghetti variopinti”(文 螭 “ wén chī”). I “chī”(螭) sono piccoli draghi senza corna, la cui figura è spesso utilizzata nell’architettura cinese per ornare i doccioni delle case e dei templi. Secondo un antico testo, la carrozza di nuvole di Xīwángmŭ sarebbe trainata da piccoli draghi di nove colori. Wáng Jiàn 王鑒, poeta vissuto all’epoca della dinastia Jìn 晉 朝 , scrive, in una composizione intitolata “La tessitrice della settima notte “(七 夕 觀 織 女 “qī xī guàn zhīnǚ”): “Sei draghi scuotono le briglie preziose, draghetti variopinti trainano la carrozza di giada” (六 龍 奮 搖 轡 文 螭 負 瓊 車 “liù lóng fèn yáo pèi wén chī fù qióng chē”).
5) Il termine 羽 節 (“yŭ jiē”), letteralmente “festa di piume”, era usato per indicare gli splendidi ornamenti degli immortali, che indossavano, secondo il mito, ricchi abiti di piume variopinte. Si ricordi, a questo riguardo la “Danza della gonna dai colori dell’arcobaleno e dell’abito di piume” (霓裳羽衣舞 “nísháng yŭyī wŭ”) composta dall’imperatore Xuánzōng 玄 宗.
6) L’Imperatore di Giada(玉 帝 “yù dì”) è, nella mitologia cinese, il sovrano del Cielo. Nella teologia taoista è identificato con Yuánshĭ Tiānzūn 元始天尊, uno dei Tre Puri (三清 “sānqīng”), le tre emanazioni primordiali della Via (道 “dào”).
15
LA RIVA DELLE ROCCE BIANCHE
白石灘
bái shí tān
王維:清淺白石灘,綠蒲向堪把。家住水東西,浣紗明月下
裴迪:跂石複臨水,弄波情未極。日下川上寒,浮雲澹無色
La Riva delle Rocce Bianche (1)
Wáng Wéi
Tersa e poco profonda l’acqua alle Rocce Bianche. qīng qiǎn bái shí tān 清 淺 白 石 灘
Verdi canne crescono proprio presso la riva. (2) lǜ pú xiàng kān bà 綠 蒲 向 堪 把
Le donne che abitano sui due lati del fiume (3) jiā zhù shuǐ dōng xī 家 住 水 東 西
ci vengono a lavare i panni al chiaro di luna (4) huàn shā míng yuè xià 浣 紗 明 月 下
Péi Dí
M’allungo sulla roccia e tocco più volte l’acqua qí shí shuĭ fù lín 跂 石 複 臨 水
giocando con le onde. Che splendida sensazione! nòng bō qíng wéi jí 弄 波 情 未極
Al calar del sole fa fresco in riva al torrente rì xià chuānshàng hán 日 下 川 上 寒
mentre scorrono nel cielo le nuvole grigie. fú yún dàn wú sē 浮 雲 澹 無 色
NOTE
1) Il termine 灘 (”tān”) designa un banco di sabbia o un letto di roccia che rallenta la corrente creando pozze di acqua bassa.
2) Letteralmente “Le verdi canne si possono quasi afferrare”. Ho interpretato la frase nel senso che le canne crescono vicino alla riva. Altri la interpretano nel senso che le canne sono quasi pronte per essere raccolte, ma tale lettura non mi convince molto. La parola 蒲 (“pú”) indica le piante fluviali e palustri del genere Typha, la più comune delle quali è la Typha Latifolia, volgarmente chiamata “tifa” o “stiancia”.
3) Letteralmente “ a est e a ovest” (東 西 “dōng xī “).
4) L’espressione 浣 紗 (“huàn shā”) significa letteralmente “lavare la seta” o “lavare i fili di seta”. Mi è però sembrato improbabile che Wáng Wéi usi, nel presente contesto, tale espressione in senso tecnico e le ho attribuito il significato più generico di “lavare i panni”.
