La poesia intitolata "Il principe sventurato" (哀 王 孫 "aī wáng sūn") si riferisce al periodo dell'occupazione di Cháng'Ān da parte dei ribelli di Ān Lùshān. Ciò che appariva assolutamente impensabile ( proprio come vedere "un corvo dalla testa bianca") è accaduto: i barbari si sono impadroniti della capitale e vi fanno regnare il terrore. In un clima di sospetto e di paura. Dù Fŭ cerca di sopravvivere alla meno peggio. Un giorno, per strada, ha la sorpresa di imbattersi in un membro della famiglia imperiale che non è riuscito a fuggire dalla città e che vive nascosto per sottrarsi alla morte. L'incontro è brevissimo; troppo grande è la paura delle spie e dei delatori. Il poeta ha però il tempo di fornire al suo interlocutore qualche ragguaglio sugli sviluppi della situazione e di esortarlo a sperare in tempi migliori.
IL PRINCIPE SVENTURATO
Sui bastioni di Cháng' Ān stormi di corvi dalla testa bianca (1)
volano di notte, gracchiando, fino alla Porta dell'Autunno,(2)
poi tornano verso le case e beccano i muri delle ricche dimore.
I dignitari del quartiere sono fuggiti dinanzi ai barbari,
spezzando i frustini d'oro, sfiancando gli splendidi cavalli.
Anche i parenti del sovrano hanno galoppato disperatamente.
Nasconde sotto l'ampia cintura mezzelune di giada, coralli verdi.
A chi lo interroga, non vuole rivelare il proprio nome:
"Sono soltanto un povero disgraziato, accetto qualsiasi lavoro".
Per mesi e mesi è vissuto nascondendosi, si è dato alla macchia.
Il suo corpo è ormai emaciato, non gli si vedono più i muscoli,
eppure, nel naso aquilino riconosci ancora la stirpe dei sovrani. (3)
Nel sangue dei draghi c'è sempre qualcosa di unico, irripetibile.
Ma la città è ora in mano ai lupi voraci, i draghi sono nella steppa.(4)
Sta' attento, o nobile principe, abbi cura della tua vita preziosa.
Non oso intrattenermi con te parlandoti insieme più a lungo
né posso azzardarmi ad indugiare un attimo di più accanto a te.
Ieri notte il vento di primavera portava con sé odore di sangue.(5)
La vecchia capitale è piena di cammelli provenienti da oriente.
Perché mai i robusti figli del Nord, forti di corpo e di mano (6),
un tempo valorosi e capaci, sono oggi divenuti così imbelli?
Si dice che l'Imperatore abbia ceduto il trono a suo figlio.
Le autorità del Sud sono rimaste leali al governo legittimo.
Le tribù degli Huāmén hanno giurato fedeltà e ci appoggiano.(7) (8)
Tuttavia, rimani cauto! Non esporti parlando con questi briganti!
O principe sfortunato, ti prego, non compiere imprudenze,
finché gli spiriti gloriosi degli antenati non ti verranno in aiuto. (9)
NOTE
1) Un “corvo dalla testa bianca”(白 頭 烏 “bái tóu wū”) è un’antichissima espressione proverbiale per indicare qualcosa di impossibile. Essa è riportata per la prima volta nel Yàndānzĭ 燕 丹 子, un breve racconto del 2°secolo a.C: in cui si narra la storia del principe Dàn di Yán e si descrive il suo tentativo di far uccidere il re di Qín, colui che doveva poi diventare il Primo Imperatore 秦 始 皇 帝 . Nella prima parte del racconto, al capitolo primo, si legge quanto segue “Allorché il principe Dān di Yàn, tenuto in ostaggio nel regno di Qín, chiese di poter tornare in patria, il re di Qín gli rispose: “Ciò sarà possibile quando i corvi avranno la testa bianca o i cavalli nasceranno con le corna”.(今 烏 頭 白 馬 生 角 那 可 “ jīn wū tóu bái, mă shēng jiăo, nà kĕ”). Con questa espressione Dù Fŭ intende sottolineare che è accaduto ciò che nessuno avrebbe mai potuto immaginare: gli eserciti imperiali sono stati sbaragliati, l’Imperatore è in fuga, i barbari occupano e saccheggiano la capitale.
2) La “Porta del Tardo Autunno” ( 延 秋 門 “yánqiūmén“) sorgeva in una zona isolata della capitale. Essa fu utilizzata da Xuánzōng per allontanarsi da Cháng’Ān senza essere notato prima che le truppe ribelli penetrassero nella città.
3) Letteralmente: “I discendenti di Gāodì hanno tutti il naso aquilino”.Per affermare che i membri della famiglia imperiale hanno tutti dei tratti somatici che permettono di riconoscerli, Dù Fŭ risale al fondatore della dinastia Hàn 漢 朝 , Liŭ Bāng 劉 邦 , conosciuto con il nome postumo di Gāodì 高 帝 , che aveva un gran naso a becco, lunghi baffi ed una folta barba che lo facevano somigliare ad un drago. Il naso a becco o naso aquilino ( 隆 準 “lóng zhŭn” ), forse perchè ricorda il becco dei rapaci, è sempre stato collegato all’idea di forza e di potenza anche nell’iconografia occidentale ( si vedano ad es. i busti di Giulio Cesare o i ritratti dei re di Francia).
