Capitolo 17 del Romanzo dei Tre Regni
Yuán Gōnglù raccoglie sette corpi d’armata
Cáo Mèngdé si allea con tre generali
I.Torniamo ora a parlare di Yuán Shù, che governava il Huáinán (1), una regione molto vasta e fertile. Egli deteneva il Sigillo di Giada, che gli era stato dato in pegno da Sūn Cè, ed era perciò intenzionato ad assumere il titolo imperiale.
II. Riuniti in assemblea i suoi ufficiali, Yuán Shù disse loro: “ Gāozū, il fondatore della dinastia Hàn, non era null'altro che un piccolo funzionario locale (2) nella zona del fiume Sì (3), eppure divenne imperatore. La sua dinastia è durata quattrocento anni, ma si avvicina ormai alla fine decretatale dal fato. Nell’Impero i calderoni ribollono.(4) Io appartengo a una famiglia che ricopre da quattro generazioni le cariche più prestigiose e che ha grande influenza tra la gente. Vorrei conformarmi alla volontà del Cielo e ai desideri del popolo e proclamarmi direttamente imperatore. (5) Voi tutti, che ne pensate?”.
III. Si alzò a rispondergli l’archivista principale (6) Yán Xiàng: “Non potete far questo. Anticamente, nel periodo che va dal loro capostipite Hòujì (7) al re Wén (8), i Zhōu giunsero a controllare due terzi dell’Impero, eppure rimasero fedeli alla dinastia Shāng. (9) Il vostro casato, seppur nobile, non ha il prestigio di cui godevano i Zhōu e la dinastia Hàn, per quanto sia decaduta, non si è resa colpevole degli atti di crudeltà di cui si macchiò l’imperatore Zhòu dei Shāng. (10) Questo progetto non deve assolutamente essere posto in atto.”
IV.Shù replicò con rabbia: “ La famiglia Yuán discende dai Chén (11) che a loro volta discendevano dal grande imperatore Shùn.(12) Inoltre siamo proprio nel momento in cui, secondo il destino, la terra dovrebbe succedere al fuoco. (13) C’è poi una profezia che dice: “Chi succederà ai Hàn dovrà attraversare un guado profondo”. Ora il mio nome di cortesia “Gōnglù” significa proprio “nobile cammino”. In quarto luogo, poiché il Sigillo di Giada è nelle mie mani, se non assumessi il titolo imperiale, andrei contro la volontà del Cielo. (14) Infine, ho già preso la mia decisione, e se qualcuno si azzarda a dire una parola di troppo, farà una brutta fine”.
V.In seguito, Yuán Shù creò la dinastia Zhòngjiā (15), nominò funzionari la cui scelta era riservata all’imperatore, viaggiò su carrozze decorate con i simboli imperiali del drago e della fenice, offrì sacrifici a nord e a sud della sua capitale (16), conferì il titolo di Imperatrice a sua moglie, la figlia di Féng Fāng (17), e attribuì a suo figlio il titolo di Principe Ereditario.(18) Infine, diede ordine che si affrettasse il matrimonio di suo figlio con la figlia di Lǚ Bù.
VI.Quando Yuán Shù venne a sapere che Lǜ Bù aveva imprigionato Hàn Yìn e lo aveva inviato, sotto scorta, a Xŭdū, dove Cáo Cāo l’aveva fatto giustiziare, fu colto da grande ira. Nominò Zhāng Xūn comandante supremo dell’esercito, mettendolo alla testa di più di duecentomila soldati, con l’ordine di attaccare Xúzhōu.
L’esercito era costituito da sette corpi d’armata (19): lo stesso Zhāng Xūn comandava il centro, il generale di corpo d’armata Qiáo Ruí comandava il primo corpo d’armata dell’ala sinistra,il generale di corpo d’armata Chén Jì comandava il primo corpo d’armata dell’ala destra, il generale di divisione Léi Bó comandava il secondo corpo d’armata dell’ala sinistra, il generale di divisione Chén Lán comandava il secondo corpo d’armata dell’ala destra, il generale di brigata Hán Xiān comandava il terzo corpo d’armata dell’ala sinistra e il generale di brigata Yáng Fèng comandava il terzo corpo d’armata dell’ala destra. Ognuno dei comandanti aveva ricevuto istruzioni sull’obiettivo da perseguire.
Yuán Shù ordinò al governatore provinciale di Yănzhōu, Jīn Shàng, di sovrintendere ai servizi di amministrazione e di commissariato dell’esercito, ma costui rifiutò di assumere l’incarico e fu messo a morte. A Jì Líng fu affidato il comando delle truppe di riserva con il compito di intervenire dovunque risultasse necessario.
Lo stesso Yuán Shù guidava personalmente la sua guardia, composta di trentamila uomini. Uno stato maggiore formato da tre generali, Lĭ Fēng, Liáng Gāng e Yuè Jíu, coordinava l’insieme delle operazioni
VII. Lǚ Bù fu informato dai suoi esploratori della rapida avanzata delle truppe di Zhāng Xūn che muovevano direttamente su Xúzhōu, mentre Qiáo Ruí marciava su Xiăopèi, Chén Jì su Yídū, Léi Bó su Lángyé, Chén Lān su Jiéshí, Hán Xiān su Xiàpī e Yáng Fèng su Jùnshān. I sette corpi d’armata avanzavano alla velocità di venticinque chilometri al giorno, saccheggiando tutto ciò che si trovava sul loro cammino.
VIII. Lǚ Bù convocò allora i suoi consiglieri per discutere la situazione. Parteciparono alla riunione Chén Dōng, Chén Guī e suo figlio Chén Dēng.
Chén Gōng prese la parola e disse: “ La colpa delle sventure che si stanno abbattendo su Xúzhōu è dei due Chén, padre e figlio, che hanno trescato con il governo imperiale per ottenere titoli e incarichi. Ora, per sfuggire al disastro totale, si può fare una cosa: decapitarli e inviare le loro teste a Yuán Shù, che allora ritirerà il proprio esercito".
IX. Lǜ Bù ascoltò il consiglio e ordinò di arrestare i due Chén, ma Chén Dēng scoppiò in una sonora risata e gli disse: “Di che cosa avete paura? Questi sette corpi d’armata non mi sembrano altro che sette mucchi di fieno marcito. Non c’è motivo di preoccuparsene.”
