Capitolo XII
Cielo e Terra
Nonostante la loro grandezza, cielo e terra evolvono secondo un preciso equilibrio (1); nonostante il loro immenso numero, le cose sono regolate da un solo ordine; nonostante la loro moltitudine, gli esseri umani sono retti da un solo signore, che trova ispirazione nella Virtù e prospera con l’aiuto del Cielo. Perciò si dice che il regno dei principi dell’antichità era arcano e che essi governavano senza agire, confidando soltanto nel Cielo. Se noi consideriamo le loro parole alla luce della Via, constatiamo che quei sovrani erano giusti; se consideriamo i loro provvedimenti, constatiamo che la distinzione tra principe e ministri era valida e ragionevole; se consideriamo le competenze, constatiamo che ministri e funzionari svolgevano bene i loro compiti; se consideriamo il mondo, constatiamo che esso funzionava alla perfezione. Ciò che pervadeva il cielo e la terra era la Virtù; ciò che operava nel mondo era la Via (2); ciò che governava il popolo era la competenza; ciò che dava autorità alla competenza era la capacità. Nella capacità si manifestava la competenza, nella competenza si manifestava la giustizia, nella giustizia si manifestava la Virtù, nella Virtù si manifestava la Via, nella Via si manifestava il Cielo. Perciò si dice che nei tempi antichi chi reggeva il mondo non desiderava nulla ed il mondo non aveva bisogni, non agiva e le cose si aggiustavano da sole, non faceva altro che essere calmo e sereno ed il popolo era soddisfatto. Troviamo scritto nelle cronache: ”È quando tutto diventa uno che ogni cosa viene portata a compimento. È quando si rinuncia a perseguire uno scopo che il divino domina”.
Il Maestro (3) ha detto: “È la Via ciò che pervade il mondo e lo sostiene. Quant’è grande la sua influenza! “ L’uomo di valore non può che rimuovere dalla propria mente tutto ciò che è contrario alla Via. Astenendosi dall’agire si conforma a ciò che chiamiamo la Volontà del Cielo. Trattenendosi dal parlare fa prova di ciò che chiamiamo la Virtù. Amando la gente e rispettando le cose mostra di possedere ciò che chiamiamo l’Umanità. Rendendosi conto dell’unità nella diversità manifesta ciò che chiamiamo la Grandezza. Rinunciando all’ambizione palesa ciò che chiamiamo la Generosità. Accogliendo in sé infinite differenze acquista ciò che noi chiamiamo la Ricchezza. Attenendosi alla Virtù vive ciò che noi chiamiamo una Vita Ordinata. (4) Coltivando la Virtù esperimenta ciò che noi chiamiamo la Solidità Morale.(5) Conformandosi alla Via raggiunge ciò che noi chiamiamo la Perfezione, cioè l’indifferenza alle cure mondane. L’uomo di valore è colui che ha ben chiari in mente questi dieci punti. Egli ha tutto in sé stesso, dimostrando così la grandezza del proprio animo, e, con l’influenza del suo comportamento, fa affluire a sé tutte le cose. Essendo questa la sua natura, egli lascia che l’oro giaccia nelle viscere della montagna e le perle negli abissi del mare, ritiene che l’acquisto di beni e di denaro non rappresenti alcun guadagno, si tiene lontano dagli onori e dalle ricchezze, non si rallegra di una lunga esistenza né si duole di una morte prematura, non si gloria della prosperità né si vergogna dell’indigenza, non attribuisce importanza ad una vita lunga o breve, non stima che valga la pena di parlare di opulenza o di miseria, non desidera passare tutta la vita ad accumulare beni né mira a regnare sull’Impero per soddisfare la propria fame di gloria. Egli si distingue soltanto perché gli è chiaro che tutte le cose formano un solo insieme e che la vita e la morte sono la stessa cosa.”
Il Maestro ha detto: “Quant’è profonda la Via, quanto è limpida! Senza la Via, pietre e metalli non darebbero suono. Benché essi abbiano la capacità di emettere un suono, non risuonerebbero se qualcuno non li percuotesse. Ciò che permette di realizzare le potenzialità insite in tutte le cose è la Via. L’uomo che la le qualità di un sovrano si comporta con semplicità e si vergogna di mostrarsi indaffarato. Egli si fonda saldamente su ciò che costituisce l’origine e la fonte delle sue qualità e la sua saggezza ha qualcosa di divino. In questo modo, le sue doti (6) crescono ed il suo animo spazia sempre di più, concedendogli ampia scelta tra le cose, giacché senza la Via il corpo non avrebbe vita e senza la Virtù la vita non avrebbe senso. Non è lui che preserva il corpo e sfrutta appieno la vita, che si rafforza nella Virtù e che intende la Via, pieno quale è di doti regali? Quanta maestà c’è in lui! Come lo seguono le cose al suo improvviso apparire, di fronte ai suoi gesti solenni! Ecco chi può essere chiamato un uomo degno di regnare! Egli vede nella più profonda oscurità, sente dove non si ode alcun suono. Nel buio più fitto, egli solo vede e distingue; nel silenzio più assoluto, egli solo percepisce un’armonia di suoni. (7) Perciò, dove si succedono gli abissi, egli è capace di operare, nel più folto dei misteri, egli sa destreggiarsi. Interagisce infatti con tutto il creato e, sebbene non abbia nulla, aiuta la gente a trovare ciò che cerca (8). Sembra ogni momento volar via, eppure ritorna sempre alla sua dimora. È, al tempo stesso, piccolo e grande, lungo e corto, vicino e lontano.
L’Imperatore Giallo, mentre viaggiava a nord del Fiume Rosso (9), salì sulla cima del Monte Kūnlún (10) e guardò verso il meridione. (11) Sulla via del ritorno, smarrì la sua perla misteriosa (12). Mandò la Sapienza a cercarla, ma la Sapienza non la trovò. Inviò poi Lì Zhū, l’uomo dalla vista acutissima, ma neppure costui la trovò. Affidò allora la ricerca della perla a Chī Gòu (13), il buon ragionatore, ma senza risultato. Da ultimo, si rivolse all’Uomo senza forma (14), che la trovò. “Come è strano” osservò l’Imperatore Giallo” che proprio l’Uomo senza forma abbia trovato la perla!”.(15)
Il maestro di Yáo fu Xŭ Yóu, il maestro di di Xŭ Yóu fu Nié Quē, il maestro di Nié Quē fu Wáng Ní e il maestro di Wáng Ní fu Bèi Yī. Yáo domandò a Xŭ Yóu: “Non ritenete che Nié Quē sia un uomo di qualità divine? Potrei pregare Wáng Ní di convincerlo a prendere il mio posto.” “Sarebbe un’iniziativa azzardata e dannosa per l’Impero” gli rispose Xŭ Yóu.” Nié Quē è un uomo intelligente, perspicace, abile e saggio, rapido nel comprendere e più dotato degli altri, e sa come sfruttare con gli accorgimenti propri degli uomini le sue qualità naturali. Farà senz’altro del suo meglio per correggere le disfunzioni del governo, ma non sa da dove provengano. Come potremmo considerarlo simile ad una divinità? Si appoggerà agli uomini, non al Cielo. Muterà spesso opinione.(16) Promuoverà con grande zelo il sapere. (17) Si metterà a dare ordini. (18) Agirà fondandosi sulle circostanze esterne. (19) Si guarderà intorno per vedere come la gente reagisce alle sue decisioni (20) e si conformerà all’opinione prevalente. Si adeguerà ai cambiamenti del mondo e rinuncerà a perseguire una politica costante. Come potrebbe un tal uomo avere in sé qualcosa di divino? Di certo, visto che ogni famiglia ha un capostipite, potrebbe essere il capostipite di una famiglia, ma indubbiamente non l’antenato comune di tutto il popolo. (21) Come ministro recherebbe danni, come sovrano sarebbe la rovina dello Stato.”(22)(23)
Durante una visita di Yáo a Huà, l’ufficiale incaricato della sorveglianza della città (24) gli augurò: ”O saggio! Che tu sia benedetto! Che tu possa vivere a lungo!”. “Lascia perdere!” gli rispose Yáo. “Che tu possa diventare ricco” continuò l’uomo. “Smettila!” ribattè Yáo. “Che tu possa avere molti figli!” “Basta!” sbottò Yáo. “Lunga vita, ricchezza e numerosa discendenza sono le cose che la gente desidera.” obiettò l’uomo” Come è possibile che tu solo non voglia saperne?” Yáo gli spiegò: “Molti figli portano con sé molte preoccupazioni, le ricchezze portano con sé molti affanni e una lunga vita porta con sé molte disgrazie. Sono tre cose che non aiutano a coltivare la Virtù e perciò io le rifiuto”. L’uomo replicò: “Credevo che tu fossi un saggio ed invece mi accorgo che, pur essendo qualcuno di importante, sei soltanto una persona ordinaria. (25) Il Cielo, che ha fatto nascere infiniti esseri, ha certamente previsto i ruoli che intendeva loro attribuire. Se tu avessi numerosi figli e sapessi quali funzioni loro affidare, di che cosa dovresti preoccuparti? Se tu fossi ricco e facessi beneficiare anche gli altri della tua ricchezza, quali affanni dovresti temere? Il saggio trova dimora come la quaglia trova il nido e trova cibo come il pulcino trova nutrimento. (26) Egli è come l’uccello che vola nell’aria e non lascia traccia del suo passaggio. Quando il mondo si conforma alla Via, egli partecipa alla prosperità generale; quando il mondo si allontana dalla Via, egli coltiva per proprio conto la Virtù e non si occupa degli affari pubblici. Dopo mille anni, stanco del mondo, lo lascia e ascende tra gli Immortali (27), cavalca le bianche nuvole e giunge alla sede del Sovrano Celeste. (28) I tre guai (29) non lo affliggono più; il suo corpo è ormai libero da ogni malanno. Che disgrazia potrebbe ancora accadergli?”
Ciò detto, l’uomo si allontanò. Yáo lo seguì dicendo ”Vorrei domandarti…,” ma l’altro lo liquidò bruscamente: “Lasciami in pace!”.