4) Abbiamo qui una descrizione allegorica degli sconvolgimenti politici avvenuti: i lupi famelici, che rappresentano i barbari della steppa, nerbo delle milizie mercenarie insorte, sono penetrati nella capitale e nei palazzi imperiali, mentre i draghi, che simboleggiano la famiglia imperiale ed i nobili ad essa fedeli si sono dovuti ritirare nelle campagne deserte, in attesa della rivincita. Naturalmente, i lupi sono per tradizione simbolo di ferocia e di avidità, mentre i draghi incarnano la saggezza, il prestigio e l’autorità.
5) La città brulica di spie e di delatori e Dù Fŭ, che è lui stesso sospetto, avendo cercato di abbandonare la capitale, e che è forse discretamente tenuto d’occhio, non intende correre rischi. I suoi timori non sono affatto ingiustificati, visto che gli insorti governano con il terrore e che la notte precedente ci sono state esecuzioni e stragi.
6) Le regioni settentrionali dell’Impero sono indicate nella poesia con il termine Shuòfāng 蒴 方 , che era il nome di un governatorato il cui territorio corrispondeva a quelli dell’attuale Níngxià 宁 夏 e dello Shānxī settentrionale. 北 陝 西 .
7) “Huāmén” 花 門 è un termine che si riferisce al popolo degli Uiguri, conosciuti all’epoca dei Táng come 回 鶻 “huíhú” o 回 .紇 “huíhé”. Le tribù degli Uiguri avevano fondato un regno o “khanato”, il cui territorio occupava la Mongolia settentrionale. Il vocabolo “Huāmén” fu usato, in origine, per designare una montagna che sorgeva nella Mongolia Interna, a circa 300 chilometri dal lago di Jūyán 居 延 海 (“jūyánhăi”). Intorno al 710 d.C., la regione fu occupata dagli Uiguri, che cominciarono ad essere chiamati “Huāmén” con riferimento al territorio che abitavano.
Figura in questo verso anche un interessante riferimento etnografico. Infatti per dire che gli Uiguri hanno giurato fedeltà all’Imperatore, Dù Fŭ dice “ si sono tagliati la faccia” ( 剺 面 “lì miàn”). Era uso dei guerrieri barbari, in particolare degli Unni (匈 奴 “xiōngnú”), farsi dei tagli in faccia e lasciar scorrere il sangue per mostrare che erano fedeli ai loro capi e pronti a versare il proprio sangue per difenderli. È probabile che anche gli Uiguri praticassero queste usanze, a meno che Dù Fŭ non abbia semplicemente esteso a tutti i popoli della steppa una consuetudine tipica degli Unni.
8) Dù Fŭ approfitta del breve incontro per ragguagliare il suo interlocutore sugli sviluppi della situazione e per esortarlo ad avere speranza.
Le notizie che egli, molto sinteticamente,gli fornisce sono le seguenti:
“ Le truppe imperiali sono all’offensiva ed i ribelli stanno facendo affluire soldati e rifornimenti dalle regioni orientali per resistere all’attacco. L’offensiva, condotta dalle armate del Nord, che avevano già tentato un primo contrattacco l’anno precedente, procede però più lentamente di quanto ci si attendeva. Nelle altre regioni dell’Impero la situazione è stabile. Le autorità delle province a sud dello Yángzĭjiāng sono rimaste fedeli al governo legittimo ed hanno bloccato i tentativi di avanzata dei ribelli. Gli Uiguri della Mongolia appoggiano le truppe imperiali. Corre voce che il vecchio imperatore Xuánzōng abbia abdicato in favore del giovane ed energico principe ereditario Lĭ Hēng”.
9) Il colloquio si chiude con un pressante invito alla cautela. Gli insorti controllano ancora saldamente la città e qualsiasi imprudenza potrebbe avere conseguenze irreparabili.È meglio aspettare in silenzio augurandosi che gli avvenimenti volgano decisamente in favore del governo legittimo e che i ribelli siano presto debellati. Questo consiglio è espresso con la frase: “L'influenza eccellente dei cinque mausolei non mancherà di manifestarsi”. “I cinque mausolei”(五 陵 “wū líng”) è una metafora che si riferisce ai gloriosi antenati della casa imperiale, i cui spiriti non mancheranno, secondo Dù Fŭ, di venire in aiuto ai loro discendenti. Si tratta dei cinque imperatori della dinastia Táng che hanno preceduto Xuánzōng﹕ Gāozŭ 高 祖 , Tàizōng 太 宗 , Gāozōng 高 宗 , Zhōngzōng 中 宗 e Ruìzōng 睿 宗 .