“Se sei in grado di mostrarmi come possiamo vincere” replicò Lǜ Bù” fallo e ti rimetterò in libertà, invece di farti morire”.
Chén gli rispose: “Generale, se seguirete i suggerimenti di questo pover’uomo, Xúzhōu non correrà alcun pericolo”.
“Sentiamo che cos’hai da propormi” fece Lǜ Bù.
X. Chén, allora, gli spiegò: “ I soldati di Yuán Shù sono molto numerosi, ma costituiscono una massa racogliticcia e poco affiatata. Io posso contenerne l’avanzata con le sole truppe di cui disponiamo ed ho ideato, per batterli, un piano che ci garantirà il successo. Qualora tale piano non bastasse ad assicurare la salvezza di Xúzhōu, ho in serbo uno stratagemma che ci permetterà certamente di sconfiggere Yuán Shù”.
“Di che si tratta ?“ gli domandò Lǜ Bù.
Chén gli spiegò: “ I generali Hán Xiān e Yáng Fèng sono due vecchi funzionari della dinastia Hàn, che sono fuggiti per paura di Cáo Cāo e che, non sapendo dove andare, hanno provvisoriamente cercato rifugio presso Yuán Shù. Costui li tiene in poca considerazione ed essi, dal canto loro, lo servono di malavoglia. Una letterina piena di promesse (20) basterà a tirarli dalla nostra parte. Inoltre potremo contare sull’aiuto di Liú Bèi, cosicché non c`è dubbio che riusciremo a battere Yuán Shù.”
“Porterai tu stesso le lettere a Hán Xiān e a Yáng Fèng” gli comandò Lǜ Bù.
Chén Dēng accettò la missione.
XI. Lǜ Bù allora trasmise un rapporto alla capitale e, contemporaneamente, inviò una lettera a Yùzhōu, poi mandò Chén Dēng, scortato da alcuni cavalieri, ad attendere Hán Xiān sulla strada di Xiàpī.
Quando Xiān arrivò, alla testa dei suoi soldati, e pose l’accampamento, Chén gli si presentò.
Xiān gli domandò: “ Tu sei un uomo di Lǜ Bù. Che cosa sei venuto a fare qui?”.
Chén gli rispose sorridendo: “ Io sono un funzionario del grande impero Hàn, perché dite che sono un uomo di Lǜ Bù?. Se voi, generale, che siete stato un alto funzionario dell’Impero, ora vi mettete al servizio di un traditore, renderete vani i meriti che avete acquistato in passato proteggendo l’Imperatore nel Guānzhōng (21) e perderete tutto. Inoltre dovete aspettarvi che, Yuán Shù, il quale è una persona estremamente sospettosa, in futuro vi faccia del male. Siete appena in tempo per cambiare strada, poi non potrete più tornare indietro”.
Xiān sospirò: “ Vorrei tornare al servizio della dinastia Hàn. Peccato che non mi sia più possibile farlo”.
Allora Chén gli mostrò la lettera che gli aveva dato Lǜ Bù.
Dopo averla letta, Xiān gli disse: “ So già che cosa devo fare. Ritorna pure da chi ti ha mandato. Io e il mio collega Yáng Fèng cambieremo campo e combatteremo contro Yuán Shù. Quando vedrà i nostri segnali di fuoco, il marchese di Wēn (22) potrà venire in nostro aiuto con i suoi soldati.”
Chén prese congedo da Xiàn e ritornò in fretta ad informare Lǜ Bù dell’esito della sua missione.
XII. Lǜ Bù ripartì le proprie truppe in cinque divisioni, formate, ciascuna, da diecimila uomini: la prima, comandata, da Gāo Shùn fu inviata a Xiăopèi per affrontare Qiáo Ruí; la seconda, comandata da Chén Gōng, fu inviata a Yídū per affrontare Chén Jì; la terza, comandata da Zhāng Liáo e Zāng Bà fu inviata a Lángyé per affrontare Léi Bó; la quarta, comandata da Sòng Xiàn e Wèi Xù, fu inviata a Jiéshí per affrontare Chén Lán. Lo stesso Lǜ Bù, alla testa della quinta divisione, mosse contro il nerbo delle forze nemiche, guidate da Zhāng Xūn. I soldati che restavano furono lasciati a presidiare la città di Xúzhōu.
Uscito dalla città, Lǜ Bù piantò l’accampamento ad una quindicina di chilometri di distanza. Quando Zhāng Xūn arrivò sul posto, ritenne di non avere ancora forze sufficienti per attaccare e, ritiratosi di una decina di chilometri, si accampò in attesa dei rinforzi che stavano affluendo da ogni parte.
XIII. Quella stessa notte, all’inizio del secondo turno di guardia (23), arrivarono Hán Xiàn e Yáng Féng, i quali, subito dopo aver distribuito i propri soldati nei quartieri loro assegnati, fecero accendere dei fuochi per avvertire Lǜ Bù della loro presenza e, quando le truppe di quest’ultimo vennero all’ assalto, le fecero entrare nell’accampamento, provocando un enorme disordine. Lǜ Bù attaccò l’accampamento con gran forza e Zhāng Xūn, sconfitto, si diede alla fuga. Lǜ Bù lo inseguì fino all’alba, ma, improvvisamente, si trovò dinanzi un altro corpo di truppe comandato da Jì Líng. Proprio nel momento in cui i due schieramenti che si fronteggiavano stavano per venire alle mani, Hán Xiàn e Yáng Féng intervennero a fianco di Lǜ Bù. Jì Líng subì una grave sconfitta e fu messo in fuga.
XIV. Mentre Lǜ Bù guidava i suoi soldati all’inseguimento, altre truppe spuntarono da dietro le colline. Le bandiere che le precedevano si spostarono ai lati e dietro di loro apparvero fanti e cavalieri che innalzavano insegne rappresentanti draghi e fenici, il sole , la luna, le stelle dell’Orsa, i punti cardinali, zucche d’oro, asce d’argento, alabarde dorate, e stendardi da cui pendevano bianche code di yak (24). Sotto un parasole di seta dorata avanzava Yuán Shù, coperto da un’armatura di metallo prezioso, impugnando due spade.