Il verso contiene un’evidente allusione alla storia di Xī Shī 西 施, la bellissima fanciulla che fu scoperta dal re di Yuè 越 王 mentre lavava i panni in riva al fiume in un povero villaggio di campagna e che svolse poi un ruolo importante nella lotta tra i regni di Yuè 越 國 e di Wú吳 國.
5) La scena del poeta che, sdraiato sulla roccia, gioca con l’acqua del torrente è descritta in modo molto vivace. È indubbiamente un bel quadretto dipinto con tocchi precisi e accurati.
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IL POGGIO SETTENTRIONALE
北垞
bĕi chá
Il Poggio Settentrionale
王維:北垞湖水北,雜樹映朱闌。逶迤南川水,明滅青林端。
裴迪:南山北垞下, 結宇臨欹湖。每欲采樵去, 扁舟出菰蒲。
Wáng Wéi
In cima al poggio settentrionale, a nord del lago , (1) bĕi chá hú shuĭ bĕi 北 垞 湖 水 北
ombre di alberi diversi sul rosso steccato. (2) zá shù yìng zhū lán 雜 樹 映 朱 闌
Scorron serpeggiando verso il sud le acque del fiume wēi yĭ nán chuān shuĭ 逶 迤 南 川 水
e fanno capolino, qua e là, tra i verdi boschi. míng miè qīng lín duān 明 滅 青 林 端
Péi Dí
Sotto il poggio settentrionale, nei monti del sud, nán shān bĕi chá xià 南 山 北 垞 下
c’è una casetta che sorge proprio sulla sponda. jié yŭ lín yī hú 結 宇 臨 欹 湖
Ogni volta che voglio andare a raccoglier legna (3) mĕi yù căi qiáo qù 每 欲 采 樵 去
salgo sulla barchetta e faccio il giro del lago (4). piān zhōu chū gū pú 扁 舟 出 菰 蒲
NOTE
1) Il primo verso della poesia appare un po’fiacco, ma è riscattato dagli altri, che sono molto suggestivi.
2) Il termine 闌 (“lán”) esprime l’idea di una “barriera”, di una “recinzione”. Ho preferito tradurre “steccato”” anziché “balaustrata”, perché, in uno scenario di montagna, viene naturale immaginare una semplice fila di assi e di paletti verniciati di rosso piuttosto che una serie di eleganti colonnine di porfido.
3) È difficile raffigurarsi Péi Dí nei panni di un rude boscaiolo. L’espressione “raccogliere legna” si riferisce quindi verosimilmente alla raccolta di sterpaglie e di canne secche sulle rive del lago.
4) Il termine 菰 (“gū”) designa il riso selvatico della Manciuria, una pianta erbacea invasiva originaria della Cina ( nome scientifico: Zizania latifolia) che cresce nelle acque poco profonde, in particolare sulle rive dei laghi e nelle paludi. Il termine 蒲 (“pú”) designa un’altra pianta acquatica, la tifa o stiancia (nome scientifico: Typha latifolia), che cresce anch’essa sulle rive dei laghi e degli stagni. L’endiadi 菰蒲 (“gū pú”) è usata, in poesia, per indicare “laghi”, “stagni” e “paludi”.
Si veda ad es. la poesia di Sū Shì 苏轼 (“1037 d.C-1101 d.C.) intitolata “Escursione notturna sul Lago Occidentale (“夜泛西湖 “yè fàn xī hú”):
Erbe e canne palustri dovunque,
distesa d’acqua senza confini. gū pú wú biān shuĭ máng máng 菰 蒲 无 边 水 茫 茫
Sboccian di notte i fiori di loto.
Il vento profuma di rugiada. hé huā yèkāi fēng lù xiāng 荷 花 夜 开 风 露 香
Si intravedono delle lanterne,
in lontananza si scorge un tempio. jiàn jiàn dēng míng chū yuăn sì. 渐 见 灯 明 出 远 寺
Aspetto che la luna s’oscuri
per ammirare il brillio del lago. gēng dài yuè hēi kàn hú guāng 更 待 月 黑 看 湖 光
(Il curioso fenomeno delle acque che brillano anche quando la luna è coperta potrebbe spiegarsi con la presenza di nottiluche, microscopiche alghe luminescenti, che risultano tanto più visibili quanto più densa è l'oscurità).