L’Imperatore Yáo affidò un marchesato a Bó Chéng detto Gāo. Quando, dopo il regno di Shùn, il trono passò a Yŭ, Gāo si dimise dal suo incarico e si dedicò alla coltivazione della terra. Yŭ andò a rendergli visita e lo trovò mentre stava arando i campi. Yŭ gli si avvicinò e si inginocchiò, poi, rialzatosi, gli domandò: ”Un tempo, sotto il regno di Yáo, voi, Signore, foste nominato marchese. Dopo Yáo salì al trono Shùn ed in seguito sono diventato imperatore io. Voi vi siete allora dimesso dalle vostre funzioni ed ora arate i campi. Vorrei chiedervi perché l’avete fatto?”. Gāo gli rispose:” Al tempo dell’Imperatore Yáo, la gente si comportava con onestà senza cercare ricompense e si asteneva dal compiere il male senza che fosse la paura delle punizioni a trattenerla. Oggi. voi avete introdotto premi e pene, eppure la gente è malvagia. D’ora in poi la virtù decadrà, le punizioni domineranno ed il mondo piomberà nel disordine. (30) Perché non ve ne andate via? Vi sarei grato di non interrompere il mio lavoro.” Detto ciò, riprese l’aratura, a testa china e senza più guardarsi intorno.
In principio non esisteva nulla, non c’era nulla a cui si potesse dare un nome. Fu in queste condizioni che qualcosa cominciò ad esistere, una singola entità ancora indistinta . Da questa entità poterono cominciare a svilupparsi le cose, ricevendo quello che noi chiamiamo il loro carattere. L’entità senza forma si frazionò in parti e così, in un processo continuo, sorse ciò che noi chiamiamo la vita. Nel fluire del movimento nacquero le cose. Quando le cose furono completate, si realizzò ciò che le distingue, ciò che noi chiamiamo forma materiale. La forma materiale ospita lo spirito e ciascuno dei due elementi ha le sue peculiari manifestazioni, che noi chiamiamo la sua natura . Quando la natura è ben coltivata, ritorna al suo carattere originario, che coincide con i primordi dell’Universo, vale a dire con il vuoto, che, a sua volta, è immensità. È come un uccello che apre e chiude il becco, come l’unione primordiale del cielo e della terra. Questa unione può apparire inconscia e involontaria, sembra indicare inerzia od oscurità, ma è ciò che viene chiamato il “potere misterioso” e si identifica con la “grande sottomissione". (31)
Il Maestro domandò a Lăo Dān (32):”Ci sono alcuni che intendono la Via come un percorso obbligato: ‘Si può fare o non si può fare. È così o non è così.’ Sono i dialettici, quelli che dicono di poter distinguere i concetti di “durezza” e di “bianchezza” come se li avessero dinanzi agli occhi. Possiamo definirli saggi?”. Lăo Dān gli rispose: ”Costoro sono come gli sbirri (33) agli ordini di un magistrato, gente che logora senza sosta il corpo e la mente. Sono come i cani da caccia o come le scimmie che i saltimbanchi portano via dalle foreste di montagna (34). Ti consiglio, o Qiū, di non ascoltarli e di non parlarne. C’è una moltitudine di gente che ha testa e piedi, ma non ha intelletto e non ha comprendonio, mentre non c`è nessuno o quasi nessuno che abbia un corpo e che, al tempo stesso, sappia preservare tutto ciò che non ha apparenza corporea. Non è nel muoversi o nello star fermo, nel vivere o nel morire, nel cadere o nel rialzarsi che va cercata questa particolarità che distingue il saggio, bensì nel suo intimo. Chi ha dimenticato il mondo, chi ha dimenticato persino il Cielo, può essere definito uno che ha dimenticato sé stesso. Di costui si dice che “è salito al Cielo”.(35)
Avendo incontrato Jì Chè, Jiáng Lǘ Miăn gli raccontò :”Il duca di Lŭ mi ha chiesto di consigliarlo. Dapprima ho declinato l’invito, affermando che non ne ero all’altezza (36), ma in seguito gli ho fornito i miei consigli. Non so se erano buoni consigli. Ecco che cosa gli ho detto:” Sforzatevi di essere cortese e prudente. Promuovete coloro che hanno cura del pubblico interesse e non coloro che cercano il proprio vantaggio privato. Chi oserà allora non concordare con voi?”. Jì Ché abbozzò un sorriso e gli rispose: “ O Maestro! Le vostre parole mi ricordano la mantide religiosa che con i gesti furiosi delle sue zampette vuole fermare un carro. (37) Non servono a niente! Per di più, se il duca seguisse i vostri consigli, rischierebbe di perdere i suoi palazzi ed i suoi beni perché sarebbero numerosissimi coloro che, lasciando il loro cammino, cercherebbero impiego presso di lui (38).” Turbato da questa risposta, Jiáng Lǘ Miăn esclamò: ”Non riesco a comprendere le vostre parole, Maestro. Potreste chiarirmene il significato.” Jì Ché gli spiegò:” Se un grande saggio governasse l’Impero, stimolerebbe gli animi dei sudditi, li indurrebbe a porre in atto le sue istruzioni ed a modificare le proprie abitudini, estirperebbe il male che si annida nelle loro menti e li farebbe tendere tutti verso il bene, come se lo facessero spontaneamente per natura e senza che si rendessero conto di che cosa li spinga ad agire così.(39) Una persona simile dovrebbe forse guardare a Yáo e a Shùn come a propri fratelli maggiori nell’istruire il popolo?(40) Vorrebbe che la virtù si diffondesse e che tutti la praticassero."
Zī Gòng, che aveva compiuto un viaggio a sud nel regno di Chŭ e stava ritornando a Jìn, si trovava a passare a nord del fiume Hàn quando vide un vecchio che coltivava un campo. L’uomo andava ogni volta al pozzo, riempiva una brocca d’acqua, poi tornava indietro e la versava nei canali di irrigazione . Faceva un enorme sforzo, ma il risultato appariva modesto. Zĭ Gòng gli disse: “Esiste una macchina che permette di irrigare cento campi in un solo giorno e di ottenere così, con poca fatica, un risultato importante. Non ti converrebbe provarla?”. Il contadino lo guardò e gli chiese: “Come funziona questa macchina?” “È una macchina costituita da una pertica basculante” gli spiegò Zĭ Gòng” “ con un secchio appeso in cima e un contrappeso fissato all’altra estremità. Tira su l’acqua come se sgorgasse da una fonte o fuoriuscisse da un bollitore. Si chiama “macchina a bilanciere” .” (41) Il contadino lo fissò un momento accigliato, poi si mise a ridere e gli disse: ”Ecco ciò che mi ha insegnato il mio maestro:’ Le invenzioni ingegnose implicano necessariamente gesti accorti , i gesti accorti a loro volta implicano necessariamente menti astute, ma in presenza di una mente astuta non può fiorire la schiettezza d’animo. Se l’animo non è sincero, lo spirito è difettoso. Se lo spirito è difettoso, esso non è adatto ad accogliere la Via. Io conosco la macchina di cui voi parlate, ma mi farebbe schifo usarla.” A queste parole, Zĭ Gòng impallidì e si vergognò, abbassò la testa e non disse più nulla.
Dopo un po’ di tempo, il contadino gli domandò: “Chi siete, signore?” “Sono un discepolo di Confucio” gli rispose Zī Gòng. Allora il contadino gli disse: “ Dunque, siete uno di quei pedanti che si ritengono saggi e superiori alla gente comune e che cercano di farsi una reputazione nel mondo cantando elegie al suono di una cetra ad una sola corda? (42) Se dimenticaste di affaticare la vostra mente e trascuraste la cura del vostro corpo, forse potreste avvicinarvi alla Via. Come potete regolare il mondo, se non siete nemmeno capace di regolare voi stesso? Andate, signor mio, e lasciatemi lavorare in pace!”.
Zĭ Gòng si allontanò demoralizzato e pallido in viso, nervoso ed agitato, e dovette camminare una quindicina di chilometri prima di calmarsi. I suoi discepoli gli domandarono: “Maestro, chi era quell’uomo? Perché. dopo averlo visto, avete mutato atteggiamento e siete impallidito e vi ci è voluta un’intera giornata per riprendere il controllo di voi stesso?”. Zĭ Gòng rispose loro: “Una volta io credevo che ci fosse al mondo un solo Maestro e che non ne esistessero altri. Il mio maestro diceva che comportarsi da saggio consiste nello sforzarsi di operare con successo e nel cercare di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. M’accorgo ora che non è così. Sono coloro che si attengono alla Via quelli che risultano perfetti nelle loro qualità. La perfezione nelle qualità è perfezione del corpo. La perfezione del corpo è perfezione dello spirito. La perfezione dello spirito si identifica con la Via del saggio. ll saggio vive in mezzo alla gente e nessuno sa dove va. Vasta è la sua perfezione! Egli vede nel successo, nel guadagno e nell’inventiva l’oblio dell’animo umano. Un uomo di tal genere non va dove il suo animo non lo porta e non fa mai nulla che la coscienza non approvi. Anche se tutti lo elogiassero, egli considererebbe le lodi altrui una cosa stupida da dimenticare orgogliosamente. Anche se tutti lo riprendessero, egli riterrebbe le critiche altrui un fatto casuale di cui non merita tener conto. Le lodi e le critiche della gente non gli fanno né caldo né freddo. Di lui si può dire che è un uomo perfetto, mentre di me si può solo dire che sono un’onda agitata dal vento.”