Postosi dinanzi alle sue truppe, Yuán Shù cominciò ad insultare Lǜ Bù chiamandolo miserabile traditore. (25)
Lǜ Bù, furioso, si lanciò in avanti, brandendo la sua alabarda. Lĭ Fēng, uno dei generali di Yuán Shù, gli venne incontro, lancia in resta. I due si affrontarono, ma, al terzo assalto, Lĭ Fēng fu ferito alla mano, lasciò cadere la lancia e si diede alla fuga. Allora, Lǜ Bù ordinò la carica e i suoi soldati travolsero le file nemiche. Lǜ Bù guidò i suoi all’inseguimento, impadronendosi di innumerevoli cavalli,equipaggiamenti e armature.
XV.Le truppe sconfitte non avevano percorso molta strada, quando, da dietro le colline, apparvero altri soldati a sbarrar loro la via della ritirata. Alla testa di quegli uomini stava Guān Yū, il quale urlò a Yuán Shù: “Traditore! Non t’hanno ancora ucciso?”. Yuán Shù, terrorizzato, fuggì in gran fretta e le truppe che gli erano rimaste si dispersero in tutte le direzioni, inseguite da Guān Yū, che ne fece grande strage. Yuán Shù e i resti dell’esercito sconfitto ritornarono nel Huáinán.
Avendo così conseguito una completa vittoria, Lǜ Bù invitò Guān Yŭ, Yáng Fèng, Hán Xiān e gli altri comandanti a seguirlo con le loro truppe a Xúzhōu, dove celebrò il suo trionfo con grandi feste e banchetti. Tutti, dai generali fino all’ultimo soldato, ottennero onori e ricompense.
XVI. Terminati i festeggiamenti, Guān Yŭ prese congedo. Hán Xiān e Yáng Fèng furono nominati da Lǜ Bù, il primo, governatore di Yídū, e il secondo, governatore di Lángyé. Si era pensato di trattenerli a Xúzhōu, ma Chén Guī aveva osservato: “Non è una buona idea. Mandiamoli nello Shāndōng. Prima che sia trascorso un anno, avranno conquistato tutte le città dello Shāndōng”. Lǜ Bù aveva perciò inviato Hán a Yídū e Yáng a Lángyé dopo aver ricevuto i decreti imperiali che confermavano le rispettive nomine.
“Perché non li abbiamo fatti rimanere a Xúzhōu?” domandò in privato Chén Déng a suo padre” Ci sarebbero stati di aiuto nei nostri piani per eliminare Lǜ Bù”.
“E se , invece, si fossero schierati a fianco di Lǜ Bù?” gli rispose Chén Guī” Dobbiamo evitare di rendere più affilati gli artigli e i denti della tigre”.
Chén Déng non poté far altro che approvare la prudenza del padre.
XVII. Ritorniamo ora a parlare di Yuán Shù, il quale, dopo la sconfitta, era tornato nel Huáinán.
Intenzionato a vendicarsi, Yuán Shù chiese a Sūn Cè di fornirgli delle truppe, ma Sūn Cè gli rispose con rabbia: "Invocando il possesso del mio Sigillo di Giada (26), hai usurpato il tiolo imperiale e hai tradito la Casa dei Hán. Hai compiuto un grande misfatto! Io manderei i miei soldati a reprimere la tua ribellione piuttosto che a sostenerla."
La lettera di risposta fu consegnata al messaggero di Yuán Shù, che la portò al suo capo. Quest’ultimo, quando ne prese visione, si adirò grandemente ed esclamò: “Che cosa oserà fare questo sbarbatello (27), se continua così? Lo eliminerò prima!”, ma il suo primo segretario Yáng Dàjiāng lo dissuase dal mettere in atto tale minaccia.
XVIII. Dopo aver rifiutato il suo aiuto a Yuán Shù, Sūn Cè ritenne opportuno prepararsi ad affrontare un attacco di quest'ultimo e stazionò le proprie truppe intorno allo sbocco del fiume.(28) Poco dopo giunse un inviato di Cáo Cāo, che gli recava la nomina a governatore di Kuàijī (28) e l'ordine di compiere una spedizione punitiva contro Yuán Shù.
Sūn Cè era propenso a eseguire l’ordine, ma, quando chiese il parere dei suoi consiglieri, il primo segretario Zhāng Zhāo gli fece osservare che Yuán Shù, sebbene fosse stato sconfitto, disponeva ancora di molte truppe e di viveri sufficienti e che non sarebbe stato prudente attaccarlo senza riflettere. Sarebbe invece stato meglio scrivere a Cáo Cāo garantendogli appoggio se avesse mosso da Nord contro il Huáinán. Una simile manovra a tenaglia avrebbe certamente permesso di debellare l’esercito di Yuán Shù. Nel caso, estremamente improbabile, che ciò non fosse avvenuto,si sarebbe comunque potuto contare sull’aiuto di Cáo Cāo.
Cè accolse il suggerimento e inviò un messaggero a Cáo Cāo per sottoporgli questa proposta di collaborazione.
XIX. Nel frattempo Cáo Cāo era ritornato a Xūdū, dove aveva reso omaggio al defunto Diăn Wĕi (30) offrendo sacrifici in suo onore e prendendosi cura di suo figlio Diăn Măn. Al ragazzo, che andò ad abitare nella residenza di Cáo Cāo, fu conferito il rango di guardia palatina.
XX. Improvvisamente fu annunciato l’arrivo di un messaggero che recava una lettera di Sūn Cè. Cáo aveva appena finito di leggerla, quando gli fu riferito che Yuán Shù, trovandosi a corto di viveri, aveva saccheggiato Chénliú.
Cáo pensò che quello fosse il momento opportuno per attaccarlo di sorpresa e ordinò alle proprie truppe di marciare verso il sud, lasciando Cáo Rén a difendere la capitale. L’esercito che si mise in movimento era formato da centosettantamila uomini, tra fanti e cavalieri. Le salmerie erano trasportate da più di mille carri.
Contemporaneamente furono inviati messaggeri a chiedere l’appoggio di Sūn Cè, di Liú Bèi e di Lǜ Bù.
XXI. Quando l’esercito di Cáo giunse ai confini di Yùzhāng, Liú Bèi gli venne rapidamente incontro con le sue truppe e Cáo lo invitò nella propria tenda. Dopo l’abituale scambio di saluti, Liú Bèi presentò a Cáo due teste mozze.
“Di chi sono queste teste?” gli domandò Cáo, sorpreso.
“Sono le teste di Hán Xiān e di Yáng Fèng.” gli rispose Liú Bèi.
“Che cosa è successo?” gli chiese Cáo.