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IL PADIGLIONE TRA I BAMBÙ
竹里館
zhú lĭ guăn
王維:獨坐幽篁里,彈琴複長嘯。深林人不知,明月來相照。
裴迪:來過竹里館,日與道相親。出入唯山鳥,幽深無世人。
Il Padiglione tra i Bambù
Wáng Wéi
Solo, seduto nel quieto (1) boschetto di bambù, dú zuò yōu huáng li 獨 坐 幽 篁 里
mentre pizzico la cetra (2), emetto un lungo suono. (3) tán qín fù cháng xiào 彈 琴 複 長 嘯
Nel folto della foresta nessun sa dov’io sia, shēn lín rén bù zhī 深 林 人 不 知
ma la luminosa luna viene a rischiararmi. míng yuè lái xiāng zhào 明 月 來 相 照
Péi Dí
Eccomi giunto alla capanna in mezzo ai bambù. lái guò zhù lĭ guăn 來 過 竹 里 館
Un sole innamorato si china sul sentiero. (4) rì yŭ dào xiāng qīn 日 與 道 相 親
Soltanto gli uccelli montani volano intorno. (5) chū rù wéi shān niăo 出 入 唯 山 鳥
Non un uomo nella profonda quiete del bosco. yōu shēn wú shì rén 幽 深 無 世 人
NOTE
1) Il termine幽 (“yóu”) non ha soltanto il senso di “quieto”, “tranquillo”, ma anche quello di “isolato”, “remoto”, “nascosto” nonché quello di “scuro”. Tutte queste sfumature si adattano bene al folto del bosco, in cui Wáng Wéi si è rifugiato per rimanere solo e meditare senza essere disturbato. L’espressione 幽 篁(“yōu huáng”) già figura nella poesia “Lo Spirito della Montagna” 山 鬼 (“shān guĭ”) attribuita a Qū Yuán 屈 原 ( 340 a.C.-278 a.C.”) in cui si legge: “Vivo nel boschetto di bambù e non vedo mai il cielo”( 余 处 幽 篁 兮 终 不 见 天 “yú chŭ yōu huáng xī zhōng bù jiàn tiān”).
2) Il 琴 (“qīn”) è un antico strumento musicale a sette corde, simile alla cetra.
3) La menzione del 長 嘯(“cháng xiào”) mi offre la possibilità di approfondire, sulla base di nuovi elementi di riflessione, il discorso svolto a questo riguardo nella nota n.5 alla poesia n.11, “Il Lago del Mastino”, dove ero giunto alla conclusione che il suono lungo e profondo emesso protrudendo le labbra dovesse essere inteso come un “fischio”. In un commento al “Padiglione tra i Bambù” ho tuttavia trovato alcune osservazioni che sembrano inficiare questa conclusione. Il commentatore rileva infatti che il fischio è un suono acuto, allegro e dolce, mentre il termine 嘯 (“xiào”) è usato dalle antiche fonti per indicare il “ruggito della tigre” (虎 蕭 “hŭ xiào”). Si deve quindi trattare, anche quando il termine è applicato alla voce umana, di un suono basso, profondo, cavernoso, che ricorda il ruggito delle bestie feroci. Si può immaginare che corrisponda al tipo di suono che si emette in montagna quando si vuol far giungere molto lontano l’eco della propria voce, un suono vibrante che non proviene dalla bocca o dalle corde vocali, bensì dal ventre, e precisamente dal 丹 田 (“dān tiàn”), il “campo del cinabro”, vale a dire dal punto in cui, secondo l’insegnamento del“qìgōng” 氣 功 , il corpo immagazzina la propria energia.
Nella definizione del “cháng xiào” fornita dall’enciclopedia 百度百科 (“băidù băikē”) si precisa che “attraverso di esso gli antichi esprimevano spesso la propria volontà”(古 人 常 以 此 述 志 “gŭ rén cháng yĭ cĭ shù zhì”.). Penso che con questa frase si intenda piuttosto dire che il “cháng xiào” era un modo di esternare il proprio stato d’animo, di manifestare sentimenti di soddisfazione, di gioia, di gratitudine, di enunciare in forma non verbale la propria convinzione di trovarsi in armonia con la natura e con il creato.