Dopo il suo ritorno a Lŭ, Zĭ Góng raccontò ciò che gli era accaduto a Confucio, il quale osservò:” Quell’uomo è uno che si sforza di attenersi alle pratiche primordiali. Conosce quelle pratiche, ma ignora tutti gli sviluppi successivi. Sa adoperare il proprio corpo, ma non sa sfruttare le forze esterne. Se fosse così intelligente da essere completamente spontaneo e da saper ritornare alla spontaneità originaria praticando il non agire e incorporando in sé il principio divino, tu dovresti di certo ammirarlo, ma che valore puoi riconoscere ad uno che è semplicemente rimasto fermo a tecniche superate da lungo tempo?”.(43)
Nel suo viaggio verso l’Oceano orientale(44) Zhún Māng incontrò, sulle coste del Mar della Cina, Yuàn Fēng, che gli domandò “Dove state andando, Maestro?”.”Sto andando verso l’oceano” rispose Māng”. “ Perché?”gli chiese Fēng. Allora Māng gli spiegò: “L’oceano è così immenso che tutte le acque che vi si riversano non sono in grado di riempirlo né quelle che ne escono sono in grado di svuotarlo. Io voglio passare il mio tempo passeggiando lungo le sue sponde”. “Non vi preoccupate dell’umanità?” obiettò Fēng. ”Io vorrei sentire da voi come si governa saggiamente”. “Sotto il governo dei saggi “ gli spiegò Māng “ le funzioni sono attribuite a chi è adatto ad esercitarle e le nomine sono effettuate in base alle capacità, le decisioni vengono prese dopo un accurato esame delle circostanze, atti e parole vengono spontanei e la realtà si adegua di conseguenza. Un gesto, uno sguardo bastano a far affluire la gente da tutte le parti. Questo si chiama il governo dei saggi”. “Vorrei anche sentirvi parlare del governo degli uomini virtuosi” continuò Fēng. “Gli uomini virtuosi” gli disse Māng” sono sereni nel pensare e calmi nell’agire. Non si affaticano a fare distinzioni tra il giusto e l’ingiusto, tra il bene ed il male. Distribuiscono a tutti i loro benefici e ciò produce soddisfazione, condividono con tutti le loro qualità e ciò genera la pace. Quando muoiono, il popolo li piange come un bambino che abbia perso la mamma e cade in preda allo sconforto come un viaggiatore che si sia smarrito. Abbondano di ricchezze e di comodità, senza sapere da dove provengano, hanno cibi e bevande a sufficienza senza sapere quale ne sia l’origine. Ecco come appare il governo degli uomini virtuosi”. “Vorrei ancora” riprese Fēng” sentirvi parlare degli uomini che hanno raggiunto una condizione simile a quella degli dei”. “Costoro” gli disse Māng” salgono in alto e cavalcano la luce, non più imbrigliati dai vincoli del corpo. Possiamo dire che sono luminosi ed eterei. Cielo e terra si rallegrano con loro ed ogni umana preoccupazione si scioglie e svanisce. L’universo ritorna allora alla sua natura originaria. Questo stato di cose è detto il 'caos primordiale'.”(45)
Mentre Mén Wúguǐ e Chìzhāng Mǎnjī guardavano sfilare le truppe del re di Wǔ, il secondo osservò:” Se avessimo avuto la fortuna di vivere ai tempi dell’Imperatore Shùn (46), non avremmo dovuto preoccuparci delle guerre”. “Quando Shùn salì al trono” gli domandò Mén Wúguǐ “l’Impero era ben ordinato o cominciava già ad essere in disordine?”. “Se l’Impero fosse stato bene in ordine, come tutti desiderano” gli rispose Chìzhāng Mǎnjī” che bisogno ci sarebbe di ricordare ciò che fece Shùn? Egli preparava pozioni per chi soffriva di ulcera, forniva parrucche ai calvi e medicine ai malati. Era come un figlio premuroso che, tutto affannato, va in cerca delle medicine per curare il suo amato padre. Un saggio se ne sarebbe vergognato. (47) All’epoca in cui regnava la Virtù, non si apprezzava il sapere e non si andava in cerca di uomini abili ed ingegnosi. I capi erano come i rami dei grandi alberi e gli uomini comuni erano come i cervi della steppa.(48) La gente si comportava in modo corretto ed equilibrato senza sapere che così facendo praticava la Giustizia, amava il prossimo senza rendersi conto che così facendo coltivava la Benevolenza, era onesta e sincera senza essere conscia del fatto che così facendo esercitava la Lealtà, era ligia ai patti senza immaginare che così facendo dava prova di Buona Fede. Nei loro semplici rapporti, gli uomini si aiutavano vicendevolmente senza pensare che stavano fornendo o ricevendo un servizio. Perciò le loro azioni non lasciavano traccia e non c’era alcun bisogno di raccontare le loro imprese.”
Il figlio amorevole che assiste il padre con sincerità ed il ministro fedele che serve il sovrano senza adularlo sono i migliori esempi di pietà filiale e di lealtà politica. Quando un figlio assente a tutto ciò che suo padre dice ed approva tutto ciò che fa, è opinione comune che non sia un buon figlio. Quando un ministro assente a tutto ciò che il suo sovrano dice ed approva tutto ciò che fa, è opinione comune che non sia un buon ministro. Su questo non c`è alcun dubbio! Tuttavia coloro che ritengono buono ed approvano quanto detto o fatto dalla maggioranza della gente, non sono considerati né persone servili né adulatori. Questo vuol forse significare che l’opinione della gente è più autorevole di quella di un padre o di un sovrano? Dite a qualcuno che non ha spina dorsale ed avvamperà di furore, ditegli che è un adulatore e diventerà tutto rosso per la rabbia, anche se per tutta la vita non ha mai fatto altro che acconsentire ed adulare, anche se si accoda sempre all’opinione popolare, anche se, dalla prima cosa all’ultima, dal principio alla fine, è sempre d’accordo con tutto ciò che sostengono o fanno gli altri. Drappeggia i suoi abiti, ne accorda i colori, misura i movimenti ed i gesti per essere sempre alla moda e non si considera un pecorone. Non fa che imitare gli altri, approvando ciò che essi approvano e disapprovando ciò che essi disapprovano, e non si considera un imitatore. Questo è il colmo della stupidità. Chi si rende conto della propria stupidità non è completamente stupido; chi si rende conto della propria pazzia non è completamente pazzo. Il vero pazzo non si accorgerà mai di esserlo; il vero stupido sarà sempre convinto di essere intelligente. Se tre uomini viaggiano insieme ed uno di essi ha le idee confuse sulla direzione da seguire, potranno sempre raggiungere la meta, perché la maggioranza conosce il cammino, ma se quelli che non sanno dove andare sono due, cioè la maggioranza che decide, il gruppo si perderà per strada. Oggigiorno tutti hanno le idee confuse ed anche se si invita la gente a seguire la retta via, non si riesce a convincerla. Che tristezza!
I contadini non apprezzano la grande musica, ma se gli farai sentire “Rompendo un rametto di salice” o “ I Bei Fiori”, vedrai con quanto entusiasmo ascolteranno questi motivetti. (49) Ecco per quale ragione le parole elevate non penetrano nelle orecchie della gente e le parole perfette non sono ascoltate: è perché le parole ordinarie sono quelle che predominano. Due strumenti di terracotta sovrasteranno la musica di una campana ed impediranno di apprezzarla. Oggigiorno, il mondo intero è in stato di confusione ed anche se uno ha chiara la propria meta, come farà a raggiungerla? Se, pur sapendo che non può far nulla, si sforzerà di seguire il suo cammino, andrà incontro ad un’altra delusione. Perciò non gli resta altro da fare che lasciar perdere e rinunciare ai propri intenti, ma, se rinuncia alla propria meta, con chi condividerà il suo dolore? Se ad un lebbroso nasce un figlio nel cuore della notte, si affretterà subito ansiosamente a guardarlo alla luce di una lampada per vedere se gli assomiglia .(50)
Quando si abbatte un albero centenario, una parte del tronco sarà lavorata per farne vasi sacrificali dipinti di azzurro e di giallo ed i cascami saranno gettati in un fosso. Se compariamo i vasi sacrificali ed i cascami buttati nel fosso, constateremo che essi sono differenti per bellezza o per bruttezza, ma dovremo convenire che tutti quanti hanno perso la loro natura originaria di legno grezzo. Allo stesso modo, per quanto riguarda la giustizia, vi è di certo una differenza tra il brigante Zhì, da una parte, ed i galantuomini Zēng e Shĭ , dall’altra, ma si deve convenire che tutti quanti hanno perso la loro genuina natura di uomini. Cinque sono le cose che portano gli uomini a smarrire la loro natura genuina: la prima è la pittura che abbacina i loro occhi e confonde la loro vista; la seconda è la musica che stordisce il loro orecchio e confonde il loro udito; la terza è la confezione di profumi che turba il loro naso e procura loro il mal di testa; la quarta è la gastronomia, che intorpidisce la loro bocca e confonde il loro gusto; la quinta è la dialettica che sconvolge la loro mente e li allontana dalle loro originarie qualità naturali. (51) Queste cinque cose sono tutte dannose per la vita.(52) È allora che Yáng e Mō (53) cominciano a dibattere con vigore sulla via che porta alla Virtù, ma io ritengo che entrambi abbiano torto. Essi riescono soltanto ad infognarsi in una situazione senza vie d’uscita (54). Come potrebbero pervenire alla Virtù? Se ci riuscissero, allora potremmo dire che anche la colomba chiusa in gabbia ha raggiunto lo scopo della sua esistenza. Inoltre la dialettica e la passione smodata per i suoni e i colori non fanno altro che eccitare i loro animi; i loro berretti di cuoio, i loro copricapi ornati di piume di martin pescatore, le loro tavolette d’avorio, le loro lunghe cinture non sono altro che vincoli. Così, pieni nell’animo di furibondo ardore e legati nell’apparenza esterna, guardano tranquilli dalle loro catene, convinti di aver realizzato tutte le loro ambizioni, ed invece non sono altro che criminali incatenati e con le dita serrate da stecche di legno (55), non sono altro che tigri o leopardi caduti in trappola, i quali, pur essendo chiusi in un sacco o in una gabbia, ritengono di aver ottenuto tutto ciò che vogliono.
NOTE
1) Il termine 均 (“jūn”) è reso dai dizionari con “equilibrato”, ”uniforme”, “bilanciato”. Esso intende dunque significare che il mondo è regolato da una precisa armonia.