Liú Bèi allora glielo spiegò: “Lǜ Bù aveva affidato a questi due individui il governo delle città di Yídū e di Lángyé, ma non si aspettava che essi permettessero alla loro soldataglia di taglieggiare e di depredare la gente. Ne è nato un grave malcontento tra la popolazione. Perciò, io ho preparato un tranello. Sotto pretesto di voler discutere con loro affari di Stato, li ho invitati ad un banchetto e, mentre stavamo mangiando e bevendo, ho lasciato cadere a terra una coppa. Era il segnale convenuto per Guān Yŭ e Zhāng Fēi , che gli sono saltati addosso e li hanno uccisi. Le loro truppe si sono subito arrese. Ora io sono venuto da te espressamente per confessarti la mia colpa.”
“Quale colpa?” ribatté Cáo” Tu hai liberato il paese da due farabutti. Ci hai reso davvero un grande servizio” ed elogiò il comportamento di Liú Bèi.
XXII. Quando le loro forze riunite si avvicinarono ai confini di Xúzhōu, Lǜ Bù venne loro incontro. Cáo lo accolse cordialmente e gli conferì il titolo di Generale dell’Ala Sinistra (31), promettendo di inviargli, non appena fosse ritornato alla capitale, il relativo sigillo.(32) Lǜ Bù ne fu molto contento.
In seguito, Cáo attribuì a Lǜ Bù il comando dell’ala sinistra e a Liú Bèi il comando dell’ala destra, mantenendo per sé il comando del corpo centrale dell’esercito. Xiàhóu Dūn e Yú Jìn comandavano l’avanguardia.
XXIII. Quando Yuán Shù venne a sapere che le truppe di Cáo si stavano avvicinando, inviò contro di loro il generale Qiáo Ruí alla testa di un’avanguardia di cinquantamila uomini. I due eserciti si affrontarono nei pressi della città di Shóuchūn. Qiáo Ruí galoppò in avanti e sfidò a duello Xiàhóu Dūn, ma, al terzo assalto, fu abbattuto ed ucciso. Le sue truppe subirono una grave sconfitta e si rifugiarono all’interno della città.
XXIV. Improvvisamente giunse notizia che Sūn Cè aveva mandato la sua flotta ad attaccare le regioni situate sulla riva occidentale del fiume. Le forze di terra convergevano su Shòuchūn: Lǜ Bù avanzava dall’est, Liú Bèi, Guān Yŭ e Zhāng Fēi dal sud, mentre Cáo in persona guidava, dal nord, un’armata di centocinquantamila uomini. Yuán Shù prese paura e convocò in gran fretta i suoi consiglieri politici e militari per discutere la situazione.
Durante la riunione, il generale Yáng disse: “Shòuchūn ha patito la siccità per parecchi anni e i suoi abitanti scarseggiano di viveri. In queste circostanze, l’invio di altre truppe in città aggraverebbe le condizioni della popolazione e ne provocherebbe il malcontento.Del resto, nemmeno l’invio di rinforzi ci garantirebbe di poter resistere. Il mio consiglio è di non mandare altre truppe a Shòuchūn e di non dare battaglia al nemico. Aspettiamo che gli vengano a mancare i rifornimenti, come certamente accadrà. Per ora, Vostra Maestà si ritiri, con i reggimenti della guardia, al di là del fiume Huái. È il momento di prendere questa decisione e di sfuggire così alla furia del nemico”.
Shù accolse il suggerimento. Lasciò a Shòuchūn centomila uomini che ne assicurassero la difesa sotto il comando dei generali Lĭ Déng, Yuè Jiú, Liáng Gāng e Chén Jì, poi si ritirò al di là del fiume Huái, seguito dagli altri generali e dal resto dell’esercito, portando con sé tutte le ricchezze accumulate: ori e giade, oggetti preziosi e denaro.
XXV. I centosettantamila uomini dell’esercito di Cáo consumavano ogni giorno grandi quantità di viveri e la regione in cui si trovavano, tormentata dalla siccità, non era in grado di fornire loro le vettovaglie necessarie. Perciò Cáo sollecitava i soldati a intensificare gli attacchi, mentre Lĭ Déng, chiuso entro le mura della citttà, si limitava ad aspettare, senza tentare alcuna sortita. Dopo un mese d’assedio, i viveri cominciavano a scarseggiare. Fu richiesto aiuto a Sūn Cè, che inviò centomila barili di grano e di riso.(33)
Ciononostante non c’era abbastanza cibo da distribuire. Allora, il direttore del servizio di sussistenza Rèn Jùn e il responsabile della gestione dei magazzini Wáng Hòu si recarono da Cáo per informarlo che i viveri disponibili non erano più sufficienti a nutrire un così gran numero di soldati e per chiedergli che cosa si dovesse fare.
“Riducete le razioni.” ordinò Cáo “Per ora questo ci aiuterà a tirare avanti un po’di tempo”.
“E , se i soldati cominciano a lamentarsi, che si fa?” gli domandarono i due.
“Ci penserò io stesso.” tagliò corto Cáo.
XXVI. In conformità all’ordine ricevuto Wáng Hòu ridusse le razioni distribuite alle truppe.
Cáo inviò delle spie in ogni accampamento per controllare l’umore dei soldati: tutti mugugnavano e dicevano che il Primo Ministro li stava trattando male.
A questo punto,Cáo convocò in segreto Wáng Hòu e gli disse: “Voglio chiederti una cosa che mi permetta di calmare l’animo dei soldati.Sono sicuro che tu non me la rifiuterai”.
“Che cosa vi posso offrire, Signor Primo Ministro?” gli domandò Wáng Hòu.
“La tua testa da mostrare ai soldati” gli rispose Cáo.
“Sono una persona onesta.”gemette il disgraziato, sconvolto “Non ho fatto nulla di male”.
“Lo so, lo so che non hai fatto nulla di male,” gli rispose Cáo” ma, se non ordino che tu sia messo a morte, ci sarà un ammutinamento. Dopo che sarai morto, mi prenderò cura personalmente di tua moglie e dei tuoi figli. Non devi angustiarti per loro”.
Wáng Hòu voleva ancora parlare, ma Cáo impartì rapidamente un ordine e le guardie trascinarono fuori il poveretto, che fu subito decapitato. La sua testa fu infissa in cima ad un palo, al quale era appeso un cartello con la scritta: “Wáng Hòu ha frodato sulle razioni dei soldati, riducendole indebitamente e rubando i viveri destinati alle truppe. È perciò stato giustiziato ai sensi del codice militare”.