Queste considerazioni mi inducono a congetturare una possibile spiegazione per un episodio di cui non ero ,a suo tempo, riuscito a cogliere il significato. Quando il Dalai Lama ricevette a Oslo nel 1989 il Premio Nobel per la Pace, prima di pronunciare il discorso di ringraziamento, emise per qualche minuto un suono continuo, profondo, cavernoso, una specie di “oooooooo....” prolungato e vibrante, che forse intendeva esprimere il suo stato d’animo in quell’importante occasione. Le mie modestissime conoscenze in materia di buddhismo non mi permettono certamente di affermare alcunché in proposito, ma non potrebbe trattarsi di qualcosa di analogo al “cháng xiào” dell’antica tradizione cinese?
Nell’accenno al “cháng xiào” in questa lirica si potrebbe scorgere un’ulteriore allusione alla poesia in cui Qū Yuán invoca l’apparizione dello“Spirito della Montagna “. Si credeva infatti che il “lungo suono” potesse evocare gli spiriti della natura. È quindi possibile che Wáng Wéi abbia così inteso porre in evidenza che si era ritirato nel più folto del bosco per entrare in piena comunione con le forze della natura.
4) Il termine 相 親(“xiāng qīn”), letteralmente “essere vicini l’uno all’altro”, indicava tradizionalmente l’incontro tra un uomo e una donna organizzato dalle rispettive famiglie al fine di un matrimonio e poi, per estensione, una profonda attrazione reciproca. Con questa immagine suggestiva il poeta intende dire che un bel sole illumina il sentiero nel bosco.
5) Il termine 出入 “chū rù”, letteralmente “entrare ed uscire”, rende bene lo svolazzare degli uccelli tra gli alberi del bosco.
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IL TERRAPIENO DELLE MAGNOLIE (1)
辛夷塢
xīnyī wù
王維:木末芙蓉花,山中發紅萼。澗戶寂無人,紛紛開且落。
裴迪:綠堤春草合,王孫自留玩。況有辛夷花,色與芙蓉亂。
Il Terrapieno delle Magnolie
Wáng Wéi
Nel bosco di montagna, sulla punta dei rami, mù mò fúróng huā, 木 末 芙 蓉 花
si schiudono i calici vermigli dell’ibisco. (1) shān zhōng fā hóng è. 山 中 發 紅 萼
Vuota e silenziosa è la casa presso il torrente.(2) jiàn hù jì wú rén 澗 戶 寂 無 人
Uno dopo l’altro sbocciano e cadono i fiori.(3) fēn fēn kāi qiě luò 紛 紛 開 且 落
Péi Dí
Sulla verde diga, tra l’erba di primavera, lǜ dí chŭn căo hé 綠 堤 春 草 合
una scimmietta solitaria gioca e saltella.(4) wáng sūn zì liú wán 王 孫 自 留 玩
I fiori delle magnolie e quelli degli ibischi (5) kuàng yŏu xīn yī huā 況 有 辛 夷 花
mescolano confusamente i loro colori.(6) sè yŭ fú róng luán 色 與 芙 蓉 亂
NOTE
1) C’è una contraddizione fra il titolo della poesia che parla di “magnolie” (辛夷 “xīnyī”, nome scientifico “Magnolia kobus”) e il suo primo verso, che parla invece di “ibisco” (芙 蓉 “fúróng”). Il dubbio è sciolto dal secondo verso che menziona i “calici vermigli” (紅 萼 “hóng è”) e che può riferirsi soltanto all’ ibisco . La specie di ibisco diffusa in Cina (nome scientifico: Hibiscus rosa-sinensis) ha infatti calici di color rosso vivo.
2) Ho reso con “vuota” l’espressione 無 人(“wú rén”), letteralmente “senza uomini (che la abitino)”.