2) Sorge qui il sospetto che un copista abbia distrattamente invertito la successione dei termini nella scala che discende dal Cielo alla capacità. Il principio generale che regge l’universo è infatti la Via (道 “dào”), la quale proviene dal Cielo (天“tiān”) ed opera nel mondo attraverso la Virtù (德“dé”). Questo sospetto sembra confermato dalla scala ascendente che viene immediatamente dopo e che comporta la seguente successione di termini: capacità, competenza, giustizia, Virtù, Via, Cielo.
3) Il termine Maestro (夫子 “fūzī) designa abitualmente Confucio. Nei testi taoisti, gli vengono tuttavia messe in bocca tesi che non corrispondono a quanto ci è pervenuto del suo insegnamento e che potrebbero benissimo essere sostenute dal fondatore del Taoismo Lāozĭ 老子 o dallo stesso Zhuāngzĭ 莊子.
4) Tra i significati del termine 纪 (“jì”) figura anche quello di “disciplina”. L’ho quindi tradotto con “vita ordinata”.
5) Il termine 立 (“lì”), che significa letteralmente “stare dritto”, ”stare in piedi”, può essere inteso, in senso allegorico, come “acquisire consapevolezza di sé”, “conseguire una coscienza morale”, “formarsi intellettualmente e moralmente”. Si vedano, a questo riguardo, i dialoghi di Confucio (II,4): “A quindici anni non facevo altro che studiare. A trenta ero sicuro di me stesso” (吾十有五而志于學,三十而立).
6) Ho reso qui con ”doti “ il termine (德“dé”), che mi sembra, in questo caso, avere il significato di “virtus”, nel senso in cui la parola era intesa dagli autori classici, e di “virtù”, nel senso in cui la parola era intesa dagli scrittori del Rinascimento, ad es. dal Machiavelli.
7) La musica del creato, che soltanto il saggio è in grado di sentire, ci ricorda l’“armonia delle sfere” ( η αρμονία των σφαιρών) di Pitagora.
8) L’apparente paradosso sta proprio nel fatto che il saggio, sebbene personalmente sembri incapace di avere successo, sa sempre aiutare gli altri a risolvere nel modo migliore i loro problemi.
9) Il “Fiume Rosso” (赤水“chí shuĭ”), spesso menzionato negli antichi miti cinesi, è di difficile collocazione geografica. Il “Classico dei Monti e dei mari” (山海经 “shān hăi jīng”) lo situa ad occidente del Regno dei Tre Miáo (“三苗国在赤水东”sān miáo guó zài chìshuǐ dōng”). I Miáo abitavano nella zona centro-meridionale dell’attuale territorio cinese.
10) Il Monte Kūnlún 崑崙山, da non confondere con le odierne montagne del Kūnlún sull’altopiano del Tibet, rappresentava negli antichi miti cinesi l’asse del mondo e la fonte dei quattro fiumi che scorrevano verso i quattro punti cardinali. Veniva collocato nelle regioni nord-occidentali.
11) “Guardare verso il meridione”( 南望 “nán wàng”) era la frase che condensava in sé, secondo la dottrina taoista, l’attività di governo dei sovrani mitici. Fissando il punto cardinale in cui il sole era più brillante, essi esprimevano, allegoricamente, la loro intima adesione allo spirito dell’universo.
12) Che cos’è la “perla misteriosa” (玄珠 “xuánzhū”)? Secondo lo storico Sīmă Biāo 司馬彪 (nato tra il 238 e il 246 d.C., morto nel 306 d.C.), la “perla misteriosa” non è altro che l’”essenza della Via”( 道真也 “dào zhēn yĕ”). La conoscenza della Via è , per la dottrina taoista, la base dell’arte del governo. Lo smarrimento della” perla misteriosa” da parte dell’Imperatore Giallo significa dunque che il sovrano ha dimenticato i princìpi che gli permettono di regnare con saggezza.
13) Chī Gòu 喫詬 è menzionato soltanto in questo passo del Zhuāngzĭ. Propendo dunque a credere che, più che un personaggio reale, sia una figura allegorica come le altre che troviamo in questo apologo. Anche il significato da attribuire al nome è tuttavia controverso: secondo alcuni commentatori sarebbe un’allegoria della forza, secondo altri della retorica. A favore della seconda ipotesi gioca la considerazione che l’insuccesso di Chī Gòu nella ricerca della perla appare coerente con l’insegnamento taoista secondo cui la capacità di parlare, di argomentare e di far valere con sottigliezza le proprie ragioni non è di alcun aiuto nel governo dello Stato.
14) Perché l’”Uomo senza forma” ( 象罔“xiáng wăng”, cioè colui che “non ha” 罔 “una forma” 象) riesce a ritrovare la perla misteriosa? Perché la mancanza di forma si riferisce qui al modo di pensare. Chi non ha idee precise e categoriche non ha per ciò stesso alcun pregiudizio e la sua mente è di conseguenza pienamente libera e capace di accettare qualsiasi aspetto della realtà.
15) Il significato dell’allegoria è chiaro: la perla misteriosa (l’arte del governo) sfugge alla sapienza, alla perspicacia, al ragionamento, e si lascia trovare, come per caso, dalla disponibilità ad accettare il mondo quale realmente è.
16) Ho interpretato così la frase 本身而異形 “běnshēn ér yìxíng”), letteralmente “avrà in sé diverse apparenze”.
17) Il testo usa l’espressione 火馳 “huŏ chí”, vale a dire “con la velocità di un incendio”. La dottrina taoista, imperniata sul ricordo di una mitica “età dell’oro”, esprime un giudizio assai negativo su ogni tipo di progresso: la propagazione del sapere ha la stessa forza distruttiva di un incendio.
18) Ho così interpretato l’espressione 為緒使 (“wèi xù shĭ”) che può essere intesa come “mettersi a capo” “o cominciare a dare ordini”.
19) Il testo cinese reca: 為物絯 (“wèi wù hài”). Nel suo dizionario intitolato ”Il rotolo di giada” (玉篇 “yù piān”), Gùyē Wáng 顾野王 (519 d.C.-581 d.C.) spiega che il termine “hài” significa pure “fondarsi su”, ”dipendere da”( 亥,依也 “hái yī yĕ”). Il senso della frase mi sembra quindi “opererà fondandosi sulle cose”.
20) Il termine 应 (“yìng”) può anche significare “rispondere”, ”reagire”, “essere d’accordo”. Chi subordina il proprio comportamento all’approvazione degli altri non può tuttavia essere un buon sovrano.
21) Xŭ Yóu riconosce a Nié Quē le doti di un buon capofamiglia, cioè di un individuo atto ad esercitare competenze limitate, ma non le qualità di un sovrano o di un grande ministro, che, nella concezione taoista, dovrebbero possedere capacità eccezionali.
22) È “volto verso il meridione”( 南面“nán miàn”) l’uomo superiore: il saggio, il maestro, il sovrano. Per contrapposto, “è volto verso il settentrione”( 北面 “bĕi miàn”) l’uomo comune o il subordinato: il discepolo, il ministro, il suddito.
23) Paradossalmente, nella prospettiva taoista, risultano difetti gravi proprio quegli atteggiamenti che il senso comune ritiene utili a governare bene. Si comincia con l’impegno a correggere gli errori e le disfunzioni dell’amministrazione. Zhuāngzĭ ammette che questo sforzo è qualcosa di positivo ma nega che sia efficace in quanto, a suo parere, l’impostazione filosofica di Nié Quē non gli permette di riconoscere e di eliminare la causa degli errori, che quindi continueranno a riprodursi. Gravi manchevolezze sono anche costituite, per le ragioni che abbiamo già esaminato con riferimento ai princìpi della dottrina taoista, dalla promozione del progresso tecnico e scientifico, dal perseguimento di una politica attiva e decisionale, dalla ricerca del consenso popolare e dalla presa in considerazione dell’opinione pubblica.
24) Risulta dagli antichi testi che il 封人 (“fēng rén”) era un funzionario incaricato di sorvegliare gli accessi ad una città e di curarne le fortificazioni. Funzionari di questo tipo vengono spesso descritti, in occasione di loro incontri con saggi quali Confucio o Lăozĭ, come individui di grande vivacità intellettuale, forse perché le loro funzioni li mettevano in contatto con persone di ogni provenienza e ne ampliavano quindi gli orizzonti culturali.
25) Il termine 聖人(“shèngrén”), che si può tradurre con “santo” o “saggio”, indica colui che ha raggiunto la perfezione. Il termine 君子 (“jūnzĭ”), che si può tradurre con “uomo di valore”, ”nobile”, ”gentiluomo”, “galantuomo”, ha di norma una connotazione piuttosto positiva e , nei testi confuciani, designa il modello dell’”uomo ideale”, colto e studioso, educato e rispettoso, onesto e leale, devoto alla famiglia, al principe e alla patria. Nel presente contesto, indica invece una persona, che, pur rivestendo importanti incarichi e possedendo qualità rilevanti, è ancora ben lontana dall’aver raggiunto la perfezione.
26) Questa frase ricorda un famoso passo evangelico (Matteo 6,26) :” Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre”.
27) Il carattere 僊 è una forma arcaica del carattere 仙 (“xiān”), che significa “immortale”, ”creatura celeste”.
28) L’espressione 帝鄉 (“dì xiāng”), letteralmente il “villaggio imperiale”, indicava vuoi la capitale dell’Impero, vuoi, più spesso, il luogo natale dell’Imperatore. Nel presente contesto è usata per designare la dimora della divinità.
29) L’espressione “ i tre guai”( 三患 “sān huàn”) può significare cose diverse secondo l’autore che la usa. Per alcuni i ”tre guai” sarebbero la malattia, la vecchiaia e la morte; per altri le ansie legate alle cure mondane. I“ tre guai” sarebbero, in questo caso, gli affanni causati dai figli, dalla preoccupazione per le ricchezze e dall’età.
30) I premi e le pene non riescono a ristabilire la situazione ideale dei primordi, anzi non fanno che peggiorare le cose, perché l’animo umano, ormai guasto, è capace di volgere al male anche ciò che è stato escogitato per riportare la gente sulla retta via. Ci si può addirittura domandare se non venga qui rimproverato a Yŭ di aver causato egli stesso questo degrado con il suo sforzo inteso a migliorare lo “stato di natura” mediante regole, riti, leggi e invenzioni che hanno alterato irreparabilmente l’animo degli uomini.