Solo così si potè calmare il malumore dell'esercito.
XXVII. giorno successivo Cáo fece sapere ai suoi generali che, se entro tre giorni non avessero preso la città, gli avrebbe fatto tagliare la testa e si recò lui stesso sotto le mura a sorvegliare il lavoro dei soldati che trasportavano terra e pietre per riempire il fossato, mentre dall’alto piovevano frecce e sassi. Due ufficiali subalterni presero paura e cercarono di allontanarsi, ma Cáo li fece trascinare di nuovo sotto le mura e li decapitò con la propria spada.Poi scese da cavallo e si mise personalmente a raccogliere terra per colmare il fossato, cosicché non ci fu nessuno, ufficiale o soldato, che non si desse un gran daffare. L’esercito fu spronato all’assalto e i difensori, sulle mura, non furono più in grado di resistere. Lĭ Déng, Yuè Jíu, Liáng Gāng e Chén Jì furono catturati vivi e Cáo ordinò di giustiziarli tutti sulla piazza del mercato. Furono bruciate le false insegne imperiali che ornavano il palazzo dell’usurpatore e fu distrutto tutto ciò che ricordava il suo governo illegittimo. La città fu saccheggiata e nulla rimase intatto.
XXVIII. Quando si discusse se le truppe dovessero attraversare il fiume Huái per inseguire Yuán Shù, Xún Yù si oppose all’idea osservando quanto segue: ”Questa regione ha patito la siccità per molti anni e non è in grado di fornire ai soldati i viveri necessari per il loro mantenimento. Un’ulteriore avanzata comporterebbe troppi strapazzi per l’esercito e troppe sofferenze per la popolazione e non si concluderebbe di certo con un successo. Non sarebbe meglio, per il momento, ritornare a Xŭdū ed attendervi l’arrivo della primavera e l’epoca del raccolto? L’esercito avrà allora viveri a sufficienza e potrà riprendere la campagna.”
Mentre Cáo Cāo esitava a prendere una decisione, giunse un messaggero, il quale riferì che Zhāng Xiù, con l’appoggio di Liú Biăo, stava creando disordini e che erano scoppiate a Nányáng e a Zhūxiàn (34) ripetute ribellioni, che Cáo Hóng non era riuscito a reprimere, anzi, sconfitto in numerosi scontri, si trovava in gravi difficoltà e chiedeva aiuto.
Cáo scrisse subito a Sūn Cè per invitarlo ad attraversare il fiume così da attirare su di sé Liú Biăo e le sue truppe e distoglierlo dal portare aiuto a Zhāng Xiù (35).
XXIX.Quello stesso giorno, Cáo congedò i suoi alleati e ritornò a casa per organizzare una spedizione contro Zhāng Xiù. Prima di mettersi in cammino, ordinò a Liú Bèi di ritornare con le sue truppe a Xiăopèi ed esortò lui e Lǜ Bù a comportarsi come fratelli, aiutandosi a vicenda e astenendosi dal recar danno l’uno all’altro. Dopo che Lǜ Bù fu partito per Xúzhōu, Cáo confidò a Liú Bèi: “Ti lascio a Xiăopèi per tendere una trappola alla tigre. Se avrai bisogno di consiglio, dovrai rivolgerti unicamente a Chén Dóng e a Chén Guī. Se avrai bisogno d’aiuto, potrai contare su di me”.
XXX. Ciò detto partì e si diresse a Xúdū, dove fu informato che Duàn Wēi aveva ucciso Lĭ Jué e che Wŭ Xí aveva ucciso Guō Sì e dove gli furono presentate le teste dei due ribelli. Duàn Wēi aveva fatto arrestare tutti i parenti di Lĭ Jué, più di duecento persone tra giovani e anziani, e li aveva fatti condurre, sotto scorta, a Xúdū. Cáo ordinò di giustiziarli, a gruppi, presso le diverse porte della città e le loro teste furono esposte in pubblico come ammonimento, tra il giubilo della popolazione.
XXXI. Nel palazzo imperiale, numerosi dignitari civili e militari parteciparono ad un banchetto offerto per celebrare il ristabilimento della pace. Duàn Wēi si vide conferire il titolo di Vincitore dei Ribelli mentre Wŭ Xí ricevette il titolo di Sterminatore dei Briganti (36). Entrambi furono inviati con le loro truppe a formare la guarnigione di Cháng’Ān. I due ringraziarono per gli onori ricevuti e presero congedo. Cáo sottopose un memorandum all’Imperatore per informarlo che occorreva organizzare una spedizione al fine di reprimere la rivolta di Zhāng Xiù. L’Imperatore, salito sulla propria carrozza, accompagnò personalmente Cáo a passare in Rassegna le truppe che si apprestavano a partire.
S’era d’estate, nel quarto mese del terzo anno dell’era della “Calma Ristabilita”. (37)
XXXII. Cáo lasciò Xún Yù a capo della guarnigione di Xŭdū, poi schierò l’esercito e, assuntone personalmente il comando, diede ordine di mettersi in marcia. Sul cammino che i soldati dovevano percorrere, le messi erano già mature e i contadini, impauriti dall’avvicinarsi delle truppe, erano fuggiti senza mietere il grano. Cáo inviò in tutti i villaggi, vicini e lontani, dei messaggeri a comunicare ai notabili e alla popolazione e degli araldi a proclamare in ogni angolo il seguente editto: ”Ho ricevuto dall’Imperatore il mandato di muovere contro i ribelli per proteggere il popolo dell’Impero. Non posso evitare di far marciare le mie truppe durante la stagione della mietitura e tutti quanti, ufficiali e soldati, dovranno attraversare i vostri campi. Però, ho ordinato che chiunque calpesti le messi, sia giustiziato. La legge di guerra sarà applicata con estremo rigore e la popolazione non dovrà quindi temere alcun danno”. Quando la gente sentì questo proclama, non ci fu nessuno che non se ne rallegrasse e che non lo apprezzasse; i contadini si assiepavano ai lati della strada ed applaudivano al passaggio delle truppe.
I soldati, quando dovevano attraversare un campo di grano, smontavano da cavallo e spostavano le spighe con la mano per non danneggiarle. Nessuno osava calpestare le messi.