3) L’incessante fioritura e il rapido appassimento dei fiori possono agevolmente essere letti come una allegoria della vita del genere umano nel suo perpetuo sorgere, perire e rinascere.
4) ll termine 王 孫 (“wáng sūn”), il cui senso originale è “discendenti di re”, è successivamente stato usato in contesti diversi con differenti significati, fra cui quello di “scimmia”. L’espressione 自 留 玩 (“zì liú wán”), che si potrebbe tradurre “gioca con sé stesso”, mi ha fatto pensare ai salti e alle giravolte di una scimmietta che giochi tra gli alberi.
5) L’espressione 況 有(“kuàng yŏu”), letteramente “ci sono inoltre”, specifica che nella descrizione viene introdotto un ulteriore elemento. Mi è sembrato di poterla omettere senza danno per la comprensione del testo.
6) Wáng Wéi, assorto nelle sue meditazioni metafisiche, ha dimenticato, nei versi della poesia, le magnolie citate nel titolo. Péi Dí, più attento e scrupoloso, menziona tutte le piante che crescono sul terrapieno: magnolie e ibischi.
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IL GIARDINO DEGLI ALBERI DELLA LACCA
漆園
qī yuán
王維:古人非傲吏,自闕經世務。偶寄一微官,婆娑數枝樹。
裴迪:好閑早成性,果此諧宿諾。今日漆園游,還同莊叟樂。
Il Giardino degli Alberi della Lacca (1)
Wáng Wéi
Non era un funzionario arrogante quell’antico (2), gŭ rén fēi ào lì 古 人 非 傲 吏
che contemplava dall’alto le cose del mondo.(3) zì quē jīng shì wù 自 闕 經 世 務
Modesto l’incarico che gli era stato dato: ōu jì yī wēi guān 偶 寄 一 微 官
andare in giro a contare gli alberi di lacca.(4) pó suō shŭ zhī shù 婆 娑 數 枝 樹
Péi Dí
Che bello! L’ozio è ormai la mia seconda natura. hăo xián zăo chéng xìng 好 閑 早 成 性
conformemente a ciò che m’ero ripromesso.(5) guŏ cĭ xié sù nuò 果 此 諧 宿 諾
Sto passeggiando in mezzo agli alberi della lacca. jīn rì qī yuán yóu 今 日 漆 園 游
Rivivo la soddisfazione del vecchio Zhuàng.(6) hái tóng zhuàng sŏu lè 還 同 莊 叟 樂
NOTE
1) Il termine 漆(“qī”) designa l’ “albero della lacca” detto anche “albero della vernice cinese” (nome scientifico: Toxicodendron potaninii o Rhus potaninii), che cresce sino a venti metri d’altezza e dal quale si ricava la lacca.
2) Wáng Wéi si riferisce qui al filosofo Zhuàngzĭ 莊 子, vissuto nel 4° secolo a.C., approssimativamente fra il 365 a.C. e il 290 a.C.
3) I caratteri che compongono il verso sono: 自 “sé stesso”, 闕 ”torre di guardia”, 經 “passare attraverso”, 世 “mondo”, 務 “affari”. Nel loro insieme sembrano significare che Zhuàngzĭ “passò attraverso le cose del mondo da solo in una torre di guardia”. La frase.può essere interpretata in due diversi modi. Possiamo anzitutto immaginare che Zhuàngzĭ sia vissuto disinteressandosi del tutto delle vicende mondane, chiuso, come si suol dire, nella sua “torre d’avorio”, atteggiamento pienamente conforme alla dottrina taoista, di cui fu un famoso rappresentante. Si può tuttavia anche pensare che, dall’alto della sua “torre di guardia”, cioè dall’alto della sua logica e del suo ragionamento, Zhuàngzì abbia potuto contemplare le faccende umane con quello sguardo oggettivo e distaccato che è proprio dei filosofi. Le due interpretazioni sono in un certo senso complementari e pienamente compatibili l’una con l’altra.