31) La “grande sottomissione”( 大順 “dà shùn”) è la perfetta adesione dell’uomo alla natura.
32) Troviamo in questo paragrafo la conferma che il “Maestro” è Confucio. I personaggi che vi figurano sono infatti Lăo Dān 老聃, cioè il fondatore del Taoismo Lăozĭ 老子, e Qiū 丘, cioè Confucio.
33) Il termine (胥 “xū) designava anticamente funzionari di basso rango, come gli agenti agli ordini di un magistrato.
34) L’agitazione dei sofisti e dei dialettici, sempre alla ricerca di nuovi ragionamenti e di nuovi cavilli, è paragonata all’attività frenetica degli sbirri sempre all’inseguimento di ladri e banditi, a quella dei cani da caccia sempre in corsa per inseguire la selvaggina e a quella delle scimmie dei saltimbanchi sempre in movimento per divertire il pubblico.
35) Il massimo grado di perfezione è raggiunto da coloro che non solo disprezzano le cure mondane, ma addirittura rinunciano all’ambizione di distinguersi per le loro virtù. Di costoro si può dire che, avendo completamente annullato la propria esistenza individuale, si identificano ormai con l’universo e sono quindi “entrati in Cielo”.
36) Nell’originale cinese si legge 不獲命 (“bù huò mìng”), letteralmente” non ne avevo ricevuto il mandato”. Senza andare alla ricerca di spiegazioni particolari, per le quali il testo non fornisce nessun appiglio, mi sembra che l’espressione si possa intendere nel senso che Jiáng Lǘ Miăn, non considerandosi all’altezza del compito, non si sentiva “chiamato” a consigliare il duca di Lŭ.
37) Si fa qui riferimento, per mettere in evidenza l’inutilità dei consigli di Jiáng Lǘ Miăn, al famoso aneddoto, riportato nell’ottavo volume del “Commento esterno di Hàn al Libro delle Odi” ( 韓詩外傳 ”hán shī wàizhuàn”), del duca Zhuāng di Qí 齐庄公 e della mantide religiosa che tentò di sbarrare la strada al suo carro.
38) La frase è di difficile interpretazione, ma sostanzialmente sembra voler dire che, se il duca di Lŭ seguisse la politica consigliata da Jiáng Lǘ Miăn, il suo successo sarebbe tale che moltitudini di persone lascerebbero i loro posti e le loro funzioni (投跡 “tóu jì”, cioè “non seguirebbero più le tracce che li guidano”) per porsi al suo servizio. Il filosofo taoista trae anche da questa considerazione conclusioni che, almeno a prima vista, paiono andare contro il senso comune. A suo parere, il duca di Lŭ dovrà infatti stare molto attento alle proprie finanze giacché l’assunzione di un gran numero di funzionari graverà in modo assai negativo e pericoloso sul bilancio dello Stato.
39) Anche qui ci troviamo di fronte ad uno dei paradossi tipici della dottrina taoista. I consigli di Jiáng Lǘ Miăn sembrano ottimi consigli. Ciascuno di noi suggerirebbe infatti ad un principe che voglia governare bene di essere prudente ed avveduto, di promuovere i funzionari onesti e disinteressati e di allontanare quelli disonesti e corrotti. Tali consigli implicano tuttavia che il sovrano agisca e prenda decisioni imponendo agli altri la propria volontà, mentre i Taoisti ritengono che un sovrano saggio dovrebbe riuscire a condurre i suoi sudditi verso il bene senza che nemmeno se ne accorgano, convinti di muoversi spontaneamente e di propria iniziativa.
40) Il governo del saggio risulterebbe superiore anche a quello dei mitici sovrani Yáo e Shùn.
41) Ho tradotto con “macchina a bilanciere” il termine 槔 (“gāo”) che gli inglesi traducono “well sweep” o “well pole”. Uno degli esempi più tipici di questo strumento è lo “shaduf” egiziano. Non ho trovato un termine italiano corrispondente, forse perché tale strumento non è mai stato diffuso in Italia.
42) L’espressione 哀歌 (“āigē”) significa “lamento”,”elegia”, mentre 獨弦 (“dúxián”) significa “una sola corda” e si può intendere come un’abbreviazione di 獨弦琴(“dúxiánqín”), espressione che designa la “cetra ad una sola corda”. Il contesto non aiuta a capire il senso della frase, che si potrebbe interpretare come un’accusa rivolta ai seguaci di Confucio di lamentarsi sempre della situazione dell’Impero. È però curioso che una tale accusa provenga dai Taoisti, le cui critiche al sistema sono ben più radicali di quelle di Confucio e dei suoi seguaci.
43) L’interpretazione di questo episodio è piuttosto difficile. In effetti, il colloquio di Zĭ Gòng con il contadino e le conclusioni che lo stesso Zĭ Gòng ne trae successivamente sembrano muoversi perfettamente nel solco della condanna del progresso tecnico, tipica della dottrina taoista.
Tali conclusioni sono però rovesciate da Confucio e ciò solleva alcuni problemi.
Sappiamo che il Confucio che troviamo nel Zhuāngzĭ è adattato ai bisogni della causa e perciò in alcuni casi ammette la superiorità della dottrina taoista, in altri sostiene addirittura tesi chiaramente taoiste. La confutazione delle conclusioni cui è giunto Zĭ Gòng deve dunque basarsi su princìpi taoisti.
Mi sembra che il ragionamento di Confucio parta dalla constatazione che il rifiuto del progresso tecnico non è un fine in sé. Esso va inquadrato in un atteggiamento mentale più comprensivo che sia teso, in tutti i suoi aspetti, a conformarsi alla natura e che miri, in ultima analisi, a realizzare la fusione del singolo nell’unità indistinta dell’universo. La sola resistenza all’innovazione tecnologia, resistenza che con termine moderno potremmo chiamare “luddismo”, isolata e staccata da una visione globale del mondo, non è segno di apertura mentale, ma piuttosto il contrario.L’argomento di Confucio appare tuttavia un po’specioso, perché le parole del contadino sembrano corrispondere perfettamente all’ortodossia taoista.
44) L’espressione 東之大壑 (“dōng zhī dà hè”), letteralmente la “grande vallata”, il “grande abisso”, designa l’Oceano.
45) Sembra in questo paragrafo di cogliere una gradazione nella bontà dei governi. In fondo alla scala si pone il “governo dei saggi”, che è senz’altro un buon governo, ma che non si distingue ancora , nella sua essenza, dai governi ordinari: le nomine sono effettuate secondo i meriti, le decisioni sono prese dopo matura riflessione, le parole e gli atti si ispirano alla lealtà. La differenza rispetto agli altri governi consiste nel fatto che i saggi applicano, nell’amministrare lo Stato, le migliori qualità umane. Su un gradino più alto troviamo il “governo dei virtuosi”. Il “governo dei virtuosi” costituisce un ulteriore passo verso la fusione con la natura: la serenità dei governanti e la loro spontanea adesione alle leggi che regolano l’universo produce automaticamente risultati senza bisogno di leggi e di costrizioni. La perfezione si raggiunge con il “governo dei santi”, di coloro che “sono simili agli dei”. A questo punto l’uomo si identifica con l’universo e si verifica il ritorno allo stato indistinto di felicità originario, il “caos primordiale”( 混冥”hùn míng”).
46 ) Il mitico imperatore Shùn 舜, il cui nome personale era Zhònghuá 重華, è qui indicato con il termine 有虞氏 (“yŏuyúshì”), cioè con il nome (“yŏuyú” 有虞) che portava all’interno del suo clan (“shì” 氏). Yú 虞 era il nome del feudo che Shùn aveva ricevuto dall’imperatore Yáo 堯.
47) Non risulta con chiarezza dai testi taoisti se i regni degli imperatori mitici Yáo e Shùn appartenessero ancora alla favolosa ”età dell’oro” o si situassero in un periodo in cui era già cominciato il degrado della condizione umana, Questo ed altri paragrafi del Zhuāngzĭ farebbero propendere per la seconda ipotesi. Shùn ci viene infatti presentato come un individuo che cercava rimedi alle situazioni negative, cosa che un vero saggio non avrebbe mai fatto perché la vera saggezza consiste proprio nell’adeguarsi spontaneamente alle leggi della natura.
48) Nei tempi più antichi i sovrani erano come i rami dei grandi alberi che davano ombra e riparo ed i sudditi erano come i cervi che si raccoglievano sotto quei rami frondosi per proteggersi dal sole e dalla pioggia.
49) Una antica canzone popolare chiamata ”Rompendo un rametto di salice” è già ricordata all’epoca della dinastia Hàn, ma non ce ne è giunto il testo.
“I Bei Fiori” ( 皇荂 “huáng fū” ) è il titolo di un’antica canzone popolare che avrebbe tratto lo spunto da una poesia del “Libro delle Odi”( 詩經 “shījīng”), “Piccole Odi”( 小雅(“xiăo yā”),“ Decade di Lù Míng “(鹿鳴之什 “lù míng zhī shén”) ,n.163, intitolata “Magnifici sono i fiori” (皇皇 “huáng huáng zhĕ huá).
Lù Démíng 陸德明 ( 556(?) d.C.–630 d.C.), studioso dell’epoca Táng, spiega nella sua “Esegesi testuale dei classici e delle opera letterarie”( 經典釋文“ jīngdiăn shìwén”) che il termine “fū” 荂significa anche 華 “huá”, cioè “fiore”.( 陆德明 释文:﹝荂﹞本又作华).
50) L’ambiguità della frase ha portato i commentatori e i traduttori ad interpretarla in modo diverso. Alcuni ritengono che il padre contempli con ansia il neonato temendo che sia brutto o malato come lui. Altri pensano invece che abbia paura del contrario, perché in tal caso non avrebbe nessuno con cui condividere l’amarezza del proprio stato. A favore della seconda ipotesi si potrebbe argomentare che gli uomini sono disposti persino a sostenere idee in cui non credono pur di trovarsi a fianco della maggioranza anziché soli ed isolati.