XXXIII. Un giorno, proprio mentre Cáo stava attraversando un campo di grano, un piccione si levò improvvisamente in volo dinanzi alle zampe del suo cavallo, che si imbizzarrì e si mise a galoppare calpestando una vasta distesa di grano. Cáo chiamò il giudice militare (38) e lo invitò a pronunciare la sentenza prevista per il reato che aveva commesso danneggiando il campo di grano. “Com è possibile che il Primo Ministro si sia reso colpevole di un reato?” gli domandò il giudice.” ”Ho violato una norma che avevo stabilito io stesso.” gli rispose Cáo “ Devo assumermene la responsabilità davanti a tutti.” Detto questo, sguainò la spada che portava al fianco, come se volesse tagliarsi la gola. Tutti si affrettarono a trattenerlo.
Intervenne allora Guō Jiā (39), che disse: “Anticamente, durante il Periodo delle Primavere e degli Autunni, le maggiori autorità erano immuni dall’applicazione delle leggi penali. Come si può pensare di condannare a morte il comandante supremo di un grande esercito?”.
Cáo ponderò a lungo, poi disse: “L’immunità dalle leggi penali concessa alle principali autorità durante il Periodo delle Primavere e degli Autunni costituisce un precedente che può evitarmi la condanna a morte”. In seguito, con la spada, si recise i capelli (40) esclamando: “ Mi taglio i capelli, al posto della testa”. (41)
I messaggeri di Cáo mostrarono la sua capigliatura a tutto l’esercito proclamando: “Il Primo Ministro, avendo calpestato un campo di grano, avrebbe dovuto essere decapitato in pubblico. Ecco la sua capigliatura, al posto della sua testa”. I soldati furono terrorizzati da questo esempio e non ci fu nessuno che non obbedisse agli ordini. (42)
XXXIV. posteri scrissero, in proposito, la seguente poesia:
“ Moltitudini di feroci guerrieri,
infiniti temperamenti diversi,
ma un sol uomo li disciplina tutti
con la severità e le punizioni.
Quel comandante si recise la chioma
invece di farsi tagliare la testa.
Se vogliamo proprio guardare bene, Cāo,
tu sei stato veramente un gran furbone.”
XXXV. Non appena fu informato che le truppe di Cáo si avvicinavano, Zhāng Xiù scrisse subito a Liú Biăo per chiedergli aiuto. Nello stesso tempo, ordinò ai suoi due generali Léi Xù e Zhāng Xiān di condurre l’esercito ad affrontare il nemico in campo aperto.
Mentre le due armate si fronteggiavano, Zhāng Xiān si fece avanti a cavallo e, puntando il dito contro Cáo, gli urlò in tono di scherno: “Tu, uomo disonesto ed ignobile, osi affermare falsamente che difendi l’umanità e la giustizia. Non sei altro che una belva!”.
Cáo, incollerito, inviò contro il provocatore Xŭ Chŭ, che lo affrontò in duello e lo abbatté al terzo assalto. Le truppe di Zhāng Xiù si diedero alla fuga e furono inseguite fino sotto le mura di Nányáng. Zhāng Xiù riuscì a rifugiarsi entro le mura e a far chiudere le porte della città, senza più poterne uscire.
XXXVI. Cáo assediò la città. Vedendo che il fossato che la circondava era così vasto e profondo da rendere difficile l’avvicinamento alle mura, ordinò ai suoi soldati di riempirlo di terra. Poi, fece ammucchiare alla rinfusa sacchi di sabbia, fascine e balle di fieno per erigere un parapetto di fronte alle mura. Sulla cima del parapetto furono poste delle scale che permettavano di guardare all’interno della città.
Cáo cavalcò intorno alla città, ispezionandone con attenzione le difese. Dopo tre giorni, ordinò di costruire , sul lato occidentale delle mura, un terrapieno, e riunì lì i suoi generali, come se volesse attaccare proprio in quel punto.
XXXVII. Le sue mosse erano osservate da Jiă Xū, che si recò da Zhāng Xiù e gli disse: “ Ho capito che cosa Cáo Cāo intende fare e sono pronto a ideare una contromanovra”.
È proprio così:
“Anche se tu sei molto astuto c’è sempre qualcuno astuto come te, qualcuno che sa usare l’inganno per renderti la pariglia. Tu non sai quali sono i suoi piani.”
Nel prossimo capitolo vi parleremo della contromanovra progettata da Jiă Xū.
NOTE
1) Il Huáinán 淮 南 (letteralmente: “la zona a sud del fiume Huái) fa attualmente parte della regione dl Ānhuì 安 徽 nella Cina Centrale.
2) Il testo usa il termine “tíngzhăng” 亭長 ,cioè “capo di un tíng”. Il “tíng” 亭 era, sotto le dinastie Qín 秦 朝 e Hàn 漢 朝 , una piccola unità amministrativa il cui territorio non superava i 25 chilometri quadrati.
3) II fiume Sì 泗 水 è un corso d’acqua dello Shāndōng 山 東 che, un tempo, scorreva anche nel Jiāngsū 江 蘇 , la regione di cui era originario il fondatore della dinastia Hàn.
4) Secondo la tradizione, il mitico imperatore Yŭ il Grande 大禹 avrebbe fuso, con metallo proveniente da paesi lontani, nove calderoni (九鼎 “jiŭdĭng”), ciascuno dei quali avrebbe rappresentato una provincia dell’Impero. Si credeva che i calderoni perdessero peso quando una dinastia era in decadenza e potessero addirittura volar via quando una dinastia stava per crollare.”I calderoni ribollono nell’Impero” era quindi un’espressione usata per indicare una situazione di grande incertezza politica.
5) Il titolo di imperatore è qui indicato mediante il numero 95 (九 五 “jiŭwŭ”).Quest’uso deriva dal “Libro dei Mutamenti” (易 經 “yì jīng”), le cui regole di divinazione attribuiscono a ciascun trattino del primo esagramma, 乾 “qián” , composto di sei trattini paralleli continui, il valore di 9. Nel commento al primo esagramma si legge che 9 (in) 5 , vale a dire il trattino in quinta posizione, il quale corrisponde al secondo trattino se si comincia a contare partendo dal basso, significa: “Il drago vola in cielo , appare un grand’uomo” (飛 龍 在 天 利 見 大 人 “fēi lóng zài tiān lì jiàn dà rén”). Nel simbolismo tradizionale il numero 95 è perciò associato alla figura dell’imperatore.