4) Lo storico Sīmă Qiān 司 馬 遷 racconta , nella “Biografia di Zhuàngzĭ” (莊 子 傳 “zhuàngzĭ zhuàn”), parte delle “Biografie di Lăozĭ e di Hànfēi”( 老 子 韓 非 列 傳 “lăozĭ hànfēi lièzhuàn”) le quali costituiscono il sessantatreesimo volume delle sue “Memorie Storiche”(史 記 “shĭjì”), che il filosofo fu, per un certo periodo, “custode di una piantagione di alberi della lacca” (cfr.paragrafo 9 “Il maestro Zhuàng, originario di Méng, aveva come nome personale Zhōu. Zhōu svolse per un certo periodo a Méng le funzioni di sorvegliante di una piantagione di alberi della lacca”. 庄子者,蒙人也,名周。周尝为蒙漆园吏 “zhuàngzĭ zhĕ, méng rén yĕ, míng zhōu. zhōu cháng wéi méng qī yuán lì”.)
5) Non scandalizziamoci troppo per questa affermazione che può suonare un po’strana alle nostre orecchie. L’”ozio”( 閑 “xiàn”) è l’”otium” latino che non va inteso come “dolce far niente”, bensì come tempo libero dedicato al perfezionamento spirituale e intellettuale, lontano dal “negotium” che è l’attività materiale e concreta, soprattutto in campo politico ed economico.
6) Anche Péi Dí cita l’esperienza di Zhuàngzĭ come guardiano di una piantagione, ma, curiosamente, ne coglie soltanto l’aspetto gioioso del vagabondare in mezzo agli alberi, dell’allegra scampagnata, della comunione con la natura. In altre parole, non sembra molto convinto che il filosofo lavorasse davvero. Considerando che questo impiego di breve durata è l’unico citato nella biografia di Zhuàngzĭ e tenendo conto del fatto che la dottrina taoista sconsigliava ai suoi adepti di dedicarsi con troppo impegno alle attività materiali, non si può escludere che abbia ragione.
20
L’ORTO DELLE SPEZIE
椒園
jiāo yuán
王維:桂尊迎帝子,杜若贈佳人。椒漿奠瑤席,欲下雲中君。
裴迪:丹刺罥人衣,芳香留過客。幸堪調鼎用,願君垂采摘。
L’Orto delle Spezie (1)
Wáng Wéi
Cassia (2) per dare il benvenuto alla principessa. (3) guì zūn yíng dì zĭ 桂 尊 迎 帝 子
Pollia (4) per fare un regalo alla bella signora. dù ruó zèng jiā rén 杜 若 贈 佳 人
Pepe (5) per i vini offerti su stuoie di giada (6) jiāo jiāng diàn yáo xí 椒 漿 奠 瑤 席
perché scenda tra noi il Signore delle Nuvole. (7) yù xià yún zhōng jūn 欲 下 雲 中 君
Péi Dí
Rosse e spinose s’impigliano nei vestiti.(8) dān cì juàn rén yī 丹 刺 罥 人 衣
e impregnano del loro odore chi le sfiora. fāng xiāng liú guò kè 芳 香 留 過 客
Per fortuna son utili se bollite in pentola. xìng kān diào dǐng yòng 幸 堪 調 鼎 用
Se uno vuole, basta che si chini a raccoglierle.(9) yuàn jūn chuí cǎi zhāi 願 君 垂 采 摘
NOTE
1) L’elenco delle piante che si trovano nel giardino dei semplici fornisce a Wáng Wéi lo spunto per mostrare la propria erudizione citando miti millenari e testi di antichi poeti.
2) Il termine 桂 (“guì”) è comunemente usato per indicare alcune specie di piante assai simili tra di loro: la cassia o cinnamomo cinese (nome scientifico: Cinnamomum cassia), la cannella o cinnamomo vero (nome scientifico: Cinnamomum verum), l’osmanto (nome scientifico: Osmanthus fragrans) e l’alloro (nome scientifico:Laurus nobilis).