51) L’espressione 趣舍 (“qŭshĕ”), letteralmente “accettare e respingere”, sembra indicare il processo di affermazione e di negazione che sta alla base di qualsiasi ragionamento e si può perciò tradurre con ”filosofia” o con “dialettica”.
52) Le arti, per la loro stessa natura, allontanano l’uomo dalla sua spontaneità originaria
La pittura, miscuglio di tinte, lo allontana dalla percezione dei colori naturali, la musica, miscuglio di toni, lo allontana dalla percezione dei suoni naturali, la confezione di profumi, miscuglio di sentori, lo allontana dalla percezione degli odori naturali, la gastronomia, miscuglio di ingredienti , lo allontana dalla percezione dei sapori genuini.
La dialettica, fondata come è sul principio di distinzione e di separazione, allontana l’uomo dalla percezione dell’intrinseca unità del creato.
Ove, invece, il termine 趣舍 (“qŭshĕ”) s intenda riferito , come fa qualche commentatore, non già alla dialettica, bensì alla poesia ed alla letteratura, anch’esse basate su scelte di stile e su elaborate fantasie, è ovvio che anche queste arti, favorendo gli slanci dell’immaginazione, allontanano l’uomo da una corretta percezione del mondo reale.
53) Yáng 楊 è generalmente identificato con Yáng Zhū 楊 朱 , filosofo del V° secolo a.C., sostenitore di una dottrina conosciuta come “egoismo etico”.
Mòzĭ 墨子 (479 a.C.-381 a.C), fondatore del Mohismo, insegnava l’”amore universale”.
Entrambe le dottrine risultano incompatibili con i princìpi fondamentali del Taoismo.
54) Il carattere 困 (“kùn”) significa “essere circondato”. L’ho quindi interpretato come “trovarsi in una situazione senza vie d’uscita”.
55) Il termine 歷指 (“lì zhĭ”) corrisponde a 拶指 (“zā zhǐ”), un’antica forma di tortura che consisteva nell’imprigionare le dita del prigioniero fra alcune stecche di legno che potevano essere strette od allargate a volontà mediante un sistema di viti o di corde.
外篇第十二
天地
天地雖大,其化均也;郭云:“均於不為而自化也。”萬物雖多,其治一也;郭云:“一以自得為治。”人卒雖眾,其主君也。君原于德而成於天,本於有德而成于自然。故曰:玄古之君天下,無為也,天德而已矣。成云:“玄,遠也。玄古聖君,無為而治天下,自然之德而已矣。”蘇輿云:“玄字句絕,與下文‘玄德'之玄同義。”以道觀言而天下之君正,郭云:“無為者自然為君。”郭嵩燾云:“ 言者,名也。正其君之名,而天下聽命焉。故曰名之必可言也,衷諸道而已矣。”以道觀分而君臣之義明,郭云:“各當其分,無為位上,有為位下也。”以道觀能而天下之官治,郭云:“官各當其所能則治。” 以道泛觀而萬物之應備。宣云: “泛應不窮。”故通於天地者,德也;郭云:“萬物莫不皆得,則天地通。”行於萬物者,道也;成云:“至理無塞,恣物往來同行,故曰道。”宣云:“道蓋義字之訛。”上治人者,事也;成云:“事事有宜而天下治。”能有所藝者,技也。郭云: “技者,萬物之末用也。”技兼於事,事兼於義,義兼於德,德兼於道,道兼於天。郭云:“天道順則本末俱暢。”故曰:“古之畜天下者,畜,養。無欲而天下足,無為而萬物化,淵靜而百姓定。”成云:“ 老子曰:‘我好靜而民自正。'”記曰:釋文:“書名,老子所作。”“通於一而萬事畢,成云:“一,道也。事從理生,理必包事,本能攝末,故知一,萬事畢。語在西升經。”無心得而鬼神服。 ”以無心得者,無不服也。
夫子曰:司馬云:“莊子也。一云:老子也。”宣云:“孔子也。下言‘夫子問于老聃 '可知。”“夫道,覆載萬物者也,洋洋乎大哉!君子不可以不刳心焉。成云:“刳,去也,洗也。法道之無為,洗去有心之累。”無為為之之謂天,上為去聲。成云:“率性而動,天機自張。”無為言之之謂德,成云:“應答無方,物來斯應。”愛人利物之謂仁, 成云:“心無偏執,措其性命。”不同同之之謂大,郭云:“萬物萬形,各止其分,不引彼以同我,乃成大耳。”行不崖異之謂寬,宣云:“和光同塵。”有萬不同之謂富。故執德之謂紀,成云: “能持以前之德行者,可謂群物之綱紀。”蘇輿云:“ 故字疑衍。”德成之謂立〔一〕,成云:“德行既成,方可立功濟物。”循於道之謂備,成云:“循,順也。順于虛通,德行方足。”不以物挫志之謂完。成云:“一毀譽,混榮辱,不以物屈,其德完全。”君子明于此十者,則韜乎其事心之大也,成云:“韜,包容也。”俞云:“事心,猶立心也。禮郊特牲鄭注:‘事,猶立也。'呂覽論人篇‘ 事心乎自然之塗',亦以事心連文。”沛乎其為萬物逝也。成云:“ 逝,往也。為群生所歸往。”若然者,藏金于山,藏珠於淵;不利貨財,不近貴富;宣云:“不以物累身。”不樂壽,不哀夭;不榮通,不醜窮;壽夭俱忘,窮通不足言矣。不拘一世之利以為己私分,郭云:“皆委之萬物。”不以王天下為己處顯。郭云:“忽然不覺榮之在身。”顯則明,萬物一府,成云:“忘於物我。”死生同狀。”成云:“冥於變化。”
〔一〕“立”原作“力”,據集釋本改。
夫子曰:“夫道,淵乎其居也,漻乎其清也。釋文:“廣雅云:‘漻,清貌。'”金石不得,無以鳴。金石不得其和不鳴,亦道之見端也。故金石有聲,不考不鳴。感而後應。萬物孰能定之!推此而言,萬物 應感無方,孰能定之!夫王德之人,素逝而恥通於事,抱樸以往,羞通於庶務。蘇輿云:“素逝,即山木篇‘晏然體逝 '之意。‘ 通於事'與‘通於神'對文,恥字疑誤。”立之本原而知通於神。故其德廣,本原既立,智可通神,故德能廣被。其心之出,有物采之。非感不應。故形非道不生,生非德不明。成云:“道能通生萬物,故非道不生;德能鑒照本原,故非德不明。老經雲‘ 道生之,德畜之'也。”存形窮生,立德明道,非王德者邪!蕩蕩乎!忽然出,勃然動,而萬物從之乎!此謂王德之人。郭云:“忽、勃,皆無心而應之貌。”視乎冥冥,聽乎無聲。宣云:“道不在形勢故。”冥冥之中,獨見曉焉;無聲之中,獨聞和焉。宣云:“道又非寂滅故。”故深之又深,而能物焉;宣云:“至不測矣,而物由此出。”神之又神,而能精焉。至無方矣,而精不可掩。故其與萬物接也,至無而供其求,非有而求無不給。時騁而要其宿,行遠而其歸可會。大小、長短、修遠。”宣云:“‘修遠'當作‘遠近'。大而小,長而短,遠而近。”
黃帝遊乎赤水之北,登乎昆侖之丘而南望,還歸,遺其玄珠,文選廣絕交論注引司馬云:“赤水,假名。玄珠,喻道也。”宣云:“ 赤者,南方明色,其北則玄境也。南乃明察之方。已游玄境,不能久守,而複望明處,則玄亡也。”使知索之而不得,釋文:“知音智。”使離朱索之而不得,使吃詬索之而不得也。郭嵩燾云:“廣韻:‘ 吃,同□。'□,聲也;詬,怒也,怒亦聲也。集韻雲‘吃詬力諍'者是也。知以神索之,離朱索之形影,吃詬索之聲聞,是以愈索愈遠。象罔者,若有形,若無形,故眸而得之。”乃使象罔,象罔得之。黃帝曰:“異哉!象罔乃可以得之乎?”宣云:“似有象而實無,蓋無心之謂。”
堯之師曰許由,許由之師曰齧缺,齧缺之師曰王倪,王倪之師曰被衣。堯問于許由曰:“齧缺可以配天乎?吾藉王倪以要之。”堯欲讓天下於齧缺,因王倪要致之。許由曰:“殆哉圾乎天下! 圾同岌,危也。齧缺之為人也,聰明叡知,給數以敏,其性過人,釋文 “數音朔。”成云:“叡,聖。給,捷。敏,速也。” 而又乃以人受天。宣云:“非純乎天者。”彼審乎禁過,而不知過之所由生。郭云:“過生於聰知,又役知以禁之,其知彌甚矣。”與之配天乎?彼且乘人而無天,若令為天子,彼且專任人而無複自然之性。方且本身而異形,顯分人己。方且尊知而火馳, 宣云:“尚智巧而急用之。”方且為緒使,宣云:“為細事所役。”方且為物絯,釋文:“廣雅云:‘束也,公才反。'”宣云:“為物所拘。”方且四顧而物應,宣云:“酬接不暇。”方且應眾宜,事事求合。方且與物化而未始有恆。宣云:“屢為物變而不能定。”夫何足以配天乎?雖然,有族有祖,宣云:“凡聚族必有宗祖。”可以為眾父,而不可以為眾父父。宣云:“眾父父者,乃族之祖也,萬化之大宗也。齧缺亦可為眾人之父,但不能為眾父之父耳。”治亂之率也,率,主也。用智理物,治之主,亦亂之主。北面之禍也,南面之賊也。”宣云:“不可為人臣,亦不可為人君。”案:借此言以警堯,非齧缺真如此也。
堯觀乎華。司馬云:“地名。” 華封人曰:“嘻!聖人!請祝聖人:使聖人壽。” 堯曰:“辭。”“使聖人富”。堯曰:“辭。”“ 使聖人多男子”。堯曰:“辭。”封人曰:“壽、富、多男子,人之所欲也。女獨不欲,何邪?”堯曰:“ 多男子則多懼,富則多事,壽則多辱。是三者,非所以養德也,故辭。”封人曰:“始也我以女為聖人邪,今然君子也。宣云:“今如此,但可為君子。”天生萬民,必授之職,多男子而授之職,則何懼之有!富而使人分之,則何事之有!夫聖人鶉居而鷇食,宣云:“鶉無常居,言不求安;鷇待母食,言不求飽。”鳥行而無彰;成云:“與物俱冥,如鳥之飛行,無蹤跡可見。”天下有道則與物皆昌,天下無道則修德就閑;千歲厭世,去而上仙,乘彼白雲,至於帝鄉。三患莫至,成云:“三患,前富、壽、多男子也。”身常無殃,則何辱之有!”封人去之,堯隨之,曰:“請問。”封人曰:“退已!”