6) Il termine 主簿 (“zhùbù”), reso dai traduttori inglesi con “registrar” o “master of the records”, designava un funzionario i cui compiti sembravano essere in parte quelli di un “segretario” o di un “cancelliere”, in parte quelli di un “archivista”.
7) Hòujì 后稷, personaggio mitico venerato come inventore dell’agricoltura, sarebbe stato figlio dell’imperatore Kù 嚳, che avrebbe regnato, secondo una tradizione, dal 2436 a.C. al 2367 a.C. Nell’ode n.245 del Shījīng 詩 經, intitolata “La nascita del popolo” (生 民 shēng mín”) è menzionato come progenitore dei Zhōu.
8) Il re Wén (letteralmente: “il re saggio”) dei Zhōu (周 文 王 “zhōu wén wáng”), considerato il fondatore della dinastia Zhōu 周 朝 , regnò dal 1099 a.C. al 1056 a.C., ma, sebbene controllasse la maggior parte del territorio dell’Impero, non volle o non poté rovesciare la dinastia Shāng 商 朝 . La prima ipotesi è quella fatta propria da Confucio che, nei suoi “Dialoghi” 論 語 (cap.VIII, par.20), loda la saggezza e la moderazione del re Wén in questi termini:”I Zhōu continuarono a rendere omaggio alla dinastia Yīn, anche quando controllavano ormai due terzi dell’Impero. Ecco una dimostrazione di grandissima virtù, non è forse vero?”.
9) Il testo usa il termine 殷 (“yīn”) che è una denominazione usata per indicare la dinastia Shāng 商 朝 nell’ultimo periodo del suo governo.
10) Zhòu 紂, l’ultimo imperatore della dinastia Shāng 商 朝, che regnò dal 1075 a.C. al 1046 a.C., era temuto ed esecrato per la sua crudeltà.
11) Il cognome Chén 陳 fu assunto dalla famiglia che governò il piccolo regno di Chén 陳 國 dal 1046 a.C. al 479 a.C. Il capostipite della famiglia reale di Chén, Guī Măn 媯 滿 , sarebbe stato un discendente del leggendario imperatore Shùn 舜. La famiglia Yuán 袁 faceva risalire le proprie origine a Yuán Tāotú 袁濤塗 , un nobile dello Stato di Chéng, vissuto nel 7° secolo a.C., che faceva parte di un ramo collaterale della famiglia regnante.
12) Il mitico imperatore Shùn 舜 avrebbe regnato, secondo la tradizione, dal 2233 a.C. al 2184 a.C.
13) Secondo la dottrina delle Cinque Fasi 五 行 (“wŭxíng”) , elaborata da Zōu Yăn 鄒 衍 (305 a.C.- 240a.C.), ogni dinastia sarebbe stata rappresentata da uno dei Cinque Elementi:
Imperatore Giallo 皇 帝= Terra 土
Xià 夏 朝= Legno 木
Shāng 商 朝=Metallo 金
Zhōu 周朝= Fuoco 火
Qín 秦 朝= Acqua 水
che si succedevano secondo un ordine detto Ciclo del Predominio o della Consumazione.
Di conseguenza,la dinastia Hàn sarebbe stata di nuovo legata all’elemento Terra.
Tuttavia, l’usurpatore Wáng Măng eliminò dalla successione la dinastia Qín, da lui ritenuta illegittima, e sostituì il Ciclo della Creazione o della Generazione al Ciclo del Predominio.
A causa di questi cambiamenti,la successione delle dinastie si configurò da allora in poi come segue:
Imperatore Giallo=Terra Xià=Metallo Shāng=Acqua Zhōu= Legno Hàn=Fuoco .
La dinastia destinata a subentrare alla dinastia Hàn doveva quindi essere legata all’elemento Terra. Il testo non precisa i motivi per cui Yuán Shù ritiene che la propria famiglia soddisfi a questo requisito.
14) Gli argomenti di Yuán Shù sono piuttosto fumosi. L’unico che presenta un minimo di concretezza è il possesso del Sigillo di Giada, che però non basta di sicuro a legittimare la pretesa al trono imperiale.
15) Questa effimera dinastia, che durò due soli anni, dal 197 d.C. al 199 d.C, e che non riuscì mai ad espandersi al di là del territorio originariamente controllato da Yuán Shù, appare modesta anche nel nome: Zhòngjiā 仲 家 significa il “secondo casato”. Non è chiaro se tale nome fu scelto per rispetto verso la dinastia Hàn o verso il fratello di Yuán Shù, Yuán Shào 袁紹, che, in quanto primogenito, avrebbe avuto maggiore diritto al titolo imperiale.
16) Il testo non precisa il rituale dei sacrifici, ma è ovvio che doveva trattarsi dei sacrifici più solenni che potevano essere celebrati soltanto dall’imperatore.
17) Féng Fāng 馮 方 fu direttore ministeriale nei primi anni dell’Imperatore Líng 靈 帝, che regnò dal 168 d.C. al 189 d.C., ed in seguito ministro delle finanze .Sua figlia, che, nel romanzo appare come la moglie di Yuán Shù, fu in realtà soltanto una delle sue concubine.
18) Il testo usa il termine “Palazzo Orientale”(東 宮 “dōnggōng”) che indicava il palazzo in cui risiedeva il Principe Ereditario e che era spesso usato per indicare il principe stesso.
19) Ho usato la terminologia italiana con riferimento ai corpi dell’esercito e ai gradi militari per rendere il testo più comprensibile. La traduzione letterale dei termini cinesi avrebbe richiesto ampie spiegazioni che interesserebbero soltanto gli specialisti di ordinamenti militari.
20) Il termine 尺 书 (“chĭshū”) designava anticamente le lettere, con riferimento al fatto che, nel periodo Hàn, quando non era ancora stata inventata la carta, le tavolette su cui venivano scritti i messaggi avevano normalmente una lunghezza di un piede (尺“chĭ”), vale a dire di circa ventitre centimetri. Come si vedrà in seguito, per indurre i generali al tradimento, Lǜ Bù prometteva loro di darsi da fare per ottenere la loro reintegrazione nella burocrazia imperiale.
21) Hán Xiān e Yáng Féng erano due capibanda che erano stati nominati generali dopo aver aiutato, nel 195 d.C., l'imperatore Xiàn, tenuto in ostaggio dai generali ribelli Lĭ Jué e Guō Sì, a fuggire dalla capitale Chángān.