3) La principessa imperiale (帝 子 “dì zĭ”) cui allude Wáng Wéi è la Signora del Fiume Xiāng (湘 夫 人 “xiāng fūrén“) cantata da Qū Yuán 屈 原 (348 a.C.-278 a.C.) nella poesia che comincia con le parole ”la principessa discende sul banco di sabbia settentrionale”( 帝子降兮北渚 “dì zĭ jiàng xī bĕi zhŭ”). L’identificazione con questa figura leggendaria è confermata dalla menzione della cassia nei versi successivi della poesia di Qū Yuán, in cui l’amante promette di costruire per la dea una dimora: “con le travi di cassia “ (桂棟 “guì dòng “).
Secondo il mito, le “signore” o “dee” del fiume Xiāng, Xiāng Jūn 湘君 e Xiāng Fūrén 湘 夫 人 si chiamavano rispettivamente É Huáng 娥 皇 e Nǜ Yīng 女 英 ed erano le figlie dell’Imperatore Yáo 堯, che le diede in spose a Shùn 舜, l’uomo che aveva egli stesso prescelto per succedergli sul trono. Quando Shùn morì, lontano dalla capitale, nella regione di Cāngwú 蒼 梧, le sue due mogli lo piansero per molti giorni sulle rive del Xiāng, poi, disperate, si gettarono in acqua e morirono annegate. Da quel momento, gli abitanti del luogo cominciarono a venerarle come le dee del fiume.
4) Il termine 杜 若(“dù ruó”) designa la pianta conosciuta con il nome scientifico di Pollia japonica, È una pianta erbacea, perenne, con foglie alternate e fiori di color bianco.
Anche la Pollia japonica è menzionata in alcune delle poesie che compongono i “Nove Canti”(九 歌 “jiŭ gē”) di Qū Yuán. Nella già citata “Signora del Fiume Xiāng” si legge: “Sulla gelida riva ( raccolgo ) fiori di pollia” (搴汀洲兮杜若 “hán tíng zhōu xī dù ruó”). Nella poesia intitolata “La Dama del Fiume Xiāng”(湘君 “xiāng jūn”) troviamo: “Sull’isola profumata raccolgo fiori di pollia”( 採芳洲兮杜若 “cài fáng zhōu xī dù ruó”). Nello “Spirito della Montagna”(山 鬼 ”shān guĭ”) si legge: “Un uomo sulla montagna (raccoglie) profumati fiori di pollia”(山中人兮芳杜若 “shān zhōng rén xī fáng dù ruó”).
5) Il termine 椒 (“jiāo”) designa il pepe o, in generale, le spezie. Nella poesia di Qū Yuán intitolata “Taìyī, l’Imperatore dell’Oriente”(東 皇 太 一 “dōng huáng tài yī) si legge: “libiamo vino profumato di cannella e bevande speziate”.(“蕙餚蒸兮蘭藉,奠桂酒兮椒漿 “diàn guì jiŭ xī jiāo jiāng”).
6) L’espressione 瑤 席 (“yáo xí”) figura anch’essa nella poesia intitolata “Tàiyí, l’Imperatore dell’Oriente”. Il termine 席 (“xí”), designa, secondo i dizionari, una stuoia intessuta d’erba e di strisce di bambù. Non è ben chiaro se, in questo contesto, il termine 瑤 (“yáo”) , che indica la giada, sia usato per riferirsi al fatto che la stuoia è ornata di pietre preziose oppure al fatto che essa stessa è considerata preziosa perché utilizzata nelle cerimonie religiose. Le bevande libate agli dei venivano spesso versate su un tappetino di paglia, perché il loro rapido assorbimento era ritenuto dimostrare che erano state gradite dalla divinità.
7) “Il Signore delle Nuvole” (雲中君 “ yún zhōng jūn”) è la seconda delle poesie che compongono i “Nove Canti “ di Qū Yuán.
8) Si tratta evidentemente delle piante medicinali e dei cespugli di spezie.
9) Sul tema delle spezie neppure Wáng Wéi si rivela particolarmente ispirato, ma si salva con una serie di citazioni colte, che probabilmente deliziò gli eruditi dell’epoca. Péi Dí vola molto più basso e, sebbene abbia cominciato con una bella descrizione, termina con un’osservazione piuttosto prosaica.