堯治天下,伯成子高立為諸侯。釋文:“通變經云:‘老子從此天地開闢以來,吾身一千二百變,後世得道,伯成子高是也。'”堯授舜,舜授禹,伯成子高辭為諸侯而耕。禹往見之,則耕在野。禹趨就下風,立而問焉,曰:“昔堯治天下,吾子立為諸侯;堯授舜,舜授予,而吾子辭為諸侯而耕。敢問其故何也?”子高曰:“昔堯治天下,不賞而民勸,不罰而民畏。今子賞罰而民且不仁,德自此衰,刑自此立,後世之亂自此始矣。夫子闔行邪?無落吾事!”俋俋乎耕而不顧。釋文:“闔,本亦作盍。落,猶廢也。字林云:‘俋俋,勇壯貌。'”
泰初有無,並不得謂之無。有無名,可謂之無而不能名。一之所起,有一而未形。宣云:“太極尚未著。”物得以生,謂之德;宣云:“物得此未形之一以生,則性中各有一太極,故謂之德。”未形者有分,且然無間,謂之命;宣云:“雖分陰陽,猶且陽變陰合,流行無間,乃天之所以為命也。”留動而生物,宣云:“動即造化 之流行,少留於此,即生一物。”物成生理,謂之形;宣云:“物受之而成生理,謂之形。”形體保神,各有儀則,謂之性。成云:“體,質。” 宣云:“形載神而保,合之視聽言動,各有當然之則,乃所謂性也。上所謂‘得以生,謂之德'者,此也。言性在形之後者,性須形載之,故曰形體保神。”性修反德,宣云:“性修則複其所得於未形之一。”德至同于初。宣云: “德之至,則同于泰初,此極詣也。”同乃虛,虛乃大。宣云:“形容同于初之妙境。” 合喙鳴,宣云:“渾合眾口,蓋忘言也。”喙鳴合,與天地為合。宣云:“既忘言則與天地一體矣。”其合緡緡,釋文:“緡,武巾反。”若愚若昏,郭云:“坐忘而自合耳。”是謂玄德,同乎大順。郭云:“德玄而所順者大矣。”
夫子問于老聃曰:“有人治道若相放,可不可,然不然。郭云:“若相放效,強以不可為可,不然為然。”辯者有言曰:‘離堅白若縣宇。'成云:“堅白,公孫龍守白論也。孔穿之徒,堅執此論,當時獨步,天下無敵。今辯者雲 ‘我能離析堅白之論,不以為辯,如縣日月于區宇'也。”若是,則可謂聖人乎?”老聃曰:“是胥易技系,勞形怵心者也。解見應帝王篇。執留之狗成思,猿狙之便自山林來。釋文:“執留,本又作□,一本作狸。司馬云:‘□,竹鼠也。'一云:“執留之狗,謂有能,故被留系,成愁思也。”案:說文:“ □,竹鼠也。”埤雅:“一名竹□ 。”郭璞山海經注“其音如留牛”,亦引此文“執留之狗”為證。據此,知留是留牛,非竹□,特竹□之音似留牛耳。留牛即斄牛,留、斄雙聲字。蓋斄牛身大,逍遙遊篇所謂“若垂天之雲”者,此狗獨能執之,故謂之執留之狗。言狗以有能被系而成愁思,猿狙以便捷亦自山林而來,見拘縶也。應帝王篇引老子語雲“猿狙之便、執斄之狗來藉”,與此文微異,而恉大同,尤留、斄同字之明證矣。丘!予告若,而所不能聞與而所不能言。謂道也。若、而,皆汝。凡有首、有趾、無心、無耳者眾,宣云: “具體為人,而無知無聞者皆是。”有形者與無形無狀而皆存者盡無。有形,人也;無形無狀,道也。能人與道俱存者無之。其動,止也;其死,生也;其廢,起也。此又非其所以也。動靜、死生、興廢,皆非道之所在。有治在人,蘇輿云:“言道無可名,徒有治化之跡在人耳。”忘乎物,忘乎天,其名為忘己。忘物矣,並其自然之天而亦忘之,是之謂忘己。忘己之人,是之謂入於天。”宣云:“與天為一。 ”
將閭葂見季徹曰:釋文:“將,一本作蔣。葂,亦作菟,音免。姓將閭,名菟。或云:姓蔣,名閭葂也。季徹,人姓名,蓋季氏之族。”“ 魯君謂葂也曰:‘請受教。'辭不獲命〔一〕,既已告矣,未知中否,請嘗薦之。嘗,試。薦,進也。吾進告徹。吾謂魯君曰:‘ 必服恭儉,若被服之。拔出公忠之屬,屬,類。而無阿私,行政無私曲。民孰敢不輯!'”輯,和。季徹局局然笑曰:“若夫子之言,於帝王之德,猶螳蜋之怒臂以當車軼,則必不勝任矣。釋文:“局局,大笑貌。軼音轍。”且若是,則其自為處危,非自安之道。其觀台多物,觀台,君所居地。物,事也。言君所自此多事。將往投跡者眾。”舉足投跡者眾,君且不勝其煩,非帝王修德安人之道。將閭葂覤覤然驚曰:“葂也汒若于夫子之所言矣。釋文:“覤覤,驚懼貌,許逆反。”案:汒若,猶茫然。 雖然,願先生之言其風也。”俞云:“風讀為凡,猶雲言其大凡也。風本從凡聲,故得通用。”季徹曰:“大聖之治天下也,搖盪民心,使之成教易俗,宣云:“搖盪,猶言鼓舞。”舉滅其賊心而皆進其獨志,成云:“舉,皆也。”宣云:“除其害道之心,進其得一之志。”若性之自為,而民不知其所由然。若然者,豈兄堯、舜之教民,溟滓然弟之哉?郭云:“溟滓,甚貴之謂。”宣云:“言不肯讓堯、舜居先而己後之。”欲同乎德而心居矣。”宣云:“欲同天下於一德,而心安處於不用矣。”
〔一〕“命”字,據集釋本補。
子貢南游于楚,反于晉,過漢陰,見一丈人方將為圃畦,李云:“菜蔬曰圃,埒中曰畦。”鑿隧而入井,成云:“隧,地道。”抱甕而出灌,搰搰然用力甚多而見功寡。 郭云:“搰搰,用力貌。”子貢曰:“有械於此,一日浸百畦,用力甚寡而見功多,夫子不欲乎?”為圃者卬而視之曰:“奈何?”成云:“問其方法。”曰:“鑿木為機,後重前輕,挈水若抽,李云:“抽,引也。”數如泆湯,釋文:“數,所角反。泆,本或作溢。李云:‘疾速如湯沸溢。'”其名為槔。 ”釋文:“本又作橋,司馬、李云:‘ 桔槔也。'”為圃者忿然作色而笑曰:“吾聞之吾師:‘有機械者必有機事,有機事者必有機心。'機心存於胸中,則純白不備;純白不備,則神生不定;神生不定者,道之所不載也。生、性同。言不可載道。吾非不知,羞而不為也。”子貢瞞然慚,釋文:“瞞,李天典反,慚貌。司馬本作憮。”俯而不對。有間,為圃者曰:“子奚為者邪?”曰:“孔丘之徒也。”為圃者曰:“子非夫博學以擬聖,于于以蓋眾,郭嵩燾云:“ 應帝王篇:‘其覺于於。'說文:‘于,於也,象氣之舒。'是于、於字同。于于,猶于於也。”獨弦哀歌以賣名聲於天下者乎?汝方將忘汝神氣,墮汝形骸,而庶幾乎!猶雲其庶乎!而,汝也。而身之不能治,而何暇治天下乎?子往矣,無乏吾事!釋文:“乏,廢也。”子貢卑陬失色,頊頊然不自得,行三十裏而後愈。李云:“卑 陬,愧懼貌。頊頊,自失貌。”其弟子曰:“向之人何為者邪?夫子何故見之變容失色,終日不自反邪?”成云:“反,複也。崇朝神氣不復。”曰:“始以為天下一人耳,昔以為天下止一人耳。意尊孔子。不知複有夫人也。 不知複有此輩人也。吾聞之夫子:‘事求可、功求成、用力少、見功多者,聖人之道。 '今徒不然。徒,輩也,言此輩人。執道者德全,德全者形全,形全者神全。神全者,聖人之道也。讬生與民並行,宣云:“寄生於世,與民大同。”而不知其所之,汒乎淳備哉!汒乎,言不能測其所至。功利、機巧,必忘夫人之心。宣云:“夫人之心,必無此四累。” 若夫人者,非其志不之,非其心不為。之,往也。心志有所專執。雖以天下譽之,得其所謂,稱為全德。謷然不顧;謷然,猶傲然。以天下非之,失其所謂,成云:“聲名喪失。”儻然不受。成云:“儻然,無心貌。”天下之非譽,無益損焉,是謂全德之人哉!郭云:“此宋榮子之徒,未足以為全德。子貢之迷沒於此人,即若列子之心醉于季鹹也。”我之謂風波之民。”成云:“水性雖澄,逢風波起,我心不定,類彼波瀾。” 反于魯,以告孔子。孔子曰:“彼假修渾沌氏之術者也:郭云:“以其背今向古,羞為世事,故知其非真渾沌也。”宣云:“假修,言假人事以修之。”案:二說並通。識其一,不知其二;郭云:“徒識修古抱灌之樸,不知因時任物之易。”治其內,而不治其外。成云:“守道抱素,治內也;不能隨時應變,不治外也。”夫明白入素,無為複樸,成云:“心智明白,會於質素之本;無為虛淡,複于淳樸之原。”體性抱神,以遊世俗之間者,汝將固驚邪?郭云:“此真渾沌也,故與世同波而不自失,則雖游於世俗而泯然無跡,豈必使汝驚哉!”俞云:“固讀為胡。胡、固皆從古聲,故得通用。汝將胡驚邪,言汝與真渾沌遇,則何驚 也?郭注正得其意。”且渾沌氏之術,予與汝何足以識之哉!”郭云:“渾沌玄同,孰識之哉!”