22) Lǜ Bù era stato nominato dall'imperatore marchese di Wēn dopo aver contribuito, nel 192 d.C., all'eliminazione di Dŏng Zhuó.
23) I turni di guardia delle sentinelle cominciavano al calar della sera. Supponendo che il primo turno di guardia fosse iniziato intorno alle sette, il momento qui indicato si situerebbe intorno alle nove di sera.
24) I draghi e le fenici,il sole e la luna, le stelle dell’Orsa, le asce d’argento, la coda di yak sono simboli tradizionali del potere imperiale. La zucca protegge dagli spiriti malvagi e dalle malattie ed è simbolo di longevità. Anche l’alabarda è un segno di buon auspicio Quanto ai cinque punti cardinali (i Cinesi consideravano come punto cardinale anche il centro) si può agevolmente congetturare che la loro menzione o rappresentazione evocasse la pretesa dell’Imperatore di regnare su tutta la terra.
25) Il termine 家 奴 ("jiānú), che indicava i servi assegnati ai lavori domestici, è qui evidentemente usato in senso spregiativo.
26) Il Sigillo di Giada, simbolo dell'autorità suprema, era stato trovato da Sūn Jiān, padre di Sūn Cè, in fondo ad un pozzo in un cortile del palazzo imperiale di Luòyáng quando i capi militari che si erano ribellati a Dŏng Zhuò avevano conquistato la capitale ed era poi stato dato in pegno a Yuán Shù dallo stesso Sūn Cè in cambio della messa a sua disposizione di un certo numero di soldati. Sūn Cè non aveva comunque maggior titolo al possesso del sigillo di quanto ne avesse Yuán Shù.
27) Il termine 黄 口 孺 子 (“huángkŏu rúzĭ”) , letteralmente “ragazzo dal becco giallo”, è usato per indicare un giovane privo di esperienza. La metafora si riferisce al “becco giallo” dei pulcini e degli uccellini appena nati.
28) Ho interpretato il termine 江口 ("jiāngkŏu") nel senso generico di "bocca del fiume". Poiché molti spostamenti di truppe avvenivano per via fluviale, il controllo dei corsi d'acqua era una misura strategica importante. Il fiume di cui si tratta è con ogni probabilità il Fiume Azzurro.
29) Il Kuàijī 會 計 era un'antica prefettura che aveva per capoluogo Wú 吳 (oggi Sūzhōu 蘇 州 nel Jiāngsū 江 蘇 ) e che faceva parte dei territori dominati da Sun Cè.
30) Diăn Wĕi era stato ucciso mentre copriva la ritirata di Cáo Cāo dopo la battaglia di Wĕncháng nel 197 d.C.
31) Il grado di Generale dell’Ala Sinistra ( 左 將 軍 “zuōjiāngjūn”) era un grado militare molto elevato, immediatamente al di sotto di quello di Comandante Supremo dell’esercito imperiale.
32) La consegna del sigillo inerente alla carica (印綬 “yìnshòu”) rappresentava la ratifica della nomina da parte dell’Imperatore.
33) Il termine cinese 斛 (“hú”) indica una unità di misura che corrisponde attualmente a circa 50 litri.
34) Nányáng 南 陽 corrisponde all’antica città di Wánchéng 完 成 nel Hénán 河 南. Zhūxiàn 諸 縣 era una contea situata a sud-ovest dell’attuale città di Zhūchéng 諸 城 nello Shāndōng 山 東.
35) Zhāng Xiù 張 繡 controllava la regione del Hénán 河 南, a sud della quale si stendevano le provincie del Húbĕi 湖 北 e del Húnán 湖 南, governate da Liú Biăo 劉 表. Cáo Cāo invita Sūn Cè, che governa il Jjāngnán 江 南, territorio situato a oriente del Húbĕi e del Húnan, a muovere verso occidente attraversando il Fiume Azzurro per minacciare Liú Biăo e distoglierlo così dal recare aiuto a Zhāng Xiù.
36) Il termine cinese è 殄虞將 軍 (“tiăn yú jiāngjūn”), vale a dire: “generale sterminatore degli Yú”. Gli Yú 虞 erano un’antica popolazione che abitava il regno di Yú 虞 國 (“yú guó”) situato nella zona dell’attuale Yúchéng 虞 城 nel Hénán orientale 東 河 南.
37) L’era della “Calma Ristabilita” ( 建 安 “Jiàn’ān”) va dal 196 d.C. al 220 d.C. Il suo terzo anno corrisponde al 198 d.C.
38) Il testo cinese usa il termine 主 簿 (“zhùbù”). Come s’è già visto, questo termine designava un funzionario i cui compiti erano in parte quelli di un “segretario” o di un “cancelliere”, in parte quelli di un “archivista”. Evidentemente il “zhùbù” svolgeva anche le funzioni di giudice militare.
39) Guō Jiā 郭嘉 (170 d.C.-207 d.C.) fu uno dei più brillanti ed ascoltati consiglieri di Cáo Cāo.
40) Gli antichi Cinesi non si tagliavano mai i capelli, che portavano lunghi e raccolti sul capo in elaborate acconciature sostenute da coroncine e diademi. Era perciò possibile, come dimostra la scena qui descritta, recidere la capigliatura quasi intera con un solo taglio.
41) Il taglio dei capelli era considerato degradante perché in contrasto con il rispetto della pietà filiale predicato dalla dottrina confuciana. L’onore dovuto ai genitori esigeva infatti che ciascuno mantenesse intatto il corpo che aveva da loro ricevuto, evitando mutilazioni di qualsiasi genere, tra le quali un’interpretazione rigorista faceva rientrare anche il taglio dei capelli e della barba. D’altra parte, le pene comminate ai criminali includevano spesso l’amputazione di uno o più arti. Sotto questo aspetto, il taglio della capigliatura poteva assumere il carattere di un punizione vagamente assimilabile all’amputazione di un arto. Nessuno poteva comunque seriamente pensare, nemmeno allora, che il taglio della chioma equivalesse ad una decapitazione.
42) Si può ragionevolmente presumere che i soldati non fossero terrorizzati tanto dalla "severità" di Cáo verso sé stesso quanto dalla certezza che, in una situazione analoga, egli non avrebbe avuto la minima esitazione ad applicare la pena capitale nei loro confronti. Il popolo, del resto, non si lasciò ingannare, come dimostra la poesia satirica riportata alla fine dell'episodio.
.