諄芒將東之大壑,海也。適遇苑風於東海之濱。苑風曰:“子將奚之?”曰:“將之大壑。”曰:“奚為焉?”曰:“夫大壑之為物也,注焉而不滿,酌焉而不竭,吾將遊焉。”成云:“大海宏深,以譬至理。雖寄往滄溟,實游心大道也。”苑風曰:“夫子無意于橫目之民乎?成云:“五行之內,惟民橫目。”願聞聖治。”諄芒曰:“ 聖治乎,官施而不失其宜,司馬云:“施政布教,各得其宜。”拔舉而不失其能,畢見其情事而行其所為,宣云:“盡見情理,順而行之。”行言自為而天下化,躬行其言,皆以自為,而人化之。手撓顧指,四方之民莫不俱至,言以手麾,以顧指,而民畢從。司馬云:“撓,動也。”郭慶藩云:“顧指,謂顧其人而指使之。左思吳都賦‘搴旗若顧指',劉逵注:‘謂顧指如意。'”此之謂聖治。”“願聞德人。”曰:“德人者,居無思,行無慮,不藏是非美惡。 宣云:“心中過而不留。”四海之內,共利之之謂悅,共給之之謂安;民與上共悅安。為、謂字同。怊乎若嬰兒之失其母也,儻乎若行而失其道也。釋文:“字林云:‘怊,悵也。'”案:儻,心無主也。民仰賴之如此。財用有餘而不知其所自來,飲食取足而不知其所從。成云:“寡欲止分,故財用有餘;不貪滋味,故飲食取足。”此謂德人之容。”郭云:“德者,神人跡也,故曰容。”“願聞神人。 ”曰:“上神乘光,與形滅亡,上品神人,乘光照物,不見其形跡。此謂照曠。成云:“智周萬物,明逾三景,無幽不燭,豈非曠遠!” 姚云:“晉人諱昭,皆書作照,右軍法帖皆然。不知者乃因照字作解,非也。”致命盡情,宣云:“致天命,盡實理。”天地樂而萬事銷亡,宣云:“與天地同樂,而物累皆捐。”萬物複情,齊其情實。此之謂混冥。”混同于玄冥。
門無鬼司馬本作“無畏”,云: “門姓,無畏字。”與赤張滿稽,宣云:“赤張姓,滿稽名。”觀于武王之師。謂孟津之役。赤張滿稽曰:“不及有虞氏乎!故離此患也。”不及有虞之揖讓,故遭離征伐之患。門無鬼曰:“天下均治而有虞氏治之邪,其亂而後治之與?”言天下皆治,而有虞氏又從而治之邪,其必有亂而後治之與?赤張滿稽曰:“天下均治之為願,而何計以有虞氏為?郭云:“均治則願各足矣,複何為計有虞氏之德而推以為君!”有虞氏之藥瘍也,李云: “瘍,頭創也。”王引之云:“藥,古讀曜,與療聲近義通。方言:‘療,治也。'”郭云:“天下皆患創亂,故求虞氏藥之。”禿而施□,病而求醫。宣云:“不禿何用□?不病何用醫?”孝子操藥以修慈父,修,治也。其色燋然,聖人羞之。宣云:“言不如養親使不病也。”至治之世,不尚賢,不使能;上如標枝,如樹枝無心而在上。民如野鹿;郭云:“放而自得。”端正而不知以為義,自然合宜。相愛而不知以為仁;實而不知以為忠,當而不知以為信;成云:“任真當理。” 蠢動而相使,不以為賜。互相役使,故不謝。是故行而無跡,事而無傳。”成云:“率性而動,故無跡可記。跡既昧矣,事亦滅焉。 ”姚本“無傳”為一節,從之。
孝子不諛其親,忠臣不諂其君,臣子之盛也。親之所言而然,所行而善,則世俗謂之不肖子;君之所言而然,所行而善,則世俗謂之不肖臣。而未知此其必然邪!宣云:“明于責臣子之諂諛,卻不知人情皆必然。”世俗之所謂然而然之,所謂善而善之,則不謂之道諛之人也。則與而同 義。郭慶藩云:“道即諂也。漁父篇: ‘希意道言謂之諂。'荀子不苟篇‘非諂諛也',賈子先醒篇‘君好諂諛而惡至言',韓詩外傳並作‘道諛' 。道、諂一聲之轉。”宣云:“世俗明道諛,而不謂之道諛。”然則俗固嚴於親而尊於君邪!宣云:“道諛君親則責之,道諛世俗則安之,豈世俗更嚴更尊邪?”謂己道人,則勃然作色;謂己諛人,則怫然作色。而終身道人也,終身諛人也,宣云:“惡其名而甘蹈其實。”合譬飾辭聚眾也,宣云:“廣合譬喻,使人易曉;修飾辭令,使人動聽。所謂招人附己也。”是始終本末不相坐。宣云:“蹈其實,不坐其罪,故曰不相坐。”垂衣裳,設采色,動容貌,以媚一世,而不自謂道諛,指人君。與夫人之為徒,通是非,而不自謂眾人,宣云:“與眾人為徒,同是非之習,而又自謂獨異於眾。 ”愚之至也。知其愚者,非大愚也;知其惑者,非大惑也。大惑者,終身不解;大愚者,終身不靈。司馬云:“靈,曉也。”三人行而一人惑,所適者猶可致也,成云:“適,往也。致,至也。”惑者少也;二人惑則勞而不至,惑者勝也。而今也以天下惑,予雖有祈向,祈,求也。不可得也。不亦悲乎!大聲不入於裏耳,司馬云:“ 大聲,謂咸池六音之樂。”折楊、皇荂,成云:“蓋古之俗中小曲。 ”釋文:“荂,本又作華,音花。”則嗑然而笑。 李云:“嗑,笑聲。”是故高言不止於眾人之心,宣云:“不相入也。 ”成云:“超出俗表,謂之高言。”至言不出,俗言勝也。成云:“出,顯也。”以二缶鐘惑,而所適不得矣。釋文:“缶,應作垂;鐘,應作踵。言垂腳空中,必不得有之適也。司馬本作‘二垂鐘',云:‘鐘,注意也。'”郭嵩燾云:“說文:‘缶,瓦器也,所以盛酒漿。'‘鐘,酒器也。'小爾雅:‘釜二有半謂之藪,藪二有半謂之缶,缶二謂之鐘。'缶、鐘皆量器:缶受四斛,鐘受八斛。以二缶鐘惑,不辨缶鐘所受多寡也,持以為 量,茫乎無所適從矣。上文‘一人惑'、‘二人惑',據人言;此‘以二缶鐘惑',據事言。”案:郭注雲“各自信據,故不知所之”,所見蓋與今本同。自陸氏易“ 缶鐘”為“垂踵”,成疏因之,說究未安。俞氏易“二缶鐘”為“一企踵”,改字更多,不如郭注望文生義之為勝也。而今也以天下惑,予雖有祈向,其庸可得邪?知其不可得也而強之,又一惑也,故莫若釋之而不推。宣云:“不必推究。”不推,誰其比憂!成云:“比,與也。”案:自寬之詞。厲之人夜半生其子,遽取火而視之,汲汲然惟恐其似己也。宣云:“厲,癩也。醜人惟恐子之相似,今知天下之惑,而我乃欲強所不可得而又成一惑,獨不懼其相似邪?故莫若釋之而遠于憂,蓋惟恐同蹈於惑也。”百年之木,破為犧尊,淮南俶真篇高注:“犧尊,猶疏鏤之尊。”青黃而文之,其斷在溝中。斷棄之木。比犧尊於溝中之斷,則美惡有間矣,其於失性一也。蹠與曾、史,行義有間矣,然其失性均也。且夫失性有五:一曰五色亂目,使目不明;二曰五聲亂耳,使耳不聰;三曰五臭薰鼻,困惾中顙;成云:“五臭,謂膻、薰、香、□、腐。惾,塞也。言鼻耽五臭,故壅塞不通而中傷顙額。外書呼香為臭,故易雲‘其臭如蘭';道經謂‘五香',故西升經雲‘香味是冤'也。”釋文:“惾,子公反,郭音俊。”四曰五味濁口,使口厲爽;郭慶藩云:“ 大雅思齊箋:‘厲,病也。'廣雅:‘爽,傷也。'言病傷滋味。”五曰趣舍滑心,使性飛揚。成云:“趣,取。滑,亂也。”此五者,皆生之害也。而楊、墨乃始離跂自以為得,非吾所謂得也。離跂,離人獨立。夫得者困,成云:“既偽其性,則遭困苦。”可以為得乎?則鳩鴞之在於籠也,亦可以為得矣。且夫趣舍聲色以柴其內, 如柴之塞。皮弁、鷸冠、搢笏、紳修以約其外,成云:“皮弁,以皮為冠。鷸鳥翠羽飾冠。搢,插也。 笏,猶珪。紳,大帶。修,長也。”內支盈于柴柵, 成云:“柵,籠也。支柱充塞於內,故以柴柵擬之。”外重纆繳,釋文:“重,直龍反。”成云:“纆繳,繩也。”睆睆然在纆繳之中成云:“睆睆,視貌。” 而自以為得,則是罪人交〔一〕臂、曆指,司馬云:“交臂,反縛也。”宣云:“ 曆指,關指。”而虎豹在於囊檻,亦可以為得矣。